Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 19° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 18
1Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi:2"C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno.3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario.4Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno,5poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi".6E il Signore soggiunse: "Avete udito ciò che dice il giudice disonesto.7E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare?8Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".
9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:10"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.12Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".
15Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano.16Allora Gesù li fece venire avanti e disse: "Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.17In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà".
18Un notabile lo interrogò: "Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?".19Gesù gli rispose: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio.20Tu conosci i comandamenti: 'Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre'".21Costui disse: "Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza".22Udito ciò, Gesù gli disse: "Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi".23Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco.
24Quando Gesù lo vide, disse: "Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio.25È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!".26Quelli che ascoltavano dissero: "Allora chi potrà essere salvato?".27Rispose: "Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio".
28Pietro allora disse: "Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito".29Ed egli rispose: "In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio,30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà".
31Poi prese con sé i Dodici e disse loro: "Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà.32Sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi33e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà".34Ma non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto.
35Mentre si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada.36Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse.37Gli risposero: "Passa Gesù il Nazareno!".38Allora incominciò a gridare: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!".39Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!".40Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò:41"Che vuoi che io faccia per te?". Egli rispose: "Signore, che io riabbia la vista".42E Gesù gli disse: "Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato".43Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio.
Genesi 48
1Dopo queste cose, fu riferito a Giuseppe: "Ecco, tuo padre è malato!". Allora egli condusse con sé i due figli Manasse ed Efraim.2Fu riferita la cosa a Giacobbe: "Ecco, tuo figlio Giuseppe è venuto da te". Allora Israele raccolse le forze e si mise a sedere sul letto.3Giacobbe disse a Giuseppe: "Dio onnipotente mi apparve a Luz, nel paese di Canaan, e mi benedisse4dicendomi: Ecco, io ti rendo fecondo: ti moltiplicherò e ti farò diventare un insieme di popoli e darò questo paese alla tua discendenza dopo di te in possesso perenne.5Ora i due figli che ti sono nati nel paese d'Egitto prima del mio arrivo presso di te in Egitto, sono miei: Efraim e Manasse saranno miei come Ruben e Simeone.6Invece i figli che tu avrai generati dopo di essi, saranno tuoi: saranno chiamati con il nome dei loro fratelli nella loro eredità.7Quanto a me, mentre giungevo da Paddan, Rachele, tua madre, mi morì nel paese di Canaan durante il viaggio, quando mancava un tratto di cammino per arrivare a Efrata, e l'ho sepolta là lungo la strada di Efrata, cioè Betlemme".8Poi Israele vide i figli di Giuseppe e disse: "Chi sono questi?".9Giuseppe disse al padre: "Sono i figli che Dio mi ha dati qui". Riprese: "Portameli perché io li benedica!".10Ora gli occhi di Israele erano offuscati dalla vecchiaia: non poteva più distinguere. Giuseppe li avvicinò a lui, che li baciò e li abbracciò.11Israele disse a Giuseppe: "Io non pensavo più di vedere la tua faccia ed ecco, Dio mi ha concesso di vedere anche la tua prole!".12Allora Giuseppe li ritirò dalle sue ginocchia e si prostrò con la faccia a terra.13Poi li prese tutti e due, Efraim con la sua destra, alla sinistra di Israele, e Manasse con la sua sinistra, alla destra di Israele, e li avvicinò a lui.14Ma Israele stese la mano destra e la pose sul capo di Efraim, che pure era il più giovane, e la sua sinistra sul capo di Manasse, incrociando le braccia, benché Manasse fosse il primogenito.15E così benedisse Giuseppe:
"Il Dio, davanti al quale hanno camminato
i miei padri Abramo e Isacco,
il Dio che è stato il mio pastore da quando esisto
fino ad oggi,
16l'angelo che mi ha liberato da ogni male,
benedica questi giovinetti!
Sia ricordato in essi il mio nome
e il nome dei miei padri Abramo e Isacco
e si moltiplichino in gran numero
in mezzo alla terra!".
17Giuseppe notò che il padre aveva posato la destra sul capo di Efraim e ciò gli spiacque. Prese dunque la mano del padre per toglierla dal capo di Efraim e porla sul capo di Manasse.18Disse al padre: "Non così, padre mio: è questo il primogenito, posa la destra sul suo capo!".19Ma il padre ricusò e disse: "Lo so, figlio mio, lo so: anch'egli diventerà un popolo, anch'egli sarà grande, ma il suo fratello minore sarà più grande di lui e la sua discendenza diventerà una moltitudine di nazioni".20E li benedisse in quel giorno:
"Di voi si servirà Israele
per benedire, dicendo:
Dio ti renda come Efraim e come Manasse!".
Così pose Efraim prima di Manasse.
21Poi Israele disse a Giuseppe: "Ecco, io sto per morire, ma Dio sarà con voi e vi farà tornare al paese dei vostri padri.
22Quanto a me, io do a te, più che ai tuoi fratelli, un dorso di monte, che io ho conquistato dalle mani degli Amorrei con la spada e l'arco".
Salmi 42
1'Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.'
2Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
3L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?
4Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: "Dov'è il tuo Dio?".
5Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.
6Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.
9Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10Dirò a Dio, mia difesa:
"Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?".
11Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: "Dov'è il tuo Dio?".
12Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
Salmi 22
1'Al maestro del coro. Sull'aria: "Cerva dell'aurora". Salmo. Di Davide.'
2"Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza":
sono le parole del mio lamento.
3Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.
4Eppure tu abiti la santa dimora,
tu, lode di Israele.
5In te hanno sperato i nostri padri,
hanno sperato e tu li hai liberati;
6a te gridarono e furono salvati,
sperando in te non rimasero delusi.
7Ma io sono verme, non uomo,
infamia degli uomini, rifiuto del mio popolo.
8Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9"Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico".
10Sei tu che mi hai tratto dal grembo,
mi hai fatto riposare sul petto di mia madre.
11Al mio nascere tu mi hai raccolto,
dal grembo di mia madre sei tu il mio Dio.
12Da me non stare lontano,
poiché l'angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.
13Mi circondano tori numerosi,
mi assediano tori di Basan.
14Spalancano contro di me la loro bocca
come leone che sbrana e ruggisce.
15Come acqua sono versato,
sono slogate tutte le mie ossa.
Il mio cuore è come cera,
si fonde in mezzo alle mie viscere.
16È arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.
17Un branco di cani mi circonda,
mi assedia una banda di malvagi;
hanno forato le mie mani e i miei piedi,
18posso contare tutte le mie ossa.
Essi mi guardano, mi osservano:
19si dividono le mie vesti,
sul mio vestito gettano la sorte.
20Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
21Scampami dalla spada,
dalle unghie del cane la mia vita.
22Salvami dalla bocca del leone
e dalle corna dei bufali.
23Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
24Lodate il Signore, voi che lo temete,
gli dia gloria la stirpe di Giacobbe,
lo tema tutta la stirpe di Israele;
25perché egli non ha disprezzato
né sdegnato l'afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d'aiuto, lo ha esaudito.
26Sei tu la mia lode nella grande assemblea,
scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
27I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano:
"Viva il loro cuore per sempre".
28Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra,
si prostreranno davanti a lui
tutte le famiglie dei popoli.
29Poiché il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
30A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.
E io vivrò per lui,
31lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
"Ecco l'opera del Signore!".
Osea 3
1Il Signore mi disse ancora: "Va', ama una donna che è amata da un altro ed è adultera; come il Signore ama gli Israeliti ed essi si rivolgono ad altri dèi e amano le schiacciate d'uva".
2Io me l'acquistai per quindici pezzi d'argento e una misura e mezza d'orzo3e le dissi: "Per lunghi giorni starai calma con me; non ti prostituirai e non sarai di alcun uomo; così anch'io mi comporterò con te.
4Poiché per lunghi giorni
staranno gli Israeliti
senza re e senza capo,
senza sacrificio e senza stele,
senza 'efod' e senza 'terafim'.
5Poi torneranno gli Israeliti
e cercheranno il Signore loro Dio,
e Davide loro re
e trepidi si volgeranno al Signore
e ai suoi beni, alla fine dei giorni".
Seconda lettera ai Corinzi 2
1Ritenni pertanto opportuno non venire di nuovo fra voi con tristezza.2Perché se io rattristo voi, chi mi rallegrerà se non colui che è stato da me rattristato?3Perciò vi ho scritto in quei termini che voi sapete, per non dovere poi essere rattristato alla mia venuta da quelli che dovrebbero rendermi lieto, persuaso come sono riguardo a voi tutti che la mia gioia è quella di tutti voi.4Vi ho scritto in un momento di grande afflizione e col cuore angosciato, tra molte lacrime, però non per rattristarvi, ma per farvi conoscere l'affetto immenso che ho per voi.
5Se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma in parte almeno, senza voler esagerare, tutti voi.6Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dai più,7cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte.8Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità;9e anche per questo vi ho scritto, per vedere alla prova se siete effettivamente obbedienti in tutto.10A chi voi perdonate, perdono anch'io; perché quello che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l'ho fatto per voi, davanti a Cristo,11per non cadere in balìa di satana, di cui non ignoriamo le macchinazioni.
12Giunto pertanto a Tròade per annunziare il vangelo di Cristo, sebbene la porta mi fosse aperta nel Signore,13non ebbi pace nello spirito perché non vi trovai Tito, mio fratello; perciò, congedatomi da loro, partii per la Macedonia.
14Siano rese grazie a Dio, il quale ci fa partecipare al suo trionfo in Cristo e diffonde per mezzo nostro il profumo della sua conoscenza nel mondo intero!15Noi siamo infatti dinanzi a Dio il profumo di Cristo fra quelli che si salvano e fra quelli che si perdono;16per gli uni odore di morte per la morte e per gli altri odore di vita per la vita.
E chi è mai all'altezza di questi compiti?17Noi non siamo infatti come quei molti che mercanteggiano la parola di Dio, ma con sincerità e come mossi da Dio, sotto il suo sguardo, noi parliamo in Cristo.
