Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 19° settimana del tempo ordinario (Assunzione Beata Vergine Maria)
Vangelo secondo Giovanni 4
1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".
43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.
46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.
Neemia 11
1I capi del popolo si sono stabiliti a Gerusalemme; il resto del popolo ha tirato a sorte per far venire uno su dieci a popolare Gerusalemme, la città santa; gli altri nove potevano rimanere nelle altre città.2Il popolo benedisse quanti si erano offerti spontaneamente per abitare in Gerusalemme.3Ecco i capi della provincia che si sono stabiliti a Gerusalemme, mentre nelle città di Giuda ognuno si è stabilito nella sua proprietà, nella sua città: Israeliti, sacerdoti, leviti, oblati e i discendenti dei servi di Salomone.
4A Gerusalemme si sono stabiliti i figli di Giuda e i figli di Beniamino.
Dei figli di Giuda: Ataia, figlio di Uzzia, figlio di Zaccaria, figlio di Amaria, figlio di Sefatia, figlio di Macalalèel, dei figli di Perez:5Maaseia figlio di Baruch, figlio di Col-Coze, figlio di Cazaia, figlio di Adaia, figlio di Ioiarib, figlio di Zaccaria, figlio della famiglia Selanita.6Totale dei figli di Perez che si sono stabiliti a Gerusalemme: quattrocentosessantotto uomini valorosi.
7Questi sono i figli di Beniamino: Sallu figlio di Mesullàm, figlio di Ioed, figlio di Pedaia, figlio di Kolaia, figlio di Maaseia, figlio di Itiel, figlio di Isaia;8dopo di lui, Gabbai, Sallai: in tutto, novecentoventotto.9Gioele figlio di Zicrì; era loro capo e Giuda figlio di Assenùa era il secondo capo della città.
10Dei sacerdoti: Iedaia, Ioiarìb, Iachin,11Seraia figlio di Chelkia, figlio di Mesullàm, figlio di Zadòk, figlio di Meraiòt, figlio di Achitùb, capo del tempio,12e i loro fratelli addetti al lavoro del tempio, in numero di ottocentoventidue; Adaia figlio di Ierocam, figlio di Pelalia, figlio di Amsi, figlio di Zaccaria, figlio di Pascur, figlio di Malchia,13e i suoi fratelli, capi delle casate, in numero di duecentoquarantadue; Amasai figlio di Azareèl, figlio di Aczai, figlio di Mesillemòt, figlio di Immer,14e i loro fratelli uomini valorosi, in numero di centoventotto; Zabdiel figlio di Ghedolìm era loro capo.
15Dei leviti: Semaia figlio di Cassùb, figlio di Azrikam, figlio di Casabià, figlio di Bunni;16Sabbetài e Iozabàd, preposti al servizio esterno del tempio, fra i capi dei leviti;17Mattania figlio di Mica, figlio di Zabdi, figlio di Asaf, il capo della salmodia, che intonava le lodi durante la preghiera; Bakbukia che gli veniva secondo tra i suoi fratelli; Abda figlio di Sammua, figlio di Galal, figlio di Ieditun.18Totale dei leviti nella città santa: duecentottantaquattro.
19I portieri: Akkub, Talmon e i loro fratelli, custodi delle porte: centosettantadue.
20Il resto d'Israele, dei sacerdoti e dei leviti si è stabilito in tutte le città di Giuda, ognuno nella sua proprietà.
21Gli oblati si sono stabiliti sull'Ofel e Zica e Ghispa erano a capo degli oblati.22Il capo dei leviti a Gerusalemme era Uzzi figlio di Bani, figlio di Casabià, figlio di Mattania, figlio di Mica, dei figli di Asaf, che erano i cantori addetti al servizio del tempio;23poiché vi era un ordine del re che riguardava i cantori e vi era una provvista assicurata loro ogni giorno.
24Petachia figlio di Mesezabeel, dei figli di Zerach, figlio di Giuda, suppliva il re per tutti gli affari del popolo.
25Quanto ai villaggi con le loro campagne, alcuni figli di Giuda si sono stabiliti in Kiriat-Arba e nei villaggi dipendenti, in Dibon e nei suoi villaggi, in Iekabseèl e nei suoi villaggi,26in Iesuà, in Molada, in Bet-Pelet,27in Cazar-Sual, in Bersabea e nei suoi villaggi,28in Ziklàg, in Mecona e nei suoi villaggi,29in En-Rimmòn, in Zorea, in Iarmut,30in Zanoach, in Adullam e nei suoi villaggi, in Lachis e nei suoi villaggi, in Azeka e nei suoi villaggi. Si sono stabiliti da Bersabea fino alla valle di Hinnòm.31I figli di Beniamino si sono stabiliti a Gheba, Micmas, Ai, Betel e nei luoghi che ne dipendevano;32ad Anatòt, Nob, Anania,33a Cazòr, Rama, Ghittàim,34Cadid, Zeboim, Neballat,35e Lod e Ono, nella valle degli Artigiani.36Dei leviti parte si è stabilita con Giuda, parte con Beniamino.
Proverbi 12
1Chi ama la disciplina ama la scienza,
chi odia la correzione è stolto.
2Il buono si attira il favore del Signore,
ma egli condanna l'intrigante.
3Non resta saldo l'uomo con l'empietà,
ma la radice dei giusti non sarà smossa.
4La donna perfetta è la corona del marito,
ma quella che lo disonora è come carie nelle sue ossa.
5I pensieri dei giusti sono equità,
i propositi degli empi sono frode.
6Le parole degli empi sono agguati sanguinari,
ma la bocca degli uomini retti vi si sottrarrà.
7Gli empi, una volta abbattuti, più non sono,
ma la casa dei giusti sta salda.
8Un uomo è lodato per il senno,
chi ha un cuore perverso è disprezzato.
9Un uomo di poco conto che basta a se stesso
vale più di un uomo esaltato a cui manca il pane.
10Il giusto ha cura del suo bestiame,
ma i sentimenti degli empi sono spietati.
11Chi coltiva la sua terra si sazia di pane,
chi insegue chimere è privo di senno.
12Le brame dell'empio sono una rete di mali,
la radice dei giusti produce frutti.
13Nel peccato delle sue labbra si impiglia il malvagio,
ma il giusto sfuggirà a tale angoscia.
14Ognuno si sazia del frutto della sua bocca,
ma ciascuno sarà ripagato secondo le sue opere.
15Lo stolto giudica diritta la sua condotta,
il saggio, invece, ascolta il consiglio.
16Lo stolto manifesta subito la sua collera,
l'accorto dissimula l'offesa.
17Chi aspira alla verità proclama la giustizia,
il falso testimone proclama l'inganno.
18V'è chi parla senza riflettere: trafigge come una spada;
ma la lingua dei saggi risana.
19La bocca verace resta ferma per sempre,
la lingua bugiarda per un istante solo.
20Amarezza è nel cuore di chi trama il male,
gioia hanno i consiglieri di pace.
21Al giusto non può capitare alcun danno,
gli empi saranno pieni di mali.
22Le labbra menzognere sono un abominio per il Signore
che si compiace di quanti agiscono con sincerità.
23L'uomo accorto cela il sapere,
il cuore degli stolti proclama la stoltezza.
24La mano operosa ottiene il comando,
quella pigra sarà per il lavoro forzato.
25L'affanno deprime il cuore dell'uomo,
una parola buona lo allieta.
26Il giusto è guida per il suo prossimo,
ma la via degli empi fa smarrire.
27Il pigro non troverà selvaggina;
la diligenza è per l'uomo un bene prezioso.
28Nella strada della giustizia è la vita,
il sentiero dei perversi conduce alla morte.
Salmi 127
1'Canto delle ascensioni. Di Salomone.'
Se il Signore non costruisce la casa,
invano vi faticano i costruttori.
Se il Signore non custodisce la città,
invano veglia il custode.
2Invano vi alzate di buon mattino,
tardi andate a riposare
e mangiate pane di sudore:
il Signore ne darà ai suoi amici nel sonno.
3Ecco, dono del Signore sono i figli,
è sua grazia il frutto del grembo.
4Come frecce in mano a un eroe
sono i figli della giovinezza.
5Beato l'uomo che ne ha piena la faretra:
non resterà confuso quando verrà a trattare
alla porta con i propri nemici.
Daniele 11
1 e io, nell'anno primo di Dario, mi tenni presso di lui per dargli rinforzo e sostegno.
2Ed ora io ti manifesterò la verità. Ecco, vi saranno ancora tre re in Persia: poi il quarto acquisterà ricchezze superiori a tutti gli altri e dopo essersi reso potente con le ricchezze, muoverà con tutti i suoi contro il regno di Grecia.3Sorgerà quindi un re potente e valoroso, il quale dominerà sopra un grande impero e farà ciò che vuole;4ma appena si sarà affermato, il suo regno verrà smembrato e diviso ai quattro venti del cielo, ma non fra i suoi discendenti né con la stessa forza che egli possedeva; il suo regno sarà infatti smembrato e dato ad altri anziché ai suoi discendenti.
5Il re del mezzogiorno diverrà potente e uno dei suoi capitani sarà più forte di lui e il suo impero sarà grande.6Dopo qualche anno faranno alleanza e la figlia del re del mezzogiorno verrà al re del settentrione per fare la pace, ma non potrà mantenere la forza del suo braccio e non resisterà né lei né la sua discendenza e sarà condannata a morte insieme con i suoi seguaci, il figlio e il marito.7In quel tempo, da un germoglio delle sue radici sorgerà uno, al posto di costui, e verrà con un esercito e avanzerà contro le fortezze del re del settentrione, le assalirà e se ne impadronirà.8Condurrà in Egitto i loro dèi con le loro immagini e i loro preziosi oggetti d'oro e d'argento, come preda di guerra, poi per qualche anno si asterrà dal contendere con il re del settentrione.9Questi muoverà contro il re del mezzogiorno, ma se ne ritornerà nel suo paese.
10Poi suo figlio si preparerà alla guerra, raccogliendo una moltitudine di grandi eserciti, con i quali avanzerà come una inondazione: attraverserà il paese per attaccare di nuovo battaglia e giungere sino alla sua fortezza.11Il re del mezzogiorno, inasprito, uscirà per combattere con il re del settentrione, che si muoverà con un grande esercito, ma questo cadrà in potere del re del mezzogiorno,12il quale dopo aver disfatto quell'esercito si gonfierà d'orgoglio, ma pur avendo abbattuto decine di migliaia, non per questo sarà più forte.13Il re del settentrione di nuovo metterà insieme un grande esercito, più grande di quello di prima, e dopo qualche anno avanzerà con un grande esercito e con grande apparato.14In quel tempo molti si alzeranno contro il re del mezzogiorno e uomini violenti del tuo popolo insorgeranno per adempiere la visione, ma cadranno.15Il re del settentrione verrà, costruirà terrapieni e occuperà una città ben fortificata. Le forze del mezzogiorno, con truppe scelte, non potranno resistere, mancherà loro la forza per opporre resistenza.16L'invasore farà ciò che vuole e nessuno gli si potrà opporre; si stabilirà in quella magnifica terra e la distruzione sarà nelle sue mani.17Quindi si proporrà di occupare tutto il regno del re del mezzogiorno, stipulerà un'alleanza con lui e gli darà sua figlia per rovinarlo, ma ciò non riuscirà e non raggiungerà il suo scopo.
18Poi volgerà le mire alle isole e ne prenderà molte, ma un comandante straniero farà cessare la sua arroganza, facendola ricadere sopra di lui.19Si volgerà poi verso le fortezze del proprio paese, ma inciamperà, cadrà, scomparirà.20Sorgerà quindi al suo posto uno che manderà esattori nella terra perla del suo regno, ma in pochi giorni sarà stroncato, non nel furore di una rivolta né in battaglia.
