Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

La notte si annuncia difficile. I medici si danno da fare, ma Chiara Luce chiede di restare sola con i suoi. Accanto a lei il padre e la madre. Fuori dalla porta, gen e amici. C'è pace, quasi naturalezza. Le sue ultime parole sono per la mamma: «Ciao. Sii felice, perché io lo sono». A papà , che le chiede se quella frase valga anche per lui, stringe la mano. È domenica 7 ottobre 1990, sono le quattro del mattino. È arrivata, Chiara Luce. (Beata Chiara "Luce" Badano)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 18° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 18

1Disse loro una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi:2"C'era in una città un giudice, che non temeva Dio e non aveva riguardo per nessuno.3In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e gli diceva: Fammi giustizia contro il mio avversario.4Per un certo tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: Anche se non temo Dio e non ho rispetto di nessuno,5poiché questa vedova è così molesta le farò giustizia, perché non venga continuamente a importunarmi".6E il Signore soggiunse: "Avete udito ciò che dice il giudice disonesto.7E Dio non farà giustizia ai suoi eletti che gridano giorno e notte verso di lui, e li farà a lungo aspettare?8Vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?".

9Disse ancora questa parabola per alcuni che presumevano di esser giusti e disprezzavano gli altri:10"Due uomini salirono al tempio a pregare: uno era fariseo e l'altro pubblicano.11Il fariseo, stando in piedi, pregava così tra sé: O Dio, ti ringrazio che non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri, e neppure come questo pubblicano.12Digiuno due volte la settimana e pago le decime di quanto possiedo.13Il pubblicano invece, fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: O Dio, abbi pietà di me peccatore.14Io vi dico: questi tornò a casa sua giustificato, a differenza dell'altro, perché chi si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato".

15Gli presentavano anche i bambini perché li accarezzasse, ma i discepoli, vedendo ciò, li rimproveravano.16Allora Gesù li fece venire avanti e disse: "Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio.17In verità vi dico: Chi non accoglie il regno di Dio come un bambino, non vi entrerà".

18Un notabile lo interrogò: "Maestro buono, che devo fare per ottenere la vita eterna?".19Gesù gli rispose: "Perché mi dici buono? Nessuno è buono, se non uno solo, Dio.20Tu conosci i comandamenti: 'Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non testimoniare il falso, onora tuo padre e tua madre'".21Costui disse: "Tutto questo l'ho osservato fin dalla mia giovinezza".22Udito ciò, Gesù gli disse: "Una cosa ancora ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; poi vieni e seguimi".23Ma quegli, udite queste parole, divenne assai triste, perché era molto ricco.

24Quando Gesù lo vide, disse: "Quant'è difficile, per coloro che possiedono ricchezze entrare nel regno di Dio.25È più facile per un cammello passare per la cruna di un ago che per un ricco entrare nel regno di Dio!".26Quelli che ascoltavano dissero: "Allora chi potrà essere salvato?".27Rispose: "Ciò che è impossibile agli uomini, è possibile a Dio".

28Pietro allora disse: "Noi abbiamo lasciato tutte le nostre cose e ti abbiamo seguito".29Ed egli rispose: "In verità vi dico, non c'è nessuno che abbia lasciato casa o moglie o fratelli o genitori o figli per il regno di Dio,30che non riceva molto di più nel tempo presente e la vita eterna nel tempo che verrà".

31Poi prese con sé i Dodici e disse loro: "Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà.32Sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi33e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno risorgerà".34Ma non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto.

35Mentre si avvicinava a Gèrico, un cieco era seduto a mendicare lungo la strada.36Sentendo passare la gente, domandò che cosa accadesse.37Gli risposero: "Passa Gesù il Nazareno!".38Allora incominciò a gridare: "Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!".39Quelli che camminavano avanti lo sgridavano, perché tacesse; ma lui continuava ancora più forte: "Figlio di Davide, abbi pietà di me!".40Gesù allora si fermò e ordinò che glielo conducessero. Quando gli fu vicino, gli domandò:41"Che vuoi che io faccia per te?". Egli rispose: "Signore, che io riabbia la vista".42E Gesù gli disse: "Abbi di nuovo la vista! La tua fede ti ha salvato".43Subito ci vide di nuovo e cominciò a seguirlo lodando Dio. E tutto il popolo, alla vista di ciò, diede lode a Dio.


Neemia 1

1Parole di Neemia figlio di Akalià. Nel mese di Casleu dell'anno ventesimo, mentre ero nella cittadella di Susa,2Canàni, uno dei miei fratelli, e alcuni altri uomini arrivarono dalla Giudea. Li interrogai riguardo ai Giudei che erano rimpatriati, superstiti della deportazione, e riguardo a Gerusalemme.3Essi mi dissero: "I superstiti della deportazione sono là, nella provincia, in grande miseria e abbattimento; le mura di Gerusalemme restano piene di brecce e le sue porte consumate dal fuoco".4Udite queste parole, mi sedetti e piansi; feci lutto per parecchi giorni, digiunando e pregando davanti al Dio del cielo.5E dissi: "Signore, Dio del cielo, Dio grande e tremendo, che mantieni l'alleanza e la misericordia con quelli che ti amano e osservano i tuoi comandi,6siano i tuoi orecchi attenti, i tuoi occhi aperti per ascoltare la preghiera del tuo servo; io prego ora davanti a te giorno e notte per gli Israeliti, tuoi servi, confessando i peccati, che noi Israeliti abbiamo commesso contro di te; anch'io e la casa di mio padre abbiamo peccato.7Ci siamo comportati male con te e non abbiamo osservato i comandi, le leggi e le decisioni che tu hai dato a Mosè tuo servo.8Ricordati della parola che hai affidato a Mosè tuo servo: Se sarete infedeli, io vi disperderò fra i popoli;9ma se tornerete a me e osserverete i miei comandi e li eseguirete, anche se i vostri esiliati si trovassero all'estremità dell'orizzonte, io di là li raccoglierò e li ricondurrò al luogo che ho scelto per farvi dimorare il mio nome.10Ora questi sono tuoi servi e tuo popolo; tu li hai redenti con grande potenza e con mano forte.11Signore, siano i tuoi orecchi attenti alla preghiera del tuo servo e alla preghiera dei tuoi servi, che desiderano temere il tuo nome; concedi oggi buon successo al tuo servo e fagli trovare benevolenza davanti a questo uomo".
Io allora ero coppiere del re.


Proverbi 24

1Non invidiare gli uomini malvagi,
non desiderare di stare con loro;
2poiché il loro cuore trama rovine
e le loro labbra non esprimono che malanni.
3Con la sapienza si costruisce la casa
e con la prudenza la si rende salda;
4con la scienza si riempiono le sue stanze
di tutti i beni preziosi e deliziosi.
5Un uomo saggio vale più di uno forte,
un uomo sapiente più di uno pieno di vigore,
6perché con le decisioni prudenti si fa la guerra
e la vittoria sta nel numero dei consiglieri.
7È troppo alta la sapienza per lo stolto,
alla porta della città egli non potrà aprir bocca.
8Chi trama per fare il male
si chiama mestatore.
9Il proposito dello stolto è il peccato
e lo spavaldo è l'abominio degli uomini.
10Se ti avvilisci nel giorno della sventura,
ben poca è la tua forza.
11Libera quelli che sono condotti alla morte
e salva quelli che sono trascinati al supplizio.
12Se dici: "Ecco, io non ne so nulla",
forse colui che pesa i cuori non lo comprende?
Colui che veglia sulla tua vita lo sa;
egli renderà a ciascuno secondo le sue opere.
13Mangia, figlio mio, il miele, perché è buono
e dolce sarà il favo al tuo palato.
14Sappi che tale è la sapienza per te:
se l'acquisti, avrai un avvenire
e la tua speranza non sarà stroncata.
15Non insidiare, o malvagio, la dimora del giusto,
non distruggere la sua abitazione,
16perché se il giusto cade sette volte, egli si rialza,
ma gli empi soccombono nella sventura.
17Non ti rallegrare per la caduta del tuo nemico
e non gioisca il tuo cuore, quando egli soccombe,
18perché il Signore non veda e se ne dispiaccia
e allontani da lui la collera.
19Non irritarti per i malvagi
e non invidiare gli empi,
20perché non ci sarà avvenire per il malvagio
e la lucerna degli empi si estinguerà.
21Temi il Signore, figlio mio, e il re;
non ribellarti né all'uno né all'altro,
22perché improvvisa sorgerà la loro vendetta
e chi sa quale scempio faranno l'uno e l'altro?

