Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 18° settimana del tempo ordinario (Trasfigurazione di Nostro Signore)
Vangelo secondo Matteo 12
1In quel tempo Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.2Ciò vedendo, i farisei gli dissero: "Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato".3Ed egli rispose: "Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell'offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti?5O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa?6Ora io vi dico che qui c'è qualcosa più grande del tempio.7Se aveste compreso che cosa significa: 'Misericordia io voglio e non sacrificio', non avreste condannato individui senza colpa.8Perché il Figlio dell'uomo è signore del sabato".
9Allontanatosi di là, andò nella loro sinagoga.10Ed ecco, c'era un uomo che aveva una mano inaridita, ed essi chiesero a Gesù: "È permesso curare di sabato?". Dicevano ciò per accusarlo.11Ed egli disse loro: "Chi tra voi, avendo una pecora, se questa gli cade di sabato in una fossa, non l'afferra e la tira fuori?12Ora, quanto è più prezioso un uomo di una pecora! Perciò è permesso fare del bene anche di sabato".13E rivolto all'uomo, gli disse: "Stendi la mano". Egli la stese, e quella ritornò sana come l'altra.14I farisei però, usciti, tennero consiglio contro di lui per toglierlo di mezzo.
15Ma Gesù, saputolo, si allontanò di là. Molti lo seguirono ed egli guarì tutti,16ordinando loro di non divulgarlo,17perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta Isaia:
18'Ecco il mio servo che io ho scelto;
il mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto.
Porrò il mio spirito sopra di lui
e annunzierà la giustizia alle genti.'
19'Non contenderà, né griderà,
né si udrà sulle piazze la sua voce.'
20'La canna infranta non spezzerà,
non spegnerà il lucignolo fumigante,
finché abbia fatto trionfare la giustizia;'
21'nel suo nome spereranno le genti.'
22In quel tempo gli fu portato un indemoniato, cieco e muto, ed egli lo guarì, sicché il muto parlava e vedeva.23E tutta la folla era sbalordita e diceva: "Non è forse costui il figlio di Davide?".24Ma i farisei, udendo questo, presero a dire: "Costui scaccia i demòni in nome di Beelzebùl, principe dei demòni".
25Ma egli, conosciuto il loro pensiero, disse loro: "Ogni regno discorde cade in rovina e nessuna città o famiglia discorde può reggersi.26Ora, se satana scaccia satana, egli è discorde con se stesso; come potrà dunque reggersi il suo regno?27E se io scaccio i demòni in nome di Beelzebùl, i vostri figli in nome di chi li scacciano? Per questo loro stessi saranno i vostri giudici.28Ma se io scaccio i demòni per virtù dello Spirito di Dio, è certo giunto fra voi il regno di Dio.29Come potrebbe uno penetrare nella casa dell'uomo forte e rapirgli le sue cose, se prima non lo lega? Allora soltanto gli potrà saccheggiare la casa.30Chi non è con me è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde.31Perciò io vi dico: Qualunque peccato e bestemmia sarà perdonata agli uomini, ma la bestemmia contro lo Spirito non sarà perdonata.32A chiunque parlerà male del Figlio dell'uomo sarà perdonato; ma la bestemmia contro lo Spirito, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro.
33Se prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono; se prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l'albero.34Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? Poiché la bocca parla dalla pienezza del cuore.35L'uomo buono dal suo buon tesoro trae cose buone, mentre l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae cose cattive.36Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio;37poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato".
38Allora alcuni scribi e farisei lo interrogarono: "Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno". Ed egli rispose:39"Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta.40Come infatti 'Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce', così il Figlio dell'uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.41Quelli di Nìnive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c'è più di Giona!42La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall'estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c'è più di Salomone!
43Quando lo spirito immondo esce da un uomo, se ne va per luoghi aridi cercando sollievo, ma non ne trova.44Allora dice: Ritornerò alla mia abitazione, da cui sono uscito. E tornato la trova vuota, spazzata e adorna.45Allora va, si prende sette altri spiriti peggiori ed entra a prendervi dimora; e la nuova condizione di quell'uomo diventa peggiore della prima. Così avverrà anche a questa generazione perversa".
46Mentre egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di parlargli.47Qualcuno gli disse: "Ecco di fuori tua madre e i tuoi fratelli che vogliono parlarti".48Ed egli, rispondendo a chi lo informava, disse: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?".49Poi stendendo la mano verso i suoi discepoli disse: "Ecco mia madre ed ecco i miei fratelli;50perché chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre".
