Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 20° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 7
1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte queste parole al popolo che stava in ascolto, entrò in Cafàrnao.2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l'aveva molto caro.3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo.4Costoro giunti da Gesù lo pregavano con insistenza: "Egli merita che tu gli faccia questa grazia, dicevano,5perché ama il nostro popolo, ed è stato lui a costruirci la sinagoga".6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: "Signore, non stare a disturbarti, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto;7per questo non mi sono neanche ritenuto degno di venire da te, ma comanda con una parola e il mio servo sarà guarito.8Anch'io infatti sono uomo sottoposto a un'autorità, e ho sotto di me dei soldati; e dico all'uno: Va' ed egli va, e a un altro: Vieni, ed egli viene, e al mio servo: Fa' questo, ed egli lo fa".9All'udire questo Gesù restò ammirato e rivolgendosi alla folla che lo seguiva disse: "Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!".10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
11In seguito si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.12Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei.13Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: "Non piangere!".14E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: "Giovinetto, dico a te, alzati!".15Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla madre.16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: "Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo".17La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.
18Anche Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutti questi avvenimenti. Giovanni chiamò due di essi19e li mandò a dire al Signore: "Sei tu colui che viene, o dobbiamo aspettare un altro?".20Venuti da lui, quegli uomini dissero: "Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: Sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?".21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi.22Poi diede loro questa risposta: "Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: 'i ciechi riacquistano la vista', gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, 'ai poveri è annunziata la buona novella'.23E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!".
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù cominciò a dire alla folla riguardo a Giovanni: "Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna agitata dal vento?25E allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo avvolto in morbide vesti? Coloro che portano vesti sontuose e vivono nella lussuria stanno nei palazzi dei re.26Allora, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, vi dico, e più che un profeta.27Egli è colui del quale sta scritto:
'Ecco io mando davanti a te il mio messaggero,
egli preparerà la via davanti' a te.
28Io vi dico, tra i nati di donna non c'è nessuno più grande di Giovanni, e il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui.29Tutto il popolo che lo ha ascoltato, e anche i pubblicani, hanno riconosciuto la giustizia di Dio ricevendo il battesimo di Giovanni.30Ma i farisei e i dottori della legge non facendosi battezzare da lui hanno reso vano per loro il disegno di Dio.
31A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili?32Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri:
Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato;
vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!
33È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio.34È venuto il Figlio dell'uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.35Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli".
36Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola.37Ed ecco una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, venne con un vasetto di olio profumato;38e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato.
39A quella vista il fariseo che l'aveva invitato pensò tra sé. "Se costui fosse un profeta, saprebbe chi e che specie di donna è colei che lo tocca: è una peccatrice".40Gesù allora gli disse: "Simone, ho una cosa da dirti". Ed egli: "Maestro, di' pure".41"Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta.42Non avendo essi da restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi dunque di loro lo amerà di più?".43Simone rispose: "Suppongo quello a cui ha condonato di più". Gli disse Gesù: "Hai giudicato bene".44E volgendosi verso la donna, disse a Simone: "Vedi questa donna? Sono entrato nella tua casa e tu non m'hai dato l'acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli.45Tu non mi hai dato un bacio, lei invece da quando sono entrato non ha cessato di baciarmi i piedi.46Tu non mi hai cosparso il capo di olio profumato, ma lei mi ha cosparso di profumo i piedi.47Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco".48Poi disse a lei: "Ti sono perdonati i tuoi peccati".49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: "Chi è quest'uomo che perdona anche i peccati?".50Ma egli disse alla donna: "La tua fede ti ha salvata; va' in pace!".
Secondo libro dei Re 23
1Per suo ordine si radunarono presso il re tutti gli anziani di Giuda e di Gerusalemme.2Il re salì al tempio del Signore insieme con tutti gli uomini di Giuda e con tutti gli abitanti di Gerusalemme, con i sacerdoti, con i profeti e con tutto il popolo, dal più piccolo al più grande. Ivi fece leggere alla loro presenza le parole del libro dell'alleanza, trovato nel tempio.3Il re, in piedi presso la colonna, concluse un'alleanza davanti al Signore, impegnandosi a seguire il Signore e a osservarne i comandi, le leggi e i decreti con tutto il cuore e con tutta l'anima, mettendo in pratica le parole dell'alleanza scritte in quel libro. Tutto il popolo aderì all'alleanza.
4Il re comandò al sommo sacerdote Chelkia, ai sacerdoti del secondo ordine e ai custodi della soglia di condurre fuori del tempio tutti gli oggetti fatti in onore di Baal, di Asera e di tutta la milizia del cielo; li bruciò fuori di Gerusalemme, nei campi del Cedron, e ne portò la cenere a Betel.5Destituì i sacerdoti, creati dai re di Giuda per offrire incenso sulle alture delle città di Giuda e dei dintorni di Gerusalemme, e quanti offrivano incenso a Baal, al sole e alla luna, alle stelle e a tutta la milizia del cielo.6Fece portare il palo sacro dal tempio fuori di Gerusalemme, nel torrente Cedron, e là lo bruciò e ne fece gettar la cenere nel sepolcro dei figli del popolo.7Demolì le case dei prostituti sacri, che erano nel tempio, e nelle quali le donne tessevano tende per Asera.8Fece venire tutti i sacerdoti dalle città di Giuda, profanò le alture, dove i sacerdoti offrivano incenso, da Gheba a Bersabea; demolì l'altura dei satiri, che era davanti alla porta di Giosuè governatore della città, a sinistra di chi entra per la porta della città.
9Però i sacerdoti delle alture non salirono più all'altare del Signore in Gerusalemme, anche se mangiavano pane azzimo in mezzo ai loro fratelli.10Giosia profanò il Tofet, che si trovava nella valle di Ben-Hinnòn, perché nessuno vi facesse passare ancora il proprio figlio o la propria figlia per il fuoco in onore di Moloch.11Fece scomparire i cavalli che i re di Giuda avevano consacrati al sole all'ingresso del tempio, nel locale dell'eunuco Netan-Mèlech, che era nei cortili, e diede alle fiamme i carri del sole.12Demolì gli altari sulla terrazza del piano di sopra di Acaz, eretti dai re di Giuda, e gli altari eretti da Manàsse nei due cortili del tempio, li frantumò e ne gettò la polvere nel torrente Cedron.13Il re profanò le alture che erano di fronte a Gerusalemme, a sud del monte della perdizione, erette da Salomone, re di Israele, in onore di Astàrte, obbrobrio di quelli di Sidòne, di Càmos, obbrobrio dei Moabiti, e di Milcom, abominio degli Ammoniti.14Fece a pezzi le stele e tagliò i pali sacri, riempiendone il posto con ossa umane.
15Demolì anche l'altare di Betel e l'altura eretta da Geroboamo figlio di Nebàt, che aveva fatto commettere peccati a Israele; demolì quest'altare e l'altura; di quest'ultima frantumò le pietre, rendendole polvere; bruciò anche il palo sacro.