Capitolo LV: La corruzione della natura e la potenza della grazia divina
Leggilo nella Biblioteca1. O Signore mio Dio, che mi hai creato a tua immagine e somiglianza, concedimi questa grazia grande, indispensabile per la salvezza, come tu ci hai rivelato; così che io possa superare la mia natura, tanto malvagia, che mi trae al peccato e alla perdizione. Ché, nella mia carne, io sento, contraria alla "legge della mia ragione, la legge del peccato" (Rm 7,23), la quale mi fa schiavo e di frequente mi spinge ad obbedire ai sensi. E io non posso far fronte alle passioni peccaminose, provenienti da questa legge del peccato, se non mi assiste la tua grazia santissima, infusa nel mio cuore, che ne avvampa. Appunto una tua grazia occorre, una grazia grande, per vincere la natura, sempre proclive al male, fin dal principio. Infatti, per colpa del primo uomo Adamo, la natura decadde, corrotta dal peccato; e la triste conseguenza di questa macchia passò in tutti gli uomini, talché quella "natura", da te creata buona e retta, ormai è intesa come "vizio e debolezza della natura corrotta". Così, per la libertà che le è lasciata, la natura trascina verso il male e verso il basso. E quel poco di forza che rimane nella natura è come una scintilla coperta dalla cenere. E' questa la ragione naturale, che, pur se circondata da oscurità, è ancora capace di giudicare il bene ed il male, e di separare il vero dal falso; anche se non riesce a compiere tutto quello che riconosce come buono, anche se non possiede la pienezza del lume della verità e la perfetta purezza dei suoi affetti. E' per questo, o mio Dio, che "nello spirito, mi compiaccio della tua legge" (Rm 7,22), sapendo che il tuo comando è buono, giusto e santo, tale che ci invita a fuggire ogni male e ogni peccato. Invece, nella carne, io mi sottometto alla legge del peccato, obbedendo più ai sensi che alla ragione. E' per questo che "volere il bene mi è facile, ma a compiere il bene non riesco" (Rm 7,18). E' per questo che vado spesso proponendomi molte buone cose; ma mi manca la grazia che mi aiuti nella mia debolezza, e mi ritiro e vengo meno anche per una piccola difficoltà. E' per questo che mi avviene di conoscere la via della perfezione e di vedere con chiarezza quale debba essere la mia condotta; ma poi, schiacciato dal peso della corruzione dell'umanità, non riesco a salire a cose più elevate.
2. La tua grazia, o Signore, mi è davvero massimamente necessaria per cominciare, portare avanti e condurre a compimento il bene: "senza di essa non posso far nulla" (Gv 15,5), "mentre tutto posso in te" che mi dai forza, con la tua grazia (Fil 4,13). Grazia veramente di cielo, questa; mancando la quale i nostri meriti sono un nulla, e un nulla si devono considerare anche i doni naturali. Abilità e ricchezza, bellezza e forza, intelligenza ed eloquenza, nulla valgono presso di te, o Signore, se manca la grazia. Ché i doni di natura li hanno sia i buoni che i cattivi; mentre dono proprio degli eletti è la grazia, cioè l'amore di Dio. Rivestiti di tale grazia, gli eletti sono ritenuti degni della vita eterna. Tutto sovrasta, questa grazia; tanto che né il dono della profezia, né il potere di operare miracoli, né la più alta contemplazione non valgono nulla, senza di essa. Neppure la fede, neppure la speranza, né le altre virtù sono a te accette, senza la carità e la grazia.
3. O grazia beata, che fai ricco di virtù chi è povero nello spirito e fai ricco di molti beni chi è umile di cuore, vieni, discendi in me, colmami, fin dal mattino della tua consolazione, cosicché l'anima mia non venga meno per stanchezza e aridità interiore! Ti scongiuro, o Signore: che io trovi grazia ai tuoi occhi. La tua gloria mi basta (2Cor 12,9), pur se non otterrò tutto quello cui tende la natura umana. Anche se sarò tentato e angustiato da molte tribolazioni, non temerò alcun male, finché la tua grazia sarà con me. Essa mi dà forza, guida ed aiuto; vince tutti i nemici, è più sapiente di tutti i sapienti. Essa è maestra di verità e di vita, luce del cuore, conforto nell'afflizione. Essa mette in fuga la tristezza, toglie il timore, alimenta la pietà, genera le lacrime. Che cosa sono io mai, senza la grazia, se non un legno secco, un ramo inutile, da buttare via? "La tua grazia, dunque, o Signore, mi preceda sempre e mi segua, e mi conceda di essere sempre pronto a operare, per Gesù Cristo, Figlio tuo. Amen. (Messale Romano, oremus della XVI domenica dopo Pentecoste).
Discorso 360/B DISCORSO DI SANT'AGOSTINO TENUTO QUANDO I PAGANI COMINCIAVANO A FREQUENTARE LE CHIESE
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa parola di Dio promette e minaccia.
1. La parola di Dio non cessa di esortarci e consolarci con indubbie promesse, unite a salutari minacce; e a noi è vantaggioso amare le une e temere le altre. Quindi come si deve amare Dio quando promette, così lo si deve temere quando minaccia. Nell'uno e nell'altro caso Egli non inganna chi lo ascolta né illude chi gli presta fede. Nessuno quindi dica in cuor suo: " È vero quel che promette, è falso quel che minaccia ", poiché son vere tutt'e due le cose. Ama dunque e temi. Senza dubbio verrà di nuovo colui che è già venuto 1. È venuto per insegnarti la pazienza; verrà per ricompensarla. Quando verrà sarà per coronare quel che ha insegnato nella sua prima venuta; e quel che ha minacciato quando venne lo infliggerà al suo ritorno. Eccovi pertanto due cose: la promessa di Dio, cioè la vita eterna; la minaccia di Dio, cioè la pena eterna. Se non hai ancora imparato ad amare ciò che promette, comincia a temere ciò che minaccia. È scritto infatti: Inizio della sapienza è il timore del Signore 2. L'apostolo Giovanni poi dice: Nella carità non v'è timore perché la carità perfetta esclude il timore 3. Dopo aver udito: Inizio della sapienza è il timore del Signore 4, incominciamo a temere. Ma poiché il timore provoca l'angoscia del cuore, non sarai a lungo nell'angoscia se in te aumenterà e sarà perfetta la carità. Tuttavia non può avere inizio in te questa carità se con il timore non disporrai il cuore ad accogliere il seme. Nata che sia la carità, il timore diminuisce man mano che la carità cresce; e se mentre essa cresce il timore diminuisce, quando essa sarà perfetta il timore verrà eliminato.
Le promesse di Dio sorpassano i pensieri dell’uomo.
2. Quando Dio promette oltrepassa, o carissimi, non solo le mie parole ma anche i pensieri di qualsiasi uomo. Viene infatti presentato anche con queste parole: Ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né è penetrato in cuore di uomo, questo ha preparato Dio per coloro che lo amano 5. Se fosse un colore come quello della luce che gli occhi conoscono, non si direbbe: Né occhio vide; se fosse un suono armonioso, come di organo o di qualunque strumento musicale con cui di solito si diletta l'orecchio umano, non si direbbe: Né orecchio udì. E poiché gli uomini possono meditare nella coscienza soltanto i beni che hanno percepito con i sensi, è stato aggiunto: Né è penetrato in cuore di uomo. Tu infatti, o uomo, non puoi concepire nella mente se non quel bene che sei abituato a vedere o a udire o a rappresentarti con il senso adeguato. Tutto ciò che non entra attraverso i sensi del tuo corpo non può essere oggetto del tuo pensiero.
Per vedere la luce inaccessibile occorre occhio puro.
3. Siccome dunque ci è stato detto che andremo in paradiso 6, noi ci rappresentiamo un giardino delizioso. E se ce lo rappresentiamo più grande di quelli che siamo abituati a vedere, non ingrandiamo se non cose del nostro mondo creato. Allo stesso modo se siamo soliti vedere alberi piccoli (per fare un esempio) ce li rappresentiamo grandi; e se di solito vediamo questi o quei pomi o frutti, li immaginiamo più grossi. Se siamo abituati a vedere prati di una certa estensione, col pensiero ce li raffiguriamo immensi, senza confini. In tutti casi comunque ingrandiamo nel pensiero i medesimi oggetti che percepiamo con gli occhi. Inoltre, quando ascoltiamo che Dio abita una luce inaccessibile 7, misuriamo questa luce da quella che percepiamo con la vista e la ampliamo in dimensioni smisurate ingrandendo tuttavia sempre il medesimo oggetto che conoscevamo. Quella luce viceversa è di tutt'altro genere: non è oggetto degli occhi ma dell'intelligenza. Ora, noi diciamo che è da curarsi l'occhio fisico affinchè possa recepire la luce sensibile che rifulge lassù nel cielo e si diffonde dai luminari della notte. Se infatti gli occhi saranno malati o lesi da indebita secrezione interna o colpiti da qualche oggetto proveniente dal di fuori, riceveranno la luce ma sarà per loro una sofferenza, mentre di solito ne erano rinvigoriti. Saranno tormentati da chi in via normale li faceva godere. Lo stesso accade per la luce intelligibile e indefettibile. Per vederla si deve purificare l'occhio del cuore, non quello del corpo. Difatti, come secrezioni infiammatorie provocando disturbi visivi danneggiano l'occhio del corpo, così il peccato danneggia l'occhio spirituale. Anche questo infatti ha la propria fralezza, ha la propria impurità, derivante non dalla polvere ma dal peccato. Come dunque si deve pulire l'occhio corporale perché possa vedere bene la luce sensibile, così si deve nettare l'occhio interiore per vedere quella luce che né occhio vide, né orecchio udì, né penetrò nel cuore di uomo 8.
L’uomo carnale è incapace d’essere illuminato da Dio.
4. Perché mai è penetrata in cuore di uomo? In effetti, è con l'occhio del cuore che la si vede quando si vede. Ma perché mai è penetrata in cuore di uomo? Perché appunto è " di uomo ". Che significa " di uomo "? Coloro che conoscono la Scrittura conoscono e prevengono col pensiero quel che sto per dire. A volte la nostra Scrittura con un significato piuttosto caratteristico chiama " uomini " coloro che ancora ragionano secondo la carne 9. Infatti sono uomini, sono cioè [progenie di] Adamo. Ora voi sapete che Adamo peccò e da quel peccato trae origine la concupiscenza carnale in tutti quelli che nascono per morire. Ogni uomo, dunque, porta con sé la ferita nell'occhio, e questo finchè è uomo, cioè fino a quando v'è in lui quel che è stato rovinato e sconvolto dal primo peccato. Per questo motivo grida supplicando uno dei salmisti, e sospirando e gemendo dice a Dio: Anche la luce dei miei occhi non è con me 10. Fin quando dunque l'uomo ragiona secondo la carne non può rappresentarsi né comprendere con l'intelligenza la luce superna, e per questo è detto: Ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai è penetrato in cuore di uomo 11. Che significa " di uomo "? Di uno che ragiona secondo la carne. Che significa " di uomo "? Di uno che porta con sé Adamo. Pertanto che cosa voleva l'apostolo Paolo che facessero coloro che essendo uomini ritenevano un disonore essere uomini? Egli diceva loro: Ciascuno di voi dice: io sono di Paolo, io invece di Apollo, io invece di Cefa 12. Si erano distribuiti fra loro i ministri di Dio e avevano creato divisioni nella Chiesa di Cristo, dando inizio al male degli scismi, che successivamente per l'errore degli uomini si radicarono più profondamente. Tali parole dicevano i corinzi, poiché ragionavano secondo la carne e non ponevano in Dio ma nell'uomo la propria speranza 13 e non cantavano col cuore ciò che noi poco fa abbiamo cantato: In te hanno sperato i nostri padri 14.
