Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 20° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 12
1Nel frattempo, radunatesi migliaia di persone che si calpestavano a vicenda, Gesù cominciò a dire anzitutto ai discepoli: "Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l'ipocrisia.2Non c'è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto.3Pertanto ciò che avrete detto nelle tenebre, sarà udito in piena luce; e ciò che avrete detto all'orecchio nelle stanze più interne, sarà annunziato sui tetti.
4A voi miei amici, dico: Non temete coloro che uccidono il corpo e dopo non possono far più nulla.5Vi mostrerò invece chi dovete temere: temete Colui che, dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geenna. Sì, ve lo dico, temete Costui.6Cinque passeri non si vendono forse per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio.7Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati. Non temete, voi valete più di molti passeri.
8Inoltre vi dico: Chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell'uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio;9ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio.
10Chiunque parlerà contro il Figlio dell'uomo gli sarà perdonato, ma chi bestemmierà lo Spirito Santo non gli sarà perdonato.
11Quando vi condurranno davanti alle sinagoghe, ai magistrati e alle autorità, non preoccupatevi come discolparvi o che cosa dire;12perché lo Spirito Santo vi insegnerà in quel momento ciò che bisogna dire".
13Uno della folla gli disse: "Maestro, di' a mio fratello che divida con me l'eredità".14Ma egli rispose: "O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?".15E disse loro: "Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni".16Disse poi una parabola: "La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto.17Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti?18E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.19Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.20Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà?21Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio".
22Poi disse ai discepoli: "Per questo io vi dico: Non datevi pensiero per la vostra vita, di quello che mangerete; né per il vostro corpo, come lo vestirete.23La vita vale più del cibo e il corpo più del vestito.24Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno ripostiglio né granaio, e Dio li nutre. Quanto più degli uccelli voi valete!25Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?26Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto?27Guardate i gigli, come crescono: non filano, non tessono: eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro.28Se dunque Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e domani si getta nel forno, quanto più voi, gente di poca fede?29Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia:30di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno.31Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta.
32Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.
33Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma.34Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
35Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese;36siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.37Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.38E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell'alba, li troverà così, beati loro!39Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.40Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell'uomo verrà nell'ora che non pensate".
41Allora Pietro disse: "Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?".42Il Signore rispose: "Qual è dunque l'amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo?43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro.44In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi.45Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi,46il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l'aspetta e in un'ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.47Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse;48quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
49Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso!50C'è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto!
51Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione.52D'ora innanzi in una casa di cinque persone53si divideranno tre contro due e due contro tre;
padre contro figlio e 'figlio contro padre',
madre contro figlia e 'figlia contro madre',
suocera contro nuora e 'nuora contro suocera'".
54Diceva ancora alle folle: "Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade.55E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.56Ipocriti! Sapete giudicare l'aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?57E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?58Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all'esecutore e questi ti getti in prigione.59Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all'ultimo spicciolo".
Giuditta 8
1In quei giorni venne a conoscenza della situazione Giuditta figlia di Merari, figlio di Oks, figlio di Giuseppe, figlio di Oziel, figlio di Elkia, figlio di Anania, figlio di Gedeone, figlio di Rafain, figlio di Achitob, figlio di Elia, figlio di Chelkia, figlio di Eliàb, figlio di Natanaèl, figlio di Salamiel, figlio di Sarasadai, figlio di Israele.2Suo marito era stato Manàsse, della stessa tribù e famiglia di lei; egli era morto al tempo della mietitura dell'orzo.3Mentre stava sorvegliando quelli che legavano i covoni nella campagna, il suo capo fu colpito da insolazione. Dovette mettersi a letto e morì in Betulia sua città e lo seppellirono con i suoi padri nel campo che sta tra Dotain e Balamon.4Giuditta era rimasta nella sua casa in stato di vedovanza ed erano passati già tre anni e quattro mesi.5Si era fatta preparare una tenda sul terrazzo della sua casa, si era cinta i fianchi di sacco e portava le vesti delle vedove.6Da quando era vedova digiunava tutti i giorni, eccetto le vigilie dei sabati e i sabati, le vigilie dei noviluni e i noviluni, le feste e i giorni di gioia per Israele.7Era bella d'aspetto e molto avvenente nella persona; inoltre suo marito Manàsse le aveva lasciato oro e argento, schiavi e schiave, armenti e terreni ed essa era rimasta padrona di tutto.8Né alcuno poteva dire una parola maligna a suo riguardo, perché temeva molto Dio.
9Venne dunque a sapere le parole esasperate rivolte dal popolo alle autorità, perché erano demoralizzati per la mancanza d'acqua, e anche Giuditta seppe di tutte le risposte che aveva date loro Ozia e come avesse giurato loro di consegnare la città agli Assiri dopo cinque giorni.10Subito mandò la sua ancella particolare che aveva in cura tutte le sue sostanze a chiamare Cabri e Carmi, che erano gli anziani della sua città.11Vennero da lei ed essa disse loro: "Ascoltatemi bene, voi capi dei cittadini di Betulia. Non è stato affatto conveniente il discorso che oggi avete tenuto al popolo, aggiungendo il giuramento che avete pronunziato e interposto tra voi e Dio, di mettere la città in mano ai nostri nemici, se nel frattempo il Signore non vi avrà mandato aiuto.12Chi siete voi dunque che avete tentato Dio in questo giorno e vi siete posti al di sopra di lui, mentre non siete che uomini?13Certo, voi volete mettere alla prova il Signore onnipotente, ma non ci capirete niente, né ora né mai.14Se non siete capaci di scorgere il fondo del cuore dell'uomo né di afferrare i pensieri della sua mente, come potrete scrutare il Signore, che ha fatto tutte queste cose, e conoscere i suoi pensieri o comprendere i suoi disegni? No, fratelli, non vogliate irritare il Signore nostro Dio.15Se non vorrà aiutarci in questi cinque giorni, egli ha pieno potere di difenderci nei giorni che vuole o anche di farci distruggere da parte dei nostri nemici.16E voi non pretendete di impegnare i piani del Signore Dio nostro, perché Dio non è come un uomo che gli si possan fare minacce e pressioni come ad uno degli uomini.17Perciò attendiamo fiduciosi la salvezza che viene da lui, supplichiamolo che venga in nostro aiuto e ascolterà il nostro grido se a lui piacerà.18Realmente in questa nostra generazione non c'è mai stata, né esiste oggi una tribù o famiglia o popolo o città tra di noi, che adori gli dèi fatti da mano d'uomo, come è avvenuto nei tempi passati.19Per questo motivo i nostri padri furono abbandonati alla spada e alla devastazione e caddero rovinosamente davanti ai loro nemici.20Noi invece non riconosciamo altro Dio fuori di lui e per questo speriamo che egli non trascurerà noi e neppure la nostra nazione.21Perché se noi saremo presi, resterà presa anche tutta la Giudea e sarà saccheggiato il nostro santuario e Dio chiederà ragione di quella profanazione al nostro sangue.22L'uccisione dei nostri fratelli, l'asservimento della patria, la devastazione della nostra eredità Dio la farà ricadere sul nostro capo in mezzo ai popoli pagani tra i quali ci capiterà di essere schiavi e saremo così motivo di scandalo e di disprezzo di fronte ai nostri padroni.23La nostra schiavitù non ci guadagnerà alcun favore, perché la porrà a nostro disonore il Signore Dio nostro.24Dunque, fratelli, dimostriamo ai nostri fratelli che la loro vita dipende da noi, che i nostri sacri pegni, il tempio e l'altare, poggiano su di noi.25Oltre tutto ringraziamo il Signore Dio nostro che ci mette alla prova, come ha già fatto con i nostri padri.26Ricordatevi quanto ha fatto con Abramo, quali prove ha fatto passare ad Isacco e quanto è avvenuto a Giacobbe in Mesopotamia di Siria, quando pascolava i greggi di Làbano suo zio materno.27Certo, come ha passato al crogiuolo costoro non altrimenti che per saggiare il loro cuore, così ora non vuol far vendetta di noi, ma è a fine di correzione che il Signore castiga coloro che gli stanno vicino".28Allora rispose a lei Ozia: "Quanto hai detto, l'hai proferito con cuore retto e nessuno può contraddire alle tue parole.29Poiché non da oggi è manifesta la tua saggezza, ma dall'inizio dei tuoi giorni tutto il popolo conosce la tua prudenza, così come l'ottima indole del tuo cuore.30Ma il popolo soffriva terribilmente la sete e ci ha costretti a comportarci come abbiamo fatto, parlando loro a quel modo e addossandoci un giuramento che non potremo trasgredire.31Ma ora prega per noi tu che sei donna pia e il Signore invierà la pioggia a riempire le nostre cisterne e non continueremo a venir meno".32Giuditta rispose loro: "Sentite, voglio compiere un'impresa che passerà di generazione in generazione ai figli del nostro popolo.33Voi starete di guardia alla porta della città questa notte: io uscirò con la mia ancella ed entro quei giorni dopo i quali avete deciso di consegnare la città ai nostri nemici, il Signore per mia mano provvederà a Israele.34Voi però non indagate sul mio piano: non vi dirò niente finché non sarà compiuto quel che voglio fare".35Le risposero Ozia e i capi: "Va' in pace e il Signore Dio sia con te per far vendetta dei nostri nemici".36Se ne andarono quindi dalla sua tenda e si recarono ai loro posti.
Salmi 64
1'Salmo. Di Davide. Al maestro del coro.'
2Ascolta, Dio, la voce, del mio lamento,
dal terrore del nemico preserva la mia vita.
3Proteggimi dalla congiura degli empi
dal tumulto dei malvagi.
4Affilano la loro lingua come spada,
scagliano come frecce parole amare
5per colpire di nascosto l'innocente;
lo colpiscono di sorpresa e non hanno timore.
6Si ostinano nel fare il male,
si accordano per nascondere tranelli;
dicono: "Chi li potrà vedere?".
7Meditano iniquità, attuano le loro trame:
un baratro è l'uomo e il suo cuore un abisso.
8Ma Dio li colpisce con le sue frecce:
all'improvviso essi sono feriti,
9la loro stessa lingua li farà cadere;
chiunque, al vederli, scuoterà il capo.
10Allora tutti saranno presi da timore,
annunzieranno le opere di Dio
e capiranno ciò che egli ha fatto.
11Il giusto gioirà nel Signore
e riporrà in lui la sua speranza,
i retti di cuore ne trarranno gloria.
Salmi 96
1Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore da tutta la terra.
2Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunziate di giorno in giorno la sua salvezza.
3In mezzo ai popoli raccontate la sua gloria,
a tutte le nazioni dite i suoi prodigi.
4Grande è il Signore e degno di ogni lode,
terribile sopra tutti gli dèi.
5Tutti gli dèi delle nazioni sono un nulla,
ma il Signore ha fatto i cieli.
6Maestà e bellezza sono davanti a lui,
potenza e splendore nel suo santuario.
7Date al Signore, o famiglie dei popoli,
date al Signore gloria e potenza,
8date al Signore la gloria del suo nome.
Portate offerte ed entrate nei suoi atri,
9prostratevi al Signore in sacri ornamenti.
Tremi davanti a lui tutta la terra.
10Dite tra i popoli: "Il Signore regna!".
Sorregge il mondo, perché non vacilli;
giudica le nazioni con rettitudine.
11Gioiscano i cieli, esulti la terra,
frema il mare e quanto racchiude;
12esultino i campi e quanto contengono,
si rallegrino gli alberi della foresta
13davanti al Signore che viene,
perché viene a giudicare la terra.
Giudicherà il mondo con giustizia
e con verità tutte le genti.
Geremia 28
1In quell'anno, all'inizio del regno di Sedecìa re di Giuda, nell'anno quarto, quinto mese, Anania figlio di Azzùr, il profeta di Gàbaon, mi riferì nel tempio del Signore sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo queste parole:2"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Io romperò il giogo del re di Babilonia!3Entro due anni farò ritornare in questo luogo tutti gli arredi del tempio del Signore che Nabucodònosor, re di Babilonia, prese da questo luogo e portò in Babilonia.4Farò ritornare in questo luogo - dice il Signore - Ieconia figlio di Ioiakìm, re di Giuda, con tutti i deportati di Giuda che andarono a Babilonia, poiché romperò il giogo del re di Babilonia".
5Il profeta Geremia rispose al profeta Anania, sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo che stavano nel tempio del Signore.6Il profeta Geremia disse: "Così sia! Così faccia il Signore! Voglia il Signore realizzare le cose che hai predette, facendo ritornare gli arredi nel tempio e tutti i deportati da Babilonia in questo luogo!
7Tuttavia ascolta ora la parola che sto per dire ai tuoi orecchi e agli orecchi di tutto il popolo.8I profeti che furono prima di me e di te dai tempi antichissimi predissero contro molti paesi, contro regni potenti, guerra, fame e peste.9Quanto al profeta che predice la pace, egli sarà riconosciuto come profeta mandato veramente dal Signore soltanto quando la sua parola si realizzerà".
10Allora il profeta Anania strappò il giogo dal collo del profeta Geremia e lo ruppe;11Anania riferì a tutto il popolo: "Dice il Signore: A questo modo io romperò il giogo di Nabucodònosor re di Babilonia, entro due anni, sul collo di tutte le nazioni".
Il profeta Geremia se ne andò per la sua strada.
12Ora, dopo che il profeta Anania ebbe rotto il giogo sul collo del profeta Geremia, la parola del Signore fu rivolta a Geremia:13 "Va' e riferisci ad Anania: Così dice il Signore: Tu hai rotto un giogo di legno ma io, al suo posto, ne farò uno di ferro.14Infatti, dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Io porrò un giogo di ferro sul collo di tutte queste nazioni perché siano soggette a Nabucodònosor, re di Babilonia".
15Allora il profeta Geremia disse al profeta Anania: "Ascolta, Anania! Il Signore non ti ha mandato e tu induci questo popolo a confidare nella menzogna;16perciò dice il Signore: Ecco, ti mando via dal paese; quest'anno tu morirai, perché hai predicato la ribellione contro il Signore".
17Il profeta Anania morì in quello stesso anno, nel settimo mese.
Seconda lettera ai Corinzi 1
1Paolo, apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Timòteo, alla chiesa di Dio che è in Corinto e a tutti i santi dell'intera Acaia:2grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
3Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione,4il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio.5Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione.6Quando siamo tribolati, è per la vostra consolazione e salvezza; quando siamo confortati, è per la vostra consolazione, la quale si dimostra nel sopportare con forza le medesime sofferenze che anche noi sopportiamo.7La nostra speranza nei vostri riguardi è ben salda, convinti che come siete partecipi delle sofferenze così lo siete anche della consolazione.
