Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Non si entra nella preghiera da soli. Chi prega, ha una vasta famiglia a carico. Infatti, Dio ti domanda subito: dove è il tuo fratello? Ecco, Signore, ti porto quel malato che stamattina mi ha afferrato la mano e ha detto: "Non ce la faccio più. Perché è toccato a me questo dolore?" Signore, Ti giro la sua domanda angosciosa. C'è quella donna arrabbiata con tutti che sbraitava. Deve essere molto infelice. Tu, che la conosci, metti un po' di amore nel suo cuore. Ci sono i bambini che giocano spensierati. Proteggili e rendili capaci di regalare sempre la gioia. Ti affido tutti gli amici che mi hanno mandato un messaggio di saluto o di preghiera. Conservaci tutti nel Tuo amore. Ti presento quella donna di grande fede che oggi hanno ricoverato in ospedale. Non guarirà  più, me l'ha detto il medico. E a casa è rimasto il marito con i figli. Signore, fa che il medico si sbagli e che la fiducia della donna non vacilli. Gesù, Ti porto tutte le persone che ho incontrato oggi, quelle che mi hanno salutato e soprattutto quelle indifferenti; quelle che mi hanno regalato la gioia ma anche quelle che mi hanno amareggiato. Ecco, Signore, Te li ho portati tutti. Spero di non aver dimenticato nessuno. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 21° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 12

1Nel frattempo, radunatesi migliaia di persone che si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò a dire anzitutto ai discepoli: "Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia.2Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto.3Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti.
4A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla.5Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui.6Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio.7Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri.
8Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio;9ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
10Chiunque parlerà contro il Figlio dell'uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato.
11Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire;12perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire".

13Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità".14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?".15E disse loro: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni".16Disse poi una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.17Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?18E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.20Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?21Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".

22Poi disse ai discepoli: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete.23La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito.24Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete!25Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?26Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto?27Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.28Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede?29Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia:30di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.31Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.
32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.

33Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma.34Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.

35Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese;36siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!39Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.40Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate".
41Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?".42Il Signore rispose: "Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro.44In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi.45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi,46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse;48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.

49Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!50C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!

51Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.52D'ora innanzi in una casa di cinque persone53si divideranno tre contro due e due contro tre;

padre contro figlio e 'figlio contro padre',
madre contro figlia e 'figlia contro madre',
suocera contro nuora e 'nuora contro suocera'".

54Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade.55E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.56Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?57E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?58Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esecutore e questi ti getti in prigione.59Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo".


Giuditta 15

1Tutti gli altri che erano nelle tende, appena seppero dell'accaduto, restarono allibiti2e furono presi dal panico e nessuno volle più restare vicino al compagno, ma tutti si sparsero in fuga in ogni senso nella pianura e su per i monti.3Anche quelli accampati sulle montagne intorno a Betulia si diedero alla fuga. A questo punto gli Israeliti, cioè quanti tra di loro erano atti alle armi, si buttarono su di essi.4Ozia mandò subito a Betomastaim, a Bebai, a Cobai, a Cola e in tutti i territori d'Israele messaggeri ad annunziare l'accaduto e a invitare tutti a gettarsi sui nemici e annientarli.5Appena gli Israeliti udirono ciò, tutti compatti piombarono su di loro e li fecero a pezzi arrivando fino a Coba. Scesero in campo anche quelli di Gerusalemme e di tutta la zona montuosa, perché anche a loro avevano riferito i casi successi nell'accampamento dei loro nemici. Quelli che abitavano in Gàlaad e nella Galilea li colpirono terribilmente aggirandoli, arrivando fino a Damasco e al suo territorio.6I cittadini rimasti in Betulia si gettarono sul campo degli Assiri, si impadronirono delle loro spoglie e ne trassero ingente ricchezza.7Gli Israeliti tornati dalla strage si impadronirono del resto e le borgate e i villaggi del monte e del piano vennero in possesso di grande bottino, poiché ve n'era in grandissima quantità.
8Allora il sommo sacerdote Ioakìm, e il consiglio degli anziani degli Israeliti, che abitavano in Gerusalemme, vennero a vedere i benefici che il Signore aveva operato per Israele e inoltre per vedere Giuditta e porgerle il loro omaggio.9Appena furono entrati in casa sua, tutti insieme le rivolsero parole di benedizione ed esclamarono al suo indirizzo: "Tu sei la gloria di Gerusalemme, tu magnifico vanto d'Israele, tu splendido onore della nostra gente.10Tutto questo hai compiuto con la tua mano, egregie cose hai operato per Israele, di esse Dio si è compiaciuto. Sii sempre benedetta dall'onnipotente Signore". Tutto il popolo soggiunse: "Amen!".
11Tutto il popolo continuò per trenta giorni a saccheggiare l'accampamento. A Giuditta diedero la tenda di Oloferne, tutte le argenterie, i divani, i vasi e tutti gli arredi: essa prese tutto in consegna e cominciò a caricarlo sulla sua mula, poi aggiogò i suoi carri e vi accumulò sopra la roba.12Intanto si radunarono tutte le donne d'Israele per vederla e la colmavano di elogi e composero tra loro una danza in suo onore. Essa prese in mano dei tirsi e li distribuì alle donne che erano con lei.13Insieme con esse si incoronò di fronde di ulivo: precedette tutto il popolo, guidando la danza di tutte le donne, mentre ogni Israelita seguiva in armi portando corone; risuonavano inni sulle loro labbra.
14Allora Giuditta intonò questo canto di riconoscenza in mezzo a tutto Israele e tutto il popolo accompagnava a gran voce questa lode.


Giobbe 14

1L'uomo, nato di donna,
breve di giorni e sazio di inquietudine,
2come un fiore spunta e avvizzisce,
fugge come l'ombra e mai si ferma.
3Tu, sopra un tal essere tieni aperti i tuoi occhi
e lo chiami a giudizio presso di te?
4Chi può trarre il puro dall'immondo? Nessuno.
5Se i suoi giorni sono contati,
se il numero dei suoi mesi dipende da te,
se hai fissato un termine che non può oltrepassare,
6distogli lo sguardo da lui e lascialo stare
finché abbia compiuto, come un salariato, la sua
giornata!
7Poiché anche per l'albero c'è speranza:
se viene tagliato, ancora ributta
e i suoi germogli non cessano di crescere;
8se sotto terra invecchia la sua radice
e al suolo muore il suo tronco,
9al sentore dell'acqua rigermoglia
e mette rami come nuova pianta.
10L'uomo invece, se muore, giace inerte,
quando il mortale spira, dov'è?
11Potranno sparire le acque del mare
e i fiumi prosciugarsi e disseccarsi,
12ma l'uomo che giace più non s'alzerà,
finché durano i cieli non si sveglierà,
né più si desterà dal suo sonno.
13Oh, se tu volessi nascondermi nella tomba,
occultarmi, finché sarà passata la tua ira,
fissarmi un termine e poi ricordarti di me!
14Se l'uomo che muore potesse rivivere,
aspetterei tutti i giorni della mia milizia
finché arrivi per me l'ora del cambio!
15Mi chiameresti e io risponderei,
l'opera delle tue mani tu brameresti.
16Mentre ora tu conti i miei passi
non spieresti più il mio peccato:
17in un sacchetto, chiuso, sarebbe il mio misfatto
e tu cancelleresti la mia colpa.
18Ohimè! come un monte finisce in una frana
e come una rupe si stacca dal suo posto,
19e le acque consumano le pietre,
le alluvioni portano via il terreno:
così tu annienti la speranza dell'uomo.
20Tu lo abbatti per sempre ed egli se ne va,
tu sfiguri il suo volto e lo scacci.
21Siano pure onorati i suoi figli, non lo sa;
siano disprezzati, lo ignora!
22Soltanto i suoi dolori egli sente
e piange sopra di sé.


Salmi 20

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'

2Ti ascolti il Signore nel giorno della prova,
ti protegga il nome del Dio di Giacobbe.
3Ti mandi l'aiuto dal suo santuario
e dall'alto di Sion ti sostenga.

4Ricordi tutti i tuoi sacrifici
e gradisca i tuoi olocausti.
5Ti conceda secondo il tuo cuore,
faccia riuscire ogni tuo progetto.
6Esulteremo per la tua vittoria,
spiegheremo i vessilli in nome del nostro Dio;
adempia il Signore tutte le tue domande.

7Ora so che il Signore salva il suo consacrato;
gli ha risposto dal suo cielo santo
con la forza vittoriosa della sua destra.
8Chi si vanta dei carri e chi dei cavalli,
noi siamo forti nel nome del Signore nostro Dio.
9Quelli si piegano e cadono,
ma noi restiamo in piedi e siamo saldi.

10Salva il re, o Signore,
rispondici, quando ti invochiamo.


Osea 11

1Quando Israele era giovinetto,
io l'ho amato
e dall'Egitto ho chiamato mio figlio.
2Ma più li chiamavo,
più si allontanavano da me;
immolavano vittime ai Baal,
agli idoli bruciavano incensi.
3Ad Èfraim io insegnavo a camminare
tenendolo per mano,
ma essi non compresero
che avevo cura di loro.
4Io li traevo con legami di bontà,
con vincoli d'amore;
ero per loro
come chi solleva un bimbo alla sua guancia;
mi chinavo su di lui
per dargli da mangiare.
5Ritornerà al paese d'Egitto,
Assur sarà il suo re,
perché non hanno voluto convertirsi.
6La spada farà strage nelle loro città,
sterminerà i loro figli,
demolirà le loro fortezze.

7Il mio popolo è duro a convertirsi:
chiamato a guardare in alto
nessuno sa sollevare lo sguardo.
8Come potrei abbandonarti, Èfraim,
come consegnarti ad altri, Israele?
Come potrei trattarti al pari di Admà,
ridurti allo stato di Zeboìm?
Il mio cuore si commuove dentro di me,
il mio intimo freme di compassione.
9Non darò sfogo all'ardore della mia ira,
non tornerò a distruggere Èfraim,
perché sono Dio e non uomo;
sono il Santo in mezzo a te
e non verrò nella mia ira.

