Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Chi nel parlare si compiace nel mortificare il prossimo, anche se lo fa per scherzo o per far mostra di abilità  e arguzia, manca alla carità : infatti, questo è voler provare gusto a scapito del disgusto del proprio confratello. (Massime di perfezione cristiana)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 20° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 7

1Allora si riunirono attorno a lui i farisei e alcuni degli scribi venuti da Gerusalemme.2Avendo visto che alcuni dei suoi discepoli prendevano cibo con mani immonde, cioè non lavate -3i farisei infatti e tutti i Giudei non mangiano se non si sono lavate le mani fino al gomito, attenendosi alla tradizione degli antichi,4e tornando dal mercato non mangiano senza aver fatto le abluzioni, e osservano molte altre cose per tradizione, come lavature di bicchieri, stoviglie e oggetti di rame -5quei farisei e scribi lo interrogarono: "Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani immonde?".6Ed egli rispose loro: "Bene ha profetato Isaia di voi, ipocriti, come sta scritto:

'Questo popolo mi onora con le labbra,
ma il suo cuore è lontano da me'.
7'Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini'.

8Trascurando il comandamento di Dio, voi osservate la tradizione degli uomini".9E aggiungeva: "Siete veramente abili nell'eludere il comandamento di Dio, per osservare la vostra tradizione.10Mosè infatti disse: 'Onora tuo padre e tua madre', e 'chi maledice il padre e la madre sia messo a morte'.11Voi invece dicendo: Se uno dichiara al padre o alla madre: è Korbàn, cioè offerta sacra, quello che ti sarebbe dovuto da me,12non gli permettete più di fare nulla per il padre e la madre,13annullando così la parola di Dio con la tradizione che avete tramandato voi. E di cose simili ne fate molte".

14Chiamata di nuovo la folla, diceva loro: "Ascoltatemi tutti e intendete bene:15non c'è nulla fuori dell'uomo che, entrando in lui, possa contaminarlo; sono invece le cose che escono dall'uomo a contaminarlo".16.
17Quando entrò in una casa lontano dalla folla, i discepoli lo interrogarono sul significato di quella parabola.18E disse loro: "Siete anche voi così privi di intelletto? Non capite che tutto ciò che entra nell'uomo dal di fuori non può contaminarlo,19perché non gli entra nel cuore ma nel ventre e va a finire nella fogna?". Dichiarava così mondi tutti gli alimenti.20Quindi soggiunse: "Ciò che esce dall'uomo, questo sì contamina l'uomo.21Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono le intenzioni cattive: fornicazioni, furti, omicidi,22adultéri, cupidigie, malvagità, inganno, impudicizia, invidia, calunnia, superbia, stoltezza.23Tutte queste cose cattive vengono fuori dal di dentro e contaminano l'uomo".

24Partito di là, andò nella regione di Tiro e di Sidone. Ed entrato in una casa, voleva che nessuno lo sapesse, ma non poté restare nascosto.25Subito una donna che aveva la sua figlioletta posseduta da uno spirito immondo, appena lo seppe, andò e si gettò ai suoi piedi.26Ora, quella donna che lo pregava di scacciare il demonio dalla figlia era greca, di origine siro-fenicia.27Ed egli le disse: "Lascia prima che si sfamino i figli; non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini".28Ma essa replicò: "Sì, Signore, ma anche i cagnolini sotto la tavola mangiano delle briciole dei figli".29Allora le disse: "Per questa tua parola va', il demonio è uscito da tua figlia".
30Tornata a casa, trovò la bambina coricata sul letto e il demonio se n'era andato.

31Di ritorno dalla regione di Tiro, passò per Sidone, dirigendosi verso il mare di Galilea in pieno territorio della Decàpoli.32E gli condussero un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano.33E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua;34guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: "Effatà" cioè: "Apriti!".35E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente.36E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo raccomandava, più essi ne parlavano37e, pieni di stupore, dicevano: "Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!".


Giosuè 19

1La seconda parte sorteggiata toccò a Simeone, alla tribù dei figli di Simeone secondo le loro famiglie. Il loro possesso era in mezzo a quello dei figli di Giuda.
2Ebbero nel loro territorio: Bersabea, Seba, Molada,3Cazar-Susa, Bala, Asem,4Eltolad, Betul, Corma,5Ziklag, Bet-Marcabot, Cazar-Susa,6Bet-Lebaot e Saruchen: tredici città e i loro villaggi;7En, Rimmon, Eter e Asan: quattro città e i loro villaggi;8tutti i villaggi che stavano intorno a queste città, fino a Baalat-Beer, Ramat-Negheb.
Questo fu il possesso della tribù dei figli di Simeone, secondo le loro famiglie.9Il possesso dei figli di Simeone fu preso dalla parte dei figli di Giuda, perché la parte dei figli di Giuda era troppo grande per loro; perciò i figli di Simeone ebbero il loro possesso in mezzo al possesso di quelli.
10La terza parte sorteggiata toccò ai figli di Zàbulon, secondo le loro famiglie. Il confine del loro territorio si estendeva fino a Sarid.
11Questo confine saliva a occidente verso Mareala e giungeva a Dabbeset e poi toccava il torrente che è di fronte a Iokneam.12Da Sarid girava ad oriente, dove sorge il sole, sino al confine di Chislot-Tabor; poi continuava verso Daberat e saliva a Iafia.13Di là passava verso oriente, dove sorge il sole, per Gat-Efer, per Et-Kazin, usciva verso Rimmon, girando fino a Nea.14Poi il confine piegava dal lato di settentrione verso Annaton e faceva capo alla valle d'Iftach-El.15Esso includeva inoltre: Kattat, Naalal, Simron, Ideala e Betlemme: dodici città e i loro villaggi.16Questo fu il possesso dei figli di Zàbulon, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
17La quarta parte sorteggiata toccò a Issacar, ai figli di Issacar, secondo le loro famiglie.18Il loro territorio comprendeva: Izreel, Chesullot, Sunem,19Afaraim, Sion, Anacarat,20Rabbit, Kision, Abes,21Remet, En-Gannim, En-Chadda e Bet-Passes.22Poi il confine giungeva a Tabor, Sacasim, Bet-Semes e faceva capo al Giordano: sedici città e i loro villaggi.23Questo fu il possesso della tribù dei figli d'Issacar, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
24La quinta parte sorteggiata toccò ai figli di Aser secondo le loro famiglie.25Il loro territorio comprendeva: Elkat, Ali, Beten, Acsaf,26Alammelech, Amead, Miseal. Il loro confine giungeva, verso occidente, al Carmelo e a Sicor-Libnat.27Poi piegava dal lato dove sorge il sole verso Bet-Dagon, toccava Zàbulon e la valle di Iftach-El al nord, Bet-Emek e Neiel, e si prolungava verso Cabul a sinistra28e verso Ebron, Recob, Ammon e Cana fino a Sidòne la Grande.29Poi il confine piegava verso Rama fino alla fortezza di Tiro, girava verso Osa e faceva capo al mare; incluse Macleb, Aczib,30Acco, Afek e Recob: ventidue città e i loro villaggi.31Questo il possesso della tribù dei figli di Aser, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
32La sesta parte sorteggiata toccò ai figli di Nèftali, secondo le loro famiglie.33Il loro confine si estendeva da Elef e dalla quercia di Besaannim ad Adami-Nekeb e Iabneel fino a Lakkum e faceva capo al Giordano,34poi il confine piegava a occidente verso Aznot-Tabor e di là continuava verso Ukkok; giungeva a Zàbulon dal lato di mezzogiorno, ad Aser dal lato d'occidente e a Giuda del Giordano dal lato di levante.35Le fortezze erano Siddim, Ser, Ammat, Rakkat, Genèsaret,36Adama, Rama, Cazor,37Kedes, Edrei, En-Cazor,38Ireon, Migdal-El, Orem, Bet-Anat e Bet-Semes: diciannove città e i loro villaggi.39Questo fu il possesso della tribù dei figli di Nèftali, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
40La settima parte sorteggiata toccò alla tribù dei figli di Dan, secondo le loro famiglie.41Il confine del loro possesso comprendeva Sorea, Estaol, Ir-Semes,42Saalabbin, Aialon, Itla,43Elon, Timna, Ekron,44Elteke, Ghibbeton, Baalat,45Ieud, Bene-Berak, Gat-Rimmon,46Me-Iarkon e Rakkon con il territorio di fronte a Giaffa.47Ma il territorio dei figli di Dan si estese più lontano, perché i figli di Dan andarono a combattere contro Lesem; la presero e la passarono a fil di spada; ne presero possesso, vi si stabilirono e la chiamarono Dan, dal nome di Dan loro padre.48Questo fu il possesso della tribù dei figli di Dan, secondo le loro famiglie: queste città e i loro villaggi.
49Quando gli Israeliti ebbero finito di ripartire il paese secondo i suoi confini, diedero a Giosuè, figlio di Nun, una proprietà in mezzo a loro.50Secondo l'ordine del Signore, gli diedero la città che egli chiese: Timnat-Serach, sulle montagne di Efraim. Egli costruì la città e vi stabilì la dimora.51Tali sono le eredità che il sacerdote Eleazaro, Giosuè, figlio di Nun, e i capifamiglia delle tribù degli Israeliti distribuirono a sorte in Silo, davanti al Signore all'ingresso della tenda del convegno. Così compirono la divisione del paese.


Siracide 34

1Speranze vane e fallaci sono proprie dell'uomo
insensato,
i sogni danno le ali agli stolti.
2Come uno che afferra le ombre e insegue il vento,
così chi si appoggia ai sogni.
3Questo dopo quello: tale la visione di sogni,
di fronte a un volto l'immagine di un volto.
4Dall'impuro che cosa potrà uscire di puro?
E dal falso che cosa potrà uscire di vero?
5Oracoli, auspici e sogni sono cose vane,
come vaneggia la mente di una donna in doglie.
6Se non sono inviati dall'Altissimo in una sua visita,
non permettere che se ne occupi la tua mente.
7I sogni hanno indotto molti in errore,
hanno deviato quanti avevano in essi sperato.
8Senza menzogna si deve adempiere la legge,
la sapienza in bocca verace è perfezione.

9Chi ha viaggiato conosce molte cose,
chi ha molta esperienza parlerà con intelligenza.
10Chi non ha avuto delle prove, poco conosce;
chi ha viaggiato ha accresciuto l'accortezza.
11Ho visto molte cose nei miei viaggi;
il mio sapere è più che le mie parole.
12Spesso ho corso pericoli mortali;
ma sono stato salvato grazie alla mia esperienza.
13Lo spirito di coloro che temono il Signore vivrà,
perché la loro speranza è posta in colui che li salva.
14Chi teme il Signore non ha paura di nulla,
e non teme perché egli è la sua speranza.
15Beata l'anima di chi teme il Signore;
a chi si appoggia? Chi è il suo sostegno?
16Gli occhi del Signore sono su coloro che lo amano,
protezione potente e sostegno di forza,
riparo dal vento infuocato e riparo dal sole meridiano,
difesa contro gli ostacoli, soccorso nella caduta;
17solleva l'anima e illumina gli occhi,
concede sanità, vita e benedizione.

18Sacrificare il frutto dell'ingiustizia è un'offerta da
burla;
i doni dei malvagi non sono graditi.
19L'Altissimo non gradisce le offerte degli empi,
e per la moltitudine delle vittime non perdona i peccati.
20Sacrifica un figlio davanti al proprio padre
chi offre un sacrificio con i beni dei poveri.
21Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri,
toglierlo a loro è commettere un assassinio.
22Uccide il prossimo chi gli toglie il nutrimento,
versa sangue chi rifiuta il salario all'operaio.
23Uno edifica, l'altro abbatte:
che vantaggio se ne ricava oltre la fatica?
Uno prega, l'altro maledice:
quale delle due voci ascolterà il Signore?
24.25Lavarsi dopo aver toccato un morto, poi toccarlo di
nuovo:
quale utilità c'è in simile abluzione?
26Così l'uomo che digiuna per i suoi peccati
e poi va e li commette di nuovo.
Chi ascolterà la sua supplica?
Quale utilità c'è nella sua umiliazione?


Salmi 119

1Alleluia.

Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.

3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.

5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.

9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.

17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.

25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.

33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.

41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.

49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.

57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.

65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.

73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.

81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?

85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.

89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.

97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.

105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.

113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.

121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.

125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.

129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.

137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.

145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.

153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.

161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.

169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.


Geremia 51

1Così dice il Signore:
"Ecco susciterò contro Babilonia
e contro gli abitanti della Caldea
un vento distruttore;
2io invierò in Babilonia spulatori che la spuleranno
e devasteranno la sua regione,
poiché le piomberanno addosso da tutte le parti
nel giorno della tribolazione".
3Non deponga l'arciere l'arco
e non si spogli della corazza.
Non risparmiate i suoi giovani,
sterminate tutto il suo esercito.
4Cadano trafitti nel paese dei Caldei
e feriti nelle sue piazze,
5aMa Israele e Giuda non sono vedove
del loro Dio, il Signore degli eserciti.
5bperché la loro terra è piena di delitti
davanti al Santo di Israele.
6Fuggite da Babilonia,
ognuno ponga in salvo la sua vita;
non vogliate perire per la sua iniquità,
poiché questo è il tempo della vendetta del Signore;
egli la ripaga per quanto ha meritato.
7Babilonia era una coppa d'oro in mano del Signore,
con la quale egli inebriava tutta la terra;
del suo vino hanno bevuto i popoli,
perciò sono divenuti pazzi.
8All'improvviso Babilonia è caduta, è stata infranta;
alzate lamenti su di essa;
prendete balsamo per il suo dolore,
forse potrà essere guarita.
9"Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita.
Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese;
poiché la sua punizione giunge fino al cielo
e si alza fino alle nubi.

10Il Signore ha fatto trionfare la nostra giusta causa, venite, raccontiamo in Sion l'opera del Signore nostro Dio".

11Aguzzate le frecce,
riempite le faretre!
Il Signore suscita lo spirito del re di Media,
perché il suo piano riguardo a Babilonia
è di distruggerla;
perché questa è la vendetta del Signore,
la vendetta per il suo tempio.
12Alzate un vessillo contro il muro di Babilonia,
rafforzate le guardie,
collocate sentinelle,
preparate gli agguati,
poiché il Signore si era proposto un piano
e ormai compie quanto aveva detto
contro gli abitanti di Babilonia.
13Tu che abiti lungo acque abbondanti,
ricca di tesori,
è giunta la tua fine,
il momento del taglio.
14Il Signore degli eserciti lo ha giurato per se stesso:
"Ti ho gremito di uomini come cavallette,
che intoneranno su di te il canto di vittoria".
15Egli ha formato la terra con la sua potenza,
ha fissato il mondo con la sua sapienza,
con la sua intelligenza ha disteso i cieli.
16Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo.
Egli fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce lampi per la pioggia
e manda fuori il vento dalle sue riserve.
17Resta inebetito ogni uomo, senza comprendere;
resta confuso ogni orefice per i suoi idoli,
poiché è menzogna ciò che ha fuso
e non ha soffio vitale.
18Esse sono vanità, opere ridicole;
al tempo del loro castigo periranno.
19Non è tale l'eredità di Giacobbe,
perché egli ha formato ogni cosa.
Israele è la tribù della sua eredità,
Signore degli eserciti è il suo nome.

20"Un martello sei stata per me,
uno strumento di guerra;
con te martellavo i popoli,
con te annientavo i regni,
21con te martellavo cavallo e cavaliere,
con te martellavo carro e cocchiere,
22con te martellavo uomo e donna,
con te martellavo vecchio e ragazzo,
con te martellavo giovane e fanciulla,
23con te martellavo pastore e gregge,
con te martellavo l'aratore e il suo paio di buoi,
con te martellavo governatori e prefetti.

24Ma ora ripagherò Babilonia e tutti gli abitanti della Caldea di tutto il male che hanno fatto a Sion, sotto i vostri occhi. Oracolo del Signore.

25Eccomi a te, monte della distruzione,
che distruggi tutta la terra.
Io stenderò la mano contro di te,
ti rotolerò giù dalle rocce
e farò di te una montagna bruciata;
26da te non si prenderà più né pietra d'angolo,
né pietra da fondamenta,
perché diventerai un luogo desolato per sempre".
Oracolo del Signore.

27Alzate un vessillo nel paese,
suonate la tromba fra le nazioni;
preparate le nazioni alla guerra contro di essa,
convocatele contro i regni
di Araràt, di Minnì e di Aschenàz.
Nominate contro di essa un comandante,
fate avanzare i cavalli come cavallette spinose.

28Preparate alla guerra contro di essa le nazioni, il re della Media, i suoi governatori, tutti i suoi prefetti e tutta la terra in suo dominio.

29Trema la terra e freme,
perché si avverano contro Babilonia
i progetti del Signore
di ridurre il paese di Babilonia
in luogo desolato, senza abitanti.
30Hanno cessato di combattere i prodi di Babilonia,
si sono ritirati nelle fortezze;
il loro valore è venuto meno,
sono diventati come donne.
Sono stati incendiati i suoi edifici,
sono spezzate le sue sbarre.
31Corriere corre incontro a corriere,
messaggero incontro a messaggero
per annunziare al re di Babilonia
che la sua città è presa da ogni lato;
32i guadi sono occupati, le fortezze bruciano,
i guerrieri sono sconvolti dal terrore.
33Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele:
"La figlia di Babilonia è come un'aia
al tempo in cui viene spianata;
ancora un poco e verrà per essa
il tempo della mietitura".

34"Mi ha divorata, mi ha consumata
Nabucodònosor, re di Babilonia,
mi ha ridotta come un vaso vuoto,
mi ha inghiottita come fa il coccodrillo,
ha riempito il suo ventre,
dai miei luoghi deliziosi, mi ha scacciata.
35Il mio strazio e la mia sventura ricadano su Babilonia!"
dice la popolazione di Sion,
"il mio sangue sugli abitanti della Caldea!"
dice Gerusalemme.
36Perciò così parla il Signore:
"Ecco io difendo la tua causa,
compio la tua vendetta;
prosciugherò il suo mare,
disseccherò le sue sorgenti.
37Babilonia diventerà un cumulo di rovine,
un rifugio di sciacalli,
un oggetto di stupore e di scherno,
senza abitanti.
38Essi ruggiscono insieme come leoncelli,
rugghiano come cuccioli di una leonessa.
39Con veleno preparerò loro una bevanda,
li inebrierò perché si stordiscano
e si addormentino in un sonno perenne,
per non svegliarsi mai più.
Parola del Signore.
40Li farò scendere al macello come agnelli,
come montoni insieme con i capri".

41Sesac è stata presa e occupata,
l'orgoglio di tutta la terra.
Babilonia è diventata un oggetto di orrore
fra le nazioni!
42Il mare dilaga su Babilonia
essa è stata sommersa dalla massa delle onde.
43Sono diventate una desolazione le sue città,
un terreno riarso, una steppa.
Nessuno abita più in esse
non vi passa più nessun figlio d'uomo.

44"Io punirò Bel in Babilonia,
gli estrarrò dalla gola quanto ha inghiottito.
Non andranno più a lui le nazioni".
Perfino le mura di Babilonia sono crollate,
45esci da essa, popolo mio,
ognuno salvi la vita dall'ira ardente del Signore.

46Non si avvilisca il vostro cuore e non temete per la notizia diffusa nel paese; un anno giunge una notizia e l'anno dopo un'altra. La violenza è nel paese, un tiranno contro un tiranno.47Per questo ecco, verranno giorni nei quali punirò gli idoli di Babilonia. Allora tutto il suo paese sentirà vergogna e tutti i suoi cadaveri le giaceranno in mezzo.48Esulteranno su Babilonia cielo e terra e quanto contengono, perché da settentrione verranno i suoi devastatori. Parola del Signore.49Anche Babilonia deve cadere per gli uccisi di Israele, come per Babilonia caddero gli uccisi di tutta la terra.50Voi scampati dalla spada partite, non fermatevi; da questa regione lontana ricordatevi del Signore e vi torni in mente Gerusalemme.
51"Sentiamo vergogna nell'udire l'insulto; la confusione ha coperto i nostri volti, perché stranieri sono entrati nel santuario del tempio del Signore".
52"Perciò ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali punirò i suoi idoli e in tutta la sua regione gemeranno i feriti.53Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, anche se rendesse inaccessibile la sua cittadella potente, da parte mia verranno i suoi devastatori". Oracolo del Signore.
54Udite! Un grido da Babilonia, una rovina immensa dal paese dei Caldei.55È il Signore che devasta Babilonia e fa tacere il suo grande rumore. Mugghiano le sue onde come acque possenti, risuona il frastuono della sua voce,56perché piomba su Babilonia il devastatore, sono catturati i suoi prodi, si sono infranti i loro archi. Dio è il Signore delle giuste ricompense, egli ricompensa con precisione.57"Io ubriacherò i suoi capi e i suoi saggi, i suoi governatori, i suoi magistrati e i suoi guerrieri; essi dormiranno un sonno eterno e non potranno più svegliarsi" dice il re, il cui nome è Signore degli eserciti.

