Sotto il Tuo Manto

Mercoledi, 25 giugno 2025 - San Guglielmo (Letture di oggi)

Il Signore talvolta ti fa sentire il peso della croce. Questo peso ti sembra intollerabile, ma tu lo porti perché il Signore nel suo amore e nella sua misericordia ti stende la mano e ti dà  la forza. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 20° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 11

1Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.

2Giovanni intanto, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, mandò a dirgli per mezzo dei suoi discepoli:3"Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?".4Gesù rispose: "Andate e riferite a Giovanni ciò che voi udite e vedete:5'I ciechi ricuperano la vista', gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l'udito, i morti risuscitano, 'ai poveri è predicata la buona novella',6e beato colui che non si scandalizza di me".7Mentre questi se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento?8Che cosa dunque siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano morbide vesti stanno nei palazzi dei re!9E allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, anche più di un profeta.10Egli è colui, del quale sta scritto:

'Ecco, io mando davanti a te il mio messaggero
che preparerà la tua via davanti a te.'

11In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista; tuttavia il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.12Dai giorni di Giovanni il Battista fino ad ora, il regno dei cieli soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono.13La Legge e tutti i Profeti infatti hanno profetato fino a Giovanni.14E se lo volete accettare, egli è quell'Elia che deve venire.15Chi ha orecchi intenda.

16Ma a chi paragonerò io questa generazione? Essa è simile a quei fanciulli seduti sulle piazze che si rivolgono agli altri compagni e dicono:

17Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,
abbiamo cantato un lamento e non avete pianto.

18È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e hanno detto: Ha un demonio.19È venuto il Figlio dell'uomo, che mangia e beve, e dicono: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia dalle sue opere".

20Allora si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite:21"Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsàida. Perché, se a Tiro e a Sidone fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere.22Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidone nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.23E tu, Cafàrnao,

'sarai' forse 'innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi precipiterai!'

Perché, se in Sòdoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe!24Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!".

25In quel tempo Gesù disse: "Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli.26Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.27Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare.

28Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.29Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, 'e troverete ristoro' per le vostre anime.30Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero".


Secondo libro dei Re 4

1Una donna, moglie di uno dei profeti, gridò a Eliseo: "Mio marito, tuo servo, è morto; tu sai che il tuo servo temeva il Signore. Ora è venuto il suo creditore per prendersi come schiavi i due miei figli".2Eliseo le disse: "Che posso fare io per te? Dimmi che cosa hai in casa". Quella rispose: "In casa la tua serva non ha altro che un orcio di olio".3Le disse: "Su, chiedi in prestito vasi da tutti i tuoi vicini, vasi vuoti, nel numero maggiore possibile.4Poi entra in casa e chiudi la porta dietro a te e ai tuoi figli; versa olio in tutti quei vasi; i pieni mettili da parte".5Si allontanò da lui e chiuse la porta dietro a sé e ai suoi figli; questi porgevano ed essa versava.6Quando i vasi furono pieni, disse a un figlio: "Porgimi ancora un vaso". Le rispose: "Non ce ne sono più". L'olio cessò.7Essa andò a riferire la cosa all'uomo di Dio, che le disse: "Va', vendi l'olio e accontenta i tuoi creditori; tu e i tuoi figli vivete con quanto ne resterà".
8Un giorno Eliseo passava per Sunem, ove c'era una donna facoltosa, che l'invitò con insistenza a tavola. In seguito, tutte le volte che passava, si fermava a mangiare da lei.9Essa disse al marito: "Io so che è un uomo di Dio, un santo, colui che passa sempre da noi.10Prepariamogli una piccola camera al piano di sopra, in muratura, mettiamoci un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, sì che, venendo da noi, vi si possa ritirare".11Recatosi egli un giorno là, si ritirò nella camera e vi si coricò.12Egli disse a Ghecazi suo servo: "Chiama questa Sunammita". La chiamò ed essa si presentò a lui.13Eliseo disse al suo servo: "Dille tu: Ecco hai avuto per noi tutta questa premura; che cosa possiamo fare per te? C'è forse bisogno di intervenire in tuo favore presso il re oppure presso il capo dell'esercito?". Essa rispose: "Io sto in mezzo al mio popolo".14Eliseo replicò: "Che cosa si può fare per lei?". Ghecazi disse: "Purtroppo essa non ha figli e suo marito è vecchio".15Eliseo disse: "Chiamala!". La chiamò; essa si fermò sulla porta.16Allora disse: "L'anno prossimo, in questa stessa stagione, tu terrai in braccio un figlio". Essa rispose: "No, mio signore, uomo di Dio, non mentire con la tua serva".17Ora la donna rimase incinta e partorì un figlio, proprio alla data indicata da Eliseo.
18Il bambino crebbe e un giorno uscì per andare dal padre fra i mietitori.19Egli disse al padre: "La mia testa, la mia testa!". Il padre ordinò a un servo: "Portalo dalla mamma".20Questi lo prese e lo portò da sua madre. Il bambino stette sulle ginocchia di costei fino a mezzogiorno, poi morì.21Essa salì a stenderlo sul letto dell'uomo di Dio; chiuse la porta e uscì.22Chiamò il marito e gli disse: "Su, mandami uno dei servi e un'asina; voglio correre dall'uomo di Dio; tornerò subito".23Quegli domandò: "Perché vuoi andare oggi? Non è il novilunio né sabato". Ma essa rispose: "Addio".24Fece sellare l'asina e disse al proprio servo: "Conducimi, cammina, non fermarmi durante il tragitto, a meno che non te l'ordini io".25Si incamminò; giunse dall'uomo di Dio sul monte Carmelo. Quando l'uomo di Dio la vide da lontano, disse a Ghecazi suo servo: "Ecco la Sunammita!26Su, corrile incontro e domandale: Stai bene? Tuo marito sta bene? E tuo figlio sta bene?". Quella rispose: "Bene!".27Giunta presso l'uomo di Dio sul monte, gli afferrò le ginocchia. Ghecazi si avvicinò per tirarla indietro, ma l'uomo di Dio disse: "Lasciala stare, perché la sua anima è amareggiata e il Signore me ne ha nascosto il motivo; non me l'ha rivelato".28Essa disse: "Avevo forse domandato io un figlio al mio signore? Non ti dissi forse: Non mi ingannare?".
29Eliseo disse a Ghecazi: "Cingi i tuoi fianchi, prendi il mio bastone e parti. Se incontrerai qualcuno, non salutarlo; se qualcuno ti saluta, non rispondergli. Metterai il mio bastone sulla faccia del ragazzo".30La madre del ragazzo disse: "Per la vita del Signore e per la tua vita, non ti lascerò". Allora quegli si alzò e la seguì.31Ghecazi li aveva preceduti; aveva posto il bastone sulla faccia del ragazzo, ma non c'era stato un gemito né altro segno di vita. Egli tornò verso Eliseo e gli riferì: "Il ragazzo non si è svegliato".32Eliseo entrò in casa. Il ragazzo era morto, steso sul letto.33Egli entrò, chiuse la porta dietro a loro due e pregò il Signore.34Quindi salì, si distese sul ragazzo; pose la bocca sulla bocca di lui, gli occhi sugli occhi di lui, le mani nelle mani di lui e si curvò su di lui. Il corpo del bambino riprese calore.35Quindi si alzò e girò qua e là per la casa; tornò a curvarsi su di lui; il ragazzo starnutì sette volte, poi aprì gli occhi.36Eliseo chiamò Ghecazi e gli disse: "Chiama questa Sunammita!". La chiamò e, quando essa gli giunse vicino, le disse: "Prendi tuo figlio!".37Quella entrò, cadde ai piedi di lui, gli si prostrò davanti, prese il figlio e uscì.
38Eliseo tornò in Gàlgala. Nella regione imperversava la carestia. Mentre i figli dei profeti stavano seduti davanti a lui, egli disse al suo servo: "Metti la pentola grande e cuoci una minestra per i figli dei profeti".39Uno di essi andò in campagna per cogliere erbe selvatiche e trovò una specie di vite selvatica: da essa colse zucche agresti e se ne riempì il mantello. Ritornò e gettò i frutti a pezzi nella pentola della minestra, non sapendo cosa fossero.40Si versò da mangiare agli uomini, che appena assaggiata la minestra gridarono: "Nella pentola c'è la morte, uomo di Dio!". Non ne potevano mangiare.41Allora Eliseo ordinò: "Portatemi della farina". Versatala nella pentola, disse: "Danne da mangiare alla gente". Non c'era più nulla di cattivo nella pentola.
42Da Baal-Salisa venne un individuo, che offrì primizie all'uomo di Dio, venti pani d'orzo e farro che aveva nella bisaccia. Eliseo disse: "Dallo da mangiare alla gente".43Ma colui che serviva disse: "Come posso mettere questo davanti a cento persone?". Quegli replicò: "Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: Ne mangeranno e ne avanzerà anche".44Lo pose davanti a quelli, che mangiarono, e ne avanzò, secondo la parola del Signore.


Salmi 105

1Alleluia.