16Volgendo Giosia lo sguardo intorno vide i sepolcri che erano sul monte; egli mandò a prendere le ossa dai sepolcri e le bruciò sull'altare profanandolo secondo le parole del Signore pronunziate dall'uomo di Dio quando Geroboamo durante la festa stava presso l'altare. Quindi si voltò; alzato lo sguardo verso il sepolcro dell'uomo di Dio che aveva preannunziato queste cose,17Giosia domandò: "Che è quel monumento che io vedo?". Gli uomini della città gli dissero: "È il sepolcro dell'uomo di Dio che, partito da Giuda, preannunziò quanto tu hai fatto contro l'altare di Betel".18Egli disse: "Lasciatelo in pace; nessuno rimuova le sue ossa". Le ossa di lui in tal modo furono risparmiate, insieme con le ossa del profeta venuto da Samaria.
19Giosia eliminò anche tutti i templi delle alture, costruiti dai re di Israele nelle città della Samaria per provocare a sdegno il Signore. In essi ripeté quanto aveva fatto a Betel.20Immolò sugli altari tutti i sacerdoti delle alture locali e vi bruciò sopra ossa umane. Quindi ritornò in Gerusalemme.
21Il re ordinò a tutto il popolo: "Celebrate la pasqua per il Signore vostro Dio, con il rito descritto nel libro di questa alleanza".22Difatti una pasqua simile non era mai stata celebrata dal tempo dei Giudici, che governarono Israele, ossia per tutto il periodo dei re di Israele e dei re di Giuda.23In realtà, tale pasqua fu celebrata per il Signore, in Gerusalemme, solo nell'anno diciotto di Giosia.
24Giosia fece poi scomparire anche i negromanti, gli indovini, i 'terafim', gli idoli e tutti gli abomini, che erano nel paese di Giuda e in Gerusalemme, per mettere in pratica le parole della legge scritte nel libro trovato dal sacerdote Chelkia nel tempio.25Prima di lui non era esistito un re che come lui si fosse convertito al Signore con tutto il cuore e con tutta l'anima e con tutta la forza, secondo tutta la legge di Mosè; dopo di lui non ne sorse un altro simile.
26Tuttavia il Signore non attenuò l'ardore della sua grande ira, che era divampata contro Giuda a causa di tutte le provocazioni di Manàsse.27Perciò il Signore disse: "Anche Giuda allontanerò dalla mia presenza, come ho allontanato Israele; respingerò questa città, Gerusalemme, che mi ero scelta, e il tempio di cui avevo detto: Ivi sarà il mio nome".
28Le altre gesta di Giosia e tutte le sue azioni sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.
29Durante il suo regno, il faraone Necao re di Egitto si mosse per soccorrere il re d'Assiria sul fiume Eufrate. Il re Giosia gli andò incontro, ma Necao l'uccise in Meghiddo al primo urto.30I suoi ufficiali portarono su un carro il morto da Meghiddo a Gerusalemme e lo seppellirono nel suo sepolcro. Il popolo del paese prese Ioacaz figlio di Giosia, lo unse e lo proclamò re al posto di suo padre.
31Quando divenne re, Ioacaz aveva ventitré anni; regnò tre mesi in Gerusalemme. Sua madre, di Libna, si chiamava Camutàl, figlia di Geremia.32Egli fece ciò che è male agli occhi del Signore, secondo quanto avevano fatto i suoi padri.
33Il faraone Necao l'imprigionò a Ribla, nel paese di Amat, per non farlo regnare in Gerusalemme; al paese egli impose un gravame di cento talenti d'argento e di un talento d'oro.34Il faraone Necao nominò re Eliakìm figlio di Giosia, al posto di Giosia suo padre, cambiandogli il nome in Ioiakìm. Quindi prese Ioacaz e lo deportò in Egitto, ove morì.35Ioiakìm consegnò l'argento e l'oro al faraone, avendo tassato il paese per pagare il denaro secondo la disposizione del faraone. Con una tassa individuale, proporzionata ai beni, egli riscosse l'argento e l'oro dal popolo del paese per consegnarlo al faraone Necao.
36Quando divenne re, Ioiakìm aveva venticinque anni; regnò undici anni in Gerusalemme. Sua madre, di Ruma, si chiamava Zebida, figlia di Pedaia.37Fece ciò che è male agli occhi del Signore, secondo quanto avevano fatto i suoi padri.
Siracide 39
1Differente è il caso di chi si applica
e medita la legge dell'Altissimo.
Egli indaga la sapienza di tutti gli antichi,
si dedica allo studio delle profezie.
2Conserva i detti degli uomini famosi,
penetra le sottigliezze delle parabole,
3indaga il senso recondito dei proverbi
e s'occupa degli enigmi delle parabole.
4Svolge il suo compito fra i grandi,
è presente alle riunioni dei capi,
viaggia fra genti straniere,
investigando il bene e il male in mezzo agli uomini.
5Di buon mattino rivolge il cuore
al Signore, che lo ha creato, prega davanti all'Altissimo,
apre la bocca alla preghiera, implora per i suoi peccati.
6Se questa è la volontà del Signore grande,
egli sarà ricolmato di spirito di intelligenza,
come pioggia effonderà parole di sapienza,
nella preghiera renderà lode al Signore.
7Egli dirigerà il suo consiglio e la sua scienza,
mediterà sui misteri di Dio.
8Farà brillare la dottrina del suo insegnamento,
si vanterà della legge dell'alleanza del Signore.
9Molti loderanno la sua intelligenza,
egli non sarà mai dimenticato,
non scomparirà il suo ricordo,
il suo nome vivrà di generazione in generazione.
10I popoli parleranno della sua sapienza,
l'assemblea proclamerà le sue lodi.
11Finché vive, lascerà un nome più noto di mille,
quando muore, avrà già fatto abbastanza per sé.
12Esporrò ancora le mie riflessioni,
ne sono pieno come la luna a metà mese.
13Ascoltatemi, figli santi, e crescete
come una pianta di rose su un torrente.
14Come incenso spandete un buon profumo,
fate fiorire fiori come il giglio,
spargete profumo e intonate un canto di lode;
benedite il Signore per tutte le opere sue.
15Magnificate il suo nome;
proclamate le sue lodi
con i vostri canti e le vostre cetre;
così direte nella vostra lode:
16"Quanto sono magnifiche tutte le opere del Signore!
Ogni sua disposizione avrà luogo a suo tempo!".
Non c'è da dire: "Che è questo? Perché quello?".
Tutte le cose saranno indagate a suo tempo.
17Alla sua parola l'acqua si ferma come un cumulo,
a un suo detto si aprono i serbatoi delle acque.
18A un suo comando si realizza quanto egli vuole;
nessuno può ostacolare il suo aiuto.
19Ogni azione umana è davanti a lui,
non è possibile nascondersi ai suoi occhi.
20Il suo sguardo passa da un'eternità all'altra,
nulla è straordinario davanti a lui.
21Non c'è da dire: "Che è questo? Perché quello?"
poiché tutte le cose sono state create per un fine.
22La sua benedizione si diffonde come un fiume
e irriga come un'inondazione la terra.
23Così le genti sperimenteranno la sua ira,
come trasformò le acque in deserto salato.
24Le sue vie sono diritte per i santi,
ma per gli empi piene di inciampi.