10Seguiranno il Signore
ed egli ruggirà come un leone:
quando ruggirà, accorreranno
i suoi figli dall'occidente,
11accorreranno come uccelli dall'Egitto,
come colombe dall'Assiria
e li farò abitare nelle loro case.
Oracolo del Signore.


Prima lettera ai Corinzi 9

1Non sono forse libero, io? Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore?2Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore.3Questa è la mia difesa contro quelli che mi accusano.4Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere?5Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?6Ovvero solo io e Bàrnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?
7E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge?8Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così.9Sta scritto infatti nella legge di Mosè: 'Non metterai la museruola al bue che trebbia'. Forse Dio si dà pensiero dei buoi?10Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza.11Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali?12Se gli altri hanno tale diritto su di voi, non l'avremmo noi di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non recare intralcio al vangelo di Cristo.13Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare?14Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo.
15Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché ci si regoli in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto!16Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!17Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato.18Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.
19Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero:20mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge.21Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge.22Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno.23Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.
24Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!25Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile.26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria,27anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato.


Capitolo XIV: Pensare all’occulto giudizio di Dio, per non insuperbirci del bene

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1. Come tuono fai scendere sopra di me i tuoi giudizi, Signore; timore e terrore scuotono tutte le mie ossa; l'anima mia si ritrae spaventata. Sbigottito penso che neppure i cieli sono puri, di fronte a te. Se hai trovato dei malvagi persino tra gli angeli e non li hai risparmiati, che cosa accadrà di me? Caddero le stelle del cielo, ed io, che sono polvere, che cosa presumo di me? Caddero nel profondo certuni, che sembrava avessero compiuto opere degne di lode; certuni che mangiavano il pane degli angeli, li ho visti contentarsi delle carrube che mangiavano i porci. Invero, non c'è santità se tu, o Signore, togli la tua mano; la sapienza non serve a nulla, se tu cessi di reggerci; la fortezza non giova, se tu cessi di custodirla; la castità non è sicura, se tu non la difendi; la vigilanza su se stessi non vale, se tu non sei presente con la tua santa protezione. Infatti se tu ci abbandoni, andiamo a fondo e moriamo; se tu, invece, ci assisti ci teniamo ritti e viviamo. In verità, noi siamo malfermi, ma tu ci rafforzi; siamo tiepidi, ma tu ci infiammi.

2. Oh!, come devo essere conscio della mia bassezza e della mia abiezione; e come devo considerare un nulla quel poco di bene che mi possa sembrare di aver fatto. Con quale pienezza di sottomissione devo accettare, o Signore, i tuoi profondi giudizi, giacché mi trovo ad essere nient'altro che nulla e poi nulla. E' cosa grande, invalicabile, questo riscontrare che di mio non c'è assolutamente niente. Dove mai si nasconde la mia boria, dove finisce la sicurezza che riponevo nella mia virtù. Ogni mia vuota vanteria è inghiottita nella profondità dei tuoi giudizi sopra di me. Che cosa mai è l'uomo di fronte a te? Forse che la creta può vantarsi nei confronti di colui che la plasma? (cfr. Is 45,9). Come può gonfiarsi, con vane parole, colui che, in verità, nell'intimo è soggetto a Dio? Neppure il mondo intero lo potrebbe far montare in superbia, poiché la Verità stessa lo ha soggiogato. Neppure un elogio da parte di tutti gli uomini lo potrebbe smuovere, poiché ha posto interamente la sua speranza in Dio: infatti, quelli che fanno tanti elogi, ecco, non sono che nulla, e scompariranno con il suono delle loro parole. Mentre la "parola del Signore resta in eterno" (Sal 116,2).


DISCORSO 102 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI LC 10, 16: "CHI DISPREZZA VOI, DISPREZZA ME"

Discorsi - Sant'Agostino

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La deferenza dovuta ai pastori.

1. 1. Ciò che nostro Signore Gesù Cristo diceva ai suoi discepoli veniva scritto e disposto in quel tempo per noi al fine di farcelo ascoltare. Abbiamo dunque udito le sue parole. Che ci sarebbe giovato, se lo avessimo visto ma non lo avessimo ascoltato? Nemmeno adesso ci è d'impedimento il fatto di non vederlo, ma tuttavia lo udiamo. Egli dunque afferma: Chi disprezza voi, disprezza me 1. Se ai soli Apostoli disse: Chi disprezza voi, disprezza me, disprezzateci pure. Se però la sua parola è giunta fino a noi ed è stato lui a chiamarci e a stabilirci al posto di essi, badate di non disprezzarci perché l'offesa che fareste a noi non giunga fino a lui. Se dunque non temete noi, dovete temere lui che disse: Chi disprezza voi, disprezza me. Ma per quale motivo parliamo a voi, noi che non vogliamo essere disprezzati, se non allo scopo di godere dei vostri buoni costumi? Conducete una vita buona per non fare una cattiva morte.

Quale morte è veramente buona o cattiva.

1. 2. Riguardo però alla frase da me pronunciata: "Conducete una vita buona, per non fare una cattiva morte", non dovete considerare coloro che per caso sono vissuti male e sono morti nei loro letti, sono stati fatti i loro funerali con grande magnificenza e sono stati deposti in preziosi sarcofagi, in sepolcri bellissimi, costruiti con grandissima cura; e poiché ciascuno di voi dice per caso tra sé: "Vorrei fare una simile morte", non dovete pensare ch'io abbia voluto dire una cosa inutile per il fatto di aver detto di desiderare che voi conduciate una vita buona al fine di non andare incontro a una cattiva morte.

2. 2. Al contrario potrebbe forse incontrarsi uno che sia vissuto bene e sia morto male, forse per una caduta o per un naufragio o sbranato dalle belve, e ciascun individuo carnale potrebbe dire in cuor suo: "Che significa viver bene? Ecco lì: quel tale è vissuto così e così è morto". Rientrate tuttavia nel vostro cuore 2 e, se siete fedeli, vi troverete Cristo. È lì ch'egli vi parla. Io infatti parlo ad alta voce ma è lui a istruirvi più efficacemente nel silenzio. Io parlo attraverso il suono della parola, egli invece parla nell'interno ispirandovi un santo timore. Sia dunque lui a seminare nel vostro cuore la mia parola; poiché ho osato dire: "Vivete bene per evitare di morire male ". Ecco, poiché c'è la fede nei vostri cuori e in essi c'è Cristo, sarà lui ad insegnarvi ciò ch'io desidero inculcarvi col suono delle mie parole.

Diversa sorte del ricco e di Lazzaro dopo la morte.

2. 3. Richiamate alla vostra mente la parabola del Vangelo, quella del ricco e del povero; il ricco sempre vestito di porpora e di bisso e ogni giorno ben pasciuto con lauti banchetti, il povero al contrario giaceva davanti alla porta del ricco e, avendo fame, cercava le briciole che cadevano dalla sua tavola, era coperto di piaghe, leccato dai cani 3. Voi la ricordate; e perché la ricordate se non perché Cristo è nei vostri cuori? Ditemi quali domande gli rivolgerete nell'intimo del cuore e che cosa vi risponderà. La parabola del Vangelo continua dicendo: Avvenne che il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno d'Abramo. Morì poi anche il ricco e quando fu sepolto andò a finire nell'inferno. Trovandosi nei tormenti alzò gli occhi e vide Lazzaro che riposava nel seno d'Abramo. Allora gridò dicendo: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a bagnare la punta d'un dito nell'acqua e a farne cadere una goccia sulla mia lingua, poiché soffro terribilmente in queste fiamme 4. Questo individuo, ch'era stato superbo durante la sua vita, è ora un mendico nell'inferno. Il povero infatti cercava d'avere qualche briciola di pane, quell'altro al contrario non poteva ottenere una goccia d'acqua. Ebbene, a proposito di questi due, ditemi: chi è morto bene e chi è morto male? Non interrogate i vostri occhi, ma rientrate nel vostro cuore, poiché se lo domanderete agli occhi, vi risponderanno il falso; tanto infatti furono splendidi ma mondanamente affettati gli onori che poterono essere tributati a quel ricco al momento della sua morte! Quale moltitudine di servi e di serve piangenti! Quale corteo di clienti! Quale splendore di funerale! Quale dispendio per la sepoltura! Suppongo che fosse stato sommerso di aromi. Che diremo dunque, fratelli? Costui fece una morte buona o cattiva? Se lo domanderete agli occhi, la sua morte fu bellissima; se lo chiederete al vostro maestro interiore, la sua morte fu pessima.

Come giudicare se la morte è buona o no.

3. 4. Se dunque muoiono così i superbi che conservano i loro beni e non ne danno nulla ai poveri, in qual modo muoiono coloro che rapiscono i beni altrui? Ho detto dunque la verità dicendo: "Vivete bene per non fare una cattiva morte", per non morire come quel ricco. Dimostra una cattiva morte solo il tempo dopo la morte. Al contrario considerate quel povero, ma non con gli occhi, perché sbagliereste. Lo consideri la fede, lo guardi il cuore. Raffiguratevelo davanti ai vostri occhi, giacente per terra, coperto di piaghe mentre i cani vanno a leccargli le piaghe. Ma quando ve lo raffigurate in quelle condizioni davanti al vostro sguardo, voi subito sputate, volgete altrove la faccia, vi turate le narici; dovete invece guardarlo con gli occhi dello spirito. Il povero morì ma fu portato dagli angeli nel seno d'Abramo. Si vedevano i domestici del ricco che piangevano, ma non si vedevano gli angeli che gioivano. Che cosa dunque rispose Abramo al ricco? Ricordati, figlio, che hai ricevuto molti beni durante la tua vita 5. Non giudicasti che fosse bene se non ciò che possedevi in questa vita. Tu l'hai avuto, ma sono passati i giorni e hai perduto tutto; ora sei rimasto nell'inferno per essere tormentato.

Esortazione a fare opere buone.