Lodate il Signore e invocate il suo nome,
proclamate tra i popoli le sue opere.
2Cantate a lui canti di gioia,
meditate tutti i suoi prodigi.
3Gloriatevi del suo santo nome:
gioisca il cuore di chi cerca il Signore.

4Cercate il Signore e la sua potenza,
cercate sempre il suo volto.
5Ricordate le meraviglie che ha compiute,
i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca:
6voi stirpe di Abramo, suo servo,
figli di Giacobbe, suo eletto.

7È lui il Signore, nostro Dio,
su tutta la terra i suoi giudizi.
8Ricorda sempre la sua alleanza:
parola data per mille generazioni,
9l'alleanza stretta con Abramo
e il suo giuramento ad Isacco.

10La stabilì per Giacobbe come legge,
come alleanza eterna per Israele:
11"Ti darò il paese di Cànaan
come eredità a voi toccata in sorte".
12Quando erano in piccolo numero,
pochi e forestieri in quella terra,
13e passavano di paese in paese,
da un regno ad un altro popolo,
14non permise che alcuno li opprimesse
e castigò i re per causa loro:
15"Non toccate i miei consacrati,
non fate alcun male ai miei profeti".

16Chiamò la fame sopra quella terra
e distrusse ogni riserva di pane.
17Davanti a loro mandò un uomo,
Giuseppe, venduto come schiavo.
18Gli strinsero i piedi con ceppi,
il ferro gli serrò la gola,
19finché si avverò la sua predizione
e la parola del Signore gli rese giustizia.

20Il re mandò a scioglierlo,
il capo dei popoli lo fece liberare;
21lo pose signore della sua casa,
capo di tutti i suoi averi,
22per istruire i capi secondo il suo giudizio
e insegnare la saggezza agli anziani.

23E Israele venne in Egitto,
Giacobbe visse nel paese di Cam come straniero.
24Ma Dio rese assai fecondo il suo popolo,
lo rese più forte dei suoi nemici.
25Mutò il loro cuore
e odiarono il suo popolo,
contro i suoi servi agirono con inganno
26Mandò Mosè suo servo
e Aronne che si era scelto.
27Compì per mezzo loro i segni promessi
e nel paese di Cam i suoi prodigi.

28Mandò le tenebre e si fece buio,
ma resistettero alle sue parole.
29Cambiò le loro acque in sangue
e fece morire i pesci.
30Il loro paese brulicò di rane
fino alle stanze dei loro sovrani.
31Diede un ordine e le mosche vennero a sciami
e le zanzare in tutto il loro paese.
32Invece delle piogge mandò loro la grandine,
vampe di fuoco sul loro paese.
33Colpì le loro vigne e i loro fichi,
schiantò gli alberi della loro terra.

34Diede un ordine e vennero le locuste
e bruchi senza numero;
35divorarono tutta l'erba del paese
e distrussero il frutto del loro suolo.
36Colpì nel loro paese ogni primogenito,
tutte le primizie del loro vigore.

37Fece uscire il suo popolo con argento e oro,
fra le tribù non c'era alcun infermo.
38L'Egitto si rallegrò della loro partenza
perché su di essi era piombato il terrore.
39Distese una nube per proteggerli
e un fuoco per illuminarli di notte.

40Alla loro domanda fece scendere le quaglie
e li saziò con il pane del cielo.
41Spaccò una rupe e ne sgorgarono acque,
scorrevano come fiumi nel deserto,
42perché ricordò la sua parola santa
data ad Abramo suo servo.

43Fece uscire il suo popolo con esultanza,
i suoi eletti con canti di gioia.
44Diede loro le terre dei popoli,
ereditarono la fatica delle genti,
45perché custodissero i suoi decreti
e obbedissero alle sue leggi.

Alleluia.


Salmi 84

1'Al maestro del coro. Su "I torchi...". Dei figli di Core. Salmo.'
2Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
3L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
4Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

5Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
6Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.

7Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l'ammanta di benedizioni.
8Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.

9Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.
10Vedi, Dio, nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.
11Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.

12Poiché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina con rettitudine.
13Signore degli eserciti,
beato l'uomo che in te confida.


Daniele 6

1Volle Dario costituire nel suo regno centoventi sàtrapi e ripartirli per tutte le province.2A capo dei sàtrapi mise tre governatori, di cui uno fu Daniele, ai quali i sàtrapi dovevano render conto perché nessun danno ne3soffrisse il re. Ora Daniele era superiore agli altri governatori e ai sàtrapi, perché possedeva uno spirito eccezionale, tanto che il re pensava di metterlo a capo di tutto il suo regno.4Perciò tanto i governatori che i sàtrapi cercavano il modo di trovar qualche pretesto contro Daniele nell'amministrazione del regno.5Ma non potendo trovare nessun motivo di accusa né colpa, perché egli era fedele e non aveva niente da farsi rimproverare,6quegli uomini allora pensarono: "Non possiamo trovare altro pretesto per accusare Daniele, se non nella legge del suo Dio".
7Perciò quei governatori e i sàtrapi si radunarono presso il re e gli dissero: "Re Dario, vivi per sempre!8Tutti i governatori del regno, i magistrati, i sàtrapi, i consiglieri e i capi sono del parere che venga pubblicato un severo decreto del re secondo il quale chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica alcuna a qualsiasi dio o uomo all'infuori di te, o re, sia gettato nella fossa dei leoni.9Ora, o re, emana il decreto e fallo mettere per iscritto, perché sia irrevocabile, come sono le leggi di Media e di Persia, che non si possono mutare".10Allora il re Dario fece scrivere il decreto.

11Daniele, quando venne a sapere del decreto del re, si ritirò in casa. Le finestre della sua stanza si aprivano verso Gerusalemme e tre volte al giorno si metteva in ginocchio a pregare e lodava il suo Dio, come era solito fare anche prima.
12Allora quegli uomini accorsero e trovarono Daniele che stava pregando e supplicando il suo Dio.13Subito si recarono dal re e gli dissero riguardo al divieto del re: "Non hai tu scritto un decreto che chiunque, da ora a trenta giorni, rivolga supplica a qualsiasi dio o uomo, all'infuori di te, re, sia gettato nella fossa dei leoni?". Il re rispose: "Sì. Il decreto è irrevocabile come lo sono le leggi dei Medi e dei Persiani".
14"Ebbene - replicarono al re - Daniele, quel deportato dalla Giudea, non ha alcun rispetto né di te, re, né del tuo decreto: tre volte al giorno fa le sue preghiere".
15Il re, all'udir queste parole, ne fu molto addolorato e si mise in animo di salvare Daniele e fino al tramonto del sole fece ogni sforzo per liberarlo.
16Ma quegli uomini si riunirono di nuovo presso il re e gli dissero: "Sappi, re, che i Medi e i Persiani hanno per legge che qualunque decreto firmato dal re è irrevocabile".

17Allora il re ordinò che si prendesse Daniele e si gettasse nella fossa dei leoni. Il re, rivolto a Daniele, gli disse: "Quel Dio, che tu servi con perseveranza, ti possa salvare!".18Poi fu portata una pietra e fu posta sopra la bocca della fossa: il re la sigillò con il suo anello e con l'anello dei suoi grandi, perché niente fosse mutato sulla sorte di Daniele.19Quindi il re ritornò alla reggia, passò la notte digiuno, non gli fu introdotta alcuna donna e anche il sonno lo abbandonò.20La mattina dopo il re si alzò di buon'ora e sullo spuntar del giorno andò in fretta alla fossa dei leoni.21Quando fu vicino, chiamò: "Daniele, servo del Dio vivente, il tuo Dio che tu servi con perseveranza ti ha potuto salvare dai leoni?".22Daniele rispose: "Re, vivi per sempre.23Il mio Dio ha mandato il suo angelo che ha chiuso le fauci dei leoni ed essi non mi hanno fatto alcun male, perché sono stato trovato innocente davanti a lui; ma neppure contro di te, o re, ho commesso alcun male"

24Il re fu pieno di gioia e comandò che Daniele fosse tirato fuori dalla fossa. Appena uscito, non si riscontrò in lui lesione alcuna, poiché egli aveva confidato nel suo Dio.25Quindi, per ordine del re, fatti venire quegli uomini che avevano accusato Daniele, furono gettati nella fossa dei leoni insieme con i figli e le mogli. Non erano ancor giunti al fondo della fossa, che i leoni furono loro addosso e stritolarono tutte le loro ossa.

26Allora il re Dario scrisse a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano tutta la terra: "Pace e prosperità.27Per mio comando viene promulgato questo decreto: In tutto l'impero a me soggetto si onori e si tema il Dio di Daniele,

perché egli è il Dio vivente,
che dura in eterno;
il suo regno è tale che non sarà mai distrutto
e il suo dominio non conosce fine.
28Egli salva e libera,
fa prodigi e miracoli in cielo e in terra:
egli ha liberato Daniele dalle fauci dei leoni".

29Questo Daniele prosperò durante il regno di Dario e il regno di Ciro il Persiano.


Lettera ai Colossesi 3

1Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio;2pensate alle cose di lassù, non a quelle della terra.3Voi infatti siete morti e la vostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio!4Quando si manifesterà Cristo, la vostra vita, allora anche voi sarete manifestati con lui nella gloria.