58Così dice il Signore degli eserciti:
"Il largo muro di Babilonia sarà raso al suolo,
le sue alte porte saranno date alle fiamme.
Si affannano dunque invano i popoli,
le nazioni si affaticano per nulla".

59Ordine che il profeta Geremia diede a Seraià figlio di Neria, figlio di Maasia, quando egli andò con Sedecìa re di Giuda in Babilonia nell'anno quarto del suo regno. Seraià era capo degli alloggiamenti.
60Geremia scrisse su un rotolo tutte le sventure che dovevano piombare su Babilonia. Tutte queste cose sono state scritte contro Babilonia.61Geremia quindi disse a Seraià: "Quando giungerai a Babilonia, abbi cura di leggere in pubblico tutte queste parole62e dirai: Signore, tu hai dichiarato di distruggere questo luogo così che non ci sia più chi lo abiti, né uomo né animale, ma sia piuttosto una desolazione per sempre.63Ora, quando avrai finito di leggere questo rotolo, vi legherai una pietra e lo getterai in mezzo all'Eufrate64dicendo: Così affonderà Babilonia e non risorgerà più dalla sventura che io le farò piombare addosso".
Fin qui le parole di Geremia.


Apocalisse 22

1Mi mostrò poi 'un fiume d'acqua viva' limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello.2'In mezzo' alla piazza della città e 'da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita' che da' dodici raccolti e produce frutti ogni 'mese; le foglie' dell'albero servono 'a guarire' le nazioni.

3E non vi sarà più maledizione.
Il trono di Dio e dell'Agnello
sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno;
4'vedranno la sua faccia'
e porteranno il suo nome sulla fronte.
5Non vi sarà più notte
e non avranno più bisogno di luce di lampada,
né di luce di sole,
perché 'il Signore Dio li illuminerà
e regneranno nei secoli dei secoli'.

6Poi mi disse: "Queste parole sono certe e veraci. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra breve.7Ecco, io verrò presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".
8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le aveva mostrate.9Ma egli mi disse: "Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare".
10Poi aggiunse: "Non mettere sotto sigillo le parole profetiche di questo libro, perché il tempo è vicino.11Il perverso continui pure a essere perverso, l'impuro continui ad essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.
12Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, 'per rendere a ciascuno secondo le sue opere'.13Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine.14Beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all'albero della vita e potranno entrare per le porte nella città.15Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolàtri e chiunque ama e pratica la menzogna!

16Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino".
17Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta ripeta: "Vieni!". Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita.
18Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro;19e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
20Colui che attesta queste cose dice: "Sì, verrò presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù.21La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!


Capitolo XLV: Non fare affidamento su alcuno: le parole facilmente ingannano

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1. "Aiutami, o Signore, nella tribolazione, perché è vana la salvezza che viene dagli uomini" (Sal 59,13). Quante volte non trovai affatto fedeltà, proprio là dove avevo creduto di poterla avere; e quante volte, invece, la trovai là dove meno avevo creduto. Vana è, dunque, la speranza negli uomini, mentre in te, o Dio, sta la salvezza dei giusti. Sii benedetto, o Signore mio Dio, in tutto quanto ci accade. Deboli siamo, e malfermi; facilmente ci inganniamo e siamo mutevoli. Quale uomo è tanto prudente e tanto attento da saper sempre custodire se stesso, così da non cadere mai in qualche delusione e incertezza? Ma non cadrà così facilmente colui che confida in te, o Signore, e ti cerca con semplicità di cuore. Che se incontrerà una tribolazione, in qualunque modo sia oppresso, subitamente ne sarà strappato da te, o sarà da te consolato, poiché tu non abbandoni chi spera in te, fino all'ultimo. Cosa rara è un amico sicuro, che resti tale in tutte le angustie dell'amico. Ma tu, o Signore, tu solo sei sempre pienamente fedele: non c'è amico siffatto, fuori di te.

2. Quale profonda saggezza ci fu in quell'anima santa che poté dire: il mio spirito è saldo, e fondato su Cristo! Se così fosse anche per me, non sarei tanto facilmente agitato da timori umani, né mi sentirei ferito dalle parole. Chi può mai prevedere ogni cosa e cautelarsi dai mali futuri? Se, spesso, anche ciò che era previsto riesce dannoso, con quanta durezza ci colpirà ciò che è imprevisto? Perché non ho meglio provveduto a me misero?; e perché mi sono affidato tanto leggermente ad altri? Siamo uomini, nient'altro che fragili uomini, anche se molti ci ritengono e ci dicono angeli. Oh, Signore, a chi crederò; a chi, se non a te? Tu sei la verità che non inganna e non può essere ingannata; mentre "l'uomo è sempre bugiardo" (Sal 115,11), debole, insicuro e mutevole, specie nelle parole, tanto che a stento ci si può fidare subito di quello che, in apparenza, pur ci sembra buono. Con quanta sapienza tu già ci avevi ammonito che ci dobbiamo guardare dagli uomini; che "nemici dell'uomo sono i suoi più vicini" (Mt 10,36); che non si deve credere se uno dice: "ecco qua, ecco là!" (Mt 24,23; Mc 13,21)! Ho imparato a mie spese, e voglia il cielo che ciò mi serva per acquistare maggiore prudenza e non ricadere nella stoltezza. Bada, mi dice taluno, bada bene, e serba per te quel che ti dico. Ma, mentre io sto zitto zitto, credendo che la cosa resti segreta, neppure lui riesce a tacere ciò per cui mi aveva chiesto il silenzio: improvvisamente mi tradisce, tradendo anche se stesso; e se ne va. Oh, Signore, difendimi da siffatte fandonie e dalla gente stolta, cosicché io non cada nelle loro mani, e mai non commetta simili cose. Da' alla mia bocca una parola vera e sicura, e lontana da me il linguaggio dell'inganno. Che io mi guardi in ogni modo da ciò che non vorrei dover sopportare da altri.

3. Quanta bellezza e quanta pace, fare silenzio intorno agli altri; non credere pari pari ad ogni cosa, né andare ripetendola; rivelare sé stesso soltanto a pochi; cercare sempre te, che scruti i cuori, senza lasciarsi portare di qua e di là da ogni vuoto discorso; volere che ogni cosa interiore ed esterna, si compia secondo la tua volontà! Quale tranquillità, fuggire le apparenze umane, per conservare la grazia celeste; non ambire a ciò che sembri assicurare ammirazione all'esterno, e inseguire invece, con ogni sollecitudine, ciò che assicura emendazione di vita e fervore! Di quanto danno fu, per molti, una virtù a tutti nota e troppo presto lodata. Di quanto vantaggio fu, invece, una grazia conservata nel silenzio, durante questa nostra fragile vita, della quale si dice a ragione che è tutta una tentazione e una lotta!


DISCORSO 46 I PASTORI DA EZECHIELE 34, 1-16

Discorsi - Sant'Agostino

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1. Tutta la nostra speranza è in Cristo; egli è tutta la nostra gloria, gloria vera e salutare. La vostra Carità non ode oggi per la prima volta queste cose: voi infatti appartenete al gregge di colui che provvidamente pasce Israele 1. Ma, siccome ci sono pastori che amano esser chiamati pastori mentre si rifiutano d'adempiere l'ufficio di pastori, scorriamo le parole ad essi rivolte dal profeta secondo la lettura che abbiamo or ora ascoltato. Voi ascoltate con attenzione; noi ascolteremo con tremore.

Vescovi e cristiani.

2. Il Signore mi rivolse la parola e mi disse: Figlio dell'uomo, profetizza contro i pastori d'Israele e di' ai pastori d'Israele 2. Abbiamo ascoltato poc'anzi la lettura di questo testo, sul quale abbiamo stabilito d'intrattenerci alquanto con la vostra Santità. Ci aiuterà il Signore a dirvi il vero; e a ciò riusciremo se non presumeremo dirvi cose nostre. Infatti, se diremo del nostro, saremo pastori che pasciamo noi stessi, non le pecore; se invece ci viene dal Signore quel che diciamo, qualunque sia la persona che vi pasce, è sempre il Signore a pascervi. Queste cose dice il Signore Iddio: Guai ai pastori d'Israele! Essi pascono soltanto se stessi. Non è invece compito dei pastori pascere le pecore? 3. Vuol dire: i pastori non debbono pascere se stessi ma le pecore, sicché questo è il primo motivo per cui vengono rimproverati tali pastori: perché pascono se stessi e non le pecore. Chi sono coloro che pascono se stessi? Son coloro dei quali dice l'Apostolo: Tutti cercano i propri interessi, non gli interessi di Gesù Cristo 4. Consideriamo un istante noi stessi. Il Signore ci ha posti in questo luogo (di cui dovremo rendere stretto conto) per un tratto della sua condiscendenza e non certo per i nostri meriti. Ebbene, noi siamo insigniti di due dignità che occorre ben distinguere: la dignità di cristiani e quella di vescovi. La prima, cioè l'essere cristiani, è per noi; l'altra, cioè l'essere vescovi, è per voi. Nel fatto di essere cristiani vanno sottolineati i vantaggi che derivano a noi; nel fatto di essere vescovi, ciò che conta è esclusivamente la vostra utilità. Vi sono molti che, essendo cristiani e non vescovi, raggiungono Dio e la loro via è forse più agevole [che non la nostra], ed essi possono camminare tanto più spediti quanto più è leggero il peso che portano. Noi, invece, oltre ad essere cristiani, per cui dovremo render conto a Dio della nostra vita, siamo anche vescovi, e quindi dovremo rendergli conto anche del nostro ministero. Vi fo presente tale difficile situazione affinché vogliate compatirci e pregare per noi. Verrà infatti il giorno in cui tutto sarà sottoposto a giudizio 5; e quel giorno, se per il mondo intero è lontano, per i singoli uomini è vicino, coincidendo con l'ultimo giorno della propria vita. Inoltre, Dio ha voluto che a noi fosse celato sia il giorno della fine del mondo sia quello della fine della vita dei singoli uomini: per cui, vuoi non aver paura del giorno che non conosci? Fa' che quando arriva ti trovi preparato. Quanto al compito dei vescovi, esso è di curare il bene dei loro sudditi, e nella funzione stessa del comando non debbono assolutamente mirare al proprio tornaconto ma al bene di coloro dei quali sono i servi. Ogni vescovo pertanto che godesse per il posto che occupa e cercasse il suo onore e guardasse esclusivamente ai suoi interessi privati, sarebbe di quelli che pascono se stessi e non le pecore. E a costoro è diretta la profezia. Quanto a voi, ascoltate come pecore di Dio e osservate come Dio vi abbia posti al sicuro. Qualunque sia il comportamento di chi vi sta a capo, cioè di noi, voi state sempre al sicuro per la sicurezza che vi ha donato il Pastore d'Israele. Dio non abbandona le sue pecore: sicché i cattivi pastori sconteranno le loro colpe, mentre le pecore conseguiranno i beni loro promessi.

3. Prestiamo dunque attenzione alle parole che rivolge ai pastori intenti a pascere se stessi, e non le pecore, la divina Scrittura che certo non adula nessuno. Ecco - dice - voi consumate il latte e vi coprite con la lana; voi uccidete le pecore grasse e non menate al pascolo le mie pecore. Non sostenete quelle che son deboli, non rinvigorite quelle che sono malate, non fasciate quelle che hanno le ossa spezzate, non richiamate [all'ovile] le fuorviate, né ricercate quelle che si sono perdute; anzi uccidete quelle che son forti. In tal modo, per mancanza di pastore, le mie pecore si sono sbandate 6. Lo si dice contro i pastori che pascono se stessi, e non le pecore, e si indica cosa essi amino e cosa trascurino. Che cosa amano? Voi ne consumate il latte e vi coprite con la lana. Al riguardo direbbe l'Apostolo: Qual uomo pianta una vigna e non ne coglie il frutto? Chi mena al pascolo un gregge, senza nutrirsi del suo latte? 7. Dal che si ricava che per "latte del gregge" deve intendersi tutto ciò che il popolo di Dio offre ai suoi sacerdoti per provvedere al loro sostentamento; e proprio a questo si riferiva l'Apostolo nel testo citato 8.

Paolo ricusa il sostentamento offertogli dai cristiani.

4. Personalmente, l'Apostolo aveva scelto di vivere con il lavoro delle sue mani, rinunciando a chiedere il latte alle pecore 9; tuttavia asserisce chiaramente che aveva il diritto di prenderlo, in quanto il Signore aveva disposto che i banditori del Vangelo dovessero vivere del Vangelo. Ricorda ancora che certi suoi compagni di apostolato si regolavano secondo questa facoltà, che non era da loro usurpata ma effettivamente concessa [dal Signore]. Quanto a se stesso, egli fece di più: cioè ricusò di ricevere anche quello che gli era dovuto 10. Si privò di ciò che gli sarebbe spettato, facendone un dono [alle comunità]; andò oltre il prescritto; non che gli altri esigessero ciò che loro non era dovuto. Figura di ciò potrebbe, forse, essere quel tale che dopo aver portato il ferito all'ospizio disse: Se avrai speso di più, te lo rimborserò al ritorno 11. Ebbene, di questi tali che non hanno bisogno del latte del gregge cosa diremo ancora? Sono più generosi, o, meglio, adempiono con maggiore larghezza [di cuore] lo stesso dovere degli altri, che è un dovere di generosità. Lo possono fare; e quel che possono fare lo fanno in realtà. Lodiamoli pure, ma non condanniamo gli altri. E, riguardo all'Apostolo, sebbene non si avvalesse della concessione, tuttavia desiderava che le pecore fossero feconde, non sterili o prive di latte. E una volta trovandosi in gravi strettezze, incarcerato per la confessione della verità, gli fu mandato dai fratelli quel che occorreva al suo bisogno e necessità. Rispose ringraziandoli e dicendo: Avete fatto bene a provvedere ai miei bisogni 12. Io infatti ho imparato a bastare a me stesso: so abbondare e so sopportare le privazioni; tutto posso in colui che mi dà forza; tuttavia voi avete fatto bene a venirmi incontro nelle mie necessità 13. Per dimostrare poi a che cosa egli mirasse plaudendo all'opera buona da loro compiuta 14 e per non rientrare nella categoria di quei pastori che pascono se stessi e non le pecore, eccolo godere non tanto per l'aiuto recato alle sue necessità quanto piuttosto per la fecondità degli offerenti. Che cosa dunque ricercava l'Apostolo? Dice: Non cerco doni, ma esigo frutti 15. Cioè: Non sono io che debbo essere ben provvisto, ma siete voi che non dovete rimanere infecondi.

E' lecito farsi mantenere dal popolo.

5. Quanti non riescono a fare lo stesso che Paolo, cioè mantenersi con il lavoro delle proprie mani, prendano pure il latte dalle pecore e vi si mantengano nella loro penuria. Tuttavia, non trascurino la debolezza delle pecore, cioè nella loro attività non cerchino, per dir così, il loro tornaconto dando l'impressione d'annunziare il Vangelo per sbarcare il lunario loro personalmente, ma dispensino agli altri la luce della parola di verità che li illumini. Essi infatti sono come lucerne, e di loro sta scritto: Siano cinti i vostri fianchi e accese le vostre lucerne 16; e ancora: Nessuno accende una lucerna e la pone sotto il moggio ma sopra il candeliere, affinché illumini tutti coloro che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e diano gloria al Padre vostro celeste 17. Se tu avessi in casa una lucerna accesa, non vi aggiungeresti continuamente dell'olio per non farla estinguere? Che se poi questa lucerna, dopo che tu l'hai rifornita di olio, non ardesse, vorrebbe dire che non era degna di stare sul candeliere e dovrebbe essere subito spezzata. Quanto dunque all'indispensabile per vivere, è una necessità riceverlo, è carità donarlo. Non nel senso che il Vangelo sia roba da mercato e che quanto ricevono per vivere coloro che lo annunziano ne sia il prezzo. Se lo vendessero così, venderebbero a prezzo troppo vile una cosa troppo preziosa. Gli evangelizzatori pertanto ricevano pure dal popolo il sostentamento, se necessario, ma si aspettino dal Signore la ricompensa delle loro fatiche. Difatti il popolo non è in grado di ripagare con giusta mercede coloro che lo servono nella carità del Vangelo; né, d'altra parte, costoro se l'aspettino se non da colui dal quale gli altri si ripromettono la salvezza. Che cosa si rimprovera dunque a certi pastori? e qual è il motivo per cui li si rimprovera? Li si rimprovera perché, pur prendendo [dal gregge] il latte per nutrirsi e la lana per vestirsi, non si curano delle pecore. Essi, insomma, cercano solamente gli interessi propri, non quelli di Gesù Cristo 18.

6. Abbiamo spiegato cosa sia consumare il latte [del gregge]. Ora dobbiamo indagare cosa significhi coprirsi con le sue lane. Chi offre il latte somministra il cibo; chi offre la lana rende l'onore. Questi sono i due vantaggi che cercano dalla gente quei pastori che pascono se stessi e non le pecore: risorse per sopperire alle proprie necessità e riguardi particolari consistenti in onorificenze e lodi. Il vestito infatti si può ben riferire alle onorificenze in quanto serve a coprire la nudità. In effetti ogni uomo è misero; e cos'è colui che vi sta a capo se non ciò che siete voi? È rivestito di carne, è mortale; mangia, dorme, si alza; è nato e dovrà morire. Se dunque tu consideri ciò che egli è in se stesso, vedi che è un semplice uomo; se gli tributassi un onore esagerato in certo qual modo ne nasconderesti la miseria.

L'esempio dell'apostolo Paolo.

7. Un manto di questo genere aveva ricevuto dal buon popolo di Dio lo stesso Paolo, vedete, quando diceva: Mi avete ricevuto come un angelo di Dio. Io infatti vi rendo testimonianza che, se fosse stato possibile, vi sareste cavati persino gli occhi per darli a me 19. Egli però, pur essendo stato fatto segno di tanto onore, forse che li risparmiò, a motivo dell'onore ricevuto, e li abbandonò nell'errore, temendo d'essere da loro rinnegato o elogiato con meno trasporto, poiché li rimproverava? Se avesse agito così, sarebbe stato tra coloro che pascono se stessi e non le pecore. Avrebbe infatti ragionato così: Che me ne importa? Ciascuno faccia ciò che gli piace; il mio sostentamento è assicurato, e così pure il mio onore. Ho latte e lana a sufficienza. Vada pure ciascuno dove gli pare. Ma davvero? ogni cosa è a posto per te quando ciascuno va dove gli pare? Non voglio supporre che tu sia vescovo; ti prendo come uno qualunque del popolo: ma anche allora varrebbero per te le parole: Se un membro soffre, ne soffrono insieme tutte le membra 20. Pertanto l'Apostolo, ricordando ai lettori come si erano comportati nei suoi riguardi per non sembrare dimentico dell'onore da loro ricevuto, attesta che lo accolsero come un angelo di Dio e che, se fosse stato possibile, si sarebbero persino cavati gli occhi per darli a lui. Nonostante ciò, però, egli si china sulla pecora malata, in via di decomposizione, per incidere la piaga e non lasciar progredire l'infezione. Diceva: Per avervi annunziato la verità, son dunque diventato vostro nemico? 21. Ecco uno che dalle pecore prese il latte, come poco fa ricordavamo, e si coprì con la loro lana, ma non trascurò le pecore. Egli infatti cercava non i vantaggi propri, ma quelli di Gesù Cristo 22.

Una predicazione aberrante.

8. Mai dunque succeda che veniamo a dirvi: Vivete come vi pare! State tranquilli! Dio non condannerà nessuno: basta che conserviate la fede cristiana. Egli vi ha redenti, ha sparso per voi il sangue: quindi non vi dannerà. Che se vi viene la voglia d'andarvi a deliziare con gli spettacoli, andateci pure! Alla fin fine che male c'è? E queste feste che si celebrano nell'intera città, con grande tripudio di gente che banchetta e - come essa crede - si esilara, mentre in realtà si rovina, alle mense pubbliche... andateci pure, celebratele tranquilli: tanto la misericordia di Dio è senza limiti e tutto lascerà correre! Coronatevi di rose prima che marciscano 23! E anche dentro la casa del vostro Dio, quando ve ne venisse la voglia, banchettate pure! rimpinzatevi di cibi e bevande insieme con i vostri amici. Queste creature infatti ci sono state date proprio affinché ne godiate. O che Dio le avrebbe mai date agli empi e ai pagani, negandole poi a voi? Se vi facessimo di questi discorsi, forse raduneremmo attorno a noi folle più numerose; e, se pur ci fossero alcuni che s'accorgessero come nel nostro parlare diciamo delle cose inesatte, ci inimicheremmo questi pochi, ma guadagneremmo il favore della stragrande maggioranza. Tuttavia, comportandoci in questa maniera, vi annunzieremmo non le parole di Dio o di Cristo, ma le nostre parole; e saremmo pastori che pascono se stessi, non le pecore.

