Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Non parlare male degli altri. Non sparlare. È meglio essere muti che peccare con la lingua. Evita la calunnia e maldicenza. Quando si racconta una mancanza vera del prossimo, ma non pubblica, si pecca di mormorazione. Quando si racconta un fatto pubblico per dare un insegnamento ai presenti, va bene. Ma se si parla tanto per parlare, per ammazzare il tempo, questo non va bene. È peccato contro la carità  il riferire all'interessato quanto di male si è udito in giro sul suo conto, perché produce dei cattivi effetti quasi sempre. Metti il velo della carità  sui difetti del tuo prossimo e sforzati di vedere in lui il bene. Parla bene di tutti o taci. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 21° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 3

1C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei.2Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: "Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui".3Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio".4Gli disse Nicodèmo: "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?".5Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.6Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito.7Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto.8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito".9Replicò Nicodèmo: "Come può accadere questo?".10Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?11In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza.12Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?13Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.17Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.20Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.21Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

22Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava.23Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché c'era là molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare.24Giovanni, infatti, non era stato ancora imprigionato.
25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo la purificazione.26Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: "Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui".27Giovanni rispose: "Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo.28Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui.29Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta.30Egli deve crescere e io invece diminuire.
31Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti.32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza;33chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero.34Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura.35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui".


Levitico 9

1L'ottavo giorno, Mosè chiamò Aronne, i suoi figli e gli anziani d'Israele2e disse ad Aronne: "Prendi un vitello per il sacrificio espiatorio e un ariete per l'olocausto, tutti e due senza difetto, e offrili al Signore.3Agli Israeliti dirai: Prendete un capro per il sacrificio espiatorio, un vitello e un agnello, tutti e due di un anno, senza difetto, per l'olocausto,4un toro e un ariete per il sacrificio di comunione, per immolarli davanti al Signore, un'oblazione intrisa nell'olio, perché oggi il Signore si manifesterà a voi".
5Essi dunque condussero davanti alla tenda del convegno quanto Mosè aveva ordinato; tutta la comunità si avvicinò e stette davanti al Signore.6Mosè disse: "Ecco ciò che il Signore vi ha ordinato; fatelo e la gloria del Signore vi apparirà".7Mosè disse ad Aronne: "Avvicinati all'altare: offri il tuo sacrificio espiatorio e il tuo olocausto e compi il rito espiatorio per te e per il tuo casato; presenta anche l'offerta del popolo e fa' l'espiazione per esso, come il Signore ha ordinato".
8Aronne dunque si avvicinò all'altare e immolò il vitello del sacrificio espiatorio, che era per sé.9I suoi figli gli porsero il sangue ed egli vi intinse il dito, ne bagnò i corni dell'altare e sparse il resto del sangue alla base dell'altare;10ma il grasso, i reni e il lobo del fegato della vittima espiatoria li bruciò sopra l'altare come il Signore aveva ordinato a Mosè.11La carne e la pelle le bruciò nel fuoco fuori dell'accampamento.12Poi immolò l'olocausto; i figli di Aronne gli porsero il sangue ed egli lo sparse attorno all'altare.13Gli porsero anche la vittima dell'olocausto fatta a pezzi e la testa e li bruciò sull'altare.14Lavò le interiora e le gambe e le bruciò sull'olocausto sopra l'altare.
15Poi presentò l'offerta del popolo. Prese il capro destinato al sacrificio espiatorio per il popolo, lo immolò e ne fece un sacrificio espiatorio, come il precedente.
16Poi offrì l'olocausto secondo il rito.
17Presentò quindi l'oblazione, ne prese una manciata piena e la bruciò sull'altare, oltre l'olocausto della mattina.18Immolò il toro e l'ariete in sacrificio di comunione per il popolo. I figli di Aronne gli porgevano il sangue ed egli lo spargeva attorno all'altare.19Gli porgevano le parti grasse del toro e dell'ariete, la coda, il grasso aderente alle viscere, i reni e il lobo del fegato:20mettevano i grassi sui petti ed egli li bruciava sull'altare.21I petti e la coscia destra, Aronne li agitava davanti al Signore come offerta da agitare secondo il rito, nel modo che Mosè aveva ordinato.22Poi Aronne, alzate le mani verso il popolo, lo benedisse e, dopo aver fatto il sacrificio espiatorio, l'olocausto e i sacrifici di comunione, scese dall'altare.23Mosè e Aronne entrarono nella tenda del convegno; poi uscirono e benedissero il popolo e la gloria del Signore si manifestò a tutto il popolo.24Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e consumò sull'altare l'olocausto e i grassi; tutto il popolo vide, mandò grida d'esultanza e si prostrò con la faccia a terra.