La fugacità della vita presente ci fa desiderare la vita futura.
5. L'Apostolo dunque, rimproverando coloro che ragionavano in tal modo, dice: Non siete forse uomini e non vi comportate forse in maniera umana? 15 Parimenti in un salmo si dice ponendo le parole in bocca a Dio: Io ho detto: voi siete dèi e tutti figli dell'Altissimo, eppure voi morirete come uomini e cadrete come uno dei potenti 16. Come sapete, colui che viene chiamato l'antico uno dei potenti è il diavolo. Infatti, sebbene fosse angelo, per la sua superbia decadde ed è divenuto diavolo. E come quando decadde invidiò chi rimaneva in piedi, così adesso invidia chi torna [al Padre]. Quanto agli uomini, essi sono divenuti soggetti alla morte affinchè dalla grandissima pena che li affliggeva fossero educati all'umiltà. Colpiti come da un flagello - per così dire - dalla loro mortalità si sarebbero convinti che quaggiù non possono vivere a lungo, e anche se potessero vivere a lungo, non potrebbero vivere per sempre, poiché a un certo punto questa vita deve finire. Per questo motivo, cioè per la fugacità della vita presente, essi si sarebbero umiliati dinanzi a Dio e adoperati per raggiungere la vita futura. È infatti impossibile arrestare una cosa che sfugge e vola via. Nessuno di noi, in questo momento, mentre io sto in piedi e parlo e voi state in piedi ed ascoltate, può arrestare il decorrere dell'età, in modo che i fanciulli non crescano e i giovani non invecchino. Notate che da quando parlo è passato del tempo. E se da quando parlo è passato del tempo e dal passare di un tempo assai lungo dipende che decliniamo verso la vecchiaia, già in questo tempo in cui vi sto parlando siamo un po' tutti diventati più vecchi. Va da sé che tutti questi nostri mutamenti sono percepiti dal pensiero ma non possono essere veduti con gli occhi. Del resto neanche i tuoi capelli si vedono crescere e se tuttavia se non crescessero continuamente, non cercheresti il barbiere passati solo pochi giorni, pur restando vero che non cresce in una sola notte ciò che il barbiere dovrà tagliarti. Come dunque anche in questo momento i capelli crescono senza che sia possibile vederli crescere, così è dell'età: anche in questo momento invecchiamo, sebbene la cosa non sia percepita dagli occhi.
La brevità della vita ci renda umili dinanzi a Dio.
6. Dunque gli uomini amano la vita presente, che non possono trattenere mentre fugge e scorre via col crescere e decrescere dei giorni. Quanto meglio non farebbero ad aggrapparsi a ciò che è saldo: a quella meta a cui, terminata la vita presente, dovranno pervenire. Da notarsi poi che, essendo breve, questa vita è anche incerta. Ammettiamo pure che ogni uomo sia certo di giungere alla vecchiaia; tuttavia anche se a tutti fosse concesso di raggiungere gli estremi limiti della longevità, la vita sarebbe ugualmente da considerarsi breve. Cosa infatti può dirsi lungo se ha un termine? A questo si aggiunge che la morte è compagna di cammino della mortalità e, se essa, per così dire, cammina con te lungo la via, non sai ovviamente quando si impadronirà di te. Poiché dunque la vita è breve e la morte possibile in ogni età, gli uomini dovrebbero umiliarsi davanti a Dio, supplicare il Creatore, confessare e pentirsi dei peccati, mostrare al medico la malattia per essere interiormente guariti e cambiare quell'occhio in modo che sia possibile vedere la luce, che non si vede fino a quando l'occhio interiore dell'uomo è ancora " occhio umano ". Si sveglino dunque quando ascoltano da Dio: Io ho detto: voi siete dèi e tutti figli dell'Altissimo 17. Che significa: Io ho detto? " A questo io invito, questo io voglio fare ". Ascolta il Vangelo: Ha concesso loro di diventare figli di Dio 18. Ecco dunque che io dico: Siete dèi e figli dell'Altissimo tutti, ma voi morirete come uomini; eppure a correggervi non giova neppure la vostra condizione di mortalità. Credendovi più o meno immortali, cadrete come uno dei potenti 19. Voi vi insuperbite come osò insuperbirsi l'angelo; ma se la superbia fece cadere l'angelo, in che condizioni ridurrà l'uomo? Comunque, voi sarete dèi 20. Se non adorerete i falsi dèi, sarete dèi voi stessi. E come lo sarete? Perché tali vi farà colui che vi ha fatti anche uomini. Sì, colui che ci ha fatti uomini vuol farci anche dèi: non dèi da adorarsi al posto suo, ma dèi nei quali egli stesso venga adorato.
La fede umile ci prepara a vedere Dio.
7. Come avevo iniziato a dire, si ha dunque, carissimi, un occhio interiore, che i peccati, le passioni sensuali e i desideri terreni feriscono e stravolgono: e fu per questo che il primo uomo, quando ebbe peccato, si sentì dire: Sei terra e tornerai alla terra 21. Se dunque il superbo ribelle meritò di ascoltare: Sei terra e tornerai alla terra, perché l'umile devoto non dovrebbe ascoltare:" Sei cielo e andrai in cielo "? Con l'umiltà e la devozione infatti l'umile diviene sede di Dio. E quando è divenuto sede di Dio, forse che non è " cielo "? È detto nella Scrittura: Il cielo è la mia sede, la terra lo sgabello dei miei piedi 22. Se dunque il cielo è la sede di Dio, sii cielo e accoglierai Dio. Quando avrai iniziato ad accogliere Dio sarai cielo; e quando egli avrà iniziato ad abitare in te ti purificherà perché tu possa accoglierlo in pienezza, e porterà l'occhio del tuo cuore a una mondezza perfetta, per la quale potrà vedere il volto di Lui, nel quale aveva creduto anche quando non lo vedeva 23. Dunque prima che tu veda credi, affinchè, purificato il cuore mediante la fede, meriti anche di vedere quel che hai creduto. Infatti ti viene promessa una luce che né occhio vide, perché non è colore, né orecchio udì, perché non è suono, né mai è entrata in cuore di uomo 24, perché l'uomo in quanto uomo, cioè carnale, debole e animale, non può rappresentarsi se non gli oggetti che attinge con i sensi. Ora quella luce non è affatto così. L'anima non presuma che giocando, per così dire, di fantasia, possa farsi un'immagine di Dio. Se lo vuol trovare impari prima a non trovarlo.
Le cose visibili non sono Dio.
8. Che significa quel che ho detto: " Impari prima a non trovarlo "? Ecco: quando uno si mette a riflettere su Dio, subito gli si presenterà un qualche oggetto che ha visto. Gli si presenterà, forse, l'amenità della terra: la respinga dalla sua mente! Gli si presenterà l'incanto delle acque; gli si presenterà la calma di un cielo sereno. Respinga tutto questo dal suo pensiero e dica a se stesso: " Non è questo il mio Dio; è un'opera che ha fatto il mio Dio ". Non è questo, ripeto, il mio Dio; è un'opera fatta dal mio Dio. Tu stai pensando a una cosa creata. Cerca piuttosto, o anima mia, colui che l'ha fatta. E anche quando il tuo pensiero giungerà ai corpi celesti, non ti incanti la luce del cielo, nemmeno quella che è la più grande, quella cioè che brilla nel sole. È vero, infatti, che fra i corpi celesti, il massimo fulgore risiede nel sole, che somministra la luce al giorno. Non pensare tuttavia che un simile corpo celeste sia il tuo Dio, anche se ne avrai portato al massimo lo splendore e sarai andato vagando in spazi [interminabili] creati dalla tua fantasia. Non è tuo Dio tutto ciò che viene presentato alla tua mente come risplende ai tuoi occhi. Non è questo il tuo Dio.
L’immagine di Dio impressa nell’anima umana.
9. Passa ora all'anima, che è una realtà invisibile. L'anima non si vede essendo una potenza, certo grande, della natura incorporea. Difatti l'anima non è corpo; è qualcosa d'invisibile, qualcosa di grande. Non la si può vedere, ma dalle opere che compie ammira quel che non vedi. Cosa ti diletta fra le realtà umane e terrene? Osserva intorno a te l'ordine delle cose, la bellezza dei campi coltivati, dei boschi potati, degli alberi da frutto innestati, e tutto ciò che osserviamo e amiamo nei campi. Osserva anche l'ordine della convivenza umana, le strutture degli edifici, la varietà delle arti, la molteplicità delle lingue, le risorse della memoria, la fecondità dell'eloquenza. Sono tutte opere dell'anima. Quante opere dell'anima tu vedi! Eppure l'anima in se stessa non la vedi. Quando dunque un qualche cosa di natura spirituale comincerà a mostrartisi, sarà forse il tuo Dio che cercavi? Hai di fronte qualcosa che non si vede, qualcosa d'incorporeo, qualcosa di spirituale, qualcosa di grande che dà vita alle membra soggette alla morte, che dà consistenza e coesione a quel, diciamo così, fluire in decomposizione proprio del corpo. Ma tutto questo può fare anche l'anima di una bestia. È quindi qualcosa di grande la stessa anima della bestia; anch'essa è qualcosa di invisibile. Ma elèvati all'anima dell'uomo. Considera l'uomo là dove è fatto a immagine di Dio 25. A immagine e somiglianza di Dio egli è stato fatto, non nel corpo, ma nell'intelligenza: in quella facoltà cioè con la quale ordina tutte le operazioni del corpo, in quella facoltà per la quale è superiore alle bestie. Difatti molte bestie ci superano per la robustezza del corpo e l'acutezza dei sensi. E da molte bestie siamo superati nella velocità e in tante altre prestazioni corporee. Per qual motivo dunque siamo superiori alle bestie se non perché pensiamo, se non perché abbiamo la ragione, con cui possiamo anche addomesticare le belve? Invece noi non possiamo essere domati da una belva! Come solo l'uomo è capace di addomesticare le belve, così non c'è nessuno, all'infuori di Dio, che sia in grado di addomesticare l'uomo. Quando dunque sarai riuscito a pensare così, cioè a raffigurarti l'anima umana, libera per di più dai legami corporei, non immaginare che una realtà come l'anima sia Dio. Sembrerebbe in verità che tu sia vicino a Lui; ma è quanto mai grande lo spazio che te ne separa! Sei vicino, tanto che al mondo non c'è creatura che più di te si avvicini a Dio; tuttavia tra la tua intelligenza e Dio, che ha creato la tua intelligenza, c'è una distanza abissale. Non v'è in mezzo uno qualsiasi degli esseri creati o uno spazio: Dio è lontano per la dissomiglianza [di natura]. Ciò che è sulla terra è stato creato, Dio è colui che lo creò: e ciò che è stato creato non si può in alcun modo paragonare con il Creatore. Pur tuttavia una qualche immagine del tuo Dio è nella tua intelligenza.