8Non vogliamo infatti che ignoriate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre misura, al di là delle nostre forze, sì da dubitare anche della vita.9Abbiamo addirittura ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti.10 Da quella morte però egli ci ha liberato e ci libererà, per la speranza che abbiamo riposto in lui, che ci libererà ancora,11grazie alla vostra cooperazione nella preghiera per noi, affinché, per il favore divino ottenutoci da molte persone, siano rese grazie per noi da parte di molti.
12Questo infatti è il nostro vanto: la testimonianza della coscienza di esserci comportati nel mondo, e particolarmente verso di voi, con la santità e sincerità che vengono da Dio, non con la sapienza della carne ma con la grazia di Dio.13 Non vi scriviamo in maniera diversa da quello che potete leggere o comprendere; spero che comprenderete sino alla fine,14come ci avete già compresi in parte, che noi siamo il vostro vanto, come voi sarete il nostro, nel giorno del Signore nostro Gesù.
15Con questa convinzione avevo deciso in un primo tempo di venire da voi, perché riceveste una seconda grazia,16e da voi passare in Macedonia, per ritornare nuovamente dalla Macedonia in mezzo a voi ed avere da voi il commiato per la Giudea.17Forse in questo progetto mi sono comportato con leggerezza? O quello che decido lo decido secondo la carne, in maniera da dire allo stesso tempo "sì, sì" e "no, no"?18Dio è testimone che la nostra parola verso di voi non è "sì" e "no".19Il Figlio di Dio, Gesù Cristo che abbiamo predicato tra voi, io, Silvano e Timoteo, non fu "sì" e "no", ma in lui c'è stato il "sì".20E in realtà tutte le promesse di Dio in lui sono divenute "sì". Per questo sempre attraverso lui sale a Dio il nostro "Amen" per la sua gloria.21È Dio stesso che ci conferma, insieme a voi, in Cristo, e ci ha conferito l'unzione,22ci ha impresso il sigillo e ci ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori.
23Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita, che solo per risparmiarvi non sono più venuto a Corinto.24Noi non intendiamo far da padroni sulla vostra fede; siamo invece i collaboratori della vostra gioia, perché nella fede voi siete già saldi.
Capitolo I: Cristo parla interiormente all’anima fedele
Leggilo nella Biblioteca
1. "Darò ascolto a quello che stia per dire dentro di me il Signore" (Sal 84,9). Beata l'anima che ascolta il Signore che le parla dentro, e accoglie dalla sua bocca la parola di consolazione. Beate le orecchie che colgono la preziosa e discreta voce di Dio, e non tengono alcun conto dei discorsi di questo mondo. Veramente beate le orecchie che danno retta, non alla voce che risuona dal di fuori, ma alla verità, che ammaestra dal di dentro. Beati gli occhi, che, chiusi alle cose esteriori, sono attenti alle interiori. Beati coloro che sanno penetrare ciò che è interiore e si preoccupano di prepararsi sempre più, con sforzo quotidiano, a comprendere le cose arcane del cielo. Beati coloro che bramano di dedicarsi a Dio, sciogliendosi da ogni impaccio temporale.
2. Comprendi tutto ciò, anima mia, e chiudi la porta dei sensi, affinché tu possa udire quello che ti dice interiormente Iddio, tuo signore. Questo dice il tuo diletto: "Io sono la tua salvezza" (Sal 34,3), la tua pace, la tua vita; stai accanto a me e troverai la pace; lascia tutte le cose che passano, cerca le cose eterne. Che altro sono le cose corporali, se non illusioni? E a che gioveranno tutte le creature, se sarai abbandonata dal Creatore? Oh, anima mia, rinuncia a tutto e fatti cara e fedele al tuo Creatore, così da poter raggiungere la vera beatitudine.
LETTERA 181: Il papa Innocenzo ai Padri del concilio di Cartagine: li loda d'averlo consultato su questioni controverse.
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta forse nello stesso tempo.
Il papa Innocenzo ai Padri del concilio di Cartagine: li loda d'averlo consultato su questioni controverse (nn. 1-2); ne conferma la dottrina e la sentenza contro l'eresia pelagiana, cancrena della Chiesa, poiché avversa la grazia e ripone la salvezza nel libero arbitrio che causò, la caduta del genere umano (nn. 3-7). La Chiesa deve scomunicare cotesti eretici, pronta però a riaccoglierli nel suo seno se emendati (nn. 8-9).
INNOCENZO AD AURELIO E A TUTTI GLI ALTRI SANTI VESCOVI SUOI DILETTISSIMI FRATELLI CHE PARTECIPARONO AL CONCILIO DI CARTAGINE, SALUTE NEL SIGNORE
Autorità della Sede apostolica anche sui concili particolari.
1. Nel cercare la soluzione di questioni teologiche che devono essere trattate con ogni sollecitudine dai vescovi e soprattutto da un concilio autentico, legittimo e cattolico, vi siete attenuti agli esempi dell'antica tradizione e alla disciplina ecclesiastica. In tal modo voi avete rafforzato realmente il vigore della nostra religione prima col formulare i vostri decreti non meno di adesso col chiedere il nostro parere, poiché avete riconosciuto doveroso sottoporli al nostro giudizio, ben sapendo che cosa è dovuto alla Sede Apostolica, nella quale tutti noi, che (successivamente) la occupiamo, desideriamo seguire lo stesso Apostolo, dal quale deriva l'episcopato stesso e tutta t'autorità dei vescovi. Seguendo lui, noi sappiamo non solo condannare il male ma anche approvare il bene, come (approviamo) appunto il fatto che, osservandole nel vostro ufficio episcopale, voi non pensate che siano da calpestare le regole stabilite dai nostri antenati per volere non umano ma divino. Alla stregua di tali regole tutte le questioni trattate nelle diverse regioni per quanto si voglia distanti e remote non si dovevano considerare definite prima che fossero sottoposte all'esame di questa Sede, affinché fosse convalidato dalla sua autorità ogni decreto anche giustamente promulgato e affinché dalla stessa Apostolica Sede tutte le altre Chiese particolari (in modo che, per così dire tutte le acque sgorgassero dalla loro sorgente nativa cioè le acque della pura sorgente si spandessero incorrotte attraverso le diverse regioni del mondo intero) attingessero le norme con cui stabilire che cosa comandare, quali persone correggere, quali invece dovesse evitare l'acqua riservata ai corpi puri come se fossero lorde di fango che non si può nettare.
L'antica norma di consultare il Papa.
2. Vi ringrazio quindi, fratelli carissimi, d'avermi fatto recapitare la vostra lettera per le mani di Giulio, nostro fratello e collega d'episcopato. Voi infatti, oltre a prendervi cura delle Chiese cui siete preposti, mostrate la vostra sollecitudine per il bene di tutti i fedeli chiedendoci di decidere per tutte le Chiese di tutta la terra ciò che giovi a tutte quante affinché la Chiesa, consolidata nelle sue proprie norme e rinvigorita anche da questo decreto emanato per giusta decisione', stia in guardia dagli eretici e non possa cadere sotto il dominio d'individui i quali, armati contro la fede, o meglio contro se stessi, delle loro perverse sottigliezze, discutendo sotto la maschera, della fede cattolica, come se esalassero un veleno mortifero, cercano di distruggere tutta la dottrina della fede cristiana al fine di traviare e corrompere le menti di quanti pensano rettamente.
L'eresia, cancrena del corpo ecclesiale.
3. Bisogna dunque correre subito ai ripari perché il male esecrando non s'infiltri più a lungo negli animi; faremo così come il medico il quale, quando s'accorge che il nostro corpo terreno è afflitto da qualche malattia, considera come una grande prova della propria arte qualora un malato, dato per ispacciato, torni sano col soccorso dell'opera propria; se, invece vede una ferita che va in cancrena, impiega fasciature e ogni altro rimedio con cui possa rimarginarsi: ma se la ferita, rimanendo sempre allo stesso stato, non potrà esser guarita, il medico amputa col ferro la parte nociva perché non corrompa col marciume il resto del corpo e questo rimanga integro e intatto. Si deve asportare il male che al pari d'un bubbone s'è infiltrato di soppiatto nel corpo interamente sano e puro (della Chiesa) per evitare che, venendo estirpato troppo tardi, l'infezione di esso penetri poi fin quasi nelle viscere in modo che non sia più possibile eliminarlo.
L'eresia pelagiana, dottrina empia e pagana.
4. Che cosa potremmo ormai attenderci, che sia conforme alla fede, da costoro i quali credono che sia dovuto a loro stessi il fatto d'esser buoni senza riconoscerlo dono di Colui, dal quale ricevono ogni giorno la grazia? Tali individui d'altronde si mettono ormai da se stessi fuori della grazia di Dio, convinti di poter conseguire senza il suo aiuto quel che a stento meritano d'ottenere quelli che lo chiedono a lui. Che vi può essere infatti di più iniquo, di più pagano, di più ignaro di tutta la religione, di più funesto per le anime, cristiane, che rifiutare d'attribuire il merito dei progressi fatti ogni giorno nella grazia a Colui al quale ci si confessa d'essere debitori della vita? Sarai dunque più capace di procurare il tuo bene tu che non Colui il quale ha fatto sì che tu esistessi? Se tu inoltre credi d'essergli debitore del fatto che vivi, come mai non credi d'essergli debitore del fatto che vivi in tale maniera con l'ottenere la sua grazia quotidiana? E mentre tu neghi che abbiamo bisogno dell'aiuto divino, come se noi fossimo pienamente perfetti in virtù delle nostre capacità, come mai invochiamo il suo aiuto su di noi, dal momento che possiamo esser tali da noi stessi?
Offende il Creatore chi non crede necessario il suo aiuto.
5. A chi nega la necessità dell'aiuto di Dio vorrei chiedere se siamo noi a non meritarcelo oppure è Iddio a non potercelo accordare. Forse che non c'è nulla che ci obblighi a domandarglielo? Ora, le stesse opere di Dio attestano ch'egli può accordarlo e noi non possiamo negare d'aver bisogno del suo aiuto quotidiano. In realtà o noi attiriamo il suo aiuto su di noi con la nostra vita santa per vivere ancor più santamente oppure, se ci allontaniamo dal bene avendo idee perverse, ne abbiamo ancor più bisogno per tornare sulla retta via. Che cosa infatti pare tanto micidiale, tanto idoneo a farci precipitare nel male ed esporci a tutti i pericoli se, convinti che ci basta soltanto d'aver avuto il libero arbitrio nella nascita, noi non domandassimo più nulla al Signore, se dimentichi cioè del nostro Creatore rifiutassimo di riconoscere la sua potenza per far mostra della nostra libertà, come se Dio, che nella nostra nascita ci ha dotati del libero, arbitrio, non avesse ormai più nulla da dirci? In tal modo noi daremmo prova d'ignorare che, se non scende in noi la grazia di Dio implorata con ferventi preghiere, invano ci sforzeremo di vincere i falli derivanti dalla sozzura terrena e dal corpo mondano dal momento che a resistere ci fa capaci non il libero arbitrio ma solo l'aiuto di Dio.
Nei Salmi s'invoca sempre l'aiuto di Dio.
6. Se infatti proclama d'aver bisogno dell'aiuto di Dio colui che a buon diritto non lo chiederebbe qualora gli fosse di maggiore utilità il libero arbitrio - dato che quel santo e già eletto dal Signore 1 non aveva bisogno di nulla e tuttavia rivolge a Dio la sua preghiera implorando: Sii tu colui che m'aiuta; non abbandonarmi e non allontanare da me il tuo sguardo, o Dio, mio Salvatore 2 -, come mai noi invochiamo per noi il libero arbitrio, mentre egli implora l'aiuto di Dio? Noi diciamo che ci basta la natura umana, egli invece scongiura Dio che non lo abbandoni? Ma come non riconosciamo chiaramente che cosa dobbiamo chiedere nelle nostre preghiere, mentre Davide, il quale era, come abbiamo già detto, un sì gran santo, scongiura Dio di non allontanare da lui il suo sguardo? Orbene, gli eretici che affermano l'inutilità della grazia, devono necessariamente biasimare le preghiere del Salmista. Davide infatti dovrebbe essere accusato di non sapere come si debba pregare e perfino di non conoscere la propria natura poiché, anche ammesso che sapesse che la natura ha in se stessa la capacità di fare il bene, come mai si prostra davanti a Dio in preghiera e lo scongiura non solo d'aiutarlo ma d'aiutarlo continuamente e non gli basta d'invocarne l'aiuto incessante ma gli chiede che non volga altrove il suo sguardo lontano da lui e in tutto il Salterio esalta e invoca l'aiuto di Dio? Se dunque un si gran personaggio ha riconosciuto non solo ch'è necessario implorare continuamente l'aiuto di Dio ma ha voluto insegnarci a chiederlo anche per noi, come mai Pelagio e Celestio, mettendo da parte l'argomento contrario dei Salmi e rigettando l'insegnamento in essi contenuto, sperano di convincere qualche fedele che noi non dobbiamo né cercare l'aiuto di Dio né che ne abbiamo bisogno, mentre tutti i santi attestano che non possono far nulla senza di esso?
Dal libero arbitrio la rovina dell'uomo.
7. Il primo uomo, dopo aver provato con suo danno ciò che può il libero arbitrio, abusando dei beni ricevuti da Dio, cadde e sprofondò nell'abisso della prevaricazione senza trovare alcun mezzo per rialzarsi e sarebbe rimasto eternamente schiacciato sotto il peso dei rottami di quella libertà da cui era stato ingannato, se in seguito non lo avesse rialzato la venuta di Cristo in virtù della sua grazia. Egli purificando l'uomo nella rigenerazione ad una vita nuova, con l'acqua del battesimo non solo cancellò ogni peccato trascorso e, rendendo salda la sua condizione affinché procedesse più rettamente e più costantemente nella via del, bene, non gli negò tuttavia la grazia per l'avvenire. Sebbene infatti egli avesse redento l'uomo dai suoi peccati derivanti dalla sua origine, tuttavia, sapendo che poteva ancora peccare, si riservò motti mezzi per poterlo rialzare dai peccati che avrebbe commessi in seguito e ricondurlo sulla retta via. Egli ci offre ogni giorno dei rimedi; se noi non riporremo in essi intera la nostra fiducia, non potremo affatto, pur con tutti i nostri sforzi, vincere gli umani difetti. Succede inevitabilmente che noi col soccorso della grazia riusciamo vincitori, mentre senza di esso noi rimaniamo vinti. Ora, io potrei dire ancora di più, se non risultasse che voi avete detto tutto sull'argomento.