Sapienza 10

1Essa protesse il padre del mondo, formato per primo da Dio,
quando fu creato solo;
poi lo liberò dalla sua caduta
2e gli diede la forza per dominare su tutte le cose.
3Ma un ingiusto, allontanatosi da essa nella sua collera
perì per il suo furore fratricida.
4A causa sua la terra fu sommersa,
ma la sapienza di nuovo la salvò
pilotando il giusto e per mezzo di un semplice legno.
5Essa, quando le genti furono confuse,
concordi soltanto nella malvagità,
riconobbe il giusto
e lo conservò davanti a Dio senza macchia
e lo mantenne forte
nonostante la sua tenerezza per il figlio.
6E mentre perivano gli empi, salvò un giusto,
che fuggiva il fuoco caduto sulle cinque città.
7Quale testimonianza di quella gente malvagia
esiste ancora una terra desolata, fumante
insieme con alberi che producono frutti immaturi
e a memoria di un'anima incredula,
s'innalza una colonna di sale.
8Allontanandosi dalla sapienza,
non solo ebbero il danno di non conoscere il bene,
ma lasciarono anche ai viventi un ricordo di insipienza,
perché le loro colpe non rimanessero occulte.
9Ma la sapienza liberò i suoi devoti dalle sofferenze:
10essa condusse per diritti sentieri
il giusto in fuga dall'ira del fratello,
gli mostrò il regno di Dio
e gli diede la conoscenza delle cose sante;
gli diede successo nelle sue fatiche
e moltiplicò i frutti del suo lavoro.
11Lo assistette contro l'avarizia dei suoi avversari
e lo fece ricco;
12lo custodì dai nemici,
lo protesse da chi lo insidiava,
gli assegnò la vittoria in una lotta dura,
perché sapesse che la pietà è più potente di tutto.
13Essa non abbandonò il giusto venduto,
ma lo preservò dal peccato.
14Scese con lui nella prigione,
non lo abbandonò mentre era in catene,
finché gli procurò uno scettro regale
e potere sui propri avversari,
smascherò come mendaci i suoi accusatori
e gli diede una gloria eterna.

15Essa liberò un popolo santo e una stirpe senza macchia
da una nazione di oppressori.
16Entro nell'anima di un servo del Signore
e si oppose con prodigi e con segni a terribili re.
17Diede ai santi la ricompensa delle loro pene,
li guidò per una strada meravigliosa,
divenne loro riparo di giorno
e luce di stelle nella notte.
18Fece loro attraversare il Mar Rosso,
guidandoli attraverso molte acque;
19sommerse invece i loro nemici
e li rigettò dal fondo dell'abisso.
20Per questo i giusti spogliarono gli empi
e celebrarono, Signore, il tuo nome santo
e lodarono concordi la tua mano protettrice,
21perché la sapienza aveva aperto la bocca dei muti
e aveva sciolto la lingua degli infanti.


Salmi 137

1Sui fiumi di Babilonia,
là sedevamo piangendo
al ricordo di Sion.
2Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre.
3Là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
canzoni di gioia, i nostri oppressori:
"Cantateci i canti di Sion!".

4Come cantare i canti del Signore
in terra straniera?
5Se ti dimentico, Gerusalemme,
si paralizzi la mia destra;
6mi si attacchi la lingua al palato,
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia.

7Ricordati, Signore, dei figli di Edom,
che nel giorno di Gerusalemme,
dicevano: "Distruggete, distruggete
anche le sue fondamenta".
8Figlia di Babilonia devastatrice,
beato chi ti renderà quanto ci hai fatto.
9Beato chi afferrerà i tuoi piccoli
e li sbatterà contro la pietra.


Isaia 15

1Oracolo su Moab.

È stata devastata di notte,
Ar-Moab è stata distrutta;
è stata devastata di notte,
Kir-Moab è stata distrutta.
2È salita la gente di Dibon
sulle alture, per piangere;
su Nebo e su Màdaba
Moab innalza un lamento;
ogni testa è stata rasata,
ogni barba è stata tagliata.
3Nelle sue strade si indossa il sacco,
sulle sue terrazze si fa il lamento.
Nelle sue piazze ognuno si lamenta,
si scioglie in lacrime.
4Emettono urla Chesbòn ed Elealè,
le loro grida giungono fino a Iàas.
Per questo tremano le viscere di Moab,
freme la sua anima.
5Il cuore di Moab geme;
i suoi fuggiaschi giungono fino a Zoar.
Ah, la salita di Luchìt salgono piangendo.
Sulla via di Coronàim
mandano grida strazianti.
6Le acque di Nimrìm sono un deserto,
l'erba si è seccata, finita è la pastura;
non c'è più nulla di verde.
7Per questo fanno provviste,
le loro riserve
trasportano al di là del torrente dei Salici.
8Risuonano grida
per tutto il territorio di Moab;
fino a Eglaim giunge il suo urlo,
fino a Bir-Elim il suo urlo.
9Le acque di Dimòn sono piene di sangue,
eppure colpirò Dimòn con altri mali;
un leone per i fuggiaschi di Moab
e per il resto del paese.