«Considera che cosa non è Dio, per scoprire che cos’è».
10. Ammettiamo che con il tuo pensiero sia giunto a conoscere la tua intelligenza. Elèvati, se puoi, al di sopra della tua intelligenza! Cercate di comprendere, fratelli, quel che voglio dirvi. Può darsi infatti che anche quando rifletti sulla tua intelligenza, per l'assuefazione dei sensi - che sono carnali - pensi a qualcosa di corporeo, sicchè ti pare che la tua intelligenza sia aria o fuoco o questa luce che brilla ai tuoi occhi. Pensi a qualche cosa di simile quando rifletti sulla tua intelligenza. Non pensare a qualcosa di simile! Non appena ti accorgerai che stai pensando, dì a te stesso: " Ma cosa mai sto pensando ? ". Evidentemente se nella tua mente non ci fosse nessuna luce, non potresti nemmeno pensare. E in effetti tu scorgi una certa luce nel tuo interno, come una certa luce scorgi all'esterno. Il tuo corpo ha per lucerna il tuo occhio 26. Ma se manca la luce, a che giova il tuo occhio, anche se aperto? Hai, sì, integra la tua lucerna, ma per vedere devi essere aiutato da un'altra luce. Così dunque quando pensi. Hai un non so che di simile che può godere della luce interiore, la quale è diversa da quella che vedi con gli occhi. Come un qualcosa di simile rappresentati, se puoi, la tua mente. Se poi non ti è possibile rappresentartela, cosa mai sarà colui che, superiore alla tua intelligenza, incute timore alla tua mente, rivolge ammaestramenti alla tua mente, dà forma alla tua mente? Tu non puoi rappresentarti convenientemente cosa sia quest'Essere che supera l'intelligenza. E come lo potresti se lo vedrai soltanto quando la tua mente sarà del tutto purificata? Dunque, se nemmeno di questo sei capace, non puoi obiettivamente chiamare tuo Dio né la terra né il cielo né l'aria né la luce degli astri e nemmeno il tanto meraviglioso potere o l'essenza della stessa anima razionale. Di fronte a tutto ciò devi dire: " Non è questo il mio Dio ". Non puoi dunque sapere che cosa sia Dio se prima non imparerai a conoscere ciò che non è. Considera prima che cosa non è, per scoprire che cosa è.
«Un’ignoranza esente da errori è migliore di una scienza di nome ma non di fatto».
11. È questo quel che ti dicevo poco fa: impara a non conoscere Dio per meritare di trovarlo. Se impari a non conoscerlo, questa tua ignoranza è preferibile ad una falsa scienza. Infatti un'ignoranza esente da errori è migliore di una scienza di nome ma non di fatto. Tu vorrai dirmi: " Io conosco Dio ", e allora io ti chiedo che cosa sia Dio. Tu cominci a volermelo spiegare; ma già agli inizi ecco che non sai come tu supponga di poter spiegarmi una cosa che non riesci a pensare. Mi comunicherai i tuoi pensieri, quei pensieri che sono entrati nel tuo cuore. Ma considera che sei uomo e che quanto mi dirai è penetrato nel cuore dell'uomo e da lì scaturisce. Ma colui che promette di dare se stesso a godimento di coloro che lo amano, certamente non promette una cosa che occhio abbia visto e orecchio abbia udito e sia pervenuta in cuore di uomo 27. Come allora lo ameranno, pur senza vederlo, se non perché, prima di vederlo, hanno creduto in lui? 28 Cosa promette dunque a coloro che lo amano? Ciò che occhio non vide nè orecchio udì. Ma che forse lo si potrà raggiungere col pensiero? Non t'ingannare! Non è pervenuto in cuore di uomo 29.
La ricerca dell’immutabile.
12. Che fare dunque? Come ti preparerai? Dì: " Voglio vedere il mio Dio ". Di' a lui: " Ti voglio vedere "; dillo a colui che esortava: Chiedete e otterrete, picchiate e vi sarà aperto 30. Mettiti davanti alla sua porta e picchia: picchia con forza. Anche se chiude, egli non respinge: vuole mettere alla prova colui che picchia. Picchia dunque, picchia! Non con la mano del corpo ma con il desiderio del cuore. Dì al Signore tuo Dio ciò che canti nei salmi: Di te ha detto il mio cuore: Ho cercato il tuo volto, il tuo volto ancora cercherò 31. Dì anche quel che leggi in un altro salmo: Una cosa ho chiesto al Signore, questa io cercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per contemplare la dolcezza del Signore 32. Desidera contemplarlo e digli: " Ti voglio vedere ". Ma con quale facoltà ti vedrò? Se con gli occhi del corpo, saresti luce sensibile. Anche al presente invece il mio cuore mi avverte che tu, mio Dio, non sei luce sensibile. Che cosa sei dunque? Mi son levato al di sopra di tutte le cose sensibili, sono giunto alla mia mente: neanche essa è il mio Dio. È vero che la mia mente nella sua natura trascende tutti gli esseri corporei, sia della terra che del cielo; ma non è ancora il mio Dio. La mia mente infatti è mutevole, Dio invece è immutabile, e io, quando cerco il mio Dio, cerco un essere immutabile. Da che cosa apprendo che la mia mente è mutevole? Ora ricorda, ora dimentica; ora ragiona, ora sragiona; ora vuole, ora non vuole; ora si adira, ora si placa. Cerco un essere che non muta, quando cerco il mio Dio. Nella Scrittura il mio Dio mi ha parlato in modo che io posso farmi una qualche idea di ciò che credo, ma non posso raggiungere la cosa che vorrei vedere. Cerco un essere che rimane sempre immutabile.
Purificare il cuore per vedere Dio.
13. Ma in che modo lo vedrò? Ti risponde il Vangelo: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 33. Se dunque son beati i puri di cuore, perché vedranno Dio, noi che abbiamo il cuore non puro perché appesantito dal peccato, cosa faremo? Con quale mezzo purificheremo il nostro occhio interiore per vedere il volto del nostro Dio? Con quale mezzo lo purificheremo? Anche questo l'hai nella Scrittura: Purificando con la fede i loro cuori 34. Teniamo dunque presenti queste due esplicite affermazioni: una del Vangelo, l'altra degli Atti degli Apostoli. Quale del Vangelo? Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio 35. Hai guardato dentro di te e hai trovato una certa impurità del cuore. Desiderando di vedere Dio e ascoltando che lo si vede soltanto con il cuore puro, tu acceso dal desiderio di vederlo, cerchi ovviamente di purificare il tuo cuore. Ma come lo purificherai? Volgi l'attenzione a chi dice negli Atti [degli Apostoli]: Purificando con la fede i loro cuori 36. Tieni presenti questi due requisiti: uno in vista della promessa, l'altro nel compiere l'azione. Che cosa in vista della promessa? Beati i puri di cuore perché essi vedranno Dio 37. Che cosa durante l'azione? Purificando con la fede i loro cuori 38. Dunque prima di vedere credi, affinchè, giunto alla visione, possa godere.
Abbiamo bisogno del medico.
14. Non entrino nel tuo cuore pensieri vani. " Ma cos'è quel che dicono i cristiani: Credi, credi? ". È quanto ti dice il medico, il quale ben sa ciò che sta avvenendo nel tuo occhio. Orbene, resisti pure alle mani del medico e di': " Non crederò se tu non mi farai vedere la cosa ". Il medico ti risponderà: " Non c'è modo di fartelo vedere, e questo è proprio quello che io voglio curare in te: la facoltà con cui tu possa vedere ciò che tu già vuoi che io ti presenti alla vista ". Supponi un uomo cieco per annebbiamento della facoltà visiva e supponi che sia tale dal principio della vita, sicchè non conosca affatto ciò che vedono i veggenti. Arriva il medico e gli dice: " Ci sono delle cose che io potrei farti vedere. Ecco infatti che con un certo tuo senso tu conosci d'essere cieco, mentre gli altri sono veggenti; hai infatti bisogno di una guida, mentre essi non ne hanno bisogno. Dunque c'è una differenza fra essi e te: essi vedono qualcosa che tu non vedi e, se la vedessi, ne proveresti grande gioia ". Così suscita in lui il desiderio di vedere quel che non conosce, con l'intento di curarlo e fargli vedere ciò che non vede. Ma quel cieco è tremendamente cocciuto e a dispetto di ogni ragione del buonsenso si ostina a dire al medico: " Non mi lascerò curare se tu non mi mostrerai prima quel che potrò vedere ". Cosa pensi che risponderà il medico? " Perché tu possa vedere qualcosa è necessario che prima io ti curi: non puoi prima vedere e poi essere curato. Tu procedi a rovescio; inverti le parti: lascia che prima ti si faccia quel che non vuoi, affinchè tu possa raggiungere quello che vuoi. Se tu avessi gli occhi ai quali io potessi mostrare quel che ti dico, non avresti bisogno di essere curato ". Può darsi che a questo punto egli risponda: " E che dovrei fare? Curami come vuoi tu ". E il medico: " Userò dei colliri piuttosto pungenti, con i quali verrà eliminata ogni tenebra dal tuo occhio. Con questa loro causticità essi ti procureranno del dolore, ma è necessario che tu sopporti con ogni pazienza il dolore, per te salutare, e non respingi, irrequieto e intollerante del dolore, l'opera delle mie mani. Io so infatti cosa debba fare nei tuoi occhi affinchè diventino occhi quelli che, oggi come oggi, non possono nemmeno essere chiamati occhi. Io so cosa occorre fare; e quindi ti avverto: soffrirai, sì, un qualche fastidio, ma il risultato sarà il ritorno della vista ". Può darsi che il malato, spaventato al pensiero del bruciore dei farmaci che gli apporrà il medico, torni a ripetere daccapo la solita frase di rifiuto: " Io dovrei dunque sopportare tutti quegli acerbi dolori a cui tu mi sottoporrai? Non li accetterò se prima non avrò visto ciò che prometti di farmi vedere ". E l'altro di rimando: " Ma è impossibile! Anzi proprio questo è ciò che io mi propongo di ottenere. Ti prego: làsciati curare! Vedrai: Sarà rimossa la cecità e anche per te risplenderà quella luce che odi nominare dai veggenti ma tu non vedi. Senti infatti parlare di luce, colore, splendore; ascolti questi nomi: sono nomi di determinati oggetti, ma questi oggetti tu non li vedi. Quelli che li vedono sono più fortunati di te. Sopporta quindi quel po' di dolore che sarà compensato da gioie così grandi ". Se si lascerà persuadere, sarà curato e vedrà; se non si piegherà - perché vuol vedere ancor prima di accettare la cura che gli permette di vedere -, dissennato all'inverosimile e nemico della propria salute, abbandonerà il medico.