Allontanar dalla Chiesa i nemici della grazia.
8. Chiunque pertanto sembra condividere l'opinione dei suddetti eretici, secondo la quale noi non avremmo bisogno dell'aiuto di Dio, si dichiara nemico della fede cattolica e ingrato verso i benefici di Dio. Persone di tal fatta non sono neppure degne della nostra comunione, da loro macchiata con una dottrina siffatta. Ecco la ragione: mentre esse nella loro vita si attengono spontaneamente alle proprie tesi, si sono allontanate di molto dalla vera religione. Dal momento che tutta l'essenza della nostra fede consiste in ciò e inoltre nelle preghiere quotidiane non facciamo altro se non impetrare la divina misericordia, come potremmo sopportare chi va blaterando e spargendo simili errori? Qual razza d'errore si enorme - mi domando io - acceca la mente di tali individui che, per il fatto che essi non hanno sensazione d'alcuna grazia di Dio, poiché non ne sono degni ovvero non la meritano, non considerano qual beneficio concede a ciascun altro la grazia di Dio? Costoro sono certo pienamente meritevoli d'essere totalmente ciechi dal momento che si son tolta da se stessi perfino la possibilità di credere di poter essere distolti dai loro errori mediante l'aiuto di Dio. Sicuro: negando questo aiuto essi ne hanno privato non tanto gli altri quanto se stessi. Costoro quindi devono essere attaccati e allontanati dal seno della Chiesa per evitare che l'errore, penetrando in molti cervelli, aumenti ancora e divenga inguaribile. Ora, se rimarranno a lungo impuniti, essi indurranno senz'altro molti altri nella loro erronea opinione e trarranno in inganno le anime semplici o, meglio, imprudenti ancora attaccate alla fede cattolica poiché, vedendoli ancora nel seno della Chiesa, crederanno che abbiano idee conformi alla retta fede.
La Chiesa perdona gli eretici convertiti.
9. Venga dunque asportata dal corpo sano la piaga malsana affinché allontanata l'esalazione contagiosa del terribile morbo, le parti ancora illese perdurino più riparate dal pericolo e il gregge si conservi più puro dopo essere stato purgato dal contagio di un morbo siffatto. Tutto il corpo della Chiesa conservi illibata la purezza della sua dottrina che voi avete seguita e mantenete come noi abbiamo conosciuto dal vostro decreto proclamato contro gli eretici e che anche noi approviamo e manteniamo con voi. Se però essi invocheranno su di sé l'aiuto di Dio, che finora hanno negato, e riconosceranno d'averne bisogno al fine di purgarsi dal funesto errore in cui erano precipitati per la perversità della loro mente, vengano assolti dalla scomunica come se fossero fatti uscire alla luce dalle tenebre più nefaste; prima però allontanino e respingano da sé tutte le idee false dalle quali lo sguardo della loro mente era completamente offuscato e oscurato perché non vedessero la verità; condanniamo inoltre tutti gli errori da essi finora sostenuti e siano disposti una buona volta a sentire retti ragionamenti dopo essersi emendati, per quanto è possibile, della suddetta eresia e si abbandonino volentieri e si sottomettano ai consigli della verità per guarire dai loro errori. Se agiranno così, sarà possibile ai vescovi prestar loro il proprio aiuto e curar tali piaghe coi rimedi che la Chiesa non suol mai rifiutare, allorché si ravvedono, a quanti son caduti nell'eresia. In tal modo, tirati fuori dai loro precipizi, saranno ricondotti all'ovile del Signore 3. Fuori di esso, privi di una sicurezza e d'una difesa così potente, rimarrebbero esposti a tutti i pericoli, a tutti i morsi laceranti dei lupi, ai quali non potrebbero resistere con l'erronea dottrina con cui avevano solo potuto aizzarli contro se stessi. Le vostre deliberazioni e le numerose citazioni della nostra S. Scrittura sono la prova che è stata data una risposta sufficiente agli eretici e siamo del parere che non dobbiamo aggiungere altro poiché siamo sicuri che voi, né per causa di qualche svista né a bella posta, non avete tralasciato nulla di ciò con cui i novatori son costretti a riconoscere d'essere stati confutati e dimostrati colpevoli. Ecco perché noi non aggiungiamo alcun'altra citazione [della S. Scrittura], poiché il vostro rapporto n'è pieno ed è evidente che tanti dotti vescovi han detto tutto quello che si poteva dire, come pure non dovete avere alcun dubbio d'aver tralasciato qualcosa che potesse giovare alla causa da voi difesa. (E d'altra mano): State bene, fratelli.
1 - Sal 88, 20; cf. 1 Sam 13, 14.
2 - Sal 26, 9.
3 - Gv 10, 16.
La filotea: Parte seconda
La filotea - San Francesco di Sales
Leggilo nella BibliotecaContiene consigli per l’elevazione dell’anima a Dio per mezzo dell’Orazione e dei Sacramenti.
Capitolo I
NECESSITA’ DELL’ORAZIONE
- Poiché l’orazione illumina l’intelletto con la chiarezza della luce di Dio e scalda il cuore al calore dell’amore celeste, nulla l’eguaglia nel purificare l’intelletto dall’ignoranza e il cuore dagli affetti disordinati; è un’acqua di benedizione che fa rinverdire e rifiorire le piante dei nostri buoni desideri, monda le anime dalle imperfezioni e attenua nei cuori l’ardore delle passioni.
- Ma più di ogni altra, ti consiglio
l’orazione mentale, che impegna il cuore a meditare sulla vita e la
passione di Nostro Signore: se Lo contempli spesso nella meditazione, il
cuore e l’anima ti si riempiranno di Lui; se consideri il suo modo di
agire, prenderai le sue azioni a modello delle tue. E’ Lui la luce del
mondo: è dunque in Lui, da Lui e per mezzo di Lui che possiamo essere
illuminati e trovare la chiarezza; è l’albero del desiderio all’ombra
del quale dobbiamo rinfrescarci; è la fontana viva in Giacobbe che lava
tutte le nostre iniquità
I bambini, a forza di ascoltare le mamme e balbettare dietro loro, imparano la loro lingua; avverrà lo stesso per noi se ci terremo vicino al Salvatore con la meditazione: osservando le sue parole, le sue azioni e i suoi affetti, impareremo, con il suo aiuto, a parlare, agire e volere come Lui.
Fermiamoci qui, o Filotea, e credimi: non possiamo raggiungere il Padre che passando per questa porta; come il vetro di uno specchio non potrebbe chiudere la nostra visuale se dietro non fosse ricoperto di stagno o di piombo, allo stesso modo, la divinità non potrebbe essere da noi contemplata in questo mondo, se non si fosse unita alla sacra umanità del Salvatore, la cui vita e morte costituisce il soggetto più adatto, piacevole, dolce e utile che ci sia dato per la meditazione ordinaria. Non per nulla il Salvatore si chiama il pane disceso dal cielo; come il pane può essere mangiato con ogni sorta di vivande, così il Salvatore può essere meditato, considerato e cercato in tutte le nostre orazioni e azioni.
Molti autori hanno utilmente suddiviso la Vita e la Morte di Nostro Signore in molti punti per favorirne la meditazione. - Ogni giorno consacra all’orazione un’ora prima del pranzo, perché lo spirito sarà più libero e più fresco per il riposo della notte. Mai più di un’ora, se non per espresso consiglio del tuo padre spirituale.
- Se ti è possibile, compi questo esercizio in chiesa; vi troverai comodità e discreta tranquillità, perché quivi né il padre, né la madre, né la moglie, né il marito, né qualunque altro può impedirti di rimanere in pace per un’ora, mentre a casa, con tutti gli impegni, sarebbe problematico trovare modo di essere lasciati in pace per un’ora.
- Inizia ogni orazione, sia mentale che vocale, mettendoti alla presenza di Dio; mantienti fedele a questo principio senza eccezioni, e, in breve, ti accorgerai del profitto che te ne viene.
- Se mi ascolti, dirai il Padre nostro, l’Ave Maria e il credo in latino; ma imparerai nella tua lingua il significato delle parole che dici, affinché pur dicendole nel linguaggio comune della Chiesa, tu sia in grado di assaporare il senso meraviglioso e delizioso di queste preghiere che devono essere dette concentrando profondamente la mente sul loro significato, provocando reazione nei tuoi affetti; non andare in fretta per dirne molte, ma studiati piuttosto di dire quelle che dici con il cuore. Un solo Padre nostro, detto con sentimento, vale più di molti recitati in fretta e di corsa.
- Dire il Rosario è un modo molto utile di pregare, purché tu sappia dirlo: per questo devi avere qualche libretto che te lo insegni. E’ cosa buona dire anche le Litanie del Signore, della Madonna, dei Santi e tutte le altre preghiere che puoi trovare nei Manuali approvati e nel libro delle Ore; ma a un patto: se hai il dono dell’orazione mentale, conservale il primo posto; e ricordati che, se dopo quella, o a causa degli affari o per altri motivi, non puoi fare preghiere vocali, non devi preoccupartene. Accontentati di dire, prima e dopo la meditazione, il Padre nostro, l’Ave Maria e il Credo.
- Se mentre sei impegnata nell’orazione vocale, senti il cuore attirato all’orazione interiore o mentale, non resistere, lascia dolcemente scivolare il tuo spirito e non darti pensiero perché non hai finito le orazioni vocali che ti eri proposta; l’orazione mentale compiuta al loro posto è più gradita a Dio e più utile alla tua anima. Faccio eccezione per l’Ufficio divino, se sei tenuta a dirlo; in tal caso si tratta di un dovere da compiere.
- Se ti
dovesse capitare di trascorrere tutta la mattinata senza fare orazione
mentale a causa degli affari o di qualche altro motivo (però fa il
possibile perché questo non capiti mai), rimedia al pomeriggio,
possibilmente lontano dai pasti, perché se dovessi fare orazione in
piena digestione, finiresti per assopirti e oltretutto recheresti anche
danno alla salute.
Che se poi non riesci a fare orazione nemmeno nel corso di tutta la giornata, rimedia al vuoto moltiplicando le orazioni giaculatorie, leggendo qualche passo di un libro di devozione, facendo qualche penitenza che elimini il difetto e prendi una ferma risoluzione di rimetterti in carreggiata il giorno dopo.
Capitolo II
BREVE METODO DI MEDITAZIONE e, in primo luogo, LA PRESENZA DI DIO
PRIMO PUNTO DELLA PREPARAZIONE
E’ possibile, Filotea, che tu non sappia come va condotta l’orazione mentale: ai giorni nostri pochi lo sanno ed è un male. E’ per questo che brevemente e con semplici parole ti espongo un metodo, in attesa che tu, leggendo libri sull’argomento e soprattutto con la pratica, ne raggiunga una conoscenza più profonda e completa.
* *
Inizio dalla preparazione che consta di due momenti: primo, mettersi alla presenza di Dio; secondo, invocarne l’assistenza.
Per metterti alla presenza di Dio ti propongo quattro vie, che, all’inizio, possono esserti utili.
- La
prima è una viva e attenta presa di coscienza della onnipresenza di Dio:
Dio è in tutto e dappertutto e non c’è luogo o cosa in questo mondo che
non manifesti la sua presenza; noi siamo simili agli uccelli che sono
circondati dall’aria ovunque indirizzino il loro volo: ovunque andiamo o
ci fermiamo Dio ci è presente.
Tutti sanno questa verità, ma non tutti sono attenti a prenderne coscienza..
I ciechi, pur non vedendo il Principe al cui cospetto si trovano, non per questo non tengono un contegno rispettoso se sono avvertiti di tale presenza; però, non vedendolo, dimenticano facilmente la sua presenza; di conseguenza ancor più facilmente dimenticano il contegno rispettoso. Noi siamo così, Filotea: pur sapendo che Dio è presente, non lo vediamo; è la fede che ci ricorda la sua presenza. Non vedendolo materialmente con gli occhi ce ne dimentichiamo molto spesso e ci comportiamo come se Dio fosse molto lontano. Sappiamo bene che è presente in tute le cose, ma non ci pensiamo, ed è quindi come se non lo sapessimo.
Tornando alla preghiera, devi dire al tuo cuore con tutto te stesso: Cuor mio, Dio è proprio qui! - La
seconda via per mettersi alla presenza di Dio è pensare che non soltanto
Dio è presente nel luogo in cui ti trovi, ma in modo particolare è
presente nel tuo cuore e nel profondo del tuo spirito, ai quali dà vita e
forza, quale cuore del tuo cuore e spirito del tuo spirito; come
l’anima infatti è diffusa in tutto il corpo e presente in ogni parte di
esso, e tuttavia ha nel cuore la sua sede privilegiata, similmente Dio,
pur essendo presente dappertutto, sceglie la sua sede particolare nel
nostro spirito: per questo Davide chiamava Dio, il Dio del suo cuore, e
S. Paolo diceva che noi viviamo, ci muoviamo e siamo Dio.
Pensando a questa verità, procurerai di avere nel tuo cuore un grande rispetto per Dio, perché ivi è presente in modo particolare. - La
terza via è di pensare al nostro Salvatore, che, nella propria umanità,
vede dal cielo tutte le persone della terra e, in modo particolare, i
cristiani suoi figli, e tra essi, particolarmente quelli che sono in
preghiera, di cui nota gli atti e il comportamento. Questa non è
fantasia, ma la pura verità; perché, anche se noi non lo vediamo, Lui
dall’alto ci guarda. S. Stefano così lo vide durante il suo martirio.
Possiamo dire, a buon diritto, con la Sposa: Eccolo dietro la parete che guarda dalle finestre e si affaccia dal cancello. - Una
quarta via può essere quella di ricorrere alla immaginazione e
rappresentarci il Salvatore nella sua umanità vicino a noi, proprio come
siamo soliti fare con gli amici, quando diciamo: vedo il tale che fa
questo, mi sembra proprio di vederlo, e simili espressioni. Se poi ti
trovi in un luogo dove c’è il Santissimo Sacramento dell’altare, non
sarebbe più soltanto una presenza immaginaria, ma reale; le specie e le
apparenze del pane sono come una tenda da dietro la quale Nostro
Signore, realmente presente, ci vede e pensa a noi, anche se non lo
vediamo nella sua forma.