23Anche queste sono parole dei saggi.
Aver preferenze personali in giudizio non è bene.
24Se uno dice all'empio: "Tu sei innocente",
i popoli lo malediranno, le genti lo esecreranno,
25mentre tutto andrà bene a coloro che rendono giustizia,
su di loro si riverserà la benedizione.
26Dà un bacio sulle labbra
colui che risponde con parole rette.
27Sistema i tuoi affari di fuori
e fatti i lavori dei campi
e poi costruisciti la casa.
28Non testimoniare alla leggera contro il tuo prossimo
e non ingannare con le labbra.
29Non dire: "Come ha fatto a me così io farò a lui,
renderò a ciascuno come si merita".
30Sono passato vicino al campo di un pigro,
alla vigna di un uomo insensato:
31ecco, ovunque erano cresciute le erbacce,
il terreno era coperto di cardi
e il recinto di pietre era in rovina.
32Osservando, riflettevo
e, vedendo, ho tratto questa lezione:
33un po' dormire, un po' sonnecchiare,
un po' incrociare le braccia per riposare
34e intanto viene passeggiando la miseria
e l'indigenza come un accattone.


Salmi 30

1'Salmo. Canto per la festa della dedicazione del tempio. Di Davide'.

2Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
3Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
4Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.

5Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
6perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.

7Nella mia prosperità ho detto:
"Nulla mi farà vacillare!".
8Nella tua bontà, o Signore,
mi hai posto su un monte sicuro;
ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato.
9A te grido, Signore,
chiedo aiuto al mio Dio.

10Quale vantaggio dalla mia morte,
dalla mia discesa nella tomba?
Ti potrà forse lodare la polvere
e proclamare la tua fedeltà?
11Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.

12Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
13perché io possa cantare senza posa.

Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.


Geremia 51

1Così dice il Signore:
"Ecco susciterò contro Babilonia
e contro gli abitanti della Caldea
un vento distruttore;
2io invierò in Babilonia spulatori che la spuleranno
e devasteranno la sua regione,
poiché le piomberanno addosso da tutte le parti
nel giorno della tribolazione".
3Non deponga l'arciere l'arco
e non si spogli della corazza.
Non risparmiate i suoi giovani,
sterminate tutto il suo esercito.
4Cadano trafitti nel paese dei Caldei
e feriti nelle sue piazze,
5aMa Israele e Giuda non sono vedove
del loro Dio, il Signore degli eserciti.
5bperché la loro terra è piena di delitti
davanti al Santo di Israele.
6Fuggite da Babilonia,
ognuno ponga in salvo la sua vita;
non vogliate perire per la sua iniquità,
poiché questo è il tempo della vendetta del Signore;
egli la ripaga per quanto ha meritato.
7Babilonia era una coppa d'oro in mano del Signore,
con la quale egli inebriava tutta la terra;
del suo vino hanno bevuto i popoli,
perciò sono divenuti pazzi.
8All'improvviso Babilonia è caduta, è stata infranta;
alzate lamenti su di essa;
prendete balsamo per il suo dolore,
forse potrà essere guarita.
9"Abbiamo curato Babilonia, ma non è guarita.
Lasciatela e andiamo ciascuno al proprio paese;
poiché la sua punizione giunge fino al cielo
e si alza fino alle nubi.

10Il Signore ha fatto trionfare la nostra giusta causa, venite, raccontiamo in Sion l'opera del Signore nostro Dio".

11Aguzzate le frecce,
riempite le faretre!
Il Signore suscita lo spirito del re di Media,
perché il suo piano riguardo a Babilonia
è di distruggerla;
perché questa è la vendetta del Signore,
la vendetta per il suo tempio.
12Alzate un vessillo contro il muro di Babilonia,
rafforzate le guardie,
collocate sentinelle,
preparate gli agguati,
poiché il Signore si era proposto un piano
e ormai compie quanto aveva detto
contro gli abitanti di Babilonia.
13Tu che abiti lungo acque abbondanti,
ricca di tesori,
è giunta la tua fine,
il momento del taglio.
14Il Signore degli eserciti lo ha giurato per se stesso:
"Ti ho gremito di uomini come cavallette,
che intoneranno su di te il canto di vittoria".
15Egli ha formato la terra con la sua potenza,
ha fissato il mondo con la sua sapienza,
con la sua intelligenza ha disteso i cieli.
16Al rombo della sua voce rumoreggiano le acque nel cielo.
Egli fa salire le nubi dall'estremità della terra,
produce lampi per la pioggia
e manda fuori il vento dalle sue riserve.
17Resta inebetito ogni uomo, senza comprendere;
resta confuso ogni orefice per i suoi idoli,
poiché è menzogna ciò che ha fuso
e non ha soffio vitale.
18Esse sono vanità, opere ridicole;
al tempo del loro castigo periranno.
19Non è tale l'eredità di Giacobbe,
perché egli ha formato ogni cosa.
Israele è la tribù della sua eredità,
Signore degli eserciti è il suo nome.

20"Un martello sei stata per me,
uno strumento di guerra;
con te martellavo i popoli,
con te annientavo i regni,
21con te martellavo cavallo e cavaliere,
con te martellavo carro e cocchiere,
22con te martellavo uomo e donna,
con te martellavo vecchio e ragazzo,
con te martellavo giovane e fanciulla,
23con te martellavo pastore e gregge,
con te martellavo l'aratore e il suo paio di buoi,
con te martellavo governatori e prefetti.

24Ma ora ripagherò Babilonia e tutti gli abitanti della Caldea di tutto il male che hanno fatto a Sion, sotto i vostri occhi. Oracolo del Signore.

25Eccomi a te, monte della distruzione,
che distruggi tutta la terra.
Io stenderò la mano contro di te,
ti rotolerò giù dalle rocce
e farò di te una montagna bruciata;
26da te non si prenderà più né pietra d'angolo,
né pietra da fondamenta,
perché diventerai un luogo desolato per sempre".
Oracolo del Signore.

27Alzate un vessillo nel paese,
suonate la tromba fra le nazioni;
preparate le nazioni alla guerra contro di essa,
convocatele contro i regni
di Araràt, di Minnì e di Aschenàz.
Nominate contro di essa un comandante,
fate avanzare i cavalli come cavallette spinose.

28Preparate alla guerra contro di essa le nazioni, il re della Media, i suoi governatori, tutti i suoi prefetti e tutta la terra in suo dominio.

29Trema la terra e freme,
perché si avverano contro Babilonia
i progetti del Signore
di ridurre il paese di Babilonia
in luogo desolato, senza abitanti.
30Hanno cessato di combattere i prodi di Babilonia,
si sono ritirati nelle fortezze;
il loro valore è venuto meno,
sono diventati come donne.
Sono stati incendiati i suoi edifici,
sono spezzate le sue sbarre.
31Corriere corre incontro a corriere,
messaggero incontro a messaggero
per annunziare al re di Babilonia
che la sua città è presa da ogni lato;
32i guadi sono occupati, le fortezze bruciano,
i guerrieri sono sconvolti dal terrore.
33Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele:
"La figlia di Babilonia è come un'aia
al tempo in cui viene spianata;
ancora un poco e verrà per essa
il tempo della mietitura".

34"Mi ha divorata, mi ha consumata
Nabucodònosor, re di Babilonia,
mi ha ridotta come un vaso vuoto,
mi ha inghiottita come fa il coccodrillo,
ha riempito il suo ventre,
dai miei luoghi deliziosi, mi ha scacciata.
35Il mio strazio e la mia sventura ricadano su Babilonia!"
dice la popolazione di Sion,
"il mio sangue sugli abitanti della Caldea!"
dice Gerusalemme.
36Perciò così parla il Signore:
"Ecco io difendo la tua causa,
compio la tua vendetta;
prosciugherò il suo mare,
disseccherò le sue sorgenti.
37Babilonia diventerà un cumulo di rovine,
un rifugio di sciacalli,
un oggetto di stupore e di scherno,
senza abitanti.
38Essi ruggiscono insieme come leoncelli,
rugghiano come cuccioli di una leonessa.
39Con veleno preparerò loro una bevanda,
li inebrierò perché si stordiscano
e si addormentino in un sonno perenne,
per non svegliarsi mai più.
Parola del Signore.
40Li farò scendere al macello come agnelli,
come montoni insieme con i capri".

41Sesac è stata presa e occupata,
l'orgoglio di tutta la terra.
Babilonia è diventata un oggetto di orrore
fra le nazioni!
42Il mare dilaga su Babilonia
essa è stata sommersa dalla massa delle onde.
43Sono diventate una desolazione le sue città,
un terreno riarso, una steppa.
Nessuno abita più in esse
non vi passa più nessun figlio d'uomo.

44"Io punirò Bel in Babilonia,
gli estrarrò dalla gola quanto ha inghiottito.
Non andranno più a lui le nazioni".
Perfino le mura di Babilonia sono crollate,
45esci da essa, popolo mio,
ognuno salvi la vita dall'ira ardente del Signore.