Primo libro di Samuele 30
1Quando Davide e i suoi uomini arrivarono a Ziklàg il terzo giorno, gli Amaleciti avevano fatto una razzia nel Negheb e a Ziklàg. Avevano distrutto Ziklàg appiccandole il fuoco.2Avevano condotto via le donne e quanti vi erano, piccoli e grandi; non avevano ucciso nessuno, ma li avevano fatti prigionieri e se n'erano andati.3Tornò dunque Davide e gli uomini che erano con lui ed ecco la città era in preda alle fiamme; le loro donne, i loro figli e le loro figlie erano stati condotti via.4Davide e la sua gente alzarono la voce e piansero finché ne ebbero forza.5Le due mogli di Davide, Achinoàm di Izrèel e Abigail, già moglie di Nabal da Carmel, erano state condotte via.
6Davide fu in grande angoscia perché tutta quella gente parlava di lapidarlo. Tutti avevano l'animo esasperato, ciascuno per i suoi figli e le sue figlie. Ma Davide ritrovò forza e coraggio nel Signore suo Dio.7Allora Davide disse al sacerdote Ebiatar figlio di Achimelech: "Portami l''efod'". Ebiatar accostò l''efod' a Davide.8Davide consultò il Signore e chiese: "Devo inseguire questa banda? La raggiungerò?". Gli rispose: "Inseguila, la raggiungerai e libererai i prigionieri".9Davide e i seicento uomini che erano con lui partirono e giunsero al torrente di Besor, dove quelli rimasti indietro si fermarono.10Davide continuò l'inseguimento con quattrocento uomini: si fermarono invece duecento uomini che erano troppo affaticati per passare il torrente di Besor.11Trovarono nella campagna un Egiziano e lo portarono a Davide. Gli diedero da mangiare pane e gli diedero da bere acqua.12Gli diedero anche una schiacciata di fichi secchi e due grappoli di uva passa. Mangiò e si sentì rianimato, perché non aveva preso cibo e non aveva bevuto acqua da tre giorni e da tre notti.13Davide gli domandò: "A chi appartieni tu e di dove sei?". Rispose: "Sono un giovane egiziano, schiavo di un Amalecita. Il mio padrone mi ha abbandonato perché tre giorni fa mi sono ammalato.14Noi abbiamo depredato il Negheb dei Cretei, quello di Giuda e il Negheb di Caleb e abbiamo appiccato il fuoco a Ziklàg".15Davide gli disse: "Vuoi tu guidarmi verso quella banda?". Rispose: "Giurami per Dio che non mi ucciderai e non mi riconsegnerai al mio padrone e ti condurrò da quella banda".16Così fece da guida ed ecco, erano sparsi sulla distesa di quella regione a mangiare e a bere e a far festa con tutto l'ingente bottino che avevano preso dal paese dei Filistei e dal paese di Giuda.17Davide li batté dalle prime luci dell'alba fino alla sera del giorno dopo e non sfuggì alcuno di essi, se non quattrocento giovani, che montarono sui cammelli e fuggirono.18Davide liberò tutti coloro che gli Amaleciti avevano preso e in particolare Davide liberò le sue due mogli.19Non mancò nessuno tra di essi, né piccolo né grande, né figli né figlie, né la preda né ogni altra cosa che era stata presa loro: Davide ricuperò tutto.20Davide prese tutto il bestiame minuto e grosso: spingevano davanti a lui tutto questo bestiame e gridavano: "Questo è il bottino di Davide".