Serviti di una di queste quattro vie per metterti alla presenza di Dio prima dell’orazione; non pretendere di impiegarle tutte insieme, ma una alla volta, con semplicità e brevità.
Capitolo III
SECONDO PUNTO DELLA PREPARAZIONE: L’INVOCAZIONE
Ecco come devi fare l’invocazione: una volta che la tua anima si sente alla presenza di Dio, deve umiliarsi in profondo sentimento di rispetto, perché sa di essere indegna di trovarsi di fronte alla sovrana Maestà di Dio; ma poiché sa anche che è la sua immensa Bontà che vuole così, gli chiede la grazia di servirlo bene e di adorarlo nella meditazione che si accinge a compiere.
Se ti sembra opportuno, puoi anche servirti di qualche Parola concisa e piena di ardore come le seguenti di Davide: Non respingermi dalla tua presenza, o Dio, e non privarmi della grazia del tuo santo Spirito. Risplenda il tuo volto sulla tua serva. Voglio ammirare le tue meraviglie. Dammi intelletto e capirò la tua Legge e la osserverò con tutto il cuore. Sono la tua serva, dammi lo Spirito; e altre simili.
Ti sarà utile aggiungere l’invocazione all’Angelo custode e a tutti i Santi presenti nel mistero sul quale vuoi meditare. Per esempio, se mediti su quello della morte del Signore, potrai invocare la madonna, S. Giovanni, la Maddalena, il buon Ladrone perché ti facciano partecipe dei sentimenti e dei movimenti interiori ricevuti in quel mistero. Se mediti sulla tua morte potrai invocare il tuo buon Angelo, che sarà presente in quel momento, affinché ti ispiri pensieri adatti; e così per gli altri misteri.
Capitolo IV
TERZO PUNTO DELLA PREPARAZIONE: LA PRESENTAZIONE DEL MISTERO
Dopo i due punti indicati per iniziare e che sono comuni a tutte le meditazioni, ce n’è un terzo che non è comune a tutte. C’è chi lo chiama ricostruzione del luogo, chi lezione interiore.
In fin dei conti si tratta soltanto di presentare alla tua immaginazione su cui vuoi meditare, ricostruendolo nella sua realtà storica.
Per esempio, se vuoi meditare su Nostro Signore in croce, devi immaginare di trovarti sul monte Calvario e rivedere tutto ciò che avvenne e si disse nel giorno della Passione; o se preferisci, ed è la stessa cosa, immaginarti che la crocifissione di Nostro Signore avvenga proprio nel luogo in cui ti trovi, seguendo il racconto degli Evangelisti.
Puoi procedere allo stesso modo meditando sulla morte, come ti ho detto nella meditazione sulla stessa; come pure per quella sull’inferno e simili misteri dove ci troviamo di fronte a cose sensibili e visibili; per gli altri misteri: sulla grandezza di Dio, l’eccellenza delle virtù, il fine per il quale siamo stati creati, non possiamo usare questo procedimento basato sull’immaginazione, perché si tratta di realtà invisibili. Tuttavia possiamo sempre servirci di qualche similitudine o qualche paragone per aiutarci nella meditazione; ma non sono cose facili. Voglio parlartene con molta semplicità perché non vorrei che tu ti sentissi obbligata a impegnarti in invenzioni che ti farebbero soltanto distrarre.
Aiutandoci con l’immaginazione, chiudiamo il nostro spirito nel mistero che vogliamo meditare, perché non si metta a correre qua e là. Proprio come si chiude un uccellino in gabbia o si lega lo sparviero alla catenella perché rimanga sul pugno. Qualcuno ti dirà che è meglio servirsi semplicemente della riflessione di fede e di una operazione esclusivamente mentale e spirituale, quando vogliamo rappresentarci questi misteri, o anche tener presente che tutto avviene all’interno del proprio spirito; ma sono modi troppo sottili per l’inizio, e fino a che Dio non ti innalzi un po’, ti consiglio, Filotea, di rimanere nella valle che ti vado indicando.
Capitolo V
SECONDA PARTE DELLA MEDITAZIONE: LE CONSIDERAZIONI
All’operazione dell’immaginazione segue quella dell’intelletto, che noi chiamiamo meditazione; non è altro che una riflessione, o anche più di una, per muovere i nostri affetti verso Dio e le cose divine: in ciò la meditazione differisce dallo studio e da altri modi di pensare e di riflettere, che non si prefiggono l’acquisizione della virtù o dell’amor di Dio, ma qualche altro fine come il diventare dotti, per poi scriverne o dissertarne.
Dopo aver dunque rinchiuso il tuo spirito, come ho detto, nell’ambito del soggetto su cui vuoi meditare, o con l’immaginazione, se si tratta di un soggetto sensibile, o per semplice presentazione, se non è sensibile, ti metterai a riflettere sul medesimo, seguendo la traccia che ti ho indicato con gli esempi concreti di meditazioni presentate nella prima parte.
Se il tuo spirito ci si trova a suo agio, si sente illuminato e ricava frutto da una delle riflessioni, fermati e non andare oltre; proprio come le api che non lasciano il fiore fintanto che vi trovano miele. Ma se in nessuna delle considerazioni ti trovi a tuo agio, dopo aver provato e insistito per un po’, passa ad un’altra; tutta l’operazione deve essere sempre molto semplice e procedere senza fretta.
Capitolo VI
TERZA PARTE DELLA MEDITAZIONE: AFFETTI E PROPOSITI
La meditazione arricchisce la volontà, che è la parte affettiva della nostra anima, di buoni movimenti, quali l’amore di Dio e del prossimo, il desiderio del Paradiso e della sua gloria, lo zelo per la salvezza delle anime, l’imitazione della vita di Nostro Signore, la pietà per gli altri, l’ammirazione, la gioia, il timore di cadere in disgrazia di Dio, del suo giudizio, dell’inferno, l’odio per il peccato, la fiducia nella bontà e nella misericordia di Dio, la vergogna per i disordini della vita passata: il nostro spirito deve esprimersi ed allargarsi il più possibile in questi affetti.
Tuttavia, cara Filotea, non soffermarti troppo sugli affetti generali, ma mutali subito in propositi specifici e dettagliati per correggerti e liberarti dai difetti. Per esempio, la prima Parola che Nostro Signore disse sulla Croce, farà sorgere senz’altro nella tua anima un affetto che ti spingerà all’imitazione, ossia il desiderio di perdonare ed amare i tuoi nemici. Io ti dico che questo è poco se non ci aggiungi un proposito così formulato: Coraggio, allora, d’ora in poi non mi offenderò più di certe parole cattive del tal vicino o della tal vicina, del mio domestico o della mia domestica; e nemmeno di quelle ingiurie sprezzanti che mi sono stae rivolte da quell’altro. Al contrario farò questa o quella cosa gentile per conquistarlo, e così per gli altri.
In tal modo, Filotea, in poco tempo correggerai le tue colpe, mentre, poggiando soltanto sugli affetti, ci metteresti molto di più e con un risultato dubbio.
Capitolo VII
LA CONCLUSIONE E IL MAZZETTO SPIRITUALE
La meditazione va conclusa con tre azioni da compiersi con la massima umiltà.
- La prima, il ringraziamento: diciamo grazie a Dio per gli affetti e i propositi che ci ha ispirato e per la bontà e misericordia che ci ha manifestato nei misteri meditati.
- la seconda, l’offerta: offriamo a Dio la sua stessa bontà, la misericordia, la morte, il sangue, le virtù del Figlio e, insieme, i nostri affetti e propositi.
- la terza è la supplica con la quale chiediamo e scongiuriamo Dio di comunicarci le grazie e le virtù del Figlio suo; di benedire i nostri affetti e propositi perché possiamo dar loro seguito; poi pregheremo per la Chiesa, per i Pastori, i parenti, gli amici e gli altri, confidando nell’intercessione della Madonna, degli Angeli e degli Santi. Infine è cosa buona aggiungere il Padre Nostro e l’Ave Maria, le preghiere comuni a tutti i cristiani.
A tutto ciò aggiungo che è necessario comporre un mazzetto di devozione; ed eccoti cosa voglio dire: chi passeggia in un bel giardino non ne esce volentieri senza cogliere qualche fiore da odorare e conservare: similmente il nostro spirito, dopo che si è immerso in un mistero con la meditazione, deve scegliere uno o due, o anche tre punti, che lo hanno colpito favorevolmente, e che sono più adatti al proprio progresso spirituale, per conservarli per il resto della giornata ed ogni tanto aspirarne il profumo. Questo si deve operare nel posto nel quale si è meditato, rimanendo fermi o passeggiando in solitudine per qualche tempo.
Capitolo VIII
CONSIGLI MOLTO UTILI SULLA MEDITAZIONE
Uscendo dalla meditazione, Filotea, devi portare con te soprattutto i propositi e le decisioni prese, per metterle in pratica immediatamente, nella giornata. E’ questo il frutto irrinunciabile della meditazione; se manca, non soltanto la meditazione è inutile, ma spesso anche dannosa perché le virtù meditate, ma non praticate, gonfiano lo spirito di presunzione e finiamo per credere di essere quello che ci eravamo proposto di essere: noi potremo diventare come ci siamo proposti di essere soltanto quando i propositi saranno pieni di vita e solidi; non quando sono fiacchi e inconsistenti e quindi destinati a non venire attuati.
Occorre, con ogni mezzo, fare sforzi per metterli in atto, approfittando di tutte le occasioni sia piccole che grandi: per esempio, se ho preso la risoluzione di conquistare con la dolcezza il cuore di coloro che mi offendono, cercherò, nel corso della giornata, di incontrarli per salutarli amabilmente; e se non mi sarà dato di incontrarli, perlomeno parlerò bene di loro e pregherò Dio per loro.
Uscendo dall’orazione che ha impegnato il cuore, devi fare attenzione a non provocargli scosse; rischieresti di rovesciare il balsamo raccolto con l’orazione. Intendo dire che, possibilmente, devi rimanere un po’ in silenzio e riportare per gradi il tuo cuore dall’orazione agli affari, conservando il più a lungo possibile i sentimenti e gli affetti fioriti in te. Un uomo che ha ricevuto in un bel vaso di porcellana un liquore di gran pregio da portare a casa, cammina con attenzione, senza voltarsi di lato, ma guarda solo davanti a sé, per paura di inciampare in un sasso o mettere un piede in fallo e tiene contemporaneamente d’occhio il vaso per non rovesciarlo.
Tu devi fare la stessa cosa uscendo dalla meditazione: non distrarti di colpo, ma guarda soltanto davanti a te: ossia se devi incontrare qualcuno e prestargli attenzione, fallo pure, adattati alla necessità; ma senza perdere di vista il tuo cuore, perché il liquore prezioso dell’orazione si perda il meno possibile.
Devi abituarti a passare dall’orazione a qualsiasi attività e occupazione che comporta la tua professione, anche quando può sembrare molto distante dagli affetti avuti nell’orazione. Voglio dire che un avvocato deve saper passare dall’orazione alla difesa della causa; il commerciante agli affari; la donna sposata ai doveri del suo matrimonio e della casa, con dolcezza e serenità, senza mettersi in angustia. Infatti essendo entrambi secondo la volontà di Dio, bisogna passare dall’una agli altri in umiltà e devozione.
Qualche volta ti potrà capitare di sentirti trascinare dalla commozione immediatamente dopo la preparazione: in tal caso, Filotea, allenta le briglie e non pretendere di seguire il metodo che ti ho indicato; è vero che ordinariamente le considerazioni devono precedere gli affetti e i propositi, ma se lo Spirito Santo ti concede gli affetti prima delle considerazioni, non devi insistere a voler correre dietro alle considerazioni, visto che hanno il solo scopo di muovere gli affetti. In breve; in qualunque momento ti si presentano gli affetti, devi accoglierli e far loro posto, poco importa se prima o dopo le considerazioni.
Ho messo gli affetti dopo tutte le considerazioni, soltanto per distinguere i vari momenti dell’orazione; è la regola generale: ma mai devi comprimere gli affetti. Lasciali sgorgare appena manifestano la presenza.
Questo lo dico per tutti gli affetti, compreso il ringraziamento, l’offerta e la preghiera, che si possono fare in ogni momento durante le considerazioni; non bisogna frenarli, proprio come ti ho detto per gli affetti, anche se dopo, a conclusione della meditazione, debbono essere ripetuti nuovamente.
Quanto invece ai propositi, devi formarli soltanto alla fine della meditazione, dopo gli affetti, perché, ricordandoci situazioni familiari e dettagliate, rischierebbero di farci distrarre se li facessimo insieme agli affetti.
Tra gli affetti e i propositi, è bene far ricorso al colloquio, e parlare un po’ con Nostro Signore, con gli Angeli e con i personaggi del mistero, con i Santi e con se stessi, con i peccatori ed anche con le creature insensibili, come fa Davide nei Salmi e gli altri Santi nel corso delle loro meditazioni e orazioni.
Capitolo IX
LE ARIDITA’ CHE CI AFFLIGGONO NELLE MEDITAZIONI
Se ti capita, o Filotea, di non provare alcuna attrattiva né alcuna consolazione nella meditazione, ti prego di non agitarti, ma apri la porta alle preghiere vocali: lamentati di te stessa con Nostro Signore, confessa la tua indegnità, pregalo di aiutarti, bacia la sua immagine, rivolgigli le parole di Giacobbe: Io non ti lascio, Signore, finché tu non mi abbia benedetto; o quelle della Cananea: Sì, Signore, io sono un cane, ma i cani mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei padroni. Altre volte prendi un libro e leggilo con attenzione fino a che il tuo spirito si riprenda pienamente; qualche volta sprona il cuore con atti e movimenti di devozione esteriore: prostrati per terra, metti le mani in croce sul petto, abbraccia il Crocifisso; questo, si capisce, se ti trovi in luogo appartato.