5Mortificate dunque quella parte di voi che appartiene alla terra: fornicazione, impurità, passioni, desideri cattivi e quella avarizia insaziabile che è idolatria,6cose tutte che attirano l'ira di Dio su coloro che disobbediscono.7Anche voi un tempo eravate così, quando la vostra vita era immersa in questi vizi.8Ora invece deponete anche voi tutte queste cose: ira, passione, malizia, maldicenze e parole oscene dalla vostra bocca.9Non mentitevi gli uni gli altri. Vi siete infatti spogliati dell'uomo vecchio con le sue azioni10e avete rivestito il nuovo, che si rinnova, per una piena conoscenza, ad immagine del suo Creatore.11Qui non c'è più Greco o Giudeo, circoncisione o incirconcisione, barbaro o Scita, schiavo o libero, ma Cristo è tutto in tutti.
12Rivestitevi dunque, come amati di Dio, santi e diletti, di sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza;13sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente, se qualcuno abbia di che lamentarsi nei riguardi degli altri. Come il Signore vi ha perdonato, così fate anche voi.14Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo di perfezione.15E la pace di Cristo regni nei vostri cuori, perché ad essa siete stati chiamati in un solo corpo. E siate riconoscenti!
16La parola di Cristo dimori tra voi abbondantemente; ammaestratevi e ammonitevi con ogni sapienza, cantando a Dio di cuore e con gratitudine salmi, inni e cantici spirituali.17E tutto quello che fate in parole ed opere, tutto si compia nel nome del Signore Gesù, rendendo per mezzo di lui grazie a Dio Padre.

18Voi, mogli, state sottomesse ai mariti, come si conviene nel Signore.19Voi, mariti, amate le vostre mogli e non inaspritevi con esse.20Voi, figli, obbedite ai genitori in tutto; ciò è gradito al Signore.21Voi, padri, non esasperate i vostri figli, perché non si scoraggino.22Voi, servi, siate docili in tutto con i vostri padroni terreni; non servendo solo quando vi vedono, come si fa per piacere agli uomini, ma con cuore semplice e nel timore del Signore.23Qualunque cosa facciate, fatela di cuore come per il Signore e non per gli uomini,24sapendo che come ricompensa riceverete dal Signore l'eredità. Servite a Cristo Signore.25Chi commette ingiustizia infatti subirà le conseguenze del torto commesso, e non v'è parzialità per nessuno.


Capitolo XI: Vagliare e frenare i desideri del nostro cuore

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1. Figlio, tu devi imparare ancora molte cose, fin qui non bene apprese. Signore, quali sono queste cose? Che tu indirizzi il tuo desiderio interamente secondo la mia volontà; che tu non stia attaccato a te stesso; che ardentemente tu brami di seguire la mia volontà. Sovente vari desideri ti accendono e urgono in te fortemente. Ma devi riflettere se tu sia mosso dall'impulso di rendere onore a me o non piuttosto di far piacere a te stesso. Se si tratta di me, sarai pienamente felice, comunque io voglia che vadano le cose; se invece c'è sotto una qualunque tua voglia, ecco, è questo che ti impedisce e ti appesantisce. Guardati, dunque, dal basarti troppo su un desiderio concepito senza che io sia stato consultato; affinché poi tu non abbia a pentirti; affinché non abbia a disgustarti ciò che dapprima ti era sembrato caro e che avevi agognato, come preferibile sopra ogni cosa.  

2. In verità, non ogni moto, pur se ci appare degno di approvazione, va subito favorito; ne ogni moto che ci ripugna va respinto fin dal principio. Occorre talvolta che tu usi il freno, anche nell'intraprendere e nel desiderare cose buone. Ché il tuo animo potrebbe poi esser distolto da ciò, come cosa eccessiva; o potresti ingenerare scandalo in altri, per essere andato al di là delle regole comuni; o potresti d'un tratto cadere in agitazione perché ti si ostacola. Altra voce, invece, occorre che tu faccia violenza a te stesso, andando virilmente contro l'impulso dei sensi. Occorre che tu non faccia caso a ciò che la carne desidera o non desidera, preoccupandoti piuttosto che essa, pur contro voglia, sia sottomessa allo spirito. Occorre che la carne sia imbrigliata e costretta a stare soggetta, fino a che non sia pronta a tutto; fino a che non sappia accontentarsi, lieta di poche e semplici cose, senza esitare di fronte ad alcuna difficoltà.


Omelia 24: La moltiplicazione dei pani.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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[La fede eleva e purifica.]

1. I miracoli compiuti da nostro Signore Gesù Cristo, sono opere divine, che sollecitano la mente umana a raggiungere Dio attraverso le cose visibili. Siccome Dio non è una realtà che si possa vedere con gli occhi, e siccome i suoi miracoli, con i quali regge il mondo intero e provvede ad ogni creatura, per la loro frequenza finiscono per passare inosservati, al punto che quasi nessuno si accorge dell'opera di Dio che anche nel più piccolo seme appare mirabile e stupenda; Dio si è riservato, nella sua misericordiosa bontà, di compiere a tempo opportuno talune opere fuori del normale corso degli avvenimenti naturali, affinché, quanti hanno fatto l'abitudine alle cose di tutti i giorni, rimanessero impressionati, vedendo, non opere maggiori, ma insolite. Governare il mondo intero, infatti, è un miracolo più grande che saziare cinquemila persone con cinque pani (cf. Gv 6, 5-13). Tuttavia, di quel fatto nessuno si stupisce, di questo gli uomini si stupiscono, non perché sia più grande, ma perché è raro. Chi, infatti, anche adesso nutre il mondo intero, se non colui che con pochi grani crea le messi? Cristo operò, quindi, come Dio. Allo stesso modo, infatti, che con pochi grani moltiplica le messi, così nelle sue mani ha moltiplicato i cinque pani. La potenza era nelle mani di Cristo; e quei cinque pani erano come semi, non affidati alla terra, ma moltiplicati da colui che ha fatto la terra. E' stato dunque offerto ai sensi tanto di che elevare lo spirito, è stato offerto agli occhi tanto di che impegnare l'intelligenza, affinché fossimo presi da ammirazione, attraverso le opere visibili, per l'invisibile Iddio; ed elevati alla fede, e mediante la fede purificati, sentissimo il desiderio di vedere spiritualmente, con gli occhi della fede, l'invisibile, che già conosciamo attraverso le cose visibili.

2. E tuttavia non è sufficiente considerare questo aspetto nei miracoli di Cristo. Interroghiamo direttamente i miracoli, e sentiamo cosa ci dicono di Cristo. Essi possiedono, a intenderli bene, un loro linguaggio. Poiché, essendo Cristo il Verbo, cioè la Parola di Dio, ogni azione del Verbo è per noi una parola. Abbiamo udito la grandezza di questo miracolo, investighiamone la profondità. Non accontentiamoci di gustarlo superficialmente, penetriamone la profondità. Questo stesso che di fuori suscita la nostra ammirazione, contiene dentro qualcosa. Abbiamo visto, abbiamo ammirato qualcosa di grande, di sublime, di divino, che solo Dio può compiere; e, a motivo dell'opera, abbiamo innalzato lodi all'autore. Se ci accade di vedere in un codice lettere elegantemente composte, non ci limitiamo a lodare lo stile dello scrittore che le ha fatte così ordinate, uguali e belle, ma vogliamo anche attraverso la lettura intendere ciò che per mezzo di esse lo scrittore ha voluto dirci. La stessa cosa accade qui: coloro che ammirano questo fatto esteriormente, si dilettano della bellezza, ammirandone l'autore; chi, invece, l'intende è come se leggesse. Una pittura si guarda in modo diverso da uno scritto. Quando vedi una pittura, basta vedere per lodare; quando vedi uno scritto, non ti basta vedere, senti anche il bisogno di leggere. E, infatti, se vedi uno scritto che non sai leggere, tu dici: cosa c'è scritto qui? Dopo aver visto lo scritto, ti domandi che cosa c'è scritto. Colui al quale chiedi la spiegazione di ciò che hai visto, ti aiuterà a vedere qualche altra cosa che tu non hai visto. Egli ha occhi diversi dai tuoi, anche se tutti e due vedete il medesimo scritto. Gli è che non sapete ugualmente interpretare quei segni. Tu vedi e lodi l'autore; l'altro vede, loda, ma altresì legge e capisce. Sicché, dopo aver visto e lodato, cerchiamo ora di leggere e di capire.