21Davide poi giunse ai duecento uomini che erano troppo sfiniti per seguire Davide e aveva fatto rimanere al torrente di Besor. Essi andarono incontro a Davide e a tutta la sua gente: Davide con la truppa si accostò e domandò loro come stavano le cose.22Ma tutti i cattivi e gli iniqui tra gli uomini che erano andati con Davide si misero a dire: "Poiché non sono venuti con noi, non si dia loro niente della preda, eccetto le mogli e i figli di ciascuno; li conducano via e se ne vadano".23Davide rispose: "Non fate così, fratelli miei, con quello che il Signore ci ha dato, salvandoci tutti e mettendo nelle nostre mani quella torma che era venuta contro di noi.24Chi vorrà seguire questo vostro parere? Perché quale la parte di chi scende a battaglia, tale è la parte di chi fa la guardia ai bagagli: insieme faranno le parti".25Da quel giorno in poi stabilì questo come regola e statuto in Israele fino ad oggi.26Quando fu di ritorno a Ziklàg, Davide mandò parte del bottino agli anziani di Giuda suoi amici, con queste parole: "Eccovi un dono proveniente dal bottino dei nemici del Signore":
27a quelli di Betel
e a quelli di Rama nel Negheb,
a quelli di Iattìr,
28a quelli di Aroer,
a quelli di Sifmòt,
a quelli di Estemoà,
29a quelli di Ràcal,
a quelli delle città degli Ieracmeeliti,
a quelli delle città dei Keniti,
30a quelli di Cormà,
a quelli di Bor-Asàn,
a quelli di Atach,
31a quelli di Ebron e a quelli di tutti i luoghi per cui era passato Davide con i suoi uomini.
Proverbi 9
1La Sapienza si è costruita la casa,
ha intagliato le sue sette colonne.
2Ha ucciso gli animali, ha preparato il vino
e ha imbandito la tavola.
3Ha mandato le sue ancelle a proclamare
sui punti più alti della città:
4"Chi è inesperto accorra qui!".
A chi è privo di senno essa dice:
5"Venite, mangiate il mio pane,
bevete il vino che io ho preparato.
6Abbandonate la stoltezza e vivrete,
andate diritti per la via dell'intelligenza".
7Chi corregge il beffardo se ne attira il disprezzo,
chi rimprovera l'empio se ne attira l'insulto.
8Non rimproverare il beffardo per non farti odiare;
rimprovera il saggio ed egli ti amerà.
9Da' consigli al saggio e diventerà ancora più saggio;
istruisci il giusto ed egli aumenterà la dottrina.
10Fondamento della sapienza è il timore di Dio,
la scienza del Santo è intelligenza.
11Per mezzo mio si moltiplicano i tuoi giorni,
ti saranno aggiunti anni di vita.
12Se sei sapiente, lo sei a tuo vantaggio,
se sei beffardo, tu solo ne porterai la pena.
13Donna irrequieta è follia,
una sciocca che non sa nulla.
14Sta seduta alla porta di casa,
su un trono, in un luogo alto della città,
15per invitare i passanti
che vanno diritti per la loro strada:
16"Chi è inesperto venga qua!".
E a chi è privo di senno essa dice:
17"Le acque furtive sono dolci,
il pane preso di nascosto è gustoso".
18Egli non si accorge che là ci sono le ombre
e che i suoi invitati se ne vanno nel profondo degli inferi.
Salmi 116
1Alleluia.
Amo il Signore perché ascolta
il grido della mia preghiera.
2Verso di me ha teso l'orecchio
nel giorno in cui lo invocavo.
3Mi stringevano funi di morte,
ero preso nei lacci degli inferi.
Mi opprimevano tristezza e angoscia
4e ho invocato il nome del Signore:
"Ti prego, Signore, salvami".
5Buono e giusto è il Signore,
il nostro Dio è misericordioso.
6Il Signore protegge gli umili:
ero misero ed egli mi ha salvato.
7Ritorna, anima mia, alla tua pace,
poiché il Signore ti ha beneficato;
8egli mi ha sottratto dalla morte,
ha liberato i miei occhi dalle lacrime,
ha preservato i miei piedi dalla caduta.
9Camminerò alla presenza del Signore
sulla terra dei viventi.
10Alleluia.
Ho creduto anche quando dicevo:
"Sono troppo infelice".
11Ho detto con sgomento:
"Ogni uomo è inganno".
12Che cosa renderò al Signore
per quanto mi ha dato?
13Alzerò il calice della salvezza
e invocherò il nome del Signore.
14Adempirò i miei voti al Signore,
davanti a tutto il suo popolo.
15Preziosa agli occhi del Signore
è la morte dei suoi fedeli.
16Sì, io sono il tuo servo, Signore,
io sono tuo servo, figlio della tua ancella;
hai spezzato le mie catene.
17A te offrirò sacrifici di lode
e invocherò il nome del Signore.
18Adempirò i miei voti al Signore
e davanti a tutto il suo popolo,
19negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.