4. 5. È dunque opportuno, fratelli, parlarvi di questi argomenti. Pensate ai poveri, sia che giacciano per terra sia che camminino; abbiate cura dei poveri, fate opere buone. Fatele voi che siete abituati a farle ma fatele anche voi che non siete soliti. Aumenti il numero di coloro che fanno il bene, poiché in tal modo aumenta anche il numero dei fedeli. Il bene, che fate, ancora non vedete quanto sia cosa buona; anche il contadino, quando semina, non vede la messe ma l'affida alla terra. Perché mai tu non affidi la tua messe a Dio? La nostra messe verrà. Fa' conto che ora lavoriamo tra le sofferenze, operiamo con fatica, come sta scritto: Nell'andare avanzavano e piangevano spargendo la loro semente; nel tornare però verranno con allegrezza portando i loro covoni 6.


Vita di San Policarpo

San Giovanni Bosco - San Giovanni Bosco

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Prefazione

 

            S. Policarpo illustrò la Chiesa di G. C. sulla fine del primo secolo e sul principio del secondo, ed è annoverato fra i Padri che si chiamano Apostolici. Egli è da osservare che nella Chiesa cattolica si onorano col titolo di Padri quegli scrittori i quali vissero nei tempi antichi, si segnalarono per santità di vita, e scrissero libri per difendere o anche solo per ispiegare le dottrine cattoliche. Si chiamano poi Padri Apostolici quelli, i quali ebbero per maestri o gli Apostoli stessi o i loro primi discepoli. Ora S. Policarpo è riverito siccome uno {III [99]} de' Padri Apostolici, perchè egli diede in luce varii scritti in favore delle verità della fede, e fu un modello di virtù ed ebbe per maestro S. Giovanni l'Evangelista. Dopo gli Apostoli egli tiene uno dei primi posti nella gerarchia dei vescovi e dei martiri. È vero che Dell'esporre le azioni dei Papi abbiamo più volte avuto occasione di parlare di questo luminare della Chiesa; tuttavia ci sembrò conveniente che di lui si parlasse più appositamente: che anzi giustizia voleva, che, per quanto era in noi, procacciassimo di rendere ai meriti di questo gran martire tutto l'onore che si deve, ravvivando la divozione dei fedeli verso di un santo il quale e colle sue fatiche episcopali e collo spargimento del suo sangue tanto fece per quella Chiesa di cui siamo figli. {IV [100]}

 

 

Capo I. Memorie antichissime che si hanno di S. Policarpo.

 

            S. Policarpo fu così celebre nella Chiesa, che si hanno di lui memorie antichissime. Non appena questo santo vescovo ebbe finita la sua carriera episcopale col morire per Gesù Cristo, che la chiesa di Smirne, di cui egli era stato pastore per tanti anni, scrisse una lettera a tutte le altre chiese, nella quale descrive minutamente il suo martirio. Questa lettera essendo giunta sino a noi, noi la riprodurremo alla fine, ove parleremo del martirio di questo santo vescovo. S. Girolamo nel suo Catalogo degli scrittori ecclesiastici (cap. 47), ci dà un breve ragguaglio delle gesta, degli scritti, del martirio del nostro santo. E prima di S. Girolamo, S. Policarpo era stato lodato diffusamente e dal suo discepolo S. Ireneo nella lettera a Fiorino, e da Eusebio di Cesarea nella sua storia ecclesiastica (anno VII dell'impero di Marco Aurelio) e dalla Cronaca di Alessandria d'Egitto. Un certo Pionio {5 [101]} poi fa così zelante dell'onore di S. Policarpo, che ne scrisse in lingua greca la vita, la quale giunse sino a noi.

            Questo Pionio, a quel che pare, visse poco dopo il Concilio Niceno, epperò nella prima parte del secolo quarto. Ma benchè tra esso e il nostro santo siavi la distanza di oltre a 150 anni, pure egli attinse da fonti sicure quanto ci lasciò scritto di lui. Imperocchè in fine egli dichiara, che tutte le cose narrate di San Policarpo, egli le ricavò dal libro di un certo Socrate di Corinto, il quale Socrate assicura di averle estratte dagli scritti di un certo Cajo. Questi le aveva imparate da S. Ireneo, che era stato, (come lo vediemo a suo tempo) discepolo di San Policarpo, conciossiachè esso Cajo avesse conversato con S. Ireneo.

            Pionio soggiugne, che S. Policarpo stesso gli era apparso e gli aveva rivelato, essere sua intenzione, che la sua vita scritta da Socrate, e che era caduta in dimenticanza, fosse richiamata in memoria; e che Pionio dalle cose rivelategli in quell' apparizione, potè esaminare la verità di quanto Socrate aveva scritto. {6 [102]}

            Possiamo quindi ragionevolmente dedurne, che ogni cosa scritta da Pionio intorno a S. Policarpo è vera: conciossiachè egli la trovò scritta da Socrate, e la imparò da S. Policarpo stesso per rivelazione (vedi i Bollandisti al mese di gennaio, tomo n).

 

 

Capo II. Primi anni di S. Policarpo.

 

            Smirne, città della Ionia nell'Asia minore, e situata sul mare mediterraneo, era a quei tempi rinomatissima per bellezze e per commercio. Essa aveva avuto la sorte invidiabile di ricevere assai di buon' ora la luce del Vangelo o dagli Apostoli stessi o da alcuno dei loro discepoli mandato da essi medesimi a predicarvi la fede. Pionio dice, che l'apostolo S. Paolo dopo essere stato nella Galazia, essendo venuto nell'Asia minore, si fermò qualche tempo a Smirne prima di ritornare a Gerusalemme, e che mentre stette a Smirne prese albergo presso a un certo Stratea, già discepolo di San Paolo in Pamfilia. Egli era figliuolo di Eunice, la cui {7 [103]} madre era quella Loide, che l'apostolo commenda nella sua prima lettera a Timoteo (cap. 5), quindi ne viene in conseguenza che questo Stratea era fratello di Timoteo. Ora a quei tempi essendo vescovo di Smirne un certo Bucolo, in quella città viveva una donna assai pia, timorata di Dio, e dedita ad opere buone, per nome Callista. Una notte essa videsi apparire innanzi un angelo mandato a lei da Dio, che le disse: «levati su, Callista, e va alla porta che conduce verso Efeso; là vedrai due uomini venirti incontro, conducendo per mano un figliuolino, per nome Policarpo. Domanda se questi sia da vendere[1], e udito che si, pagane il prezzo, e menalo con te a casa; sappi che esso è nato nell'Oriente.» Ciò udito, Callista tutta piena di gioia immantinenti si alzò, e venuta là ove l'angelo avevale indicato, trovò ogni cosa appuntino come erale stato detto. Avendo poi sborsato il prezzo che le fu chiesto, tutta lieta si condusse {8 [104]} a casa Policarpo. E siccome questi mostrava una grande inclinazione alla pietà, ed era docile assai e modesto, così ella gli prese amore di madre: ed avendo dovuto assentarsi da casa per qualche tempo, lo fece amministratore generale e dispensiere d'ogni suo avere.

            Policarpo, come è l'uso di tutti i cristiani veramente pii, sentivasi in cuore una viva compassione dei poveri, e cercava di alleviarne le miserie. Quindi è. che quando usciva di casa, vedove, orfani e poveri d' ogni specie s'accostavano a lui, e lo pregavano di soccorrerli. Ed egli lasciandosi vincere dalla pietà, loro distribuiva olio, vino, pane e danaro, confidando che la sua padrona non lo avrebbe a male, veggendo che essa era di cuore assai pio e inclinato al bene. Ma avendo continuato a largheggiare in queste elemosine senza porvi alcun limite, avvenne che tutte le provvigioni ben tosto furono esauste, e non ne rimase più nulla nelle celle. Frattanto Callista ritornò: ed ecco uno dei servi pieno di livore nell'animo avvicinarsi a lei, e avvertirla, che Policarpo, in cui essa aveva messo cotanta fiducia, aveva dato fondo ad ogni {9 [105]} cosa. Le quali infauste notizie commossero si fattamente Callista e accesero tale sdegno nell' animo di lei, che pensando non fosse Policarpo avesse sprecato tutte le sue ampie provvigioni in stravizzi e bagordi, appena entrata in casa, lo chiamò, e fattesi dare le chiavi entrò nelle celle a farne diligente esame. Ma quale non fu il suo stupore, quando le vide ripiene come le aveva lasciate alla sua partenza? Allora lo sdegno concepito contro il suo giovane servo convertissi in collera sfrenata contro chi glielo aveva denunziato siccome scialacquatore, ed essa stava per punirvelo severamente; ma Policarpo si intromise in favore del suo accusatore, dichiarando, che realmente egli aveva distribuito ai poveri la roba di lei, ma che Iddio aveva mandato il suo angelo e per mezzo di lui avevale restituito ogni cosa. Callista in udire ciò, rimase piena di maraviglia, e imparando vie più a stimare Policarpo, lo adottò per figliuolo, e morendo gli lasciò in eredità tutto il suo avere. {10 [106]}

 

 

Capo III.Progressi di S. Policarpo nella virtù e nella scienza.

 

            Dopo la morte di Callista, Policarpo rimasto pienamente libero di se stesso, diedesi vie maggiormente a Dio. Il gran pensiero dell'eterna vita gli stava sempre fisso nella mente; e non cessava mai dal riflettere, che noi siamo fatti per l'eternità, e che siamo quaggiù solo per qualche tempo, e come pellegrini, mentre la nostra patria è la Gerusalemme celeste. Quindi egli spendeva ogni dì lunghe ore nella meditazione delle S. Scritture, e faceva molta orazione, e donava ai poveri quanto più poteva, convertendo in loro soccorso non solo i suoi averi, ma anche il frutto della sua industria. Anzi per potere essere liberale verso dei poveri egli scarseggiava verso di se stesso; poichè si contentava di cibo semplice assai, e nelle vesti mirava solo a ripararsi dal freddo, aborrendo da ogni vanità.

            Quantunque giovane, aveva nell' aspetto la serietà di un uomo maturo, e {11 [107]} nel camminare era grave, e come di persona avanzata in età, e il cuore aveva pienamente libero da ogni affetto alle cose terrestri. Era così modesto, che se alcuno fissava in lui gli occhi, la sua verecondia ne pativa: e si guardava attentamente da coloro che erano vani e ciarlieri; che se non li poteva schivare, procurava di parlare solo quanto bastava alle regole della prudenza, e poi taceva. Ma dalla gente malvagia tenevasi lontano come da cani rabbiosi. Che se conosceva taluno, dalle cui parole od azioni sperasse trarre profitto, allora egli lo frequentava e procurava di imitarne i buoni esempi.