46Non si avvilisca il vostro cuore e non temete per la notizia diffusa nel paese; un anno giunge una notizia e l'anno dopo un'altra. La violenza è nel paese, un tiranno contro un tiranno.47Per questo ecco, verranno giorni nei quali punirò gli idoli di Babilonia. Allora tutto il suo paese sentirà vergogna e tutti i suoi cadaveri le giaceranno in mezzo.48Esulteranno su Babilonia cielo e terra e quanto contengono, perché da settentrione verranno i suoi devastatori. Parola del Signore.49Anche Babilonia deve cadere per gli uccisi di Israele, come per Babilonia caddero gli uccisi di tutta la terra.50Voi scampati dalla spada partite, non fermatevi; da questa regione lontana ricordatevi del Signore e vi torni in mente Gerusalemme.
51"Sentiamo vergogna nell'udire l'insulto; la confusione ha coperto i nostri volti, perché stranieri sono entrati nel santuario del tempio del Signore".
52"Perciò ecco, verranno giorni - dice il Signore - nei quali punirò i suoi idoli e in tutta la sua regione gemeranno i feriti.53Anche se Babilonia si innalzasse fino al cielo, anche se rendesse inaccessibile la sua cittadella potente, da parte mia verranno i suoi devastatori". Oracolo del Signore.
54Udite! Un grido da Babilonia, una rovina immensa dal paese dei Caldei.55È il Signore che devasta Babilonia e fa tacere il suo grande rumore. Mugghiano le sue onde come acque possenti, risuona il frastuono della sua voce,56perché piomba su Babilonia il devastatore, sono catturati i suoi prodi, si sono infranti i loro archi. Dio è il Signore delle giuste ricompense, egli ricompensa con precisione.57"Io ubriacherò i suoi capi e i suoi saggi, i suoi governatori, i suoi magistrati e i suoi guerrieri; essi dormiranno un sonno eterno e non potranno più svegliarsi" dice il re, il cui nome è Signore degli eserciti.

58Così dice il Signore degli eserciti:
"Il largo muro di Babilonia sarà raso al suolo,
le sue alte porte saranno date alle fiamme.
Si affannano dunque invano i popoli,
le nazioni si affaticano per nulla".

59Ordine che il profeta Geremia diede a Seraià figlio di Neria, figlio di Maasia, quando egli andò con Sedecìa re di Giuda in Babilonia nell'anno quarto del suo regno. Seraià era capo degli alloggiamenti.
60Geremia scrisse su un rotolo tutte le sventure che dovevano piombare su Babilonia. Tutte queste cose sono state scritte contro Babilonia.61Geremia quindi disse a Seraià: "Quando giungerai a Babilonia, abbi cura di leggere in pubblico tutte queste parole62e dirai: Signore, tu hai dichiarato di distruggere questo luogo così che non ci sia più chi lo abiti, né uomo né animale, ma sia piuttosto una desolazione per sempre.63Ora, quando avrai finito di leggere questo rotolo, vi legherai una pietra e lo getterai in mezzo all'Eufrate64dicendo: Così affonderà Babilonia e non risorgerà più dalla sventura che io le farò piombare addosso".
Fin qui le parole di Geremia.


Atti degli Apostoli 28

1Una volta in salvo, venimmo a sapere che l'isola si chiamava Malta.2Gli indigeni ci trattarono con rara umanità; ci accolsero tutti attorno a un gran fuoco, che avevano acceso perché era sopraggiunta la pioggia ed era freddo.3Mentre Paolo raccoglieva un fascio di sarmenti e lo gettava sul fuoco, una vipera, risvegliata dal calore, lo morse a una mano.4Al vedere la serpe pendergli dalla mano, gli indigeni dicevano tra loro: "Certamente costui è un assassino, se, anche scampato dal mare, la Giustizia non lo lascia vivere".5Ma egli scosse la serpe nel fuoco e non ne patì alcun male.6Quella gente si aspettava di vederlo gonfiare e cadere morto sul colpo, ma, dopo avere molto atteso senza vedere succedergli nulla di straordinario, cambiò parere e diceva che era un dio.
7Nelle vicinanze di quel luogo c'era un terreno appartenente al "primo" dell'isola, chiamato Publio; questi ci accolse e ci ospitò con benevolenza per tre giorni.8Avvenne che il padre di Publio dovette mettersi a letto colpito da febbri e da dissenteria; Paolo l'andò a visitare e dopo aver pregato gli impose le mani e lo guarì.9Dopo questo fatto, anche gli altri isolani che avevano malattie accorrevano e venivano sanati;10ci colmarono di onori e al momento della partenza ci rifornirono di tutto il necessario.

11Dopo tre mesi salpammo su una nave di Alessandria che aveva svernato nell'isola, recante l'insegna dei Diòscuri.12Approdammo a Siracusa, dove rimanemmo tre giorni13e di qui, costeggiando, giungemmo a Reggio. Il giorno seguente si levò lo scirocco e così l'indomani arrivammo a Pozzuoli.14Qui trovammo alcuni fratelli, i quali ci invitarono a restare con loro una settimana. Partimmo quindi alla volta di Roma.15I fratelli di là, avendo avuto notizie di noi, ci vennero incontro fino al Foro di Appio e alle Tre Taverne. Paolo, al vederli, rese grazie a Dio e prese coraggio.
16Arrivati a Roma, fu concesso a Paolo di abitare per suo conto con un soldato di guardia.

17Dopo tre giorni, egli convocò a sé i più in vista tra i Giudei e venuti che furono, disse loro: "Fratelli, senza aver fatto nulla contro il mio popolo e contro le usanze dei padri, sono stato arrestato a Gerusalemme e consegnato in mano dei Romani.18Questi, dopo avermi interrogato, volevano rilasciarmi, non avendo trovato in me alcuna colpa degna di morte.19Ma continuando i Giudei ad opporsi, sono stato costretto ad appellarmi a Cesare, senza intendere con questo muovere accuse contro il mio popolo.20Ecco perché vi ho chiamati, per vedervi e parlarvi, poiché è a causa della speranza d'Israele che io sono legato da questa catena".21Essi gli risposero: "Noi non abbiamo ricevuto nessuna lettera sul tuo conto dalla Giudea né alcuno dei fratelli è venuto a riferire o a parlar male di te.22Ci sembra bene tuttavia ascoltare da te quello che pensi; di questa setta infatti sappiamo che trova dovunque opposizione".

23E fissatogli un giorno, vennero in molti da lui nel suo alloggio; egli dal mattino alla sera espose loro accuratamente, rendendo la sua testimonianza, il regno di Dio, cercando di convincerli riguardo a Gesù, in base alla Legge di Mosè e ai Profeti.24Alcuni aderirono alle cose da lui dette, ma altri non vollero credere25e se ne andavano discordi tra loro, mentre Paolo diceva questa sola frase: "Ha detto bene lo Spirito Santo, per bocca del profeta Isaia, ai nostri padri:

26'Va' da questo popolo e di' loro:
Udrete con i vostri orecchi, ma non comprenderete;
guarderete con i vostri occhi, ma non vedrete.'
27'Perché il cuore di questo popolo si è indurito:
e hanno ascoltato di mala voglia con gli orecchi;
hanno chiuso i loro occhi
per non vedere con gli occhi
non ascoltare con gli orecchi,
non comprendere nel loro cuore e non convertirsi,
perché io li risani.'

28Sia dunque noto a voi che questa salvezza di Dio viene ora rivolta ai pagani ed essi l'ascolteranno!".29.

30Paolo trascorse due anni interi nella casa che aveva preso a pigione e accoglieva tutti quelli che venivano a lui,31annunziando il regno di Dio e insegnando le cose riguardanti il Signore Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento.


Capitolo VI: gli sregolati moti dell'anima

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Ogni qual volta si desidera una cosa contro il volere di Dio, subito si diventa interiormente inquieti. Il superbo e l'avaro non hanno mai requie; invece il povero e l'umile di cuore godono della pienezza della pace. Colui che non è perfettamente morto a se stesso cade facilmente in tentazione ed è vinto in cose da nulla e disprezzabili. Colui che è debole nello spirito ed è, in qualche modo, ancora volto alla carne e ai sensi, difficilmente si può distogliere del tutto dalle brame terrene; e, quando pur riesce a sottrarsi a queste brame, ne riceve tristezza. Che se poi qualcuno gli pone ostacolo, facilmente si sdegna; se, infine, raggiunge quel che bramava, immediatamente sente in coscienza il peso della colpa, perché ha assecondato la sua passione, la quale non giova alla pace che cercava. Giacché la vera pace del cuore la si trova resistendo alle passioni, non soggiacendo ad esse. Non già nel cuore di colui che è attaccato alla carne, non già nell'uomo volto alle cose esteriori sta la pace; ma nel cuore di colui che è pieno di fervore spirituale.