Il pastore che uccide le pecore sane.

9. Dopo aver detto che cosa amino questi pastori, [il profeta] ci dice che cosa trascurino. Pecore viziate si trovano infatti per ogni dove, mentre sono pochissime le pecore sane e grasse, cioè nutrite del solido cibo della verità e capaci, per dono di Dio, di cibarsi in buoni pascoli. Ora i cattivi pastori non risparmiano nemmeno queste. Non basta loro trascurare le prime, cioè le malate, le deboli, le fuorviate, le sperdute; per quanto sta in loro, essi ammazzano anche le forti e le grasse. Eppure esse vivono: vivono per un dono della misericordia di Dio, ma, per quel che dipende dai pastori cattivi, essi le uccidono. In che modo, mi chiederai, le uccidono? Vivendo male, dando cattivo esempio. O che forse fu detto invano a quel tal servo di Dio, esimio tra le membra del sommo Pastore: Offri a tutti te stesso quale modello di opere buone 24, e ancora: Sii modello per i tuoi fedeli 25? Succede infatti talora che la pecora, anche quella forte, rilevi la condotta cattiva del suo pastore. Se per un istante essa distoglierà lo sguardo dai comandamenti del Signore, e lo fisserà sull'uomo, inizierà a dire in fondo al suo cuore: Se il mio pastore vive in questa maniera, chi sono io che non debba permettermi le stesse cose che egli fa? In tal modo uccide la pecora forte. Ora, se uccide la pecora forte, cosa mai farà delle altre, lui che con la sua cattiva condotta è stato causa di morte per quelle che, pur non avendole lui rese forti e robuste, tuttavia le aveva trovate tali? Dico e ripeto alla vostra Carità: Facciamo pure il caso che le pecore siano vive e forti per la parola del Signore e che si ricordino di quanto udito dal loro Signore: Fate ciò che vi dicono ma non fate ciò che essi stessi fanno 26. Ebbene, anche in tale caso, uno che pubblicamente vive male, per quanto sta in lui uccide quelli che vedono il suo comportamento. Non si lusinghi costui [d'essere innocente] per il fatto che l'altro non è morto. È vero che questi vive, ma egli è ugualmente omicida. È come quando un uomo lussurioso guarda una donna con intenzioni cattive. La donna rimane casta, ma quel tale è un adultero. La sentenza del Signore è, al riguardo, tanto verace quanto risaputa: Chiunque guarda una donna desiderandola malamente ha già commesso con lei adulterio in fondo al suo cuore 27. Non gli fu dato di raggiungere il di lei talamo, ma egli nel suo giaciglio interiore tresca con lei. Allo stesso modo ogni superiore che si comporti male in presenza di coloro che egli deve governare, per quanto sta in lui uccide anche le pecore forti. Chi lo imita muore, chi non lo imita vive; ma il pastore, per quanto sta in lui, è causa di morte per l'uno e per l'altro. Dice: Voi ammazzate le pecore grasse, e non pascete le mie pecore 28.

Preannunziare al cristiano le prove che l'attendono.

10. Avete ormai udito che cosa [tali pastori] amino; ascoltate che cosa trascurino. Voi non sostenete le pecore deboli, non rinvigorite quelle che sono malate, non fasciate quelle che hanno le ossa spezzate, cioè rotte; non richiamate [all'ovile] le fuorviate, né ricercate quelle che si sono perdute; anzi, uccidete quelle che son forti 29, cioè le ammazzate, macellate. La pecora è debole quando ha debole il cuore, sicché può cedere alla tentazione che non ha prevista né vi si è preparata. A uno che ha tali convinzioni, il pastore negligente non dice: Figlio, quando ti metti al servizio del Signore, sta' saldo nella giustizia e nel timore, e prepara la tua anima alla tentazione 30. Chi parla così sorregge il debole e da debole lo rende robusto, sicché egli, aderendo alla fede, non se ne ripromette delle comodità materiali. Se al contrario fosse stato educato a ripromettersi dei vantaggi materiali, si troverebbe infrollito dalle comodità e, al sopraggiungere delle avversità, ne verrebbe ferito e forse anche ucciso. Chi lo educa in tale maniera non lo costruisce sopra la roccia ma sopra la sabbia 31. Poiché la roccia è Cristo 32, e il cristiano deve imitare i patimenti di Cristo, non andare a caccia di piaceri. Viceversa, il debole è incoraggiato quando gli si dice francamente: Da questo mondo aspèttati pure delle tribolazioni, ma da tutte ti libererà il Signore; se il tuo cuore non si allontanerà da lui né si volgerà indietro. Infatti, per infondere coraggio al tuo cuore egli venne a patire e a morire; fu coperto di sputi e coronato di spine; udì oltraggi, e infine fu confitto in croce. Tutte queste cose egli subì per te, e tu non vorresti sopportare nulla! Non per lui, ma per te.

Partecipi della croce di Cristo.

11. Come giudicare allora quei pastori che, per timore di dispiacere a chi li ascolta, non solo non premuniscono i fedeli contro le tentazioni che li sovrastano ma anche promettono una felicità temporale che Dio in nessun modo ha promessa allo stesso mondo? Dio predice al mondo, come tale, travagli su travagli, sino alla fine, e tu pretendi che il cristiano da tali travagli sarà esentato? Essendo invece cristiano, avrà da soffrire in questo mondo più che non gli altri! Dice infatti l'Apostolo: Tutti coloro che vogliono piamente vivere in Cristo soffriranno persecuzioni 33. Piaccia o non piaccia a te, pastore che cerchi i tuoi vantaggi e non quelli di Gesù Cristo, l'Apostolo afferma: Tutti coloro che vogliono piamente vivere in Cristo soffriranno persecuzioni; e tu di' pure: Se vivrai piamente in Cristo, diguazzerai nell'abbondanza di ogni bene. E se non hai figli, ne avrai e li alleverai tutti e nessuno ti morrà... Questo è dunque il tuo edificare? Guarda che cosa fai e dove costruisci. Tu poni sulla sabbia l'edificio di quel tale che vuoi edificare 34: verrà la pioggia, si gonfierà il fiume, soffierà il vento, e si abbatteranno su quella casa, ed essa cadrà e grande sarà la sua rovina. Toglilo dunque da sopra la sabbia e ponilo sulla roccia 35: sia fondato su Cristo colui che tu vuoi sia cristiano! Che egli consideri i patimenti sofferti immeritatamente da Cristo; che consideri come Cristo, che era senza peccato, sconti per ciò che non aveva rapito 36. Ricordi la Scrittura che gli dice: Dio flagella ogni figlio che accoglie 37, e si prepari ad essere flagellato, ovvero dica che non gli interessa d'essere accolto {da Dio]. Dice: Egli flagella ogni figlio che accoglie, e tu gli dici che forse ne sarà eccettuato. Se ti si risparmieranno i flagelli, è segno che non sei incluso nel numero dei figli. Ma che davvero - dirai - Iddio flagella tutti i suoi figli? Senza dubbio! al segno da non escludere dai flagelli nemmeno il suo Unigenito. Questo Unigenito era nato dalla sostanza del Padre, nella natura divina era uguale al Padre 38, era il Verbo ad opera del quale furono create tutte le cose 39. Egli non aveva modo di essere flagellato, ma per non rimanere senza flagelli si rivestì di carne. Se dunque Dio flagella il suo Unigenito senza peccato, risparmierà i flagelli al figlio adottivo carico di peccati? Che siamo chiamati ad essere figli adottivi, ce lo dice l'Apostolo 40; e questa adozione a figli che abbiamo ricevuta 41 ci rende coeredi del Figlio unigenito, mentre ne siamo anche l'eredità, come è scritto: Chiedimelo, e io ti darò le genti in eredità 42. Nelle sofferenze di questo Unigenito ha tracciato un modello per noi.

Incoraggiare chi si spaventa.

12. Con ogni cura si deve evitare che il debole venga meno nella prova; per questo non dev'essere né lusingato con infondate speranze né oppresso con [esagerati] timori. Digli pertanto: Prepara la tua anima alla tentazione 43; ma, se per caso comincerà a vacillare, a trepidare, a rifiutare ulteriori passi, hai l'altra massima: Dio è fedele e non permetterà che siate tentati sopra le vostre forze 44. Parlar chiaro di certe cose e annunziare che ci saranno delle sofferenze è un rafforzare chi è debole. Quando però questo debole passa all'eccesso del timore e si sgomenta, occorrerà promettergli la misericordia di Dio: non nel senso che non ci saranno le prove, ma in quanto Dio non gli manderà prove superiori a quel che egli possa sopportare. Questo è fasciare le pecore dalle ossa spezzate. Ci sono infatti persone che, sentendo parlare di prove future, si agguerriscono maggiormente e divengono, per così dire, più assetati di ciò che dovranno bere: considerano roba da poco la medicina comune dei fedeli e anelano alla gloria dei martiri. Delle stesse prove, inevitabili ad ogni cristiano (è infatti una necessità inderogabile per il cristiano avere delle prove: nessun altro avrà da esperimentarle ma solo colui che per davvero vorrà essere cristiano), delle stesse prove dunque si va a parlare con altri. All'udire ciò che li attende, si sgretolano e traballano. Offri loro la fasciatura della consolazione! stringi ciò che va a pezzi! Di' loro: Non aver paura! Non ti abbandonerà nella prova colui nel quale hai creduto. Dio è fedele, e non permetterà che la prova sia superiore alle tue forze 45. Non sono, queste, parole mie ma dell'Apostolo, il quale altrove dice: Volete forse toccare con mano il Cristo, che vi parla per mio mezzo? 46. Pertanto le parole che ascolti [da me] son parole che ti pervengono dalla bocca stessa di Cristo, il pastore che pasce Israele, il pastore al quale si dice: Tu ci abbevererai di lacrime con misura 47. Quanto dice l'Apostolo, e cioè: Egli non permetterà che siate tentati al di là di quello che potete tollerare 48, l'aveva già detto il profeta: Ci sarà una misura. Ebbene, non sottrarti all'azione di colui che ti sgrida ed esorta, spaventa e consola, sferza e guarisce.

La sopportazione della prova.

13. Ciò che era debole - dice - voi non l'avete sostenuto 49. Son parole rivolte ai pastori cattivi e falsi, ai pastori che cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo; a coloro che godono per i vantaggi del latte e della lana ma non si curano affatto delle pecore e, quando le vedono malate, non le ristorano. Occorre infatti distinguere fra "debole", cioè privo di forze, e "malato". Anche il malato è certamente un debole, ma mi sembra che fra il debole in genere e il malato, cioè uno colpito da infermità, ci sia della differenza. Son queste, fratelli, delle distinzioni appena abbozzate. Mettendoci maggiore impegno potremmo, forse, noi stessi approfondirle meglio, come potrebbero fare anche altri più esperti e interiormente illuminati. Per non deludervi sul senso delle parole scritturali, vi esporrò la mia opinione. Quando si tratta di una persona debole, c'è da temere che, capitandole una prova, ne resti schiacciata; nel caso invece di un malato, esso è già affetto da qualche passione disordinata e questa gli impedisce di entrare nella via di Dio e di sottomettersi al giogo di Cristo. Osservate certi uomini intenzionati e già decisi a vivere bene: potreste riscontrare che son meno disposti a subire il male di quanto non lo siano a compiere il bene. Invece la fortezza cristiana comporta non solo la pratica del bene ma anche la pazienza di fronte al male: sicché chiunque è zelante in opere buone (o sembra esserlo), se poi si rifiuta o non è in grado di accettare le tribolazioni che gli sopravvengono, costui è un debole. Quanto invece a quegli altri che, vinti da passioni disordinate, si abbandonano all'amore del mondo e trascurano totalmente le opere buone, costoro giacciono infermi, malati. La malattia li ha svigoriti completamente e non sono in grado di compiere alcun bene. Così dovette essere nell'anima quel paralitico che, non potendo essere presentato a Cristo per altra via, da coloro che lo portavano gli fu calato dinanzi attraverso un'apertura praticata nel tetto 50. Voglio dire: Essendo una tal anima paralitica, flaccida in tutte le sue membra, priva di opere buone, coperta di peccati e illanguidita dal male dei suoi cattivi desideri, occorre che tu faccia su per giù lo stesso, e cioè che scoperchi il tetto e la cali dinanzi al Signore. Quando dunque tutte le membra sono intorpidite e c'è una paralisi interiore, per giungere al medico (può darsi infatti che il medico, sebbene sia dentro di lei, le rimanga nascosto: può darsi, cioè, che il vero significato delle Scritture le sia impervio), in tal caso, spiegando il significato occulto apri il tetto a quel paralitico [spirituale] e lo deponi dinanzi [a Cristo]. Chi non fa questo o lo fa con negligenza, avete sentito la sentenza che lo attende: Voi non avete rinvigorito le pecore malate né avete fasciato quelle che avevano le ossa spezzate 51. Ne abbiamo già parlato. L'uomo era spezzato dallo spavento della prova; sopraggiunge qualcosa che può fasciare ciò che era spezzato: è la consolazione che gli danno le parole: Dio è fedele e non permetterà che voi siate tentati oltre le vostre forze; anzi, insieme con la prova, vi manderà una via d'uscita, sicché possiate reggere 52.

L'eretico va ricondotto all'ovile.

14. Quelle che erano fuorviate, voi non richiamaste [all'ovile]. Ecco il pericolo che ci sovrasta in mezzo agli eretici. Quelle che erano fuorviate non richiamaste [all'ovile]; quelle che si erano perdute non le ricercaste 53. Noi, si voglia o no, ci troviamo in balia di predoni e come fra i denti di lupi feroci. In mezzo a tali nostri pericoli, vi scongiuriamo di pregare per noi. Si tratta di pecore riottose, le quali, quando si vedono ricercate nella via dove si sono smarrite, si proclamano estranee a noi per un loro errore e con loro perdizione. Perché vi interessate di noi - dicono -, perché ci ricercate? Quasi che la ragione per cui ce le prendiamo a cuore e le ricerchiamo non sia l'essere loro nella falsità e sulla via della perdizione! E insistono: Se sono nell'errore e nella perdizione, perché mi vieni appresso? perché mi cerchi? Proprio perché sei nell'errore, te ne voglio cavar fuori; proprio perché sei perduto ti voglio ritrovare! Ma io voglio errare così, e così magari perdermi! Vuoi errare e perderti così? Quanto più saggiamente io voglio impedirtelo! Ve lo dico francamente: Sarò un importuno, ma conosco le parole dell'Apostolo: Annunzia la parola, insisti e quando è opportuno e quando è importuno 54. A chi si predica opportunamente e a chi importunamente? Opportunamente a chi vuol ascoltare, importunamente a chi non lo vuole. Ebbene, sarò importuno quanto vi pare, ma con coraggio debbo dirvi: Tu vuoi camminare nell'errore e andare alla perdizione? Io non lo voglio. Del resto, non lo vuole nemmeno colui che mi infonde timore. Sì, anche se io lo volessi, osserva cosa mi dice lui, cosa mi fa risuonare agli orecchi: Le pecore fuorviate voi non avete richiamate [all'ovile] né avete ricercato le pecore perdute 55. Dovrò io temere te più che non lui? Tutti infatti dovremo presentarci al tribunale di Cristo 56. Non ho quindi timore di te, in quanto tu non riuscirai di certo a rovesciare il tribunale di Cristo, magari sostituendolo con quello di Donato. Pertanto ti richiamerò se sei una pecora sbandata, ti cercherò se sei perduta. Vuoi o non vuoi, farò così. E se nel ricercarti mi feriranno i rovi delle siepi, anche in tal caso mi caccerò nelle loro strettoie, frugherò per tutte le siepi e con tutte le forze che mi darà il Signore, autore della mia paura, mi spingerò per tutto il mondo, richiamando all'ovile chi si era sbandato, ricercando chi s'era perduto. Se tutto questo ti riesce insopportabile, non andare fuori strada, non metterti sulla via della perdizione.

Impedire che il buono si perda.

15. Io mi rattristo perché tu sei fuori strada e ti avvii alla perdizione. Ma questo è poco: temo ancora che, trascurando te, finisca coll'uccidere chi è forte. Nota infatti come continui [la profezia]: Voi uccidete le pecore forti 57. Se non mi prenderò cura di chi è sbandato e si perde, anche chi è robusto s'invoglierà d'uscire di strada e d'andare in rovina. Desidero certo gli emolumenti esterni, ma temo di più i danni interiori. Se restassi indifferente di fronte al tuo errore, chi è forte osservando [il mio comportamento] potrebbe convincersi che sia roba da poco cadere nell'eresia. Quando a uno, forte ma in pericolo di perdersi, balenerà allo sguardo un qualche vantaggio temporale che l'invogli a cambiare strada se io non ricercassi te, pecora perduta, immediatamente egli mi obietterebbe: Dio è con loro come lo è con noi. Che differenza c'è? Tutto questo l'han causato uomini in lite fra loro. Dio lo si può servire dovunque! Che se a questo tizio si presenta un donatista e gli dice: Non ti lascerò sposare mia figlia se non passerai dalla mia parte, allora costui ha molto bisogno di riflettere e deve poter replicare: Se non fosse un gran male aderire alla loro setta, i nostri pastori non spenderebbero tante parole contro di loro né si affannerebbero tanto per richiamarli dall'errore. Se al contrario noi lasciassimo correre e ce ne stessimo zitti, quel tale trarrebbe la conclusione opposta: Se l'essere dalla parte di Donato fosse un male, [i nostri vescovi] parlerebbero contro di loro, li riprenderebbero e cercherebbero di recuperarli [alla verità]. Se fossero fuori strada, li richiamerebbero; se stessero in pericolo di perdersi, li ricercherebbero. Non sono quindi inutili le parole che [il profeta] pone per ultime: Le pecore forti voi avete ammazzate 58; e ciò dopo aver detto: Le pecore grasse voi uccidete 59. Si tratta della medesima espressione ripetuta una seconda volta e nata da quanto detto prima, e cioè: Voi non avete richiamato [all'ovile] le pecore fuorviate né avete ricercato quelle che si erano perdute. Comportandovi così, voi avete ucciso anche le pecore forti.

16. Ascolta ora le conseguenze derivanti dalla trascuratezza di questi pastori cattivi o, meglio, falsi. Per mancanza di pastore le mie pecore si sono sperdute e son diventate preda di tutte le bestie feroci 60. Quando le pecore non sono col pastore, lupi insidiosi le rapiscono, leoni frementi le azzannano. In effetti il pastore c'è, ma per coloro che si comportano male egli non fa da pastore: sicché [le pecore] seguono pastori che non sono pastori, pastori che pascono se stessi, non le pecore; e da ciò deriva un errore fatale: le pecore se ne vanno là dove le attendono belve assetate di preda e smaniose di saziarsi del loro cadavere. Questo infatti sono tutti coloro che godono degli errori altrui: sono belve che si saziano di stragi.

I monti buoni e i monti cattivi.