21Gli succederà poi un uomo abbietto, privo di dignità regale: verrà di nascosto e occuperà il regno con la frode.22Le forze armate saranno annientate davanti a lui e sarà stroncato anche il capo dell'alleanza.23Non appena sarà stata stipulata un'alleanza con lui, egli agirà con la frode, crescerà e si consoliderà con poca gente.24Entrerà di nascosto nei luoghi più fertili della provincia e farà cose che né i suoi padri né i padri dei suoi padri osarono fare; distribuirà alla sua gente preda, spoglie e ricchezze e ordirà progetti contro le fortezze, ma ciò fino ad un certo tempo.
25La sua potenza e il suo ardire lo spingeranno contro il re del mezzogiorno con un grande esercito e il re del mezzogiorno verrà a battaglia con un grande e potente esercito, ma non potrà resistere, perché si ordiranno congiure contro di lui:26i suoi stessi commensali saranno causa della sua rovina; il suo esercito sarà travolto e molti cadranno uccisi.27I due re non penseranno che a farsi del male a vicenda e seduti alla stessa tavola parleranno con finzione, ma senza riuscire nei reciproci intenti, perché li attenderà la fine, al tempo stabilito.28Egli ritornerà nel suo paese con grandi ricchezze e con in cuore l'avversione alla santa alleanza: agirà secondo i suoi piani e poi ritornerà nel suo paese.29Al tempo determinato verrà di nuovo contro il paese del mezzogiorno, ma quest'ultima impresa non riuscirà come la prima.30Verranno contro lui navi dei Kittìm ed egli si sentirà scoraggiato e tornerà indietro. Si volgerà infuriato e agirà contro la santa alleanza, e nel suo ritorno se la intenderà con coloro che avranno abbandonato la santa alleanza.31Forze da lui armate si muoveranno a profanare il santuario della cittadella, aboliranno il sacrificio quotidiano e vi metteranno l'abominio della desolazione.
32Con lusinghe egli sedurrà coloro che avranno apostatato dall'alleanza, ma quanti riconoscono il proprio Dio si fortificheranno e agiranno.33I più saggi tra il popolo ammaestreranno molti, ma cadranno di spada, saranno dati alle fiamme, condotti in schiavitù e saccheggiati per molti giorni.34Mentre così cadranno, riceveranno un po' di aiuto: molti però si uniranno a loro ma senza sincerità.35Alcuni saggi cadranno perché fra di loro ve ne siano di quelli purificati, lavati, resi candidi fino al tempo della fine, che dovrà venire al tempo stabilito.
36Il re dunque farà ciò che vuole, s'innalzerà, si magnificherà sopra ogni dio e proferirà cose inaudite contro il Dio degli dèi e avrà successo finché non sarà colma l'ira; poiché ciò che è stato determinato si compirà.37Egli non si curerà neppure delle divinità dei suoi padri né del dio amato dalle donne, né di altro dio, poiché egli si esalterà sopra tutti.38Onorerà invece il dio delle fortezze: onorerà, con oro e argento, con gemme e con cose preziose, un dio che i suoi padri non hanno mai conosciuto.39Nel nome di quel dio straniero attaccherà le fortezze e colmerà di onori coloro che lo riconosceranno: darà loro il potere su molti e distribuirà loro terre in ricompensa.
40Al tempo della fine il re del mezzogiorno si scontrerà con lui e il re del settentrione gli piomberà addosso, come turbine, con carri, con cavalieri e molte navi; entrerà nel suo territorio invadendolo.41Entrerà anche in quella magnifica terra e molti paesi soccomberanno. Questi però scamperanno dalla sua mano: Edom, Moab e gran parte degli Ammoniti.42Metterà così la mano su molti paesi; neppure l'Egitto scamperà.43S'impadronirà di tesori d'oro e d'argento e di tutte le cose preziose d'Egitto: i Libi e gli Etiopi saranno al suo seguito.44Ma notizie dall'oriente e dal settentrione lo turberanno: egli partirà con grande ira per distruggere e disperdere molti.45Pianterà le tende del suo palazzo fra il mare e il bel monte santo: poi giungerà alla fine e nessuno verrà in suo aiuto.
Prima lettera ai Corinzi 1
1Paolo, chiamato ad essere apostolo di Gesù Cristo per volontà di Dio, e il fratello Sòstene,2alla Chiesa di Dio che è in Corinto, a coloro che sono stati santificati in Cristo Gesù, chiamati ad essere santi insieme a tutti quelli che in ogni luogo invocano il nome del Signore nostro Gesù Cristo, Signore nostro e loro:3grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo.
4Ringrazio continuamente il mio Dio per voi, a motivo della grazia di Dio che vi è stata data in Cristo Gesù,5perché in lui siete stati arricchiti di tutti i doni, quelli della parola e quelli della scienza.6La testimonianza di Cristo si è infatti stabilita tra voi così saldamente,7che nessun dono di grazia più vi manca, mentre aspettate la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo.8Egli vi confermerà sino alla fine, irreprensibili nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo:9fedele è Dio, dal quale siete stati chiamati alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro!
10Vi esorto pertanto, fratelli, per il nome del Signore nostro Gesù Cristo, ad essere tutti unanimi nel parlare, perché non vi siano divisioni tra voi, ma siate in perfetta unione di pensiero e d'intenti.11Mi è stato segnalato infatti a vostro riguardo, fratelli, dalla gente di Cloe, che vi sono discordie tra voi.12Mi riferisco al fatto che ciascuno di voi dice: "Io sono di Paolo", "Io invece sono di Apollo", "E io di Cefa", "E io di Cristo!".
13Cristo è stato forse diviso? Forse Paolo è stato crocifisso per voi, o è nel nome di Paolo che siete stati battezzati?14Ringrazio Dio di non aver battezzato nessuno di voi, se non Crispo e Gaio,15perché nessuno possa dire che siete stati battezzati nel mio nome.16Ho battezzato, è vero, anche la famiglia di Stefana, ma degli altri non so se abbia battezzato alcuno.
17Cristo infatti non mi ha mandato a battezzare, ma a predicare il vangelo; non però con un discorso sapiente, perché non venga resa vana la croce di Cristo.18La parola della croce infatti è stoltezza per quelli cha vanno in perdizione, ma per quelli che si salvano, per noi, è potenza di Dio.19Sta scritto infatti:
'Distruggerò la sapienza dei sapienti
e annullerò l'intelligenza degli intelligenti'.
20'Dov'è il sapiente? Dov'è il dotto'? Dove mai il sottile ragionatore di questo mondo? Non ha forse Dio dimostrato stolta la sapienza di questo mondo?21Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio il mondo, con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione.22E mentre i Giudei chiedono i miracoli e i Greci cercano la sapienza,23noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani;24ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio.25Perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è debolezza di Dio è più forte degli uomini.
26Considerate infatti la vostra chiamata, fratelli: non ci sono tra voi molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili.27Ma Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti,28Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono,29perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio.30Ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione,31perché, come sta scritto:
'Chi si vanta si vanti nel Signore'.
Capitolo XI: La conquista della pace interiore e l'amore del progresso spirituale
Leggilo nella Biblioteca1. Se non ci volessimo impicciare di quello che dicono o di quello che fanno gli altri, e di cose che non ci riguardano, potremmo avere una grande pace interiore. Come, infatti, è possibile che uno mantenga a lungo l'animo tranquillo se si intromette nelle faccende altrui, se va a cercare all'esterno i suoi motivi di interesse, se raramente e superficialmente si raccoglie in se stesso? Beati i semplici, giacché avranno grande pace. Perché mai alcuni santi furono così perfetti e pieni di spirito contemplativo? Perché si sforzarono di spegnere completamente in sé ogni desiderio terreno, cosicché - liberati e staccati da se stessi - potessero stare totalmente uniti a Dio, con tutto il cuore. Noi, invece, siamo troppo presi dai nostri sfrenati desideri, e troppo preoccupati delle cose di quaggiù; di rado riusciamo a vincere un nostro difetto, anche uno soltanto, e non siamo ardenti nel tendere al nostro continuo miglioramento. E così restiamo inerti e tiepidi. Se fossimo, invece, totalmente morti a noi stessi e avessimo una perfetta semplicità interiore, potremmo perfino avere conoscenza delle cose di Dio, e fare esperienza, in qualche misura, della contemplazione celeste. Il vero e più grande ostacolo consiste in ciò, che non siamo liberi dalle passioni e dalle brame, e che non ci sforziamo di entrare nella via della perfezione, che fu la via dei santi: anzi, appena incontriamo una difficoltà, anche di poco conto, ci lasciamo troppo presto abbattere e ci volgiamo a consolazioni terrene.
2. Se facessimo di tutto, da uomini forti, per non abbandonare la battaglia, tosto vedremmo venire a noi dal cielo l'aiuto del Signore. Il quale prontamente sostiene coloro che combattono fiduciosi nella sua grazia; anzi, ci procura occasioni di lotta proprio perché ne usciamo vittoriosi. Che se facciamo consistere il progresso spirituale soltanto in certe pratiche esteriori, tosto la nostra religione sarà morta. Via, mettiamo la scure alla radice, cosicché, liberati dalle passioni, raggiungiamo la pace dello spirito. Se ci strappassimo via un solo vizio all'anno diventeremmo presto perfetti. Invece spesso ci accorgiamo del contrario; troviamo cioè che quando abbiamo indirizzata la nostra vita a Dio eravamo più buoni e più puri di ora, dopo molti anni di vita religiosa. Il fervore e l'avanzamento spirituale dovrebbe crescere di giorno in giorno; invece già sembra gran cosa se uno riesce a tener viva una particella del fervore iniziale.
3. Se facessimo un poco di violenza a noi stessi sul principio, potremmo poi fare ogni cosa facilmente e gioiosamente. Certo è difficile lasciare ciò a cui si è abituati; ancor più difficile è camminare in senso contrario al proprio desiderio. Ma se non riesci a vincere nelle cose piccole e da poco, come supererai quelle più gravi? Resisti fin dall'inizio alla tua inclinazione; distaccati dall'abitudine, affinché questa non ti porti, a poco a poco, in una situazione più ardua. Se tu comprendessi quanta pace daresti a te stesso e quanta gioia procureresti agli altri, e vivendo una vita dedita al bene, sono certo che saresti più sollecito nel tendere al tuo profitto spirituale.
DISCORSO 90/A DISCORSO DI SANT'AGOSTINO VESCOVO SULL'AMORE DI DIO E DEL PROSSIMO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaChiediamo al fine di trovare.
1. Nella lettura del Vangelo che or ora è stata proclamata anche noi abbiamo potuto vedere il Signore, non con gli occhi del corpo ma con quelli della fede, cosa molto più vantaggiosa per la nostra salvezza. Prendiamo dunque l'atteggiamento spirituale di colui che andò a chiedergli quale fosse il più grande comandamento della legge 1. In effetti colui che pose al Signore questa domanda, non avendo per vedere gli occhi della fede ma solo quelli del corpo, più che per chiedere si presentò per mettere alla prova il Maestro; noi invece, che abbiamo la fede, presentiamoci per chiedere e, chiedendo, poter trovare. Diciamo anche noi: Signore, qual è il più grande comandamento della legge? 2 Diciamolo non con la furbizia di chi vuol tentare, ma con il desiderio di chi vuol apprendere. Il Signore risponderà a noi come rispose a quel tale; e, se egli non credette, la sua domanda è stata di grande utilità per noi. Se poi egli credette, chi la ode oggi ne venga ammaestrato più efficacemente di colui che, andato per tentare, poté essere raddrizzato nei suoi sentimenti.
La legge antica semplificata da Gesú Cristo.