E se, dopo tutto ciò, sei come prima, per quanto grande sia la tua aridità, non avvilirti, ma rimani con devoto contegno davanti a Dio. Quanti cortigiani, nel corso dell’anno, fanno cento volte l’anticamera del principe senza speranza di potergli parlare, ma soltanto per essere visti da lui e compiere il loro dovere. Così, mia cara Filotea, noi dobbiamo recarci all’orazione semplicemente per compiere il nostro dovere e dimostrare la nostra fedeltà. Che se poi piace alla divina Maestà di rivolgerci la parola e fermarsi con noi con le sue sante ispirazioni e consolazioni interiori, questo sarà per noi un grande onore e motivo di un piacere delizioso; ma se non ci fa questa grazia, non rivolgendoci la parola, come se non ci vedesse e come se non fossimo alla sua presenza, non per questo dobbiamo andarcene, anzi, al contrario, dobbiamo rimanere lì, davanti alla somma Bontà, con un contegno devoto e sereno; gradirà molto la nostra pazienza e noterà la nostra fedeltà e la nostra perseveranza; e quando ritorneremo davanti a Lui, ci favorirà e si fermerà con noi con le sue consolazioni, facendoci assaporare tutto il fascino dell’orazione.
Ma anche se non dovesse farlo, accontentiamoci, Filotea; è già un grandissimo onore trovarci presso di Lui, al suo cospetto.
Capitolo X
ESERCIZIO DEL MATTINO
Oltre a questa orazione mentale strutturata e completa, e altre preghiere vocali da dire durante il giorno, ci sono altre cinque forme di preghiere brevi e che sono come prolungamenti e fioriture della grande orazione. La prima è quella del mattino, che è una preparazione generale alla giornata. Ecco come devi farla:
- Ringrazia e adora Dio dal profondo di te stessa per la grazia che ti ha fatto nel conservarti la notte passata; e se in essa tu avessi peccato, chiedigli perdono.
- Tu sai bene che il giorno presente ti è concesso perché tu possa acquistare quello futuro nell’eternità; a questo fine farai un fermo proposito di spendere bene la giornata.
- Cerca
di prevedere gli affari, gli incontri, le situazioni in cui ti troverai
nel corso della giornata, per servire Dio, e quali tentazioni potranno
sopraggiungere per offenderlo: a causa della collera, della vanità o di
qualche altra mancanza di controllo; e, con un fermo proposito,
preparati a impiegare bene i mezzi che ti saranno offerti di servire Dio
e progredire nella devozione; per contro, preparati a evitare, o
combattere e vincere, tutto ciò che potresti incontrare e che sia contro
la tua salvezza e la gloria di Dio.
Non basta prendere questa risoluzione, occorre predisporre i mezzi per attuarla. Per esempio, se prevedo di dover trattare un affare con una persona passionale e pronta alla collera, non soltanto devo fare il proposito di non reagire alle sue sfuriate, ma devo preparare delle frasi gentili per prevenirla, o prevedere la presenza di una persona capace di moderarla. Se prevedo la visita ad un malato, mi organizzerò per l’ora, le parole di consolazione da dirgli, gli aiuti da portare, e così per gli altri casi. - Dopo
di ciò, umiliati davanti a Dio e riconosci che da sola nulla potresti
fare di quanto ti sei proposta, sia per fuggire il male che per operare
il bene.
E come se tu avessi il cuore in mano, offrilo con tutti i propositi alla Maestà divina e supplicala di prenderti sotto la sua protezione per portare a compimento le tue iniziative; per far questo serviti delle seguenti parole o di simili: Signore, eccoti questo povero e miserabile cuore che, per tua bontà ha avuto buoni affetti; ma è troppo debole e insignificante per riuscire a fare il bene che vorrebbe, se non lo sostieni con la tua celeste benedizione; io te la chiedo, Padre buono, per i meriti della Passione di tuo Figlio, al quale io consacro questa giornata e tutta la vita.
Invoca la Madonna, il tuo Angelo e i Santi, perché ti stiano vicini.
Ma tutte queste operazioni spirituali devono essere fatte brevemente e con vivacità, possibilmente prima di uscire dalla camera, affinché, in forza di questo esercizio, tutto quello che farai nel corso della giornata, sia coperto dalla benedizione di Dio.
Ti prego, Filotea, non trascurarlo mai!
Capitolo XI
L’ESERCIZIO DELLA SERA E L’ESAME DI COSCIENZA
Prima del pranzo materiale hai fatto la meditazione, che è come un pranzo spirituale; allo stesso modo, prima di cena devi fare una piccola cena devota e spirituale, o almeno uno spuntino. Trova un po’ di tempo prima di cena, inginocchiati davanti a Dio, raccogli il tuo spirito vicino a Gesù Cristo crocifisso (che ti rappresenterai per mezzo di una riflessione semplice, come un’occhiata interiore), ravviva nel tuo cuore l’ardore della meditazione del mattino, per mezzo di una dozzina di vivaci aspirazioni, di atti di umiltà, e di slanci pieni d’amore verso il divin Salvatore della tua anima; se lo preferisci, potrai anche riprendere i punti più salienti della meditazione del mattino o scuoterti con qualche altro pensiero, a tuo piacere.
Quanto all’esame di coscienza, che ognuno deve fare prima di coricarsi, tutti sanno come deve essere fatto.
- Ringrazia Dio che ti ha conservato nel corso della giornata appena terminata.
- Esamina il comportamento che hai tenuto nel corso della giornata : per facilitarti il compito rifletti dove, con chi e come sei stato impegnato.
- Se trovi qualcosa di fatto bene, ringrazia Dio; se al contrario hai fatto qualche cosa di male, in pensieri, in parole ed in opere, chiedi perdono a Dio, con il proposito di confessartene alla prima occasione e correggerti seriamente.
- Poi affida il tuo corpo, la tua anima, la Chiesa, i parenti, gli amici alla divina Provvidenza; prega la Madonna, il buon Angelo e i Santi di vegliare su di noi e per noi; e con la benedizione di Dio, va a prenderti quel riposo che Dio ha voluto che ci fosse necessario.
Questo esercizio non deve mai essere tralasciato, come del resto quello del mattino; con quello del mattino spalanchi la tua finestra al sole di giustizia, con quello della sera, la sbarri alle tenebre dell’inferno.
Capitolo XII
IL RACCOGLIMENTO SPIRITUALE
Ora, cara Filotea, ti auguro tanta buona volontà per seguire di cuore il mio consiglio: in questo capitolo ti porto a conoscenza di uno dei modi più sicuri per progredire spiritualmente.
Durante il giorno mantieniti alla presenza di Dio con uno dei quattro mezzi che ti ho indicato (vedi cap. II); dà uno sguardo all’azione di Dio e alla tua. Scoprirai che Dio ha sempre gli occhi rivolti verso di te e ti guarda con infinito amore. Tu dirai allora: O Dio, perché anch’io non ti guardo senza stancarmi, come tu guardi me? Perché tu pensi tanto a me e io così poco a Te? Dove ci troviamo, anima mia? Il nostro posto è in Dio; ma dove ci troviamo? Allo stesso modo che gli uccelli hanno i nidi sugli alberi per potercisi rifugiare quando ne sentono il bisogno, e i cervi hanno i loro cespugli e i loro rifugi, dove si raccolgono e si mettono al riparo, godendosi il fresco e l’ombra in estate, così, o Filotea, il nostro cuore, ogni giorno, deve cercare e trovare un posto per potersi, all’occorrenza, raccogliere: o sul Calvario, o nelle piaghe di Nostro Signore, o in qualche luogo vicino. Potrà quivi sostare e ritemprarsi, pur tra le occupazioni esteriori, e difendersi, se necessario, come in una fortezza, dalle tentazioni.
Beata l’anima che in tutta sincerità potrà dire al Signore: Tu sei il mio rifugio, il mio bastone di sicurezza, il tetto contro la pioggia, l’ombra che mi difende dal caldo.
Ricordati sempre, Filotea, di raccoglierti spesso nella solitudine del tuo cure, mentre materialmente ti trovi coinvolta nelle conversazioni e negli affari; quella solitudine mentale non deve in alcun modo essere impedita da quelli che ti stanno intorno; infatti non si trovano intorno al tuo cuore, ma al tuo corpo; il tuo cuore può rimanere in solitudine in compagnia di Dio.
Questo esercizio lo faceva anche Davide in mezzo a tutte le occupazioni, come ci risulta da un’infinità di passi dei Salmi, come, quando dice: Signore, io sono sempre con Te. Vedo il mio Dio costantemente davanti a me. Ho alzato gli occhi verso di te, mio Dio, che abito in Cielo. I miei occhi sono sempre in Dio.
Abitualmente le conversazioni non sono così impegnative che non si possa, ogni tanto, sottrarre il cuore per condurlo in quella solitudine divina.
I genitori di Santa Caterina da Siena le avevano tolto ogni comodità di luogo e di tempo per pregare e meditare; Nostro Signore le ispirò di farsi un piccolo oratorio spirituale nella propria anima, nel quale si raccoglieva mentalmente e così, pur in mezzo a tutte le occupazioni esteriori, poteva consacrarsi a quella santa solitudine di cuore. In seguito, quando il mondo l’assillava, non ne soffriva alcun danno, perché, come essa diceva, si chiudeva nella sua cameretta interiore, nella quale restava in dolce compagnia con il suo celeste sposo. Per questo consigliava ai suoi figli spirituali di procurarsi una camera nel proprio cuore per potervi sostare.
Raccogli dunque qualche volta il tuo spirito nel tuo cure e lì, isolata dagli altri, potrai parlare con Dio, cuore a cuore, della tua anima e dirai con Davide: Ho vegliato e sono stato simile al pellicano nella solitudine; come un uccello notturno o un gufo tra le macerie, o come il passero solitario sul tetto.
Queste parole, oltre al senso letterale (provano che quel grande Re prendeva qualche ora di solitudine per contemplare le cose spirituali), prese nel senso mistico, ci indicano tre luoghi di ritiro, come tre eremi, nei quali possiamo trovare la solitudine, seguendo l’esempio del Salvatore che sul Monte Calvario è come il pellicano del deserto, che, con il proprio sangue, ridà la vita ai piccoli morti; nella nascita in una stalla abbandonata, assomiglia al gufo tra le rovine che si lamenta e piange le nostre mancanze e i nostri peccati; nel giorno dell’ascensione è come il passero che si isola e sale al Cielo che è il tetto del mondo. In questi tre luoghi anche noi possiamo raccoglierci pur essendo circondati dal frastuono delle nostre occupazioni.
Al Beato Eleazaro, conte di Arian in Provenza, che si trovava lontano da casa da molto tempo, la sua devota e casta Delfina mandò un messo per chiedere notizie della salute. Eleazaro rispose: "Sto bene, mia cara; se vuoi vedermi, cercami nella piaga del costato del dolce Gesù, perché è là che abito e là mi potrai trovare. Invano mi cercheresti altrove". Quello sì che era un cavaliere cristiano!
Capitolo XIII
LE ASPIRAZIONI, LE GIACULATORIE E I BUONI PENSIERI
Ci raccogliamo in Dio perché aspiriamo a Lui e aspiriamo a Lui per poterci in Lui raccogliere, di modo che l’aspirazione a Dio e il raccoglimento spirituale si sostengono a vicenda, ed entrambi hanno origine e nascono dai buoni pensieri.
Aspira dunque spesso a Dio, Filotea, con slanci del cuore brevi ma ardenti: canta la sua bellezza, invoca il suo aiuto, gettati in ispirito ai piedi della croce, adora la sua bontà, interrogalo spesso sulla tua salvezza, donagli mille volte al giorno la tua anima, fissa i tuoi occhi interiori sulla sua dolcezza, tendigli la mano come fa un bambino con il papà, perché ti guidi; mettilo sul petto come un profumato mazzolino di fiori, innalzalo nella tua anima come uno stendardo e conduci il tuo cuore in mille modi alla ricerca dell’amore di Dio, e scuotilo perché giunga ad un appassionato e tenero amore per questo Sposo divino.
Questo è il modo di innalzare le orazioni giaculatorie, che il grande S. Agostino consigliava con tanto zelo alla devota Proba. Se il nostro spirito si mette a frequentare con intimità e familiarità il suo Dio, o Filotea, rimarrà profumato delle sue perfezioni; questo esercizio non disturba l’andamento della giornata perché può trovare posto tra gli affari e le occupazioni, senza recar loro alcun pregiudizio, poiché, nel raccoglimento spirituale, come in questi slanci interiori, si operano soltanto piccole e brevi interruzioni che non nuocciono a quello che stiamo facendo, ma anzi sono di giovamento.
Il pellegrino che prende un sorso di vino per sollevare il cuore e rinfrescare la bocca, benché per fare questo sosti un po’, non si può dire che interrompa il viaggio, anzi recupera le forze per poi portarlo a termine con più celerità e maggior facilità; si ferma per poter proseguire più speditamente.
Esistono molte raccolte di aspirazioni vocali, che sono veramente utili; ma, se tu mi ascolti, non devi legarti a nessuna formula, ma dire dentro di te o a voce, quelle che ti suggerirà il cuore sul momento; te ne suggerirà a volontà!
E’ vero che ci sono certe massime che possiedono una forza particolare per dare soddisfazione al cuore in questo campo, come gli slanci profusi così abbondantemente nei Salmi di Davide, le varie invocazioni del nome di Gesù, e le espressione d’amore che si trovano nel Cantico dei Cantici. Anche i Canti spirituali possono servire allo scopo, purché siano cantati con attenzione.
Voglio farti un paragone: coloro che si amano di un amore umano e naturale, hanno quasi costantemente il pensiero rivolto alla persona amata, il cuore trabocca di amore per lei, la bocca non fa che tesserne le lodi, e quando l’amata è assente manifestano la loro passione con lettere e non c’è albero su cui non lascino inciso il loro amore; allo stesso modo coloro che amano Dio non possono passare un momento senza pensare a Lui, respirare per Lui, tendere a Lui, parlare di Lui, e vorrebbero, se fosse possibile, incidere sul petto di tutti gli uomini il santo nome di Gesù.