Omelia 1: In principio era il Verbo.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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Non allontanarti da Cristo nato nella carne, per poter giungere a Cristo nato dall'unico Padre, al Verbo che è Dio presso Dio, per mezzo del quale furon fatte tutte le cose: perché luce degli uomini è la vita che è in lui.

[Giovanni è un monte alto.]

1. Riflettendo sulle parole dell'Apostolo che noi abbiamo appena ascoltato, secondo le quali l'uomo naturale non comprende le cose dello Spirito di Dio (1 Cor 2, 14), e pensando che in mezzo a questa grande assemblea della vostra Carità necessariamente non sono pochi quelli che ancora rimangono legati ad una mentalità carnale e tuttora incapaci di elevarsi all'intelligenza spirituale, provo un certo turbamento. Come riuscirò a dire ciò che il Signore mi ispira, o come potrò spiegare, secondo le mie modeste capacità, il passo del Vangelo che è stato letto: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio (Gv 1, 1), dato che l'uomo naturale non può penetrarne il significato? E allora, o fratelli, resteremo in silenzio? A che serve leggere se si rimane in silenzio? Che giova a voi ascoltare, se io non spiego? Ma che giova spiegare se non è possibile capire? Siccome, però, sono convinto che tra voi ci sono alcuni che non solo possono capire le mie spiegazioni, ma sono in grado d'intendere anche prima che io spieghi, non voglio privare della mia parola questi che sono in grado d'intendere, per il solo fatto che temo di parlare inutilmente per quelli che non riescono a capire. Da parte sua la misericordia di Dio ci assisterà, in modo che tutti abbiano a sufficienza e ciascuno riceva secondo la propria capacità; poiché anche chi parla dice quel che può. Chi è in grado di parlare in modo adeguato? Oso dire, fratelli miei, che forse neppure lo stesso Giovanni ci è riuscito: parlò anch'egli come poté, perché era un uomo che parlava di Dio. Ispirato, certamente, però sempre uomo. Perché ispirato, riuscì a dire qualche cosa: se non fosse stato ispirato, non sarebbe riuscito a dire nulla. Ma, siccome, benché ispirato, era un uomo, non ci rivelò tutto il mistero: disse ciò che un uomo poteva dire.

2. Possiamo dire, fratelli carissimi, che Giovanni era uno di quei monti di cui sta scritto: Accolgano i monti la pace per il tuo popolo, e i colli la giustizia (Sal 71, 3). I monti sono le anime elevate, i colli sono le anime infantili. Ora i monti ricevono la pace affinché i colli possano ricevere la giustizia. E qual è questa giustizia che i colli ricevono? La fede, poiché il giusto vive di fede (Rm 1, 17; Ab 2, 4). Ma le anime infantili non potrebbero ricevere la fede, se le anime più elevate, che vengono chiamate monti, non fossero illuminate dalla Sapienza stessa, così da trasmettere alle anime infantili ciò che esse sono in grado di ricevere. Dunque i colli vivono di fede perché i monti accolgono la pace. Sono stati questi monti a dire alla Chiesa: La pace sia con voi! (Gv 20, 19). E annunziando la pace alla Chiesa, i monti non si sono allontanati da colui che aveva dato loro la pace; e così il loro annuncio di pace ha potuto essere non fittizio, ma autentico ed efficace.

3. Vi sono infatti altri monti che sono causa di naufragio: chiunque vi spinge la nave va in rovina. E' facile infatti che chi è in pericolo, vedendo terra, tenti l'approdo; ma talora si vede terra nel monte, mentre sotto ci sono gli scogli; e se uno tenta di raggiungere il monte, va a finire negli scogli, e invece del porto trova la catastrofe. Così ci furono certi monti che apparivano grandi in mezzo agli altri uomini, e crearono eresie e scismi, e divisero la Chiesa di Dio. Ma questi che divisero la Chiesa di Dio, non erano quei monti di cui è stato detto: Accolgano i monti la pace per il tuo popolo (Sal 71, 3). Come hanno potuto infatti ricevere la pace, se hanno spezzato l'unità?

4. Quanto a coloro che hanno ricevuto la pace per annunciarla al popolo, essi hanno contemplato la Sapienza stessa, per quanto almeno è concesso al cuore dell'uomo di raggiungere ciò che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrò in cuore di uomo. Ma se questa sapienza mai entrò in cuore di uomo, come poté raggiungere il cuore di Giovanni? Forse che Giovanni non era un uomo? Oppure diremo, non che la sapienza raggiunse il cuore di Giovanni, ma che fu il cuore di Giovanni a raggiungerla? Ciò che infatti sale al cuore dell'uomo, è più in basso rispetto all'uomo, mentre ciò a cui il cuore dell'uomo si eleva è all'uomo superiore. Credo, o fratelli, che possiamo esprimerci anche in questo modo: che salì nel cuore di Giovanni, in quanto egli stesso non era uomo. Ma che cosa vuol dire "non era un uomo"? In quanto, cioè, egli aveva incominciato ad essere angelo; poiché tutti i santi sono angeli, in quanto sono messaggeri di Dio. Così, quando l'Apostolo si rivolge agli uomini che hanno una mentalità carnale e perciò incapaci di percepire le cose di Dio, come si esprime? Dal momento che dite: io sono di Paolo, io di Apollo, non siete forse uomini? (1 Cor 3, 4). Cosa pretendeva che fossero quelli che egli rimproverava di essere uomini? Volete saperlo? Ascoltate ciò che dicono i Salmi: Io vi ho detto: siete dèi e tutti figli dell'Altissimo (Sal 81, 6). A questo dunque ci chiama Dio, a non essere uomini. Ma saremo cambiati in meglio, da uomini che siamo, a condizione che riconosciamo di non essere altro che uomini. E' l'umiltà che ci eleva a questa altezza. Se, invece, noi ci illudiamo di essere qualcosa, mentre in realtà siamo niente, non solo non riceveremo quello che ancora non siamo, ma perderemo anche ciò che siamo.

5. Dunque, fratelli, uno di questi monti era Giovanni, quel Giovanni che proclamò: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questo monte aveva accolto la pace, contemplava la divinità del Verbo. Come era questo monte? Quanto alto? Superava tutte le vette della terra, si elevava oltre ogni confine dello spazio, al di sopra di ogni stella più alta, al di sopra dei cori e delle legioni degli angeli. Se non avesse superato ogni cosa creata, non sarebbe giunto fino a colui per mezzo del quale tutte le cose furono fatte. Non potete farvi un'idea di ciò che esso superò, se non considerate a quale altezza è giunto. Pensi al cielo e alla terra? Sono stati fatti. Pensi alle cose che sono in cielo e sulla terra? A maggior ragione, anch'esse sono state fatte. Pensi alle creature spirituali, agli Angeli, agli Arcangeli, ai Troni, alle Dominazioni, alle Potenze, ai Principati? Sono tutti esseri creati. Il Salmo, infatti, dopo aver enumerato tutte queste cose, così conclude: Egli disse e furono fatte, egli ordinò e furono create (Sal 148, 5). Ora, se disse e furono fatte, è per mezzo del Verbo che furono fatte; e se tutto fu fatto per mezzo del Verbo, la mente di Giovanni non avrebbe potuto raggiungere quel vertiginoso mistero che egli rivela proclamando: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio, se non si fosse elevato al di sopra di tutte le cose che per mezzo del Verbo furono fatte. Di che genere è questo monte, quanto santo, quanto elevato tra quei monti che accolsero la pace per il popolo di Dio, affinché i colli potessero ricevere la giustizia?

[Levate lo sguardo a questo monte.]

6. Vedete dunque, fratelli, se Giovanni non sia proprio uno di questi monti dei quali dianzi abbiamo cantato: Ho alzato i miei occhi verso i monti, donde mi verrà l'aiuto (Sal 120, 1). E allora, fratelli miei, se volete capire, elevate gli occhi a questo monte; cioè, elevatevi verso l'evangelista, elevatevi alla sua comprensione. Ma poiché questi monti ricevono la pace, né può essere pace in chi ripone la speranza in un uomo, non vogliate innalzare gli occhi al monte, quasi pensando di dover collocare la vostra speranza in un uomo. Dite piuttosto: Ho innalzato i miei occhi ai monti dai quali mi verrà l'aiuto, e subito aggiungete: Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra (Sal 120, 2). Innalziamo quindi gli occhi ai monti, donde ci verrà l'aiuto. E tuttavia non è nei monti che dobbiamo riporre la nostra speranza; poiché i monti ricevono, a loro volta, ciò che a noi trasmettono. Riponiamo quindi la nostra speranza nella fonte da cui anche i monti ricevono. Quando eleviamo i nostri occhi alle Scritture, siccome ci furono date per mezzo di uomini, noi eleviamo i nostri occhi ai monti donde ci verrà l'aiuto. Ma poiché coloro che redassero le Scritture erano essi stessi uomini, essi non risplendevano di luce propria, ma la vera luce era colui che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (cf. Gv 1, 9). Era un monte anche quel Giovanni Battista che diceva: Non sono io il Cristo (Gv 1, 20). Temendo che qualcuno, ponendo la speranza nel monte, abbandonasse colui che illumina i monti, egli stesso confessava: Tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza (Gv 1, 16). E così quando voi dite: Ho elevato i miei occhi ai monti, donde mi verrà l'aiuto (Sal 120, 1), non dovete attribuire ai monti l'aiuto che ricevete, e perciò soggiungete: L'aiuto mi verrà dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra (Sal 120, 2).