2. Prima di tutto consideriamo il fatto che quel tale domandò [al Signore] quale fosse il primo comandamento della legge, desideroso di sapere non se fosse l'unico ma il più grande; il Signore invece nella risposta parlò non di un comandamento ma di due. È probabile che quell'uomo, udito quale fosse il comandamento [più] grande, avrebbe posto domande sui comandamenti successivi; ma il Signore, per impedire che dopo lo si interrogasse su molti comandamenti, ne aggiunse uno solo, il secondo. Si adempiva così quel che era stato profetizzato molto tempo prima: Il Signore pronunzierà sulla terra una parola breve ma esaustiva 3. È quel che si verifica adesso: con questa lezione viene adempiuta. Molti infatti sono i precetti della legge: essa, come un bosco impenetrabile, in ogni pagina pullula di ingiunzioni. E chi potrebbe adempierle se non si è in grado nemmeno di ritenerle a memoria? Ma Cristo Signore, pieno di misericordia, come volle rinchiudere la sua grandezza in un piccolo corpo, così volle racchiudere la legge, così ampia, in un breve precetto. Nella piccolezza di quel corpo noi possediamo tutto intero il Figlio di Dio; nella brevità di questi due precetti è contenuta tutta intera la legge di Dio. La misericordia ha sottratto ogni [scusa alla] nostra pigrizia. Non pensare quindi che ti occorra una lunga fatica per imparare: pensa piuttosto a mettere in pratica ciò che hai rapidamente imparato.
È compito difficile spiegare la parola di Dio.
3. Disse [il Signore]: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il primo e più importante comandamento. E continuò: Il secondo è simile a questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. In questi due comandamenti si compendia tutta la legge e i profeti 4. Perché volevi distenderti lungo l'apertura dei rami? Tieni strette queste radici e tutto l'albero è nelle tue mani. Come si può vedere, il Signore ci ha inculcato la sua dottrina con una breve frase; noi al contrario su questi due comandamenti siamo costretti a spendere molte parole. O forse non è vero che vi siamo costretti, mentre sarebbe sufficiente quel che abbiamo udito dal Signore? Non v'è dubbio che sarebbe sufficiente, non però a tutti. Difatti, quanto più uno è dotato d'ingegno, tanto più breve potrà essere l'esposizione che gli occorre. Gli uomini grandi amano le poche parole; i piccoli invece, essendo meno dotati d'intelligenza, desiderano discorsi più prolungati. Ora noi da un lato temiamo di urtare la suscettibilità degli uni, ma non vogliamo, dall'altro, gravare con pesi esagerati la debolezza degli altri. Dato dunque che, se restassimo in silenzio, si lamenterebbero quelli che comprendono di meno, vogliano quelli che già comprendono essere pazienti con noi, affinché comprendano anche coloro che fino ad ora non avevano compreso.
Il precetto dell’amore nel Vangelo e in Paolo.
4. O uomo, quale cosa più eccellente ti si poteva dire - e in forma così breve - del precetto di amare il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente 5? Mettilo in pratica, e sta' sicuro della vita eterna e beata. Se infatti ami il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente, non rimane in te nulla con cui tu possa amare te stesso. Ama dunque, ama il tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente! Cosa ti rimarrà con cui possa amare te stesso? Ma se in te non rimane nulla con cui tu possa amare te stesso, in che maniera potrai amare il prossimo come te stesso 6, come prescritto nel secondo precetto? Ecco un primo problema. Ascoltatene un altro. Come abbiamo avvertito durante la proclamazione della lettura, il Signore dice: In questi due comandamenti si compendia tutta la legge e i profeti 7. D'altra parte voi avete certamente notato quel che dice l'apostolo Paolo mentre vi si leggeva una delle sue lettere. Egli afferma che adempie la legge colui che ama il prossimo 8, e non aggiunge alcunché sul primo e principale comandamento, che è quello di amare Dio con tutto il cuore, l'anima e la mente 9. Ecco le sue parole: In effetti il non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare malamente e tutti gli altri comandamenti si compendiano in questa prescrizione: Ama il prossimo tuo come te stesso. L'amore del prossimo esclude ogni male: pertanto pieno adempimento della legge è la carità 10. Egli aveva detto: Chi ama il prossimo adempie [tutta] la legge 11. Se avesse menzionato i tre soli comandamenti: Non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare, potremmo supporre che nell'amore del prossimo rientrino soltanto questi tre precetti; ma siccome aggiunge: E se c'è ancora qualche altro comandamento 12, ne segue che tutta la legge è inclusa nell'amore del prossimo. Cosa ci rimane per l'amore di Dio? Ascoltando le parole: " [Ama] Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con la tua mente " 13, sembra che non ci resti spazio per l'amore del prossimo; ascoltando viceversa: " Ecco, questo e questo e questo e se c'è ancora qualche altro comandamento, tutto si compendia in questo precetto: Amerai il prossimo tuo come te stesso 14 ", sembra che non rimanga alcuno spazio per l'amore di Dio. Come fa pertanto il Signore ad asserire che non in uno ma in questi due comandamenti si compendia tutta la legge e i profeti 15?
Iniziare dal prossimo per arrivare a Dio.
5. Per quanto ci sarà possibile, con l'aiuto del Signore vogliamo esporre brevemente il problema ora formulato, cominciando dall'amore del prossimo. Noi infatti siamo uomini, e quindi mortali, soggetti all'ignoranza, non ancora divenuti simili agli angeli 16, anzi molto lontano da tutto ciò che è incorruttibile. Per questa dissimilitudine Dio è distante da noi, sebbene ci sia vicino con la sua misericordia. Essendo dunque quelli che siamo, con quali risorse del nostro pensiero oseremo formarci delle immagini nei riguardi del Signore? Il prossimo, invece l'abbiamo vicino: tendi dunque verso chi ti è vicino se vuoi amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la mente. O uomo, se non ami il tuo fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? 17 Voi conoscete bene queste parole prese dalla lettera di Giovanni. Sono una prescrizione data a noi: dobbiamo cominciare dal prossimo per arrivare a Dio.
L’amore naturale e l’amore cristiano.
6. A questo punto mi dirà qualcuno: " Io amo Dio e il prossimo, e li amo non a parole ma con i fatti ". Dimostramelo! Risponde: " Sì, io amo il prossimo ". E con questo, cosa fai di straordinario? Non vedi come l'amore reciproco regni anche fra gli animali irragionevoli? Come gli uccelli cerchino di stare insieme agli uccelli della stessa famiglia e sono tristi se rimangono soli? Non hai notato mai come certi altri animali, dopo aver condiviso la medesima stalla, mettendosi in cammino desiderano stare in fila uno dietro l'altro, e con molta difficoltà si riesce a separarli? Cosa fai dunque di straordinario se tu, uomo, desideri la compagnia di altri uomini? Lo fanno anche le bestie! Né saprei dirti se questo sia un amore che Dio richiede da noi. Ma tu forse continui: " Io amo il prossimo mio - amo, ad esempio, mio figlio - e lo amo come me stesso ". È cosa normale anche questa. Perfino le tigri amano i propri figli! Infatti non si propagherebbe la loro specie se mancasse l'amore scambievole. Suvvia! Trascendi tutti questi esseri che sono stati messi in tuo potere: nessuno di loro è fatto ad immagine di Dio. È l'uomo che Dio ha fatto a propria immagine, perché esercitasse il potere sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su tutti i rettili che strisciano sulla terra 18. Osserva quali siano le creature a te sottoposte; tu invece sei stato formato con fattezze molto diverse: somigli al Creatore nell'amore per la sua immagine. E poi, come fai a dimostrare che ami tuo figlio? Ripeto: proprio tuo figlio, come fai a dimostrare che lo ami? Perché gli conservi l'eredità, che però egli non potrà possedere insieme con te? Non la possiede infatti insieme con te, ma succederà a te quando tu sarai deceduto. Non ricordi come in quella stessa eredità prima di te sia passato tuo padre e - se questa eredità risale a tempi più antichi - lo stesso tuo nonno? Tutti di passaggio, nessuno in maniera permanente. Tu dunque lasci cose mortali a un uomo mortale o, più esattamente, non sai neppure per chi le accumuli 19. E tuttavia osi proclamare che ami tuo figlio!
Il vero amore verso se stesso.
7. È scritto: Annunzieranno [le opere del Signore] ai propri figli perché ripongano in Dio la loro speranza 20. Se ami in questo modo, il tuo è amore; se ami in modo diverso, allora neppure ami, perché non ami neppure te stesso. Qual è in effetti il senso di ciò che hai udito: Amerai il prossimo tuo come te stesso 21? Ecco la norma che impongo; anzi, non la impongo ma la riconosco. È infatti una norma imposta a tutti noi; e io la medito e la ricordo. Orbene, la norma è questa: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Io non ti dico di amare come te stesso tuo figlio o tua moglie o il vicino che ti è amico o il vicino che ti è familiare, perché forse mi risponderesti: " Li amo ". Voglio prima chiederti se ami te stesso. Sta qui infatti tutta la forza del comandamento, qui verte tutta la questione: non puoi infatti amare il prossimo come te stesso, se non ami nemmeno te stesso. Ribatti: " C'è forse qualcuno che non ama se stesso? ". Eppure, io vorrei trovare uno che ami veramente se stesso. Io non guardo infatti a come può errare la creatura, ma a ciò che insegna il Creatore. Chi ci ha creati ci conosce meglio di ogni altro. Ascoltiamolo quindi. Tu mi dicevi che ami te stesso. Se ti avessi chiesto di dimostrarmelo, mi avresti risposto: " Siccome amo me stesso, quando ho fame nutro il mio corpo; siccome amo me stesso, non voglio stancarmi con il lavoro; siccome amo me stesso, non voglio provare le strettezze della miseria; siccome amo me stesso, cerco di non buscarmi la febbre; siccome amo me stesso, scanso ogni dolore ". Vuoi ora ascoltare cosa ti dice Colui che ti ha creato? Osserva soltanto se ti ami in maniera completamente buona: se cioè non ami l'iniquità. Poiché chi ama l'iniquità odia la propria anima 22. Non ti interrogo io; intèrrogati da te stesso. Se vuoi affermarti a danno degli altri, se desideri che altri stia male perché tu ne abbia un bene, se così agisci, se così pensi, tu ami l'iniquità e pertanto odi la tua anima. Ma se odi la tua anima, non posso certo affidarti il tuo prossimo perché lo ami come te stesso! Posso forse affidarti un altro uomo, per dover poi ricercarne due!? Tu che hai portato te stesso alla rovina, come potrai dare a me la salvezza? Comincia dunque con l'amare te stesso: così saprai amare il prossimo come te stesso.
Amare il vero bene.
8. Aspetti forse da me che ti dica come tu debba amare te stesso? Ascoltiamo piuttosto Colui che ha creato sia te che me. Ecco dunque come devi amare te stesso. Cerca di capire il grande comandamento di amare te stesso. Infatti, a ciò che ami tu cerchi di trascinare anche colui che ami. E se ami l'iniquità, vi ci condurrai anche colui che tu ami come te stesso. Abbiamo tutti davanti agli occhi le moltissime predilezioni dell'uomo, sia in bene che in male. Tu, per esempio, sei appassionato per un auriga; naturalmente ti dài da fare perché quelli che ami partecipino con te agli spettacoli, con te facciano tifo, con te urlino, con te perdano la testa; se non si appassionano, li insulti, li chiami idioti, proprio come sei tu. Ancora. Anche se non te la senti di dividere a metà i tuoi beni 23 con colui che ami come te stesso, desideri comunque che egli ne abbia altrettanti; non vuoi infatti che egli si arricchisca a tuo danno, non vuoi il suo bene con la perdita dei tuoi beni. Perché? Perché tu consideri l'oro un bene e perciò ti consideri grande per il fatto che possiedi oro; e tu vuoi che l'altro cresca senza che tu cali 24. Ma perché ami cose che non puoi distribuire senza tuo danno? In tutti questi casi tu ami malamente: hai in odio la tua anima 25. Se vuoi tranquillamente attrarre il prossimo che ami come te stesso, attrailo a quel bene che non soffre diminuzioni per la moltitudine dei partecipanti: quel bene che - qualunque sia il numero dei possessori - rimane integro per tutti e per ciascuno. Se non ami un simile bene, come potrai amare il prossimo come te stesso?
Amando Dio, tuo vero bene, non perirai.