25I beni per i buoni furon creati sin da principio,
ma anche i mali per i peccatori.
26Le cose di prima necessità per la vita dell'uomo sono:
acqua, fuoco, ferro, sale,
farina di frumento, latte, miele,
succo di uva, olio e vestito.
27Tutte queste cose per i pii sono beni,
ma per i peccatori diventano mali.
28Ci sono venti creati per castigo,
e nella loro furia rafforzano i loro flagelli;
quando verrà la fine, scateneranno violenza,
e placheranno lo sdegno del loro creatore.
29Fuoco, grandine, fame e morte
son tutte cose create per il castigo.
30Denti delle fiere, scorpioni e vipere,
e spade vendicatrici sono per la rovina degli empi.
31Esulteranno al comando divino;
sono pronte sulla terra per tutti i bisogni.
A tempo opportuno non trasgrediranno la parola.
32Per questo ero convinto fin dal principio,
vi ho riflettuto e l'ho messo per iscritto:
33"Tutte le opere del Signore sono buone;
egli provvederà tutto a suo tempo".
34Non c'è da dire: "Questo è peggiore di quello",
a suo tempo ogni cosa sarà riconosciuta buona.
35Ora cantate inni con tutto il cuore e con la bocca
e benedite il nome del Signore.
Salmi 102
1'Preghiera di un afflitto che è stanco'
'e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia'.
2Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi.
4Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
6Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa.
7Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
8Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
9Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
10Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
11davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
12I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco.
13Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
14Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
15Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina.
16I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica.
19Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
20Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
22perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore.
24Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
25Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
26In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.
28Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.
Isaia 34
1Avvicinatevi, popoli, per udire,
e voi, nazioni, prestate ascolto;
ascolti la terra e quanti vi abitano,
il mondo e quanto produce!
2Poiché il Signore è adirato contro tutti i popoli
ed è sdegnato contro tutti i loro eserciti;
li ha votati allo sterminio, li ha destinati al massacro.
3I loro uccisi sono gettati via,
si diffonde il fetore dei loro cadaveri;
grondano i monti del loro sangue.
4Tutta la milizia celeste si dissolve,
i cieli si arrotolano come un libro,
tutti i loro astri cadono
come cade il pampino della vite,
come le foglie avvizzite del fico.
5Poiché nel cielo si è inebriata la spada del Signore,
ecco essa si abbatte su Edom,
su un popolo che egli ha votato allo sterminio per fare giustizia.
6La spada del Signore è piena di sangue,
è imbrattata di grasso,
del sangue di agnelli e di capri,
delle viscere grasse dei montoni,
perché si compie un sacrificio al Signore in Bozra,
una grande ecatombe nel paese di Edom.
7Cadono bisonti insieme con essi,
giovenchi insieme con tori.
La loro terra si imbeve di sangue,
la polvere si impingua di grasso.
8Poiché è il giorno della vendetta del Signore,
l'anno della retribuzione per l'avversario di Sion.
9I torrenti di quel paese si cambieranno in pece,
la sua polvere in zolfo,
la sua terra diventerà pece ardente.
10Non si spegnerà né di giorno né di notte,
sempre salirà il suo fumo;
per tutte le generazioni resterà deserta,
mai più alcuno vi passerà.
11Ne prenderanno possesso il pellicano e il riccio,
il gufo e il corvo vi faranno dimora.
Il Signore stenderà su di essa la corda della solitudine
e la livella del vuoto.
12Non ci saranno più i suoi nobili,
non si proclameranno più re,
tutti i suoi capi saranno ridotti a nulla.
13Nei suoi palazzi saliranno le spine,
ortiche e cardi sulle sue fortezze;
diventerà una tana di sciacalli,
un recinto per gli struzzi.
14Gatti selvatici si incontreranno con iene,
i satiri si chiameranno l'un l'altro;
vi faranno sosta anche le civette
e vi troveranno tranquilla dimora.
15Vi si anniderà il serpente saettone, vi deporrà le uova,
le farà dischiudere e raccoglierà i piccoli alla sua ombra;
vi si raduneranno anche gli sparvieri,
l'uno in cerca dell'altro;
16cnessuno si farà attendere.
16aCercate nel libro del Signore e leggete:
nessuno di essi vi manca,
poiché la bocca del Signore lo ha comandato
e il suo spirito li raduna.
17Egli ha distribuito loro la parte in sorte,
la sua mano ha diviso loro il paese con tutta esattezza,
lo possederanno per sempre,
lo abiteranno di generazione in generazione.
Prima lettera ai Corinzi 4
1Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio.2Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele.3A me però, poco importa di venir giudicato da voi o da un consesso umano; anzi, io neppure giudico me stesso,4perché anche se non sono consapevole di colpa alcuna non per questo sono giustificato. Il mio giudice è il Signore!5Non vogliate perciò giudicare nulla prima del tempo, finché venga il Signore. Egli metterà in luce i segreti delle tenebre e manifesterà le intenzioni dei cuori; allora ciascuno avrà la sua lode da Dio.
6Queste cose, fratelli, le ho applicate a modo di esempio a me e ad Apollo per vostro profitto perché impariate nelle nostre persone a stare a ciò che è scritto e non vi gonfiate d'orgoglio a favore di uno contro un altro.7Chi dunque ti ha dato questo privilegio? Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? E se l'hai ricevuto, perché te ne vanti come non l'avessi ricevuto?
8Già siete sazi, già siete diventati ricchi; senza di noi già siete diventati re. Magari foste diventati re! Così anche noi potremmo regnare con voi.9Ritengo infatti che Dio abbia messo noi, gli apostoli, all'ultimo posto, come condannati a morte, poiché siamo diventati spettacolo al mondo, agli angeli e agli uomini.10Noi stolti a causa di Cristo, voi sapienti in Cristo; noi deboli, voi forti; voi onorati, noi disprezzati.11Fino a questo momento soffriamo la fame, la sete, la nudità, veniamo schiaffeggiati, andiamo vagando di luogo in luogo,12ci affatichiamo lavorando con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo;13calunniati, confortiamo; siamo diventati come la spazzatura del mondo, il rifiuto di tutti, fino ad oggi.
14Non per farvi vergognare vi scrivo queste cose, ma per ammonirvi, come figli miei carissimi.15Potreste infatti avere anche diecimila pedagoghi in Cristo, ma non certo molti padri, perché sono io che vi ho generato in Cristo Gesù, mediante il vangelo.16Vi esorto dunque, fatevi miei imitatori!17Per questo appunto vi ho mandato Timòteo, mio figlio diletto e fedele nel Signore: egli vi richiamerà alla memoria le vie che vi ho indicato in Cristo, come insegno dappertutto in ogni Chiesa.
18Come se io non dovessi più venire da voi, alcuni hanno preso a gonfiarsi d'orgoglio.19Ma verrò presto, se piacerà al Signore, e mi renderò conto allora non già delle parole di quelli, gonfi di orgoglio, ma di ciò che veramente sanno fare,20perché il regno di Dio non consiste in parole, ma in potenza.21Che volete? Debbo venire a voi con il bastone, o con amore e con spirito di dolcezza?