Seconda lettera ai Corinzi 4

1Perciò, investiti di questo ministero per la misericordia che ci è stata usata, non ci perdiamo d'animo;2al contrario, rifiutando le dissimulazioni vergognose, senza comportarci con astuzia né falsificando la parola di Dio, ma annunziando apertamente la verità, ci presentiamo davanti a ogni coscienza, al cospetto di Dio.
3E se il nostro vangelo rimane velato, lo è per coloro che si perdono,4ai quali il dio di questo mondo ha accecato la mente incredula, perché non vedano lo splendore del glorioso vangelo di Cristo che è immagine di Dio.5Noi infatti non predichiamo noi stessi, ma Cristo Gesù Signore; quanto a noi, siamo i vostri servitori per amore di Gesù.6E Dio che disse: 'Rifulga la luce dalle tenebre', rifulse nei nostri cuori, per far risplendere la conoscenza della gloria divina che rifulge sul volto di Cristo.

7Però noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta, perché appaia che questa potenza straordinaria viene da Dio e non da noi.8Siamo infatti tribolati da ogni parte, ma non schiacciati; siamo sconvolti, ma non disperati;9perseguitati, ma non abbandonati; colpiti, ma non uccisi,10portando sempre e dovunque nel nostro corpo la morte di Gesù, perché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo.11Sempre infatti, noi che siamo vivi, veniamo esposti alla morte a causa di Gesù, perché anche la vita di Gesù sia manifesta nella nostra carne mortale.12Di modo che in noi opera la morte, ma in voi la vita.
13Animati tuttavia da quello stesso spirito di fede di cui sta scritto: 'Ho creduto, perciò ho parlato', anche noi crediamo e perciò parliamo,14convinti che colui che ha risuscitato il Signore Gesù, risusciterà anche noi con Gesù e ci porrà accanto a lui insieme con voi.15Tutto infatti è per voi, perché la grazia, ancora più abbondante ad opera di un maggior numero, moltiplichi l'inno di lode alla gloria di Dio.16Per questo non ci scoraggiamo, ma se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore si rinnova di giorno in giorno.17Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione, ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria,18perché noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili. Le cose visibili sono d'un momento, quelle invisibili sono eterne.


Capitolo XXIX: Invocare e benedire Dio nella tribolazione

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"Sia sempre benedetto il tuo nome" (Tb 3,23), o Signore; tu che hai disposto che venisse su di me questa tormentosa tentazione. Sfuggire ad essa non posso; devo invece rifugiarmi in te, perché tu mi aiuti, mutandomela in bene.

Signore, ecco io sono nella tribolazione: non ha pace il mio cuore, anzi è assai tormentato da questa passione.

Che dirò, allora, o Padre diletto? Sono stretto tra queste angustie; "fammi uscire salvo da un tale momento. Ma a tale momento io giunsi" (Gv 12,27) perché, dopo essere stato fortemente abbattuto e poi liberato per merito tuo, tu ne fossi glorificato. "Ti piaccia, o Signore, di salvarmi tu" (Sal 39,14); infatti che cosa posso fare io nella mia miseria; dove andrò, senza di te? Anche in questo momento di pericolo dammi di saper sopportare; aiutami tu, o mio Dio: non avrò timore di nulla, per quanto grande sia il peso che graverà su di me. E frattanto che dirò? O Signore, "che sia fatta la tua volontà" (Mt 26,42). Bene le ho meritate, la tribolazione e l'oppressione; e ora debbo invero saperle sopportare, - e, volesse il cielo, sopportare con pazienza - finché la tempesta sia passata e torni la bonaccia.

La tua mano onnipotente può fare anche questo, togliere da me questa tentazione o mitigarne la violenza, affinché io non perisca del tutto: così hai già fatto più volte con me, "o mio Dio e mia misericordia" (Sal 58,17). Quanto è a me più difficile, tanto è più facile a te "questo cambiamento della destra dell'Altissimo" (Sal 76,11).