7. Vi ho dunque fatto questi ammonimenti, o fratelli, affinché comprendiate che quando avete elevato il cuore alle Scritture ascoltando il Vangelo che dice: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio, e le altre parole che sono state lette: voi avete così alzato i vostri cuori ai monti. Voi infatti non avreste la minima idea di queste cose, se i monti non ve le avessero rivelate. E' dunque dai monti che vi viene l'aiuto, per potere almeno udire queste cose; ma non siete ancora in grado di capire ciò che avete udito. Invocate l'aiuto del Signore, che ha fatto il cielo e la terra. I monti hanno parlato, ma non possono illuminare: perché essi stessi sono stati illuminati con l'udire. Colui che ha detto queste cose, le ha ricevute a sua volta: è quel Giovanni che stava appoggiato sul petto del Signore, e dal petto del Signore ha bevuto ciò che ora a noi comunica. Ma egli vi offre solo delle parole. Se volete averne l'intelligenza, dovete attingerla a quella stessa fonte cui egli bevve. Alzate dunque gli occhi ai monti donde vi verrà l'aiuto, ai monti che vi porgeranno come in una coppa la parola che a loro volta essi hanno ricevuto; ma, siccome l'aiuto vi verrà dal Signore che ha fatto il cielo e la terra, elevate il vostro cuore per riempirlo alla fonte stessa cui l'evangelista riempì il suo; è per questo che avete detto: L'aiuto mi verrà dal Signore, che ha fatto il cielo e la terra. Ve lo riempia colui che può. E' questo che voglio dire, fratelli: ciascuno elevi il suo cuore con le sue capacità e prenda ciò che vien detto. Qualcuno potrebbe osservare che io sono più presente a voi, di quanto lo sia Dio. Ebbene no, Dio lo è molto di più; perché io sono qui presente davanti ai vostri occhi, ma è Dio che dirige l'intimo della vostra anima. A me porgete l'orecchio, a Dio aprite il cuore, per riempire e l'uno e l'altro. Ecco, voi elevate verso di noi i vostri occhi e questi sensi del corpo anzi, non verso di noi, perché noi non facciamo parte di questi monti; ma al Vangelo stesso, all'evangelista in persona, voi dovete volgere lo sguardo. Il cuore, invece, elevatelo al Signore, affinché lo riempia. Ciascuno elevi il cuore, badando bene a ciò che eleva e a chi lo eleva. Perché ho detto: a ciò che eleva e verso chi lo eleva? Veda com'è il cuore che eleva, perché è verso il Signore che lo eleva; affinché, gravato dal peso della voluttà carnale, non abbia a cadere prima ancora di essersi elevato. Ebbene, se uno avverte il peso della carne, si sforzi, mediante la continenza, di purificare il cuore per elevarlo poi a Dio. Beati infatti i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8).

[Il verbo dell'uomo.]

8. A quale scopo sono risuonate le parole: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio? Anche noi, quando parliamo, diciamo delle parole. Forse che a tali parole è simile il Verbo che è presso Dio? Le parole che noi pronunciamo percuotono l'aria, e poi si disperdono. Vuol dire che anche il Verbo di Dio ha cessato di esistere non appena è stato pronunciato? In che senso allora tutto è stato fatto per mezzo di lui e niente senza di lui? Come può essere da lui governato ciò che per mezzo di lui fu creato, se il Verbo non è che un suono che passa? Qual Verbo è, allora, questo che viene pronunciato e non passa? La vostra Carità presti attenzione: si tratta di una cosa sublime. A forza di parlare, le parole perdono valore: risuonano, passano, e perdono valore, e non sembrano altro che parole. C'è però anche nell'uomo una parola che rimane dentro: il suono solo infatti esce dalla bocca. E' la parola che viene pronunciata autenticamente nello spirito, quella che tu percepisci attraverso il suono, ma che non si identifica col suono. Quando, ad esempio, io dico: Dio, pronuncio una parola. E' una parola tanto breve: tre lettere e due sillabe! Forse che Dio è tutto qui, tre lettere e due sillabe? Quanto è insignificante la parola, altrettanto è grandioso il significato che essa esprime. Che cosa è avvenuto nel tuo cuore, quando hai udito: Dio? Che cosa è avvenuto nel mio quando ho pronunciato: Dio? Abbiamo pensato alla realtà suprema, che trascende ogni mutevole creatura, materiale e spirituale. E se ti domandassi: Dio è mutevole o immutabile? Subito mi risponderesti: lungi da me il pensare che Dio sia soggetto a qualche mutamento, poiché egli è immutabile. La tua anima, benché piccola, benché forse ancora carnale, non mi ha potuto rispondere se non che Dio è immutabile; ogni creatura invece è soggetta a mutamento. Come hai potuto gettare il tuo sguardo in ciò che è al di sopra di ogni creatura, per rispondermi, con tanta sicurezza, che Dio è immutabile? Che c'è dunque nel tuo cuore quando pensi ad una realtà viva, eterna, onnipotente, infinita, ovunque presente, ovunque tutta intera, in nessun modo circoscritta? Quando pensi a queste cose, c'è nel tuo cuore la parola Dio. Questa parola è, allora, solo quel suono formato da tre lettere e due sillabe? Tutto ciò che si dice passa, è un insieme di suoni, di lettere, di sillabe. Questa parola che risuona, passa: ma ciò che il suono significa, è nella mente sia di chi l'ha pronunciata, sia di chi l'ha udita; esso rimane anche quando è cessato il suono.

[Il Verbo di Dio.]

9. Richiamo l'attenzione a questa parola. Tu puoi averla nel tuo cuore e sarà come un'idea nata nella tua mente, da essa partorita come sua prole, sarà come un figlio del tuo cuore. Se, ad esempio, devi costruire un edificio, devi realizzare qualcosa di grande, prima ne concepisci l'idea nella tua mente. L'idea è già nata quando l'opera non è ancora eseguita; tu vedi già quello che vuoi fare, ma gli altri non potranno ammirarlo se non quando avrai costruito e ultimato l'edificio, se non quando avrai realizzato e portato a compimento la tua opera. Essi ammirano il tuo progetto e aspettano la costruzione mirabile; restano ammirati di fronte a ciò che vedono e amano ciò che ancora non vedono: chi può, infatti, vedere l'idea? Se dunque di fronte ad una grandiosa realizzazione vien fatto di lodare l'idea di un uomo, vuoi misurare la grandezza dell'idea di Dio che è il Signore Gesù Cristo, cioè il Verbo di Dio? Considera la mirabile costruzione del mondo; guarda quali cose sono state fatte per mezzo del Verbo, e riuscirai così a farti un'idea della grandezza del Verbo. Osserva le due parti del mondo, il cielo e la terra: chi potrà mai descrivere lo splendore del cielo? chi riuscirà a illustrare la fecondità della terra? chi potrà degnamente celebrare la successione delle stagioni e la forza vitale delle sementi? Rinuncio, come vedete, a parlare di tante altre cose nel timore di riuscire a dire meno di quanto voi stessi riuscite a pensare. Ebbene, da questa opera che è il mondo, fatevi un'idea del Verbo per mezzo del quale tutto è stato fatto. Né soltanto questo è stato fatto. Noi vediamo tutte queste cose, in quanto sono accessibili ai sensi del corpo. Ma per mezzo del Verbo sono stati fatti anche gli Angeli, gli Arcangeli, le Potenze, i Troni, le Dominazioni, i Principati; tutto è stato fatto per mezzo del Verbo. Da ciò fatevi un'idea del Verbo.

10. Qualcuno forse potrebbe osservare: Ma chi è colui che pensa un tal Verbo? Quando senti pronunciare il nome Verbo, non fartene un'idea troppo bassa fino a confonderlo con le parole che ascolti ogni giorno. Il tale ha detto queste parole, ha pronunciato queste altre; tu mi riferisci queste parole. A forza di usarle, le parole perdono il loro valore. E così quando senti dire: In principio era il Verbo, per non considerarlo di poco conto, come sei solito quando ascolti parole umane, ecco che cosa devi pensare: E il Verbo era Dio.