Baruc 3
1Signore onnipotente, Dio d'Israele, un'anima angosciata, uno spirito tormentato grida verso di te.2Ascolta, Signore, abbi pietà, perché abbiamo peccato contro di te.3Tu domini sempre, noi continuamente periamo.4Signore onnipotente, Dio d'Israele, ascolta dunque la supplica dei morti d'Israele, dei figli di coloro che hanno peccato contro di te: essi non hanno ascoltato la voce del Signore loro Dio e a noi si sono attaccati questi mali.5Non ricordare l'iniquità dei nostri padri, ma ricordati ora della tua potenza e del tuo nome,6poiché tu sei il Signore nostro Dio e noi ti loderemo, Signore.7Per questo tu hai riempito i nostri cuori del tuo timore perché invocassimo il tuo nome. Noi ti lodiamo ora nell'esilio, poiché abbiamo allontanato dal cuore tutta l'iniquità dei nostri padri, i quali hanno peccato contro di te.8Ecco, siamo ancor oggi esiliati e dispersi, oggetto di obbrobrio, di maledizione e di condanna per tutte le iniquità dei nostri padri, che si sono ribellati al Signore nostro Dio.
9Ascolta, Israele, i comandamenti della vita,
porgi l'orecchio per intender la prudenza.
10Perché, Israele, perché ti trovi in terra nemica
e invecchi in terra straniera?
11Perché ti contamini con i cadaveri
e sei annoverato fra coloro che scendono negli inferi?
12Tu hai abbandonato la fonte della sapienza!
13Se tu avessi camminato nei sentieri di Dio,
saresti vissuto sempre in pace.
14Impara dov'è la prudenza,
dov'è la forza, dov'è l'intelligenza,
per comprendere anche dov'è la longevità e la vita,
dov'è la luce degli occhi e la pace.
15Ma chi ha scoperto la sua dimora,
chi è penetrato nei suoi forzieri?
16Dove sono i capi delle nazioni,
quelli che dominano le belve che sono sulla terra?
17Coloro che si divertono con gli uccelli del cielo,
quelli che ammassano argento e oro,
in cui confidano gli uomini,
e non pongono fine ai loro possessi?
18Coloro che lavorano l'argento e lo cesellano
senza rivelare il segreto dei loro lavori?
19Sono scomparsi, sono scesi negli inferi
e altri hanno preso il loro posto.
20Nuove generazioni hanno visto la luce
e sono venute ad abitare il paese,
ma non hanno conosciuto la via della sapienza,
21non hanno appreso i suoi sentieri;
neppure i loro figli l'hanno raggiunta,
anzi, si sono allontanati dalla sua via.
22Non se n'è sentito parlare in Canaan,
non si è vista in Teman.
23I figli di Agar, che cercano sapienza terrena,
i mercanti di Merra e di Teman,
i narratori di favole, i ricercatori dell'intelligenza
non hanno conosciuto la via della sapienza,
non si son ricordati dei suoi sentieri.
24Israele, quanto è grande la casa di Dio,
quanto è vasto il luogo del suo dominio!
25È grande e non ha fine,
è alto e non ha misura!
26Là nacquero i famosi giganti dei tempi antichi,
alti di statura, esperti nella guerra;
27ma Dio non scelse costoro
e non diede loro la via della sapienza:
28perirono perché non ebbero saggezza,
perirono per la loro insipienza.
29Chi è salito al cielo per prenderla
e farla scendere dalle nubi?
30Chi ha attraversato il mare e l'ha trovata
e l'ha comprata a prezzo d'oro puro?
31Nessuno conosce la sua via,
nessuno pensa al suo sentiero.
32Ma colui che sa tutto, la conosce
e l'ha scrutata con l'intelligenza.
È lui che nel volger dei tempi ha stabilito la terra
e l'ha riempita d'animali;
33lui che invia la luce ed essa va,
che la richiama ed essa obbedisce con tremore.
34Le stelle brillano dalle loro vedette
e gioiscono;
35egli le chiama e rispondono: "Eccoci!"
e brillano di gioia per colui che le ha create.
36Egli è il nostro Dio
e nessun altro può essergli paragonato.
37Egli ha scrutato tutta la via della sapienza
e ne ha fatto dono a Giacobbe suo servo,
a Israele suo diletto.
38Per questo è apparsa sulla terra
e ha vissuto fra gli uomini.
Seconda lettera ai Corinzi 3
1Cominciamo forse di nuovo a raccomandare noi stessi? O forse abbiamo bisogno, come altri, di lettere di raccomandazione per voi o da parte vostra?2La nostra lettera siete voi, lettera scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti gli uomini.3È noto infatti che voi siete una lettera di Cristo composta da noi, scritta non con inchiostro, ma con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori.