Capitolo V: Grandezza del Sacramento e condizione del sacerdote
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1. Anche se tu avessi la purezza degli angeli e la santità di San Giovanni Battista, non saresti degno di ricevere o anche solo di toccare questo sacramento. Non dipende infatti dai meriti degli uomini che si consacri e si tocchi il sacramento di Cristo, e ci si nutra del pane degli angeli. Grande è l'ufficio, grande la dignità dei sacerdoti, ai quali è dato quello che non è concesso agli angeli; giacché soltanto i sacerdoti, ordinati regolarmente nella Chiesa, hanno il potere di celebrare e di consacrare il corpo di Cristo. Il sacerdote, invero, è servo di Dio: si vale della parola di Dio, per comando e istituzione di Dio. Nel sacramento, attore primo, invisibilmente operante, è Dio, al quale è sottoposta ogni cosa, secondo il suo volere, in obbedienza al suo comando. In questo sublime sacramento, devi dunque credere più a Dio onnipotente che ai tuoi sensi o ad alcun segno visibile; a questa realtà, istituita da Dio, ti devi accostare con reverenza e con timore. "Rifletti su te stesso" e considera di chi sei stato fatto ministro, con l'imposizione delle mani da parte del vescovo (1Tm 4,16.14). Ecco, sei stato fatto sacerdote e consacrato per celebrare. Vedi, dunque, di offrire il sacrificio a Dio con fede, con devozione, e al tempo conveniente; vedi di offrire te stesso, irreprensibile. Non si è fatto più leggero il tuo carico; anzi sei ormai legato da un più stretto vincolo di disciplina e sei tenuto a una maggiore perfezione di santità.
2. Il sacerdote deve essere ornato di ogni virtù e offrire agli altri l'esempio di una vita santa; abituale suo rapporto non sia con la gente volgare secondo modi consueti a questo mondo, ma con gli angeli in cielo o con la gente santa, in terra. Il sacerdote, rivestito delle sacre vesti, fa le veci di Cristo, supplichevolmente e umilmente pregando Iddio per sé e per tutto il popolo. Egli porta, davanti e dietro, il segno della croce del Signore, perché abbia costante ricordo della passione di Cristo; davanti, sulla casula, porta la croce, perché guardi attentamente a quelle che sono le orme di Cristo, e abbia cura di seguirla con fervore; dietro è pure segnato dalla croce, perché sappia sopportare con dolcezza ogni contrarietà che gli venga da altri. Porta davanti la croce, perché pianga i propri peccati; e la porta anche dietro, perché pianga compassionevolmente anche i peccati commessi da altri, e sappia di essere stato posto tra Dio e il peccatore, non lasciandosi illanguidire nella preghiera e nell'offerta, fin che non sia fatto degno di ottenere grazia e misericordia. Con la celebrazione, il sacerdote rende onore a Dio, fa lieti gli angeli, dà motivo di edificazione ai fedeli, aiuta i vivi, appresta pace ai defunti e fa di se stesso il dispensatore di tutti i benefici divini.
Omelia 27: Cristo dimora in noi, e noi in lui.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Abbiamo ascoltato dal Vangelo le parole del Signore, che fanno seguito al discorso precedente. Ora, su questo tema del corpo del Signore, che egli diceva di voler offrire come cibo per la vita eterna, ci sembra doveroso da parte nostra, e oggi quanto mai opportuno, esporre alle vostre orecchie e alle vostre menti qualche riflessione. Ci ha spiegato come farà a distribuire questo suo dono, in che modo cioè ci darà la sua carne da mangiare, dicendo: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me, e io in lui (Gv 6, 57). La prova che si è veramente mangiato e bevuto il suo corpo e il suo sangue, è questa: che lui rimane in noi e noi in lui, che egli abita in noi e noi in lui, che noi siamo uniti a lui senza timore di essere abbandonati. Con linguaggio denso di mistero ci ha insegnato e ci ha esortati ad essere nel suo corpo, uniti alle sue membra sotto il medesimo capo, a nutrirci della sua carne senza mai separarci dalla sua comunione. Se non che molti dei presenti non compresero e si scandalizzarono: ascoltando tali parole non riuscivano ad avere se non pensieri secondo la carne, ciò che essi stessi erano. Ora, l'Apostolo con tutta verità dice che pensare secondo la carne conduce alla morte (Rm 8, 6). Il Signore ci dà la sua carne da mangiare; ma intendere questo secondo la carne è morte, mentre il Signore ci dice che nella sua carne si trova la vita eterna. Non dobbiamo quindi intendere secondo la carne neppure la carne, come si deduce dalle parole che seguono.
[Il segreto di Dio impegna la nostra attenzione.]
2. Molti, non dei suoi nemici, ma dei suoi discepoli, dopo averlo ascoltato, dissero: Questo linguaggio è duro; chi lo può intendere? (Gv 6, 61). Se questo linguaggio apparve duro ai discepoli, immaginate ai nemici. Era necessario tuttavia che così fosse espresso ciò che non era comprensibile a tutti. Anziché provocare avversione, i segreti di Dio devono impegnare la nostra attenzione. Quelli, invece, defezionarono non appena sentirono il Signore parlare così: non pensarono che annunciava qualcosa di arcano e che sotto il velo di queste parole nascondeva un grande dono. Le intesero arbitrariamente, in senso puramente umano, e pensarono che Gesù potesse e volesse distribuire ai credenti in lui la carne di cui il Verbo era rivestito, facendola a pezzi. Questo linguaggio è duro - essi dicono - e chi lo può intendere?
3. Ma Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano di questo ... Essi avevano parlato tra loro in modo da non farsi sentire da lui; ma egli, che li conosceva nell'intimo, ascoltandoli dentro di sé, rispose e disse: Ciò vi scandalizza? Cioè, vi scandalizza il fatto che io abbia detto che vi do da mangiare la mia carne e da bere il mio sangue? E' questo che vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell'uomo ascendere dov'era prima? (Gv 6, 62-63). Che significano queste parole? Risolvono la loro difficoltà? Sciolgono il dubbio che li ha scandalizzati? Queste parole certamente avrebbero chiarito, se essi le avessero comprese. Credevano che egli volesse dare loro in cibo il suo corpo; egli dice che salirà in cielo, e vi salirà tutto intero: Quando vedrete il Figlio dell'uomo ascendere dov'era prima, allora crederete che egli non distribuisce il suo corpo nel modo che voi credete: almeno allora capirete che la sua grazia non si consuma con dei morsi.