11. Venga fuori adesso un qualsiasi infedele ariano a dire che il Verbo di Dio è stato fatto. Come è possibile che il Verbo di Dio sia stato fatto, se Dio ha fatto ogni cosa per mezzo del Verbo? Se lo stesso Verbo di Dio è stato fatto, per mezzo di quale altro Verbo è stato fatto? Se tu dici che c'è un Verbo del Verbo, per mezzo del quale quest'ultimo è stato fatto, ebbene, io dico che esso è l'unigenito Figlio di Dio. Se invece tu dici che non esiste Verbo del Verbo, ammetti che non è stato fatto colui per mezzo del quale tutto è stato fatto; poiché non può essersi fatto da se stesso colui per mezzo del quale tutto è stato fatto. Credi, dunque, all'evangelista. Egli avrebbe potuto esprimersi così: In principio Dio fece il Verbo, allo stesso modo che Mosè disse: In principio Dio fece il cielo e la terra (Gn 1, 1), ed enumera le opere della creazione così: "Dio disse: sia, e fu fatto". Chi è che disse? Certamente Dio. E che cosa è stato fatto? Una creatura. Ora, tra Dio che disse e la creatura che è stata fatta, che cosa c'era di mezzo se non il Verbo, per mezzo del quale essa è stata fatta? Infatti Dio disse: "Sia, e fu fatta". Questo è il Verbo immutabile. Sebbene tutto ciò che per mezzo del Verbo è stato fatto sia soggetto a mutamento, egli è immutabile.

[Ti rifaccia colui che ti ha fatto.]

12. Non voler dunque credere che colui per mezzo del quale tutto è stato fatto, sia stato fatto a sua volta; affinché tu non abbia a perdere la possibilità di essere rifatto dal Verbo, per mezzo del quale tutto viene rifatto. Per mezzo del Verbo sei stato fatto, ma è necessario che per mezzo del Verbo tu venga rifatto. Se però non fosse autentica la tua fede riguardo al Verbo, non potresti essere rifatto per mezzo di lui. E se hai avuto l'esistenza grazie al Verbo, se è per mezzo di lui che sei stato formato, per colpa tua, invece, vieni meno. E se per colpa tua vieni meno, ti rifaccia colui che ti ha fatto; se per colpa tua decadi, colui che ti ha creato ti ricrei. Ma come potrà ricrearti per mezzo del Verbo, se ti sei fatto di lui un'idea sbagliata? L'evangelista proclama: In principio era il Verbo, e tu invece sostieni che in principio il Verbo fu fatto. L'evangelista afferma: Tutto fu fatto per mezzo di lui, e tu sostieni che il Verbo stesso fu fatto. L'evangelista avrebbe potuto dire: In principio fu fatto il Verbo; e invece che cosa dice? In principio era il Verbo. Se "era", vuol dire che non è stato fatto, e che invece, tutte queste cose, furono fatte per mezzo di lui e niente senza di lui. Se ancora non riesci a penetrare il significato delle parole: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio, aspetta di crescere. Questo è cibo solido; e tu hai ancora bisogno di nutrirti col latte, per crescere fino a diventare capace di prendere questo cibo.

[L'universo è stato fatto per mezzo di lui.]

13. Fate attenzione ora, o fratelli, a ciò che segue: Tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto. State attenti a non credere che il "nulla" sia qualcosa. Molti, infatti, interpretando male la frase: senza di lui nulla fu fatto, sono portati a credere che il nulla sia qualcosa. Intanto, il peccato non fu fatto per mezzo di lui; ed è chiaro che il peccato è nulla, e a nulla si riducono gli uomini quando peccano. Così, l'idolo non fu fatto per mezzo del Verbo; possiede una qualche forma umana, ma soltanto l'uomo fu fatto per mezzo del Verbo. La forma umana dell'idolo, invece, non fu fatta per mezzo del Verbo. E sta scritto: Sappiamo che l'idolo è nulla (1 Cor 8, 4). Queste cose, dunque, non sono state fatte per mezzo del Verbo. Invece, tutto ciò che è secondo natura è stato fatto, senza eccezione alcuna. Tutti gli astri che sono in cielo, tutto ciò che risplende lassù, tutto ciò che vola sotto il cielo, tutto ciò che si muove nell'universo: ogni creatura, senza eccezione, è stata fatta. In breve e più chiaramente perché comprendiate meglio, per mezzo del Verbo è stato fatto tutto, dagli angeli al più piccolo verme. Che c'è di più elevato di un angelo fra le creature? Che cosa è più trascurabile di un verme? Ebbene, chi ha fatto l'angelo, ha fatto pure il verme; l'angelo però è stato fatto per il cielo, il verme per la terra. Così dispose chi li creò. Se Dio avesse collocato il verme nel cielo, gli muoveresti rimprovero; così pure se avesse voluto che l'angelo nascesse dalla carne in decomposizione. E tuttavia Dio fa qualcosa di simile, e non c'è da fargliene rimprovero. Che cosa sono infatti tutti gli uomini che nascono dalla carne, se non dei vermi? E di questi vermi Dio fa degli angeli. Se il Signore stesso non esita a dire: Io sono un verme e non un uomo (Sal 21, 7), chi esiterà a dire ciò che nel libro di Giobbe sta scritto: Quanto più sarà l'uomo putredine, e il figlio dell'uomo un verme (Gb 25, 6)? Prima dice: l'uomo è putredine, e poi: il figlio dell'uomo è un verme. L'uomo è putredine e il figlio d'uomo è un verme perché il verme nasce dalla putredine. Ecco cosa ha voluto farsi per te colui che in principio era il Verbo, il Verbo ch'era presso Dio, il Verbo ch'era Dio. E perché si è abbassato così per te? Perché tu potessi succhiare il latte, dato che eri ancora incapace di nutrirti di cibo solido. E' in questo senso dunque, fratelli, che dovete intendere le parole: Tutto fu fatto per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto. Ogni creatura, senza eccezione, è stata fatta per mezzo di lui, la più piccola come la più grande; le cose che sono sopra di noi come quelle che ci sono inferiori, le spirituali come le corporali, tutto fu fatto per mezzo di lui. Non c'è forma, non c'è coesione né armonia di parti, non c'è alcuna sostanza calcolabile in peso, numero e misura; niente esiste se non per mezzo di quel Verbo, e originato da quel Verbo creatore, al quale si riferisce la parola della Scrittura: Tutto hai disposto in numero, peso e misura (Sap 11, 21).

14. Badate dunque che nessuno vi prenda in trappola quando vi accadesse di spazientirvi a causa delle mosche. Ci sono stati infatti taluni che sono stati giocati e accalappiati dal diavolo con le mosche. Voi sapete che quelli che tendono le reti, usano mettervi delle mosche, per attirare gli uccelli che hanno fame. Ed è proprio così che alcuni sono stati giocati dal diavolo con delle mosche. Un tale, non ricordo chi, un giorno era tormentato dalle mosche. Un manicheo, che l'aveva trovato così spazientito e al quale aveva detto di non riuscire a sopportare le mosche e di odiarle cordialmente, subito gli domandò: "Chi le ha fatte le mosche?". L'altro che era infastidito al punto da odiarle, non ebbe il coraggio di rispondere: "Le ha fatte Dio". Eppure era cattolico. Il manicheo obiettò: "E se non le ha fatte Dio, chi le ha fatte?". E quello: "Credo che le abbia fatte il diavolo". Il manicheo incalzò: "Se le mosche le ha fatte il diavolo, come vedo che tu giudiziosamente riconosci, chi ha creato l'ape, che è poco più grande della mosca?". L'altro, data la scarsa differenza dei due insetti, non se la sentì di dire che Dio ha creato l'ape e non ha creato la mosca. Così, dall'ape, il manicheo passò alla cavalletta, dalla cavalletta alla lucertola, dalla lucertola all'uccello, dall'uccello alla pecora; arrivò al bove, all'elefante, infine all'uomo. E convinse quell'uomo che l'uomo non è stato creato da Dio. Così quel poveretto che aveva perduto la pazienza a causa delle mosche, diventò a sua volta una mosca che cadde in potere del diavolo. Non per nulla si dice che Beelzebub significhi "principe delle mosche" a proposito delle quali sta scritto: Le mosche che vi muoiono dentro, guastano l'unguento profumato (Qo 10, 1).