I puri di cuore vedranno Dio.
15. Ora poni l'attenzione che a recarci la salute è venuto come medico il nostro Signore Gesù Cristo. Ha trovato in noi la cecità del nostro cuore e ha promesso quella luce che occhio non vide, né orecchio udì, né mai è penetrata in cuore di uomo 39. La vedono gli angeli e di essa godono. Come infatti gli uomini sani vedono ciò che non vede il cieco, così gli angeli vedono ciò che non vede l'uomo. Perché l'uomo non lo vede? Perché si ostina ad essere uomo. Cominci una buona volta, quest'uomo, a lasciarsi curare e da uomo passi tra i figli di Dio, perché diede loro il potere di diventare figli di Dio. Diede loro il potere 40 significa che diede loro la facoltà di curarsi, di vedere rimossa la caligine del loro cuore, perché beati i puri di cuore perché vedranno Dio 41. Cerca poi di intendere come anche nel Vangelo sia contenuto quel che si dice in un altro testo: Purificando con la fede i loro cuori 42. Dopo aver detto: il Signore diede loro il potere di diventare figli di Dio, subito aggiunge: coloro che credono nel suo nome 43. Se dunque ha dato potere di diventare figli di Dio a coloro che credono, e solo i figli di Dio potranno vedere quel che non è penetrato in cuore d'uomo, egli purifica il loro cuore con la fede, affinchè possano essere quei puri di cuore che vedranno Dio 44.
Il medico celeste è Cristo.
16. Beati dunque voi, fratelli credenti! Pregate per coloro che non credono, affinchè anch'essi meritino di vedere. Beati voi che credete 45! Non vedete ma credete; non siete ancora sani ma consentite ad essere sotto cura. La vostra [completa] salute è attesa nella speranza, non presente in atto. Rimanete con perseveranza nelle mani del medico; sopportate i suoi precetti come colliri pungenti; tenetevi lontani dai dannosi piaceri del mondo. Non vi seducano le illecite costumanze dei pagani, non la stupidità dei teatri, non la sfrenatezza nel bere, non il veleno di curiosità proibite. Tenetevi lontani da tutti questi disordini 46! Ma a godere di essi voi eravate assuefatti, e quando comincerete ad astenervene vi recherà dolore il richiamo voglioso della consuetudine interrotta. Questi comandamenti in realtà sono i colliri pungenti con cui si guariscono gli occhi. Accettate gli ordini del Medico! Per primo egli ha sopportato tutto ciò che vi impone di sopportare. E in lui non v'era alcunchè da curare, perché in nulla egli era malato. Solo per il compito che si era assunto di guarire il malato, egli sopportò ciò che a costui proponeva. A chi era gonfio e tronfio di superbia volle presentare un calice con bevanda amara: per questo, venendo umile in terra sopportò dalle mani degli uomini, superbi, ogni sorta di umiliazioni.
«L’umiltà di Cristo medicina alla tua superbia».
17. L'umiltà di Cristo è medicina alla tua superbia. Non beffarti di colui dal quale devi essere guarito. Degnati di essere umile dopo che per te Dio si è fatto umile. Ha infatti ritenuto che per guarirti fosse necessaria questa medicina colui che ben conosce di che cosa sei malato e con che cosa devi essere guarito. I medici esperti cercano in tutte le membra del corpo la causa del male per prescrivere le medicine con cui curare i mali che molto difficilmente si sopportano. È questo il motivo per cui molti medici inesperti, curando le cause concomitanti del male e non quelle reali e originarie, per un po' di tempo sembrano aver trovato il rimedio; ma rimanendo, per così dire, la sorgente del male, di nuovo scorre nei ruscelli dei vari disturbi quel che persiste nella loro origine. Ascolta dunque per quale ragione l'uomo è malato, per quale ragione non solo non ha sani gli occhi ma nessuna parte del corpo. Ascolta per quale ragione è malato. Apprendilo dai testi della Scrittura, dove è descritta l'arte del medico. Non ritenere più attendibile colui che ti definisce la malattia in base ai libri di Ippocrate di quanto non lo sia colui che attingendo alla divina Scrittura ti dimostra per qual motivo tu sei interiormente malato. Ascolta dunque la Scrittura che dice: Inizio di ogni peccato è la superbia 47. Ma tu che sei tanto sollecito per la salute del tuo corpo, sei indolente per la salute dell'anima. Se una pagliuzza si introduce nel tuo occhio, non tardi a toglierla; l'iniquità comprime l'occhio del tuo cuore, e tu non corri dal medico. Ma ecco che, non potendo tu correre dal medico, il medico stesso è venuto da te, tu però (cosa molto grave) tu deridi il fatto che egli sia venuto da te e non apprezzi affatto la sua misericordia. Comunque egli è venuto, vuole soccorrere, sa quale rimedio usare. Se Dio è venuto rivestito di umiltà, è perché l'uomo potesse imitarlo. Infatti se fosse rimasto nella sua altezza, come l'avresti imitato? E non imitandolo come avresti potuto essere sanato? Venne quindi umile perché sapeva quale pozione occorreva darti. È un po' amara, certo, ma è salutare. Eppure ecco che tu continui a beffarti di colui che ti offre la bevanda, e dici fra te: " Che sorta di divinità mi tocca avere! Un Dio che nasce, che soffre, che fu coperto di sputi, coronato di spine, appeso ad una croce... ". O anima disgraziata! Vedi l'umiltà del medico e non vedi il gonfiore della tua superbia. Ecco perché dispiace alla tua superbia colui che è umile: perché dispiace al tuo male; perché ti dispiace la medicina che ti somministra il medico.
I patimenti di Cristo, rimedio per l’uomo superbo.
18. Se persisti ancora nei tuoi scherni, vuol dire che sei pazzo. I pazzi giungono, spesse volte, perfino a percuotere i medici; ma questi, se sono misericordiosi, non solo non si adirono con coloro che li percuotono ma seguitano a ricercarne la salute. Talvolta capita che il forsennato sia talmente forte che potrebbe anche uccidere il medico; ma costui con ogni mezzo schiva di essere ucciso dal pazzo perché non potrebbe risorgere e poi guarire quel pazzo. Il nostro Medico invece non ha temuto di essere ucciso da gente dissennata, anzi dalla propria morte ricavò una medicina per guarire i dissennati. Infatti è morto ed è risorto. E qui osserva come egli, vero medico, non si adira contro i furibondi che lo percuotono, ma piuttosto ne ha pietà e attraverso i patimenti che soffre vuol sanare coloro che infieriscono contro di lui. Ascolta il medico mentre pende dalla croce. Volgendo lo sguardo alla moltitudine di quei pazzi inferociti dice: Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno 48. E la sua parola non fu inutile. Difatti, dopo che risuscitò e fu glorificato agli occhi dei suoi discepoli al punto che mostrò loro anche le cicatrici del corpo risorto - e non soltanto si offrì ad essere visto ma anche toccato -, salì al cielo e mandò lo Spirito Santo. Nel nome dell'ucciso, nel nome del crocifisso, cominciarono allora ad avvenire miracoli, e quelli che lo avevano ucciso si pentirono di più in quel tempo che non quando lo videro pendere dalla croce. Si misero infatti a pensare come mai opere così straordinarie potessero avvenire nel nome di colui che ad essi risultava essere stato ucciso per opera loro. Compresero che era vivo colui che essi avevano insultato quando moriva e si sentirono trafiggere il cuore 49, come è scritto negli Atti degli Apostoli. Degli stessi giudei che avevano crocifisso il Signore molti chiesero consiglio agli apostoli, e questo stesso consiglio fu da loro accolto, perché non invano, mentre pendeva dalla croce, Egli aveva detto: Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno 50. L'apostolo Pietro disse loro: Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome del nostro Signore Gesù Cristo, e i vostri peccati sono rimessi 51. Così avvenne: furono battezzati e credettero in colui che avevano crocifisso. Ora questo intendevo dirvi, fratelli, quando affermavo che il nostro Medico dalla sua stessa morte ricavò medicine per guarire quei pazzi furiosi.
I credenti formano il corpo di Cristo.