4. E aggiunge: E' lo spirito che vivifica, la carne non giova nulla (Gv 6, 64). Prima di spiegare, con l'aiuto del Signore, queste parole, non dobbiamo trascurare ciò che ha detto prima: Se vedeste il Figlio dell'uomo ascendere dov'era prima. Cristo è il Figlio dell'uomo, nato dalla vergine Maria. Ha cominciato dunque ad essere figlio dell'uomo qui in terra, dove ha assunto la carne, che appunto proviene dalla terra. Perciò il profeta aveva detto: la verità è sorta dalla terra (Sal 84, 12). Cosa vuol dire dunque: Se vedeste il Figlio dell'uomo ascendere dov'era prima? Nessun problema se avesse detto: Se vedrete il Figlio di Dio ascendere dov'era prima. Egli invece ha parlato del Figlio dell'uomo che ascende dov'era prima. Come poteva il Figlio dell'uomo essere in cielo, dal momento che cominciò ad esistere qui in terra? Ha detto dov'era prima, come se, mentre diceva queste cose, non fosse in cielo. In un altro passo dice: Nessuno ascende in cielo, se non chi dal cielo discese, il Figlio dell'uomo che è in cielo (Gv 3, 13). Non dice che "era"; dice: il Figlio dell'uomo che è in cielo. Parlava stando in terra, e affermava di essere in cielo. E non disse: Nessuno ascende in cielo, se non chi dal cielo discese, il Figlio di Dio che è in cielo. Che cosa si propone, con queste parole, se non farci intendere ciò che già nel precedente discorso noi abbiamo cercato d'inculcare alla vostra Carità, e cioè che Cristo, Dio e uomo, è una sola persona, non due, sicché non accada che per noi le persone della Trinità siano quattro invece di tre? Cristo è uno solo: il Verbo, l'anima e la carne sono un solo Cristo; il Figlio di Dio e il Figlio dell'uomo sono un solo Cristo. E' Figlio di Dio da sempre, Figlio dell'uomo nel tempo, e tuttavia un solo Cristo nell'unità della persona. Era in cielo quando parlava in terra. Era Figlio dell'uomo in cielo così come era Figlio di Dio in terra: Figlio di Dio in terra nella carne assunta, Figlio dell'uomo in cielo nell'unità della persona.
5. Che significano le parole che seguono: E' lo Spirito che vivifica, la carne non giova nulla? Egli ci consente di rivolgerci a lui, non per contraddirlo ma nel desiderio di apprendere: O Signore, maestro buono, come è possibile che la carne non giovi nulla, quando tu hai dichiarato: Chi non mangia la mia carne e non beve il mio sangue, non avrà in sé la vita (Gv 6, 54)? Forse che la vita non serve a nulla? E perché allora siamo ciò che siamo, se non per avere la vita eterna, che tu prometti di darci mediante la tua carne? In che senso allora la carne non giova nulla? Non giova nulla la carne nel senso in cui costoro la intesero: essi la intesero nel senso della carne morta fatta a pezzi, come si vende al macello, non nel senso della carne vivificata dallo Spirito. E' detto che la carne non giova nulla, come è detto che la scienza gonfia. Dobbiamo allora odiare la scienza? Niente affatto! In che senso la scienza gonfia? Quando è sola, senza la carità. Infatti l'Apostolo aggiunge: mentre la carità edifica (1 Cor 8, 1). Alla scienza unisci la carità, e la scienza ti sarà utile, non da sé sola, ma a motivo della carità. Così anche in questo caso: la carne non giova nulla, cioè la carne da sola; se però, alla carne si unisce lo spirito, allo stesso modo che alla scienza si unisce la carità, allora gioverà moltissimo. Se, infatti, la carne non giovasse nulla, il Verbo non si sarebbe fatto carne, per abitare fra noi. Se tanto ci ha giovato il Cristo mediante la carne, come si può dire che la carne non giova nulla? Ma è lo Spirito che mediante la carne ha operato la nostra salvezza. La carne fu come il vaso: considera ciò che portava, non ciò che era. Sono stati mandati gli Apostoli: forse che la loro carne non ci ha giovato? E se ci ha giovato la carne degli Apostoli, poteva non giovarci la carne del Signore? Come è giunto a noi il suono della loro parola, se non mediante la voce della carne? E come ha potuto essere composta la Scrittura? Tutto ciò è opera della carne, guidata però, come suo strumento, dallo spirito. E' lo Spirito - dunque - che vivifica, la carne non giova nulla, ma nel senso che quelli la intesero, non nel senso in cui io do da mangiare la mia carne.
[Amare l'unità.]
6. Perciò dice: Le parole che vi ho detto sono spirito e sono vita (Gv 6, 64). Abbiamo già detto, o fratelli, che cosa ci raccomanda il Signore nel darci a mangiare la sua carne e a bere il suo sangue: che noi dimoriamo in lui e lui in noi. Ora, noi dimoriamo in lui, se siamo le sue membra; egli dimora in noi, se siamo il suo tempio. E' l'unità che ci compagina facendoci diventare membra di Cristo Ma che cos'è che crea questa unità se non la carità? E la carità di Dio donde nasce? Domandalo all'Apostolo. La carità di Dio - egli risponde - è stata riversata nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato donato (Rm 5, 5). E' lo Spirito - dunque - che vivifica: lo Spirito, infatti, fa vivere le membra. Ma lo Spirito non fa vivere se non le membra che trova nel corpo che esso anima. Lo spirito che è in te, o uomo, lo spirito che ti fa essere uomo, fa vivere forse un membro che trova separato dal tuo corpo? Dico il tuo spirito per dire la tua anima: la tua anima fa vivere soltanto le membra che compongono il tuo corpo; se un membro viene amputato, non è più vivificato dalla tua anima, perché non appartiene più all'unità del tuo corpo. Queste considerazioni devono ispirarci amore per l'unità e orrore per la separazione. Niente deve temere un cristiano, quanto l'essere separato dal corpo di Cristo. Chi infatti si separa dal corpo di Cristo, non è più suo membro; se non è suo membro, non può essere animato dal suo Spirito. Che se qualcuno - dice l'Apostolo - non possiede lo Spirito di Cristo, non gli appartiene (Rm 8, 9). E' lo Spirito - dunque - che vivifica, la carne non giova nulla. Le parole che io vi ho dette sono spirito e vita. Che significa sono spirito e vita? Significa che devono essere intese in senso spirituale. Tu le hai intese in senso spirituale? Allora sono spirito e vita. Le hai intese in senso materiale? Esse sono sempre spirito e vita, ma non lo sono per te.
[La fede ci unisce a Dio, l'intelligenza ci fa vivere di lui.]
7. Ma vi sono tra voi alcuni che non credono (Gv 6, 65). Non dice: Vi sono tra voi alcuni che non capiscono; ma, spiegando il motivo per cui non capiscono, dice: Vi sono tra voi alcuni che non credono; ecco perché non capiscono: perché non credono. Il profeta disse: Se non crederete, non capirete (Is 7, 9 sec LXX). Per mezzo della fede ci uniamo a lui, per mezzo dell'intelligenza veniamo vivificati. Prima uniamoci a lui per mezzo della fede, per essere poi vivificati per mezzo dell'intelligenza. Chi non si unisce al Signore, gli oppone resistenza e chi gli oppone resistenza non crede. E come può essere vivificato colui che resiste al Signore? Egli volta le spalle al raggio della luce che dovrebbe illuminarlo: non distoglie lo sguardo, ma chiude la sua mente. Vi sono - dunque - alcuni che non credono. Credano e si aprano; si aprano e saranno illuminati. Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che credevano, e chi lo avrebbe tradito (Gv 6, 65). Era presente anche Giuda. Alcuni si scandalizzarono; Giuda rimase, non col desiderio d'intendere le parole del Signore ma col proposito di tendergli insidie. E siccome era rimasto, il Signore fece un'allusione a lui. Non fece il suo nome, ma neppure tacque, affinché tutti fossero presi da timore, sebbene uno solo di essi sarebbe andato perduto. Dopo aver parlato così e aver fatto la distinzione tra i credenti e i non credenti, spiegò anche il motivo per cui uno non crede: Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio (Gv 6, 66). Credere, dunque, è un dono; credere non è una cosa da poco. Se credere è una grande cosa, rallegrati se sei credente, ma non insuperbirti: che cosa hai infatti, che tu non abbia ricevuto? (1 Cor 4, 7).