15. Ora, fratelli, perché vi ho detto questo? Chiudete le orecchie del vostro cuore alle insidie del nemico; convincetevi che Dio ha fatto tutte le cose, collocando ciascuna al suo posto. Ma perché, allora, dobbiamo soffrire tanto per colpa di una creatura di Dio? Perché abbiamo offeso Dio. Forse che gli angeli sono soggetti a questi nostri mali? Credo che neppure noi, in questa vita, dovremmo temerli troppo. Delle tue sofferenze fanne colpa al tuo peccato, non al giudice. E' per punire la nostra superbia, infatti, che Dio ha incaricato un'infima e trascurabile creatura di tormentarci. Di modo che, quando l'uomo si insuperbisce e si innalza contro Dio, e, pur non essendo che un mortale, calpesta esseri mortali come lui, o, pur essendo un uomo, rifiuta di conoscere nell'altro uomo un suo prossimo, quando così s'innalza, venga sottoposto alle pulci. Che cos'è tutta questa superbia, o uomo? Uno ti ha detto una parola offensiva, e tu ti sei risentito e ti sei adirato, tu che per dormire devi combattere con le pulci! Riconosci che cosa sei. Ecco una prova, o fratelli, che è per umiliare la nostra superbia che sono stati creati questi animali molesti: Dio avrebbe potuto domare il superbo popolo del Faraone servendosi di orsi, di leoni, di serpenti; e invece mandò loro delle mosche e delle rane (Es 8, 6 21), per umiliarne l'orgoglio con esseri vilissimi.

[In lui tutto è vita.]

16. Dunque, fratelli: Tutte le cose - assolutamente tutte - furono fatte per mezzo di lui, e niente fu fatto senza di lui. Ma in che modo tutto fu fatto per mezzo di lui? Ciò che fu fatto, in lui è vita (Gv 1, 3-4). Si potrebbe dire anche: Ciò che in lui fu fatto, è vita. Seguendo questa punteggiatura, risulta che tutto ciò che esiste è vita. E in verità, quale cosa non è stata creata in lui? Egli è, infatti, la sapienza di Dio, di cui sta scritto in un salmo: Tutto hai fatto nella tua sapienza (Sal 103, 24). Se, dunque, Cristo è la sapienza di Dio, e il salmo dice: Tutto hai fatto nella tua sapienza, ogni cosa allora è stata fatta in lui, così come ogni cosa è stata fatta per mezzo di lui. Se tutto, fratelli carissimi, è stato fatto in lui, e se tutto ciò che è stato fatto in lui, è vita, allora anche la terra è vita, anche il legno è vita. Sì, diciamo che il legno è vita, ma intendendo il legno della croce, dal quale abbiamo ricevuto la vita. Dunque, anche la pietra sarebbe vita? Ma è sbagliato intendere così, perché in questo modo si offrirebbe a quella sordida setta dei manichei un nuovo pretesto per dire che la pietra possiede la vita, che un muro ha l'anima, che una corda, la lana, un vestito, hanno un'anima. E' così infatti che essi usano spropositare, e, ripresi e controbattuti, rispondono appellandosi alle Scritture. Perché, dicono, è scritto: Ciò che in lui fu fatto, è vita. Se davvero tutto in lui fu fatto, tutto è vita. Ebbene, non lasciarti ingannare, segui questa punteggiatura: Ciò che fu fatto; qui pausa, e poi continua: in lui è vita. Che cosa vuol dire? La terra è stata creata, ma questa terra creata non è la vita. E' che nella sapienza stessa esiste spiritualmente una certa idea secondo cui fu fatta la terra: questa idea è vita.

17. Cercherò di farmi capire meglio che posso alla Carità vostra. Un artigiano si mette a fare un armadio. Ma prima l'armadio egli ce l'ha nella mente: se egli prima di fabbricarlo non ne avesse l'idea nella mente, come potrebbe costruirlo? Naturalmente l'armadio che è nella mente dell'artigiano, non è precisamente quello che poi noi vediamo coi nostri occhi. Nella mente c'è l'opera in maniera invisibile e soltanto una volta realizzata sarà visibile. Quando l'armadio sarà costruito, cesserà forse per questo di esistere nella mente? No, l'idea è stata realizzata nell'opera, ma rimane nella mente del costruttore. L'armadio potrà anche marcire, e dall'idea che è nella mente se ne potrà fabbricare un altro. Considerate, dunque, l'armadio come idea e l'armadio come opera eseguita. L'armadio fabbricato non è vita, ma l'armadio come idea è vita, essendo viva l'anima dell'artefice nella quale esistono tutte queste cose, prima che vengano alla luce. Altrettanto si può dire, fratelli carissimi, della sapienza di Dio, per mezzo della quale sono state fatte tutte le cose: come mente creatrice, essa le possiede tutte prima ancora che siano realizzate; di conseguenza quanto è stato fatto per mezzo di quella idea creatrice, non tutto è vita, ma tutto ciò che è stato fatto è vita in lui. Guarda la terra: essa è nella mente del suo Creatore; guarda il cielo: esso è in quella mente; guarda il sole e la luna: sono anch'essi nella mente creatrice. E mentre fuori di essa sono corpi, nella mente di Dio sono vita. Cercate di capirmi, se potete. Il tema è grandioso. E questa grandezza non deriva da me o per mezzo di me che lo affronto, che evidentemente non sono grande, ma da colui che davvero è grande. Non sono io che ho detto queste cose. Io sono piccolo; ma non è piccolo colui al quale io mi rivolgo per potervele comunicare. Comprenda ciascuno come può, quanto può; e chi non può, nutra il suo cuore per arrivare a comprendere. E di che lo nutrirà? Si nutra di latte, e diventerà capace di cibo solido. Non si allontani da Cristo nato dalla carne, finché arriverà a Cristo nato dall'unico Padre, al Verbo che è Dio presso Dio, per mezzo del quale tutte le cose sono state fatte: quella è infatti la vita che in lui è luce degli uomini.

[E la vita è luce.]

18. Sono queste infatti le parole che seguono: E la vita era la luce degli uomini (Gv 1, 4). E' da questa vita che gli uomini vengono illuminati. Gli animali non vengono illuminati, perché gli animali non possiedono un'anima razionale, che consenta loro di contemplare la sapienza. L'uomo, invece, fatto a immagine di Dio, possiede un'anima razionale, capace di accogliere la sapienza. Dunque quella vita, per mezzo della quale furono fatte tutte le cose, quella vita è essa stessa luce; e non di qualsiasi essere animato, ma luce dell'uomo. E' per questo che l'evangelista fra poco dirà: Era la vera luce, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo (Gv 1, 9). E' questa la luce che illuminò Giovanni Battista; come pure lo stesso Giovanni evangelista. Di questa luce era pieno colui che disse: Non sono io il Cristo; ma colui che viene dopo di me, al quale io non sono degno di sciogliere i lacci dei sandali (Gv 1, 20 27). E illuminato da questa luce era l'evangelista, quando disse: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio. Questa vita è dunque la luce degli uomini.

19. Ma i cuori degli stolti non sono ancora in grado di accogliere questa luce, perché il peso dei peccati impedisce loro di vederla. Non pensino costoro che la luce non c'è, solo perché essi non riescono a vederla. E' che a causa dei peccati essi sono tenebre: E la luce risplende tra le tenebre, ma le tenebre non l'hanno compresa (Gv 1, 5). Immaginate, fratelli, un cieco in pieno sole: il sole è presente a lui, ma lui è assente al sole. Così è degli stolti, dei malvagi, degli iniqui: il loro cuore è cieco; la sapienza è lì presente, ma trovandosi di fronte a un cieco, per gli occhi di costui è come se essa non ci fosse; non perché la sapienza non sia presente a lui, ma è lui che è assente. Che deve fare allora quest'uomo? Purifichi l'occhio con cui potrà vedere Dio. Faccia conto di non riuscire a vedere perché ha gli occhi sporchi o malati: per la polvere, per un'infiammazione o per il fumo. Il medico gli dirà: Pulisciti gli occhi, liberandoti da tutto ciò che ti impedisce di vedere la luce. Polvere, infiammazione, fumo, sono i peccati e le iniquità. Togli via tutto, e vedrai la sapienza, che è presente, perché Dio è la sapienza. Sta scritto infatti: Beati i puri di cuore, perché essi vedranno Dio (Mt 5, 8).


Capitolo IV: Mantenersi intimamente uniti in Dio, in spirito di verità e di umiltà

Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis

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1. Figlio, cammina alla mia presenza in spirito di verità, e cercami sempre con semplicità di cuore. Chi cammina dinanzi a me in spirito di verità sarà protetto dagli assalti malvagi; la verità lo farà libero da quelli che cercano di sedurlo e dai perversi, con le loro parole infamanti. Se ti farà libero la verità, sarai libero veramente e non terrai in alcun conto le vane parole degli uomini. E' vero, o Signore: ti prego, così mi avvenga, come tu dici. Mi sia maestra la tua verità; mi custodisca e mi conduca alla meta di salvezza; mi liberi da effetti e da amori perversi, contrari alla divina volontà. Allora camminerò con te, con grande libertà di spirito.   