DISCORSO 282 NEL NATALE DELLE MARTIRI PERPETUA E FELICITA

Discorsi - Sant'Agostino

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I nomi delle martiri Perpetua e Felicita.

1. Oggi celebriamo la festa di due sante martiri che non solo si distinsero nel martirio per virtù straordinarie ma, in premio di tanto fervore di zelo, con gli stessi loro nomi indicarono inoltre quale fosse la loro ricompensa e quella di tutti gli altri compagni. Perpetua e Felicita, in realtà sono i nomi di due, ma stanno a rappresentare la ricompensa di tutti. Non per altro fine che per godere di una "felicità perpetua", tutti i martiri sostennero generosi il temporaneo travaglio del combattimento del martirio e della professione di fede. Perciò, secondo le disposizioni della Provvidenza divina, queste dovettero essere non solo martiri ma anche inseparabili compagne, proprio come avvenne, in modo da fissare un unico giorno alla loro gloria e per tramandare ai posteri l'impegno di celebrare una solennità comune. Infatti, come ci esortano all'imitazione con l'esempio del gloriosissimo martirio, così, attraverso i loro nomi, attestano che riceveremo un dono immancabilmente completo. Si conservino insieme entrambe, l'una sia vincolata all'altra. Non speriamo l'una senza l'altra. Del resto, se di felicità non si tratta, a nulla giova che sia perpetua e, se la felicità non è perpetua, viene a mancare. Siano sufficienti per il momento queste poche note riguardo alle denominazioni delle martiri, alle quali è dedicato questo giorno.

Le donne vittoriose sul nemico.

2. D'altra parte, per quel che riguarda costoro, di cui sono questi i nomi, come abbiamo ascoltato mentre si dava lettura della loro passione e abbiamo appreso come tramandato, esse, di così grandi virtù e meriti, non solo furono donne, ma donne maritate. Anche madre una di loro, così che alla debolezza del sesso si aggiungeva un irresistibile sentimento affettivo e il nemico, tentandole in ogni modo, come se incapaci a sostenere le dure e atroci molestie della persecuzione, credeva che avrebbero ceduto a lui immediatamente e sarebbero finite subito in suo potere. Ma quelle, forti di straordinaria prudenza ed energia, propria dell'uomo interiore, ne vanificarono tutte le insidie e ne rintuzzarono tutti gli assalti.

La ragione per cui i nomi dei compagni martiri non hanno lo stesso risalto celebrativo.

3. Di questa compagnia dalla gloria insigne fecero parte anche uomini martiri, in quello stesso giorno, anche uomini valorosissimi si resero vincitori nei patimenti, nondimeno non legarono i loro nomi a quel giorno. E non si verificò questo perché le donne si resero superiori agli uomini in fierezza di contegno, ma perché e la debolezza propria della donna ebbe il sopravvento sull'antico nemico in modo più prodigioso e la forza virile lottò per conseguire la felicità perpetua.


Capitolo settimo - Rivolgi a noi gli occhi tuoi misericordiosi

Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori

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Maria è tutt’occhi per compatire e soccorrere le nostre miserie