Tutte le creature ti invitano a questo. Non c’è creatura che non proclami la lode dell’Amato; dice S. Agostino, seguendo S. Antonio, che tutto ciò che esiste al mondo parla, magari con un linguaggio muto, del proprio amore; tutte le cose ti incitano a buoni pensieri, da cui vengono, per forza, slanci e aspirazioni a Dio. Eccone qualche esempio:
S. Gregorio, Vescovo di Nazianzo, raccontava al popolo che, mentre un giorno passeggiava lungo la riva del mare, guardava le onde che, giungendo sulla spiaggia, lasciavano conchiglie e chiocciolette, ciuffi d’erba, ostriche e altri rifiuti che il mare rigettava, si potrebbe quasi dire, sputava sulla spiaggia; poi, ritornava con altre onde, riprendeva e inghiottiva di nuovo una parte del tutto. Gli scogli invece rimanevano ben saldi, nonostante che le onde li investissero con violenza. E fece questa riflessione: i deboli, come conchiglie, chiocciole e ciuffi d’erba si lasciano trascinare un momento nell’afflizione, un altro nella gioia, in balia delle onde della sorte; ma la gente che ha coraggio, rimane salda e immobile in mezzo a qualsiasi bufera. Da questo pensiero passava allo slancio di Davide: Signore, salvami, perché le acque sono penetrate fino in fondo all’anima; Signore, salvami dalle acque profonde; sono trascinato in fondo al mare, la tempesta mi fa affondare. Era un momento in cui era nella sofferenza, perché massimo aveva iniziato i suoi maneggi per usurpargli la Diocesi.
S. Fulgenzio, Vescovo di Ruspe, trovandosi in una assemblea di nobili romani che veniva arringata da Teodorico re dei Goti, guardando tutta quella gente elegante, ognuno al proprio posto secondo il grado e il censo, disse: O Dio, quanto deve essere bella la Gerusalemme celeste se è tanto solenne la Roma terrestre! Se a coloro che amano la vanità in questo mondo è concesso tanto splendore, quale deve essere nell’altro mondo la gloria riservata agli amanti della verità!
Si dice che S, Anselmo, Arcivescovo di Canterbury, per nascita onore delle nostre montagne, era eccezionale nel saper ricavare buoni pensieri: un leprotto, inseguito dai cani, si rifugiò sotto il cavallo del santo Vescovo, che, per caso, passava da quelle parti, per cercare protezione contro la morte che lo minacciava. I cani tutt’intorno abbaiavano, ma non avevano il coraggio di violare l’immunità cui la loro preda si era affidata; tutto il seguito scoppiò a ridere a quella scena. Ma non il grande Anselmo che, sospirando e con le lacrime agli occhi disse: Voi ridete, ma non ride la povera bestiola; i nemici dell’anima, perduta nel labirinto di molti peccati, l’aspettano al passaggio della morte per rapirla e sbranarla, ed essa, spaventata, cerca ovunque rifugio e protezione; se non ne trova ai suoi nemici non importa proprio nulla e se la ridono. E se ne andò pensieroso.
Costantino il Grande aveva scritto una lettera a S. Antonio; ciò meravigliò molto i religiosi che gli stavano intorno. Antonio disse: Perché vi meravigliate che un Re scriva ad un uomo? Ammirate piuttosto che Dio eterno abbia scritto la sua legge ai mortali, anzi, abbia loro parlato direttamente per mezzo del Figlio!
S. Francesco, vedendo una pecora, tutta sola in mezzo ad un gregge di capre, disse al suo compagno: Guarda com’è dolce quella pecora in mezzo a quelle capre; così era Nostro Signore, dolce e umile in mezzo ai Farisei!
Un’altra volta, vedendo un agnello sbranato da un maiale piangendo esclamò: Piccolo agnellino, quanto mi ricordi la morte del mio Salvatore.
Un grande personaggio e anche grande santo del nostro tempo, Francesco Borgia, quand’era ancora Duca di Candia, mentre andava a caccia si immergeva in molti pensieri spirituali come questo: Ammira come il falco ritorni sul pugno, si lasci bendare gli occhi e legare alla pertica, mentre gli uomini sono così ribelli alla voce di Dio!
Il grande S. Basilio diceva che la rosa tra le spine è un insegnamento per gli uomini: Le cose più gradevoli di questo mondo, o mortali, sono frammiste a sofferenza. Niente è schietto: il rimpianto è sempre unito alla gioia, la vedovanza al matrimonio, la premura al risultato, l’umiliazione alla gloria, il prezzo agli onori, la ripugnanza alle delizie, la malattia alla buona salute.
La rosa, dice il nostro Santo, è un bel fiore, ma mi dà una grande tristezza, perché mi ricorda il mio peccato, a causa del quale la terra è stata condannata a produrre spine.
Un’anima devota, vedendo il cielo stellato, che si specchia nell’acqua limpida di un ruscello dirà: Mio Dio, queste stelle le avrò sotto i piedi quando mi avrai accolto nelle tue tende. E come le stelle del cielo le vedi specchiate sulla terra, allo stesso modo gli uomini della terra li vedi riflessi nel cielo della sorgente purissima della carità divina.
Ci sarà anche chi, vedendo scorrere un fiume dirà: La mia anima non avrà riposo finché non si immerga nel mare profondo di Dio che è la sua origine.
S. Francesca Romana, un giorno, mentre contemplava un ruscello, sulla cui sponda si era fermata a pregare, fu rapita in estasi e, senza sosta, ripeteva queste belle parole: La grazia del mio Dio scende con la dolcezza e la soavità di questo ruscello.
Un altro, vedendo gli alberi in fiore, esclamerà: Perché solo io sono senza fiori nel giardino della Chiesa?
Un altro, osservando dei pulcini raccolti sotto la chioccia, dirà: Signore, conservaci sotto la protezione delle tua ali.
Un altro ancora, alla vista del girasole, penserà: Quando avverrà, Dio mio, che la mia anima segua le attrattive della tua bontà?
Vedendo poi delle viole del pensiero coltivate, belle a vedersi, ma senza profumo, dirà: Ecco come sono i miei pensieri, belli a chiacchiere, ma poi non sanno di niente!
Ecco, Filotea, come si possono ricavare buoni pensieri e sante ispirazioni dalle situazioni di questa vita mortale. Infelici sono coloro che distolgono le creature dal loro Creatore per ricondurle al peccato; beati invece quelli che indirizzano le creature alla gloria del loro Creatore e si servono del poco che sono per fare onore alla verità. S. Gregorio di Nazianzo dice di avere l’abitudine di indirizzare tutte le cose al profitto spirituale. Leggi il devoto epitaffio che S. Girolamo ha composto per S. Paola: è bello constatare come sia ricco delle ispirazioni e dei santi pensieri che la Santa sapeva ricavare da qualsiasi incontro.
Nell’esercizio del raccoglimento spirituale e delle preghiere giaculatorie si trova la profonda radice della devozione: può supplire alla mancanza di tutte le altre forme di orazione. Ma se manca questo non c’è modo di rimediare.
Senza questo esercizio non è possibile la vita contemplativa, anzi sarà mal condotta anche quella attiva; senza questo il riposo è ozio, il lavoro preoccupazione; perciò ti supplico di abbracciarlo con tutto il cuore, senza staccartene mai!
Capitolo XIV
COME ASCOLTARE LA SANTA MESSA
- Non ti ho ancora parlato del sole degli esercizi spirituali: il santissimo e sommo Sacrificio e Sacramento della Messa, centro della religione cristiana, cuore della devozione, anima della pietà, mistero ineffabile che manifesta l’abisso della carità divina; per suo mezzo Dio si unisce realmente a noi e ci comunica, in modo meraviglioso, le sue grazie e i suoi doni.
- L’orazione innalzata in unione a questo Sacrificio divino possiede una forza da non potersi esprimere a parole, o Filotea. Per mezzo suo l’anima abbonda di doni celesti, perché abbraccia l’Amato, che la ricolma talmente di profumi e di soavità spirituali, che essa assomiglia a una colonna di fumo di legni aromatici, di mirra, di incenso e di tutte le essenze che usa il profumiere, secondo quanto dice il Cantico.
- Organizzati
in modo da partecipare ogni giorno alla santa Messa, per offrire
assieme al sacerdote, a Dio Padre, il sacrificio del Redentore, per il
tuo bene e quello di tutta la Chiesa. Gli Angeli sono sempre presenti in
gran numero per onorare questo santo mistero; lo dice S. Giovanni
Crisostomo: il trovarsi uniti ad essi per lo stesso fine ci incoraggerà
nello sforzo di migliorarci.
Il coro della Chiesa trionfante e quello della Chiesa militante si uniranno a Nostro Signore in questa azione divina, per rapire il cuore di Dio Padre e conquistarci la sua misericordia; questo con Lui, in Lui e per Lui.
E’ motivo di grande felicità per un’anima offrire devotamente i propri affetti per u n bene così prezioso e desiderabile. - Se
per causa di forza maggiore non puoi essere presente con il corpo alla
celebrazione di questo incomparabile Sacrificio, ci devi andare almeno
con il cuore per parteciparvi spiritualmente.
A una certa ora del mattino, recati in chiesa spiritualmente, se non ti è dato altro modo; unisci la tua intenzione a quella di tutti i cristiani, e compi nel luogo dove ti trovi gli stessi atti interiori come se tu fossi realmente presente alla celebrazione della Santa Messa in qualche chiesa. - Per partecipare convenientemente alla Santa Messa o corporalmente o con la mente, occorre:
- Dall’inizio fino a che il sacerdote salga l’altare, fa con lui la preparazione: ossia, mettiti alla presenza di Dio, riconosci le tue indegnità e chiedi perdono delle tue colpe.
- Dal momento in cui il sacerdote giunge all’altare fino al Vangelo, considera, con una riflessione semplice e generica, la venuta di Nostro Signore in questo mondo e la sua Vita.
- Da dopo il Vangelo fino al Credo, rifletti sulla predicazione del Salvatore; protesta di voler vivere e morire nella fede e nell’obbedienza alla sua santa Chiesa Cattolica.
- Da dopo il Credo fino al Padre nostro, occupa il cuore ai misteri della Morte e Passione del nostro Redentore, attuati e essenzialmente rappresentati in questo santo Sacrificio, che tu offri a Dio Padre assieme al sacerdote ed al resto del popolo per la gloria di Dio Padre e la salvezza degli uomini.
- Da dopo il Padre nostro fino alla Comunione, impegnati a far nascere nel cuore mille slanci; esprimi il desiderio ardente di giungere ad essere per sempre unita al Salvatore in un amore eterno.
- Dalla Comunione fino alla fine, ringrazia la Maestà divina per l’Incarnazione, la Vita, la Morte, la Passione e l’Amore che ci dimostra in questo santo Sacrificio; pregalo in forza di questo, di essere sempre benigno con te, con i tuoi parenti, con i tuoi amici e con tutta la Chiesa; poi umiliati con tutto il cuore e ricevi con devozione la benedizione divina che nostro Signore ti impartisce per mezzo del suo ministro.
Ma se durante la Messa vuoi fare la tua meditazione sui misteri che stai seguendo giorno per giorno, non è necessario che tu segua queste indicazioni; sarà sufficiente che all’inizio manifesti la tua intenzione di voler adorare e offrire questo santo Sacrificio per mezzo della meditazione e dell’orazione, poiché in tutte le meditazioni ci sono, o esplicitamente o implicitamente, le operazioni sopra indicate.
Capitolo XV
GLI ALTRI ESERCIZI PUBBLICI E COMUNI
Oltre a ciò, Filotea, le Domeniche e le Feste devi assistere, per quello che potrai, al canto delle Ore e dei Vespri; quelli sono giorni consacrati a Dio e bisogna fare qualcosa di più in suo onore e gloria.
Proverai una infinita dolcezza spirituale, secondo quanto afferma S. Agostino nelle Confessioni: all’inizio della conversione, assistere agli Uffici divini, lo commuoveva fino alle lacrime.
E poi (e voglio dirlo una volta per tutte), si ricava sempre maggior frutto e più consolazione dalle celebrazioni pubbliche della Chiesa, che non dalle devozioni personali; perché Dio ha così voluto dando la preferenza assoluta agli atti di comunità su quelli privati.
Entra volentieri nelle Confraternite che trovi sul posto, soprattutto in quelle le cui pratiche offrono un frutto maggiore e più edificazione. Facendo così ti renderai molto gradita a Dio. E’ vero che Dio non ti fa obbligo di far parte delle Confraternite, ma te lo raccomanda la Chiesa che, a significare questo suo desiderio, le arricchisce di indulgenze e di altri privilegi.
E poi, è sempre una cosa molto ben fatta unirsi ad altri e cooperare con essi per la riuscita di buoni progetti. Benché possa capitare di fare anche in privato pratiche di pietà altrettanto buone come quelle che si fanno in comune nell’ambito della Confraternita, e addirittura di trovare più trasporto in quelle private, ciononostante Dio è glorificato maggiormente dall’unione agli altri e dal contributo che noi diamo ai fratelli e al prossimo in un atto comune.
Questo vale per tutte le preghiere e le devozioni pubbliche, alle quali, nella misura del possibile, dobbiamo dare il contributo del nostro buon esempio per l’edificazione del prossimo e il nostro affetto per la gloria di Dio e l’unione dei cuori in azioni comuni.
Capitolo XVI
BISOGNA ONORARE E INVOCARE I SANTI
Spesso Dio ci fa giungere le sue ispirazioni per mezzo degli Angeli; perciò anche noi dobbiamo fare la stessa cosa indirizzando a Lui le nostre aspirazioni con lo stesso mezzo.
Le anime sante dei defunti che ora si trovano in Paradiso, in compagnia degli Angeli, uguali ad essi, come dice Nostro Signore, hanno lo stesso ufficio: ispirarci con le loro preghiere e portare a Dio le nostre aspirazioni. Uniamo, Filotea, i nostri cuori a questi spiriti celesti e a queste anime beate: come il piccolo usignolo impara a cantare stando con i grandi, così, con questo scambio con i Santi, noi riusciremo a pregare e a cantare le lodi di Dio: Canterò i Salmi, dice Davide, davanti agli Angeli.
Onora, riverisci e rispetta con amore speciale la santa e gloriosa Vergine Maria: ella è Madre del nostro Padre sovrano e perciò anche nostra cara nonna. Ricorriamo aLei quali nipotini, gettiamoci sulle sue ginocchia con assoluta fiducia; in ogni momento, in ogni circostanza, facciamo appello a questa dolce Madre, invochiamo il suo amore materno e, facendo ogni sforzo per imitare le sue virtù, abbiamo per Lei un sincero cuore di figli.
Renditi molto amico degli Angeli; impara a vederli sempre presenti, anche se invisibili, nella tua vita; soprattutto ama e rispetta quello della Diocesi in cui ti trovi, quelli delle persone con le quali vivi, e in modo particolare il tuo; pregali spesso, prendi l’abitudine di lodarli, confida nel loro aiuto e nella loro assistenza per tutte le circostanze tanto spirituali che materiali, perché si prendano a cuore i tuoi progetti.