3. Il Signore è salito su un monte. Il Signore in alto sul monte ci aiuta a capire meglio che il Verbo sta in alto. Ciò che è avvenuto sul monte, non è quindi cosa di poco conto né trascurabile, ma va attentamente considerata. Egli ha visto le turbe, si è accorto che avevano fame e misericordiosamente le ha nutrite, non solo con bontà, ma altresì con potenza. Che avrebbe giovato, infatti, la sola bontà, quando occorreva il pane con cui nutrire quella folla affamata? Se alla bontà non si fosse associata la potenza, quella folla sarebbe rimasta digiuna e affamata. Sì, perché anche i discepoli che si trovavano col Signore in mezzo alla folla che aveva fame, anch'essi volevano nutrirla affinché non venisse meno, ma non sapevano come. Il Signore chiese dove si sarebbero potuti comprare dei pani per nutrire le turbe. E la Scrittura osserva: Però diceva ciò per metterlo alla prova, cioè per mettere alla prova il discepolo Filippo a cui aveva rivolto la domanda Perché egli sapeva che cosa stava per fare (Gv 6, 6). Perché lo metteva alla prova, se non per far vedere l'ignoranza del discepolo? E ciò non senza un significato. Il significato si vedrà quando comincerà a rivelarci il mistero dei cinque pani; allora vedremo perché il Signore in questa circostanza ha voluto dimostrare l'ignoranza del discepolo, chiedendo ciò che egli sapeva già. A volte si chiede ciò che non si sa, con l'intenzione di ascoltare per imparare; altre volte, invece, si chiede ciò che si sa, con l'intenzione di sapere se lo sa quello cui rivolgiamo la domanda. Il Signore sapeva l'una e l'altra cosa: sapeva ciò che chiedeva, in quanto sapeva ciò che stava per fare, e sapeva che Filippo era ignaro. Perché allora gli ha rivolto la domanda, se non per far vedere la sua ignoranza? Vedremo poi, come ho detto, perché ha fatto questo.

4. Andrea dice: C'è qui un ragazzo che ha cinque pani e due pesci, ma cos'è mai questo per tanta gente? Dopo che Filippo, interpellato, aveva risposto che non sarebbero bastati duecento denari di pane, per rifocillare una così grande folla, si è scoperto che c'era un ragazzo con cinque pani d'orzo e due pesci. Disse Gesù: Fateli sedere. C'era molta erba in quel luogo. Si sedettero, dunque, gli uomini, in numero di quasi cinquemila. Gesù allora prese i pani e, rese grazie, ordinò che i pani fossero spezzati e messi davanti alla gente seduta. Non erano più cinque pani, ma quanti ne aveva aggiunti il Signore che li aveva moltiplicati. E altrettanto fece coi pesci, finché ne vollero. Non soltanto quella folla fu saziata, ma avanzarono dei frammenti, che ordinò fossero raccolti perché non andassero perduti. E con i frammenti riempirono dodici ceste (Gv 6, 8-13).

[I cinque pani e i cinque libri di Mosè.]

5. Diremo brevemente, perché dobbiamo correre. I cinque pani significano i cinque libri di Mosè. Giustamente essi non sono di frumento, ma di orzo, perché appartengono al Vecchio Testamento. Ora, voi sapete che l'orzo è fatto in modo che con fatica si arriva al midollo, poiché il midollo è ricoperto da un involucro di paglia così tenace e aderente che si fa fatica a toglierlo. Così è la lettera del Vecchio Testamento: è avvolta nell'involucro di significati materiali. Però se si arriva al midollo, nutre e sazia. Un ragazzo portava cinque pani e due pesci. Vogliamo domandarci chi era questo ragazzo? Probabilmente era il popolo d'Israele, il quale portava i pani come un bambino, senza mangiarli. Le cose che portava, chiuse erano un peso, e solo se scoperte nutrivano. I due pesci, poi, mi sembra vogliano significare quei due sublimi personaggi del Vecchio Testamento, che venivano unti per santificare e reggere il popolo: cioè il sacerdote e il re. Finché avvolto nel mistero, venne colui che era stato simboleggiato da quei due personaggi; venne finalmente colui che era adombrato nel midollo dell'orzo e che si nascondeva sotto la paglia di questo. Egli venne per riunire e realizzare nella sua persona le due figure, quella del sacerdote e quella del re: del sacerdote in quanto egli offrì se stesso come vittima per noi a Dio, del re in quanto egli stesso ci regge. E così ci vengono svelati i misteri che erano tenuti nascosti. Siano rese grazie a colui, che in se stesso realizzò le promesse del Vecchio Testamento. Ordinò che si spezzassero i pani; mentre questi venivano spezzati, si moltiplicarono. Niente di più vero. Quanti libri infatti vengono fuori da quei cinque libri di Mosè quando, come se si spezzassero, vengono esposti e spiegati! L'involucro dell'orzo era simbolo dell'ignoranza che avvolgeva il primo popolo. Di quel popolo è detto: Quando leggono Mosè, un velo ricopre il loro cuore (2 Cor 3, 15). Il velo ancora non era stato tolto, perché ancora non era venuto Cristo: e ancora non era stato squarciato il velo del tempio, come lo fu al momento della crocifissione. Poiché dunque il popolo sotto la legge era nell'ignoranza, il Signore volle mostrare l'ignoranza del suo discepolo, mettendolo alla prova.

[Il midollo dell'orzo.]

6. Niente è privo di significato, in ogni cosa c'è un riferimento; basta, però, saperlo cogliere. Così il numero delle persone che furono saziate, simboleggiava il popolo che viveva sotto il dominio della legge. Erano cinquemila, proprio perché simboleggiavano coloro che stavano sotto la legge, che si articola nei cinque libri di Mosè. Per la stessa ragione gli infermi che giacevano sotto quei cinque portici, non riuscivano a guarire. Ebbene, colui che guarì il paralitico (Gv 5, 2-9) è il medesimo che qui nutre la folla con cinque pani. Il fatto che essi fossero distesi sull'erba (Gv 6, 10), dice che possedevano una sapienza carnale e in essa riposavano. Infatti tutta la carne è erba (cf. Is 40, 6). Che significano poi i frammenti, se non ciò che il popolo non poté mangiare? Ci sono segreti profondi che la massa non può comprendere. Che resta da fare, allora, se non affidare questi segreti a coloro che sono capaci d'insegnarli agli altri, come erano gli Apostoli? Ecco perché furono riempite dodici ceste. Questo fatto è mirabile per la sua grandezza, utile per il suo carattere spirituale. Quelli che erano presenti si entusiasmarono, e noi, al sentirne parlare, rimaniamo freddi. E' stato compiuto affinché quelli lo vedessero, ed è stato scritto affinché noi lo ascoltassimo. Ciò che essi poterono vedere con gli occhi, noi possiamo vederlo con la fede. Noi contempliamo spiritualmente ciò che non abbiamo potuto vedere con gli occhi. Noi ci troviamo in vantaggio rispetto a loro, perché per noi è stato detto: Beati quelli che non vedono e credono (Gv 20, 29). Aggiungo che forse a noi è concesso di capire ciò che quella folla non riuscì a capire. Ci siamo così veramente saziati, in quanto siamo riusciti ad arrivare al midollo dell'orzo.

[Il verbo di Dio profeta.]

7. In conclusione, come reagì la gente di fronte al miracolo? Quella gente, vedendo il miracolo che Gesù aveva fatto, diceva: Questo è davvero il profeta (Gv 6, 14). Probabilmente ritenevano che Cristo fosse un profeta, perché ancora stavano seduti sull'erba. Ma egli era il Signore dei profeti, l'ispiratore e il santificatore dei profeti, e tuttavia un profeta, secondo quanto a Mosè era stato annunciato: Susciterò per loro un profeta simile a te (Dt 18, 18). Simile secondo la carne, superiore secondo la maestà. E che quella promessa del Signore si riferisse a Cristo, noi lo apprendiamo chiaramente dagli Atti degli Apostoli (cf. At 7, 37). Lo stesso Signore dice di se stesso: Un profeta non riceve onore nella sua patria (Gv 4, 44). Il Signore è profeta, il Signore è il Verbo di Dio e nessun profeta può profetare senza il Verbo di Dio; il Verbo di Dio profetizza per bocca dei profeti, ed è egli stesso profeta. I tempi che ci hanno preceduto hanno avuto profeti ispirati e ripieni del Verbo di Dio: noi abbiamo avuto come profeta il Verbo stesso di Dio. Cristo è profeta e Signore dei profeti, così come è angelo e Signore degli angeli. Egli stesso è detto angelo del grande consiglio (Is 9, 6 sec. LXX). E, del resto, che dice altrove il profeta? Non un inviato né un angelo, ma egli stesso verrà a salvarci (cf. Is 35, 4); cioè a salvarci non manderà un messaggero, non manderà un angelo, ma verrà egli stesso. Chi verrà? Verrà l'angelo stesso. Non per mezzo d'un angelo, ma per mezzo di lui che è angelo e anche il Signore degli angeli. Infatti, in latino angelo vuol dire messaggiero, araldo. Se Cristo non annunciasse nulla non sarebbe angelo, e così se non profetizzasse non sarebbe profeta. Egli ci sprona alla fede e alla conquista della vita eterna. Egli annuncia cose presenti e predice cose future. Egli è angelo perché annuncia cose presenti, è profeta perché predice le future. Egli è il Signore degli angeli e dei profeti, perché è il Verbo di Dio fatto carne.


21 - Pilato pronunzia la sentenza di morte contro l'Autore della vita.