Sant'Epifanio chiama la divina Madre multoculam, la donna dai cento occhi: colei che è tutt'occhi per soccorrere noi miseri su questa terra. Un giorno, esorcizzando un ossesso, l'esorcista domandò al demonio che cosa facesse Maria e il nemico rispose: « Scende e sale ». Ciò significa che la nostra benigna regina non fa altro che scendere sulla terra per portare grazie agli uomini e salire in cielo per ottenere dal Signore l'esaudimento delle nostre suppliche. Con ragione dunque la Vergine era chiamata da sant'Andrea d'Avellino « la faccendiera del Paradiso », continuamente affaccendata in opere di misericordia impetrando grazie a tutti, giusti e peccatori. Dice Davide: « Gli occhi del Signore sui giusti » (Sal 33,16). « Ma gli occhi della Signora, scrive Riccardo di san Lorenzo, sono rivolti sui giusti come sui peccatori », poiché gli occhi di Maria sono occhi di madre e « la madre guarda il suo bambino non solo affinché non cada, ma per rialzarlo se è caduto ». Gesù stesso volle far capire ciò a santa Brigida che un giorno lo sentì dire a Maria: «Madre, chiedimi tutto quello che desideri». Parole che il Figlio ripete sempre in cielo alla sua diletta Madre, felice di compiacerla in tutto ciò che domanda. E santa Brigida udì che Maria gli rispose: « Chiedo misericordia per i miseri ». Come se dicesse: « Figlio, tu mi hai costituito madre della misericordia, rifugio dei peccatori, avvocata dei miseri. Ora mi dici di chiederti quello che voglio e che cosa posso chiederti? Ti chiedo di usare pietà verso i miserabili ». « O Maria, le dice con tenerezza san Bonaventura, tu sei così piena di misericordia, così attenta a soccorrere i miseri, che pare che tu non abbia altro desiderio, altra sollecitudine che questa». E poiché tra i miseri i peccatori sono i più miseri di tutti, il venerabile Beda afferma che « Maria sta dinanzi al Figlio, senza cessare mai di pregare per i peccatori ». Anche quando viveva sulla terra, dice san Girolamo, Maria aveva un cuore così pietoso e tenero verso gli uomini, che non vi è stato nessuno talmente afflitto dalle proprie pene quanto la Vergine dalle pene altrui. Ella diede una chiara prova di questa sua compassione nell'episodio delle nozze di Cana già ricordato nei capitoli precedenti. Quando il vino venne a mancare, « senza esserne richiesta, scrive san Bernardino da Siena, si assunse il compito di pietosa consolatrice ». Per pura compassione di quegli sposi, intercedette presso il Figlio e ne ottenne il miracolo dell'acqua mutata in vino. San Pier Damiani così si rivolge a Maria: «Ma forse, beata Vergine, poiché sei stata innalzata ad essere regina del cielo, ti sei scordata di noi miserabili? Non sia mai che si pensi questo. Non si addice a una pietà così grande» che regna nel cuore di Maria « il dimenticare una così grande miseria » quale è la nostra. Non si può applicare a Maria il proverbio: « Gli onori cambiano i costumi ». Esso vale per gli uomini di mondo che, innalzati a qualche dignità, s'insuperbiscono e si dimenticano dei vecchi amici rimasti poveri; Maria invece si rallegra di essere innalzata a maggiore dignità per poter così meglio soccorrere i miseri. Pensando a ciò san Bonaventura applica alla beata Vergine le parole dette a Rut: « Benedetta figlia, il tuo secondo atto di pietà è migliore del primo » (Rt 3,10). Egli dice: « Grande fu la pietà di Maria verso i miseri quando viveva nel mondo, ma molto maggiore è adesso che ella regna nel cielo ». Il santo ne spiega la ragione: « La divina Madre dimostra ora con le innumerevoli grazie che ci ottiene una maggiore misericordia, perché ora conosce meglio le nostre miserie. Infatti come lo splendore del sole supera quello della luna, così la pietà di Maria ora che sta in cielo supera la pietà che aveva di noi quando viveva sulla terra. E chi mai vive nel mondo che non goda della luce del sole? Chi sopra il quale non risplenda la misericordia di Maria? » Perciò ella fu chiamata « eletta come il sole » (Ct 6,9 Volg.), poiché, dice san Bonaventura, « non vi è chi sia escluso dal calore di questo sole ». Ciò appunto sant'Agnese rivelò dal cielo a santa Brigida: « Ora che la nostra Regina è unita in cielo a suo Figlio, non può scordarsi della sua innata bontà, ma estende a tutti la sua pietà, anche