Il grande Pietro Favre, primo sacerdote, primo predicatore, primo lettore di Teologia della santa Compagnia di Gesù, e primo compagno del Beato Ignazio, fondatore della stessa, tornando un giorno dalla Germania, dove aveva reso grandi servizi in onore di Nostro Signore, sostando nella nostra Diocesi, sua patria d’origine, raccontava che attraversando molti paesi eretici, aveva ricevuto infinite consolazioni nel salutare gli Angeli protettori delle parrocchie e diceva di averne sperimentato sensibilmente l’assistenza: lo avevano protetto dalle imboscate degli eretici, avevano reso molte anime aperte e docili nel ricevere la dottrina della salvezza. Lo esponeva con tanto calore che una donna, allora giovane, avendolo udito direttamente dalla sua bocca, lo ripeteva agli uditori ancora con profonda commozione, quattro anni fa, ossia sessanta anni dopo!
L’anno scorso ho avuto la consolazione di consacrare un altare nel luogo dove nacque quel santo prete, nel villaggio di Villaret, tra le nostre più aspre montagne.
Scegliti qualche santo particolare la cui vita e i cui esempi maggiormente ti invitano all’imitazione e nella cui intercessione ti trovi ad avere maggior fiducia: come quello del nome che porti e che ti è stato assegnato nel Battesimo.
Capitolo XVII
COME VA ASCOLTATA LA PAROLA DI DIO
Devi essere devota alla Parola di Dio: sia che tu l’oda in conversazioni familiari assieme ai tuoi amici spirituali, sia nella solennità di un sermone, devi ascoltarla sempre con attenzione e rispetto. Ricavane profitto: non lasciarla cadere a terra, ma accoglila nel tuo cuore come un unguento prezioso, seguendo l’esempio della Santissima Vergine, che conservava con cura nel proprio, tutte le lodi dette in onore del Figlio.
Ricordati che Nostro Signore accoglie le parole che gli rivolgiamo nelle preghiere, nella misura nella quale accogliamo quelle che Egli ci rivolge con la predicazione. Conserva presso di te sempre qualche buon libro di devozione, come quello di S. Bonaventura, il Combattimento Spirituale di Scupoli, le Confessioni di S. Agostino, le Lettere di S. Girolamo e simili. Tutti i giorni leggine un brano con grande devozione, come leggeresti lettere inviate personalmente a te dai Santi del Cielo, per indicarti il cammino e darti coraggio di avviarti in esso.
Leggi anche le Storie e le vite dei santi, nelle quali puoi vedere la vita cristiana, come in uno specchio; adatta le loro azioni ai casi della tua vita secondo il tuo stato. Benché molte azioni dei Santi non siano imitabili in senso letterale, da gente che vive nel mondo, hanno senz’altro qualche cosa da insegnarci o da vicino o da lontano; per esempio, puoi imitare la solitudine di Paolo, primo eremita, con il tuo raccoglimento spirituale e con quello reale, cose di cui in parte abbiamo parlato (cap.XII) e in parte parleremo (Parte V). Puoi imitare l’estrema povertà di S. Francesco con gli esercizi di povertà che ti proporremo (parte III), e così per il resto.
Ti accorgerai che ci sono episodi più illuminanti di altri per la nostra vita, come la vita della Beata Madre Teresa, che è notevole per questo; la vita dei primi Gesuiti, quella di S. Carlo Borromeo, Arcivescovo di Milano, di S. Luigi di Francia, di S. Bernardo, i fioretti di S. Francesco e altre.
Ce ne sono anche di quelle che sono più adatte per essere ammirate che imitate, come quella di S. Maria Egiziaca, S. Simeone stilita, le due Caterine, da Siena e da Genova, di S. Angela e altre simili, che non per questo non sono una prova piacevole del grande amore di Dio.
Capitolo XVIII
COME VANNO ACCOLTE LE ISPIRAZIONI
Chiamiamo ispirazioni gli inviti, i movimenti, i rimproveri, i rimorsi interiori, i lumi e le cognizioni che Dio genera in noi prevenendo il nostro cuore con le sue benedizioni, con attenzione e affetto di Padre per svegliarci, scuoterci, spingerci, attirarci verso la virtù, l’amore celeste, i buoni propositi: in breve, verso tutto ciò che ci mette in cammino per il nostro bene eterno.
Lo Sposo lo chiama bussare alla porta e bussare al cuore della Sposa, svegliarla se dorme, invocarla e chiamarla quand’è assente, invitarla a gustare il miele e a cogliere i frutti e i fiori nel suo giardino, a cantare e a fare udire la voce alle sue orecchie.
Tre sono i movimenti che si susseguono nella promessa sposa prima di giungere al matrimonio: in primo luogo le viene proposto il matrimonio, poi ella lo trova di suo gradimento, infine dà il suo consenso.
Allo stesso modo, quando Dio vuole compiere in noi, per mezzo di noi e con noi un’opera di rilievo, in primo luogo ce la propone ispirandocela; poi tocca a noi esprimerci dicendo se ci piace; in terzo luogo aderiamo con il sì.
Lo stesso processo lo seguiamo per cadere nel peccato: anche il tal caso i movimenti sono tre: la tentazione, il compiacimento, il consenso.
Per conquistare le virtù i gradini sono sempre tre: l’ispirazione, che è il contrario della tentazione; il compiacimento nell’ispirazione che è il contrario del compiacimento nella tentazione; il consenso all’ispirazione, che è il contrario del consenso alla tentazione.
Anche se l’ispirazione dovesse insistere per tutto l’arco della nostra vita, se non la trovassimo bella e piacevole, non saremmo in alcun modo accetti a Dio; anzi la sua divina Maestà ne sarebbe offesa, come lo fu nei confronti degli Israeliti, che aveva inseguito inutilmente per quarant’anni chiamandoli alla conversione senza trovare in essi risposta. Giurò che mai più li avrebbe fatti entrare nella sua pace.
Così un signore che abbia per molto tempo corteggiato una giovane donna, sarebbe molto contrariato, se, dopo tutto, lei non volesse saperne di matrimonio.
Il piacere che si prova nelle ispirazioni è un avvio determinante alla gloria di Dio e in tal modo si comincia ad essere graditi alla divina Maestà; benché questo compiacimento non sia ancora un consenso pieno, perlomeno è una disposizione favorevole.
Se è vero che è un buon segno e cosa molto utile compiacersi nell’ascolto della Parola di Dio, tanto che possiamo considerarlo un’ispirazione esteriore, è cosa altrettanto buona e gradita a Dio compiacersi nell’ispirazione interiore: è quel piacere di cui parla la Sposa quando dice: la mia anima si è sciolta di piacere, quand’ho udito la voce dell’amato.
Il gentiluomo è soddisfatto quando vede che la dama che egli serve è contenta del suo servizio.
In conclusione è il consenso che completa l’atto virtuoso: perché anche se ispirati e contenti dell’ispirazione, neghiamo poi il consenso a Dio, siamo degli ingrati e offendiamo gravemente la Maestà divina, perché il disprezzo sembra ancora maggiore. E’ quanto capitò alla Sposa, perché, pur avendole il canto del suo Amato toccato il cuore di piacere, ella non gli aprì la porta e si scusò con una ragione sciocca. Lo Sposo si indignò, passò oltre e se ne andò.
Così un gentiluomo che dopo aver corteggiato lungamente una donna e averle reso gentilmente servizio, si vede alla fine respinto e disprezzato, avrà senz’altro più motivo di risentimento di quanto ne avrebbe avuto se fosse stato subito accolto male e trattato peggio.
Risolviti, Filotea, ad accettare di buon cuore tutte le ispirazioni che Dio vorrà mandarti. Quando ti giungeranno accoglile come ambasciatrici del Re del Cielo, che vuole unirsi in matrimonio con te. Ascolta con cuore sereno quello che ti propongono; considera l’amore che te le ha fatte mandare e trattale bene.
Acconsenti con un’adesione piena d’amore e fedele all’ispirazione; in modo che Dio, che non sei in grado di costringere, si sentirà fortemente obbligato dal tuo affetto. Ma prima di dare il consenso alle ispirazioni per cose importanti e straordinarie, per non rischiare di cadere in inganno, consigliati sempre con la tua guida, perché esamini se l’ispirazione è vera o falsa. Se il nemico vede un’anima pronta a consentire alle ispirazioni, gliene propone subito di false per trarla in inganno; cosa che gli sarà impossibile se ella, con umiltà, ubbidirà a chi la conduce.
Una volta dato il consenso, bisogna far sì che abbia seguito e l’ispirazione si attui: questo è il culmine della virtù autentica. Consentire nel cuore senza passare ai fatti, è come piantare una vigna senza volerne frutto. A questo scopo è molto utile praticare l’esercizio del mattino e il raccoglimento spirituale, indicati sopra. Il tal modo non solo ci prepariamo a fare in modo generico il bene, ma concretamente lo realizziamo.
Capitolo XIX
LA SANTA CONFESSIONE
Il nostro Salvatore ha lasciato alla sua Chiesa il sacramento della Penitenza o Confessione perché potessimo purificarci dalle nostre iniquità, per numerose che siano, tutte le volte che ci infanghiamo.
Perciò, Filotea, non tollerare mai per lungo tempo che il tuo cure rimanga contagiato dal peccato, disponendo tu di un rimedio sempre pronto e facile da applicare. La leonessa che si è unita ad un leopardo corre immediatamente a lavarsi per togliere da sé il lezzo, perché il leone, avvertendolo, non si adombri e si irriti. L’anima che ha acconsentito al peccato deve avere orrore di se stessa e ripulirsi immediatamente, per rispetto alla Maestà divina che sempre la segue. Perché vogliamo lasciarci morire spiritualmente quando abbiamo a disposizione un rimedio così sicuro?
Confessati devotamente e umilmente ogni otto giorni, e, se puoi, ogni volta fai la comunione, anche se non avverti nella coscienza il rimorso di alcun peccato mortale. In tal caso, con la confessione, non soltanto riceverai l’assoluzione dei peccati veniali confessati, ma anche una grande forza per evitarli in avvenire, una grande chiarezza per distinguerli e una efficace grazia per rimediare a tutto il danno che ti hanno causato. Praticherai la virtù dell’umiltà, dell’obbedienza, della semplicità e della carità; con il solo atto della Confessione praticherai più virtù che con qualsiasi altro.
Abbi sempre un sincero dispiacere dei peccati che confessi, per piccoli che siano, e prendi una ferma decisione di correggerti. Molti si confessano dei peccati veniali per abitudine, quasi meccanicamente, senza pensare minimamente ad eliminarli; e così per tutta la vita ne saranno dominati e perderanno molti beni e frutti spirituali.
Se, per esempio, ti confessi di aver mentito senza recar danno, o di aver detto qualche parola grossolana, o di aver giocato troppo, pentiti e fa proposito di correggerti; è un abuso confessare un peccato, sia mortale che veniale, senza aver intenzione di emendarsene, perché la Confessione è stata istituita proprio per quello scopo.
Non fare accuse generiche, come fanno molti, in modo macchinale, tipo queste: Non ho amato Dio come era mio dovere; Non ho ricevuto i Sacramenti con il rispetto dovuto, e simili. Ti chiarisco il motivo: Ciò dicendo tu non offri alcuna indicazione particolare che possa dare al confessore un’idea dello stato della tua coscienza; tutti i Santi del Paradiso e tutti gli uomini della terra potrebbero dire tranquillamente la stessa cosa. Cerca qual è la ragione specifica dell’accusa, una volta trovata, accusati della mancanza commessa con semplicità e naturalezza.
Se, per esempio, ti accusi di non avere amato il prossimo come avresti dovuto, può darsi che si sia trattato di un povero veramente bisognoso che tu non hai aiutato come avresti potuto o per negligenza, o per durezza di cuore, o per disprezzo; vedi un po’ tu il motivo!
Similmente non accusarti di non aver pregato Dio con la dovuta devozione; ma specifica se hai avuto delle distrazioni volontarie perché non hai avuto cura di scegliere il luogo, il tempo e il contegno atti a favorire l’attenzione nella preghiera; accusati con semplicità di quello in cui trovi di aver mancato, senza ricorrere a quelle espressioni generiche che, nella confessione, non fanno né caldo né freddo.
Non accontentarti di raccontare i tuoi peccati veniali solo come fatto; accusati anche del motivo che ti ci ha portato.
Non dimenticarti, per esempio, di dire che hai mentito senza coinvolgere nessuno; ma chiarisci, se è stato per vanità, se era per vantarti o scusarti, o per gioco, o per cocciutaggine. Se hai peccato nel gioco, specifica se è stato per soldi, o per il piacere della conversazione, e così via.
Dì anche se sei rimasto per lungo tempo nel tuo male, perché, in genere, il tempo aggrava il peccato. C’è molta differenza tra la vanità di un momento, che ha occupato il nostro spirito sì e no per un quarto d’ora, e quella nella quale il nostro cuore è rimasto immerso per uno, due o tre giorni!
In conclusione, bisogna esporre il fatto, il motivo e la durata dei nostri peccati; perché, anche se comunemente non siamo obbligati ad essere così esatti nel dichiarare i nostri peccati veniali, anzi non siamo nemmeno obbligati a confessarli, è pur sempre vero che coloro che vogliono pulire per bene l’anima per raggiungere più speditamente la santa devozione, devono avere molta cura di descrivere al medico spirituale il male, per piccolo che sia, se vogliono guarire.
Non trascurare di aggiungere quanto serve per far capire il tipo dell’offesa, come il motivo che ti ha fatto montare in collera, o ti ha fatto accettare il vizio di qualcuno. Per esempio, se un uomo che non mi va a genio, mi provoca con qualche leggera parola per ischerzo, io la prendo a male e monto in collera: cosa che se l’avesse fatta un altro che mi è simpatico, l’avrei accettata, anche se avesse caricato la dose.
Preciserò dunque con chiarezza: Mi sono lasciato trasportare a parole di collera contro una persona, perché ho preso a male ciò che mi aveva detto, non per le parole in se stesse, ma perché mi è antipatico colui che le ha dette.
E se fosse necessario precisare le parole per farti capire meglio, penso che faresti bene a dirle. Accusandoci in questo modo, con naturalezza, non solo mettiamo fuori i peccati fatti, ma anche le cattive inclinazioni, le usanze, le abitudini e le altre radici del peccato, in modo che il padre spirituale abbia una chiara conoscenza del cuore che gli è affidato e quindi predisponga i rimedi più opportuni. Tuttavia non fare il nome di chi ha eventualmente cooperato al tuo peccato, almeno finché ti sarà possibile.