8. Da allora molti dei suoi discepoli si ritrassero indietro, e non andavano più con lui (Gv 6, 67). Si ritrassero indietro, ma dietro a Satana, non dietro a Cristo. Una volta, infatti, Cristo Signore chiamò Pietro Satana, più che altro perché voleva precedere il suo Signore, e consigliare a non morire colui che era venuto per morire affinché noi fossimo liberati dalla morte eterna; e gli disse: Indietro, Satana! tu non hai il senso delle cose di Dio, ma di quelle degli uomini (Mt 16, 23). Non lo respinse, mandandolo dietro a Satana; ma, dopo averlo chiamato "Satana", lo fece venire dietro di sé affinché, camminando dietro al Signore, Pietro cessasse di essere Satana. Quelli invece si tirarono indietro nel senso che dice l'Apostolo di certe donne: Alcune si sono fuorviate dietro a Satana (1 Tim 5, 15). Non lo seguirono più. Essendosi staccati dal corpo, perdettero la vita, perché probabilmente non avevano mai fatto parte del corpo. Dobbiamo metterli nel numero di coloro che non credevano, sebbene si chiamassero discepoli. Quelli che si ritirarono non erano pochi, ma molti. Ciò avvenne forse a nostra consolazione: può accadere, infatti, che uno dica la verità e non sia capito, e che, anzi, quelli che lo ascoltano se ne vadano scandalizzati. Quest'uomo potrebbe pentirsi d'aver detto la verità: Non avrei dovuto parlare così, non avrei dovuto dire queste cose. Al Signore accadde questo: parlò e perdette molti discepoli, e rimase con pochi. Ma egli non si turbò perché fin da principio sapeva chi avrebbe creduto e chi no. Se a noi capita qualcosa di simile, rimaniamo turbati. Troviamo consolazione nel Signore, senza tuttavia dispensarci dalla prudenza nel parlare.
[Pietro è l'unità rispetto all'universalità.]
9. Il Signore si rivolge a quei pochi che erano rimasti: Disse allora Gesù ai dodici - cioè a quei dodici che erano rimasti -: Volete andarvene anche voi? Non se ne andò nessuno, neppure Giuda. Il motivo per cui Giuda rimase, era già chiaro al Signore, e più tardi lo fu anche per noi. Pietro rispose per tutti, uno per molti, l'unità per l'universalità: Gli rispose Simon Pietro: Signore, a chi andremo? Se ci scacci da te, dacci un altro simile a te. A chi andremo? Se ci allontaniamo da te, a chi andremo? Tu hai parole di vita eterna. Vedete come Pietro, per grazia di Dio, per ispirazione dello Spirito Santo, ha capito? Perché ha capito? Perché ha creduto. Tu hai parole di vita eterna. Tu ci dai la vita eterna offrendoci il tuo corpo e il tuo sangue. E noi abbiamo creduto e conosciuto. Non dice: abbiamo conosciuto e creduto, ma abbiamo creduto e conosciuto. Abbiamo creduto per poter conoscere; se, infatti, avessimo voluto conoscere prima di credere, non saremmo riusciti né a conoscere né a credere. Che cosa abbiamo creduto e che cosa abbiamo conosciuto? Che tu sei il Cristo Figlio di Dio (Gv 6, 68-70), cioè che tu sei la stessa vita eterna, e nella carne e nel sangue ci dai ciò che tu stesso sei.
10. Disse allora il Signore Gesù: Non vi ho forse scelto io, voi Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo! (Gv 6, 71). Forse ci saremmo aspettati che dicesse: Ho scelto voi undici. Si può forse scegliere anche un diavolo? E tra gli eletti ci può essere un diavolo? Di solito si dice eletto in senso positivo: forse anche Giuda è stato eletto per essere utilizzato, senza che lo volesse e lo sapesse, per uno scopo buono? Questo è secondo lo stile di Dio, il quale agisce in maniera contraria ai malvagi: là dove infatti i malvagi utilizzano male i doni di Dio, Dio, al contrario, utilizza a fine di bene le cattive azioni dei malvagi. Quale armonia, il fatto che le membra siano disposte nel modo voluto dall'artefice divino! Tuttavia quale cattivo uso fa degli occhi l'insolente! Come usa male la lingua il bugiardo! Il falso testimone con la sua lingua non sopprime forse la sua anima, prima di attentare a quella degli altri? Si può usare male la lingua, ma non per questo la lingua è un male: la lingua è opera di Dio, è il malvagio che usa male l'opera di Dio che è buona. Che uso fanno dei piedi coloro che corrono a compiere delitti? Che uso fanno delle mani gli omicidi? Tutti gli empi fanno un cattivo uso delle creature buone con cui Dio si circonda. Si servono dell'oro per corrompere la giustizia e opprimere gli innocenti. I malvagi usano in modo perverso di questa luce; infatti essi, vivendo male, profanano la stessa luce per la quale possono vedere, mettendola al servizio delle loro scelleratezze. Il malvagio che va a compiere un delitto cerca la luce per non cadere, lui che di dentro è già inciampato e caduto: ciò che teme per il corpo è già accaduto nel cuore. Il malvagio dunque, per non dilungarci troppo nei particolari, può abusare di tutti i doni di Dio, mentre chi è buono, volge al bene anche le cattive azioni dei malvagi. E chi è più buono di Dio? A proposito una volta il Signore ha detto: Solo Dio è buono (Mc 10, 18). Nessuno meglio di lui, quindi, sa utilizzare anche i nostri mali. E chi è peggiore di Giuda? Tra tutti i seguaci del Maestro, tra i dodici Apostoli, a lui era stata affidata la borsa e l'incarico di provvedere ai poveri: ingrato per tanto privilegio e per tanto onore, accettò il denaro e perdette la giustizia, tradì la vita, egli che era già morto; perseguitò, da nemico, colui che aveva seguito come discepolo. Certo tutto questo è opera malvagia di Giuda; ma il Signore seppe utilizzare anche la sua malvagità. Sopportò il tradimento per redimerci. Ecco come il delitto di Giuda fu convertito in un bene. Quanti martiri Satana perseguitò! Se Satana avesse smesso di perseguitare, oggi non celebreremmo il glorioso martirio di san Lorenzo. Se dunque Dio sa utilizzare anche le azioni del diavolo, il male che un malvagio compie abusando dei doni di Dio, nuoce a lui, ma non pregiudica la bontà di Dio. Dio lo utilizza: che se, da quel sapiente artefice che è, non sapesse utilizzarlo, non lo permetterebbe. Dunque uno di voi è un diavolo, dice il Signore, pur essendo stato io a scegliere voi dodici. Si può anche scorgere nelle parole ho scelto voi dodici un riferimento al sacro significato di quel numero. Il numero dodici non fu disonorato dal fatto che uno si perdette, perché al posto di quello che si perdette, subentrò un altro (cf. At 1, 26). Il dodici, questo numero sacro, è rimasto intatto, perché in tutto il mondo, cioè ai quattro punti cardinali, gli Apostoli avrebbero annunziato la Trinità. Tre per quattro fanno dodici. Giuda si è perduto senza profanare il numero dodici: egli ha abbandonato il Maestro, ma Dio lo ha sostituito.