La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda

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1354. Pilato sancì il decreto di morte sulla croce contro colui che è la vita stessa, il nostro Salvatore, per soddisfare ed appagare i farisei e gli scribi. Dopo che fu notificata la sentenza, l'innocentissimo reo fu guidato in un altro luogo della casa del giudice, dove gli fu tolto l'ignominioso mantello di porpora che gli avevano fatto indossare per burlarsi di lui come finto re. Da parte di Gesù questo atto fu colmo di mistero, ma da parte dei giudei si trattò di un'azione deliberatamente malvagia. Costoro lo fecero condurre al supplizio con le sue vesti, affinché tutti potessero riconoscerlo; infatti, a causa dei flagelli, degli sputi e della corona di spine, il suo volto appariva tanto sfigurato che il popolo avrebbe potuto individuarlo solo dall'abito. Gli rimisero la tunica inconsutile che gli angeli, su ordine della Regina, avevano posto sotto i loro occhi prendendola di nascosto dall'angolo di una stanza dove gli sbirri l'avevano gettata quando lo avevano spogliato per rivestirlo del mantello di porpora, segno di derisione e di scandalo. Essi, però, non compresero ciò che stava accadendo e tanto meno vi prestarono attenzione, essendo così preoccupati e solleciti di accelerare l'uccisione del Redentore.

1355. La notizia della condanna fece subito il giro della città e tutti si riversarono precipitosamente nel palazzo di Pilato per osservare il Nazareno mentre veniva portato al martirio. Gerusalemme era strapiena di gente perché, oltre ai suoi numerosissimi abitanti, molti vi erano giunti per celebrare la Pasqua. Tutti accorsero per la novità e le vie furono riempite. Era venerdì, il giorno della Parasceve, che in greco significa preparazione o disposizione, perché proprio in quel giorno gli ebrei si preparavano e si disponevano per il sabato seguente, ritenuto da loro una grande solennità. In tale giorno non eseguivano alcun lavoro e neppure cucinavano il cibo, ma facevano ogni cosa il venerdì. Il mansuetissimo Agnello fu fatto uscire, vestito dei propri indumenti: il suo viso era talmente ferito che nessuno avrebbe mai potuto scorgere in lui lo stesso Cristo che avevano veduto prima. Come dice Isaia, apparve disprezzato e reietto, percosso da Dio e umiliato, perché il sangue seccatosi e i rigonfiamenti lo avevano reso tutto una piaga. Alcune volte gli spiriti superni, per comando della Vergine afflitta, lo avevano ripulito dagli sputi nauseanti, ma quei malvagi ricominciarono subito a sputargli addosso e lo fecero senza misura, tanto che egli fu totalmente ricoperto dalle schifose immondezze. Di fronte a uno spettacolo così infausto, si sollevò tra la folla un clamore e un chiasso tanto confuso che non si intendeva più nulla e si udiva solamente lo strepito e l'eco delle voci. Tra tutte risuonavano quelle dei sommi sacerdoti e dei farisei, che con gioia smodata e piena di scherno si rivolgevano alla moltitudine affinché si acquietasse, sgombrasse la strada e potesse ascoltare la sentenza. Tutto il resto del popolo era disorientato e diviso da giudizi diversi; differenti, infatti, erano i sentimenti di ciascuno come pure differenti erano le provenienze degli astanti. Molti di loro erano stati beneficati dalla bontà del Signore e dai suoi miracoli; altri avevano appreso e accolto il suo insegnamento ed erano suoi amici e conoscenti. Alcuni piangevano amaramente, altri si domandavano quali delitti avesse commesso quell'uomo da meritare un tale castigo, ed altri ancora rimanevano turbati e ammutoliti. Tutto era scompiglio e tumulto.

1356. Degli Undici solo Giovanni era presente. Egli stava accanto alla Madre dolente ed era possibile scorgere entrambi benché fossero alquanto separati dalla calca. Quando l'Apostolo vide il Maestro - dal quale sapeva di essere molto amato - trascinato così davanti alla gente e segnato dalla sofferenza, venne meno e perse i sensi come morto. Anche le tre Marie caddero a terra tramortite da un freddo deliquio. Solo la Regina rimase invitta. Il suo cuore generoso, nonostante il profondo dolore umanamente impossibile da comprendere e da immaginare, non si abbatté, né si scoraggiò, né provò la debolezza dello svenimento come successe agli altri. Si mostrò in tutto prudentissima, forte e degna di stima, si comportò esteriormente con accortezza e, senza singhiozzi né grida, confortò le altre donne e il discepolo prediletto; chiese all'Altissimo che infondesse in essi il coraggio e li consolasse con la sua presenza affinché ella potesse trovare in loro una compagnia fino alla fine della passione. Grazie a questa implorazione Giovanni e le altre Marie ebbero sostegno, si ripresero dallo svenimento e poterono parlare di nuovo con lei. Fra tanta confusione e toccata dalla più amara delle afflizioni, la Signora non fece alcun gesto né movimento, mentre, con la dignitosa compostezza di una sovrana, lasciava scendere dagli occhi incessanti e copiose lacrime. Guardava l'Unigenito, supplicava l'eterno Padre e gli offriva il martirio del Salvatore, unendosi a tutte le sue azioni. Ella conosceva la malizia del peccato, penetrava i misteri della redenzione umana, invitava gli angeli a riflettervi e pregava per gli amici e i nemici. Dando il giusto posto all'amore di madre e alla pena che ne corrispondeva, si prodigava nelle opere di virtù, richiamando in tal modo l'ammirazione del cielo e il sommo compiacimento della Divinità. Non è possibile riferire con i miei termini le espressioni che ella sapientemente andava formando nel suo intimo e sussurrando sulle labbra, e quindi ne lascio la considerazione alla pietà cristiana.

1357. I sommi sacerdoti e i soldati cercavano di calmare e di far tacere il popolo, perché si potesse udire la sentenza contro il Messia; infatti, dopo avergliela notificata personalmente, volevano proclamarla dinanzi a lui. La folla fece dunque silenzio e, mentre egli stava in piedi come un criminale, cominciarono a leggerla ad alta voce, cosicché tutti ne potessero ascoltare il contenuto. Fecero lo stesso per diverse volte sulle strade e da ultimo ai piedi della croce. Questa condanna è stata stampata e diffusa in volgare ed io l'ho vista; secondo la cognizione che mi è stata data, nella sostanza è vera, salvo alcune parole che le sono state aggiunte. Io la ripeterò qui senza queste ultime, ma esattamente con quelle che mi sono state dette, senza aggiungervi o togliere nulla. Esse suonano come segue:

1358. «Io, Ponzio Pilato, governatore della Galilea Inferiore, reggente dell'impero romano in Gerusalemme, nel palazzo del pretorio, giudico e pronunzio la condanna a morte di Gesù, chiamato Nazareno, originario della Galilea, uomo sedizioso, sovvertitore della legge, del nostro senato e del grande imperatore Tiberio Cesare. Con la presente sentenza stabilisco che perisca sulla croce, come si usa per i colpevoli, perché egli ogni giorno ha riunito e chiamato a raccolta numerose persone, ricche e povere, e non ha cessato di provocare tumulti per tutta la Giudea, proclamandosi Figlio di Dio e re d'Israele. Inoltre ha minacciato la rovina di questa insigne città, del suo tempio e del sacro impero, negando il tributo a Cesare. Ha avuto persino l'ardire di entrare con rami di palma in Gerusalemme e nel tempio di Salomone, accompagnato da una folla numerosa. Ordino al primo centurione Quinto Cornelio di condurlo per le vie a sua vergogna, legato com'è e flagellato per mio comando. E affinché chiunque possa riconoscerlo, gli siano lasciate le sue vesti e gli sia messo sulle spalle il duro legno sul quale sarà inchiodato. Vada per tutte le strade pubbliche, in mezzo ai due ladroni che sono stati similmente condannati per furti e omicidi, perché ciò serva da esempio intimidatorio, per tutto il popolo e per i malfattori. Inoltre esigo che questo farabutto venga spinto fuori dalle mura per la porta Pagora, adesso detta Antoniana. Sia preceduto da un banditore che dichiari ad alta voce le colpe enunciate in questo mio decreto e poi sia condotto al monte chiamato Calvario, dove si usa dare il supplizio e giustiziare gli empi. Qui sia inchiodato sulla stessa croce che avrà dovuto portare ed il suo corpo rimanga appeso fra i due suddetti ladroni. Sopra di essa, precisamente sulla parte più alta, sia posta l'iscrizione con il suo nome nelle tre lingue oggi più frequentemente usate, ossia l'ebraico, il greco e il latino: "Questi è Gesù Nazareno, Re dei Giudei", perché tutti capiscano ed egli sia da tutti conosciuto. Similmente ingiungo, sotto la pena della perdita dei beni, della vita e di essere considerato un ribelle contro l'impero, che nessuno, a qualunque stato o condizione appartenga, ardisca temerariamente impedire o ostacolare la sentenza di giustizia da me pronunziata, amministrata e da eseguirsi rigorosamente secondo i decreti e le leggi dei romani e degli ebrei. Nell'anno della creazione del mondo cinquemiladuecentotrentatré, il venticinque marzo. Ponzio Pilato, giudice e governatore della Galilea Inferiore, in nome dell'impero romano, come sopra di propria mano».