17. Le mie pecore si sono disperse e sbandate per ogni monte e colle elevato 61. Bestie dei monti e dei colli sono l'alterigia terrena e la superbia del mondo. Si sollevò un giorno la superbia di Donato e si creò uno scisma. Parmeniano lo seguì e ne rafforzò l'errore. L'uno è un monte, l'altro un colle. E altrettanto sono tutti gli inventori di falsità che si lasciano gonfiare da orgoglio terreno. Promettono alle pecore la pace, promettono pascoli ubertosi; e in realtà talora le pecore trovano fra loro del buon pascolo: il quale proviene però dalla pioggia mandata da Dio, non dalla durezza del monte. Difatti anche gli eretici hanno le Scritture e i sacramenti, ma queste cose non sono dei monti, ma, anche se le si trovano sui monti, è male soffermarsi sui monti. Le pecore che si sbandano su tali monti e colli abbandonano il gregge, abbandonano l'unità, abbandonano la compattezza delle coorti agguerrite contro i lupi e i leoni. Le richiami Iddio dai luoghi dove si sono disperse! Sì, voglia lui richiamarle. E difatti udrete ora com'egli le richiami. Dice: Le mie pecore si sono sbandate per ogni monte e colle elevato. Cioè: al seguito dell'orgoglio e della superbia terrena. Ci sono infatti anche dei monti buoni [dei quali dice]: Ho innalzato i miei occhi ai monti dai quali mi verrà l'aiuto 62. Ma nota subito come la speranza non ti proviene dai monti. Seguita infatti: Il mio aiuto è dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra 63. Non pensare che offendi questi monti santi quando affermi: Il mio aiuto non mi verrà dai monti ma dal Signore che ha fatto cielo e terra. Sono i monti stessi a gridarti così. Era un monte quel tale che scriveva: Sento dire che tra di voi ci sono delle fazioni e che andate dicendo: Io sono di Paolo, io invece di Apollo, io di Cefa e io di Cristo 64. Solleva gli occhi a questo monte e ascolta le sue parole, perché non abbia ad arrestarti sul monte. Ecco come continua: Forse che Paolo è stato crocifisso per voi? 65. Ebbene, fissa pure lo sguardo sui monti dai quali ti viene l'aiuto, cioè sugli autori delle sacre Scritture, ma poi osserva com'essi, con tutto se stessi, ossa e midolla, gridino a Dio: Signore, chi è simile a te? 66. In tal modo tu, senza timore d'offendere i monti, potrai dire: Il mio aiuto è dal Signore che ha fatto il cielo e la terra 67. Se ti comporterai così, i monti non solo non si adireranno con te, ma ti ameranno e appoggeranno; mentre invece, se confiderai in loro, si dispiaceranno. Un giorno un angelo mostrò a un uomo le infinite meraviglie del Signore. Quell'uomo si fece per adorarlo (voleva, per così dire, elevare lo sguardo su quel monte), ma l'angelo, dissuadendolo e indirizzandolo al Signore, gli disse: Non fare così. Adora Dio, poiché, quanto a me, sono uno dei suoi servi, come lo sei tu e i tuoi fratelli 68.

Il moltiplicarsi delle sètte eretiche e l'unità della Chiesa.

18. Si sono sparse per ogni monte e colle e su tutta la faccia della terra 69. Che significa: Si sono sparse su tutta la faccia della terra? Vanno in cerca di tutte le cose terrene, amano ciò che qui sulla terra presenta dello splendore e vi si attaccano. Ricusano di morire al fine di condurre una vita nascosta in Cristo. Dice: Su tutta la faccia della terra perché amano le cose terrene e perché di pecore così sbandate ce ne sono per tutta la terra 70. Non che gli eretici siano tutti in ogni parte della terra, ma di eretici ce ne sono dovunque in tutta la terra. Gli uni qui, gli altri là, ma non c'è luogo che ne sia esente, al segno che gli stessi eretici non si conoscono fra loro. Una setta in Africa, un'altra in Oriente, un'altra ancora in Egitto o in Mesopotamia, tanto per far degli esempi. In luoghi diversi diverse eresie, ma generate tutte dalla stessa madre: la superbia, come unica è anche la nostra madre, la Chiesa cattolica, che ha generato tutti i cristiani fedeli sparsi in tutto il mondo. Né c'è da stupirsi che l'orgoglio produca disgregazione, mentre l'amore produce unità. Orbene, questa madre che è la Chiesa cattolica, e il pastore che la regge, in ogni luogo ricerca gli smarriti, rafforza i deboli, cura i malati, fascia gli spezzati, eretici distinti gli uni dagli altri, al segno che non si conoscono fra loro. La Chiesa al contrario li conosce tutti poiché è a contatto con tutti. Vi fo degli esempi. La setta di Donato è in Africa, mentre gli eunomiani in Africa non ci sono. Ebbene, qui nell'Africa insieme con la setta di Donato c'è la Chiesa cattolica. Gli eunomiani sono in oriente, dove non c'è lo scisma donatista. Ebbene, in oriente insieme con gli eunomiani c'è la Chiesa cattolica. Questa Chiesa infatti è come una vite: sviluppandosi si è estesa per tutto il mondo 71; gli eretici al contrario sono rami inutili e quindi, appunto perché infruttuosi, sono stati recisi dalle forbici dell'agricoltore. La vite è stata potata, non tagliata alle radici, mentre i rami secchi, tagliati, sono rimasti sul luogo della potatura. Comunque, questa vite che seguita a crescere in ogni direzione conosce i rami che le sono rimasti attaccati e vede attorno a sé quelli che sono stati recisi da lei 72; né mai omette di richiamare i dispersi, poiché proprio riguardo ai rami staccati [dalla vite] dice l'Apostolo che Dio è potente da poterveli riattaccare 73. Si parli dunque di pecore sbandate dal gregge o di rami troncati dalla vite, resta sempre vero che non è diminuito il potere di Dio di richiamare le pecore [all'ovile] e di reinnestare [alla vite] i tralci recisi: poiché il supremo pastore e il vero agricoltore è lui 74. Si sono disperse su tutta la faccia della terra e non c'era nessuno che le ricercasse e le richiamasse 75. Non c'era nessuno: (intendi: in mezzo a quei pastori cattivi). Non c'era nessuno (intendi: nessun uomo) che le ricercasse.

Il giuramento del Signore.

19. Pertanto ascoltate la voce del Signore, o pastori! Com'è vero che io vivo, dice il Signore Dio 76. Notate l'inizio [della frase]: è come un giuramento sulla bocca di Dio. Egli prende a testimone la sua vita. Com'è vero che io vivo, dice il Signore. I pastori sono morti, ma le pecore sono al sicuro poiché il Signore vive. Com'è vero che io vivo, dice il Signore Dio. Quali sono i pastori morti? Quelli che cercano gli interessi propri e non quelli di Gesù Cristo 77. Ma, allora, ci saranno anche (e li si dovranno anche incontrare!) dei pastori che, dimenticando gli interessi propri, cercheranno quelli di Gesù Cristo? Senz'altro! ci saranno e li si incontreranno. Non mancano oggi e non mancheranno in avvenire. Ma vediamo cosa dice il Signore dopo aver giurato sulla sua vita: se dice che toglierà le pecore ai cattivi pastori, intenti a pascere se stessi e non le pecore, e le darà ai pastori buoni, che pasceranno le pecore e non se stessi. Per la mia vita, dice il Signore Dio, mi vendicherò del fatto che, per mancanza del [vero] pastore, le mie pecore son divenute preda di tutte le bestie selvagge 78. Menziona ancora il pastore. Come aveva detto prima, così ripete adesso. Non si lamenta che manchino pastori. Infatti queste pecore, disgraziatamente sbandate e avviate alla rovina, sebbene abbiano lì vicino a loro un pastore, sono senza pastore: come nel caso della luce, la quale, sebbene in realtà ci sia, per chi è cieco essa non c'è. I pastori non hanno ricercato le mie pecore; essi pascolarono se stessi, non le mie pecore 79.

Pastore e sentinella.

20. In conseguenza di ciò, ascoltate, o pastori, la parola del Signore 80. A quali pastori dice: Ascoltate? Così parla il Signore Iddio: Ecco io [interverrò] contro i pastori e domanderò loro conto delle mie pecore che erano nelle loro mani 81. Ascoltate, o pecore di Dio, e imparate! Dio chiederà conto delle sue pecore ai cattivi pastori; chiederà conto della loro morte. Dice infatti il Signore in un altro passo dello stesso profeta: Figlio dell'uomo, ti ho costituito sentinella per la casa d'Israele. Dalla mia bocca ascolterai la parola e tu li metterai in guardia da parte mia. Io dirò al peccatore: Certamente morrai, e se tu non parlerai esortando l'empio ad abbandonare la sua via, il colpevole morrà nelle sue iniquità, ma a te chiederò conto del suo sangue. Se invece tu metterai in guardia l'empio dalla sua condotta, esortandolo ad abbandonarla, ma lui non vorrà ritrarsene, egli morrà nella sua colpa, ma tu avrai liberato la tua anima 82 [da ogni responsabilità]. Cosa significa questo, fratelli? Vedete quanto sia pericoloso starsene in silenzio! Quel tale muore e muore meritatamente: muore per la sua empietà e i suoi peccati. La sua negligenza lo uccide; avrebbe dovuto infatti scoprire il [pastore] vivente, che afferma: Com'è vero che io vivo, dice il Signore 83. Ma siccome egli se ne restò inerte né fu richiamato al dovere da colui che proprio per questo era stato costituito capo e sentinella, l'uno giustamente morrà e l'altro ne riceverà giusta condanna. E seguita: Se invece dirai all'empio al quale io ho minacciato la sentenza capitale: Tu certamente morrai, in tal caso, se lui non si curerà di schivare la condanna che lo sovrasta e questa gli piomberà addosso e lo ucciderà, lui effettivamente morrà ma tu avrai liberato la tua anima 84 [da ogni responsabilità]. È pertanto nostro dovere non starcene muti; ma, anche nel caso che noi tacessimo, sarebbe vostro compito porvi in ascolto della parola del Pastore [supremo] tramandataci dalle sacre Scritture.

Conto severo sarà chiesto al pastore eretico.

21. Tornando al tema propostoci, vediamo se Dio tolga le pecore ai cattivi pastori per darle ai buoni. Che le tolga ai pastori cattivi, lo vedo. Dice infatti: Ecco io [interverrò] contro i pastori e domanderò loro conto delle mie pecore che erano nelle loro mani; e le allontanerò da loro, in modo che non pascano più le mie pecore, e cosi essi non pasceranno più se stessi 85. Sebbene infatti io dica loro che pascano le mie pecore, essi pascono se stessi e non le mie pecore. Le allontanerò quindi, in modo che essi non pascano più le mie pecore. In che senso le allontana, sicché essi più non le pascano? Fate ciò che dicono, non ciò che essi stessi fanno 86. È come se dicesse: Dicono del mio, ma fanno del loro. Avrebbe potuto dire: Fate tranquillamente ciò che fanno, poiché, sebbene ad essi per la loro cattiva condotta io infliggerò il castigo, tuttavia ne risparmierò voi che avete seguito i vostri capi. Se avesse parlato in questa maniera, avrebbe incusso timore ai cattivi pastori, che pascono se stessi e non le pecore; ma il Signore vuole che tema non soltanto il cieco che fa da guida ma anche quello che si lascia guidare. Non dice infatti: Cadrà nella fossa il cieco che guida, mentre non vi cadrà chi lo segue, ma: Se un cieco fa da guida a un altro cieco, tutt'e due cadono nella fossa 87. Volendo quindi mettere in guardia anche le pecore disse: Fate ciò che dicono, ma non ciò che essi stessi fanno 88. Evitando di compiere le opere che compiono i cattivi pastori, vi sottraete al loro pascolo; facendo le opere che essi vi insegnano, vi lasciate pascere da me, poiché mie son le cose che essi, pur senza praticarle, vi dicono. Certuni affermano: Noi stiamo tranquilli, poiché seguiamo i nostri vescovi. Son parole che si odono spesso sulla bocca degli eretici, quando vengono convinti per l'evidenza sfolgorante della verità. Noi siamo il gregge - dicono -; di noi renderanno conto i nostri pastori. Certo, essi renderanno conto severo della vostra rovina, poiché il cattivo pastore renderà conto severo della rovina delle pecore, anche cattive. Tuttavia, vivrà forse la pecora per il fatto che la sua pelle è marchiata? Si rimprovera il pastore perché non s'è curato della pecora smarrita e questa è stata inghiottita e sbranata dal lupo. Cosa gioverà a un tale pastore presentare una pelle marchiata? Il padrone di casa vuole la vita della pecora; il cattivo pastore gli presenta la pelle. Di quella pelle renderà conto. Ma non potrà ingarbugliarlo? Colui che giudica ha osservato già prima ogni cosa dall'alto. Colui al quale il cattivo pastore voleva raccontar frottole registra i fatti, scruta i pensieri. Si provi dunque, il cattivo pastore, a render conto della pelle della pecora uccisa. Dirà: Le ho gridato le tue parole, ma essa si è ricusata di seguirmi; ho fatto l'impossibile per non farla allontanare dal gregge, ma lei non mi ha obbedito. Se, dicendo così, le sue parole saranno vere (Lui lo sa!), il pastore si sarà scagionato bene della sorte toccata alla pecora cattiva. Ma se egli non si è curato della pecora errante né l'ha richiamata quand'era sull'orlo della rovina (e Dio lo conosce), cosa gioverà al pastore l'aver ritrovato la pelle da riportarsi? La pecora avrebbe dovuto ritrovare, non la pelle dell'uccisa da presentare [al Giudice] ! E poi, se è vero che non ha scuse valide colui che ha omesso di ricercare la pecora smarrita, quali scuse potrà addurre colui che l'ha spinta nell'errore? E mi spiego. Se nell'ambito della Chiesa cattolica un vescovo renderà conto severo di ogni pecora che non abbia ricercata quando errava lontano dal gregge di Dio, quale non sarà il conto che dovrà rendere l'eretico, che non solo non richiama dall'errore le pecore ma ve le sospinge?.

Fate quel che dicono, non quel che fanno.

22. Vediamo ora - come accennavo sopra - in che modo Dio richiami le pecore dal seguito dei cattivi pastori. L'ho ricordato prima. Fate ciò che vi dicono, non ciò che loro stessi fanno 89. In realtà, chi vi pasce non sono loro ma Dio. Difatti i pastori, se vogliono appropriarsi della lana e del latte, debbono, volenti o nolenti, predicarvi la parola di Dio. Tu predichi di non rubare e intanto rubi 90, dice l'Apostolo a chi insegna il bene e vive male. Ebbene, in tal caso tu ascolterai chi ti esorta a non rubare, ma non imiterai chi ruba. Se lo imiterai nel rubare, ti lascerai pascere dalle opere dell'uomo cattivo il quale ti somministrerà del veleno, non cibo sano. Ascolta invece ciò che egli ti dice non di suo ma da parte di Dio. È vero infatti che non si raccoglie uva dagli spini - è questa una massima del Signore: Nessuno raccoglie uva dagli spini né fichi dagli sterpi 91 -, ma non per questo tu devi recriminare contro il tuo Signore dicendogli: Signore, tu mi metti in crisi, poiché mi dici che è impossibile raccogliere uva dagli spini e poi, nei riguardi di certe persone, mi esorti a fare ciò che mi dicono, pur evitando di fare ciò che fanno 92. Difatti, costoro per il fatto che agiscono male sono spini. Come pretendi che io, da tali spini, raccolga l'uva della [tua] parola? Ti risponderà: Tale uva non è prodotta dagli spini, ma è come quando un tralcio allungandosi penetra in una siepe: l'uva pende dal cespuglio di spini ma non nasce dalla radice dello spino. Se ti senti affamato e non hai altro per saziarti, stendi pure la mano verso la siepe, ma sta' attento a non lasciarti ferire dalle spine. Cioè: Non imitare la condotta dei cattivi! Raccogli pure l'uva che pende in mezzo alle spine ma nasce dalla vite. Tu dal grappolo ricaverai nutrimento, alle spine è riservato il tormento del fuoco.

Le pecore di Cristo ascoltano la sua voce.

23. Dice: Strapperò le mie pecore dalla loro bocca e dalle loro mani, né saranno più loro pasto 93. È questa un'idea che torna anche in un salmo: Non se ne accorgeranno forse tutti coloro che compiono opere inique e divorano il mio popolo come un boccone di pane? 94. Lo stesso qui. Non saranno più loro pasto, poiché così parla il Signore Iddio: Ecco io stesso 95... Ho sottratto ai pastori cattivi le mie pecore quando - come ricordavo sopra - le mettevo in guardia affinché non facessero le loro opere, e cioè: affinché le pecore per superficialità o trascuranza non facessero quel che fanno i loro cattivi pastori. E cosa aggiunge? A chi affida le pecore tolte ad essi? Forse a pastori buoni? Non continua così. E allora cosa diremo, fratelli? Non ci sono forse pastori buoni? Non è detto in un altro passo scritturale: Io darò loro dei pastori secondo il mio cuore e le pasceranno nella saggezza 96? In che senso dunque non dà ai pastori buoni le pecore che toglie ai cattivi ma, quasi che in nessuna parte siano rimasti dei buoni pastori, asserisce: Io stesso [le] pascerò? Eppure a Pietro diceva un giorno: Pasci le mie pecore 97. Come risolveremo il problema? Quando le pecore vengono affidate a Pietro, non si verificano le parole del Signore secondo le quali egli personalmente, e non Pietro, le avrebbe pascolate. Là infatti si dice: Pietro, mi ami tu? Ebbene, pasci le mie pecore. O che, forse, per il fatto che Pietro non è sulla terra - egli è nel riposo eterno fra gli Apostoli e i martiri - non ci sarà più adesso sulla terra nessuno al quale il padrone delle pecore possa dire fiducioso: Pasci le mie pecore?, sicché egli stesso debba scendere quasi per necessità - diciamo così -e menare al pascolo le sue pecore, non trovando persone a cui affidarle e, dall'altro canto, non volendole lasciare sole? Questo infatti sembrerebbe il senso delle parole: Questo dice il Signore Iddio: Ecco io stesso 98. Proprio come noi or ora dicevamo: Volgiti a noi, tu che pasci Israele e che conduci come un gregge Giuseppe 99, cioè il popolo formatosi in Egitto; poiché Giuseppe è lo stesso popolo d'Israele, in quanto diffuso fra le genti. Voi infatti sapete che Giuseppe dovette rifugiarsi in Egitto, dove fu venduto dai fratelli 100, come più tardi avverrà a Cristo venduto dai giudei. Non fu infatti senza motivo che fra gli apostoli ci fosse quel mercante di Giuda. Ebbene, quando Cristo cominciò a manifestarsi alle genti e fu da queste onorato, cominciò anche a svilupparsi nel mondo un suo popolo, un popolo che il buon pastore mai non abbandona. Dice: Scuoti la tua potenza e vieni a salvarci 101. E difatti così fa egli oggi e così farà sempre, secondo quelle parole: Ecco io stesso [provvederò] e ricercherò le mie pecore e le visiterò come il pastore visita il suo gregge 102. I cattivi pastori non si son curati delle pecore perché non le avevano riscattate con il loro sangue. Continua: Come il pastore visita il suo gregge nel giorno. Quale giorno? Quando ci saranno turbine e nuvolosità 103, cioè pioggia e nebbia. Pioggia e nebbia sono gli errori del mondo presente; grande infatti è la foschia che si leva dalle passioni umane: nebbia fitta che ricopre la terra, e in mezzo a questa nebbia è difficile che le pecore non si smarriscano. Tuttavia il pastore non le abbandona ma le ricerca, lui che con vista acutissima penetra la nebbia e non è ostacolato dall'opacità delle nubi. Egli vede, e da ogni parte richiama la [pecora] smarrita, in modo che si adempiano le parole del Vangelo: Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono 104. In mezzo alle pecore disperse io ricercherò così le mie pecore, e le ricondurrò all'ovile da ogni luogo in cui si saranno sperdute nel giorno del turbine e della nuvolosità 105. Quando sarà difficoltoso ritrovarle, le ritroverò io di persona. Sia pur fitta la nebbia e denso il turbine nulla sfugge al suo occhio.

Monti d'Israele sono gli autori delle Scritture.

24. E le ritrarrò di mezzo alle genti e le raccoglierò dalle [diverse] regioni, e le ricondurrò nella loro terra e le pascerò sui monti d'Israele 106. Egli ha formato i monti d'Israele, cioè gli autori delle Scritture divine. Lì andate a pascolare, se volete pascolare sicure. Ciò che udrete da quei monti formi il vostro gusto; ciò che vi viene da altre parti, respingetelo. Per non smarrirvi fra le nebbie, ascoltate la voce del pastore: raccoglietevi attorno ai monti che sono le sacre Scritture. Lì sia la delizia del vostro cuore, poiché lì non c'è nulla di velenoso né di estraneo: sono pascoli inesauribili. Badate soltanto a giungervi sane, per pascervi salutarmente sui monti d'Israele. E lungo i ruscelli e in ogni dimora esistente sulla terra 107. Dai monti or ora descritti sono emanati i ruscelli dell'annuncio evangelico, quando il loro suono si diffuse per tutta la terra 108 e ogni dimora esistente sulla terra si allietò e divenne feconda e capace di nutrire le pecore. Le pascerò in pascoli ubertosi e sugli alti monti d'Israele. Lì saranno i loro ovili 109. Vuol dire: Lì avranno modo di riposare, lì diranno: Ora stiamo bene; lì diranno: È vero, è chiaro, non siamo ingannate. Riposeranno nella gloria di Dio come nel loro ovile. Dormiranno (è lo stesso che "riposeranno") e riposeranno in luoghi buoni e deliziosi 110.