19. In seguito si andò dai popoli pagani: gli apostoli furono inviati ai popoli pagani e trovarono tutto il mondo dedito all'idolatria. Eccoli dunque questi discepoli del medico, nei quali il medico stesso risiedeva, poiché erano diventati cielo e portavano Dio. Cominciarono a predicare colui che era stato crocifisso 52, colui che morì per i nostri peccati e risorse per la nostra giustificazione 53. Poiché la loro parola era confermata da grandi prodigi e miracoli, il mondo intero cominciò a riempirsi [di cristiani], e perché fosse davvero pieno, fin dal principio si cominciò ad uccidere anche i discepoli del Medico come era stato ucciso il Medico stesso. Ma come potevano i discepoli temere di essere uccisi, se nel loro capo vedevano risorto anche il corpo? Come potevano temere per la propria anima immortale, se nel Signore erano già risorti anche nel corpo? Egli infatti ha reso tutti i credenti come un corpo per il Capo, affinchè egli fosse il capo e quelli che credono in lui gli fossero uniti come membra. In realtà, dall'inizio del mondo sino alla fine si è creduto e si crederà in Cristo perché, anche prima che nascesse dalla Vergine Maria, molti hanno creduto che sarebbe venuto, come adesso molti credono in lui già venuto. E tutti son risanati mediante la fede, né vi è altro collirio per la cecità dell'occhio spirituale se non quello di cui è scritto: Purificando con la fede i loro cuori 54. Ha reso quindi tutti i credenti suo corpo, e di questo corpo egli è il capo 55. Ma non sarebbe capo di questo corpo se dal medesimo corpo egli non avesse preso qualcosa. Per qual altro motivo infatti volle rivestirsi della carne che in lui poteva morire? Quanto infatti all'anima umana essa non può morire: e sarebbe potuta morire la divinità del Verbo? Ma dopo di lui sono state uccise migliaia di martiri: seminata, per così dire, dal loro sangue, per tutta la terra è sorta la messe della Chiesa.
La storia della salvezza nelle profezie e nella realizzazione.
20. Dunque, fratelli, migliaia di anni avanti sono stati predetti questi fatti, e, come erano stati predetti, così si sono svolti e avverati. Quelli che leggiamo e ci resta da credere sono pochi, poiché la maggior parte già li leggiamo e li abbiamo sotto gli occhi. In base a quelli che leggiamo e vediamo realizzati non è una grande impresa credere a quei pochi che restano da realizzarsi. Era invece una grande prova per coloro che non vedevano nessuno dei fatti che noi vediamo. Ormai non merita alcuna lode il credere, ma piuttosto merita condanna il non credere. Si dèstino una buona volta e si lascino curare coloro che finora non hanno voluto curarsi! Credano e vedranno. Non siano tanto perversi da venirci a dire: " Che prima io vegga e poi crederò ". Che significa: " Che prima io vegga e poi crederò? ". In effetti, chi vede può forse credere? Crede chi non vede. Altro è credere, altro è vedere. Siccome non vedi, credi, affinchè credendo quel che non vedi possa meritare di vedere quello che credi. Presupposto per meritare la visione è la fede; compenso della fede è la visione. Perché esigi il compenso prima del lavoro? Credi dunque e cammina nella fede: la tua salvezza è oggetto di speranza. Infatti ha cominciato a curarti quell'ottimo medico per il quale nessuna malattia è incurabile. Non temere per le tue colpe passate, che eventualmente hai potuto commettere, anche se sono state gravissime, inaudite. Se le malattie sono grandi, più grande è il Medico. Non preoccuparti quindi dei peccati passati: nel sacramento ti saranno istantaneamente rimessi, e tutti e totalmente ti saranno rimessi. Delle colpe passate non rimarrà nulla di cui tu debba inquietarti e darti pensiero. Sarai tranquillo: non per la tua vigoria ma per la mano del medico. Sii dunque tranquillo nelle sue mani, perché egli guarirà anche le conseguenze del male: guarirà anche la fragilità della nostra condizione mortale da cui, mentre viviamo quaggiù, provengono i peccati minori. Egli guarirà tutto, purificherà tutto; sarà eliminata ogni sorta di cecità. Occorre però che gli sia presentato un occhio del cuore ben disposto, per cui tu, vedendo, sia beato in quanto hai ascoltato con fede la parola: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 56. Fratelli miei, quelli che ancora non credono osservino, osservino quanti fatti Dio ci pone dinanzi agli occhi. Tutti gli eventi che vediamo accadere nel mondo in nome di Cristo sono stati previsti, preannunziati e posti autorevolmente in iscritto. Nelle nostre mani vi sono i libri; davanti ai nostri occhi la realtà dei fatti.
La storia della salvezza alimenta la nostra speranza.
21. E se pensiamo secondo verità, fratelli, l'opera che ha compiuto era più difficile di quella che gli resta da compiere. Che significa: " Ha compiuto l'opera più difficile "? Ha giustificato l'empio 57: da idolatra lo ha reso credente, da ubriacone temperante, da impudico casto, da avaro disposto a donare i suoi beni; e notate che non li dona organizzando cacce circensi, con grande gioia del diavolo, ma facendo elargizioni ai poveri, meritandosi la corona da Cristo e acquistandosi beni imperituri. Era più difficile l'opera che Cristo ha compiuto. Colui che ha reso giusto l'uomo empio non sarà in grado di premiare l'uomo giustificato? State attenti, miei fratelli! Cosa è più difficile a credersi: che un empio venga reso giusto o che un giusto venga mutato in angelo? " Empio " e " giusto " sono fra loro contrari; " giusto " e " angelo " non sono contrari. Non sarà capace di completarti con doni similari colui che ti ha trasformato cambiando situazioni contrarie? Infatti non appena comincerai ad essere giusto comincerai a imitare la vita dell'angelo, mentre quando eri empio eri estraneo al coro degli angeli. Ecco però giungere la fede. Essa ti ha reso giusto e tu, che bestemmiavi Dio, ti umilii dinanzi a Dio; tu che eri volto alla creatura ora desideri il Creatore. Ecco quello che Egli ha donato a te. Egli inoltre ha diffuso nel mondo la sua Chiesa, l'ha propagata come l'aveva promessa. Era stato predetto che gli idoli sarebbero stati massacrati e tolti di mezzo. I nostri padri l'hanno letto ma non l'hanno veduto; noi lo leggiamo e lo vediamo. Sono state annunziate eresie e scismi: anche questo è avvenuto. Quindi non si turbano i cristiani quando vedono sorgere eresie e scismi. Con grande certezza sperano l'avverarsi degli eventi promessi poiché vedono realizzarsi quelli che erano stati preannunziati.
Al presente felicità e infelicità sono insieme.
22. Evitate dunque le scelleraggini delle eresie e degli scismi, evitate le pratiche sacrileghe dei pagani, le insulse consultazioni dei demoni, i culti degli idoli, i sacrilegi delle arti magiche, il ricorso agli astrologi. Evitate queste cose, fratelli. Da esse non avete nulla da sperare. Per la vita futura non hanno mai promesso niente; per la vita presente, ad essere sinceri, vi raccontano menzogne. Ma potrebbe esserci qualcuno che dice: " A me, son certo, l'astrologo ha detto il vero, e a me, ne sono certo, me lo ha detto l'indovino : ho preso quella medicina e mi ha fatto effetto ". Quanto a voi, carissimi, questo solo ritenete per certo (e del resto la cosa può facilmente controllarsi!): la presente felicità o infelicità (che poi non sono né vera felicità né piena infelicità) sono sparse in maniera confusa e le troviamo insieme in tutti gli uomini; e, per quanto riguarda voi, fratelli, che avete creduto, anche se fosse vero che nella presente vita temporale sono felici solamente coloro che ricorrono a tali pratiche, voi per amore della felicità avvenire dovreste disprezzare la felicità presente. Ma ecco vedete voi stessi che indistintamente godono buona salute e quelli che ricorrono a tali pratiche e quelli che non vi ricorrono; che indistintamente muoiono quelli che vi ricorrono e quelli che non vi ricorrono; sono ricchi o poveri indistintamente e quelli che vi ricorrono e quelli che non vi ricorrono; sono onorati e vilipesi indistintamente quelli che vi ricorrono e quelli che non lo fanno. Vedendo dunque come tra gli uomini la felicità e l'infelicità temporale sono mescolate insieme, perché non pensate piuttosto ad evitare l'infelicità eterna, quando vi si dirà: Andate al fuoco eterno 58 e a raggiungere la vera felicità, quando vi si dirà: Ricevete il Regno 59?
Gli idolatri sono al seguito del demonio.
23. " Giunone - dice [il pagano] - assiste le partorienti, Mercurio i cacciatori o le persone di studio, Nettuno i naviganti ". Sono falsità! Se fosse vero, non partorirebbero felicemente le donne che sparlano di Giunone. Ma ci vuol proprio molto, miei fratelli, ad aprire gli occhi per vedere queste cose? O che forse i profeti hanno predetto cose come queste? Interrogate voi stessi; risponda l'intero genere umano! Sarebbero dunque esposti a naufragio tutti coloro che non venerano Nettuno? Subirebbero danno tutti i negozianti che deridono Mercurio? Se tutto questo è falso, noi diremo che gli dèi in nessun modo vi hanno promesso la vita futura e non recano alcun vantaggio per la vita presente. Perché dunque li si adora se non perché distolgano i piedi di quanti vogliono percorrere la via del Signore 60, sicchè non tendano alla vita immortale né si ripromettano un po' di riposo dopo gli stenti e le difficoltà della vita presente? È il diavolo che insieme ai suoi angeli si solleva contro di voi e si presenta come se vi fosse amico per ridurvi in schiavitù. Preferite rimanere nella libertà! È più grande colui che vi ha redenti di colui che vi assalta. E poi tutti coloro che dànno il consenso al diavolo saranno con lui condannati, mentre tutti coloro che avranno creduto a Cristo, non saranno condannati con il diavolo. Son cose che avverranno, ma voi dalle cose già avvenute traete le conseguenze per quelle che restano da compiersi.
L’umiltà di Cristo ha conquistato il mondo.
24. Fu predetto che i cristiani avrebbero dovuto subire persecuzioni da parte dei re della terra, ed esse son già avvenute: è stata compiuta una strage di martiri. Gli autori delle stragi pensavano che a forza di ucciderli avrebbero sterminato i cristiani; invece la Chiesa è cresciuta mediante il loro sangue. I persecutori sono stati vinti, i perseguitati hanno riportato vittoria. Anche questo era stato predetto. Nella sacra Scrittura leggiamo che avrebbero sottomesso il collo al giogo di Cristo gli stessi re 61, dai quali in un primo tempo sembrava dovesse venire una persecuzione della Chiesa da cui occorreva mettersi al riparo. Ma è avvenuto questo, fratelli: la croce di Cristo è ora sulla fronte dei re; i re adorano colui che i giudei schernirono. Era stato però detto: Dio ha scelto ciò che in questo mondo è debole per confondere i forti, ha scelto ciò che in questo mondo è ignobile e ciò che non è, come se fosse, per ridurre a nulla ciò che è 62. Il Signore nostro Gesù Cristo pertanto è venuto per la salvezza non solo dei poveri ma anche dei ricchi, non solo dei plebei ma anche dei re. Non volle tuttavia scegliere come suoi primi discepoli i re, i ricchi, i nobili, i dotti, ma scelse i poveri, gli illetterati, i plebei, i pescatori, in cui sarebbe rifulsa di più la sua grazia. Venne infatti a darci la bevanda dell'umiltà e a guarire la superbia. E se per primo avesse chiamato un re, il re avrebbe detto che era stato eletto per la sua dignità; se per primo avesse chiamato un dotto, il dotto avrebbe detto che era stato eletto per la sua cultura. Ma i cristiani, che venivano chiamati all'umiltà, dovevano essere chiamati mediante persone umili. Perciò Cristo non ha conquistato il pescatore mediante l'imperatore, ma l'imperatore mediante il pescatore.