            Era cosi caritatevole, che quando fuori di città incontrava poveri, specialmente vecchi, che portavano legna al mercato, egli sentendo compassione della loro fatica, loro dimandava se speravano di vendere quella legna appena che fossero entrati in città. E avutone per risposta che spesso non riusciva loro di venderla prima della sera, egli la comperava, e pagatone il prezzo, faceva portare quella legna alle vedove che abitavano presso alle porte della città.

            Come poi giunse all' età virile, fecesi {12 [108]} ad amare la virtù con ardore più intenso. Imperocchè decise di rimanere celibe e consacrarsi a Dio colla castità perfetta, onde potere liberamente servirlo e amarlo con tutto il suo cuore.

 

 

Capo IV. È promosso al sacro ordine del Diaconato e del Sacerdozio.

 

            A quei tempi era vescovo di Smirne un certo Bucolo, il quale accortosi della pietà, della modestia e purità e altre belle doti di Policarpo, e veduto come esso desiderasse ardentemente d'istruirsi nelle scienze sacre, gli prese un amore singolare e lo guardava come suo figlio. Anche Policarpo amava il suo vescovo con amore di figlio, e lo teneva in conto di padre, recandosi spesso a udirne le prediche, e a riceverne le lezioni, e procurando di portargli ogni riverenza che potesse[2]. Bucolo pertanto animato da {13 [109]} vivissimo desiderio di provvedere alla Chiesa dei sacerdoti pieni di zelo, pose gli occhi su Policarpo; e pensò che i fedeli e la causa di Dio ne guadagnerebbero assai ove Policarpo assumesse sopra di sè 1' esercizio del santo ministero. Epperò chiamatolo a sè, alla presenza dei cattolici, che tutti di comune accordo diedero la loro approvazione, gli conferì l'ordine sacro del Diaconato.

            L'uffizio dei diaconi a quei tempi era assai {14 [110]} più importante, che non è al presente. Imperocchè essi dovevano aiutare il vescovo nell'amministrazione della diocesi e nella cura spirituale e anche temporale del gregge. Era loro dovere l'istruire non solo i fedeli, ma anche gli idolatri, che mostravano inclinazione a farsi cristiani: epperò era necessario che conoscessero a fondo tutte le dottrine del S. Vangelo, e sapessero esporle bene e con frutto di chi li ascoltava. Era pure loro dovere lo assistere alla celebrazione dei santi misteri, lo invigilare che nei luoghi sacri ogni cosa procedesse con ordine, lo amministrare il santo Battesimo, il portare il SS. Viatico agli infermi, visitare i cristiani che erano in carcere per causa della fede, e loro procurare tutti i soccorsi spirituali e corporali che loro occorrevano. Era infine obbligo dei diaconi il ricevere le oblazioni dei fedeli, e con queste sovvenire alle necessità dei poveri, specialmente quando erano ammalati, e sovrattutto aiutare le vedove e gli orfani. Egli è chiaro che il diacono allora non poteva riuscire bene nel suo santo ministero, senza, essere una persona gradita a tutti: ed è per questo che i vescovi usavano allora chiedere {15 [111]} una buona testimonianza dei fedeli prima di promnovere alcuno a un uffizio sì delicato. Egli è chiaro altresì, che a compiere tutti gli obblighi di un tale ministero si richiedevano persone fornite di gran zelo, gran carità, gran prudenza e pietà, e soprattutto ben fondate nella santa castità, acciocchè potessero star saldi in mezzo a tutti i pericoli fra i quali dovevano trovarsi. Ora da ciò si può intendere quale grande stima Bucolo e tutti i cattolici di Smirne facessero delle virtù di Policarpo, eleggendolo a un uffizio sì importante. Ma non è da stupire che ed il vescovo e i fedeli concorressero in questa scelta, mentre Pionio ci dice, che Iddio stesso aveva fatto palese la santità di Policarpo coll'operare prodigi a intercessione di lui, e concedergli la grazia di risanare molti infermi e cacciare lo spirito infernale da molti indemoniati.

            Fatto diacono, confermò pienamente colla sua santa condotta le speranze concepite da lui; e mostrandosi pieno dello stesso spirito, di cui era stato ripieno il diacono S. Stefano, con gran libertà confatava i Giudei, i Gentili e gli Eretici, e arrendendoci alla persuasione del suo {16 [112]} vescovo, benchè per modestia vi sentisse gran ripugnanza, fecesi pure a predicare i santi misteri agli stessi cattolici. Ad essi esponeva le cose sì chiaramente, che i suoi uditori attestavano che loro pareva di vedere cogli occhi propri, non che udire, quanto il santo diacono loro predicava.

            Il sacerdozio a que' tempi si conferiva solo a un'età già avanzata, acciocchè coloro che ne venivano insigniti potessero avere la maturità e prudenza necessaria, ed è per questo che i sacerdoti erano chiamati preti, parola che significa persone attempate.[3] Bucolo faceva tanta stima di Policarpo, che avrebbe voluto ordinarlo sacerdote molti anni prima, se le leggi della Chiesa non gliel' avessero proibito: ma subitochè questi arrivò all'età fissata, che a quei tempi era verso i 30 anni, e i capelli, che già incominciavano a imbianchire erano prova, ch'esso era uomo maturo, Bucolo si fece premura di promuovere il suo caro discepolo alla dignità altissima e sovrumana di sacerdote di Gesù Cristo. Tutti i fedeli di Smirne applaudivano {17 [113]} alla intenzione del loro pastore; e tutti ardentemente desideravano di vedere il loro diletto Policarpo adorno del carattere sacerdotale. V'era però un solo, che si opponeva, e che contrastava al desiderio comune; e questi era Policarpo, che quanto più era realmente degno di quell'onore, altrettanto se ne riputava indegno. Egli tremava al pensiero, che Iddio potesse punirlo, ove senza le disposizioni richieste egli osasse avanzarsi a tanta dignità. Ma una visione celeste venne a confortarlo, e a renderlo persuaso essere volere di Dio, che esso cedesse alle esortazioni dei buoni, e si lasciasse ordinare sacerdote.

            Poichè Policarpo si vide sollevato a tanto onore, si accese di zelo vie più fervente, e si pose a predicare Gesù Cristo con tanta efficacia, che molti idolatri illuminati dalle sue istruzioni, aprirono gli occhi della mente, e abbracciarono la fede cristiana.

 

 

Capo V. È fatto Vescovo di Smirne, suo zelo nell'episcopato.

 

            Frattanto Bucolo. breve tempo appresso, dopo aver lungamente governato la chiesa {18 [114]} di Smirne, fu chiamato a ricevere il premio delle sue fatiche: ma prima che passasse da questa all'altra vita, il Signore lo consolò col rivelargli che Policarpo gli succederebbe nella carica. La qual còsa recò tanta gioia al buon vecchio, che quando era sul morire, si prese la mano di Policarpo, e se la pose sul petto e poi sul volto, per mostrargli com'egli trasmettesse a lui il potere di fare tuttociò ch'egli aveva fatto colle facoltà dell' anima e del corpo per la gloria di Dio. Quei che erano presenti alla morte del loro pastore già cominciavano a tenere tra loro ragionamenti sull'eleggergli per successore Policarpo, benchè questi non vi pensasse per nulla, come quegli, la cui mente era del continuo assorbita dalle cose eterne. Ma venuta l' ora di rendere gli ultimi uffizii al vescovo defunto, e portatone il cadavere al cimitero della Basilica detta Efesiaca, tutti concordemente fecero istanza a Policarpo che celebrasse la messa in suffragio dell'anima del loro pastore; il che era un dirgli che volevano lui per successore. Vennero poscia i vescovi delle città vicine per fare la elezione; o insieme coi vescovi venne molta gente da varie {19 [115]} parti, perocchè molti conoscevano già Policarpo, molti desideravano di vedere un personaggio, di cui udivano magnificarsi i meriti; e tutti si aspettavano di vederlo promosso alla dignità vescovile. I vescovi si radunarono nel luogo ove la elezione doveva farsi, e coi vescovi erano tutti i preti e diaconi di Smirne insieme con gran numero di fedeli. Dicesi che uno splendore insolito venisse dal cielo, e agli occhi degli astanti rendesse Policarpo radiante d'una luce sovrumana, e il mostrasse come ammantato di ricca porpora, con una bianchissima colomba sovra il capo. Si fece orazione, si lessero le Sante Scritture, e si tenne un sermone. I vescovi e gli altri ecclesiastici quivi presenti, non poterono a meno di approvare tale elezione, veggendo che la volontà di Dio erasi manifestata in modo cosi sensibile; epperò di comune consenso, Policarpo, che probabilmente aveva poco più di 30 anni, fu chiamato ad essere vescovo di Smirne. Non è a dire le lagrime che sparse Policarpo quando si vide innalzato a un posto che è formidabile agli stessi angeli: ma benchè egli tremasse al pensiero di un {20 [116]} carico sì pesante, pure dovette sottoporvi le spalle e lasciare che ì vescovi presenti lo consacrassero, imponendogli le mani.

            S. Girolamo, la cronaca delle chiese d'Alessandria in Egitto, Usuardo nel suo martirologio, ed altri ci dicono che Policarpo fu ordinato vescovo di Smirne da s. Giovanni l'evangelista. Bisogna perciò conchiudere che, o s. Giovanni mandò l'ordine di eleggere Policarpo, o egli stesso intervenne a quella adunanza, od approvò la elezione fatta dai vescovi. È cosa chiara, che siccome s. Giovanni aveva cura speciale delle chiese dell' Asia, così finchè egli visse, nessuno fu ordinato vescovo di alcune di quelle chiese senza che egli in qualche modo concorresse a quell' ordinazione o almeno vi desse il suo consenso.