9. Ma qual è questo bene? Lo trovi nel primo e più grande precetto: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente 26. Quando infatti comincerai ad amare Dio, allora comincerai ad amare te stesso. Non temere: per quanto grande sia il tuo amore per Iddio, non lo amerai mai troppo. La misura di amare Dio è di amarlo senza misura. Amalo con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente, perché più di così non puoi. Cosa infatti hai di più, per amare il tuo Dio, che tutto te stesso? Non temere che, non lasciando a te stesso nulla con cui amarti, tu abbia a perderci. Non ci perdi, perché, amando Dio con tutto te stesso, ti vieni a trovare là dove non ci si perde. Piuttosto se volgerai il tuo amore da lui verso di te, non sarai più in lui ma in te; e così perirai, venendo a trovarti in chi è destinato a perire. Se non vuoi perire, rimani in colui che non può perire. Questo raggiunge la forza della carità, questo ottiene il fuoco dell'amore. Lo osserviamo nelle predilezioni luride e sconce di certa gente. I tifosi di un auriga sono totalmente presi dallo spettacolo, vivono solo della persona che stanno guardando. Chi è così appassionato non pensa più a se stesso, non sa più neppure dove si trovi. Tanto che, se gli sta vicino uno un po' meno tifoso, al vederlo così accalorato dice subito: " Costui non è in sé! ". Anche tu, che sei con Dio, per quanto ti è possibile, non voler essere con te. Se sei con te e ti affidi a te, ti perderai, perché tu non sei in grado di salvare te stesso.
Rientra in te e torna al Padre.
10. Ricordate come abbandonò la casa e finì col rovinarsi quel tale che, rivolto al padre premuroso di salvarlo, gli disse: Dammi la parte dei beni che mi spetta 27. Eccolo là: se ne andò, consumò ogni cosa, si ridusse a pascere i porci, costretto dalla miseria 28. Si allontanò dal padre, perché voleva stare con sé; ma mentre vuole stare con sé, non rimane nemmeno con sé. In effetti, se abbandoni il tuo Dio, immediatamente ti allontani anche da te, esci fuori di te e diventi estraneo anche a te stesso. Pertanto a persone come questa è detto: Tornate al vostro cuore, o prevaricatori 29. Tornate a voi, per poter tornare anche da Colui che vi ha creati. Al riguardo cosa si dice di quel figlio che, abbandonato il padre, si trovò lontano anche da se stesso e nella più nera miseria? Tornato in se stesso disse 30... Tornato in se stesso! Vedi come s'era allontanato anche da se stesso. Buon per te, figlio, che ti sei ravveduto e sei tornato a te! Ma non rimanere in te, se non vuoi perderti di nuovo. In realtà anche di questo si ricordò quel prodigo, tornato, almeno parzialmente, sulla buona strada. Tornato infatti in sé, non volle fermarsi in sé, ma, tornato in se stesso, disse: Mi leverò e andrò da mio padre 31. Debitamente ravveduto, comprese che la sua dimora era là donde era fuggito; si ricordò che era [figlio], anche se ora non meritava più d'essere considerato tale.
Attrai il prossimo a Dio.
11. Tu dunque amerai il sommo Bene e ad esso volgerai l'affetto del tuo cuore. In tal caso posso affidarti il prossimo. Vedo infatti dove tendi e dove vuoi risiedere. Conducilo da lui! E in effetti non potrai condurre da altri colui che ami come te stesso, ora che veramente ami te stesso. Conduci là il tuo prossimo, attrailo, rapiscilo insistendo in ogni maniera accettabile 32. Se si fosse all'alba di un giorno di gare circensi, tu, appassionato d'un concorrente nei giochi venatori, non riusciresti a prender sonno e non ti faresti sfuggire l'ora di correre all'anfiteatro. Giunta l'ora, andresti a svegliare con fastidiosa insistenza il tuo amico, per ipotesi ancora immerso nel sonno e desideroso più di dormire che d'andare ai giochi. Con la tua insistenza faresti pressione su quel pigro: se ti fosse possibile, lo vorresti buttar giù dal letto e piazzarlo nell'anfiteatro. Né, con tutto questo, recheresti a lui fastidio se non finché si sia destato dal sonno, poiché, scomparso il sonno, egli viene subito con te e ti ringrazia per la tua importunità. Ma cosa dire se, condotto quell'uomo all'anfiteatro, dove tutti e due siete andati in gran fretta, l'atleta da voi preferito venisse sconfitto e voi ve ne doveste andare a testa bassa? Ama dunque Dio con tutto il tuo essere: con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente 33. Così e soltanto così ami te stesso; e solo in questa maniera puoi amare il prossimo come te stesso. Lo attiri infatti con entusiasmo da colui del quale mai dovrai arrossire.
Ama se stesso solo colui che ama Dio.
12. Non essendo possibile che chi vuol amare il prossimo lo ami veramente se prima non ama Dio, per questo motivo fu necessario che i due precetti della carità venissero formulati insieme. Chi ama Dio non può amare l'iniquità poiché, amando l'iniquità, odierebbe la sua anima 34. Se non ama l'iniquità, amerà la giustizia, e amando la giustizia amerà Dio. Egli pertanto non cerchi Dio con gli occhi del corpo: lo cerchi con la mente e lo ami in maniera sempre crescente con l'affetto del cuore. Non costruiamoci [con la fantasia] divinità che non sono Dio, se non vogliamo amare anche chi non è Dio, se non vogliamo amare vani fantasmi. Non dobbiamo cadere in errore immaginando cose di questo genere; non dobbiamo formarci un Dio a misura delle nostre voglie naturali né costruircelo a nostro talento. Per distoglierci da queste fantasticherie ci dice la Scrittura: Dio è amore 35. Se dunque ami, ama chi ti dà il potere di amare, e allora ami Dio. Non hai udito che chi ama l'iniquità odia la sua anima 36? Ebbene, se ami, ama colui che ti dona di poter amare, e ami Dio. Il principio per cui ami è infatti la carità. Tu ami in forza della carità: ama dunque la carità e così ami Dio, perché Dio è carità, e chi dimora nella carità dimora in Dio 37. Ecco perché fu necessario che venissero inculcati distintamente i due precetti. Di per sé sarebbe stato sufficiente menzionarne uno: Amerai il prossimo tuo come te stesso 38, ma l'uomo si sarebbe potuto ingannare su questo amore del prossimo non sapendo amare rettamente se stesso. Per questo motivo il Signore, quando volle dare una forma all'amore con cui ami te stesso, la trovò nell'amore che si ha verso Dio. Stabilito questo, ti affidò il prossimo perché tu lo amassi come te stesso.
Unico oggetto del duplice comandamento.
13. A questo punto, se tu sei d'accordo, ti dovrebbe bastare anche l'unico precetto dell'Apostolo. Ora che hai compreso la portata dei due precetti te ne può bastare anche uno solo, mentre prima, quando non li comprendevi, uno non sarebbe bastato. Se infatti poni all'inizio un cattivo amore per te stesso, ami malamente anche colui che ami come te stesso. Anzi, non va detto: " Ami male " ma: " Non ami affatto ". Se dunque ti si dice che non devi commettere adulterio, né uccidere, né desiderare maliziosamente 39, ti si richiama a [rientrare in] te stesso, là cioè dove ha sede la pienezza [dell'uomo]. Infatti tu puoi evitare l'adulterio per timore della punizione, non per amore della giustizia. Così per l'omicidio. Puoi avere la volontà di uccidere ma temi di più il castigo: nel qual caso con la mano non commetti l'omicidio ma nel cuore ne sei colpevole. Ti proponi di uccidere una persona ma temi; comunque vuoi uccidere. È segno che non ami il non uccidere. Il tuo agire all'esterno deve esistere già nel tuo interno, risiedere là dove ti vede Colui che ti darà la corona. Lì devi combattere e vincere, poiché lì risiede Colui che ti osserva. Con ragione quindi è detto: Non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare malamente e tutti gli altri comandamenti si riassumono in questa parola: ama il prossimo tuo come te stesso 40. Tu certamente già ami Dio, poiché non potresti amare il prossimo senza amare Dio: il secondo precetto segue il primo. Sia dunque in te il primo, e questo porterà con sé anche il secondo, mentre il secondo non può esistere senza il primo. Se pensavi al perché dei due precetti, adempine pure uno; ma non potrai adempiere quest'uno se non osservandoli tutti e due. Tant'è vero che il secondo si chiama appunto secondo per il fatto che segue [l'altro]. È dunque un precetto conseguente. Ama il prossimo tuo come te stesso: ciò mi basta. Ma se tu a Dio non puoi giungere col pensiero, da dove comincerai per poter amare te stesso? L'amore del prossimo non commette alcun male. Pienezza della legge è dunque la carità 41. E questa carità in che cosa consiste? Nell'amore di Dio e nell'amore del prossimo. Scegli pure l'amore che preferisci! Se scegli l'amore del prossimo, esso non è vero se non ami anche Dio. Se scegli l'amore di Dio, esso non è vero se non v'includi anche il prossimo.
L’amore cristiano è dono di Dio.
14. Se ancora non hai l'amore, gemi e credi; chiedi e otterrai. Ciò che ti viene comandato, ciò che la legge impone, la fede ottiene. Se quanto devi impetrare già lo possiedi, [ricorda le parole]: Che cosa hai tu senza averlo ricevuto? 42 Se non lo possiedi, chiedilo per poterlo ottenere. Quel che noi chiediamo è la carità 43. Se ancora non l'abbiamo, chiediamola per non restarne privi. Come infatti potremmo attingerla in noi stessi se, essendo cattivi, non abbiamo nulla di buono per meritarla? La otterremo piuttosto da Colui al quale dice la nostra anima: Benedici il Signore, anima mia, e non dimenticare i tanti suoi benefici. Egli è misericordioso verso tutte le tue iniquità 44. Ciò avviene nel battesimo. Ma se avvenisse questo soltanto, come rimarremmo in seguito? Continua però [il salmo]: Egli sana tutte le tue malattie 45. Guarite le malattie, non rifiuteremo il nostro pane; e osserva cosa accadrà quando tutte le malattie saranno state guarite: Egli riscatterà la tua vita dalla corruzione 46. È quanto accadrà nella resurrezione dei morti. E dopo che la nostra vita sarà stata liberata dalla corruzione cosa accadrà? Egli ti corona. Forse per i tuoi meriti? Poni attenzione a quel che segue: Egli ti corona nella sua compassione e misericordia 47. Il giudizio infatti sarà senza misericordia per colui che non avrà usato misericordia 48. Ci saranno dunque rimessi i peccati e guarite le malattie; la nostra vita sarà sottratta alla corruzione e per la sua misericordia ci sarà consegnata la corona. Conseguito tutto questo, di che cosa ci occuperemo? Cosa avremo? Egli ti sazia di beni 49, senza alcun male. Eri avaro e l'oro non ti saziava perché, essendo avaro, non puoi trovare la sazietà nell'oro. Sii giusto, e troverai la sazietà in Dio. Non c'è infatti assolutamente nulla che possa saziarti all'infuori di Dio, nulla può bastarti all'infuori di Dio. Mostraci il Padre e questo ci basta! 50 Siamo dunque alacri nel compiere le opere di misericordia mentre veniamo curati dalle nostre malattie, affinché, guariti dalle malattie, acquistino vigore i nostri desideri. Facciamo sì che questi desideri, guariti dal male, crescano in vigore, e, diventati vigorosi, raggiungano la sazietà. Si compia allora il giudizio, ma sia un giudizio di misericordia, poiché sarebbe gravoso un giudizio non accompagnato dalla misericordia, essendo difficile che Dio non trovi in te nulla da punire. Tu forse ti compiacevi di te stesso, ma Lui sa scoprire in te colpe che tu non conosci; trova in te cose che tu volevi nascondere o che magari del tutto ignoravi. Siamo dunque zelanti nel compiere le opere di misericordia: amiamo il prossimo pur nell'attuale scarsità di beni temporali, perché ci sia dato di udire, nel giudizio, una sentenza di misericordia.
1 - Cf. Mt 22, 36.
2 - Mt 22, 36.
3 - Rm 9, 28 (Is 10, 22-23 VL).