25. Pascoleranno in pascoli ubertosi sui monti d'Israele 111. Ho già parlato dei monti d'Israele: monti buoni, verso i quali leviamo lo sguardo perché ce ne venga l'aiuto 112. Ma il nostro aiuto è dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Per questo, al fine d'insegnarci che la nostra speranza non riposa nei monti, nemmeno quelli buoni, dopo aver detto: Pascerò le mie pecore sui monti d'Israele 113, perché non ti fermassi nei monti, subito aggiunge: Io pascerò le mie pecore. Leva pure lo sguardo ai monti da cui ti viene l'aiuto, ma ricordati di colui che ti dice: Io le pascerò. Difatti l'aiuto viene a te dal Signore, creatore del cielo e della terra.

26. E io le farò riposare, dice il Signore Iddio 114. Per farle riposare, prima di che cosa si premura? È infatti di quello che prima ha curato che in seguito dice: Così parla il Signore Iddio: Ricercherò le pecore perdute, richiamerò quelle sbandate, fascerò quelle con le ossa spezzate, rinvigorirò quelle in fin di vita e custodirò quelle che son grasse e robuste 115. Cose tutte, queste, che non facevano i pastori cattivi, intenti a pascere se stessi e non le pecore. Non dice il Signore: Incaricherò altri pastori, pastori buoni, che facciano queste cose, ma: Io stesso lo farò - dice -, né affiderò ad altri pastori le mie pecore. Voi, fratelli, siete al sicuro; voi, pecore, siete sicure; quanto a noi invece sembra che dovremmo temere che venga a mancare il buon pastore.

Cristo pasce con retto giudizio coloro che ha riscattati.

27. Conclude nel modo seguente: E le pascerò con [retto] giudizio 116. Nota come lui sia l'unico a pascere perché pasce con giudizio. Quel uomo infatti è in grado di giudicare rettamente l'uomo? Il mondo è pieno di giudizi avventati. Si dispera della salvezza di uno, e invece eccotelo convertirsi e diventare ottimo. Si ha cieca fiducia in un altro; invece all'improvviso scantona e diventa pessimo. Non siamo certi né in quello che temiamo né in quello che amiamo. Che cosa sia adesso un uomo, lo sa, sì e no, l'interessato: il quale, se sa con una certa approssimazione quello che è al presente, non sa in alcun modo quel che sarà domani. Dio solo dunque pascola con giudizio, distribuendo a ciascuno quel che gli compete: questo a questi e quello a quelli, a ciascuno secondo quel che gli è dovuto: questo o quest'altro. Egli infatti ben conosce il da farsi: egli pasce con retto giudizio coloro che riscattò sottoponendosi al giudizio. Sicuramente quindi egli pasce con giudizio.

Il diavolo seduttore punito.

28. Sta scritto nel profeta Geremia: Una pernice ha gridato; ha radunato i figli da lei non generati, accumulando ricchezze senza giudizio 117. A differenza di questa pernice, che si procura ricchezze senza giudizio, il pastore divino pasce con giudizio. Perché della pernice si afferma che opera senza giudizio? Perché raduna ciò che lei non ha generato. Perché il pastore agisce con giudizio? Perché ha cura di ciò che ha generato. Parliamo infatti del pastore buono. I pastori buoni o non ci sono o stanno nascosti... Se non ci sono, perché occuparcene? Se stanno nascosti, perché passarli sotto silenzio? Ad ogni modo però, quanto alla pernice sopra nominata, certi studiosi dell'antichità che ci hanno preceduto nell'interpretazione della Scrittura 118 vi hanno ravvisato il diavolo, il quale si raduna attorno un popolo da lui non generato. Il diavolo infatti non è creatore ma seduttore, e si procura delle ricchezze senza curarsi del giudizio. Non gli interessa infatti se uno sbaglia in una direzione e un altro in un'altra: vuole che tutti vadano fuori strada, qualunque sia l'errore in cui ciascuno incappa. Quanto sono diverse le eresie! quanto diversi i vari errori! Di tutti però si compiace il diavolo, se l'uomo ne è traviato. Il diavolo non dice: Ci siano pure i donatisti, ma non ci siano gli ariani. Gli uni e gli altri, si trovino qui o altrove, son proprietà sua: di lui, cioè, che raduna senza giudizio. Dice ancora: Adori pure quel tale gli idoli: egli è mio. Ovvero: Rimanga nelle aberrazioni del giudaismo: è mio. Abbracci questa o quell'eresia: quando si sarà staccato dall'unità, è mio. Ecco chi raduna accumulando ricchezze senza giudizio. Ma come prosegue il testo sacro? A metà dei suoi giorni lo abbandoneranno e alla fine diverrà uno stolto 119. Verrà infatti il Signore a radunare da ogni dove le sue pecore, e l'altro a metà dei suoi giorni (cioè più presto di quanto non si lusingasse o illudesse) si vedrà abbandonato e alla fine diverrà uno stolto. Perché in un primo tempo egli era sapiente e alla fine diviene uno stolto? Ascoltatemi, fratelli! Nella Scrittura a volte col nome di sapienza si indica l'astuzia, per un uso abusivo, non appropriato, della parola. Si dice ad esempio: Dov'è il sapiente? dove lo scriba? dove il sottile ricercatore della scienza mondana? Non ha forse Dio resa stolta la sapienza di questo mondo? 120. Ora, questa pernice, che è lo stesso di dragone e di serpente, fu, per così dire, sapiente quando ingannò Adamo servendosi di Eva 121. Lo si ritenne veritiero, si suppose che volesse dare un consiglio vantaggioso, e gli si prestò fede a dispetto di Dio. E tutto questo è chiamato sapienza, per un uso improprio e peggiorativo del termine frequente nelle nostre Scritture (cosa infatti intendano per "sapienza" gli autori profani, a noi non interessa). Lo si ricava dal medesimo libro, dove è detto: Il serpente era la più saggia di tutte le bestie 122. Saggio più di tutte le bestie in quanto fu più astuto e scaltro nell'ordire l'inganno. In un secondo momento poi, ecco che non lo si crede più e gli si dice: Noi rinunziamo a te. Basta l'averci tu presi di sprovvista una volta e ingannati. Così alla fine diverrà stolto: i suoi tranelli saranno scoperti e quindi non saranno più tranelli. Alla fine diverrà stolto lui che s'è raccolto attorno figli da lui non generati e si è procurato delle ricchezze senza giudizio. A differenza di lui, il nostro Redentore ci pasce nel giudizio.

Le astuzie degli eretici.

29. Ecco ora un eretico. Se non un fratello del diavolo certo ne è un collaboratore e un figlio. Anche a costui io darei il nome di pernice, animale litigioso al segno che (come ben sanno i cacciatori) si lascia prendere anche per la voglia che ha di attaccare. Allo stesso modo gli eretici muovono attacchi alla verità; e questo fin dal momento che si separarono dall'unità. Attualmente dicono: Non abbiamo alcuna voglia di litigare; ma lo dicono perché già sono stati catturati. Anzi, oggi non hanno più nemmeno l'occasione di dire: Non voglio litigare. O eretico, ora imbrigliato, tempi addietro, agli inizi del tuo scisma, tu eri certamente uno di quelli che rimproveravi i "traditori" condannavi gli innocenti, ricorrevi al giudizio dell'imperatore, dissentivi dalle sentenze dei vescovi, vinto ti appellavi ripetutamente, e dinanzi al tribunale dell'imperatore contendevi con un accanimento esacerbato. Volevi radunare figli che non avevi generati. Dov'è ora la tua alterigia, le tue chiacchiere, i tuoi insulti? Effettivamente, avvicinandoti alla tua fine sei divenuto uno stolto, e ti sei messo a temere, sebbene senza giudizio. Non cerchi infatti un giudizio retto né riguardo al tuo errore né riguardo alla verità. A differenza di te, Cristo ci pasce nel giudizio, discernendo a dovere le sue pecore da quelle che non sono sue. Dice: Le mie pecore conoscono la mia voce e mi seguono 123.

Non mancheranno mai i buoni pastori.

30. In questo passo trovo che nell'unico pastore ci sono tutti i pastori buoni. Non è infatti vero che manchino i buoni pastori: essi si trovano nell'unico pastore. Gli altri, essendo divisi, sono in molti; fra noi si predica che uno è il pastore come affermazione di unità. Che se si omette di parlare dei diversi pastori per menzionare l'unico pastore, non lo si fa perché il Signore non abbia trovato a chi affidare le sue pecore. Le affidò un tempo quando trovò Pietro; ma nella scelta stessa di Pietro inculcò l'unità. Gli Apostoli erano molti, eppure fu detto ad uno solo: Pasci le mie pecore 124. Lungi da noi il pensiero che adesso manchino i buoni pastori! Dio non voglia che ne rimaniamo privi! Lungi da noi il pensiero che la misericordia divina abbia smesso di generarli e d'investirli della loro missione! In realtà, se ci sono buone pecore debbono esserci anche buoni pastori: i buoni pastori infatti nascono in mezzo a buone pecore. Tuttavia i buoni pastori sono tutti nell'unità, sono una cosa sola. In essi che pascolano, è Cristo che pascola. Non fanno risuonare la loro voce, gli amici dello sposo, ma si rallegrano quand'odono la voce dello sposo 125. Quando pascono loro è Cristo che pasce, e per questo può dire: Io pasco, in quanto in loro c'è la sua voce e la sua carità. Riandiamo a Pietro. Nell'atto di affidare a lui, come a persona distinta, le proprie pecore, Cristo volle immedesimarlo con sé, sicché, consegnando a lui le pecore, il Signore restasse sempre il capo e Pietro rappresentasse il corpo, cioè la Chiesa, e tutt'e due, come lo sposo e la sposa, fossero due in una sola carne 126. A tal fine (cioè per non affidare come ad un estraneo le proprie pecore) cosa gli chiede prima di consegnargliele? Pietro, mi ami tu? E Pietro: Sì, ti amo. E di nuovo: Mi ami tu? E Pietro: Sì, ti amo. E per la terza volta: Mi ami tu? E Pietro: Sì, ti amo 127. Gli conferma l'amore per rinsaldare l'unità. In simili pastori pasce dunque l'unico pastore, essendo tutti nell'unità: per cui dei pastori [buoni] non si fa menzione [nella profezia], pur non omettendosi di parlarne. Se tali pastori si gloriano di qualcosa, ricordano che chi si gloria si glori nel Signore 128. Ecco cosa significa pascere Cristo, per Cristo e in Cristo, e non voler pascere per sé escludendo Cristo. Non è infatti in riferimento alla scarsità dei pastori che il profeta dice: Io stesso pascerò le mie pecore 129 (cioè: Non ho a chi affidarle), quasi che preannunzi per l'avvenire simili tempi disgraziati. Anche al tempo di Pietro, anche quando erano al mondo gli Apostoli (cioè quando vivevano su questa terra), disse quell'uno nel quale tutti si forma una unità: Ho delle pecore che non sono di questo gregge, e bisogna che io le conduca [all'ovile], perché uno sia il gregge e uno il pastore 130. Che tutti i pastori siano dunque nell'unico pastore ed emettano l'unica sua voce, in modo che le pecore ascoltino quest'unica voce e seguano il loro pastore! Non questo o quello, ma l'unico. E in lui parlino tutti un unico linguaggio; non abbiano voci discordanti. Vi scongiuro, fratelli! Abbiate tutti lo stesso sentire, né siano scismi tra voi! 131. Ecco la voce limpida, purificata da ogni scisma e da ogni eresia, che le pecore debbono ascoltare, seguendo il loro pastore che dice: Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono 132.

I donatisti respingono i cattolici dalle loro assemblee.

31. Vuoi convincerti, o eretico, di quanto tu sia privo della voce del pastore e di quanto pericolosamente le pecore seguono te, internamente lupo rapace sebbene all'esterno rivestito di pelle di pecora 133? Che ascoltino la tua voce! Vedremo se sia la voce di Cristo. Ecco, una pecora malata, smarritasi dal gregge, cerca la Chiesa. Non sapendo dove sia il gregge di Cristo, ne va in cerca per riunirvisi, ne cerca la porta. Parla! facci udire se [la tua voce] sia quella di Cristo, se sia voce d'agnello o di pernice. La pecora di Dio cerca il suo gregge. Fa' conto che si tratti di una pecora partitasi dall'oriente e giunta in Africa. Mentre cerca il suo gregge, s'imbatte in te, nella tua basilica, e vuole entrare. Trattandosi d'una faccia sconosciuta, tu rimani perplesso: tu o il tuo accolito. In piedi o seduto, alla porta egli interroga la pecora che sta ricercando il suo gregge o, meglio, il gregge di Dio. Ella vuol entrare fra quelli del suo gregge che crede si trovi lì, e tu prendi a interrogarla: Sei pagano o cristiano? Risponde: Cristiano; si tratta infatti d'una pecora del Signore. Gli domandi se per caso sia catecumeno e si disponga ai sacramenti, e ti risponde: Sono un fedele. Gli chiedi ancora di quale comunione sia, e ti risponde: Sono cattolico. Tu allora lo scacci: scacci chi è cristiano, fedele, cattolico. Chi sono, dunque, quelli che ti tieni dentro? Avanti! sbattilo pure fuori, scomunicalo! Scomunicato da te, sarà accettato da Cristo. E volesse il cielo che quanti sono presso di te ti conoscano [a fondo] e nel mezzo dei tuoi giorni ti piantino in asso! Alcuni dei nostri fratelli ieri si recarono alla basilica degli eretici: per quanto infatti cattivi fratelli, essi son sempre fratelli. Orbene, fratelli miei, notate la differenza che passa tra la fiducia di chi è nella verità e il timore di chi è nella falsità. Quando in mezzo alla folla voi riconoscete qualcuno di loro, come godete! Questo, perché in voi è colui che cerca chi s'era perduto 134. Talvolta vi si insinua: "Vi ascolterà ma poi vi abbandonerà". E voi: "Che intanto ascolti! anche se dovesse abbandonarci". "Ma... ascolterà e si befferà di voi!". "Ascolti anche se dovesse beffarsi di noi!. Verrà giorno in cui rinsavito riconoscerà [la verità]. Verrà giorno in cui il suo popolo lo abbandonerà e rimarrà solo con la sua coscienza. Allora rinunzierà al suo errore e ringrazierà Dio". Loro invece come si comportano? "Chi siete?". "Siamo cristiani". "Non è vero; siete spioni". E gli altri: "Noi siamo cattolici". Al sentir questo, più volte li hanno strapazzati, sebbene poi, cambiando idea, se ne siano pentiti. Oh, volesse il cielo che si pentano di rimanere nello scisma come si son pentiti d'aver oltraggiato quelli che erano andati da loro! Comunque, quelli che hanno scacciati erano cristiani, fedeli, cattolici. Chi siano coloro che si son tenuti, non voglio dirlo. Vedo chi abbiano scacciato. Chi si siano tenuti, lo dicano loro!.

32. Emettano dunque la loro voce! Controlliamo se sia la voce di Cristo, la voce del pastore che le pecore debbono seguire. Sia buono o cattivo l'uomo che la emette, osserviamo se sia la voce del Pastore. Un'anima inferma e fuorviata cerca la Chiesa. Tu cosa le dici? La Chiesa è nella setta di Donato. Ma io vo in cerca della voce del pastore! Trovami in qualche profeta o nei salmi una prova che lo confermi. Citami qualcosa o dalla Legge o dal Vangelo e dagli scritti apostolici. Attingendo alle stesse fonti, io ti mostrerò che la Chiesa dev'essere sparsa per tutto il mondo, e comincio con le parole del Signore: Le mie pecore ascoltano la mia voce e mi seguono 135. Qual è la voce del pastore? Nel nome di lui ha da essere predicata la conversione e il perdono dei peccati in tutte le genti a cominciare da Gerusalemme 136. Ecco la voce del pastore. Riconosci te stesso e segui lui, se vuoi essere una delle sue pecore.

Le Scritture parlano dell'universalità della Chiesa.

33. Ma quei tali consegnarono i sacri codici e quegli altri offrirono incenso agli idoli: ad esempio quel tale, quell'altro. Che importa a me di quello e di quell'altro? Se si son comportati così, è segno che non erano pastori. Tu fai conoscere la voce del Pastore, poiché non annunzi la voce del Pastore per riguardo a loro. Tu li accusi, non il Vangelo! tu, non uno dei profeti o degli apostoli! Se la voce di questi mi parla di qualcheduno, io ci credo; agli altri non credo. Ma tu mi presenterai gli atti [del proconsole]. Ti presento gli atti, mi dici. Ebbene, crediamo alle tue testimonianze; tu però credi alle mie. E se io non le crederò, allora non credere nemmeno tu alle mie. Oh, si tolgano di mezzo i documenti umani e risuonino le voci divine! Citami una sola riga della Scrittura che sia favorevole allo scisma di Donato. Ascolta invece le innumerevoli testimonianze in prò della Chiesa universale. Chi potrà contarle? chi esaurirle? Tuttavia, tanto per ricordarne qualcuna, odi la Legge, il testamento primitivo di Dio. Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 137. Nel salmo: Chiedi a me, e io ti darò in eredità le genti, i confini della terra in tuo possesso 138. Si ricorderanno e si volgeranno al Signore tutti i confini della terra, e lo adoreranno tutte le famiglie delle genti, poiché suo è il dominio e lui governerà le genti 139. Cantate al Signore un cantico nuovo; cantate al Signore, [o uomini di] tutta la terra 140. E: Lo adoreranno tutti i re della terra, tutte le genti lo serviranno 141. Chi sarà in grado di citare [tutti i passi]? Non c'è pagina, si può dire, in cui non si parli di Cristo e della Chiesa diffusa su tutta la terra. Mi si tiri fuori una sola parola in favore dello scisma di Donato! È forse troppo quello che ti chiedo? Loro dicono che la Chiesa diffusa su tutta la terra sarebbe scomparsa. Scomparsa quando con tante testimonianze la si predice stabile per sempre? Non c'è in tal senso, né nella legge né nei profeti né nei salmi, una sola voce che sia voce del pastore. Né loro sono mai stati in grado di dire la verità, separati come sono dal Verbo di Dio, cioè da Cristo. Ora ascolta la voce del Verbo e ascoltala dalla bocca stessa del Verbo.

34. Ammirando la fede del centurione, disse: In verità vi dico che in Israele non ho trovato una fede così grande. Per questo vi dico: Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente e si assideranno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli 142. Molti verranno dall'Oriente e dall'Occidente: ecco la Chiesa di Cristo, il gregge di Cristo! Notalo bene, se vuoi essere una pecora [buona]. Non può sfuggirti un gregge diffuso per ogni dove; né troverai cosa rispondere al tuo giudice, che ti sei rifiutato d'avere per tuo pastore. Non potrai - dico - ribattere al tuo giudice: Ma io non lo sapevo! Non l'ho mai visto; non ne ho mai sentito parlare. Cosa non sapevi? Nessuno può sottrarsi al suo calore 143. Cosa non hai visto? Le estremità della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio 144. Che cosa non hai udito? In tutta la terra s'è sparso il loro rumore e fino agli estremi confini della terra le loro parole 145.

Nessun testo scritturale è a favore dei donatisti.

35. A buon diritto si esige di udire da voi la voce di Cristo, la voce del pastore che le pecore debbono udire per porsi al suo seguito. Voi non trovate una risposta, in quanto non avete la voce del pastore. Ascoltatelo e mettetevi al suo seguito! Smettetela con la [vostra] voce da lupi e seguite la voce del pastore; o, almeno, fateci ascoltare la voce del pastore. Rispondono: Certo che ve la facciamo sentire! Bene! ascoltiamo. Anche da noi risuona la voce del pastore. Ascoltiamola! Dicono: Nel Cantico dei cantici la sposa parla allo sposo, la Chiesa a Cristo. Noi conosciamo il Cantico dei cantici: un poema santo, un poema d'amore, di amore santo, di santa carità, di santa dolcezza. Mi piace veramente ascoltare da quel carme la voce del pastore, la voce dello sposo amabilissimo. Tira fuori quel che ci trovi. Ascoltiamo! Dicono: La sposa rivolge allo sposo queste parole: Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli, dove riposi 146. E lui (sempre secondo loro) risponde: Nel mezzodì. Io ti portavo delle prove irrefragabili, prove che non ammettevano interpretazioni differenti, come [ad esempio]: Chiedi a me, e io ti darò in eredità le genti, i confini della terra in tuo possesso 147; ovvero: Se ne ricorderanno e si volgeranno al Signore tutti i confini della terra 148. E tu cosa mi vieni a presentare dal Cantico dei cantici? Un brano che, probabilmente, tu stesso non capisci. Difatti il Cantico è un libro denso di misteri, che solo pochi, dotati del dono dell'intelletto, riescono a penetrare, e che vengono palesati soltanto a quei pochi che perseverano nel bussare 149. Quanto a te, accetta e conserva con venerazione e rispetto le verità palesi, per meritarti la comprensione di quelle occulte, poiché... come pretenderai d'essere scopritore di verità nascoste se avrai disprezzato quelle manifeste?.