1359. Secondo tale computo, la creazione del mondo avvenne in marzo e dal giorno in cui fu plasmato Adamo sino all'incarnazione del Verbo trascorsero cinquemilacentonovantanove anni. Se si aggiungono i nove mesi durante i quali egli dimorò nel seno verginale della sua santissima Madre e i trentatré anni in cui visse sulla terra, se ne hanno cinquemiladuecentotrentatré e, conformemente al computo romano degli anni fino al venticinque marzo, i tre mesi avanzano. Secondo il calcolo della Chiesa al primo anno del mondo non toccano più di nove mesi e sette giorni, poiché il secondo anno comincia dal primo di gennaio. Per quanto concerne le diverse opinioni dei dottori, mi è stato comunicato che è vera e giusta quella della Chiesa nel martirologio romano.

1360. Dopo che la sentenza di Ponzio Pilato fu pronunciata ad alta voce alla presenza di tutti, i soldati misero sulle spalle delicate e piagate di sua Maestà la pesante croce. Gli sciolsero le mani, perché fosse in grado di tenerla, ma non gli slegarono il corpo, per poterlo trascinare con le corde a loro piacimento. E per maggiore crudeltà le girarono due volte intorno al collo. Il duro legno era lungo quindici piedi, costruito grossolanamente e molto pesante. Il banditore diede inizio alla lettura della condanna e la confusa e turbolenta moltitudine di gente, insieme ai ministri della giustizia e alle guardie, cominciò a muoversi, in una scomposta processione, tra grandi strepiti e clamori e si incamminò per le vie della città dal palazzo di Pilato verso il monte Calvario. Quando il Redentore prese su di sé la croce, la guardò con un'espressione piena di giubilo e di inusitata allegrezza, come suole fare lo sposo nel vedere i preziosi monili della sua sposa; parlò con essa, nel suo cuore, e l'accolse con queste parole:

1361. «O croce, bramata dall'anima mia! Finalmente appaghi le mie aspirazioni! Tu mi sei così cara! Vieni a me, o mia diletta, stringimi fra le tue braccia e su di esse, come su un sacro altare, mio Padre riceva il sacrificio dell'eterna riconciliazione con il genere umano. Per morire sopra di te sono disceso dal cielo e ho assunto carne mortale e passibile. Tu devi essere lo scettro con il quale trionferò su tutti i miei avversari, la chiave con cui aprirò le porte del paradiso ai miei eletti, il luogo santo dove trovino misericordia i colpevoli discendenti di Adamo e anche il luogo dei tesori, da cui essi possano attingere per arricchire la loro povertà. Mi voglio servire di te per dare valore e considerazione agli oltraggi e agli obbrobri degli uomini, tanto da far sì che i miei amici li abbraccino con gioia e li cerchino con desiderio ardente, per potermi seguire sul cammino che io spianerò loro attraverso di te. Dio immenso, vi glorifico come sovrano dell'universo e in obbedienza al vostro divino beneplacito prendo su di me il legno dell'immolazione della mia umanità innocentissima e volontariamente accetto di portarlo per la salvezza dei viventi. Accoglietemi come oblazione gradita alla vostra equità, affinché essi d'ora innanzi non siano più servi, ma figli ed eredi: vostri eredi e coeredi con me del vostro regno».

1362. La Principessa contemplava questi arcani e guardava gli avvenimenti senza che alcuno le rimanesse nascosto: di tutti aveva un'altissima conoscenza ed una profonda comprensione, superiore perfino a quella dei ministri celesti. Gli eventi che non riusciva a vedere con gli occhi del corpo, li percepiva con l'intelligenza della rivelazione: quest'ultima glieli manifestava mediante le azioni interiori del suo Unigenito. In questa luce divina penetrò lo straordinario valore dato al santo legno nel momento in cui venne a contatto con il nostro Maestro. Senza indugio, la prudentissima Vergine lo adorò e venerò con il culto dovuto e lo stesso fecero anche tutti gli spiriti superni che erano al loro servizio. Accompagnò il Signore nelle effusioni di tenerezza con le quali egli accolse la croce e si rivolse ad essa con espressioni che le si addicevano come corredentrice. Pregò anche l'Onnipotente, imitando in tutto come viva immagine, senza allontanarsene per nulla, il suo modello originale. Quando la voce del banditore risuonò per le strade proclamando il giudizio, ella nell'udirlo compose un cantico di lode. Inneggiò all'innocenza immacolata di Gesù contrapponendo la benedizione ai delitti citati nella sentenza, quasi volesse commentarne le parole in suo onore e a sua gloria. Nel comporre tale inno fu aiutata dai custodi che lo ripetevano alternatamente con lei, mentre gli abitanti di Gerusalemme bestemmiavano il loro Creatore.

1363. Poiché in questa via di dolore tutta la fede, la scienza e la carità erano serbate nel cuore grande di Maria, ella solamente fu in grado di intendere in modo perfetto ed avere una cognizione appropriata di ciò che significassero la passione e la morte di Dio per il genere umano. E senza perdere l'attenzione a quello che esteriormente era necessario fare, considerò nella sua saggezza i misteri della redenzione. Soppesò anche con la massima ponderazione chi fosse colui che stava patendo, ad opera di chi e per chi patisse; infatti ella fu l'unica, dopo l'Altissimo, a ricevere la più sublime cognizione della dignità della persona di Cristo, della sua natura divina e umana, delle perfezioni e degli attributi relativi ad essa. La candida colomba non fu solamente testimone oculare di quanto egli provò, ma ne fece anche esperienza. Divenne così motivo di sante emulazioni non solo per gli uomini, ma anche per gli stessi angeli che non ottennero tale pienezza di grazia. Essi vennero a sapere come la Regina sentisse e portasse in sé i dolori di suo Figlio, e l'inesplicabile compiacimento che ne aveva la santissima Trinità. Compensava così la pena che non poteva sperimentare con l'onore e le lodi che andava tributando. Alcune volte capitava che la Madre partecipasse nel suo spirito e nel suo corpo castissimo ai patimenti corrispondenti a quelli inflitti a lui, prima ancora che le venissero manifestati tramite l'intelletto. E come colta dallo spavento, gridava: «Ahimè, quale agonia fanno subire ora al mio dolcissimo diletto!». E subito era rischiarata su tutto ciò che stavano facendo a sua Maestà. Fu a tal punto eroica e fedele nel sopportare e nell'imitare colui che era suo modello e nostro bene, da non concedersi mai alcun sollievo naturale; non solo delle membra, in quanto non riposò, né mangiò, né dormì, ma anche dello spirito, privandosi dei piaceri e delle consolazioni che le avrebbero potuto arrecare conforto, fatta eccezione di quelle che le furono comunicate attraverso la forza della grazia divina. Allora la Signora le accolse con umiltà e riconoscenza per attingervi nuovo coraggio ed essere concentrata con maggiore fervore sulla tribolazione del suo Unigenito e sulla ragione dei suoi tormenti. Ella ebbe chiara notizia della malizia dei giudei e dei soldati, dei bisogni, della rovina e dell'ingratissima natura dell'umanità, per la quale egli stava offrendo la propria vita.

1364. La destra dell'Eterno, in questa circostanza, fece per mano di Maria, segretamente, un mirabile prodigio contro Lucifero e i suoi ministri. Costoro seguirono con attenzione tutto quello che stava accadendo nel martirio di Gesù, del quale avevano una conoscenza non chiara per non dire confusa. Allorché egli prese la croce sulle sue spalle, tutti i suoi nemici rimasero sbigottiti e come paralizzati, provando una meraviglia del tutto inusitata e una rinnovata tristezza accompagnata da confusione e rabbia. Afferrato da questi nuovi e insuperabili sentimenti di angoscia e di paura, il principe delle tenebre temette che il suo regno avrebbe potuto essere minacciato da una pesante ed irreparabile distruzione e cadere in rovina; decise dunque di scappare e di rifugiarsi con tutti i suoi seguaci nelle caverne infernali, ma, mentre pensava di eseguire tale desiderio, intervenne la Vergine che glielo impedì. L'Altissimo stesso infatti la illuminò, rivestendola della sua potenza e facendole comprendere ciò che dovesse fare, e così ella si volse contro i diavoli e con il comando di una sovrana li trattenne dalla fuga, ordinando loro di attendere la fine di ogni cosa rimanendo presenti. Essi non si poterono opporre perché avevano cognizione della forza superna che operava in lei e, sottomessi al suo volere come se fossero stati catturati e legati, accompagnarono il Signore fino al Calvario, dove era stabilito che dal trono della croce avrebbe trionfato contro di loro. Non trovo un esempio adeguato per poter spiegare la mestizia e l'abbattimento che da allora in avanti li oppressero. A nostro modo di intendere, essi salirono verso il monte come i condannati condotti al supplizio, debilitati, infiacchiti e rattristati dal timore del giusto castigo. Questa pena del demonio fu conforme alla sua natura malvagia e corrispondente al danno che aveva recato al mondo introducendovi il peccato e la morte, per l'annientamento dei quali Dio stesso si stava immolando.