Ai peccatori più empi. Come dal sole sono illuminati i corpi celesti e i terrestri, così per la dolcezza di Maria non vi è nessuno che per mezzo suo non partecipi, se lo domanda, della divina misericordia ». Nel regno di Valenza viveva un grande peccatore che disperato, per non cadere nelle mani della giustizia, aveva deciso di farsi turco e stava per imbarcarsi, quando passò per caso davanti a una chiesa dove il padre Girolamo Lopez, della Compagnia di Gesù, predicava sulla misericordia divina. Udendo quella predica il peccatore si convertì e si confessò al padre Lopez, il quale gli domandò se avesse qualche devozione per cui Dio gli aveva usato quella grande misericordia. Rispose che la sua unica devozione era stata di pregare ogni giorno la santa Vergine di non abbandonarlo. Lo stesso padre trovò all'ospedale un peccatore che da cinquantacinque anni non si era mai confessato e aveva conservato una sola devozione: quando vedeva un'immagine di Maria, la salutava e pregava la Vergine di non farlo morire in peccato mortale. Narrò inoltre che durante una rissa gli si era spezzata la spada. Allora si era rivolto alla Madonna dicendo: « Ahimè, sto per essere ucciso e dannato. Madre dei peccatori, aiutami ». Mentre così pregava, senza sapere come, si era trovato trasportato in luogo sicuro. Il malato fece una confessione generale e morì pieno di fiducia. San Bernardo scrive che « Maria si è fatta tutta a tutti e a tutti apre il seno della sua misericordia, affinché tutti ne ricevano, lo schiavo il riscatto, l'infermo la salute, l'afflitto il conforto, il peccatore il perdono, Dio la gloria, di modo che non vi sia, poiché ella è sole, chi non partecipi del suo calore ». « Chi mai, esclama san Bonaventura, non Ti amerà, o Maria, più bella del sole, più dolce del miele, tesoro di bontà, a tutti amabile, con tutti affabile?» « Ti saluto dunque, continua il santo in uno slancio di amore, Signora e Madre mia, cuore mio, anima mia. Perdonami, Maria, se dico che ti amo; se io non sono degno di amarti, tu sei ben degna di essere amata da me ». Fu rivelato a santa Geltrude che, quando si dicono devotamente alla santa Vergine queste parole: « Orsù, dunque, avvocata nostra, rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi », Maria non può non esaudire la domanda di chi così la prega. « La grandezza della tua misericordia, le dice san Bernardo, riempie tutta la terra ». San Bonaventura afferma che questa Madre amorosa ha tanto desiderio di fare del bene a tutti, che « si ritiene offesa non solo da coloro che le fanno un'ingiuria esplicita - si trovano infatti, specialmente fra i giocatori, anime così perverse che talvolta per sfogo bestemmiano o ingiuriano questa dolce Regina - ma anche da coloro che non le chiedono nessuna grazia ». Così, le dice sant'Ildeberto: « Tu ci insegni, Signora, a sperare grazie maggiori dei nostri meriti, poiché non cessi di dispensarci continuamente grazie che superano di gran lunga quel che noi meritiamo ». Il profeta Isaia aveva predetto che con la grande opera della redenzione si sarebbe preparato a noi miseri un trono della divina misericordia: « Il trono preparato nella misericordia resterà » (Is 16,5). Qual è questo trono? San Bonaventura risponde: « Questo trono è Maria in cui tutti, giusti e peccatori, trovano i conforti della misericordia. Come il Signore è pieno di pietà, così anche è la nostra Signora e come il Figlio così anche la Madre non sa negare la sua misericordia a chi l'invoca ». Perciò l'abate Guerrico fa parlare così Gesù a sua Madre: « Madre mia, in te collocherò la sede del mio regno, per mezzo tuo farò le grazie che mi si chiedono. Hai dato a me l'essere umano, io darò a te l'essere di Dio, ti comunicherò l'onnipotenza affinché tu possa aiutare a salvare chi vuoi ». Un giorno, mentre santa Geltrude pregava devotamente la divina Madre: « Rivolgi a noi quegli occhi tuoi misericordiosi », le apparve la santa Vergine che additandole gli occhi del Figlio che teneva in braccio le disse: « Questi sono gli occhi pietosissimi che io posso inclinare a salvare tutti coloro che mi invocano ». Una volta un peccatore stava piangendo davanti a un'immagine di Maria e la pregava d'impetrargli il perdono da Dio, quando udì la beata Vergine dire al Bambino che teneva in braccio: « Figlio, queste lacrime saranno perdute? ». Ed egli capì che Gesù gli perdonava. Come potrebbe perdersi chi si raccomanda a questa buona Madre, poiché il Figlio, come Dio, ha promesso di usare misericordia per amore di lei e come lei vorrà a tutti coloro che le si raccomandano? E quel che il Signore rivelò a santa Brigida facendole sentire queste parole che diceva a Maria: « O Madre degna di venerazione, nella mia onnipotenza ti ho concesso di usare misericordia a tutti i peccatori che invocano devotamente il soccorso della tua pietà, in qualsiasi modo ti piaccia ». Perciò l'abate Adamo di Perseigne, considerando il grande potere che Maria ha presso Dio e la grande pietà che ha verso di noi, pieno di fiducia le dice: « Madre di misericordia, quanta è la tua potenza, tanta è la tua pietà; quanto sei potente ad impetrare, tanto sei pietosa a perdonare. Quando mai potresti non avere compassione dei mise-ri, poiché sei Madre di misericordia? Quando non potresti aiutarli, poiché sei Madre dell'onnipotenza? Con la stessa facilità con cui comprendi le nostre miserie, ci ottieni qualunque cosa vuoi ». « Saziati dunque, dice l'abate Ruperto, saziati, o grande regina, della gloria del Figlio tuo e per compassione, non per merito nostro, mandane quaggiù gli avanzi a noi poveri servi e figli tuoi ». E se mai i nostri peccati ci ispirano diffidenza, diciamo con Guglielmo di Parigi: « Signora, non addurre i miei peccati contro di me, perché io adduco la tua pietà contro di essi. Non si abbia mai a dire che i miei peccati possano contendere in giudizio con la tua misericordia, che è assai più potente ad ottenermi il perdono di quanto i miei peccati valgano ad ottenere la mia condanna ».