Esegesi di Cant 1, 6 di cui abusavano i donatisti.

36. Vogliamo ora, fratelli, esaminare (nei limiti che ci è consentito) le parole del Cantico. Ci aiuti il Signore a mostrarvi quale ne sia il significato esatto. In primo luogo notiamo una cosa che con estrema facilità può essere valutata da tutti, anche dai più ignoranti, e cioè com'essi spezzino malamente la frase. Appena l'ascolterete ve ne convincerete. Il testo della profezia, come giace, si presenta così. La sposa parla allo sposo dicendogli: Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi 150. Che queste siano parole rivolte dalla sposa allo sposo (cioè dalla Chiesa a Cristo), non lo poniamo in dubbio né noi né loro. Ma ascolta tutte le parole della sposa. Perché vuoi attribuire allo sposo parole che invece sono dette ancora dalla sposa? Prima si riferiscano per intero le parole della sposa, poi risponderà lo sposo. Ascolta come non ci sia cosa più evidente della divisione [della frase] di cui ti parlerò. Non vi troverai alcun appiglio. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì. È sempre la sposa che dice: Dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì. Nota come sia realmente la stessa sposa a pronunziare tali parole. Continua infatti il testo: Affinché io non diventi come una [che è] nascosta fra i greggi dei tuoi compagni 151. Suppongo che voi tutti, dotti e ignoranti, sappiate distinguere fra genere maschile e genere femminile. Nascosta di che genere è? Lo chiedo a tutti: È maschile o femminile? Dice: Rivela a me, o diletto dell'anima mia. Parlando di un diletto, si rivolge a un uomo, allo sposo. Che poi a interpellare quest'uomo sia una donna, lo indicano le parole successive: Rivela a me dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzogiorno, perché io non divenga come una [che è] nascosta. Intendi nascosta [al femminile] perché il senso sia palese. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzogiorno, perché io non divenga come una [che è] nascosta fra i greggi dei tuoi compagni. Fin qui le parole della sposa; dopo cominciano (è chiarissimo) le parole dello sposo: Bada a conoscere te stessa! Pur essendo donna, riconosci virilmente te stessa. Bada - dice - a conoscere te stessa 152, - e ascolta anche il seguito: o bella fra le donne -. Bada a conoscere te stessa o bella fra le donne! Esci sulle orme dei greggi e pasci i tuoi capretti fra le tende dei pastori, non dentro la tenda del pastore. Nota come lo sposo parli minaccioso. Nota com'egli, sebbene amabile, dinanzi al pericolo escluda ogni lusinga. Con che tenerezza aveva parlato lei! Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì 153. Verrà infatti il mezzogiorno, quando i pastori si rifugiano sotto l'ombra, e potrebbe, forse, celarmisi il luogo dei tuoi pascoli e del tuo riposo, mentre io voglio che tu me lo riveli affinché io non sia come una che è nascosta, cioè non vista, sconosciuta. In realtà io sono manifesta, né ha da succedere che, come una che è nascosta, celata, mi mescoli alle greggi dei tuoi compagni. Difatti tutti gli eretici sono usciti dal [gregge di] Cristo. Quanti son diventati pastori cattivi e posseggono greggi non propri, pur avendoli segnati col nome di Cristo, un tempo furono suoi compagni, presero parte alla sua mensa. Si chiamano infatti compagni coloro che partecipano (come si dice) di una mensa comune; e la lingua latina li dice appunto sodales per il fatto che mangiano alla stessa mensa. Ascolta da un salmo il rimprovero che un tale rivolge a certi cattivi compagni, cioè a gente nutrita alla stessa mensa. Dice: Se mi avesse ingiuriato un nemico, l'avrei tollerato; se contro di me avesse pronunciato parole offensive, mi sarei certo nascosto lontano da lui. Ma tu, mio amico e mio conoscente, tu, mia guida che insieme con me prendevi i cibi gustosi 154. In effetti, molti amici del Signore, ingrati alla mensa da lui imbandita, se ne sono usciti fuori. Erano commensali perversi, e si fecero mense proprie ed eressero dei contraltari. In costoro teme lo sposo che la sposa abbia ad incorrere.

Il cristiano forestiero che capita in Africa.

37. Tu ritieni che il mezzodì sia l'Africa. Io potrei dimostrarti che parti della terra situate a mezzodì siano piuttosto l'Egitto o quelle regioni bruciate dal sole dove non piove mai. Difatti sono il mezzodì quei luoghi dove picchia il sole a metà giorno. Là però c'è il deserto, che rigurgita di migliaia di servi di Dio. Per cui, se vogliamo parlare di mezzodì in senso locale, perché non sarebbero quelli i luoghi dove egli ha i suoi pascoli e dove riposa, dal momento che fu detto: Ubertosi saranno i deserti più aridi 155? Ma voglio ammettere la tua interpretazione e ritenere che il mezzodì sia l'Africa. Sia dunque l'Africa il mezzodì, dove sono i cattivi compagni. La Chiesa d'oltremare, in qualche suo membro, fa vela per l'Africa e, sollecita che quel tale possa cadere in errore, invoca il suo sposo e gli dice: Sento dire che in Africa ci sono in gran numero gli eretici, in gran numero i ribattezzatori. Tuttavia - a quanto sento dire - ci sono anche i tuoi. Mi giunge l'una e l'altra notizia; ma io voglio udire direttamente dalla tua bocca quale dei due gruppi sia il tuo. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi a mezzodì 156, cioè in quelle regioni meridionali donde mi giunge notizia dell'esistenza di due fazioni: l'una di Donato, l'altra in comunione con l'universo a te fedele. Dimmi tu stesso dove debbo andare, in modo che io, come una [che è] nascosta (cioè sconosciuta), non sia fra i greggi dei tuoi compagni 157. Affinché cioè non m'imbatta nei greggi degli eretici, intenti a sovrapporre pietra su pietra nel loro edificio destinato a crollare, né precipiti in mezzo ai ribattezzatori. Rivela a me. Le risponde colui che, volendo inculcare l'unità del pastore, nel brano ora letto diceva: Io stesso le pascerò 158; colui che biasimava certi pastori che, per essere in molti, avevano lacerato l'unità. La sua risposta non è mite ma quanto mai severa, proporzionata alla gravità del pericolo. Dice: Bada a conoscere te stessa, o bella fra le donne 159. Tu sei bella fra le donne, ma sappiti riconoscere! Da che cosa ti riconoscerai? Dall'essere in tutto il mondo. Se infatti sei bella devi possedere l'unità, poiché dove c'è divisione c'è bruttezza, non beltà. Bada a conoscere te stessa! Hai creduto in me: riconosci te stessa! Come hai creduto in me? Alla stessa maniera come vi hanno creduto quei tuoi cattivi compagni i quali, come te, ammettono che il Verbo si sia fatto carne, sia nato dalla Vergine, sia morto sulla croce e poi sia risorto e asceso al cielo. Tale mi hai creduto tu ed altrettanto mi proclamano loro. Ebbene, sappi riconoscere me e te: me in cielo, te sparsa su tutta la terra. È Cristo che così apostrofa un membro qualsiasi della Chiesa, come parlando alla Chiesa intera. Difatti, come potrebbe la Chiesa essere in cerca della Chiesa? Voglio argomentare come usano loro. Rivela a me, o diletto dell'anima mia, dove siano i tuoi pascoli e dove riposi 160. Cosa cerca? La Chiesa. E l'interpellato, come mostrandole la Chiesa, risponde: Nel mezzodì. Così interpretano. Mi rispondano allora come faccia la Chiesa a ricercare la Chiesa. Rivela a me, o diletto dell'anima mia. Chi parla così? La Chiesa. Cosa desidera le venga palesato? Dove siano i tuoi pascoli e dove riposi, cioè dove sia la Chiesa. Parla la Chiesa e cerca dove si trovi la Chiesa; e l'altro - così opinano - risponde: Nel mezzodì. Se, come dicono il mezzodì è unicamente l'Africa, come fa la Chiesa a domandare dove lei stessa si trovi? O, forse, è la Chiesa d'oltremare che si pone la domanda (in verità pertinente) nei riguardi del mezzodì per non cadere in errore. È Cristo che si rivolge ai singoli membri della sua Chiesa e come parlando a [tutt'intera] la sua Chiesa. E cosa dice? Bada a riconoscerti, o bella fra le donne; altrimenti esci fuori 161! Uscire è proprio degli eretici. Orbene, o sappiti riconoscere o esci fuori! poiché, se non saprai riconoscerti, uscirai fuori. E dove andrai uscendo? Sulle orme dei greggi: seguirai greggi cattivi. Non credere che, uscendo fuori, seguirai le orme delle pecore! Ascolta come continua [il profeta]: Esci fuori, sulle orme dei greggi, e pasci i tuoi capretti 162. Non le pecore! E voi sapete, fratelli, dove andranno a finire i capretti. Tutti coloro che sono usciti dalla Chiesa finiranno alla sinistra. A Pietro che persevererà è detto: Pasci le mie pecore 163; all'eretico che se ne andrà via: Pasci i tuoi capretti 164.

Esegesi donatista di Hab 3, 3.

38. Insistono: C'è un altro testo. Ugualmente contro di te. Dillo: ascoltiamo! Sarà senz'altro contrario a te, come il precedente che ritenevi a te favorevole. Dicono: È vero che per mezzodì intendete l'Egitto? Noi allora potremmo intenderlo in molte altre maniere; anzi, prendendo lo stesso Egitto per una qualsiasi regione del mondo; potremmo perfino identificarlo con l'Africa. Odi però cosa io intendo per mezzodì. Vi intendo il fervore degli uomini spirituali, ardente per il fuoco della carità, splendente per la luce della verità. Si dice infatti in un salmo: Manifestami la tua destra e quanti hanno il cuore istruito nella sapienza 165. Mostrami la destra, non i capretti; e quanti hanno il cuore istruito nella sapienza, poiché un uomo siffatto è il mezzodì, come sta scritto nel profeta: Le tue tenebre saranno come il meriggio 166. In molte maniere possiamo quindi interpretare questo "mezzodì", ma io voglio vedervi proprio l'Africa, nient'altro che l'Africa. Forse da te mi viene una spiegazione migliore di quella che, senz'essere edotto da te, io non sarei riuscito a scoprire. Sia dunque l'Africa il mezzodì ! Ma la Chiesa d'oltremare teme d'incappare nei ribattezzatori, teme d'imbattersi come una sconosciuta nelle greggi dei compagni, e chiede allo sposo che le riveli dove siano i suoi pascoli e dove riposi a mezzodì 167. Questo, perché nello stesso mezzodì ci sono alcuni nei quali egli pasce mentre in altri non pasce, alcuni nei quali riposa e altri nei quali non riposa. Ebbene, ascolti [questo emigrante] il [nostro] consiglio: Venga dalla Chiesa cattolica; non si mescoli ai greggi dei compagni, non si metta a pascere propri capretti! E adesso citami pure il testo che mi volevi citare. Risponde: Il profeta afferma: Dio verrà dalle regioni dell'africo 168. Ora, dove è l'africo lì c'è anche l'Africa... O testimonianza [veramente magnifica]! Dio verrà dalle regioni dell'africo. E questo vorrà dire che Dio ha da venire dall'Africa? Dunque gli eretici proclamano che in Africa ha da nascere un altro Cristo e da lì spingersi per tutto il mondo ! Vi prego, cosa significa: Dio verrà dalle regioni dell'africo? Se voi mi rispondeste: Significa che Dio ha soggiornato in Africa, questa sarebbe certo una risposta sconcia. Voi invece mi asserite che significa: Dio ha da venire dall'Africa! Di Cristo sappiamo dove sia nato, dove abbia patito, dove sia asceso al cielo e donde abbia inviato gli apostoli, dopo averli riempiti di Spirito Santo, comandando di evangelizzare il mondo intero. Al suo ordine si attennero i discepoli e il mondo è già pieno del messaggio evangelico; e tu mi sostieni che Dio ha da venire dall'Africa?

Replica di Agostino.

39. Mi replica: Allora dimmi tu il significato delle parole Dio verrà dalle regioni dell'africo. Cita per intero il passo e forse lo comprenderai. Dio verrà dalle regioni dell'africo, e il Santo dal monte ombreggiato 169. Spiegami tu in che modo può venire dall'Africa, se viene dal monte ombreggiato. Lo scisma di Donato è sorto in Numidia: furono numidi quelli che per primi passarono allo scisma, provocando tumulti e scandali e infliggendo [alla Chiesa] una terribile piaga. Altri numidi ve li sospinsero. Ve li sospinse Secondo di Tigisi, e dove sia Tigisi è cosa nota. I chierici che vi furono inviati li radunarono fuori della chiesa, né vollero far parte del clero cartaginese. Si nominarono un visitatore, e furono accolti in casa da Lucilla. L'autore di tutta questa sciagurata vicenda fu, dunque, un eretico della Numidia. Ora, nella Numidia, da cui ebbe origine il movimento che con tanti disastri è giunto fino a noi, c'è sì e no un qualche cespuglio, tant'è vero che la gente abita nelle grotte. Ci saranno dunque nella Numidia montagne ombreggiate? Spiegami la cosa. Non fermarti alle parole: Dio verrà dalle regioni dell'africo; io voglio la spiegazione anche del resto: Il Santo [verrà] dal monte ombreggiato. Mostrami come il donatismo, sorto in Numidia, possa venire dal monte ombreggiato. Ovunque troverai regioni prive di vegetazione. Se vi sono dei campi fertili, essi son coltivati a frumento, ma in nessun posto troverai oliveti o altre piantagioni che rendano ameno il paese. Come parlare di monti ombreggiati esistenti in Numidia, donde ha tratto origine lo scandalo donatista?.

La realizzazione della profezia di Hab 3, 3.

40. Insistono: Spiegami dunque tu cosa significhi il detto: Dio verrà dalle regioni dell'africo e il Santo dal monte ombreggiato. Vedi quanto mi sia facile spiegartelo! Ascolta in primo luogo le parole del Signore: Era necessario che Cristo patisse e il terzo giorno risorgesse, e che nel suo nome fossero predicati la conversione e il perdono dei peccati fra tutte le genti a cominciare da Gerusalemme 170. Ecco da che parte è venuto il Signore. Quando dice: A cominciare preannunzia che a partire da lì avrebbe raggiunto le altre genti nella persona dei suoi santi. Leggi nel libro di Gesù di Nave in qual modo la terra dei figli d'Israele venne ripartita fra le diverse tribù. Ivi è detto chiaramente che dalle parti dell'africo c'è Gebus, cioè Gerusalemme 171. Leggi, scruta e troverai; e volesse il cielo che, trovando [la verità], vi creda e la smetta con il tuo astio. Dalle parti dell'africo c'è Gebus, cioè Gerusalemme; e il Signore: A cominciare da Gerusalemme 172. Ecco cosa significa: Dio verrà dalle regioni dell'africo. Ma allora, in che senso: Dal monte ombreggiato? Leggi il Vangelo! Cristo salì al cielo dal monte Oliveto. Continua! Potrebbe essere più chiaro? Ti senti dire: Dall'africo, e ancora: Dal monte ombreggiato. Riferiamo parole della Legge e riferiamo parole del Vangelo. Ti sei sentito dire: A cominciare da Gerusalemme; ascolta anche: Fra tutte le genti. Dalla bocca dello stesso profeta prosegui a leggere anche le parole che non avevi calcolate, anzi avevi del tutto omesse: Dio verrà dalle regioni dell'africo e il Santo dal monte ombreggiato; la sua ombra coprirà i monti, e della sua gloria sarà piena la terra 173. Dunque, fra tutte le genti a cominciare da Gerusalemme 174. Ma come a cominciare da Gerusalemme? Dio verrà dall'africo e il Santo dal monte ombreggiato, cioè dal monte degli Olivi, dove Cristo salì al cielo e donde inviò i discepoli. Fu lì che, prima di ascendere, disse: Non spetta a voi conoscere il tempo che il Padre nella sua potenza ha stabilito, ma riceverete una forza dall'alto e mi sarete testimoni. Notate come ebbe inizio la predicazione evangelica! Mi sarete testimoni in Gerusalemme e in Giudea e in Samaria e per tutta la terra 175. Pertanto, allorché venne [a noi] Cristo-Dio e quando il suo nome e l'annunzio evangelico mossero da Gerusalemme, fu allora che egli venne dall'africo; e venne anche dal monte ombreggiato, cioè dal monte Oliveto. E siccome fra tutte le genti s'è diffuso il Vangelo, ecco perché la sua ombra coprirà i monti (si riferisce al suo refrigerio e alla sua protezione! e in che modo della sua lode è piena la terra 176. Con tutta la terra dunque cantate il cantico nuovo; non il cantico antico che si canta in un angolo della terra.

Il cireneo e Giuseppe d'Arimatea.

41. Dicono un'altra storia. Questa: Simone di Cirene fu costretto a portare la croce del Signore 177. Sì, lo leggiamo; ma vorrei proprio sapere cosa ti serva questo. Risponde: Il cireneo è un africano, e quel tale fu costretto a portare la croce esattamente per questo motivo. Ma tu, forse, non sai dove si trovi Cirene. È nella Libia, nella Pentapoli: una regione confinante con l'Africa, che però fa parte piuttosto dell'Oriente. Ricavalo almeno dalla distribuzione delle province imperiali. È l'imperatore d'Oriente che manda il giudice a Cirene. Ti rispondo in due parole: Dove alligna la setta di Donato, non è Cirene; e dove è Cirene, là non esiste la setta di Donato. La verità, chiarissima, smaschera l'errore. Mi si mostri Cirene là dove sono i donatisti; mi si mostrino i donatisti a Cirene! È infatti cosa arcinota, fratelli, che nella Pentapoli c'è la Chiesa cattolica, non la setta donatista. Sicuri [della verità], prendiamoci pur gioco di quelli che dovremmo compiangere o, meglio, compiangiamo quelli che ci verrebbe voglia di prendere in giro. Cosa mai dici? Mi richiami alla mente i meriti insigni di quel tal cireneo che portò la croce del Signore, e lo supponi un africano. Invece egli è un orientale. Si può infatti parlare di Libia in doppio senso: o intendendo questa [provincia] che propriamente è l'Africa o quella regione dell'Oriente vicina e confinante in tutto con l'Africa. Ma ammettiamo pure che quel cireneo fosse un africano. Lo ritieni beato perché, costretto, portò la croce del Signore 178? Con quanto maggior ragione un altro potrebbe concludere che la Chiesa di Cristo è rimasta in Arimatea! Difatti quel Giuseppe, uomo ricco di Arimatea che aspirava al regno di Dio, si avvicinò alla croce non forzato, non costretto, anzi, a differenza degli altri, sopraffatti dal timore, chiese a Pilato di seppellire il corpo del Signore, lo depose dal patibolo, ne curò la sepoltura, lo nascose nel sepolcro: e di tutto questo è elogiato nel Vangelo. E allora? Perché questo devoto, che tanta cura si prese della salma del Signore, era nato in Arimatea, forse che, per questo, la Chiesa è rimasta in Arimatea? O, al contrario, dato che a voi piace di più quell'altro che venne forzato (cioè costretto) a portare la croce, in tal caso fanno bene gli imperatori cattolici, a ridurvi per forza all'unità.

 

 

1 - Cf. Sal 79, 2.

2 - Ez 34, 1-2.

3 - Ez 34, 2.

4 - Fil 2, 21.

5 - Cf. Sir 12, 14.

6 - Ez 34, 3-5.

7 - 1 Cor 9, 7.

8 - Cf. 2 Ts 3, 8.

9 - Cf. 2 Ts 3, 9.

10 - Cf. 1 Cor 9, 12.

11 - Lc 10, 35.

12 - Fil 4, 14.

13 - Fil 4, 11-14.

14 - Cf. Fil 4, 16.

15 - Fil 4, 17.

16 - Lc 12, 35.

17 - Mt 5, 15-16.

18 - Cf. Fil 2, 21.

19 - Gal 4, 14-15.

20 - 1 Cor 12, 27.

21 - Gal 4, 16.

22 - Cf. Fil 2, 21.

23 - Cf. Sap 2, 8.

24 - Tt 2, 7.

25 - 1 Tm 4, 12.

26 - Mt 23, 3.

27 - Mt 5, 28.

28 - Ez 34, 3.

29 - Ez 34, 4.

30 - Sir 2, 1.

31 - Cf. Mt 7, 24, 26.

32 - 1 Cor 10, 4.

33 - 2 Tm 3, 12.

34 - Cf. Mt 7, 26.

35 - Cf. Mt 7, 25, 27.