            Appena fu consacrato, incominciò ad esercitare il suo uffizio col predicare al popolo che era accorso alla sua elezione, e nella predica, dopo avere parlato della difficoltà estrema che incontrasi nel compiere esattamente gli obblighi di vescovo, si raccomandò caldamente alle preghiere di tutti, ed esortò i sacerdoti e diaconi della sua diocesi ad aiutarlo col loro zelo nel grave incarico. Nè Pionio, nè altri, non {21 [117]} ci lasciarono scritto minutamente le molte cose che Policarpo deve avere fatto pel bene delle anime, mentre che esso fu vescovo; nulladimeno egli è chiaro, che un uomo cosi zelante, cosi pio e casto, cosi umile e modesto, e che aveva adempito gli obblighi di diacono e sacerdote con tanta edificazione e tanta soddisfazione di tutti i fedeli, non poteva a meno di essere tutto fervore per la conversione degli idolatri e dei peccatori. Infatti Pionio ci dice, che esso visitava tutte le chiese della sua diocesi, a fine di provvedere, che il culto divino si esercitasse ovunque in regola e si amministrassero i sacramenti. Stabilì varii diaconi, dando loro la cura delle chiese, e tra gli altri ordinò diacono un certo Camerio, il quale gli succedette poi nel vescovato dopo un certo Papizio; e a questo Camerio egli affidò la cura delle chiese della campagna. Il santo vescovo predicava spesso e sempre con una eloquenza da apostolo, e si adoperava col massimo calore, perchè si mantenesse viva la fede, e si osservassero i dì festivi, e si abbonisse il peccato.

            Iddio accresceva la efficacia della predicazione del santo vescovo col dono dei {22 [118]} miracoli, tra i quali si annovera specialmente, l'avere fermato un incendio che minacciava di recare guasti orribili; di avere fatto venire la pioggia in tempo di siccità, e di avere fatto cessare la inondazione delle acque ed ottenuta la serenità del cielo.

            E non è a stupire che Iddio si degnasse di onorare lo zelo e la santità di questo gran vescovo col dargli il potere di operare cose al dissopra delle forze della natura, dacchè Esso, quando mandò gli apostoli a predicare il vangelo agli idolatri, aveva detto loro: guarite gli infermi, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, cacciate i demoni[4].

            Mentre era vescovo, ebbe la consolazione di dare ospitalità al suo caro condiscepolo s. Ignazio, vescovo di Antiochia, quando questi essendo tratto a Roma, per essere esposto alle fiere, ebbe da soffermarsi a Smirne. E chi può imaginare il trasporto d'affetto di questi due santi vescovi e martiri, quando si abbracciarono a vicenda?

            Tra le altre cure che s. Policarpo si {23 [119]} prese sommamente a cuore, una si fu quella di allevarsi dei discepoli pieni di zelo, scienza e virtù, i quali propagassero l'evangelo, convertendo idolatri e confutando gli eretici. E si dà per certo, che Policarpo mandò varii de' suoi discepoli nelle Gallie (che sono la Francia attuale), i quali tutti dopo avere predicato in quei paesi idolatri la fede cristiana, terminarono il loro apostolato col martirio. Fra questi discepoli di s Policarpo, il più illustre fu s. Ireneo, vescovo di Lione. Questo Santo ci narra, che il suo maestro fece un viaggio a Roma per ristabilire la pace della Chiesa, la quale era alquanto turbata da ciò, che non tutti andavano d'accordo sul giorno in cui dovevasi celebrare la solennità della Pasqua: mentre altri la celebravano il giorno 14 della luna di marzo, in qualunque dì della settimana esso potesse cadere, e altri la celebravano la domenica seguente, secondo la pratica introdotta da s. Pietro ed osservata costantemente a Roma. S. Policarpo, a cui nulla stava più a cuore che la pace, la buona armonia e la carità, fece dal canto suo quanto potè per impedire, che i fedeli fossero divisi tra di loro, e onde riuscirvi, {24 [120]} determinò di abboccarsi col Sommo Pontefice, s. Aniceto, epperò di intraprendere il viaggio di Roma. A quei tempi simile viaggio era assai lungo e faticoso per tutti, ma lo era assai più per Policarpo, che allora già toccava oltre i 90 anni dell'età sua. Arrivato a Roma si portò dal Vicario di Gesù Cristo, e trattò con lui lungamente sul giorno, che i cristiani avevano da celebrare la Pasqua: e quantunque la questione per allora non potesse ricevere lo scioglimento che poi ricevette nell' anno 325, quando il Concilio di Nicea decretò che la Pasqua aveva da essere solennizzata da tutti la prima domenica dopo il plenilunio di marzo; tuttavia s. Policarpo ottenne da papa Aniceto, che non venissero scomunicati quei che osservavano una pratica diversa; e che per questo punto di disciplina ecclesiastica, la Chiesa non avesse ad essere turbata da scismi.

            S. Policarpo, mentre si prendeva cura di questo affare, non cessava di esercitare il suo zelo nella conversione degli eretici, epperò s. Ireneo ci assicura, che durante il suo soggiorno in Roma, esso convertì molta gente che si erano lasciati ingannare dagli eretici Marcione e Valentino, {25 [121]} i quali insegnavano non esservi un Dio solo, ma molti dei. Il suo attaccamento alla fede cattolica, e il suo orrore per gli eretici era tale, che un dì mentre era in Roma l'eretico Mansione, essendosi avvicinato al santo vescovo, e avendo osato domandargli: «Mi conosci tu, e sai tu chi io sono?» S. Policarpo immantinenti risposegli: «si, ti conosco, e bene assai, imperocchè io so che tu sei il primogenito di Satanasso».

            Questo era uno dei punti essenzialissimi, sui quali s. Policarpo era pieno di attività e di fuoco, cioè il procurare che i cattolici conservassero la fede illibata, e per conseguenza stessero lontani dagli eretici. Per questo egli continuamente si adoperava per inspirare un grande orrore all' eresia, e soleva raccontare, che l'apostolo s. Giovanni, un dì trovandosi ad Efeso, ed essendo entrato in un bagno, vi trovò là l'eretico Cerinto. Tale incontro lo colpì di tal timore, che immantinenti uscì, affermando, che siccome là entro era Cerinto, nemico della verità, così vi correva gran pericolo che l'edifizio crollasse in un istante e cadesse a terra.

            Non contento di propagare e difendere {26 [122]} la fede cristiana colla parola, si adoperò di propagarla e difenderla cogli scritti: e per questo scrisse molte lettere sia a persone private, sia alle chiese dell'Asia e di altri luoghi, in cui espose i dogmi della fede, con grande erudizione e forza. Peccato che di tutti i suoi scritti non ci rimane che una lettera ai cristiani di Filippi, detta da s. Girolamo utile assai.

            Non è senza probabilità, che quando l'apostolo ed evangelista s. Giovanni scrisse il libro dell'Apocalisse, s. Policarpo fosse vescovo di Smirne: epperò egli è a questo santo vescovo che dovrebbe riferirsi il magnifico elogio, che Gesù Cristo stesso fa di lui in questo libro, al capo secondo, ove così comanda a s. Giovanni: «E all'angelo[5] della chiesa di Smirne scrivi: queste cose dice Quegli che è il Primo e l'Ultimo, era morto ed ora è vivo; io conosco la tua tribolazione, e la tua povertà; ma tu sei ricco: e tu sei bestemmiato da coloro che chiamano se stessi giudei[6], ma non lo {27 [123]} sono, sibbene essi sono la sinagoga di Satanasso. Non temere alcuna delle cose che avrai da soffrire. Ecco che il diavolo getterà alcuni di voi in prigione, acciocchè voi siate provati; e voi avrete tribolazione per dieci giorni. Sii fedele sino alla morte, ed io ti darò la corona della vita». Dalle quali parole del nostro Redentore vedesi chiaro come s. Policarpo menava vita povera assai, mentre era ricco di meriti, ed era come nel crogiuolo della tribolazione, per parte degli idolatri e degli eretici, che lo perseguitavano a morte. Ma egli era fermo nel servizio di Dio, e pronto a tutto patire, e a morire mille volte piuttosto che tradire la fede, o mancare al suo dovere. Quindi è che rincuorato da questa raccomandazione del suo divin Salvatore, terminò la sua carriera mortale con un glorioso martìrio. Imperocchè Marco Aurelio, imperatore dei Romani, avendo emanate leggi di sangue contro i cristiani, e specialmente contro i loro sacerdoti e vescovi, gli idolatri e Giudei di Smirne ne presero occasione per chiedere la morte di s. Policarpo al proconsole, e ottenere che esso fosse consegnato alle fiamme; in questa maniera procurarono il martirio di molti seguaci di G. C. {28 [124]}

            I fedeli di Smirne, come dicemmo sul principio, scrissero una lettera a quei di Filadelfia, e ai cristiani di tutto il mondo, nella quale descrivono minutamente la santa morte del loro pastore: la quale lettera è così bella e cosi edificante, che noi crediamo di far cosa gradita ai nostri lettori col riprodurla quasi per intero.

 

 

Capo VI. Martirio di s. Policarpo, quale è descritto nella lettera dei fedeli di Smirne.

 

            «La chiesa di Dio, che abita a Smirne, alla chiesa di Dio che è a Filadelfia, e a tutte le parrocchie di qualunque luogo della Chiesa santa e cattolica: si moltiplichi la pace e carita da Dio Padre e da Gesù Cristo Signor nostro.

            O Fratelli, vi abbiamo scritto intorno a coloro che subirono il martirio, e riguardo al beato Policarpo, il quale in certo modo, con la sua confessione; pose il sigillo alla persecuzione, e la estinse.

            ... Chi è che non ammiri la generosita dell'anima sua, la sua costanza, la {29 [125]} sua carita verso Dio? Altri furono battuti si crudelmente da spietati colpi di sferza, che si poteva vedere l'interna struttura delle vene, delle arterie e della carne: ma essi sopportarono questo supplizio si fortemente, che gli astanti stessi ne sentivano compassione. Altri giunsero a tale costanza, che nè una parola nè un gemito uscì loro di bocca: e tutti questi martiri di Cristo, generosi oltre modo, ci mostrarono che, mentre la loro carne si trovava fra i tormenti, le loro anime in certo modo erano lontane; o piuttosto Cristo era presente e conversava con loro; ed essi obbedendo alla grazia divina, disprezzavano le torture di questo mondo, e col patire di un'ora, si riscattavano dai tormenti eterni. Il fuoco era per essi quasi un ristoro della crudele carnificina che avevano subito: imperocche la sola cosa che essi avevano in mente, era di schivare l'eterno incendio che non si spegne mai; e cogli occhi della mente già vedevano i beni che sono riservati a chi persevera. Beni, che nè occhio vide, nè orecchio udì, nè possono essere intesi dalla mente dell uomo: ma Iddio li aveva fatti loro {30 [126]} capire, come se essi fossero stati angeli e non uomini. Similmente, condannati ad essere esposti alle bestie feroci, essi sostennero dolori acerbissimi; e furono pure esposti alle spade, e sottoposti ad altri crudeli supplizi, acciocchè, se fosse stato possibile, il tiranno, colla lunghezza delle pene, li potesse costrignere a rinnegare la fede».