1365. Il nostro Salvatore proseguì il cammino, portando sulle spalle, come dice Isaia, il segno della sovraunità, da cui avrebbe regnato sulla terra e l'avrebbe assoggettata, meritando che il suo nome fosse esaltato al di sopra di ogni altro nome e riscattando tutto il genere umano dall'egemonia che satana aveva conquistato su di esso. Lo stesso profeta chiama questo potere giogo, sbarra e bastone dell'aguzzino che risolutamente e imperiosamente esigeva il tributo della prima colpa. Per vincere tale tiranno, distruggere lo scettro del suo dominio e il giogo della nostra schiavitù, sua Maestà prese il duro legno su di sé nello stesso punto in cui si mette il giogo della servitù e lo scettro della potenza regale - come colui che spoglia di questi il drago e lo trasferisce sulla sua schiena - affinché gli schiavi discendenti di Adamo, da questo momento in poi, lo riconoscessero come loro legittimo Signore e vero re e lo seguissero sulla via della croce. Da questa, infatti, avrebbe attirato tutti a sé, e li avrebbe comprati al caro prezzo del suo sangue e della sua vita.

1366. Oh, quanto atroce è la nostra ingratitudine e deplorevole la nostra dimenticanza! Che i giudei e gli autori del martirio di Gesù ignorassero il mistero nascosto ai principi del mondo e non osassero toccare la croce perché la giudicavano un'infamante disonore, fu loro colpa e assai grave. Eppure non lo fu come la nostra, poiché questo arcano fu a noi prontamente svelato e noi nella fede di questa verità siamo in grado di condannare la cecità di quelli che, perseguitarono il nostro Salvatore. Se consideriamo dunque rei coloro che ignorarono ciò che avrebbero dovuto sapere, quanto grande sarà il peccato di tutti noi, che, conoscendo e confessando Cristo come nostro redentore, tuttavia lo offendiamo, perseguitiamo e uccidiamo come fecero i giudei? O mio Gesù, mio dolcissimo amore, voi luce del mio intelletto e gloria dell'anima mia, non affidate alla mia indolenza e tiepidezza il volervi seguire con la mia croce sul cammino della vostra! Fatemi questo favore: attiratemi a voi e correrò dietro alla fragranza della vostra inesprimibile pazienza, della vostra ineffabile umiltà nell'ora del disprezzo e dell'angoscia. Prenderò parte alle offese, alle umiliazioni, alle sofferenze che vi sono state inflitte. Sia questa la mia porzione e la mia parte di eredità, il mio onore e il mio riposo sulla terra e, ad eccezione della vostra croce e delle onte, non voglio né consolazione, né riposo, né gioia alcuna. Mentre i giudei e tutto il popolo ormai reso cieco fuggivano per le strade di Gerusalemme onde evitare di toccare il legno dell'innocentissimo condannato, egli riusciva ad aprirsi un varco nel vuoto che si era creato intorno a lui per paura del contagio che la sua gloriosa ignominia, secondo la perfidia dei persecutori, avrebbe seminato. Il resto della via era preso d'assalto dalla folla e in mezzo alla confusione di grida e clamori si sentì risuonare la voce del banditore della sentenza.

1367. Le guardie, prive di ogni umana compassione e pietà, trascinavano il Signore con incredibile crudeltà e totale mancanza di rispetto: alcuni lo tiravano in avanti con le corde perché accelerasse il passo; altri lo trattenevano dal di dietro per poterlo tormentare. A causa di questa violenza e del grave peso, egli spesso barcollava e più volte cadeva e, allorché urtava contro le pietre, gli si aprivano nuove ferite, soprattutto sulle ginocchia; ciò gli causanva una piaga ancora più profonda sulle spalle. Quando vacillava, il duro legno urtava contro il suo santissimo capo o viceversa il capo contro di esso, e le spine della corona ad ogni colpo si conficcavano affondando sempre più nella carne non ancora ferita. Gli aguzzini accompagnavano queste atrocità con maledizioni, oltraggi e ingiurie e coprivano il suo volto di polvere, escrementi e sputi a tal punto da accecare i suoi occhi colmi di clemenza verso tutti; così essi stessi sì condannavano perché indegni di uno sguardo tanto benevolo. Impazienti e bramosi di assistere alla sua morte, non gli permettevano di prendere respiro; la sua umanità, essendo scesa su di essa in poche ore una pioggia di strazi, era spossata e sfigurata e, secondo il parere dei presenti, era già sul punto di rendere la vita tra indicibili dolori.

1368. Tra la moltitudine di gente si avviò anche la Vergine dolente e afflitta, partendo dalla casa di Pilato, per seguire il suo Unigenito insieme a Giovanni, a Maria Maddalena e alle altre Marie. Siccome il tumulto e la confusione impedivano loro di avvicinarsi a lui, la Regina pregò il Padre affinché le concedesse la grazia di stare ai piedi della croce in modo da poterlo vedere fisicamente e, secondo la volontà divina, ordinò agli angeli di realizzare tale disposizione. Essi le obbedirono con enorme rispetto e con prontezza la fecero passare per una scorciatoia, dalla quale andarono incontro al Maestro. Madre e Figlio si guardarono in volto e per entrambi si rinnovò il dolore di ciò che ciascuno stava soffrendo; tuttavia non proferirono alcuna parola, perché la rozzezza degli sgherri non lo avrebbe permesso. Ella lo adorò e con la voce interiore lo supplicò che, non potendo recargli alcun sollievo come era indotta a desiderare per compassione e non permettendo egli stesso agli spiriti celesti di farlo, almeno si degnasse con il suo potere di suscitare nella mente degli aguzzini il pensiero di mandargli qualcuno che lo aiutasse. Cristo, il nostro bene, accolse questa richiesta, per la quale obbligarono Simone di Cirene a portare la sua croce. I farisei e i soldati si convinsero a fare questo passo, spinti in parte da un certo senso di naturale umanità e in parte dal timore che Gesù spirasse prima di giungere ad essere crocifisso, poiché egli era ormai allo stremo delle forze.

1369. Nessun essere vivente può comprendere l'angoscia che la Principessa provò durante il percorso verso il monte Calvario avendo sotto lo sguardo quel Figlio che ella sola sapeva degnamente conoscere ed amare. E sarebbe caduta in deliquio e quindi morta se la potenza divina non l'avesse sostenuta con la sua forza mantenendola in vita. Provata dalla più profonda e amara sofferenza si rivolse interiormente a sua Maestà: «Mio diletto e Dio eterno, luce dei miei occhi, accogliete il sacrificio che faccio di non potervi rendere leggero il peso della croce, di non poterla prendere su di me, che sono una semplice creatura, per morire su di essa per amore vostro come voi volete morire per l'ardentissimo amore verso gli uomini, o amantissimo mediatore tra la colpa e la giustizia! Come potete esercitare la misericordia tra tante e così grandi ingiurie ed offese? O amore senza fine e senza misura, che permettete tali tormenti e obbrobri per manifestare ancor più apertamente l'incendio della vostra carità! O amore infinito e dolcissimo! Se l'intimo dei discendenti di Adamo e la loro volontà fossero in mio potere, non corrisponderebbero così male alle pene che patite per tutti! Chi potrebbe parlare al loro cuore e intimare loro ciò di cui vi sono debitori, poiché tanto caro vi è costato il riscatto della loro schiavitù e il rimedio della loro rovina?». E la gran Signora del mondo proferiva altre prudentissime e sublimi espressioni, che io non sono in grado di fare mie.

1370. Come riferisce l'evangelista san Luca, tra la folla seguivano il Nazareno molte donne, che si lamentavano e piangevano amaramente. Rivolgendosi loro, egli affermò: «Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli. Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadete su di noi! e ai colli: Copriteci! Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?». Con queste misteriose parole volle dare credito alle lacrime che sarebbero state versate per la sua passione e in qualche modo anche la sua approvazione, mostrandosi così grato per la loro pietà; volle inoltre indicare alle pie discepole il motivo e il fine che devono avere le nostre, affinché siano ben indirizzate. Allora esse ignoravano tutto ciò: piangevano solo sulle ingiurie, le umiliazioni e i dolori che il loro Maestro era costretto a sopportare e in lessun modo sulle cause per le quali soffriva; perciò meritarono di essere istruite. Fu come se egli avesse detto loro: «Piangete sui vostri peccati e quelli dei vostri figli e non sui miei, che non ne ho né posso averne. E anche se il provare compassione di me è cosa buona e giusta, io voglio che gemiate sulle vostre colpe piuttosto che su quello che io sto subendo per esse: in tal modo passeranno su di voi e sui vostri figli il prezzo del mio sangue e la redenzione che questo cieco popolo ignora; infatti, verranno i giorni del giudizio e del castigo universale in cui saranno considerate fortunate coloro che non avranno generato, mentre i dannati chiederanno ai monti e ai colli di coprirli per non vedere la mia indignazione. Se in me che sono innocente le loro trasgressioni hanno prodotto questi effetti, che cosa non produrranno in loro allorquando si troveranno così aridi, senza frutti di grazia né meriti?».