36 - Cf. Sal 68, 5.

37 - Eb 12, 6.

38 - Fil 2, 6.

39 - Cf. Gv 1, 3.

40 - Cf. Rm 8, 14-16; 8, 23; Gal 4, 5.

41 - Cf. Rm 8, 17.

42 - Sal 2, 8.

43 - Sir 2, 1.

44 - 1 Cor 10, 13.

45 - Cf. 1 Cor 10, 13.

46 - 2 Cor 13, 3.

47 - 1 Cor 10, 13.

48 - Sal 79, 6.

49 - Ez 34, 4.

50 - Cf. Mc 2, 3.

51 - Ez 34, 4.

52 - 1 Cor 10, 13.

53 - Ez 34, 4.

54 - 2 Tm 4, 2.

55 - Ez 34, 4.

56 - 2 Cor 5, 10.

57 - Ez 34, 4.

58 - Ez 34, 3.

59 - Ez 34, 4.

60 - Ez 34, 5.

61 - Ez 34, 5-6.

62 - Sal 120, 1.

63 - Sal 120, 2.

64 - 1 Cor 1, 11-12.

65 - 1 Cor 1, 13.

66 - Sal 82, 2.

67 - Sal 120, 2.

68 - Ap 19, 10.

69 - Ez 34, 6.

70 - Cf. Col 3, 3.

71 - Cf. Gv 15, 1-2.

72 - Cf. Gv 15, 4.

73 - Rm 11, 23.

74 - Cf. Gv 15, 1.

75 - Ez 34, 6.

76 - Ez 34, 7-8.

77 - Cf. Fil 2, 21.

78 - Ez 34, 8.

79 - Ez 34. 8.

80 - Ez 34, 9.

81 - Ez 34, 10.

82 - Ez 33, 7-9.

83 - Ez 34, 8.

84 - Cf. Ez 33, 2-6.

85 - Ez 34, 10.

86 - Mt 23, 3.

87 - Mt 15, 14.

88 - Mt 23, 3.

89 - Mt 23, 3.

90 - Rm 2, 21.

91 - Mt 7, 26.

92 - Mt 23, 3.

93 - Ez 34, 10.

94 - Sal 13, 4.

95 - Ez 34, 11.

96 - Ger 3, 15.

97 - Gv 21, 15-17.

98 - Ez 34, 10.

99 - Sal 79, 2.

100 - Cf. Gn 37.

101 - Sal 79, 3.

102 - Ez 34, 11-12.

103 - Ez 34, 12.

104 - Gv 10, 27.

105 - Ez 34, 12.

106 - Ez 34, 13.

107 - Ez 34, 13.

108 - Sal 18, 5.

109 - Ez 34, 14.

110 - Ez 34, 14.

111 - Ez 34, 14.

112 - Cf. Sal 120, 1-2.

113 - Ez 34, 14.

114 - Ez 34, 15.

115 - Ez 34, 16.

116 - Ez 34, 16.

117 - Ger 17, 11.

118 - Cf. 2 Cor 11, 3; 1 Tm 2, 14.

119 - Ger 17, 11.

120 - 1 Cor 1, 20.

121 - Cf. Gn 3, 6.

122 - Gn 3, 1.

123 - Gv 10, 27.

124 - Gv 21, 17.

125 - Cf. Gv 3, 29.

126 - Cf. Mt 19, 5.

127 - Gv 21, 15-17.

128 - 2 Cor 10, 17.

129 - Ez 34, 15.

130 - Gv 10, 16.

131 - 1 Cor 10, 10.

132 - Gv 10, 27.

133 - Cf Mt 7, 15.

134 - Cf. Lc 19, 10.

135 - Gv 10, 27.

136 - Lc 24, 47.

137 - Gn 22, 18.

138 - Sal 2, 8.

139 - Sal 21, 28-29.

140 - Sal 95, 1.

141 - Sal 71, 11.

142 - Mt 8, 10-11.

143 - Sal 18, 7.

144 - Sal 97, 3.

145 - Sal 18, 5.

146 - Ct 1, 6.

147 - Sal 2, 8.

148 - Sal 21, 28.

149 - Cf. Mt 7, 7.

150 - Ct 1, 6.

151 - Ct 1, 6.

152 - Ct 1, 7.

153 - Ct 1, 6.

154 - Sal 54, 13.

155 - Is 5, 17.

156 - Ct 1, 6.

157 - Ct 1, 6.

158 - Ez 34, 15.

159 - Ct 1, 7.

160 - Ct 1, 6.

161 - Ct 1, 7.

162 - Ct 1, 7.

163 - Gv 21, 17.

164 - Ct 1, 7.

165 - Sal 89, 12.

166 - Is 58, 10.

167 - Cf. Ct 1, 6.

168 - Ab 3, 3.

169 - Ab 3, 3.

170 - Lc 24, 46.

171 - Gs 15, 8.

172 - Lc 24, 46.

173 - Ab 3, 3.

174 - Lc 24, 46.

175 - At 1, 7-8.

176 - Sal 95, 1.

177 - Mt 27, 32.

178 - Cf Mt 27, 57-60.


2. L'ombra cupa della sofferenza (1877-1881)

Storia di un'anima - Santa Teresa di Lisieux

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Malattia e morte della mamma - Perdita della naturale vivacità - Trasferimento della famiglia a Lisieux - Serena vita ai Buissonnéts - Saggia educazione e prima istruzione scolastica - Visione misteriosa - Il mare.

42 - Tutti i particolari della malattia della nostra Madre tanto cara sono presenti al mio cuore, ricordo soprattutto l'ultima settimana che passò sulla terra; eravamo, Celina e io, come povere piccole esiliate, tutte le mattine la signora Leriche veniva a prenderci, e passavamo la giornata da lei. Un giorno non avevamo avuto il tempo di fare la nostra preghiera prima di uscir di casa e durante il tragitto Celina mi disse piano: «Dobbiamo dire che non abbiamo fatto la nostra preghiera?». - «Oh, si!» le risposi: allora lo raccontò molto timidamente alla signora Leriche, e questa concluse: «Ebbene, figliette mie, ora la direte». Poi ci mise tutte due in una grande stanza e se ne partì... Celina mi guardò e dicemmo: «Ah! non è come Mamma. Lei ce la faceva fare sempre la nostra preghiera!». Quando giocavamo con i bimbi, ci perseguiva il pensiero della nostra Mamma cara, una volta Celina aveva avuto una bella albicocca, si chinò verso di me, e mi disse piano: «Non la mangiamo, la do alla Mamma». Ahimè! Povera Mamma tanto cara, era già troppo malata per mangiare i frutti della terra, non doveva più saziarsi se non in Cielo della gloria divina e bere con Gesù il vino misterioso del quale parla nell'ultima sua Cena, quando dice che lo condividerà con noi nel regno del Padre suo. Il rito commovente della Estrema Unzione mi si impresse nell'anima, vedo ancora il posto mio accanto a Celina, eravamo tutte e cinque per ordine d'età e c'era il caro povero Babbo: singhiozzava.

43 - Il giorno stesso, o l'indomani, del transito di Mamma egli mi prese tra le braccia e mi disse: «Vieni a dare un ultimo bacio alla tua povera Mamma»; senza dir nulla accostai le labbra alla fronte di mia Madre tanto amata. Non ricordo d'aver pianto molto, non parlavo con nessuno dei sentimenti profondi che provavo. Guardavo e ascoltavo... nessuno aveva tempo per occuparsi di me, perciò vedevo bene le cose che avrebbero voluto nascondermi; una volta mi trovai di fronte al coperchio della bara; mi fermai lungamente ad osservarlo, non ne avevo mai visti, e tuttavia capivo... Ero tanto piccina che, nonostante la statura non alta di Mamma, ero costretta ad alzar la testa per vedere la parte superiore, e mi pareva tanto grande. tanto triste.. Quindici anni dopo mi trovai dinanzi a un'altra bara, di Madre Genoveffa, era uguale a quella di Mamma e io mi credetti ancora ai giorni dell'infanzia! Tutti i ricordi sciamarono in folla, era pur la stessa Teresina di allora che guardava, ma nel frattempo era cresciuta e la bara le pareva piccola; non occorreva più sollevare la testa per vederla. Ora alzava il viso soltanto per contemplare il Cielo che le appariva pieno di gioia, perché tutte le sofferenze di lei erano finite e l'inverno dell'anima sua era passato per sempre.

44 - Il giorno in cui la Chiesa benedisse le spoglie mortali della nostra Mammina del Cielo, il buon Dio volle darmene un'altra sulla terra, e volle che la scegliessi liberamente. Eravamo tutte e cinque riunite, ci guardavamo con tristezza, c'era anche Luisa, e vedendo Celina e me, esclamò: «Povere piccine, non avete più Mamma...!». Allora Celina si gettò nelle braccia di Maria, dicendo: «Ebbene sarai tu la mia mamma!». Io ero avvezza a fare come lei, e tuttavia mi volsi a lei, Madre, e quasi già si fosse diradato il velame dell'avvenire, mi gettai nelle sue braccia: «Ebbene, sarà Paolina la mia mamma!...».

45 - Come ho già detto, da quel tempo entrai nel secondo periodo della mia esistenza, il più doloroso dei tre, soprattutto dopo l'ingresso nel Carmelo di colei che avevo scelta come mia seconda mamma. Questo periodo va dai miei quattro anni e mezzo fino ai quattordici, cioè fino a quando ritrovai il mio carattere di bimba pur entrando nel periodo serio della vita. Bisogna che le dica, Madre mia, che il mio carattere felice mutò totalmente dopo la morte di Mamma; vivace ed espansiva com’ero, divenni timida e dolce, sensibile fin troppo. Bastava uno sguardo per farmi piangere, bisognava che nessuno si occupasse di me perché fossi contenta, non sopportavo la compagnia degli estranei e ritrovavo la mia gaiezza soltanto nell'intimità della famiglia... Eppure, ero avviluppata ancora dagli affetti più delicati. Il cuore così ricco di Papà aveva unito all'amore che già mi dava, un amore veramente materno. E lei, Madre mia, e Maria, le mamme più tenere, più disinteressate! Ah, se il Signore non avesse profuso i suoi benefici raggi al suo fiore umile, questo non si sarebbe acclimatato sulla terra: troppo debole era ancora per sopportare pioggia e tempeste, aveva bisogno di calore, di guazza fresca, di respiro primaverile. Non gli mancarono mai questi doni, Gesù glieli fece trovare fin sotto il ghiaccio della prova.

46 - Non soffrii lasciando Alencon. I bimbi gradiscono i cambiamenti; e io venni a Lisieux con piacere. Ricordo il viaggio, l'arrivo, a sera, presso la zia, vedo ancora Giovanna e Maria sulla porta, ad aspettarci. Ero felice di avere delle cuginette tanto care, e volevo un gran bene a loro, alla zia, allo zio, soltanto che lui mi faceva un po' paura e non mi sentivo proprio tranquilla e confortata quando gli ero vicina, come, invece, mi sentivo ai Buissonnets; lì, ai Buissonnets, la mia vita diventava felice davvero... Di mattina, lei veniva da me, mi domandava se avevo offerto il cuore al Signore, poi mi vestiva parlandomi di Dio; e poi ancora, accanto a lei, dicevo le preghiere. Dopo, imparavo a leggere. La prima parola che riuscii a compitare fu «Cieli». La mia Madrina prese cura d'insegnarmi a scrivere, e lei, Madre, mi dette le altre lezioni; non imparavo molto facilmente, avevo però gran memoria. Prediligevo il Catechismo, soprattutto la Storia Sacra, li studiavo con gioia; invece, la grammatica... ho pianto spesso, per la grammatica! Si ricorda, il maschile e il femminile?...

47 - Appena finito lo studio, salivo al belvedere e portavo quaderno e voti a Papà. Com'ero felice quando gli potevo dire: «Ho avuto 10 senza riserve, Paolina me l'ha detto da sé!». Perché accadeva questo: quando le domandavo io se avevo 10 senza riserve, e che lei mi diceva di sì, agli occhi miei era un tantino meno. Così lei mi dava dei buoni voti, e quando ne avevo messi insieme un certo numero, mi toccava un premio e un giorno di vacanza. Quei giorni lì mi parevano più lunghi assai degli altri, e ciò faceva piacere a lei perché dimostrava che non mi garbava il dolce far niente.

48 - Tutti i pomeriggi facevo una passeggiatina con Papà; insieme facevamo la visita al Santissimo, cambiando chiesa ogni giorno, e così mi accadde di entrare per la prima volta nella cappella del Carmelo. Papà mi fece vedere la grata del coro, e disse che là dietro stavano le religiose. Ero ben lontana dal pensare che nove anni dopo ci sarei stata anch'io! Durante le passeggiate, Papà mi comprava sempre un regalino da un soldo o due: dopo, rientravamo a casa; allora facevo i compiti, poi, per tutto il tempo rimanente, me ne stavo in giardino a saltellare intorno a Papà, perché non sapevo giocare con la bambola. Era una gran gioia per me preparare bevande con granelli e scorze d'albero che raccattavo per terra, le portavo poi a Papà in una bella tazzina, e il mio povero caro Babbo interrompeva il suo lavoro, e sorridendo faceva finta di bere. Prima di restituirmi la tazza mi domandava (come di sfuggita) se dovesse versare il contenuto; qualche volta dicevo di sì, ma per lo più riportavo via la mia preziosa tisana affinché mi servisse per varie occasioni.

49 - Mi piaceva coltivare fiori nel giardino che Papà m'aveva dato; mi divertivo a erigere minuscoli altari nella specie di nicchia che si trovava a metà del muro; quando avevo finito, correvo da Papà e, trascinandolo, gli dicevo di chiudere bene gli occhi e di non riaprirli se non nel momento che glielo avrei detto io; lui faceva tutto quello che volevo e si lasciava condurre davanti al mio giardinetto, allora gridavo: «Papà, apri gli occhi!». Li apriva e si estasiava per farmi piacere, ammirando quello che a me pareva un capolavoro! Non finirei mai se volessi raccontare mille episodietti simili a questo che si affollano alla memoria... Ah, come potrò ridire tutte le tenerezze che Papà prodigava alla sua reginetta? Ci sono cose che il cuore sente, ma che la parola e il pensiero stesso non possono rendere.

50 - Erano giorni belli per me quando il mio «caro re» mi conduceva con sé a pescare, mi piaceva tanto la campagna, mi piacevano i fiori, gli uccelli! Qualche volta anch'io m'ingegnavo di pescare con la mia piccola lenza, ma preferivo sedermi sola sull'erba in fiore, allora i pensieri si facevano profondi e l'anima mia, senza sapere che cosa fosse meditare, s'immergeva in una vera orazione... Ascoltavo brusii lontani. Il murmure del vento ed anche la musica indefinita dei soldati, la cui risonanza arrivava fino a me, mi riempivano il cuore di malinconia dolce. La terra mi pareva un luogo d'esilio, sognavo il Cielo... Il pomeriggio passava rapido, bisognava ben presto rientrare ai Buissonnets, ma prima di partire prendevo la merenda che avevo portata in un canestrino: il bel crostino di marmellata che lei mi aveva preparato aveva mutato aspetto, invece del colore vivo non vedevo più che una scialba tinta rosa, tutta stantia e svanita. Allora la terra mi pareva ancora più triste, e capivo che soltanto in Cielo la gioia sarebbe stata senza nembi...

51 - A proposito dei nembi, ricordo che un giorno il bel cielo azzurro dell'aperta campagna si coprì, e che poco dopo la tempesta si annunciò con il suo brontolio, i lampi solcavano la nuvolaglia cupa, e vidi cadere la folgore a poca distanza; lungi dall'aver paura, ero rapita. Mi pareva che il buon Dio mi fosse tanto vicino! Papà non era altrettanto contento, non già che il temporale gli facesse paura, ma l'erba e le grandi margherite (più alte di me...) scintillavano di gemme, e noi dovevamo attraversare parecchi prati prima di trovare una strada; intanto, il mio babbo caro temette che i diamanti bagnassero la sua bimba e la prese sulle spalle nonostante il bagaglio delle lenze.

52 - Durante le passeggiate con Papà, gli piaceva di farmi portare l'elemosina ai poveri che incontravamo; un giorno ne vedemmo uno che si trascinava a fatica sulle stampelle, mi avvicinai per dargli un soldo, ma lui non si considerò abbastanza povero da ricevere l'elemosina; mi guardò sorridendo con tristezza, e rifiutò di prendere ciò che gli offrivo. Non posso dire ciò che accadde in me, avrei voluto essergli di sollievo, consolarlo; invece mi pareva di avergli dato un dispiacere e senza dubbio quel poveretto indovinò il mio pensiero perché si voltò e mi sorrise. Papà mi aveva comprato un dolce; avevo gran voglia di darglielo, ma non osai, e tuttavia gli volli dar qualcosa che non potesse rifiutare, perché sentivo tanta simpatia verso lui. Allora mi ricordai d'avere inteso dire che il giorno della prima Comunione si ottiene tutto ciò che si chiede: quel pensiero mi consolò e, benché non avessi ancora sei anni, dissi a me stessa: «Pregherò per il mio povero nel giorno della prima Comunione». Mantenni la promessa cinque anni dopo, e spero che il Signore abbia esaudito la preghiera che gli avevo rivolta per uno dei suoi membri sofferenti.

53 - Amavo molto Dio e gli offrivo spesso il cuore secondo la piccola preghiera che Mamma mi aveva insegnata, e tuttavia un giorno, o piuttosto una sera del bel mese di maggio, commisi una colpa che vale la pena di raccontare e che mi dette un grande spunto per umiliarmi: credo di averne provato una contrizione perfetta. Ero troppo piccola per' andare al mese di Maria, perciò restavo con Vittoria e facevo con lei le mie devozioni davanti al piccolo mese di Maria che accomodavo a modo mio; erano tanto piccoli i candelieri, i vasi da fiori... che due fiammiferi funzionanti da candele illuminavano tutto perfettamente; qualche volta Vittoria mi faceva la sorpresa di darmi due mozziconi di lucignolo, ma di rado. Una sera era tutto pronto per iniziare la preghiera; le dissi: «Vittoria, per favore, cominciate il "memorare", io accendo». Fece finta di cominciare, ma non disse nulla, e mi guardò ridendo; io vedevo i miei preziosi fiammiferi che si consumavano rapidamente e la supplicai di dire le orazioni, ma lei silenzio; allora mi alzai e le dissi forte che era cattiva, e uscendo dalla mia dolcezza consueta, battei il piedi con tutte le forze... La povera Vittoria non aveva più voglia di ridere, mi guardò stupefatta e mi fece vedere il lucignolo che mi aveva portato... Dopo aver sparso lacrime di stizza, versai quelle del pentimento sincero, col fermo proposito di non ricominciare mai più.

54 - Mi accadde un'altra avventura con Vittoria, ma di questa non ebbi pentimento, perché avevo mantenuto perfettamente la calma. Volevo un calamaio che si trovava sul camino della cucina, ero troppo piccina per prenderlo e lo chiesi molto gentilmente a Vittoria, ma lei rifiutò dicendomi di salire sopra una sedia. Io non fiatai, presi una seggiola, e intanto pensavo tra me che lei era poco amabile; volendo farglielo sentire, cercai nella mia minuscola testa ciò che mi offendeva di più; lei spesso mi chiamava, quando era stanca di me, «piccola mocciosa», e questo mi umiliava molto. Allora, prima di saltar giù dalla seggiola mi voltai con dignitàe le lanciai: «Vittoria, siete una mocciosa! ». Poi fuggii, lasciandola a meditare sulla profonda parola che le avevo detto... Il risultato non tardò: ben presto la intesi che chiamava: «M’a’zelle Mari... Thérasse m'ha detto che sono una mocciosa!». Maria arrivò e mi fece chiedere perdono, ma io lo feci senza contrizione, pensando che Vittoria non aveva voluto allungare il suo grande braccio per farmi un piccolo favore, perciò meritava il titolo di «mocciosa».

55 - Tuttavia, mi voleva un gran bene e anch'io gliene volevo molto; un giorno mi cavò da un grande pericolo in cui ero caduta per colpa mia. Vittoria stava stirando e aveva accanto un secchio con dell'acqua, io la guardavo dondolandomi, come facevo spesso, sopra una seggiola; a un tratto, la seggiola mi manca e io casco, non per terra, ma nel fondo del secchio! I piedi mi toccavano la testa ed io riempivo il secchio come il pulcino riempie l'uovo... Quella povera Vittoria mi guardava con uno stupore sommo, mai aveva visto cosa simile. Quanto a me, avevo ben voglia di uscire dal mio secchio, ma impossibile, la prigione era così aggiustata che non potevo fare un movimento. Con un po' di fatica mi salvò dal mio grande pericolo, ma non salvò il mio vestito e tutto il resto che bisognò cambiare perché ero bagnata come una minestra.