Esempio

Nelle Cronache dei padri Cappuccini si narra che a Venezia vi era un celebre avvocato il quale, essendo divenuto ricco con inganni e truffe, viveva in uno stato riprovevole. L'unica cosa buona che faceva era di recitare ogni giorno una preghiera alla santa Vergine. Eppure questa semplice devozione gli valse a scampare alla morte eterna per la misericordia di Maria. Ecco come. Per sua fortuna quest'avvocato strinse amicizia con il padre Matteo da Basso e tanto insistette perché venisse a pranzare a casa sua, che finalmente il religioso accettò l'invito. Quando arrivò nella sua casa, l'avvocato gli disse: « Padre, voglio farle vedere una cosa che non avrà mai veduto. Ho una scimmia straordinaria che mi serve come un valletto, lava i bicchieri, apparecchia, mi apre la porta ». « Guardi, rispose il padre, che non sia una scimmia, ma qualcosa di più. La faccia venire qui ». Chiamano la scimmia, la richiamano, la cercano dappertutto, ma la scimmia non compare. Finalmente viene trovata nascosta sotto un letto nel basso della casa, ma non voleva uscire da. Allora il religioso disse: « Andiamo noi a prenderla » e, giunto con l'avvocato nel punto in cui si trovava la scimmia, esclamò: « Bestia infernale, esci fuori; da parte di Dio ti comando di dire chi sei ». La scimmia rispose di essere il demonio e che stava aspettando che quel peccatore tralasciasse un giorno di dire la sua solita preghiera alla Madre di Dio, perché, la prima volta che l'avesse tralasciata, egli aveva da Dio il permesso di affogarlo e di portarlo all'inferno. A tali parole il povero avvocato si buttò in ginocchio chiedendo aiuto al servo di Dio, il quale lo confortò e comandò al demonio di allontanarsi da quella casa senza fare alcun danno. « Solo ti permetto, gli disse, che per mostrare che sei andato via tu faccia un buco nel muro di questa casa». Appena ebbe detto ciò, con gran fracasso, si vide apparire un apertura nel muro. Più volte essa venne chiusa con calce e pietre, ma Dio volle che restasse visibile per molto tempo, finché per consiglio del servo di Dio vi fu posto un marmo con la figura di un angelo. L'avvocato si convertì e noi speriamo che da allora in poi abbia perseverato nel cambiamento di vita fino alla morte.

Preghiera

O Vergine santa, la più grande e la più sublime fra tutte le creature, da questa terra ti saluto io, misero infelice ribelle al mio Dio, che merito castighi e non grazie, giustizia e non misericordia. Signora, non dico questo per sfiducia nella tua pietà. Io so che ti glori di essere tanto più benigna quanto più sei grande. So che godi di essere così ricca per farne parte anche a noi miserabili. So che quanto più sono poveri quelli che a te ricorrono, tanto più ti impegni a proteggerli e salvarli. Madre mia, tu piangesti un giorno il Figlio tuo morto per me. Offri, ti prego, le tue lacrime a Dio e per esse impetrami un vero dolore dei miei peccati. Tanto ti afflissero allora i peccatori e tanto ti ho afflitto anch'io con le mie scelleratezze. Ottienimi, Maria, che almeno da oggi in poi io non seguiti ad affliggere te e il Figlio tuo con la mia ingratitudine. A che mi gioverebbe il tuo pianto, se io seguitassi ad essere ingrato verso di te? A che mi gioverebbe la tua misericordia, se ti fossi di nuovo infedele e mi dannassi? No, mia regina, non lo permettere. Tu hai supplito a tutte le mie mancanze; tu ottieni da Dio tutto ciò che vuoi. Tu esaudisci chiunque ti prega. Queste due grazie ti chiedo e da te senza alcun dubbio le spero e le voglio: ottienimi di essere fedele a Dio non offendendolo più e di amarlo nel tempo che mi resta da vivere tanto quanto lo ho offeso.