1371. Come ricompensa per il loro pianto e la loro compassione, quelle fortunate donne furono rischiarate dal Signore affinché potessero comprendere la sua dottrina. Intanto si adempì la preghiera che Maria aveva fatto. I sommi sacerdoti, i farisei e i soldati decisero di chiamare qualcuno per aiutare Gesù fino al Calvario. In quel momento sopraggiunse Simone il Cireneo, detto così perché nativo di Cirene, città della Libia; costui era il padre di Alessandro e Rufo, due discepoli del Signore. I giudei lo obbligarono a prendere il suo posto per un tratto di strada. Essi non vollero avvicinarsi alla croce né toccarla, perché si vergognavano reputandola come strumento del castigo di un uomo giustiziato quale insigne malfattore. Si servirono di tali cerimonie e usarono questa misura di precauzione contro di essa per indurre la gente a pensarla come loro. Il Cireneo la prese su di sé e andò dietro a sua Maestà costretto a procedere tra i due ladroni affinché tutti lo credessero e ritenessero un delinquente al pari di loro. La Principessa intanto si avvicinava a Cristo come aveva bramato e chiesto al Padre. Nel suo martirio, sebbene ne condividesse da vicino i patimenti con tutti i suoi sensi e ne prendesse parte, ella era a tal punto conforme al beneplacito divino da non accennare mai ad alcun movimento e gesto interiore o esteriore che potesse far pensare al desiderio di ritrattare il suo consenso alla sofferenza del suo figlio e Dio. L'amore, la grazia e la santità di questa Regina furono così grandi da superare e vincere la natura.

Insegnamento della Regina del cielo

1372. Carissima, voglio che il risultato dell'obbedienza per la quale scrivi la mia Storia sia quello di formare una vera discepola del mio Unigenito e mia. A tale scopo sono orientati, innanzitutto, l'illuminazione superna che ricevi riguardo a questi arcani tanto sublimi e degni di venerazione e poi gli insegnamenti che ti impartisco e ripeto continuamente al fine di distaccare il tuo cuore dall'affetto umano delle creature, sia dal nutrirlo tu in prima persona sia dall'accettarlo da alcun altro. Così vincerai gli impedimenti del demonio, molto pericolosi per il tuo carattere incline alla condiscendenza; ed io, che lo conosco, ti guido e ti accompagno nel cammino come la madre e la maestra che educa e corregge. Con la scienza dell'Altissimo penetri già i misteri della sua passione e anche l'unica vera via della vita, quella della croce. Non tutti sono chiamati e scelti per percorrerla: molti sono quelli che vogliono seguire il Salvatore, ma solo pochissimi sono veramente disposti ad imitarlo; infatti quando giungono a sentire il peso della tribolazione, lo respingono e se ne allontanano. Il dolore è duro da sopportare per la natura umana, il frutto dello spirito è profondamente nascosto e solo pochi si lasciano guidare dalla luce. Molti fra i mortali si dimenticano della verità, ascoltano la voce della carne, che viziano ed appagano. Amano ardentemente l'onore del mondo e disprezzano gli oltraggi e le ingiurie; avidi delle ricchezze, aborriscono la povertà; assetati dei piaceri, sono terrorizzati dalla mortificazione. Essi sono nemici della croce del Messia e con orrore fuggono da essa, giudicandola ignominiosa come coloro che lo hanno ucciso.

1373. Molti credono, ingannandosi, di stargli accanto senza soffrire, senza operare o faticare e vivono già contenti e appagati per il fatto di non essere tanto arditi nel commettere colpe. Sono persuasi che tutta la perfezione consista nella prudenza o nella tiepida carità, e così non negano niente alla propria volontà e non praticano le virtù che molto costano alla carne. Costoro uscirebbero da tale menzogna se pensassero che il mio diletto non solo fu redentore ma anche maestro, e lasciò nel mondo non solamente il tesoro dei suoi meriti, come rimedio alla loro dannazione, ma anche la medicina necessaria per la malattia per cui si infermò la natura a causa del peccato. Nessuno è più saggio di lui e nessuno poté conoscere l'amore come lui. Con tutto ciò, benché potesse quanto voleva, non scelse una vita piacevole né facile, ma travagliata e piena di afflizioni. Egli non avrebbe esercitato la sua dottrina esaurientemente ed efficacemente se, nel redimere gli uomini, non li avesse istruiti sul modo di vincere il diavolo, la tentazione e se stessi. Questo trionfo si ottiene con la croce, la penitenza, la compunzione, il rinnegamento di sé: sono la caratteristica, la testimonianza e il segno dell'amore dei predestinati.

1374. Poiché sai il valore della santa croce e l'onore che per essa ricevettero le umiliazioni e le tribolazioni, abbracciala e portala con gioia ricalcando le orme del tuo Maestro. La tua gloria in questo pellegrinaggio non sia altro che la persecuzione, il disprezzo, l'infermità, la tribolazione, l'umiliazione e quanto vi è di penoso e contrario alla condizione della carne peritura. Poiché mi emuli in tutti gli esercizi compiacendomi, non voglio che ti procuri né accetti sollievo o riposo in alcuna cosa terrena. Non devi soppesare lungamente tra te e te le sofferenze che sopporti e tanto meno manifestarle con la pretesa di trovarne alleviamento. Non devi neppure esagerare e ingrandire le persecuzioni e le molestie che ti causeranno le creature. Mai sfugga dalla tua bocca che è molto quello che subisci, né ti venga in mente di fare un confronto con i patimenti altrui. Con questo non intendo dire che sia una colpa ricevere qualche sollievo onesto e moderato o lamentarsi con paziente rassegnazione. In te, però, una tale liberazione sarebbe un'infedeltà verso il tuo sposo, poiché tu sei a lui obbligata molto più di mille altri. La tua corrispondenza nel penare e nell'amare non potrà essere scusata se non sarà piena di dedizione, delicatezza e lealtà. Talmente conformata a se stesso ti vuole il Signore che neppure un sospiro devi concedere alla tua debolezza senza avere un fine più sublime del semplice riposarti e ristorarti. E se l'ardore ti costringerà, allora lasciati rapire dalla sua forza soave per riposare amando; ma ben presto l'amore della croce saprà congedare tale conforto: tu sai che io facevo questo con docile rinunzia. Sia per te regola generale che ogni consolazione umana è imperfetta e comporta dei pericoli; devi accogliere solo quella che ti invierà l'Altissimo direttamente o attraverso i suoi angeli. Dei doni che ti elargirà la sua destra prendi ciò che ti possa aiutare ad essere forte per soffrire di più e per distaccarti dalle cose effimere e piacevoli, che toccano la sensibilità.


RIMANETE NELLA CHIESA A.N.A. 26 24 novembre 1994

Catalina Rivas

Maria

Figlioli Miei, Io, vostra Madre, sono venuta a prepararvi in tutto questo tempo, per una grazia speciale concessa dal Signore, non solo per estendere il Suo regno, ma per liberarvi dalla influenza del male; perché nessun male contamini questo gruppo formato con amore.

Rimanete fedeli alla parola del Signore, rimanete uniti nella preghiera, nella penitenza, digiuni e mortificazioni, per aiutarmi a salvare molte anime. Non lasciatevi ingannare. Accadranno grandi miracoli e altre cose inimmaginabili, come ultimo appello del Signore. Rimanete attenti, ma non fate caso quando vi danno delle date; è satana che si darà da fare per confondervi.

Voglio che sappiate che starò sempre con voi, per questo dovete essere esempio di vita e fare in modo che Io stessa Mi veda riflessa in ognuno di voi. Rimanete nella Chiesa, state di più insieme ai sacerdoti, aiutatevi gli uni con gli altri con generosità. Difendete e divulgate la Parola di Dio, ne avete i mezzi e avete la capacità per farlo. Conducete questo gregge, che Io ho unito, con amore e coraggio.

Non ci saranno più messaggi in questa città. Stanno giungendo alla fine i messaggi e le apparizioni, perché ora dovete cominciare a vivere di fede. Riempitevi di fede, nutritela, pregate molto, chiedete che la vostra fede sia fortificata dallo Spirito Santo per poter nutrire con la vostra fede gli altri fratelli. Si impoveriscano i vostri cuori per poter accogliere con amore l'appello di Mio Figlio.

Vivete con modestia, mortificatevi cercando la modestia nel vostro comportamento, nel vostro vestire, nel modo di parlare. Siate caritatevoli con il prossimo, mortificatevi in questo modo... Non parlate contro il vostro prossimo. Riverso su di voi grazie speciali, chiedendo al Signore protezione per le vostre famiglie. Non tralasciate di lavorare per il regno divino, siate guida e luce per i vostri fratelli. Un regalo molto personale per ognuno a suo tempo. Non dimenticate che il futuro si costruisce alimentando il presente.

Pregate molto e non permettete che vi confondano. La pace è molto importante, ma cominciate a sentirla nel vostro cuore per poterla poi trasmettere. Non pensate ai beni materiali, non vi torturate e non torturate i vostri familiari con liti e screzi che riguardano i beni materiali; accumulate i beni spirituali, sono questi che vi faranno avanzare nel futuro.

Consacratevi ogni giorno allo Spirito Santo, al Cuore innocente di Mio Figlio e al Mio Cuore Immacolato. Grazie per il vostro affetto e la vostra generosità durante questo tempo. Io sono con voi.