            «Satanasso pose in opera molti artifizii contro di essi: ma dobbiamo ringraziare Iddio che non potè prevalere contro alcuno di loro. Un certo Germanico, d'animo generosissimo, combattendo da valoroso contro le bestie feroci, colla sua costanza infuse coraggio in chi era di cuor pusillanime. Imperocchè il Proconsole volendo persuaderlo a rinnegare la fede con suggerirgli che sentisse compassione della sua età, egli stesso con dei colpi provocò una bestia feroce contro di sè per liberarsi più presto da questo mondo empio ed ingiusto. E fu allora che tutta a moltitudine ammirando la pia e religiosa magnanimità dei cristiani, gridò ad alta voce: distruggi gli empi, si cerchi di Policarpo.» {31 [127]}

            «Ma un certo cristiano per nome Quinto, che era venato di fresco dalla Frigia, vedute le fiere si sentì venir meno il coraggio; e questi di sua spontanea volontà aveva esposto se stesso ed altri al martirio: e il Proconsole esortandolo con molte ragioni, lo indusse a giurare per gli Dei, e a loro offrire sacrificio.»

            «Perlochè noi non lodiamo coloro che si offrono da loro stessi al martirio; conciossiachè questo non sia conforme all'insegnamento del Vangelo.»

            «Come l'ammirabile Policarpo udì queste cose, non si turbò punto di cuore, e sulle prime voleva rimanersi nella città. Molti però lo persuasero di allontanarsi; ed egli si ritirò in una casa di campagna non lungi dalla città, ove fermossi con pochi, e dì e notte non fece altro che pregare per le chiese di tutto il mondo, come era il suo costume. Or mentre attendeva all'orazione, tre giorni prima ch' ei fosse catturato, fu rapito in estasi, e gli parve di vedere il suo capezzale in fiamme: e voltosi agli astanti, disse, in tuono di profeta: io ho da essere abbruciato vivo. Aspettandosi coloro, che lo cercavano, {32 [128]} Policarpo passò ad un' altra casuccia; e subito si presentarono coloro che ne indagavano i pàssi; e non trovandolo, si impadronirono di due giovanetti, dei quali uno costrettovi dai tormenti scopri il luogo ove era Policarpo. Adunque avendo seco quel giovanetto, nel dì della Parasceve[7], all'ora di pranzo, i persecutori uscirono insieme con cavalieri muniti delle armi consuete, affrettandosi come se avessero da catturare un ladro. E sul far della notte arrivati ad una certa casetta, il trovarono nascosto nel soppalco superiore. Per certo egli avrebbe ancor potuto fuggirsene in altro luogo; ma non volle e disse: facciasi la volontà di Dio.

            Adunque udito ch'essi erano venuti, discese di suo spontaneo volere, e loro parlò, mentre tutti erano maravigliati della sua età e costanza; e che essi avessero usate tante cautele per catturare un vecchio. Immantinenti comandò che loro si apprestasse da mangiare e da bere quanto loro piacesse, pregandoli a concedergli una sola ora da pregare {33 [129]} in libertà. E quegli acconsentendo, esso pieno della grazia di Dio, pregò sì a lungo, che appena in due ore pote metter fine all'orazione. Coloro che erano presenti ne facevano le maraviglie, e varii di loro sentivansi pentiti d'essere venuti a prendere un vecchio cosi pio. Com'ebbe finita la preghiera. ... ed ebbe raccomandata tutta la chiesa cattolica sparsa per tutto l'universo, ed essendo venuta l'ora di partire, il posero sopra di un asino, e s' incamminarono  verso la città il dì del sabbato.»

            «Ma un Irenareo soprannominato Erode, e Nicete di lui padre gli vennero incontro dentro un carro, e presolo in mezzo a loro, si sforzavano di indurlo a fare a loro modo, dicendogli: che male vi ha mai a dire, signor Cesare, e poi offrire un sacrifìcio, e cosi salvare te stesso? Egli sulle prime non diede loro risposta, ma essi instando vie più, disse: non sarò io mai per fare quello che mi suggerite. Allora quegli delusi nella speranza che avevano di tirarlo nel loro partito, prorompono in insulti contro di lui, e lo gettano giù del carro con tal violenza, che cadendo si offese una {34 [130]} gamba e zoppicava non poco. Tuttavia per niente commosso, e come se non avesse ricevuto alcun incomodo continuò il suo viaggio verso l'anfiteatro, sforzandosi di camminare a passo spedito.

            Nell'anfiteatro vi era un grandissimo tumulto, sicchè non era possibile udire alcuna cosa. Or mentre Policarpo vi entrava, una voce udissi dal cielo: Policarpo, sta forte, combatti da valoroso: e nessuno poteva vedere quello, da cui veniva quella voce; ma la voce stessa fu udita da molti de' nostri che erano presenti. Del resto grande era il tumultuare della moltitudine per aver udito che Policarpo era stato preso. Il Proconsole, fattoselo venire innanzi, lo interroga, se esso sia Policarpo: e questi avendo risposto che si, il Proconsole lo esorta a rinnegare Cristo, dicendogli: rispetta la tua età, giura per la fortuna di Cesare, pentiti, di: distruggi gli empi, ed altre simili cose secondo il costume di costoro. Ma Policarpo con volto grave e tranquillo, fissando lo sguardo su tutta la moltitudine degli empi gentili, che erano nell'anfiteatro, stese {35 [131]} la mano verso di loro, e con gemiti alzando gli occhi al cielo, disse: disperdi gli empi. Il Proconsole poi facendo istanza, e dicendogli: giura, ed io ti lascierò andar libero, insulta a Cristo; Policarpo rispose: sono ottantasei anni che servo a lui, e non mi recò mai danno alcuno. E come potrei io bestemmiare il mio re che mi ha salvato? Il proconsole continuando a stimolarlo con dire: giura per la fortuna di Cesare; esso rispose: mi guardi Iddio dal giurare, come tu dici, per la fortuna di Cesare. Tu fingi di ignorare chi io mi sia; ascolta, che io parlerò con libertà. Io sono cristiano: e se ti aggrada: intendere la ragione della fede cristiana, dammi tempo a ciò, e ascoltami. Il Proconsole ripigliò: va ad insegnare la tua religione al popolo. Policarpo soggiunse: io stimo che si convenga di esporne la ragione a te; imperocchè ci fu insegnato che noi dovessimo stare soggetti a' magistrati e alle podestà stabilite da Dio nelle cose oneste; e loro rendere obbedienza in ciò che non rechi danno alcuno alla salvezza dell'anima nostra: ma io non stimo questa moltitudine degna che le si renda ragione {36 [132]} della nostra fede. Il Proconsole disse: io ho delle fiere e loro ti esporrò, se tu non cangi parere. Falle venir fuori, rispose Policarpo, imperocchè si deve ricusare quel pentimento che da ciò che è meglio ci conduce a ciò che è peggio. E il Proconsole: dacchè tu non fai caso delle fiere, se non mostri pentimento, ti farò consumare dal fuoco. Al che Policarpo replicò: tu minacci a me un fuoco, che arde solo per un'ora, e si spegne ben presto; imperocchè tu ignori i supplizii dell' altro mondo, e il fuoco di eterna condanna, che là sta apparecchiato agli empi.»

            «Policarpo dicendo queste ed altre cose simili, si riempì di fiducia e di gaudio, e tanta era la grazia che gli compariva sul volto, che non solo non si perdeva d'animo, nè si turbava per le cose che gli erano state dette; ma per contro lo stesso Proconsole ne era maravigliato.»

            «Questi nullàdimeno mandò un banditore in mezzo all' anfiteatro e comandogli di gridare ad alla voce per tre volte: Policarpo ha confessato d'essere cristiano. La qualcosa avendo quegli proclamato, {37 [133]} tutta la turba de' gentili e giùdei, che abitavano a Smirne; con impeto di animo sfrenato presero a gridare con quanta voce avevano in gola: questi è il maestro di empietà, questi e il padre dei cristiani, questi è lo sterminatore de' nostri dei, il quale allontanò molti dai sacrificii e dalla venerazione degli dei. Dicendo queste cose, facevano schiamazzi, e pregavano Filippo governatore dell'Asia, che mandasse un leone contro di Policarpo; ma Filippo rispose che ciò non gli era permesso, perchè i giuochi delle fiere erano già terminati. Allora tutto il popolo domandava con alte grida, che Policarpo fosse abbruciato vivo ... e appena ciò detto, tutti dalle officine e dai bagni si diedero a portar fuori legna e sermenta per farne una catasta: e coloro che in cio mostravano più calore ed attività erano secondo il solito i Giudei. Quando il rogo fu costrutto egli svestendosi da se stesso, deposto il cingolo, si adoperava a sciogliersi i calzari, il che egli non aveva mai fatto per lo innanzi perchè tutti i fedeli andavano a gara chi di loro il primo toccasse quel sacro corpo. {38 [134]} Imperocchè egli prima del martirio aveva operato cose preclare e sante; e in tutta la sua condotta aveva imitato Iddio.