4 - Mt 22, 37-40.
5 - Mt 22, 37.
6 - Mt 22, 39.
7 - Mt 22, 40.
8 - Cf. Rm 13, 8.
9 - Cf. Mt 22, 37-38.
10 - Rm 13, 9-10.
11 - Rm 13, 8.
12 - Rm 13, 9.
13 - Mt 22, 37.
14 - Rm 13, 9.
15 - Mt 22, 40.
16 - Cf. Lc 20, 36 (Mt 22, 30).
17 - 1 Gv 4, 20.
18 - Gn 1, 26.
19 - Cf. Sal 38, 7.
20 - Sal 77, 6-7.
21 - Mt 22, 39 (Rm 13, 9).
22 - Sal 10, 6.
23 - Cf. Lc 19, 8.
24 - Cf. Gv 3, 30.
25 - Cf. Sal 10, 6.
26 - Mt 22, 37.
27 - Lc 15, 12.
28 - Cf. Lc 15, 13-16.
29 - Is 46, 8.
30 - Lc 15, 17.
31 - Lc 15, 17-18.
32 - Cf. 2 Tm 4, 2.
33 - Mt 22, 37.
34 - Cf. Sal 10, 6.
35 - 1 Gv 4, 16 (8).
36 - Sal 10, 6.
37 - 1 Gv 4, 16.
38 - Rm 13, 9 (Mt 22, 39).
39 - Rm 13, 9.
40 - Rm 13, 9.
41 - Rm 13, 10.
42 - 1 Cor 4, 7.
43 - 1 Gv 4, 16.
44 - Sal 102, 2-3.
45 - Sal 102, 3.
46 - Sal 102, 4.
47 - Sal 102, 4.
48 - Gc 2, 13.
49 - Sal 102, 5.
50 - Gv 14, 8.
Terza decina: L'eccellenza del Santo Rosario nella meditazione della vita e della passione di N.S. Gesù Cristo
Il segreto ammirabile del Santo Rosario - San Luigi Maria Grignion de Montfort
Leggilo nella BibliotecaI quindici misteri del Rosario
[60] Cosa sacra che difficilmente si può comprendere è un mistero. Le opere di Cristo Gesù sono tutte sacre e divine, perché Egli è uomo e Dio insieme; quelle della Vergine sono santissime, perché ella è la più perfetta fra tutte le pure creature. Ben a ragione le opere di Gesù e della sua santa Madre sono dette “misteri” perché sono ricolme delle innumerevoli meraviglie, perfezioni, delle sublimi e profonde istruzioni che lo Spirito Santo rivela agli umili ed ai semplici che le apprezzano.
Queste opere di Gesù e di Maria possono essere chiamate fiori stupendi, il profumo e la bellezza dei quali sono noti soltanto a coloro che si avvicinano ad essi, ne aspirano la fragranza e ne aprono la corolla con una attenta e seria meditazione.
[61] San Domenico distribuì la vita di Nostro Signore e della Vergine santa in quindici misteri che ci presentano le loro virtù e le principali azioni; sono quindici quadri, le cui scene ci devono servire di regola e di guida nel nostro modo di vivere; quindici fiaccole per far luce ai nostri passi in questo mondo; quindici specchi luminosi adatti per conoscere Gesù e Maria, per conoscere noi stessi e per accendere nel nostro cuore il fuoco del loro amore; quindici fornaci per consumarci totalmente nelle loro celesti fiamme.
Fu la Madonna ad insegnare a san Domenico questo eccellente modo di pregare quando gli ordinò di predicarlo per risvegliare la pietà dei cristiani e per far rivivere nei cuori l'amore per Gesù Cristo. L'insegnò anche al beato Alano della Rupe: “La recita di centocinquanta Ave Maria è una preghiera molto utile gli aveva detto ed è un omaggio che gradisco immensamente. E questa recita del saluto angelico mi piace ancor di più se coloro che la praticano vi uniranno la meditazione della vita, della passione e della gloria di Gesù Cristo, poiché tale meditazione è l'anima di questa preghiera”. Infatti, senza la meditazione dei sacri misteri della nostra redenzione, il Rosario sarebbe quasi come un corpo senz'anima, una materia eccellente priva di forma, poiché è proprio la meditazione che distingue il Rosario dalle altre devozioni.
[62] La prima parte del Rosario contiene cinque misteri: il primo è l'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele alla Vergine, il secondo è la Visitazione di Maria a santa Elisabetta, il terzo è la Nascita di Gesù Cristo, il quarto è la Presentazione del bambino Gesù al tempio e la Purificazione della santa Vergine, il quinto, il Ritrovamento di Gesù nel tempio fra i dottori. Si chiamano gaudiosi questi misteri a causa della gioia che recarono all'universo intero: la Vergine santa e gli Angeli furono inondati di gioia nel felice istante in cui il Figlio di Dio si incarnò; santa Elisabetta e san Giovanni Battista furono ripieni di gioia per la visita di Gesù e di Maria; il cielo e la terra si rallegrarono alla nascita del Salvatore; Simeone fu consolato e ripieno di letizia quando ricevette Gesù fra le braccia; i dottori erano rapiti di ammirazione nell'ascoltare le risposte di Gesù. E chi saprà esprimere la gioia di Maria e di Giuseppe nel ritrovare Gesù dopo tre giorni di assenza?
[63] La seconda parte del Rosario si compone anch'essa di cinque misteri, detti Misteri dolorosi perché ci presentano Gesù oppresso dalla tristezza, coperto di piaghe, carico di obbrobri, di dolori e di tormenti. Il primo di tali misteri è la preghiera di Gesù e la sua Agonia nel giardino degli Ulivi; il secondo, la sua Flagellazione; il terzo, la sua Incoronazione dì spine; lì quarto, la salita di Gesù al Calvario, carico della croce; il quinto, la sua crocifissione e morte sul Calvario.
[64] La terza parte del Rosario contiene cinque altri misteri detti gloriosi perché in essi contempliamo Gesù e Maria nel trionfo e nella gloria. Il primo è la Risurrezione di Cristo Gesù il secondo, la sua Ascensione al cielo; il terzo, la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli; il quarto, l'Assunzione della gloriosa Vergine Maria; il quinto, la sua Incoronazione.
Sono questi i quindici fiori profumati del Roseto mistico sui quali le anime pie amano soffermarsi come api sagge per coglierne il succo mirabile e come porre il miele di una solida devozione.
ROSA VENTIDUESIMA
La meditazione dei misteri ci rende conformi a Gesù
[65] Precipua cura dell'anima cristiana è di tendere alla perfeziono: Fatevi, dunque, imitatori di Dio quali figli carissimi (Ef 5,1), ci dice il grande Apostolo.
E' un obbligo, questo, contenuto nell'eterno decreto della nostra predestinazione, essendo l'unico mezzo ordinato per giungere alla gloria eterna.
San Gregorio Nisseno dice graziosamente che noi siamo dei pittori: l'anima nostra è la tela preparata su cui passano i pennelli; le virtù sono i colori che servono per dar risalto alla bellezza dell'originale da riprodurre: Gesù Cristo, immagine viva e rappresentazione perfetta dell'eterno Padre. Come, dunque, un pittore per eseguire il ritratto dal vero si pone davanti all'originale e ad ogni pennellata lo osserva, così il cristiano deve sempre tenere presente la vita e le virtù di Gesù Cristo per dire, pensare e fare soltanto ciò che è conforme ad esse.
[66] Per aiutarci nell'importante opera della nostra predestinazione, la Vergine santa ordinò a san Domenico di esporre ai devoti del Rosario i sacri misteri della vita di Gesù Cristo non soltanto perché adorino e glorifichino Nostro Signore, ma soprattutto perché regolino la loro vita sulle opere e virtù di Lui. Come i bambini, infatti, imitano i loro genitori osservandoli e conversando con loro e ne imparano il modo di esprimersi ascoltandoli parlare; come un apprendista impara l'arte guardando lavorare il maestro, così i fedeli confratelli del Rosario, meditando devotamente le virtù di Gesù Cristo nei quindici misteri della sua vita, diventano somiglianti al divino Maestro con l'aiuto della sua grazia e per l'intercessione della Vergine santa.
[67] Se Mosè ordinò al popolo ebreo da parte di Dio stesso di non dimenticare mai i benefici di cui l'aveva colmato, con maggior ragione il Figlio di Dio può comandarci di imprimere nel nostro cuore e di avere costantemente davanti agli occhi i misteri della sua vita, passione e gloria, poiché questi sono altrettanti benefici dei quali ci favorì e con i quali ci mostrò l'eccesso del suo amore per la nostra salvezza.
“Voi tutti che passate per la via ci dice - considerate e osservate se ci sono dolori simili ai dolori ch'io ho sofferto per amor vostro. Ricordatevi della mia povertà e del mio annientamento, pensate all'assenzio e al fiele che presi per voi nella mia passione” (Cfr. Lam 1,12; 3,19). Queste parole e molte altre che si potrebbero ricordare, convincono abbastanza dell'obbligo che abbiamo di non contentarci di recitare vocalmente il Rosario in onore di Cristo Gesù e della Vergine santa, ma di recitarlo meditandone i sacri misteri.
ROSA VENTITREESIMA
Il Rosario, memoriale della vita e della morte di Gesù
[68] Gesù, il divino sposo dell'anima nostra, l'amico dolcissimo, desidera che ricordiamo i suoi benefici e li stimiamo sopra ogni cosa. Egli prova una gioia sovrabbondante, come la Vergine e tutti i Santi del Paradiso, quando noi meditiamo devotamente e con affetto i misteri del Rosario che sono gli effetti più evidenti del suo amore per noi e i doni più ricchi ch'egli potesse farei, poiché è proprio per tali doni che la Vergine stessa e tutti i Santi godono della gloria eterna.
La beata Angela da Foligno un giorno pregò Nostro Signore che le insegnasse con quale esercizio avrebbe potuto onorarlo meglio. E Gesù le apparve appeso alla croce e le disse: “Figlia mia, osserva le mie piaghe”. E così ella apprese dall'amabilissimo Salvatore che nulla gli era più gradito quanto la meditazione sulle sue sofferenze. Poi Gesù le mostrò le ferite del capo, le rivelò parecchi particolari dei tormenti patiti, e soggiunse: “Tutto questo ho sofferto per la tua salvezza; che cosa puoi fare tu che uguagli il mio amore per te?”.
[69] Il santo Sacrificio della Messa onora infinitamente la Santissima Trinità perché è rappresentazione della Passione di Gesù Cristo ed è offerta da parte nostra dei meriti della sua obbedienza, delle sofferenze e del sangue suo. L'intera Corte celeste ne riceve, anch'essa, sovrabbondanza di gloria; parecchi autori, con san Tommaso, ci parlano, per lo stesso motivo, della gioia degli Angeli nel vedere i fedeli accostarsi alla comunione sia perché il SS. Sacramento è il memoriale della Passione e della Morte di Cristo Gesù, sia perché con tale mezzo gli uomini partecipano ai frutti della redenzione e assicurano la propria salvezza.
Ora, il santo Rosario, recitato con la meditazione dei misteri, è un sacrificio di lode a Dio per il beneficio della nostra Redenzione; è un devoto ricordo della sofferenza, della morte e della gloria di Gesù Cristo. E' vero, perciò, che il Rosario dà gloria e gioia di sovrabbondanza a Gesù Cristo, alla Vergine santa e a tutti i beati poiché essi nulla desiderano di più importante, per la nostra felicità eterna, che vederci impegnati in un esercizio tanto glorioso per il nostro Salvatore e tanto salutare per noi.
[70] Il Vangelo ci assicura che un peccatore che si converte e fa penitenza procura gioia a tutti gli Angeli. Se per rallegrare gli Angeli basta che un peccatore lasci le vie del peccato e ne faccia penitenza, quale gioia, quale giubilo sarà per l'intera Corte celeste, quale gloria per Gesù stesso vederci qui in terra meditare devotamente e con amore le sue umiliazioni, i suoi tormenti, la sua morte crudele e ignominiosa? Vi può essere, forse, qualcosa di più efficace per commuoverci e indurci a sincera penitenza?