28-25 Settembre 20, 1930 Le amarezze, il lento veleno del bene. La Divina Volontà, culla dell’anima. Gesù, amministratore divino della sua Santissima Volontà.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mi sentivo tutta immersa nel Fiat Divino, la sua luce abbaglia il mio intelletto e mentre me assorbe nella sua luce mi fa seguire i suoi atti che fece nella Creazione. Ma mentre ciò facevo mi sentivo tale un’amarezza e oppressione, che mi facevano stentare nel compiere i miei atti nel Voler Divino. Ed il mio dolce Gesù avendo di me compassione mi ha detto:

(2) “Figlia mia, come mi fa pena la tua amarezza, me la sento versare nel mio cuore, perciò coraggio; non sai tu che le oppressioni, le amarezze, è il lento veleno del bene, il quale produce tale uno stento da ridurre l’anima in un’estrema agonia, in modo che si sente l’agonia nel cuore, ed il mio Amore agonizza nel suo cuore; sente l’agonia sul labbro, e agonizza la mia preghiera; sente l’agonia nelle mani, nei passi, ed i miei passi e le mie opere si sentono agonizzanti. Molto più nella creatura che vuol tenere per vita la mia Divina Volontà, essendo una la mia con la sua volontà, mi sento versare la sua agonia nella mia Divina Persona. Perciò coraggio, abbandonati nelle mie braccia ed Io farò sorgere dalla mia Divina Volontà altra luce più fulgida, che facendosi forma di culla, ti cullerò in Essa per comunicarti il mio riposo divino, e con la sua luce e col suo calore distruggerà il lento veleno delle tue amarezze, cambiandole in dolcezze ed in fonte di contenti, e riposando nella culla della mia Divina Volontà prenderai un dolce riposo, e nel destarti ti troverai sbandite le amarezze, le oppressioni e ti terrò nelle mie braccia con la tua solita dolcezza e serenità, per far crescere più in te la Vita della mia Divina Volontà”.

(3) Onde seguivo per quanto potevo il mio abbandono nel Fiat Divino, ed il mio dolce Gesù ha soggiunto:

(4) “Figlia mia, le amarezze, le oppressioni e tutto ciò che non riguarda il mio Volere, occupano posto nell’anima tua, e la mia Divina Volontà non si sente libera di poter stendere la sua luce, ne con la sua virtù creatrice e vivificatrice far sorgere la sua Vita in ogni particella e ripostiglio dell’anima tua; si sente accerchiata come di nubi che ad onta che il sole c’è, le nubi frammettendosi tra il sole e la terra impediscono che i raggi solari scendano con la pienezza della luce a dar luce alla terra. Così il Sole della mia Divina Volontà, si sente inceppato dalle nubi delle amarezze e oppressioni di stendere la sua luce nel fondo della creatura, anche nei piccoli ripostigli e poter dire: “Tutto dà di mia Volontà, tutto mi appartiene, tutto è mio”. Ed il tuo Gesù che ha preso l’impegno di formare un’anima tutta di mia Volontà, ne soffro, e resto inceppato nel mio lavorio, perché tu devi sapere che Io sono l’amministratore divino del mio Fiat nella creatura, e quando la veggo disposta a fare in tutto la mia Volontà, in ogni atto che fa Io mi accingo al lavoro di preparazione; supponi che tu voglia fare un’atto d’amore, Io subito mi metto al lavoro, vi metto il mio soffio, depongo una dose del mio Amore, lo abbellisco con la varietà delle bellezze che Esso contiene, e poi, divino amministratore che sono del mio Volere somministro la mia Volontà Divina sopra di quell’atto d’amore, in modo che in quell’atto non si riconosce l’atto della creatura, ma un atto d’amore come se fosse uscito dal centro della mia Divinità. Io sono troppo geloso degli atti che la creatura vuol fare animati dalla mia Volontà Divina, non ammetto sparità dai suoi atti ai miei, e per avere ciò devo mettervi del mio ed il mio lavoro, e questo in tutti gli atti suoi; se vuol fare atti di adorazione, di preghiere, di sacrificio, vi metto il mio lavoro, affinché la sua adorazione fosse l’eco dell’adorazione divina, la sua preghiera fosse l’eco della mia, il suo sacrificio fosse il ripetitore del mio. Insomma devo trovare Me stesso in ciascun’atto della creatura; il tuo Gesù, come padrone, possessore della mia Divina Volontà, non l’amministrerei se non trovassi la Santità, la Purezza, l’Amore della mia Umanità nell’atto della creatura. Perciò voglio trovarla sgombra da qualunque nubi che potesse fare ombra alla mia Divina Volontà. Perciò sii attenta figlia mia, non inceppare il mio lavoro che voglio fare nell’anima tua”.