A Cristo crocifisso accorre il genere umano.
25. Ora vengono a Roma i re. È straordinario, fratelli, come ogni cosa si sia realizzata. Quando lo si annunziava, quando lo si scriveva, nulla di tutto questo era avvenuto. È sorprendente. Osservate, e riflettete e rallegratevi. Siano bramosi di conoscere queste cose coloro che non vorrebbero interessarsene. Di queste cose noi vogliamo che si interessino. Abbandonino le sciagurate inezie delle vane curiosità e siano una buona volta desiderosi di apprendere la sacra Scrittura. Troveranno che i grandi fatti che ora vedono sono stati predetti molto tempo prima. Essi infatti rimangono sbalorditi vedendo che nel nome di un Crocifisso accorre e si aduna il genere umano, dai re agli straccioni coperti di cenci. Non è stata esclusa nessuna età, nessuna categoria di persone, nessuna cultura. Infatti non è che hanno creduto gli ignoranti e non hanno creduto i dotti, o che hanno creduto i plebei e non i nobili, o che hanno creduto le donne e non gli uomini, o che hanno creduto i fanciulli e non gli anziani, o che hanno creduto gli schiavi e non i liberi. Ogni età è stata chiamata alla salvezza e ogni età è già venuta: son venuti i dignitari, i ricchi, i facoltosi tra gli uomini. Che vogliano entrare veramente tutti! Solo in pochi sono ormai rimasti fuori e seguitano a contendere. Si dèstino finalmente! Quanto meno al rimbombo che si leva dal mondo intero. Perché tutto il mondo grida.
I re chinano la fronte dinanzi ai pescatori.
26. Come avevo iniziato a dire, vengono a Roma i re. Ora a Roma vi sono i templi degli imperatori, i quali nel loro orgoglio pretesero dagli uomini onori divini; e, poichè ne avevano il potere (dato che erano sovrani assoluti), più che meritarli li estorsero. Ma un pescatore come avrebbe potuto estorcere simili onori? Comunque a Roma c'è la tomba del pescatore e c'è il tempio dell'imperatore. Pietro è sepolto in una tomba. Adriano in un tempio: il tempio di Adriano, il sepolcro di Pietro. Ecco ora venire un generale vittorioso; osserviamo dove si diriga, dove scelga di piegare i ginocchi: se nel tempio dell'imperatore o sul sepolcro del pescatore. Deposto il diadema, si batte il petto là dov'è il corpo del pescatore: ne riconosce i meriti, lo crede insignito di corona, per la sua mediazione desidera di giungere a Dio e avverte e ottiene di essere aiutato dalle preghiere di lui. Ecco le meraviglie compiute da quell'uomo confitto in croce e deriso mentre era sulla croce. Ecco in qual maniera si è assoggettato i popoli: non con la crudeltà della spada ma con il patibolo, oggetto di scherni. Bevano dunque gli uomini superbi alla coppa dell'umiltà, dopo che Cristo si è umiliato; si degnino di essere umili. Riconoscano una buona volta quale sia la loro medicina. Vengano e credano.
Il cristiano testimoni la fede con la vita.
27. Esortateli, fratelli, non solo a parole ma anche con le vostre opere; e anche noi li esortiamo a non rimandare ancora. Forse alcuni già ci pensano e dicono: " Domani mi farò cristiano ". Se è bene domani è bene anche oggi. In realtà, per diventare cristiano non devi chiedere il giorno all'astrologo. Ogni giorno è stato fatto da Dio, e per te è buono quel giorno nel quale compi il bene. Se dunque è bene credere in Cristo, affinchè sia purificato il tuo cuore mediante la fede 63, e guarire il tuo occhio che dovrà vedere una luce tanto fulgida, perché rimandare? Perché seguita a risuonare tra gli uomini il gracchiare del corvo? " Crà, crà " (domani, domani) grida il corvo che, fatto uscire dall'arca, non vi tornò, mentre invece vi tornò la colomba 64. Il corvo ti dice " domani ", la colomba geme ogni giorno. Non sia dunque in te la voce di chi rimanda al domani ma il gemito di chi confessa [il Signore]. Tutti coloro che si sono stancati di ascoltare vogliano essere indulgenti con i bramosi di sapere; coloro poi che vorrebbero ancora sentire, perdonino quelli che sono stanchi, tanto più che anche il tempo ci costringe a chiudere il discorso. Osserviamo infatti in voi un gran desiderio, in Cristo, per cui potreste ascoltare ancora altre cose, ma il tempo non possiamo fermarlo. Per tutti coloro che sono presenti e non hanno ancora creduto ecco noi siamo a disposizione, ecco c'è la Chiesa. Se vogliono, abbraccino la fede. Se preferiscono rimandare (ipotesi che, a quanto io penso, non dovrebbero più ritenere), lascino il posto a coloro che vogliono celebrare i divini misteri.
E dopo che i pagani furono usciti:
Vivere la parola di Dio.
28. Fratelli, già ieri ve l'abbiamo detto e adesso ve lo ripetiamo, come del resto sempre vi scongiuriamo. Vivendo bene guadagnate coloro che ancora non hanno creduto, perché non succeda che anche voi abbiate creduto invano. Vi scongiuriamo: come è gradita al vostro orecchio la parola di Dio, così vi piaccia esprimerla nei vostri costumi. Non sia quindi soltanto nell'orecchio ma anche nel cuore, non soltanto nel cuore ma anche nella vita, affinchè siate la famiglia di Dio, degna [di lui] e accetta ai suoi occhi in ogni sorta di opere buone 65. Fratelli, sono assolutamente convinto che, se voi vivrete in maniera degna di Dio, ben presto nessuno di quelli che ancora sono lontani dalla fede seguiterà a rimanere nell'incredulità.
1 - Cf. 2, 3 (Eb 10, 37).
2 - Sal 110, 10 (Sir 1, 16).
3 - 1 Gv 4, 18.
4 - Sal 110, 10 (Sir 1, 16).
5 - 1 Cor 2, 9.
6 - Cf. Lc 23, 43.
7 - 1 Tm 6, 16.
8 - 1 Cor 2, 9.
9 - Cf. Rm 8, 5.
10 - Sal 37, 11.
11 - 1 Cor 2, 9.
12 - 1 Cor 1, 12 (3, 4).
13 - Cf. Sal 77, 7; Ger 17, 5.
14 - Sal 21, 5.
15 - 1 Cor 3, 3.
16 - Sal 81, 6-7.
17 - Sal 81, 6.
18 - Gv 1, 12.
19 - Sal 81, 6-7.
20 - Cf. Gn 3, 5.
21 - Gn 3, 19.
22 - Is 66, 1.
23 - Cf. 1 Pt 1, 8.
24 - 1 Cor 2, 9.
25 - Cf. Gn 1, 27 (Sir 17, 1).
26 - Cf. Mt 6, 22 (Lc 11, 34).
27 - Cf. 1 Cor 2, 9.
28 - Cf. 1 Pt 1, 8.
29 - 1 Cor 2, 9.
30 - Mt 7, 7 (Lc 11, 9).
31 - Sal 26, 8.
32 - Sal 26, 4.
33 - Mt 5, 8.
34 - At 15, 9.
35 - Mt 5, 8.
36 - At 15, 9.
37 - Mt 5, 8.
38 - At 15, 9.
39 - 1 Cor 2, 9.
40 - Gv 1, 12.
41 - Mt 5, 8.
42 - At 15, 9.
43 - Gv 1, 12.
44 - Cf. 1 Cor 2, 9; At 15, 9; Mt 5, 8.
45 - Cf. Gv 20, 29.
46 - Cf. 1 Th 5, 22 (?).
47 - Sir 10, 15.
48 - Lc 23, 34.
49 - At 2, 37.
50 - Lc 23, 34.
51 - At 2, 38.
52 - Cf. 1 Cor 1, 23.
53 - Rm 4, 25.
54 - At 15, 9.
55 - Cf. Col 1, 18.
56 - Mt 5, 8.
57 - Cf. Rm 4, 5.
58 - Mt 25, 41.
59 - Mt 25, 34.
60 - Cf. Sal 19, 9.
61 - Cf. Sal 71, 10-11; 104, 14-15; 109, 1 e 5; ecc.
62 - 1 Cor 1, 27-28.
63 - Cf. At 15, 9.
64 - Cf. Gn 8, 6-12.
65 - Cf. 2 Tm 2, 21 (3, 17; Tt 3, 1).
2 - Nel secondo giorno il Signore continua in Maria santissima i suoi favori.
La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda
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16. Nella prima parte di questa Storia ho detto che il corpo purissimo di Maria santissima fu concepito e formato con ogni perfezione nello spazio di sette giorni; infatti l'Altissimo operò questo miracolo perché la sua anima santissima non attendesse il tempo che normalmente intercorre nel caso degli altri bambini, ma fosse creata e infusa anticipatamente, come avvenne. Questo fu fatto affinché il principio della redenzione del mondo fosse debitamente correlato con quello della sua creazione. Ora, quest'opera trovò corrispondenza un'altra volta, quando cioè stava già per scendere nel mondo il suo Salvatore. Anche qui, formato il nuovo Adamo, Cristo, Dio volle in un certo modo riposarsi, avendo come provato tutte le forze della sua onnipotenza nella maggiore delle sue prodezze, e volle che con questo riposo si celebrasse il sabato gioioso di tutte le sue delizie. Siccome in queste meraviglie doveva intervenire la Madre del Verbo divino dandogli forma umana visibile, era necessario che, essendo ella nel mezzo tra questi due estremi, Dio e gli uomini, facesse capo ad entrambi, avendo una dignità tale da essere inferiore a Dio e superiore a tutto ciò che non è Dio. Quindi, in ragione di tale dignità, le era dovuta una conoscenza proporzionata, tanto della Divinità quanto di tutte le creature.