Fa attenzione a numerosi peccati che vivono e spadroneggiano, spesso senza essere avvertiti, nella coscienza e accusali per potertene liberare; a questo fine leggi attentamente i Capitoli VI, XXVII, XXVIII, XXIX, XXXV e XXXVI della III parte e il Capitolo VIII della IV parte.
Non cambiare facilmente di confessore, ma scegline uno e rendigli conto della tua coscienza nei giorni che avrai stabilito; e digli con naturalezza e franchezza i peccati commessi; di tanto in tanto, ogni mese o ogni due mesi, digli anche a che punto sei con le inclinazioni, benché in quelle non ci sia peccato; digli se sei afflitta dalla tristezza, dal rimpianto, se sei invece portata alla gioia, al desiderio di acquisire ricchezze, e simili inclinazioni.
Capitolo XX
LA COMUNIONE FREQUENTE
Si dice che Mitridate, re del Ponto, avesse inventato un veleno con il quale aveva talmente rinvigorito il proprio organismo, che, quando volle avvelenarsi per sfuggire alla schiavitù dei Romani, non riuscì a portare a compimento il proposito.
Il Salvatore ha istituito l’augusto sacramento dell’Eucarestia, che contiene realmente la sua carne e il suo sangue, affinché chi ne mangia viva eternamente. Ecco perché, chiunque vi ricorre spesso con devozione, rinforza talmente la salute e la vitalità dell’anima, che è quasi impossibile che rimanga avvelenata dai cattivi affetti di qualunque sorta siano.
Non è possibile nutrirsi di questo cibo di vita e continuare a vivere gli affetti di morte; allo stesso modo che gli uomini nel paradiso terrestre non avrebbero potuto morire quanto al corpo in virtù del frutto della vita del Signore vi aveva collocato, così essi non possono morire spiritualmente in virtù di questo sacramento di vita.
Se è vero che i frutti più teneri, soggetti a corrompersi, come le ciliegie, le albicocche e le fragole, si conservano facilmente tutto l’anno una volta canditi nello zucchero e nel miele, nessuna meraviglia che i nostri cuori, benché fragili e deboli, siano resi immuni dalla corruzione del peccato quando sono trattati con quello zucchero e quel miele che sono la carne e il sangue incorruttibili del Figlio di Dio. O Filotea, i cristiani che saranno condannati, resteranno senza parola allorché il Giudice giusto rinfaccerà loro il torto che hanno avuto di lasciarsi morire spiritualmente, quando era loro così facile mantenersi in vita e buona salute nutrendosi del suo Corpo offerto a tal fine. Miserabili, dirà loro. Come avete potuto lasciarvi morire, quando avevate l’ordine di nutrirvi del cibo di vita?
"Io non lodo e non biasimo il fatto di ricevere la comunione eucaristica tutti i giorni; ma consiglio ed esorto ciascuno a fare la comunione tutte le Domeniche, purché lo spirito non abbia affetti al peccato".
Sono parole testuali di S. Agostino, al quale mi associo non biasimando e non lodando chi fa la comunione tutti i giorni; lascio la decisione su questo punto alla discrezione del Padre spirituale di chi vorrà prendere decisioni a questo proposito; infatti le disposizioni per accostarsi così di frequente alla santa comunione devono essere di un livello di perfezione, che non è opportuno dare in materia un parere generico. D’altra parte, siccome tali disposizioni, benché richiedono un livello di perfezione alto, possono trovarsi in molte anime buone, non è nemmeno bene distogliere e dissuadere tutti. Va deciso dopo aver preso in esame lo stato interiore di ciascuno in particolare.
Sarebbe imprudente consigliare a tutti indiscriminatamente la comunione frequente; ma sarebbe ugualmente imprudente biasimare chi la facesse, soprattutto quando c’è di mezzo il parere di un prudente direttore di spirito. Bella la risposta di S, Caterina da Siena, quando, a proposito della sua comunione quotidiana, le fu citato S. Agostino che non loda e non biasima chi si comunica tutti i giorni: Ebbene, disse, poiché S. Agostino non lo biasima, prego anche voi di fare altrettanto, e mi basta.
Ma vedi bene, Filotea, che S. Agostino esorta e consiglia con forza di fare la comunione tutte le domeniche; falla anche tu più spesso che puoi. Giacché, io lo credo, tu non hai alcun affetto al peccato mortale, e nemmeno al peccato veniale, sei nella disposizione richiesta da S. Agostino, e anche qualcosa di più; perché non solo non hai l’affetto a peccare, ma non hai nemmeno l’affetto al peccato. Sicché se il tuo padre spirituale lo trova bene, puoi fare la comunione anche più spesso di ogni domenica.
Possono tuttavia sorgere molte difficoltà, non da parte tua, ma da parte di coloro che vivono con te, che potrebbero consigliare al tuo saggio direttore di non farti comunicare così spesso. Se, per esempio, tu sei sottomessa a qualcuno, e coloro cui devi obbedienza e rispetto siano così mal istruiti e così strani da sentirsi inquieti e turbati nel vederti fare la comunione così spesso, nel caso, tutto considerato, sarà bene andare incontro alla loro malattia e fare la comunione soltanto ogni quindici giorni; ciò solo nel caso che la difficoltà non possa esse superata in altro modo. In questo campo non bisogna dare direttive generali, occorre stare a quanto dice il padre spirituale; tuttavia mi sento in obbligo di affermare con certezza che la massima distanza tra una comunione e l’altra non deve superare il mese, almeno in quelli che intendono servire Dio devotamente.
Se sai essere molto prudente, non c’è né madre, né moglie, né marito, né padre che ti impedisca di comunicare spesso: e sai perché. Perché il giorno in cui avrai fatto la comunione, non diminuirai la cura per quello che fa parte dei doveri del tuo stato, anzi sarai più dolce e gentile e non rifiuterai l’adempimento di nessun dovere; la conseguenza sarà che gli altri non avranno alcun interesse a distoglierti da questo esercizio che non causa loro alcun pregiudizio; a meno che non siano gretti e incapaci di ragionare; in tal caso, come già detto, usa condiscendenza, secondo il consiglio del tuo direttore.
Devo aggiungere una parola per la gente sposata: Dio, nell’antica Legge, trovava cosa fatta male che i creditori esigessero il loro debito nei giorni di festa; ma non se l’aveva a male se il debitore pagava e rendeva il debito a chi lo esigeva. E’ cosa poco conveniente, benché non sia un grande peccato, chiedere la soddisfazione del debito coniugale nel giorno in cui si è fatta la comunione; ma non è sconveniente, anzi direi che è meritorio, renderlo. Ecco perché a causa di tali doveri, nessuno deve essere privato della Comunione, quando la sua devozione lo spinge a chiederla. Nella Chiesa primitiva i cristiani comunicavano tutti i giorni, pur essendo sposati e benedetti da tanti figli; ecco perché ho detto che la comunione frequente non deve generare alcuna sorta di problemi né ai papà, né alle mamme, né ai mariti, né alle mogli purché l’anima che si accosta alla comunione sia prudente e discreta.
Quanto alle malattie corporali non ce n’è alcuna che impedisca questa santa partecipazione, eccetto quelle che causano vomito molto frequente.
Per fare la comunione ogni otto giorni occorre non avere peccati mortali e non avere affetto al peccato veniale, e avere un grande desiderio di fare la comunione; ma per fare la comunione tutti i giorni, oltre a ciò, bisogna aver superato la maggior parte delle cattive inclinazioni ed avere il parere favorevole del padre spirituale.
Capitolo XXI
COME BISOGNA FARE LA COMUNIONE
La preparazione alla santa Comunione comincia la sera precedente, con molte aspirazioni e slanci d’amore. Ritirati per tempo in camera tua, prima del solito; così il mattino seguente sarai pronta per alzarti più presto. Se durante la notte dovessi svegliarti, metti subito nel cuore e sulla bocca qualche pensiero odoroso, per profumare la tua anima e prepararla a ricevere lo sposo che veglia mentre dormi e si prepara ad arricchirti di infinite grazie e favori se sei pronta a riceverli.
Al mattino alzati con grande gioia per la felicità che speri e, dopo esserti confessata, va, con grande fiducia, ma anche con grande umiltà, a ricevere quel cibo celeste che ti nutre per l’immortalità. Dopo aver pronunciato le sante parole: Signore, non sono degna, non muovere più né la testa né le labbra, non per pregare e ancor meno per sospirare, ma apri dolcemente e mediamente la bocca e, alzando la testa quel tanto che basta perché il sacerdote veda quello che fa, ricevi piena di fede, di speranza e di carità Colui al quale, il quale, per il quale e nel quale tu credi, speri, bruci d’amore.
Filotea, immaginati che, simile all’ape che dopo aver raccolto sui fiori la rugiada del cielo, e il succo più squisito della terra lo trasforma in miele e lo trasporta nella sua arnia; il sacerdote sull’altare prende tra le mani il Salvatore del mondo, vero Figlio di Dio, simile a rugiada discesa dal cielo e vero Figlio della Vergine, simile a fiore sbocciato dalla terra della nostra umanità, e lo offre in cibo di soavità alla tua bocca e al tuo corpo.
Appena Gesù è in te scuoti il cuore perché venga a rendere omaggio al re della salvezza; esamina con lui la tua situazione interiore, pensa che hai in te e che c’è venuto per la tua felicità; accoglilo meglio che puoi e comportati in modo tale che si veda, da tutte le tue azioni, che Dio è con te.
Ma se non avessi la grazia di comunicare realmente nella santa Messa, comunicati almeno con il cuore e lo spirito, unendoti con un ardente desiderio alla carne del Salvatore.
La tua prima intenzione nella comunione deve essere di progredire, fortificarti e stabilizzarti nell’amore di Dio; perché quello che ti è dato soltanto per amore, tu lo devi ricevere con amore. Non è possibile immaginare il Salvatore impegnato in un’azione più piena di amore e più tenera di questa, nella quale, si può dire che distrugga se stesso riducendosi in cibo per entrare nelle nostre anime e unirsi intimamente al cuore e al corpo dei fedeli.
Se ti domandano perché tu fai la comunione così spesso, rispondi che è per imparare ad amare Dio, per purificarti dalle imperfezioni, per liberarti dalle miserie, per consolarti nelle afflizioni, per trovare sostegno nelle debolezze. Rispondi che sono due le categorie di persone che devono fare spesso la comunione: i perfetti, perché, essendo ben disposti, farebbero molto male a non accostarsi alla sorgente della perfezione; e gli imperfetti, per poter camminare verso la perfezione; i forti per non rischiare di scoprirsi deboli, e i deboli per diventare forti; i malati per guarire e i sani per non ammalarsi; tu poi, creatura imperfetta, debole e ammalata, hai bisogno di comunicare spesso con la perfezione, la forza e il medico.
Rispondi che coloro i quali non hanno molte occupazioni, devono fare la comunione perché ne hanno il tempo; quelli invece che sono molto occupati, la devono fare perché ne hanno bisogno, perché chi lavora molto ed è carico di preoccupazioni deve nutrirsi di cibi sostanziosi e mangiare spesso.
Comunicati spesso, Filotea, più spesso che puoi, secondo il parere del tuo padre spirituale; e credimi, le lepri, qui da noi, sulle nostre montagne, in inverno diventano bianche perché non vedono e non mangiano che neve; anche tu, a forza di adorare e di nutrirti di bellezza, di bontà e della stessa purezza di questo Divin Sacramento, diventerai bella, santa e pura.
12-104 Maggio 22, 1919 L’anime nella era del vivere nel Divin Volere, completeranno la gloria da parte della Creazione.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continuando il mio solito stato, la mia piccola mente si perdeva nel santo Voler di Dio, e non so come, comprendevo come la creatura non ridà a Dio la gloria che è obbligata a dare, e mi sentivo amareggiata. Ed il mio dolce Gesù, volendomi istruire e consolare, con luce intellettuale mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutte le opere mie sono complete, sicché la gloria che mi deve dare la creatura sarà completa, e non verrà l’ultimo giorno se tutta la Creazione non mi dà l’onore e la gloria da Me stesso voluta e decisa, e ciò che non mi danno gli uni, prendo dagli altri, raddoppio le grazie in questi, che altri mi respinsero, e da questi ricevo doppio amore e gloria; in altri, a seconda le loro disposizioni, giungo a dare grazie che darei a dieci, ad altri a cento, ad altri a mille, ed alle volte do grazie che darei a città, a province, ed anche a regni interi, e questi mi amano e mi danno gloria per dieci, per cento, per mille, ecc., così la mia gloria viene completata da parte della Creazione, e quando veggo che la creatura non può giungere, ad onta della sua buona volontà, la tiro nel mio Volere, dove trova virtù di moltiplicare un’atto solo per quanti ne vuole, e mi dà gloria, onore, amore, che altri non mi danno, perciò sto preparando l’era del vivere nel mio Volere, ché ciò che non hanno fatto nelle generazioni passate e che non faranno, in quest’era della mia Volontà completeranno l’amore, la gloria, l’onore di tutta la Creazione, dando loro grazie sorprendenti ed inaudite. Ecco perciò chiamo te nel mio Volere e ti sussurro all’orecchio: “Gesù, depongo ai tuoi piedi l’adorazione, la sudditanza di tutta l’umana famiglia; depongo nel tuo cuore il ti amo di tutti; sulle tue labbra v’imprimo il mio bacio per suggellare il bacio di tutte le generazioni; con le mie braccia ti stringo, per stringerti con le braccia di tutti, per portarti la gloria di tutte le opere delle creature”. Ed Io sento in te l’adorazione, il ti amo, il bacio, ecc., di tutta l’umana famiglia, e come non dovrei dare a te l’amore, i baci, le grazie che dovrei dare agli altri?
(3) Ora sappi figlia mia, che la creatura, ciò che fa in terra è il capitale che si fa per il Cielo, sicché, se poco ha fatto poco avrà, se molto avrà molto; se una mi ha amato e glorificato per dieci, avrà dieci contenti di più, corrispondenti ad altrettanta gloria e sarà amata da Me dieci volte di più; se un altra per cento e per mille, avrà contenti, amore e gloria per cento e per mille. Così Io darò alla Creazione ciò che ho deciso di dare, e la Creazione mi darà ciò che Io devo ricevere da loro, e la mia gloria sarà completata in tutto”.