Il cristiano che non medita sui misteri del Rosario dà prova di molta ingratitudine verso Cristo Gesù e rivela d'avere poca stima per quanto il divino Salvatore ha sofferto per la salvezza del mondo. Il suo contegno sembra dire ch'egli ignora la vita di Gesù, che si preoccupa ben poco di sapere ciò che Gesù fece e sofferse per redimerci. Un tale cristiano deve temere assai che, non avendo conosciuto Gesù Cristo o avendolo dimenticato, Egli lo respinga nel giorno del giudizio con quel rimprovero: “In verità ti dico, non ti conosco” (Mt 25,12).
Meditiamo, dunque, la vita e le sofferenze del Salvatore nel santo Rosario, impariamo a conoscerlo bene, a riconoscere i suoi benefici affinché Egli ci riconosca per suoi figli e amici nel giorno del giudizio.
ROSA VENTIQUATTRESIMA
La meditazione dei misteri del Rosario, grande mezzo di perfezione
[71] I santi facevano oggetto principale di studio la vita di Gesù Cristo e ne meditavano le virtù e patimenti: è così che giunsero alla perfezione cristiana.
San Bernardo incominciò da tale esercizio e vi perseverò sempre e fedelmente: “Dall'inizio della mia conversione egli dice io feci un mazzetto di mirra, composto dei dolori del mio Salvatore e me lo posi sul cuore pensando ai flagelli, alle spine e ai chiodi della passione e impegnandomi con tutto l'animo a meditare ogni giorno su questi misteri”.
Questo era anche l'esercizio dei Martiri: noi ammiriamo il modo con cui seppero trionfare dei più crudeli tormenti. Ma “donde poteva venire osserva san Bernardo la mirabile costanza dei martiri se non dalle piaghe di Gesù Cristo, sulle quali essi frequentemente meditavano? Dov'era l'anima di questi generosi atleti, quando il loro sangue colava e i loro corpi erano straziati dai supplizi, se non nelle piaghe di Gesù Cristo? E quelle piaghe li rese invincibili”.
[72] Anche la santissima Madre del Salvatore meditò durante tutta la sua vita, sulle virtù e le sofferenze del Figlio. Quando, alla nascita di Lui, udì gli Angeli cantare l'inno di gioia, quando vide i pastori adorarlo nella stalla, la sua anima, rapita di ammirazione, meditava su tutte quelle meraviglie: ella paragonava le grandezze del Verbo incarnato al suo profondo abbassamento; la paglia e la mangiatoia col trono e il seno del Padre; la potenza di Dio con la debolezza di un bambino, la sapienza di lui con la semplicità.
La Vergine disse un giorno a santa Brigida: “Quando contemplavo la bellezza, la modestia e la sapienza di mio Figlio, l'anima mia era fuori di sé per la gioia, e quando consideravo che le sue mani e i suoi piedi sarebbero stati trafitti dai chiodi, versavo copiose lacrime e il cuore mi si spezzava per la tristezza e il dolore”.
[73] Dopo l'Ascensione di Gesù, la Madonna trascorse il resto della vita nel visitare i luoghi santificati dal Salvatore con la sua presenza e i suoi tormenti. E ivi meditava sull'eccesso della sua carità e sui rigori della passione. Lo stesso esercizio fece santa Maria Maddalena nei trent'anni che visse solitaria nella grotta della “Sainte Baume”. San Girolamo dice che questa era anche la devozione dei primi fedeli: “da tutti i paesi del mondo egli scrive venivano in Terra santa per imprimersi più profondamente nel cuore l'amore e il ricordo del Salvatore degli uomini, alla vista degli oggetti e dei luoghi consacrati dalla nascita, dalle fatiche, dalle sofferenze e dalla morte di Lui”.
[74] Tutti i cristiani hanno una sola fede, adorano un solo Dio, sperano la stessa felicità nel cielo; tutti conoscono un solo Mediatore, Gesù Cristo; tutti, dunque, devono imitare questo divino modello e perciò considerare i misteri della sua vita, delle virtù e della sua gloria.
E' un errore credere che la meditazione delle verità della fede e dei misteri della vita di Gesù sia solo per i sacerdoti, i religiosi e per coloro che si sono ritirati dai fastidi del mondo. Se i religiosi e gli ecclesiastici hanno l'obbligo di meditare sulle grandi verità della nostra santa religione perché rispondano degnamente alla loro vocazione, i secolari vi sono altrettanto obbligati a causa dei pericoli di perdersi nei quali si trovano ogni giorno. Devono, perciò, armarsi del ricordo assiduo della vita, delle virtù e delle sofferenze del Salvatore che i quindici misteri dei Rosario presentano.
ROSA VENTICINQUESIMA
Tesori di santificazione racchiusi nelle preghiere e nelle meditazioni del Rosario
[75] Nessuno mai potrà comprendere i tesori mirabili di santificazione contenuti nelle preghiere e nei misteri del Rosario. La meditazione dei misteri della vita e della morte di Nostro Signore Gesù Cristo è sorgente dei più meravigliosi frutti per chi vi si applica. Oggi si vogliono cose che colpiscano, che commuovano, che producano nell'animo impressioni profonde. Ma esiste mai al mondo una storia più commovente di quella stupenda del Redentore che si dispiega al nostro sguardo in quindici quadri che ricordano le grandi scene della vita, morte, gloria del Salvatore del mondo? Quali preghiere sono più eccellenti e più sublimi dell'orazione domenicale e dell'Ave dell'Angelo? In esse sono racchiusi tutti i nostri desideri, tutti i nostri bisogni.
[76] La meditazione dei misteri e delle preghiere del Rosario è la più facile fra tutte le orazioni poiché la varietà delle virtù e degli stati di Gesù su cui a mano a mano si riflette, ricrea e fortifica in modo ineffabile lo spirito e impedisce le distrazioni. I sapienti trovano in queste formule la dottrina più elevata, i semplici le istruzioni più familiari.
Prima di elevarsi al grado più sublime della contemplazione bisogna passare per questa facile meditazione. Tale è il pensiero di san Tommaso d'Aquino (S. Th, IIa IIae p. 182, art. 3); è il consiglio ch'egli suggerisce quando dice che bisogna prima allenarsi come in un campo di battaglia con l'acquisto di tutte le virtù di cui abbiamo il modello perfetto nei misteri del santo Rosario. E', infatti, proprio in quella meditazione dice il dotto Cajetano che otterremo l'intima unione con Dio, senza la quale la contemplazione è soltanto un'illusione capace di sedurre le anime.
[77] Se i falsi illuminati dei nostri giorni, i quietisti, avessero seguito questo consiglio, non avrebbero subìto tante vergognose cadute né causato tanti scandali. E' singolare illusione del demonio credere che esistano preghiere più sublimi del Pater e dell'Ave, e abbandonare queste preghiere divine che sono sostegno, forza e custodia dell'anima.
Convengo che non sempre è necessario recitarle vocalmente e che la preghiera interiore è, in certo senso, più perfetta della vocale: ma vi assicuro che è molto pericoloso, per non dire dannoso, abbandonare di propria iniziativa la recita del Rosario col pretesto di una più perfetta unione con Dio. L'anima sottilmente orgogliosa, ingannata dal demonio meridiano, si sforza quanto le è possibile per elevarsi interiormente al grado sublime dell'orazione dei Santi, disprezza e trascura, perciò, i tradizionali metodi di preghiera che giudica buoni solo per le anime ordinarie; chiude da sé medesima l'orecchio al saluto di un Angelo e perfino alla preghiera composta da Dio e da Lui praticata e comandata: Voi pregherete così: Padre nostro (Mt 6,9. 53 Il Montfort pone in nota il testo seguente di S. CATERINA DA SIENA, Rivelazioni: “ Chiunque, giusto o peccatore, ricorre a Lei con devoto rispetto non sarà mai né deluso né divorato dal demonio dell'inferno”). E in tal modo cade da illusione in illusione, da precipizio in precipizio.
[78] Credimi, caro confratello del Rosario, vuoi tu arrivare ad un alto grado di orazione, senza affettazioni e senza i pericoli di cadere nelle illusioni del demonio, tanto comuni nelle persone pie, recita tutti i giorni, se puoi, il Rosario intero o almeno una parte. Può darsi che, per grazia di Dio, ci sei già arrivato: allora, se vuoi restarci e progredire nell'umiltà, conserva la pratica del santo Rosario; una anima fedele alla recita quotidiana del Rosario, infatti, non sarà mai formalmente eretica né potrà essere ingannata dal demonio: è, questa, un'affermazione che sottoscriverei con il mio sangue.
Se, poi, Dio, per sua misericordia, ti attira a sé mentre dici il Rosario, tanto potentemente come fece con alcuni Santi, lasciati pure attirare, abbandonati a Lui, lascia che Egli operi e preghi in te, e a modo suo reciti in te il Rosario; e questo ti sarà sufficiente e per la giornata. Se invece sei solamente nella contemplazione attiva o orazione ordinaria di quiete, di presenza di Dio e di affetto, allora hai ancor meno motivo di tralasciare il Rosario poiché, ben lontano dal farti retrocedere nell'orazione e nella virtù, esso ti sarà di meraviglioso aiuto, vera scala di Giacobbe dai quindici gradini per i quali salirai di virtù in virtù, di chiarezza in chiarezza e giungerai facilmente, senza illusioni, fino alla pienezza dell'età di Gesù Cristo.
[79] Guardati bene dall'imitare l'ostinazione di quella pia persona di Roma di cui si parla in Le Meraviglie del Rosario. Era costei tanto devota e tanto fervorosa da confondere con la sua santa vita i religiosi più austeri della Chiesa di Dio. Un giorno, volle consultare san Domenico ed essendosi, perciò, confessata da lui, questi le impose come penitenza la recita di un solo Rosario e la consigliò anche di recitarlo ogni giorno. Immediatamente lei prese a scusarsi: aveva i suoi esercizi, tutti ben regolati, acquistava ogni giorno l'indulgenza delle Stazioni di Roma, portava sempre il cilicio, si dava la disciplina più volte nella settimana, faceva tanti digiuni ed altre penitenze. San Domenico la esortò con insistenza a seguire il suo consiglio, ma lei non ne volle sapere; uscì dal confessionale quasi scandalizzata dal modo di procedere di quel nuovo direttore che la voleva persuadere ad accettare una devozione contraria al suo gusto.
Qualche tempo dopo, stando in preghiera e rapita in estasi, ella vede la sua anima obbligata a comparire davanti al Supremo Giudice. San Michele mette su un piatto della bilancia tutte le sue penitenze e preghiere e sull'altro i suoi peccati e le sue imperfezioni, poi alza la bilancia ed ecco: il piatto delle buone opere sale, sale, e non può fare da contrappeso al piatto dei peccati e delle imperfezioni. Angosciata, ella implora misericordia e si rivolge alla Vergine Santa, sua Avvocata, la quale lascia cadere sul piatto delle buone opere l'unico Rosario che aveva recitato per penitenza. Questo è tanto pesante da stabilire l'equilibrio tra i peccati e le buone opere. In pari tempo la Vergine la rimprovera per essersi rifiutata di seguire il consiglio del suo servo Domenico di recitare ogni giorno il santo Rosario. Ritornata in sé la pia donna andò a gettarsi ai piedi di san Domenico e, raccontato quanto le era accaduto, gli chiese perdono per l'incredulità e promise di recitare il Rosario tutti i giorni. Giunse, così, alla perfezione cristiana ed alla gloria eterna.
O anime d'orazione, imparate da questo fatto quanto sia efficace, preziosa e importante la pratica del santo Rosario con la meditazione dei misteri.