            Immantinenti si adoprano gli instrumenti per quel supplizio: ma quando il vollero configgere con chiodi, lasciate ciò per ora, egli disse, imperocchè chi mi diede grazia da sopportare il fuoco, mi concederà pure di rimanere immobile nel fuoco senza alcun bisogno che io sia tenuto con chiodi. Quelli poi, benchè non lo conficcassero con chiodi, pure lo legarono con catene. Adunque avendo le mani legate dietro il dorso, quasi egli fosse qualche insigne montone scelto tra un numeroso gregge, per essere offerto in olocausto accettevole, alzati gli occhi al cielo, pregò cosi: Signore Iddio onnipotente, Padre del tuo diletto e benedetto figlio Gesù Cristo, per mezzo di cui noi abbiamo ricevuto la cognizione di te, Dio degli angeli e delle podestà, e di tutte le creature, e d'ogni classe di giùsti, i quali vivono nel tuo cospetto; io ti benedico, perchè in questo giorno e in questa ora tu mi fai degno di avere parte nel numero de' tuoi martiri, nel calice di Cristo, nella risurrezione della {39 [135]} vita eterna; del corpo e dell'anima, nell' incorruzione dello Spirito Santo; tra i quali martiri fa che noi siamo oggi ricevuti al tuo cospetto quel ostia pingue ed accettevole, siccome tu, Dio pero, e scevro d' ogni menzogna, hai disposto, hai predetto e adempito. Laonde per tutte queste cose io ti lodo, benedico e glorifico insieme coll'eterno e celeste tuo figlio Gesù Cristo, col quale insieme collo Spirito Santo sia a te gloria ora e per tutti i secoli. Amen.

            «Avendo dello amen, e terminata la preghiera, i littori ai quali spettava la cura di costrurre la catasta, vi appiccarono il fuoco. Venendo poi fuori una fiamma altissima, noi vedemmo un gran miracolo, noi, ai quali fu concesso e i quali siamo riservati a narrare a tutti gli altri fedeli le cose avvenute. Imperocchè il fuoco prendendo come la forma di una volta, o quasi fosse la vela di una nave gonfiata dal vento, circondava tutto all' intorno il corpo del martire, ed esso stava in mezzo, non già come carne abbruciata, ma come pane colto, oppure oro ed argento purificato nel camino coll'ardorè {40 [136]} del fuoco. E noi sentivamo tanta fragranza di odore soavissimo come se fosse venuto da incènso od altri preziosi aromi. Finalmente gli empi vedendo che il corpo di lui non poteva essere consumato dal fuoco, taluno ordinò, che il costruttore della catasta si avvicinasse di più, e vi conficcasse la sua spada. Ciò essendo stato eseguito, videsi una colomba a volare, e uscirne fuori tanta abbondanza di sangue, che spense il fuoco, e il popolo si maravigliò, che vi fosse tanta differenza tra gli infedeli e gli eletti, al numero dei quali venne aggregato l'ammirabile martire Policarpo. A' nostri tempi egli fu vescovo della Chiesa cattolica a Smirne, e anche dottore apostolico e profetico. Imperocchè quanto usciva dalla bocca di lui, o era già stato adempito o certo doveva adempirsi.

            Ma quell'invidioso, maligno e scellerato avversario, sempre nemico della classe dei giusti, vedendo l'illustre

martirio di lui, che da' suoi primi anni aveva menata una vita irreprensibile, e lui già rimunerato colla corona dell'immortalità, e in possessione d'una palma {41 [137]} certa e durevole, si adoperò con ogni premura e sollecitudine perchè, noi non ne togliessimo le reliquie, benchè molti avessero questa intenzione per rendersi in qualche modo partecipi della sacra corona di lui. Imperocchè suggerì a Nicete padre di Erode e fratello di Alces, di pregare il prefetto di non concederne loro il corpo, acciocchè non forse, egli diceva, abbandonando il crocifìsso, lui prendano ad adorare. E queste cose disse egli, mentre i Giudei davano simili avvisi, e con calore facevano simili istanze, i quali avevano pure guardato il corpo, quando noi volemmo trarlo dal fuoco: non sapendo, che noi non possiamo giammai essere indotti ad abbandonare Cristo, il quale patì per la salute di coloro che si salvano in tutto il mondo, il giusto per gli iniqui, o che onoriamo alcun altro: poichè noi adoriamo lui che è il figlio di Dio: ma i martiri, che sono come i discepoli ed imitatori del Signore, noi li amiamo giustamente a cagione della eccellente loro carita verso il proprio Re e maestro, dei quali voglia Dio che noi possiamo essere e condiscepoli e partecipi.» {42 [138]}

            «Adunque il centurione, veduta l'ostinazione de Giudei, pose il corpo in mezzo al fuoco, e l'abbruciò. Cosicchè noi raccogliendo poi le ossa di lui siccome oggetti più preziosi delle gemme, le riponemmo in luogo conveniente, dove, quando ciò potrà farsi, Iddio ci concederà di raunarci, e celebrare il dì del martirio di lui con gaudio ed esultanza a memoria di coloro che terminarono la, loro battaglia, e ad eccitamento dei posteri, e per preparare lo spirito a cose simili.

            Tutti raccontano queste cose del beato Policarpo che insieme cogli altri dodici, che vennero da Filadelfia, subì il martirio.

            Voi certamente ci richiedeste di scrivervi a lungo le cose che accaddero: ma noi per ora ve le abbiamo indicate solo per sommi capi, mandandovi questa lettera per mezzo del nostro fratello Marco. Quando poi l'avrete letta, mandatela anche ai fratelli lontani, acciocchè essi pure diano gloria al Signore, il quale tra' suoi servi fece una simile scelta, e che colla sua grazia e col suo dono può introdurre tutti noi nel suo eterno regno per mezzo del suo unigenito Gesù {43 [139]} Cristo, a cui sia gloria, onore, imperio, maestà per tutti i secoli. Amen.

            Salutate tutti i santi: tutti quelli che sono con noi vi salutano: anche Evaristo il quale scrive la lettera, e tutta la sua famiglia.»

            Egli pare assai verisimile che il martirio di s Policarpo accadesse il 26 marzo, nel dì del sabato santo, nell'anno 169 dell'era cristiana, essendo il santo vescovo in eta di anni 102.

 

 

Capo VII. Osservazioni a farsi sulle cose sopraddette.

 

            La prima osservazione è, che dobbiamo sentire un vivissimo attaccamento alla fede cattolica, e riguardare questa fede come il tesoro più prezioso, conciossiachè senza di essa non siavi la salute eterna e per conservarci gelosamente questo tesoro, noi dobbiamo stare lontani dagli eretici, perchè venendo in contatto con essi, noi correremmo pericolo di perdere un tesoro di tanto valore. Anche s. Giovanni benchè fosse l'apostolo della carità, pure aveva gli eretici in tanto orrore, che non volle {44 [140]} rimanersi nel bagno in cui era entrato, subitochè seppe che dentro vi era l'eretico Cerinto, e s. Policaipo disse all'eretico Marcione, che esso conosceva in lui il primogenito di Satanasso.

            La seconda osservazione a farsi, è che nessuno deve mai presumere di fare cose grandi senza che Iddio ve lo chiami; altrimenti si espone al pericolo di offendere gravemente Iddio invece di onorarlo. Epperò quei cristiani, i quali da se stessi vollero esporsi al martirio, presumendo di essere più coraggiosi che non erano; non stetterò saldi in mezzo ai tormenti, e rinnegarono la fede.

            La terza osservazione è che non è lecito di procurare a noi stessi la morte senza averne licenza da Dio: epperò quel certo Germanico il quale provocò la fiera contro di se stesso, perchè lo sbranasse, bisogna dire che avesse avuto qualche lume particolare del Cielo per fare ciò, altrimenti la Chiesa non lo onorerebbe siccome martire.

            La quarta osservazione e, quanto grande fosse la premura dei fedeli di quei tempi nel raccogliere le reliquie dei martiri, e riporle in luogo conveniente: e quale riverenza {45 [141]} portassero a queste reliquie. La qual cosa dimostra quanto giustamente la Chiesa anche a dì nostri continui ad inculcare lo stesso rispetto; e quanto siano da lodare quei cristiani i quali fanno stima delle sacre reliquie.

            La quinta osservazione è, che fino da quei tempi, cioè dal principio del cristianesimo i fedeli usavano festeggiare il dì anniversario della morte dei santi, come un giorno di trionfo, e in tal giorno si radunavano intorno alle loro reliquie, e facevano memoria di essi, eccitandosi vicendevolmente ad imitare le virtù. Il che dimostra quanto rettamente la Chiesa continui a onorare i santi e a celebrarne le feste.

            L'ultima osservazione è che tutti coloro i quali vogliono seguitare Gesù Cristo furono sempre calunniati e perseguitati dal mondo, e che se vogliono salvare l'anima, non bisogna temere il mondo, sibbene guardarci da esso, perchè non ci corrompa col suo veleno; e procurare di imitare i santi, praticando le loro virtù, e domandando a Dio la grazia di perseverare sino alla fine nell'osservanza de' suoi precetti a costo di qualunque sacrifizio. {46 [142]}


Rubbio (Vicenza), 21 agosto 1987. Memoria liturgica di San Pio X: durante la recita del Santo Rosario, messaggio dato a voce. Madre dell'adorazione e della riparazione.

Don Stefano Gobbi

 «Figli prediletti, sono contenta che siete venuti quassù, come piccoli bambini che si lasciano portare fra le mie braccia materne. Diventate sempre più piccoli, docili, puri, semplici, abbandonati e fedeli. Quanto è grande la gioia che il mio Cuore di Mamma prova quando vi posso portare tutti, come omaggio prezioso e profumato, da offrire a mio figlio Gesù realmente presente nel Sacramento della Eucarestia! Io sono la Madre dell'adorazione e della riparazione. Accanto ad ogni Tabernacolo della terra vi è sempre la mia presenza materna. Essa compone un nuovo ed amoroso Tabernacolo alla solitaria presenza di mio figlio Gesù; costruisce un giardino di amore alla sua perenne permanenza fra voi; forma un'armonia celeste che lo avvolge di tutto l'incanto del Paradiso nei cori adoranti degli Angeli, nella preghiera beata dei Santi, nella sofferta aspirazione di tante anime che si purificano nel Purgatorio.