[Partecipazione spirituale.]
11. Questo è quanto il Signore ci ha detto del suo corpo e del suo sangue. Ci ha promesso la vita eterna attraverso la partecipazione a questo dono. Perciò ha voluto farci intendere che davvero mangiano la sua carne e bevono il suo sangue coloro che rimangono in lui e nei quali egli rimane. Questo non capirono coloro che non credettero in lui e che, intendendo in senso carnale le cose spirituali, si scandalizzarono. E mentre questi si scandalizzavano e si perdevano, il Signore incoraggiò i discepoli che erano rimasti con lui, ai quali, come per provarli, domandò: Volete andarvene anche voi? (Gv 6, 68). Egli fece questa domanda affinché noi potessimo conoscere, attraverso la risposta, la loro fedeltà. Egli infatti sapeva benissimo che sarebbero rimasti. Tutto ciò dunque, o dilettissimi, ci serva di lezione, affinché non abbiamo a mangiare la carne e a bere il sangue di Cristo solo sacramentalmente, come fanno anche tanti cattivi cristiani; ma affinché lo mangiamo e lo beviamo in modo da giungere alla partecipazione del suo Spirito e da rimanere nel corpo senza scandalizzarci se molti di coloro che con noi mangiano e bevono la carne e il sangue, ma solo esteriormente, saranno alla fine condannati ai tormenti eterni. Al presente il corpo di Cristo non è ancora purificato, come il grano sull'aia; ma il Signore sa chi sono i suoi (cf. 2 Tim 2, 19). Quando batti il grano, tu sai che la massa dei chicchi sta nascosta e che la battitura non distrugge ciò che il ventilabro deve purificare; così siamo sicuri, o fratelli, che quanti siamo nel corpo del Signore, e rimaniamo in lui in modo che anch'egli rimanga in noi, dovremo, in questo mondo e sino alla fine, vivere in mezzo agli iniqui. E non parlo degli iniqui che bestemmiano Cristo; poiché ormai non sono molti quelli che lo bestemmiano con la lingua, ma sono molti quelli che lo bestemmiano con la vita. E' necessario dunque che viviamo in mezzo a loro sino alla fine.
12. Ma cosa voleva significare la frase: egli dimora in me e io in lui (Gv 6, 56; 15, 5), se non ciò di cui hanno tenuto conto i martiri: Chi avrà perseverato sino alla fine, questo sarà salvo (Mt 24, 13)? In che modo san Lorenzo, di cui oggi celebriamo la festa, rimase in lui? Vi rimase fino alla prova, fino all'interrogatorio del tiranno, fino alla crudelissima minaccia, vi rimase fino al martirio; di più, fino al terribile rogo. Infatti non fu ucciso subito, ma fu torturato col fuoco; gli fu concesso di vivere più a lungo; o meglio, non gli fu concesso di vivere più a lungo, ma fu condannato a morire più lentamente. Ora, in quella lenta morte, in quei tormenti, siccome aveva mangiato e bevuto al banchetto eucaristico, saziato di quel cibo e inebriato di quel calice, non sentì i tormenti. Era presente in lui chi ha detto: E' lo Spirito che vivifica (Gv 6, 64). La carne ardeva, ma lo Spirito vivificava l'anima. Non venne meno, e così fece il suo ingresso nel Regno. Il santo martire Sisto, di cui abbiamo celebrato la festa cinque giorni fa, gli aveva detto: "Non affliggerti, figlio". Sisto era vescovo e Lorenzo diacono. "Non affliggerti, mi seguirai fra tre giorni". Tre giorni sono il tempo che intercorre tra il martirio di san Sisto e il martirio di san Lorenzo, che oggi celebriamo. Tre giorni separano i due martiri. O consolazione! Non gli disse Sisto: non affliggerti, figlio, finirà la persecuzione e tu sarai salvo. Gli disse: non affliggerti; tu mi seguirai dove io ti precedo; e mi seguirai senza dover attendere: ancora tre giorni e sarai con me. Lorenzo accolse la profezia, vinse il diavolo e pervenne al trionfo.
«Perché non parli?»
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaQualche volta erano talmente terribili le cose che Don Bosco vedeva nei
suoi sogni, che restava sgomento e non si decideva a parlare. È il caso
di alcuni sogni fatti a Lanzo nei primi giorni dell’aprile 1868. Ma un
ultimo sogno lo decise a raccontare ai giovani dell’Oratorio anche gli
altri. La sera del 30 aprile parlò così:
«Miei cari figliuoli, ho fatto un sogno ed ero deciso di non far ne
parola a voi, sia perché dubitavo che fosse un sogno come tutti gli
altri che si presentano alla fantasia nel sonno; sia perché tutte le
volte che ne ho raccontato qualcuno, ci fu sempre qualche osservazione o
qualche reclamo. Ma un altro sogno mi obbliga a parlarvi del primo. Voi
sapete che sono stato a Lanzo per avere un pò di quiete. Orbene,
l’ultima notte che dormii in quel collegio, messomi a letto, mentre
cominciavo a prender sonno, mi si presentò alla fantasia quanto sto per
dirvi.
Mi parve di vedere entrare nella mia camera un gran mostro che,
avanzandosi, venne a porsi ai piedi del letto. Aveva la forma di un
rospo ripugnante e gigantesco. Io lo guardavo senza fiatare, mentre
quello s’ingrossava sempre più. Era di color verde con una linea rossa
intorno alla bocca e alla gola che lo rendeva ancora più spaventoso. I
suoi occhi erano di fuoco; sul naso si alzavano due corna; dai fianchi
spuntavano due alacce verdastre. Aveva una lunga coda che terminava in
due punte. In quei momenti mi pareva di non aver paura; ma quando il
mostro cominciò ad avanzarsi verso di me allargando la bocca ampia e
fornita di grossi denti, allora fui preso da grande terrore. Mi feci il
segno di croce, ma a nulla valse; suonai il campanello, ma nessuno mi
udì; gridai, ma invano: il mostro non fuggiva.
— Che vuoi da me, brutta bestiaccia — gridai allora.
Ma egli continuò ad avanzare. A un tratto, posate le zampe anteriori
sulle sponde del letto, si tirò su lentamente, poi si fermò a fissarmi.