[80] Chi fu più elevata nell'orazione di santa Maddalena che sette volte al giorno era trasportata dagli Angeli al di sopra del Saint Pillon e che era stata alla scuola di Gesù e della santa sua Madre? Eppure un giorno ella chiese a Dio un mezzo efficace per avanzare nell'amore per Lui e giungere alla più alta perfezione. L'arcangelo san Michele le disse da parte di Dio di non conoscerne altro che quello di considerare i misteri dolorosi ch'ella aveva già visto svolgersi sotto i propri occhi, ai piedi della croce ch'egli Aveva piantato davanti alla grotta dove lei era rifugiata.
L'esempio di san Francesco di Sales, il grande direttore di anime spirituali del suo tempo, possa risolvervi a far parte della confraternita così santa del Rosario! Santo come era, egli si obbligò con voto a recitarlo per intero ogni giorno della sua vita. Anche san Carlo Borromeo lo recitava tutti i giorni e lo raccomandava con insistenza ai suoi sacerdoti, ai chierici del seminario e a tutto il popolo.
Il beato Pio V, uno dei più grandi Pontefici che governarono la Chiesa, recitava ogni giorno il Rosario. San Tommaso da Villanova, arcivescovo di Valenza, sant'Ignazio, san Francesco Saverio, san Francesco Borgia, santa Teresa, san Filippo Neri e molti altri illustri personaggi che non nomino, si distinsero in questa devozione. Seguitene l'esempio: i vostri direttori spirituali saranno soddisfatti e se li informerete dei frutti che ne avrete ricavato, saranno essi stessi i primi a consigliarvelo.
ROSA VENTISETTESIMA
[81] Per invogliarti ancor più ad abbracciare questa devozione delle anime grandi, aggiungo che il Rosario recitato con la meditazione dei misteri:
1) ci eleva insensibilmente alla perfetta conoscenza di Gesù Cristo;
2) purifica le anime nostre dal peccato;
3) ci rende vittoriosi su tutti i nostri nemici;
4) ci facilita la pratica delle virtù;
5) ci infiamma d'amore per Gesù;
6) ci arricchisce di grazie e di meriti;
7) ci fornisce i mezzi per pagare a Dio e agli uomini tutti i nostri debiti e infine ci ottiene ogni sorta di grazie.
[82] La conoscenza di Gesù Cristo è la scienza dei cristiani, la scienza della salvezza; supera in eccellenza e in pregio dice san Paolo tutte le scienze umane: 1) per la dignità dell'oggetto, un Dio uomo, al cospetto del Quale l'universo intero non è che una stilla di rugiada o un granello di sabbia; 2) per l'utilità poiché le scienze umane ci riempiono solo di vanità e del fumo d'orgoglio; 3) per la sua necessità poiché non è possibile salvarsi senza la conoscenza di Gesù Cristo, mentre chi ignora tutte le altre scienze ma è istruito nella scienza di Cristo Gesù, sarà salvo.
Benedetto Rosario, che ci dai questa scienza e conoscenza di Gesù facendocene meditare la vita, la morte, la passione e la gloria! La regina di Saba, ammirata per la saggezza di Salomone, esclamò: Beati i tuoi uomini, beati questi tuoi ministri che stanno sempre davanti a te e ascoltano la tua saggezza! (1 Re 10,8. Cfr. Gv 17,3). Ma più felici sono i fedeli che meditano attentamente la vita, le virtù, le sofferenze e la gloria del Salvatore, perché acquistano con tale mezzo, la perfetta conoscenza di Lui nella quale consiste la vita eterna.
[83] La Vergine santa rivelò al beato Alano che non appena san Domenico prese a predicare il Rosario, i peccatori più induriti si commossero e piansero amaramente le loro colpe. Perfino i giovanetti fecero delle incredibili penitenze; ovunque predicava il Rosario il fervore era tanto grande che i peccatori cambiarono vita, edificando tutti con le penitenze e l'emendamento della loro vita.
Se quindi ti senti la coscienza gravata di colpe, prendi la corona e recita una parte del Rosario in onore di qualche mistero della vita, della passione o della gloria di Gesù. E sii convinto che mentre mediterai ed onorerai quei misteri Egli mostrerà al Padre celeste le sue sacre Piaghe, intercederà per te e ti otterrà la contrizione ed il perdono dei peccati.
Disse un giorno Nostro Signore al beato Alano: “Se questi poveri peccatori recitassero spesso il mio Rosario parteciperebbero ai meriti della mia passione, ed io come loro avvocato, placherei la divina giustizia”.
[84] La vita dell'uomo è una guerra ed una tentazione continua; noi dobbiamo lottare non con nemici di carne e di sangue ma contro le potenze stesse dell'inferno (Cfr. Ef 6, 12. Ef 6,1 1). Quali armi migliori impugneremo noi allora se non la preghiera insegnataci dal nostro grande Capitano e il saluto angelico che scacciò i demoni, distrusse il peccato e rinnovò il mondo? Se non la meditazione della vita, della passione di Cristo Gesù, del pensiero della quale ci dobbiamo armare come ordina san Pietro per difenderci dagli stessi nemici che Egli vinse e che ci assalgono ogni giorno?
“Da quando il demonio fu vinto dall'umiltà e dalla passione di Gesù Cristo scrive il card. Hugues non può quasi più attaccare un'anima che sia armata della meditazione di questi misteri. E se l'attacca, ne è ignominiosamente vinto”. Rivestitevi, dunque, dell'armatura di Dio.
[85] Impugnate quest'arma di Dio, il santo Rosario, e schiaccerete il capo al demonio, resisterete a tutte le tentazioni. Certamente è per questo motivo che anche la semplice corona materiale fa tanta paura al diavolo e i Santi se ne sono spesso serviti per incatenarlo e scacciarlo dal corpo degli ossessi, come attestano molti fatti.
[86] Un tale narra il beato Alano avendo tentato inutilmente ogni pratica devota per essere liberato dallo spirito maligno che lo possedeva, pensò di mettersi al collo la corona del Rosario; ne ebbe sollievo. Constatando poi, che quando se la toglieva il demonio riprendeva a tormentarlo crudelmente, decise di portarla al collo giorno e notte: in tal modo gli riuscì di scacciare per sempre il diavolo che non poteva sopportare quella orribile catena. Il beato Alano assicura inoltre, di aver egli stesso liberato molti ossessi ponendo loro al collo la corona.
[87] Il Padre Giovanni Amát, domenicano, predicava il quaresimale in una contrada del regno d'Aragona. Un giorno gli fu presentata una giovanetta posseduta dal demonio. Egli tentò più volte di esorcizzarla, ma non ottenendo alcun risultato le pose al collo la propria corona del Rosario. Immediatamente la fanciulla dette in smanie e in urla spaventose: “Via, via questi grani gridava che mi tormentano; toglietemeli”. Per compassione verso la povera figliola il Padre gliela tolse. La notte seguente mentre questi riposava, gli stessi demoni che possedevano la giovane s'avventarono rabbiosamente su di lui per impadronirsi della sua persona; egli, però, con la corona che teneva stretta in mano, nonostante gli sforzi che quelli facevano per strappargliela, li flagellò con energia e li mise in fuga con la ripetuta invocazione: “Santa Maria, nostra Signora del Rosario, aiutami”.
L'indomani, mentre si recava in chiesa, s'imbatté con l'infelice giovanetta tuttora posseduta dai demoni; uno di questi gli disse burlandosi di lui: Frate, se tu non avessi avuto la corona ti avremmo conciato per le feste. Il Padre allora gettò di nuovo la corona al collo della giovanetta dicendo: “Per i sacratissimi nomi di Gesù e di Maria sua Madre e per la virtù del Santo Rosario, io vi comando, o maligni spiriti, di uscire subito da questo corpo”. I diavoli furono costretti ad obbedire all'istante e la ragazza fu liberata.
Questi fatti dimostrano quanta sia la forza del santo Rosario per vincere ogni tentazione del demonio ed ogni pericolo di peccato perché i grani benedetti della corona lo mettono in fuga.
ROSA VENTOTTESIMA
[88] Sant'Agostino assicura che non vi è esercizio tanto fruttuoso e utile per la salvezza quanto il pensare di frequente alle sofferenze di Nostro Signore (S. Agostino, Sermo 23 ad fratres in eremo PL 40, 1273 1274). Il beato Alberto Magno, maestro di san Tommaso, seppe per rivelazione che il semplice ricordo ossia la meditazione della passione di Gesù è più meritoria per il cristiano che digiunare a pane ed acqua ogni venerdì per un intero anno o disciplinarsi a sangue ogni settimana o recitare ogni giorno il Salterio. Quale sarà, dunque, il merito del Rosario che ci ricorda tutta la vita e la passione di Nostro Signore?
La Madonna rivelò un giorno al beato Alano de la Rupe che dopo il santo sacrificio della Messa, la prima e più viva commemorazione della Passione di Nostro Signore, non vi è devozione più eccellente e più meritoria del Rosario il quale è come un secondo memoriale e una rappresentazione della vita e della passione di Gesù.
[89] Il padre Dorland riferisce che la Vergine santa disse un giorno al venerabile Domenico, certosino, devotissimo del Rosario, residente a Treviri nel 1481. “ogni volta che un fedele recita in stato di grazia il Rosario meditando i misteri della vita e della passione di Gesù, ottiene piena e totale remissione dei suoi peccati”. Anche al beato Alano Ella disse: “Sappi che sebbene siano già numerose le indulgenze concesse al mio Rosario, io ne aggiungerò molte altre per ogni cinquanta Ave Maria in favore di quanti le reciteranno in stato di grazia e devotamente in ginocchio. A chi avrà perseverato nella recita del Rosario in quelle condizioni e meditandone i quindici misteri, otterrò al termine della sua vita, come ricompensa del buon servizio, che gli siano pienamente rimesse e la colpa e la pena di tutte le sue manchevolezze. Tutto ciò non ti sembri incredibile poiché è facile per me che sono la madre del Re dei cieli, di Colui che mi chiama la Piena di grazia; se, infatti, ne sono ricolma, posso distribuirne con abbondanza ai miei cari figli”.
[90] San Domenico era tanto convinto dell'efficacia e del merito del Rosario che non imponeva quasi mai altra penitenza a chi si confessava da lui se non quella di recitarlo, come abbiamo visto più sopra quando riferimmo di quella donna romana alla quale diede per penitenza un solo Rosario.
I confessori, anch'essi, se vogliono seguire l'esempio del grande Santo, dovrebbero imporre ai loro penitenti il Rosario con la meditazione dei misteri, invece di altre penitenze che non sono così meritorie né così gradite a Dio e neppure tanto profittevoli alle anime per farle avanzare in virtù o tanto efficaci per impedire loro di ricadere nel peccato. Senza dire, poi, che recitando il Rosario si lucrano numerose indulgenze non annesse a molte altre devozioni.
[91] Dice l'abate Blosio: “Sicuramente il Rosario con la meditazione della vita e della passione di Nostro Signore è graditissimo a Gesù e alla Vergine ed è molto efficace per ottenere ogni grazia; perciò lo possiamo, recitare per noi stessi o per coloro che a noi si raccomandano o anche per tutta la Chiesa. Ricorriamo, dunque, alla devozione del Rosario in ogni nostra necessità ed otterremo senza dubbio quanto avremo chiesto a Dio in ordine alla nostra salvezza”.
ROSA VENTINOVESIMA
[92] Secondo san Dionigi nulla di più divino, di più nobile, di più gradito a Dio quanto il cooperare alla salvezza delle anime e rovesciare i perfidi piani del demonio che tutto mette in opera per perderle. Questo fu il motivo per cui il Figlio di Dio scese sulla terra: Egli, fondando la Chiesa, aveva distrutto il dominio di Satana. Purtroppo questo tiranno aveva ripreso forza esercitando crudele violenza sulle anime, come si vide per esempio nel secolo XI quando sorse l'eresia degli Albigesi, con tutti gli odi, le contese, i vizi più abominevoli che, gli riuscì di far regnare nel mondo.
Quale il rimedio a questi grandi disordini? come abbattere la forza di Satana? La Madonna, protettrice della Chiesa, per calmare la collera del Figlio, per estirpare l'eresia e riformare i costumi dei cristiani, offerse come il mezzo più efficace la confraternita del Rosario e i fatti lo provarono: la carità si ravvivò, la frequenza ai sacramenti ritornò come nei primi secoli d'oro della Chiesa ed i costumi dei cristiani si riformarono.