Nel mio Cuore Immacolato tutti formano un concerto di perenne adorazione, di preghiera incessante e di amore profondo a Gesù realmente presente in ogni Tabernacolo della terra. Oggi il mio Cuore di Mamma è rattristato ed è profondamente ferito perché vedo che, attorno alla divina presenza di Gesù nella Eucarestia, c'è tanto vuoto, tanto abbandono, tanta trascuratezza, tanto silenzio.

Chiesa pellegrina e sofferente, di cui sono Madre, Chiesa che sei famiglia di tutti i miei figli, arca della nuova Alleanza, popolo di Dio, tu devi comprendere che il centro della tua vita, la fonte della tua grazia, la sorgente della tua luce, il principio della tua azione apostolica si trovano solo qui nel Tabernacolo, ove viene realmente custodito Gesù. E Gesù è presente per insegnarti a crescere, per aiutarti a camminare, per rafforzarti nel testimoniare, per darti coraggio nell'evangelizzare, per essere sostegno a tutto il tuo soffrire.

Chiesa pellegrina e sofferente di questi tempi, che sei chiamata a vivere l'agonia del Getsemani e l'ora sanguinosa del tuo Calvario, oggi voglio portarti qui con Me, prostrata davanti ad ogni Tabernacolo, in un atto di perenne adorazione e di riparazione, perché anche tu possa ripetere il gesto che sempre compie la tua Mamma Celeste. Io sono la Madre dell'adorazione e della riparazione. Nella Eucarestia Gesù è realmente presente con il suo corpo, con il suo sangue, con la sua anima e con la sua divinità. Nella Eucarestia è realmente presente Gesù Cristo, il Figlio di Dio, quel Dio che, in Lui, Io ho visto in ogni momento della sua vita terrena, anche se era nascosto sotto il velo di una natura fragile e debole, che si sviluppava attraverso il ritmo del tempo e della sua crescita umana.

Con atto continuo di fede, nel mio figlio Gesù, Io sempre vedevo il mio Dio e con profondo amore Lo adoravo. Lo adoravo quando era ancora custodito nel mio seno verginale, come un piccolo germoglio e Lo amavo, Lo nutrivo, Lo crescevo, dando a Lui il mio stesso sangue e la mia stessa carne. Lo adoravo dopo la sua nascita, contemplandolo nella mangiatoia di una Grotta povera e disadorna. Adoravo il mio Dio nel fanciullo Gesù che cresceva, nell'adolescente che si sviluppava, nel giovane chino sul lavoro di ogni giorno, nel Messia che adempiva alla sua pubblica missione. Lo adoravo quando era rifiutato e respinto, quando veniva tradito, abbandonato dai Suoi e rinnegato. Lo adoravo quando era condannato e vilipeso, quando veniva flagellato e coronato di spine, quando era condotto al patibolo e crocifisso. Lo adoravo sotto la Croce, in atto di ineffabile patire, e mentre veniva condotto al sepolcro e deposto nella sua tomba. Lo adoravo dopo la sua resurrezione quando, per primo, mi apparve nello splendore del suo corpo glorioso e nella luce della sua Divinità. Figli prediletti, per un miracolo di amore, che solo in Paradiso riuscirete a capire, Gesù vi ha fatto il dono di restare sempre fra voi nella Eucarestia.

Nel Tabernacolo, sotto il velo del pane consacrato, è custodito lo stesso Gesù, che Io, per prima, ho visto dopo il miracolo della sua resurrezione; lo stesso Gesù che, nel fulgore della sua divinità, è apparso agli undici apostoli, a molti discepoli, alla Maddalena piangente, alle pie donne che lo avevano seguito fino al sepolcro. Nel Tabernacolo, nascosto sotto il velo eucaristico, è presente lo stesso Gesù risorto, che apparve ancora a più di cinquecento discepoli e folgorò il persecutore Saulo sulla via di Damasco. È lo stesso Gesù che siede alla destra del Padre, nel fulgore del suo corpo glorioso edella sua divinità, anche se, per vostro amore, si vela sotto la candida apparenza del Pane consacrato. Figli prediletti, oggi dovete credere di più alla sua presenza fra voi, dovete diffondere, con coraggio e con forza, il vostro sacerdotale invito al ritorno di tutti ad una forte e testimoniata fede nella presenza reale di Gesù Cristo nella Eucarestia. Dovete orientare tutta la Chiesa a ritrovarsi davanti al Tabernacolo, con la vostra Mamma Celeste, in atto di perenne riparazione, di continua adorazione e di preghiera incessante.

La vostra preghiera sacerdotale deve diventare tutta preghiera eucaristica. Domando che si torni ancora a fare ovunque le ore di adorazione davanti a Gesù esposto nel santissimo Sacramento. Desidero che si accresca l'omaggio di amore verso la Eucarestia e che si renda manifesto anche attraverso i segni sensibili, ma così indicativi, della vostra pietà. Circondate Gesù eucaristico di fiori e di luci; avvolgetelo di delicata attenzione; avvicinatevi a lui con gesti profondi di genuflessione e di adorazione. Se sapeste come Gesù eucaristico vi ama, come un piccolo gesto del vostro amore Lo riempie di gioia e di consolazione! Gesù perdona tanti sacrilegi e dimentica una infinità di ingratitudini di fronte a una goccia di puro amore sacerdotale, che si depone nel calice del suo Cuore eucaristico. Sacerdoti e fedeli del mio Movimento, andate spesso davanti al Tabernacolo; vivete davanti al Tabernacolo; pregate davanti al Tabernacolo. Sia la vostra una preghiera perenne di adorazione e di intercessione, di ringraziamento e di riparazione. Sia la vostra una preghiera che si unisce al canto celeste degli angeli e dei santi, alle ardenti implorazioni delle anime che ancora si purificano nel Purgatorio. Sia la vostra una preghiera che riassume le voci di tutta l'umanità che deve prostrarsi, davanti ad ogni Tabernacolo della terra, in atto di perenne gratitudine e di quotidiano ringraziamento. Perché nella Eucarestia Gesù Cristo è realmente presente, rimane sempre con voi e questa sua presenza diventerà sempre più forte, risplenderà sul mondo come un sole e segnerà l'inizio della nuova era.

La venuta del regno glorioso di Cristo coinciderà con il più grande splendore della Eucarestia. Cristo instaurerà il suo regno glorioso nel trionfo universale del suo regno eucaristico, che si svilupperà in tutta la sua potenza ed avrà la capacità di cambiare i cuori, le anime, le persone, le famiglie, la società, la struttura stessa del mondo. Quando avrà instaurato il suo regno eucaristico, Gesù vi condurrà a godere di questa sua abituale presenza che voi sentirete in maniera nuova e straordinaria e vi condurrà a fare l'esperienza di un secondo, rinnovato e più bel Paradiso terrestre. Ma davanti al Tabernacolo, la vostra non sia solo una presenza di preghiera, ma anche di comunione di vita con Gesù. Gesù è realmente presente nella Eucarestia perché vuole entrare in una continua comunione di vita con voi. Quando andate davanti a Lui, vi vede; quando gli parlate, vi ascolta; quando gli affidate qualcosa, accoglie nel suo cuore ogni vostra parola; quando domandate, sempre vi esaudisce.

Andate davanti al Tabernacolo per stabilire con Gesù un rapporto di vita semplice e quotidiano. Con la stessa naturalezza con cui cercate un amico, vi fidate delle persone che vi sono care, sentite il bisogno di amici che vi aiutino, così andate davanti al Tabernacolo a cercare Gesù. Fate di Gesù l'amico più caro, la persona più fidata, più desiderata e più amata. Dite il vostro amore a Gesù; ripetetelo spesso, perché questa è la sola cosa che Lo rendeimmensamente contento, Lo consola di tutte le ingratitudini, Lo ricompensa di tutti i tradimenti: «Gesù, Tu sei il nostro amore; Gesù, Tu sei il solo nostro grande amico; Gesù, noi Ti amiamo; Gesù, noi siamo innamorati di Te». Infatti la presenza di Cristo nella Eucarestia ha soprattutto la funzione di farvi crescere in una esperienza di vera comunione di amore con Lui, così che voi non vi sentiate mai più soli, essendo rimasto quaggiù per essere sempre con voi.

Poi dovete andare davanti al Tabernacolo a cogliere il frutto della preghiera e della comunione di vita con Gesù, che si sviluppa e matura nella vostra santità. Figli prediletti, quanto più la vostra vita si svolge tutta ai piedi del Tabernacolo, in intima unione con Gesù nella Eucarestia, tanto più crescete nella santità. Gesù eucaristico diventa il modello e la forma della vostra santità. Egli vi porta alla purezza del cuore, alla umiltà scelta e desiderata, alla fiducia vissuta, all'abbandono amoroso e filiale. Gesù eucaristico diviene la forma nuova della vostra sacerdotale santità che raggiungete per mezzo di una immolazione quotidiana e nascosta, di una continua presenza di amore verso i fratelli, di una capacità di accogliere in voi le sofferenze e le croci di tutti, di una possibilità di trasformare il male in bene e di operare profondamente perché le anime, che vi sono state affidate, siano da voi condotte alla salvezza.

Per questo vi dico: sono giunti i tempi in cui vi voglio tutti davanti al Tabernacolo, soprattutto voglio voi sacerdoti, che siete i figli prediletti di una Madre, che è sempre in atto di perenne adorazione e di incessante riparazione. Attraverso di voi, voglio che il culto eucaristico torni a rifiorire in tutta la Chiesa in maniera sempre più forte. Deve ora cessare questa profonda crisi di pietà verso la Eucarestia, che ha contaminato tutta la Chiesa e che è stata alla radice di tanta infedeltà e della diffusione di una così vasta apostasia. Con tutti i miei prediletti e i figli a Me consacrati, che fanno parte del mio Movimento, vi depongo davanti ad ogni Tabernacolo della terra, per donarvi in omaggio a Gesù, come i gioielli più preziosi e i fiori più belli e profumati.

Ormai la Mamma Celeste vuole portare a Gesù, presente nella Eucarestia, un numero sempre più grande dei suoi figli, perché questi sono i tempi in cui Gesù eucaristico deve essere da tutti adorato, amato, ringraziato e glorificato. Figli miei amatissimi, assieme a Gesù che, in ogni Tabernacolo, si trova in continuo stato di vittima per voi, vi benedico nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».