Quindi, allungatosi in avanti, protese il muso verso la mia faccia e
spalancò la bocca. Io ero paralizzato dall’orrore. Mi misi a urlare,
gettai la mano indietro cercando l’acquasantino, ma non trovandolo,
battevo pugni nel muro. Intanto il rospo abboccò per un istante la mia
testa in modo che mi trovai con la metà della persona dentro quelle
orride fauci. Allora gridai:
— In nome di Dio, perché mi fai questo?
Il rospo, al mio grido, si ritirò un tantino, lasciando libera la mia
testa. Mi feci nuovamente il segno di croce ed essendo finalmente
riuscito a intingere le dita nell’acquasantino, gli gettai sopra un po’
di acqua benedetta. Allora quel demonio, mandando un urlo terribile,
precipitò indietro e scomparve.
Ma mentre scompariva il mostro, io potei udire distintamente una voce
che dall’alto pronunciò queste parole: “Perché non parli?” Il direttore
di Lanzo Don Lemoyne quella notte si svegliò a causa delle mie urla
prolungate, udì che battevo le mani contro il muro e il mattino seguente
mi domandò:
— Don Bosco, questa notte ha sognato?
— Perché mi fai questa domanda?
— Ho udito le sue grida.
Avevo dunque conosciuto la volontà di Dio; dovevo dirvi ciò che ho
veduto. Quindi ho deciso di raccontarvi tutti i sogni che ho fatto in
quei giorni, perché mi sento obbligato in coscienza, e anche per
liberarmi da visioni tanto orribili come quella del rospo».
In quella voce venuta dall’alto, che rimprovera Don Bosco per ché non ha
raccontato alcuni sogni, si può vedere uno di quegli elementi
soprannaturali che caratterizzano i sogni di Don Bosco e ci confermano
che non erano dei semplici sogni. Ci sarebbe da augurarsi che la stessa
voce di richiamo sentissero e ascoltassero i genitori che vedono i figli
mettersi su cattiva strada e non parlano.
31-17 Novembre 27, 1932 L’umana volontà è come carta in cui viene coniata l’immagine divina, e Dio vi mette il valore del numero che vuole. Esempio. Dio racchiuso nell’atto della creatura.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Sono sempre in preda del Fiat Divino, la mia piccolezza non si stanca di girarle intorno e dentro di Esso, con la speranza certa di consumarmi nella sua luce, e con l’appetito di addentrarmi sempre più nelle sue conoscenze per poter gustare nuovi gusti divini, perché ogni conoscenza in più, è un gusto di più che si riceve, e stuzzica l’appetito a volerne gustare altro. Delle volte si sente una fame insaziabile che non sazia mai, e si vorrebbe stare sempre bocca aperta per ricevere questo alimento celeste. Quindi la mia mente era affollata di tante cose che riguardavano la Divina Volontà, che se io volessi scrivere tutto, non so dove andrei a prendere la carta, perciò mi limito per quanto posso, e siccome qualche dubbio serpeggiava nella mia mente, il mio Celeste maestro Gesù, visitando la sua piccola neonata mi ha detto:
(2) “Figlia benedetta, un’atto allora ha più valore quando si conosce il bene che c’è dentro, e quanto più si conosce, tanto più acquista, perché la creatura fa quell’atto in base del valore che conosce, e la nostra paterna bontà non sa ingannare, né burlare nessuno, se facciamo conoscere che c’è quel valore in quell’atto e perché vogliamo dare il valore da Noi manifestato, ed il segno certo è la stessa conoscenza che già possiede per sé stesso quel valore. Noi facciamo come un re che prende una carta che non ha valore e vi mette, dove cento, dove mille, dove un milione. . . , la carta è la stessa qualità, la stessa forma, ma a secondo il numero così possiede il suo valore, quindi chi dà il valore alla carta è il numero e l’immagine del re, il quale se ne serve qual moneta del regno. Ora così facciamo Noi: La carta è l’atto della creatura, la conoscenza è la nostra immagine divina, il valore è il numero che mettiamo. Dunque, qual meraviglia se diciamo che un’atto solo nella nostra Volontà, supera in valore tutti gli atti insieme di tutte le altre creature fatti fuori di Essa? E’ la nostra immagine che si conia come su carta nell’atto umano, ed il valore della nostra conoscenza che vi mette il numero; non siamo Noi padroni di mettere il numero che vogliamo sulla carta dell’umano volere? Se è padrone il re di mettere il numero che vuole sopra d’una vilissima carta, molto più Noi per formare la moneta che deve correre nella nostra patria azzurra. Oltre di ciò, la nostra Volontà fu un dono gratuito che demmo all’uomo, nulla ci pagò per averlo, ne lui teneva monete o mezzi sufficienti per pagarci, se non che la vilissima carta della sua volontà umana, che per sua sventura, neppure ce la volle prestare per tenersi il nostro gran dono, e poi, Noi eravamo il suo Padre tenerissimo ed amantissimo e tra Padre e figli non si fanno i conti, perché si sa che il Padre deve dare ai figli, ed essi sono obbligati con dovere di giustizia ad amare e tenere con stima ciò che li dà il Padre. Ecco perciò la necessità delle conoscenze sulla Divina Volontà, e le facciamo a grado a grado, affinché la creatura apprezzi questo dono sì grande, che gratuitamente le vogliamo dare. La conoscenza genera l’appetito, il desiderio di conoscere di più, e l’umano volere si dispone a poco a poco a subire la trasformazione, l’unificazione della Divina Volontà, e Noi senza far conti, né badare se ci può pagare o no, metteremo la nostra immagine ed il numero incalcolabile d’un valore divino, e saremo contenti di vedere i nostri figli ricchi e felici, della nostra stessa felicità e ricchezza divina”.
(3) Oltre di ciò, il mio dolcissimo ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, tu devi sapere che come la creatura opera nella nostra Volontà, subisce nell’atto suo la fecondità divina, la quale forma il germe divino in tutti gli atti di essa, che diramandosi in tutta l’anima, forma il germe divino nel pensiero, nella parola, in tutto, in modo che si vede nel suo piccolo atto il dolce incanto del suo Creatore, felice di dar vita con la sua amabile presenza all’atto della creatura. Oh! se si potesse vedere da tutti la dolce sorpresa, il prodigio inaudito, l’Ente Supremo racchiuso nel breve giro dell’atto umano, resterebbero talmente stupiti, che tutto il prodigio dell’universo sarebbe un bel nulla a paragone di questo. Perciò c’è gran differenza tra chi opera nella mia Volontà, e tra chi opera senza di Essa. La prima è sorgente di cui la fonte si può vantare che mai finisce la sua acqua, e che può dare acqua a chi vuole senza mai seccare; la seconda è fonte che non sorge e si secca. La prima è terra feconda ed i suoi prati sono sempre fioriti; la seconda è terra sterile che appena produce qualche pianta selvatica. La prima tiene il Sole a sua disposizione, il quale le fa bere i suoi larghi sorsi di luce, di dolcezza, di santità, di pazienza invitta, di eroismo, di sacrifici; la seconda tiene la notte che le da i sorsi per mantenere le sue passioni, per debilitarlo e fargli perdere la vista del Cielo. La differenza tra l’una e l’altra è grande, perciò sii attenta e fa che la mia Volontà Divina ti consuma e ti trasformi tutta nella sua luce”.