[93] Dice papa Leone X nella sua Bolla (4 ottobre 1520), che questa confraternita fu fondata ad onore di Dio e di Maria come un baluardo per stornare le sciagure che stavano per abbattersi sulla Chiesa. E Gregorio XIII afferma che il Rosario fu dato dal Cielo come un mezzo per calmare la collera divina ed implorare l'intercessione della Vergine santa. Giulio III aggiunge che il Rosario fu ispirato per aprirci più facilmente il cielo, grazie alla intercessione della Madonna. Paolo III e il beato Pio V dichiarano che il Rosario fu stabilito e dato ai fedeli perché potessero procurarsi in modo più efficiente il riposo, e la consolazione spirituale. Chi, dunque, potrà trascurare di iscriversi ad una confraternita istituita per così nobili intenti?
[94] Un giorno Padre Domenico, certosino, molto devoto del Rosario, vide il cielo aperto e tutta la corte celeste disposta in mirabile ordine; e udì cantare con dolcissima melodia il Rosario mentre si onorava ad ogni decina un mistero della vita, della passione e della gloria di Gesù e della Madonna. Egli notò che al santo nome di Maria tutti i beati inchinavano il capo e a quello di Gesù genuflettevano e ringraziavano Dio per i grandi benefici elargiti in cielo e in terra in virtù del Rosario. Vide pure la Vergine e i Santi presentare a Dio i Rosari che i confratelli recitavano sulla terra e pregavano per tutti quelli che praticano questa devozione; vide ancora innumerevoli corone di splendidi e profumati fiori preparate per chi recita con devozione il Rosario, le corone che essi medesimi stanno intessendo per esserne adorni in cielo.
La visione del pio certosino ricorda la visione del Discepolo prediletto che vide una moltitudine stragrande di angeli e di santi intenti a lodare e a benedire Nostro Signore per quanto aveva fatto e sofferto per la nostra salvezza. Ebbene, non è questo che fanno anche i confratelli del Rosario?
[95] Non è da credere che il Rosario sia buono soltanto per le donne, per i piccoli e gli ignoranti; esso è buono altresì per gli uomini e tra essi per i più ragguardevoli. Non appena san Domenico ebbe riferito a Papa Innocenzo III l'ordine ricevuto dal cielo di istituire questa Confraternita, il Pontefice approvò ed esortò il Santo a predicarla; anzi volle farne parte egli stesso, e con lui diedero il proprio nome entusiasticamente gli stessi cardinali, tanto che Lopez non esitò a dire: “Nessun sesso, nessuna età, nessuna condizione sociale si è potuta sottrarre alla devozione del Rosario”.
Sono, infatti, iscritti in questa Confraternita persone di ogni categoria: duchi, principi, re, prelati, cardinali, sommi Pontefici. Troppo lungo sarebbe enumerarli. Perciò, caro lettore, se entrerai in questa confraternita parteciperai alla loro devozione, alle loro grazie qui in terra e alla loro gloria in cielo: associato con loro nella devozione, avrai in comune anche la dignità.
ROSA TRENTESIMA
[96] Se i privilegi, i favori e le indulgenze rendono raccomandabile una Confraternita, si deve dire che quella del Rosario è la più raccomandabile nella Chiesa perché è la meglio dotata di indulgenze. Dalla sua istituzione in poi quasi tutti i Papi hanno fatto prelievi dal tesoro della Chiesa per arricchirla. E poiché l'esempio persuade più delle parole e degli stessi favori, essi testimoniarono la stima in cui tenevano la Confraternita, dando ad essa il proprio nome.
Ecco un breve compendio delle indulgenze accordate dai Sommi Pontefici alla Confraternita; indulgenze confermate nuovamente dal Santo Padre Innocenzo XI il 31 luglio 1679 e comunicate, col permesso di pubblicarle, all'arcivescovo di Parigi il 25 settembre dello stesso anno:
1) indulgenza plenaria nel giorno dell'iscrizione; 2) indulgenza plenaria in punto di morte; 3) indulgenza parziale di 10 anni e 10 quarantene per ciascuna delle tre corone; 4) indulgenza parziale di 7 giorni ogni volta che gli associati pronunceranno devotamente il nome di Gesù e di Maria; 5) indulgenza parziale di 7 anni e 7 quarantene a coloro che assisteranno con pietà alla processione del Rosario; 6) indulgenza plenaria nella prima domenica del mese e nelle feste di Nostro Signore e della Madonna a quanti veramente pentiti e confessati visiteranno la cappella del Rosario nella chiesa sede della confraternita; 7) indulgenza parziale di 100 giorni ai presenti al canto della Salve Regina; 8) indulgenza parziale di 100 giorni a coloro che con devozione e allo scopo di darne l'esempio, portano visibilmente la corona; 9) indulgenza plenaria nei giorni indicati per lucrarla ai confratelli ammalati o impediti di recarsi in chiesa, che confessati e comunicati reciteranno in giornata il Rosario o almeno una parte. 10) Per un insigne e speciale favore verso i confratelli del Rosario, i Sommi Pontefici danno loro possibilità di lucrare le indulgenze delle chiese stazionali di Roma, con la semplice visita a cinque altari recitando davanti a ciascuno di essi cinque Pater e cinque Ave per il bene della Chiesa. Qualora nella chiesa sede della Confraternita vi fossero solo uno o due altari, potranno recitare i 25 Pater e Ave davanti a quelli. (Si veda al riguardo, Papa Paolo VI… concernenti le attuali Indulgenze)
[97] Gran favore, quest'ultimo, per i confratelli poiché nelle chiese stazionali di Roma si lucrano indulgenze plenarie in suffragio delle anime del purgatorio e si ottengono tante remissioni che essi possono acquistare senza fatica, senza spese e senza neppure uscire dal proprio paese! Che se la Confraternita non esistesse là dove essi dimorano, potrebbero egualmente acquistare le predette indulgenze, stando alla concessione di Leone X, con la visita a cinque altari in qualsiasi chiesa.
I giorni stabiliti e determinati per coloro che risiedono fuori Roma nei quali i confratelli possono lucrare queste indulgenze secondo il decreto della Sacra Congregazione per le indulgenze, approvato dal santo Padre il 7 marzo 1678, purché le condizioni siano esattamente osservate sono: tutte le domeniche di Avvento; i tre giorni delle Quattro Tempora di Avvento; la vigilia di Natale, alla Messa della notte, dell'aurora e del giorno di Natale; la festività di santo Stefano, di san Giovanni evangelista, dei santi Innocenti, della Circoncisione e dell'Epifania; le tre domeniche prima della Quaresima; dal giorno delle Ceneri alla domenica in Albis inclusa; i tre giorni delle Rogazioni; il giorno del]'Ascensione; la vigilia di Pentecoste e tutti i giorni dell'ottava; i tre giorni delle Quattro Tempora di settembre.
Caro confratello del Rosario, vi sono altre innumerevoli indulgenze; se le vuoi conoscere leggi il Sommario delle indulgenze accordate ai confratelli, dove troverai pure i nomi dei Papi che le elargirono, l'anno della concessione e diversi particolari che non è possibile qui riferire in compendio.
30-17 Febbraio 10, 1932 Lavoro di Dio nell’anima che vive nella Divina Volontà. Affiatamento tra Dio e la creatura. Vedetta di Gesù per avere la compagnia della creatura nelle opere sue.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Il mio dolce Gesù, con la sua forza rapitrice mi tira sempre nella sua adorabile Volontà, per farmi percorrere la molteplicità delle sue opere, che pare che mi aspettano per darmi qualche cosa in più di quello che mi hanno dato, ed io resto sorpresa di tanta bontà e liberalità divina. E l’amato Gesù, per infondere in me maggiore amore e voglia di seguire gli atti della Divina Volontà, mi ha detto:
(2) “Figlia benedetta del mio Volere, ogni qual volta ti elevi in Essa per unirti a ciascun atto che ha fatto, ed al suo unire il tuo, l’atto divino sorge e ti da un grado di grazia, d’amore, di santità, un grado di vita divina e di gloria; questi gradi unite insieme formano la sostanza necessaria per formare la vita divina nella creatura; chi forma il palpito, chi il respiro, chi la parola, chi l’occhio, chi la bellezza, chi la santità di Dio nel fondo dell’anima. I nostri atti sorgono come si appressa la creatura, per dare ciò che posseggono, con ansia l’aspettano per mettersi in attitudine di sorgere, per formare i loro sbocchi divini, per deporsi e ripetere gli atti in essa. Sicché, chi si unisce cogli atti della nostra Volontà Divina, ci dà occasione di farci lavorare, ma per fare che cosa? Di formare la nostra vita col nostro lavoro nella creatura. Tu devi sapere che la creatura coll’elevarsi nella nostra Divina Volontà, lascia tutto e si riduce nel suo nulla, questo nulla riconosce il suo Creatore, ed il Creatore riconosce il nulla che uscì alla luce, non il nulla ingombrato di cose che a Lui non appartengono, no, e trovandolo nulla lo riempie del Tutto. Ecco che significa vivere nella mia Volontà, sgombrarsi di tutto, e leggera leggera, volarsene nel seno del Padre Celeste, per fare che questo nulla riceva la vita di Colui che la creò. Oltre di ciò, la nostra Volontà è la nostra vita ed il cibo nostro, e siccome Noi non abbiamo bisogno di cibi materiali, perciò Essa ci dà il cibo delle sue opere sante, e siccome la creatura è una delle nostre opere, vogliamo trovare in lei la nostra Volontà come vita, affinché non solo essa, ma tutte le opere sue ci servano di cibo, e Noi per contraccambio le diamo il cibo delle nostre. Questo cibarci dei stessi cibi forma l’affiatamento tra Dio e la creatura, questo affiatamento produce pace, comunicazione di beni, inseparabilità, pare che il fiato divino fiata nella creatura e quello di essa in Dio, che l’unisce tanto da sentirsi come se il fiato dell’uno come se fosse un solo col l’altro. Quindi succede affiatamenti di Volontà, affiatamento d’amore, di opere, sentiamo quel fiato che uscimmo nella creazione dell’uomo, che spezzò col fare la sua volontà, rinato di nuovo nella creatura, la nostra Volontà tiene virtù ed ufficio di rigenerare in essa ciò che ha perduto col peccato, e di riordinarla come uscì dalle nostre mani creatrice”.
(3) Dopo di ciò stavo girando nelle opere della Creazione e Redenzione ed il mio Sovrano Gesù ha soggiunto:
(4) “Figlia mia, le nostre opere soffrono l’isolamento se non sono riconosciute come opere fatte per amore delle creature, perché non ci fu altro scopo nel fare tante opere meravigliose nella Creazione, che darle tante attestati d’amore. Noi non avevamo nessun bisogno, tutto fu fatto con un amore intenso per loro. Ora, se non viene riconosciuto questo nostro amore in ciascuna cosa creata, le nostre opere restano sole, senza corteggio, senza onori e come appartati dalle creature, sicché il cielo, il sole, le altre cose create sono sole, ciò che Io feci nella Redenzione, le mie opere, le mie pene, le mie lacrime e tutto il resto sono isolate. Ora, chi forma la compagnia alle opere nostre? Chi le riconosce e girando in esse trova il nostro amore palpitante per lei, che sospira la sua compagnia per dare e ricevere amore. Tanto che quando tu giri nella nostra Volontà per trovare le opere nostre, e riconoscere il nostro amore e metterci il tuo, mi sento tanto tirato che quasi sempre ti aspetto in ciascun opera, per godere la tua compagnia, il tuo corteggio, e mi sento come contraccambiato di quello che ho fatto e patito, e quando qualche volta tu tardi a venire, Io aspetto e mi metto alla vedetta da dentro le opere mie, per vedere quando stai per venire, per godermi la tua dolce compagnia. Perciò sii attenta, non mi fare aspettare”.