2. Io ti insegnerò, dice la Verità, ciò che è retto e mi è gradito. Ripensa con grande, amaro dolore, ai tuoi peccati, e non credere mai di valere qualcosa, per opere buone che tu abbia compiuto. In realtà sei un peccatore, irretito da molte passioni e schiavo di esse. Da te non giungi a nulla: subitamente cadi e sei vinto; subitamente vieni sconvolto e dissolto. Non hai nulla di che ti possa vantare; hai molto, invece, di che ti debba umiliare, giacché sei più debole assi di quanto tu possa capire. Di tutto quello che fai, niente ti sembri grande, prezioso e ammirevole; niente ti sembri meritevole di stima. Alto, lodevole e desiderabile davvero ti sembri soltanto ciò che è eterno. Più di ogni altra cosa, ti sia cara la verità eterna; e sempre ti dispiaccia la tua estrema pochezza. Nulla devi temere, disprezzare e fuggire quanto i tuoi vizi e i tuoi peccati; cose che ti debbono affliggere più di ogni danno materiale.

3. Ci sono persone che camminano al mio cospetto con animo non puro: persone che - dimentiche di se stesse e della propria salvezza, e mosse da una certa curiosità e superbia - vorrebbero conoscere i miei segreti, e comprendere gli alti disegni di Dio. Costoro cadono sovente in grandi tentazioni e in grandi peccati per quella loro superbia e curiosità, che io ho in odio. Mantieni una religiosa riverenza dinanzi al giudizio divino, dinanzi allo sdegno dell'Onnipotente. Non volere, dunque, sondare l'operato dell'Altissimo. Esamina invece le tue iniquità: in quante cose hai errato e quante cose buone hai tralasciato. Ci sono alcuni che fanno consistere la loro pietà soltanto nelle letture, nelle immagini sacre e nelle raffigurazioni esteriori e simboliche; altri mi hanno sulla bocca, ma poco c'è nel loro cuore. Ci sono invece altri che, illuminati nella mente e puri nei loro affetti, anelando continuamente alle cose eterne, provano fastidio a sentir parlare di cose terrene e soffrono ad assoggettarsi a ciò che la natura impone. Sono questi che ascoltano ciò che dice, dentro di loro, lo spirito di verità. Il quale li ammaestra a disprezzare le cose di questa terra e ad amare quelle del cielo; ad abbandonare il mondo e ad aspirare, giorno e notte, al cielo.


35-5 Agosto 29, 1937 Come Dio vuol vedere la sua vita in chi vive nella sua Volontà giunge a farsi suo modello. Doni che Dio dà alla creatura. Lo spazio dell’umano volere è la stanza divina delle maraviglie di Dio.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Il mio volo nel Voler Divino continua, le sue attrattivi, i suoi modi affascinanti, si fanno più insistenti, il suo voler vivere nell’anima è tanto, che si atteggia ora a preghiera, ora a supplica, ora a promessa, fino a prometterle nuovi doni più belli ed inaspettati, purché lo faccia regnare, e solo chi ingrata può resistere a tante sue premure. Ma mentre la mia mente era affollata da tante suppliche e sospiri del Fiat Divino, il mio dolce Gesù, la cara mia vita, ripetendomi la sua breve visitina, tutto bontà, come se volesse dare sfogo al suo amore, mi ha detto:

(2) “Figlia benedetta della mia Volontà, se tu sapessi in quale labirinto d’amore ci mette chi non vive nel nostro Volere, posso dire che ogni atto che fa, parola, pensiero, palpito e respiro, che non vediamo scorrere in esso la vita del nostro Volere, il nostro amore, viene represso, sente un dolore, dà in singhiozzo di pianto, geme e sospira perché non trova nella creatura la sua vita, l’atto suo, il suo palpito, la sua parola, la santità della nostra intelligenza, e vedendosi messo fuori e come da parte, da dentro e di tutto ciò che fa la creatura, si sente il suo amore spento, legarsi le braccia, sente che non può svolgere il suo lavorio in essa. Figlia mia, che dolore! poter dar vita e non darla; poter parlare nella parola umana, e ridursi al silenzio perché la creatura non le dà il posto nella sua parola; poter amare col nostro amore nel suo cuore, e non trovare il posto dove metterlo, oh! come il nostro amore resta inceppato e come senza vita, per chi non vive nella nostra Volontà.

(3) Ora, tu devi sapere che quando l’anima fa un atto nella nostra Volontà Divina, Dio si fa modello, e l’atto diventa materia per ricevere il modello divino, sicché la nostra più che paterna bontà è tutta attenzione per vedere tutto ciò che fa chi vive nel nostro Volere, e come sta per pensare, parlare, operare, così vi suggella il modello della sua sapienza, il modello della sua parola creatrice, e la santità delle sue opere; è tanto il nostro amore, che vogliamo farci vita della sua vita, palpito del suo cuore, amore del suo amore. E’ tanto il nostro delirio d’amore, che vogliamo fare i nostri facsimili, e solo per chi vive nel nostro Volere possiamo ottenere l’intento, né ci mancherebbe la materia adattabile per ricevere il nostro modello”.

(4) Dopo ciò ha soggiunto con una enfasi ancora più forte:

(5) “Figlia mia, è tanto il nostro amore, che non facciamo altro che dare continui doni alla creatura. Il primo dono fu tutta la Creazione, poi venne la creazione dell’uomo, quanti doni non le demmo? Doni d’intelligenza in cui mettevamo il modello, lo specchio della nostra Trinità Sacrosanta, l’occhio, l’udito, la parola, erano tutti doni che le facevamo; e non solo le davamo i doni, ma prendevamo la nostra parte conservante e creatrice per custodirgli questi doni, in atto di sempre darli, è tanto il nostro amore nel donare i nostri doni, che non ci distacchiamo dal dono che diamo, ma restiamo nel dono che abbiamo dato per tenere più sicuro e custodito il dono che l’abbiamo dato. Oh! come il nostro amore è esuberante, come ci lega dappertutto, e mentre ci fa dare non lascia il dono in balia della creatura, perché non terrebbe virtù di conservarli, e perciò ci offriamo Noi stessi a custodirli, e per amarla di più ci mettiamo in atto di darli continuamente. Che dirti poi figlia mia del gran dono che le facemmo nel creare la volontà umana nella creatura? Come primo creammo lo spazio e poi creammo il cielo, le stelle, il sole, l’aria, il vento, e così di seguito, sicché lo spazio doveva servire per poter creare le altre nostre opere, crearle e non aver dove metterle, non sarebbero opere degne della nostra sapienza. Così, col creare l’umana volontà creammo lo spazio, il posto dove poter mettere il gran dono che facevamo all’uomo della nostra Santissima Volontà, questo spazio doveva servire alla nostra Volontà operante, in cui doveva mettere cieli più estesi, soli più fulgidi, e non uno solo, ma quante volte operava. Quindi, la Creazione doveva servire all’uomo, questo spazio della volontà umana doveva servire al suo Dio per formarsi le sue delizie, per poter sempre operare e formarsi il suo poggio, il suo trono, la sua stanza divina. Le facevo questo dono, le formavo questo spazio per poter tenere il luogo per conversare con lui e starmi a tu per tu in dolce compagnia, volevo tenere il mio gabinetto segreto, il mio amore voleva dirle tante cose, ma volevo l’appartamento dove parlargli, ed il mio amore giungeva a tanto, fino a darsi in balia dell’uomo e l’uomo in balia di Dio. Perciò amo tanto che viva nella mia Volontà, perché voglio ciò che creai solo per Me, reclamo il mio poggio, il mio trono, la mia stanza divina. Perciò, fino a tanto che l’uomo non ritorni nella mia Volontà Divina e mi dia il mio posto regio nella sua, Io non posso compiere la Creazione, teniamo tante altre belle cose da fare nel nostro spazio dell’umano volere, tante altre cose da dire, e non possiamo né fare né dire, perché mancando la nostra Volontà, troviamo il nostro spazio ingombrato, quindi, le nostre opere non abbiamo dove metterle, e se vogliamo parlare non ci capirà né terrà udito per ascoltarci. Perciò faremo prodigi non mai uditi per riacquistare ciò che è nostro, lo spazio e la nostra stanza divina. Tu prega e soffri perché riacquisti ciò ch’è mio, e mai mi negare lo spazio del tuo umano volere, affinché il mio amore si sfoghi e le mie opere ritornino a continuare l’opera della Creazione”.