17. Per proseguire in questo intento, il Signore continuò in Maria santissima i favori con cui la preparò all'incarnazione del Verbo nei nove giorni, che io sto raccontando, precedenti ad essa. Così il secondo giorno, sempre a mezzanotte, la nostra Principessa fu visitata nel medesimo modo che dissi nel capitolo precedente, venendo elevata dal potere divino con quelle disposizioni, qualità e illuminazioni con le quali veniva preparata per le visioni della Divinità. Dio le si manifestò di nuovo astrattivamente ed ella vide le opere compiute nel secondo giorno della creazione del mondo. Conobbe quando e come Dio divise le acque che sono sotto il firmamento da quelle che sono sopra il firmamento, e chiamò il firmamento cielo. Conobbe inoltre la sua estensione e il suo ordine, nonché le condizioni e i movimenti di tutti i corpi celesti, con tutte le loro qualità e proprietà.
18. Nella prudentissima Vergine questa conoscenza non era oziosa né sterile, perché si riversava in lei quasi immediatamente dalla chiarissima luce della Divinità. Questa la infiammava nella meraviglia e la infervorava a lodare ed amare sempre più la bontà e la potenza divina, tanto che, trasformata nel medesimo Dio, compiva atti eroici di tutte le virtù, dando a sua Maestà gloria piena e perfetta. Come nel primo giorno Dio l'aveva fatta partecipe della sua sapienza, in questo secondo le comunicò a suo modo l'onnipotenza, dandole potere sopra gli influssi dei cieli, dei pianeti e degli elementi e comandando che tutti le ubbidissero. Questa grande Regina ebbe così il dominio sopra il mare, la terra, gli elementi, i mondi celesti e tutte le creature che in essi sono contenute.
19. Questo potere apparteneva alla dignità di Maria santissima non solo per ciò che ho detto sopra, ma anche per altre due ragioni speciali. La prima ragione consisteva nel fatto che ella era privilegiata ed immune dalla comune legge del peccato originale e dei suoi effetti e per questo non doveva essere annoverata tra gli insensati figli di Adamo, contro i quali l'Onnipotente aveva armato le creature per vendicare le ingiurie fatte a lui e castigare la pazzia dei mortali. Infatti, se essi non avessero disobbedito al proprio Creatore, nemmeno le altre creature e gli elementi sarebbero stati ribelli e ostili a loro, né avrebbero rivolto contro di essi il rigore della propria attività e delle proprie inclemenze. Quindi, se questa ribellione delle creature fu il castigo del peccato, ne segue che ciò non doveva verificarsi con Maria santissima immacolata e senza colpa, né tantomeno ella doveva essere, in questo privilegio, inferiore alla natura angelica, che non è toccata da questa pena del peccato e sulla quale non ha autorità la forza degli elementi. È vero che Maria santissima era di natura terrena, ma appunto per questo in lei fu più stimabile, come cosa più rara e più preziosa, il salire ad un'altezza superiore a tutte le creature terrene e spirituali e il diventare con i suoi meriti degna Regina e signora di tutto il creato. D'altronde, è certo che si doveva concedere più alla regina che ai sudditi, più alla signora che ai servi.
20. La seconda ragione era che a questa nobile Regina il suo Figlio santissimo doveva obbedire come a madre. Essendo egli il Creatore di tutto, era ragionevole che ogni cosa obbedisse a colei alla quale il creatore stesso doveva ubbidienza e che ella comandasse su tutto, poiché la persona di Cristo, in quanto uomo, doveva essere curata dalla sua Madre per dovere e per legge di natura. Questo privilegio concorreva grandemente ad esaltare le virtù e i meriti di Maria santissima, perché in lei veniva ad essere volontario e meritorio ciò che in noi è forzato e, ordinariamente, contrario alla nostra volontà, cioè l'assoggettarsi alle creature. La prudentissima Regina non usava questo potere in modo indiscriminato e per il proprio piacere e sollievo; al contrario, comandava a tutti gli elementi e a tutte le creature che senza riguardo esercitassero contro di lei le azioni che le potevano essere naturalmente penose e moleste, perché in ciò doveva essere simile al suo Figlio santissimo e soffrire con lui. Infatti, l'amore e l'umiltà di questa grande Signora avrebbero sofferto se le inclemenze delle creature fossero cessate, privandola del pregio del patire, che sapeva tanto stimabile agli occhi del Signore.
21. Solamente in alcune occasioni in cui comprese che il rispetto non era per lei, ma per il suo Figlio e creatore, la dolce Madre comandò alla forza degli elementi ed esercitò il dominio sulle loro azioni, come si dirà in seguito. Così accadde nelle peregrinazioni in Egitto e in altre circostanze in cui assai prudentemente giudicò che fosse conveniente, affinché le creature riconoscessero il loro Creatore, gli mostrassero riverenza e lo difendessero e servissero in qualsiasi necessità. Chi tra i mortali non resta ammirato nel conoscere una così straordinaria meraviglia? Una semplice creatura terrena, una donna, rivestita del dominio su tutto il creato, si reputa la più indegna e vile fra tutte le creature, comanda ai venti di rovesciare la propria ira contro di lei e questi le obbediscono. Essi però, quasi timidi e cortesi verso una tale Signora, se obbedivano, lo facevano quasi per mostrare la loro subordinazione, anziché per vendicare il loro Creatore, come fanno di solito col resto dei figli di Adamo.
22. Di fronte a questa umiltà della nostra invitta Regina, noi mortali non possiamo negare la nostra vanissima arroganza o, per meglio dire, insolenza; infatti, pur meritando che tutti gli elementi e le forze offensive dell'intero universo si ribellino contro le nostre follie, ci lamentiamo del loro rigore, come se l'importunarci fosse un'offesa che ci viene fatta. Perciò condanniamo la rigidezza del freddo, non sopportiamo che il caldo ci affatichi, detestiamo tutto ciò che è penoso e mettiamo ogni impegno nell'incolpare questi ministri della divina giustizia, cercando per i nostri sensi il riparo delle comodità e dei piaceri, come se questo dovesse servirci per sempre e non fosse certo che saremo tirati fuori da tale rifugio per un più duro castigo delle nostre colpe.
23. Ritornando a questi doni di conoscenza e di potenza che furono dati alla Principessa del cielo, e agli altri favori che la disponevano a diventare degna madre dell'Unigenito dell'eterno Padre, si capirà la loro eccellenza considerando in essi una sorta di infinità, cioè di comprensione che partecipa di quella divina ed è simile a quella che in seguito ebbe l'anima santissima di Cristo. Infatti, Maria santissima non solo conosceva tutte le creature in Dio, ma le comprendeva in maniera tale da racchiuderle nella sua capacità e avrebbe potuto estendersi a conoscerne molte altre, se vi fosse stato altro da conoscere. Io chiamo ciò infinità perché mi pare qualcosa di simile alla scienza infinita e perché ella guardava e conosceva simultaneamente, senza successione, il numero dei cieli, la loro ampiezza e profondità, il loro ordine e i loro movimenti, le loro qualità, la materia e la forma, gli elementi con tutte le loro condizioni e caratteristiche. L'unica cosa che questa Vergine sapientissima ignorava era il fine immediato di tutti questi favori, che le veniva nascosto finché non fosse arrivata l'ora del suo consenso e dell'ineffabile misericordia dell'Altissimo. Così, in questi giorni ella continuava le sue fervorose preghiere per la venuta del Messia, perché il Signore stesso le imponeva ciò e le faceva comprendere che non avrebbe tardato e che già si avvicinava il tempo prefissato.
Insegnamento della Regina del cielo
24. Figlia mia, da ciò che vai conoscendo dei favori e benefici che l'Altissimo mi concedeva per. innalzarmi alla dignità di madre del Verbo, voglio che tu rilevi l'ordine ammirabile della sua sapienza nella creazione dell'uomo. Considera dunque come il suo Creatore lo fece dal niente, non perché fosse servo, ma perché fosse re e signore di tutte le cose ed esercitasse su di esse il suo dominio, riconoscendosi ad un tempo creatura ed immagine del suo creatore e stando soggetto a lui e attento alla sua volontà più di quanto non lo siano le altre creature a quella dell'uomo stesso; così infatti vuole l'ordine della ragione. Inoltre, affinché non mancasse all'uomo la conoscenza di Dio e dei mezzi per discernere e compiere la sua volontà, gli diede, oltre a quella naturale, un'altra luce maggiore, più immediata, più diretta, più certa, più ampia. Questa fu la luce della fede divina, attraverso cui avrebbe conosciuto Dio e le sue perfezioni, e con esse le sue opere. Con tale cognizione e signoria l'uomo si trovò ben ordinato, onorato ed arricchito, senza scusa per dedicarsi tutto alla volontà divina.
25. Ma la stoltezza dei mortali stravolge tutto quest'ordine e distrugge questa divina armonia, perché colui che fu creato come signore e re delle creature si fa loro vile schiavo e si assoggetta ad esse, disonorando la sua dignità e usando delle cose visibili non come padrone prudente, ma come indegno subalterno. E certo non si riconosce a queste superiore quando si fa inferiore alla più infima delle creature. Tutta questa perversità nasce dall'usare delle cose visibili non per la gloria del Creatore, riferendole a lui per mezzo della fede, ma solamente per saziare le passioni e i sensi con ciò che vi è di piacevole nelle creature, per cui gli uomini detestano tanto quelle che non hanno in sé niente di dilettevole.
26. Tu, o carissima, guarda con la fede il tuo creatore e Signore e procura di copiare nell'anima tua l'immagine delle sue perfezioni divine. Non perdere il dominio sulle creature, affinché nessuna diventi superiore alla tua libertà; anzi, voglio che tu trionfi di tutte e che niente si frapponga fra la tua anima e il tuo Dio. Solo devi assoggettarti con gioia, non a ciò che le creature hanno di piacevole, perché in tal caso si oscurerebbe il tuo intelletto e si debiliterebbe la tua volontà, bensì al disagio delle inclemenze delle loro azioni, sopportandolo con volontà lieta; io feci così per imitare il mio Figlio santissimo, quantunque avessi la potestà di scegliere il riposo e non avessi peccati da emendare.
12 maggio 1949
Maria Valtorta
La Madonna scende sino al mio letto, camminando su un sentiero di candide nubi. Si arresta poi ai piedi del mio letto, alta da terra in modo che i suoi piedini nudi sono all'altezza del mio letto. Mi invita a dire il S. Rosario con Lei… (e le corone si profumano del suo profumo).