56 - Un'altra volta caddi nel caminetto. Per fortuna il fuoco era spento. Vittoria non ebbe altro guaio che rialzarmi e scuotermi da dosso la cenere di cui ero coperta. Accadevano il mercoledì, quando lei era a lezione di canto con Maria, tutte queste avventure. Similmente, un mercoledì venne Don Ducellier per fare una visita, Vittoria gli disse che non c'era nessuno in casa, fuorché Teresa, la più piccina; lui entrò in cucina per vedermi, e guardò i miei compiti; ero fiera di ricevere il mio confessore, perché poco prima mi ero confessata da lui per la prima volta. Che bel ricordo per me!

57 - Madre mia cara, con quanta cura lei mi aveva preparata! Mi aveva detto che non a un uomo avrei rivelato i miei peccati, bensì al buon Dio; ne ero veramente convinta, e perciò feci la mia confessione con grande spirito di fede, e domandai a lei perfino se dovevo dire a Don Ducellier: «Padre, io la amo con tutto il cuore», visto che avrei parlato col Signore nella persona di lui. Bene istruita di tutto quello che dovevo dire e fare, entrai nel confessionale e m'inginocchiai; ma Don Ducellier aprì la grata e non vide nessuno; ero tanto piccina che là mia testa si trovava sotto la tavoletta su cui si appoggiano le mani; allora mi disse di stare in piedi. Ubbidii subito, mi alzai e volgendomi proprio a lui per vederlo bene in faccia, gli feci la mia confessione come una ragazza grande e ricevetti la benedizione con molta devozione, perché lei mi aveva detto che in quel momento le lacrime di Gesù Bambino avrebbero purificato l'anima mia. Ricordo che la prima esortazione che mi fu rivolta fu l'invito soprattutto alla devozione della Vergine Santa, e io mi ripromisi di raddoppiare di tenerezza per lei. Uscendo dal confessionale ero tanto contenta e leggera, che mai avevo provato una gioia così grande nell'anima mia. Dopo tornai a confessarmi per tutte le feste grandi, ed era una vera festa per me ogni volta che ci andavo.

58 - Le feste! Quanti ricordi, in questa parola! Le feste, le amavo tanto! Lei mi sapeva spiegare così bene, Madre mia cara, tutti i misteri nascosti in ciascuna di esse, che diventavano davvero per me giorni di Cielo. Amavo soprattutto la processione del Santissimo. Che gioia spargere fiori sotto i passi del Signore! Ma prima di lasciarli cadere li lanciavo il più in alto possibile, e non ero mai tanto felice come vedendo le mie rose sfogliate che toccavano l'Ostensorio santo.

59 - Le feste! Ah, se quelle grandi erano rare, ogni settimana ne conduceva una molto cara al mio cuore: la Domenica! Che giornata era la Domenica! Era la festa di Dio, la festa del riposo. Prima restavo a nanna più degli altri giorni, poi Mamma Paolina viziava la figlioletta portandole il cioccolato ancora tra le piume ed infine la vestiva come una regina in erba. La madrina veniva a fare i riccioli alla figlioccia che non sempre era buona e dolce quando le venivano tirati i capelli, ma poi era ben contenta d'andare a prendere la mano del suo re, il quale l'abbracciava ancor più teneramente del solito; dopo, tutta la famiglia partiva per la Messa. Lungo tutto il cammino, e perfino in chiesa, la reginetta di Papà gli dava la mano, e aveva posto accanto a lui. Quando scendevamo per la predica, bisognava trovare due seggiole una presso l'altra. Ciò non era difficile, poiché tutti trovavano così gradevole vedere un vecchio tanto bello con una figlioletta così piccina, che le persone si scomodavano per offrire un posto. Lo zio, il quale si trovava sulle panche dei camarlinghi, si rallegrava vedendoci arrivare, diceva che ero il suo piccolo raggio di sole... Io non mi preoccupavo affatto se ero guardata, ascoltavo con grande attenzione le prediche di cui tuttavia non capivo gran che; la prima che capii e che mi commosse profondamente, fu di Don Ducellier, sulla Passione: da allora capli tutte le altre.

60 - Quando il predicatore parlava di santa Teresa, Papà si chinava verso me, e mi diceva piano: «Ascolta bene, reginetta mia, parla della Santa tua Patrona». Ascoltavo, realmente, ma guardavo Papà più spesso del predicatore, il suo bel volto mi diceva tante cose! Qualche volta, gli occhi gli si empivano di lacrime, che egli si sforzava inutilmente di trattenere, pareva che già fosse staccato dalla terra, tanto l'anima sua sapeva immergersi nelle verità eterne. E tuttavia il suo corso di vita era ancora ben lungi dal giungere a compimento, dei lunghi anni dovevano trascorrere prima che il Cielo bello si aprisse agli occhi rapiti di lui, e che il Signore asciugasse le lacrime del suo servo buono e fedele!

61 - Ma torno alla Domenica. Quella giornata gioiosa che passava tanto rapida aveva pur la sua velatura di malinconia. Mi ricordo che la mia felicità era senza mescolanze fino a Compieta; durante quell'ufficio, pensavo che il giorno del riposo stava per finire, che l'indomani bisognava ricominciare la vita, lavorare, imparare, e il cuore sentiva l'esilio della terra, sospiravo pensando al riposo eterno del Cielo, la Domenica senza tramonto nella Patria… Persino le passeggiate che facevamo prima di rientrare ai Buissonnets, mi lasciavano un senso di tristezza nell'anima; allora la famiglia non era più completa, giacché, volendo fare piacere allo zio, Papà gli concedeva Maria o Paolina per la serata di domenica; ero ben contenta quando rimanevo anch'io. Anzi, preferivo così piuttosto che essere invitata sola, perché facevano meno attenzione a me. Il piacere più grande per me consisteva nell'ascoltare tutto ciò che lo zio diceva, ma non mi andava a genio che egli mi facesse delle domande, ed avevo paura quando mi faceva far cavallucdo e intonava Barba Blu con una voce formidabile. Con piacere vedevo Papà che ci veniva a prendere.

62 - Sulla via del ritorno, guardavo le stelle che scintillavano dolcemente, e quella vista mi rapiva. Soprattutto un grappolo di perle d'oro che distinguevo con gioia, mi pareva che avesse la forma di una T , lo facevo vedere a Papà e gli dicevo che il nome mio era scritto in cielo, e poi, non volendo più scorgere nulla della brutta terra, gli chiedevo che mi conducesse; allora, senza guardare dove mettevo i piedi, abbandonavo il viso proprio verso l'alto, senza stancarmi di contemplare il firmamento.

63 - Che potrò dire delle veglie d'inverno, soprattutto di quelle domenicali? Com'era dolce per me, dopo la partita a lama, stare seduta con Celina sulle ginocchia di Papà. Con la sua bella voce cantava delle arie che empivano l'anima di pensieri profondi, oppure, cullandoci dolcemente, diceva delle poesie improntate di verità eterne. Dopo, salivamo per fare la preghiera in comune, e la minuscola regina era sola accanto al suo re: non aveva che da guardarlo per sapere come pregano i santi... Finalmente sfilavamo tutte, per ordine di età, a dare la buona notte a Papà e a ricevere un bacio; la regina veniva, naturalmente, per ultima, il re, per abbracciarla, la prendeva per i gomiti, e lei diceva a tutto fiato: «Buona notte, Papà, buona notte, dormi bene!»... Tutte le sere le stesse parole. Finalmente la Mammina mia mi prendeva tra le braccia e mi portava nel letto di Celina, allora dicevo: «Paolina, sono stata proprio buona, oggi? Gli angiolini mi voleranno intorno stanotte?». La risposta era sempre: «sì», altrimenti avrei passato la notte intera a piangere. Dopo avermi abbracciata - e così faceva anche la cara mia Madrina - Paolina discendeva, e la povera Teresa restava sola nel buio; aveva un bel raffigurarsi gli angiolini che le volavano intorno, ben presto lo sgomento la invadeva, le tenebre la impaurivano, perché dal letto non riusciva a vedere le stelle che scintillavano con tanta dolcezza.

64 - Considero una vera grazia di essere stata abituata lei, Madre cara, a vincere i miei timori; a volte lei mi mandava sola, di sera, a cercare un oggetto in una stanza lontana; se non fossi stata così ben diretta, sarei diventata pavidissima, mentre ora è proprio difficile che mi spaventi. Mi domando, a volte, come lei abbia potuto educarmi con tanto amore e delicatezza senza viziarmi, perché è vero che lei non mi condonava nemmeno una sola imperfezione: mai mi rimproverava senza ragione, ma altresì mai tornava su cosa decisa; lo sapevo tanto bene che non avrei potuto né voluto fare un passo se lei me l'avesse proibito. Papà stesso era costretto a conformarsi alla volontà di lei, perché senza il consenso di Paolina non andavo a spasso, e quando Papà mi diceva di andarci, rispondevo: «Paolina non vuole»; allora veniva lui a chiedere grazia per me; qualche volta, per fargli piacere, Paolina diceva di si, ma Teresa capiva bene, dall'espressione di lei, che quel sì non era detto a cuor convinto e si metteva a piangere senza accettar conforto fino a quando Paolina dicesse «sì» e l'abbracciasse a cuore convinto.

65 - Quando Teresa si ammalava, ciò che le accadeva tutti gli inverni, non si può dire con quanta tenerezza materna veniva curata. Paolina la metteva nel proprio letto (favore incomparabile), e poi le dava tutto quello di cui aveva voglia. Un giorno tirò fuori da sotto il traversino un temperino graziosissimo, e lo regalò alla figlioletta, lasciandola immersa in un rapimento indescrivibile. «Ah, Paolina, tu mi vuoi tanto bene, dunque, giacché ti privi per me del tuo bel coltellino che ha una stella di madreperla? Ma poiché mi ami così, lo faresti il sacrificio del tuo orologio per impedirmi di morire?». - «Non soltanto per impedirti di morire darei il mio orologio, bensì soltanto per vederti presto guarita, farei subito tale sacrificio». Ascoltando queste parole di Paolina il mio stupore e la mia riconoscenza erano tanto grandi che non so esprimerli. D'estate, qualche volta, avevo mal di stomaco, e Paolina mi curava, come al solito, teneramente; per divertirmi, ciò che era la cura migliore, mi faceva fare il giro del giardino in carriola e poi mi faceva scendere, e metteva al posto mio un bel cespo di margherite che sospingeva con molta precauzione fino al mio giardino dove lo deponeva con grande pompa...

66 - Paolina riceveva tutte le mie confidenze intime, e gettava luce su tutti i miei dubbi. Una volta mi meravigliavo che il Signore non dia gloria uguale in Cielo a tutti gli eletti, e temevo che non tutti fossero felici; allora Paolina mi disse di andare a prendere il bicchiere grande di Papà e di metterlo accanto al mio piccolissimo ditale, poi di riempirli di acqua tutti due; e mi domandò: «Quale è più pieno?». Le risposi che erano pieni tutti e due, e che non si poteva mettere più acqua di quanta ne potevano contenere. La mia cara Madre mi fece capire così che il buon Dio dà in Cielo ai suoi eletti tanta gloria quanta possono riceverne, e che l'ultimo non avrà niente da invidiare al primo. In tal modo, mettendo alla mia portata le verità più sublimi, lei, Madre, sapeva dare all'anima mia il nutrimento che le occorreva.

67 - Con quanta gioia vedevo ogni anno arrivare la distribuzione dei premi! In questo, come in tutto, la giustizia era rispettata ed io ottenevo soltanto le ricompense meritate; sola, in piedi in mezzo alla nobile assemblea ascoltavo la sentenza letta dal «Re di Francia e di Navarra»; il cuore mi batteva forte quando ricevevo il premio e la corona... era, per me, come una immagine del Giudizio! Subito dopo la distribuzione, la reginetta si toglieva il suo abito bianco, poi si affrettavano a travestirla affinché potesse prendere parte alla grande rappresentazione! Com'erano gioiose quelle feste di famiglia! Allora, vedendo il mio re caro così radioso, com'ero lontana dal prevedere le prove che dovevano visitarlo!

68 - Tuttavia, un giorno il Signore mi mostrò in una visione davvero straordinaria, l'immagine vivente della prova che egli si compiaceva di prepararci Papà era in viaggio da vari giorni, ne dovevano passare ancora due prima che tornasse. Potevano essere le due o le tre del pomeriggio, il sole sfolgorava e tutta la natura pareva in festa. Mi trovavo sola alla finestra d'una soffitta che dava sul giardino grande; guardavo dinanzi a me, avevo lo spirito occupato da pensieri ridenti, quando vidi, dinanzi alla lavanderia che si trovava proprio di faccia, un uomo vestito in tutto e per tutto come Papà, medesima statura e identico passo, soltanto molto più curvo. La testa era coperta da una specie di grembiule di colore incerto, in modo che non potei vedere il viso. Portava un cappello simile a quello di Papà. Lo vidi venire avanti d'un passo regolare, lungo il giardinetto mio. Subito un sentimento di timore soprannaturale m'invase l'anima, ma in un attimo riflettei che certamente Papà era tornato, e si nascondeva per farmi una sorpresa; allora chiamai forte forte, con una voce che tremava dall'emozione: «Papà, Papà!... ». Ma il personaggio misterioso non pareva udisse, continuò il suo passo regolare senza neppure voltarsi; seguendolo con gli occhi, lo vidi dirigersi verso il boschetto che tagliava in due il viale grande, io mi aspettavo di vederlo rispuntare dall'altra parte dei grandi alberi, ma la visione profetica era svanita! Tutto ciò durò un istante solo, ma mi s'impresse così profondamente nel cuore che oggi, dopo quindici anni... il ricordo è ancora presente come se la visione stesse dinanzi agli occhi.

69 - Maria era con lei, Madre, in una stanza comunicante con quella nella quale mi trovavo io; nel sentirmi gridare «Papà», ebbe un'impressione di paura, intuendo - mi ha detto in seguito - che qualcosa accadeva di straordinario; senza farmi vedere la sua emozione, accorse a me, mi domandò che cosa mi prendeva di chiamare Papà il quale era ad Alenncon; allora raccontai ciò che avevo visto. Per rassicurarmi Maria mi disse che certamente era Vittoria che, per farmi paura, si era coperta il capo col grembiule; ma Vittoria, interrogata, affermò di non aver lasciato la cucina; d'altra parte, ero ben sicura d'aver visto un uomo e che quell'uomo aveva l'aspetto di Papà, allora andammo tutte tre dietro il folto degli alberi, ma non trovando nessun segno che indicasse il passaggio di qualcuno, lei mi disse di non pensarci più.

70 - Non pensarci più non era in mio potere; di frequente l'immaginazione mi ripresentava la scena misteriosa che avevo visto, e ben spesso ho cercato di alzare il velo che mi nascondeva il significato di essa, perché rimanevo convinta in fondo al cuore che quella scena avesse un senso, e che il segreto di essa mi sarebbe stato svelato un giorno... Quel giorno si è fatto attendere lungamente, ma dopo quattordici anni il Signore ha strappato egli stesso il velo misterioso. Trovandomi in «licenza» con suor Maria del Sacro Cuore, parlavamo come sempre delle cose dell'altra vita e delle nostre memorie fanciullesche, quando le ricordai la visione che avevo avuta all'età da sei a sette anni; a un tratto, mentre riferivo i particolari di questa scena strana, capimmo insieme ciò che significava. Era proprio Papa che avevo visto, camminare curvo per l'età, proprio lui che portava sul volto venerabile, sulla testa ormai bianca, il segno della sua prova gloriosa. Come il Volto adorabile di Gesù che fu velato durante la Passione, così il volto del suo servo fedele doveva essere velato nei giorni del dolore, per potere poi splendere nella Patria celeste presso il suo Signore, il Verbo Eterno! Dal seno di quella gloria ineffabile quando regnava nel Cielo, il nostro Babbo amato ci ha ottenuto la grazia di capire la visione avuta dalla sua reginetta in una età in cui non si può temere l'illusione. Dall'intimo della sua gloria ci ha ottenuto questa dolce consolazione di capire che dieci anni prima della nostra grande prova, il Signore ce la mostrava già, come un Padre fa intravedere ai figli l'avvenire glorioso che prepara per essi, e si compiace considerando in anticipo le ricchezze inestimabili che apparterranno loro.

71 - Ah! perché il buon Dio ha dato proprio a me quella luce? Perché ha mostrato a una bambina tanto piccola una cosa incomprensibile per lei, una cosa che, se l'avesse capita, l'avrebbe fatta morire di dolore, perché?... Ecco uno dei misteri che senza dubbio capiremo nel Cielo, e che formerà la nostra eterna ammirazione.

72 - Quanto è buono il Signore! Come proporziona le prove alle forze che ci dà! Mai, come ho detto, avrei potuto sopportare nemmeno il solo pensiero delle pene amare che l'avvenire mi riservava. Non potevo nemmeno pensare senza fremere che Papà poteva morire. Una volta era salito sopra una scala e, poiché io rimanevo proprio li sotto, mi gridò: «Allontanati, povero cosino, se casco ti schiaccio». All'udir ciò provai una rivolta interiore, invece di allontanarmi mi appiccicai alla scala pensando: «Almeno se papà cade, non avrò il dolore di vederlo morire, perché morrò con lui!». Non posso dire quanto bene volevo a Papà, tutto, in lui, mi suscitava ammirazione; quando mi spiegava i suoi pensieri (come se fossi stata una bambina grande), gli dicevo ingenuamente che certamente se egli avesse detto quelle cose ai grandi uomini del governo, lo avrebbero preso per farlo re, e allora la Francia sarebbe stata felice come non lo era mai stata... Ma in fondo ero contenta (e me lo rimproveravo come pensiero egoistico) di essere la sola a conoscere bene Papà, perché sapevo che se fosse divenuto re di Francia e di Navarra sarebbe stato infelice: è la sorte di tutti i monarchi e soprattutto non sarebbe stato più il mio re, proprio di me sola!

73 - Avevo sei o sette anni quando Papà ci condusse a Trouville. Mai dimenticherò l'impressione che mi fece il mare, non potevo fare a meno di guardarlo continuamente; la sua maestà, il fragore dei flutti, tutto parlava all'anima mia della grandezza e della potenza di Dio. Ricordo che, durante la passeggiata sulla spiaggia, un signore e una signora mi guardarono mentre correvo gioiosamente intorno a Papà; poi si avvicinarono, e gli domandarono se ero sua, e dissero che ero proprio una bella bambina. Papà rispose di sì, ma mi accorsi che faceva loro segno di non farmi dei complimenti. Era la prima volta che mi sentivo chiamare carina, mi fece molto piacere, perché non l'avrei creduto; lei, Madre mia, faceva tanta attenzione a non lasciarmi vicino nessuna cosa che potesse appannare la mia innocenza, soprattutto a non lasciarmi udire nessuna parola capace di farmi scivolare nel cuore la vanità! Poiché non davo retta se non alle parole sue o di Maria (e mai lei mi aveva rivolto un solo complimento), non detti grande importanza alle parole e agli sguardi ammirativi della signora. La sera, all'ora in cui il sole par che si tuffi nell'immensità delle acque, lasciandosi davanti un solco luminoso, andai a sedermi sopra una roccia con Paolina sola. Allora ricordai la storia commovente «del solco d'oro»! Lo contemplai a lungo, quel solco luminoso immagine della grazia che rischiara il cammino su cui passerà la piccola nave dalla vela bianca... Accanto a Paolina presi la risoluzione di non allontanare mai l'anima mia dallo sguardo di Gesù, affinché voghi in pace verso la Patria del Cielo. La mia vita scorreva tranquilla, felice. L'affetto da cui ero circondata ai Buissonnets direi quasi che mi faceva crescere, ma senza dubbio ero già abbastanza grande per cominciare a lottare, a conoscere il mondo e le miserie di cui è pieno.


10-29 Ottobre 8, 1911 Minacce di far invadere l’Italia dagli stranieri.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando il mio solito stato, appena ho visto il mio adorabile Gesù, ma tanto afflitto, da far piangere le pietre. Mi faceva vedere città assediate, come se gente straniere volessero invadere l’Italia; tutti emettevano un grido di dolore e spavento, chi si nascondeva. E Gesù tutto afflitto mi ha detto:

(2) “Figlia mia, che tristi tempi, povera Italia, lei stessa si va preparando lo sbarco per perire, molto le ho dato, l’ho favorito più di tutte le altre nazioni, ed in contraccambio mi ha dato più amarezze”.

(3) Ed io, volendolo pregare che si placasse versando in me le sue amarezze, mi ha scomparso.