4Questa è la fiducia che abbiamo per mezzo di Cristo, davanti a Dio.5Non però che da noi stessi siamo capaci di pensare qualcosa come proveniente da noi, ma la nostra capacità viene da Dio,6che ci ha resi ministri adatti di una Nuova Alleanza, non della lettera ma dello Spirito; perché la lettera uccide, lo Spirito da' vita.
7Se il ministero della morte, inciso in lettere su pietre, fu circonfuso di gloria, al punto che i figli d'Israele non potevano fissare il volto di Mosè a causa dello splendore pure effimero del suo volto,8quanto più sarà glorioso il ministero dello Spirito?9Se già il ministero della condanna fu glorioso, molto di più abbonda di gloria il ministero della giustizia.10Anzi sotto quest'aspetto, quello che era glorioso non lo è più a confronto della sovraeminente gloria della Nuova Alleanza.11Se dunque ciò che era effimero fu glorioso, molto più lo sarà ciò che è duraturo.12Forti di tale speranza, ci comportiamo con molta franchezza13e non facciamo come Mosè che poneva un velo sul suo volto, perché i figli di Israele non vedessero la fine di ciò che era solo effimero.14Ma le loro menti furono accecate; infatti fino ad oggi quel medesimo velo rimane, non rimosso, alla lettura dell'Antico Testamento, perché è in Cristo che esso viene eliminato.15Fino ad oggi, quando si legge Mosè, un velo è steso sul loro cuore;16'ma quando ci sarà la conversione al Signore, quel velo sarà tolto'.17Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà.18E noi tutti, a viso scoperto, riflettendo come in uno specchio la gloria del Signore, veniamo trasformati in quella medesima immagine, di gloria in gloria, secondo l'azione dello Spirito del Signore.
Capitolo XLIV: Non ci si deve attaccare alle cose esteriori
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, molte cose occorre che tu le ignori, considerandoti come morto su questa terra, come uno per cui il mondo intero è crocifisso; molte altre cose, occorre che tu vi passi in mezzo, senza prestare ascolto, meditando piuttosto su ciò che costituisce la tua pace. Giova di più distogliere lo sguardo da ciò che non approviamo, lasciando che ciascuno si tenga il suo parere, piuttosto che metterci in accanite discussioni. Se sarai in regola con Dio e terrai conto del suo giudizio, riporterai più facilmente la vittoria.
2. Signore, a che punto siamo arrivati? Ecco per una perdita nelle cose di questo mondo, si piange; per un piccolo guadagno ci si affatica e si corre. Invece un danno spirituale passa nell'oblio, e a stento, troppo tardi, si ritorna in sé. Ci si preoccupa di ciò che non serve a nulla o a ben poco; e ciò che è sommamente necessario lo si lascia da parte con negligenza. Giacché l'uomo inclina tutto verso le cose esteriori, e beatamente vi si acquieta, se subito non si ravvede.
DISCORSO 220 NELLA VEGLIA DI PASQUA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
La solennità ripete quel che nella realtà è avvenuto una volta per tutte. La memoria conservatrice di ciò che si pensa.
1. Noi sappiamo, fratelli, e con fermissima fede professiamo, che Cristo è morto per noi una volta per sempre 1, l'innocente per i peccatori, il padrone per i servi, il libero per i carcerati, il medico per i malati, il beato per i sofferenti, il ricco per gli indigenti, il ricercatore per i perduti, il ricompratore per i venduti, il pastore per il gregge e, ecco la cosa più stupenda, il creatore per la creatura; conservando la sua natura eterna si è donato in quella che è stata creata; in quanto Dio, nascosto, manifesto in quanto uomo; per la onnipotenza, datore di vita, per l'infermità, soggetto alla morte; immutabile nella divinità, passibile nella carne; come dice l'Apostolo: Egli è stato messo a morte per i nostri peccati, ed è risuscitato per la nostra giustificazione 2. Questo è avvenuto una volta per sempre, ben lo sapete. Però, anche se la verità, con tanti richiami della Scrittura, ricorda che è avvenuto una volta per sempre, la solennità annuale lo ripete di volta in volta come se sempre fosse la prima. E non sono in contrasto verità e solennità, quasi una dica il falso e l'altra il vero. La verità indica che è avvenuto realmente una volta per sempre; la solennità lo rinnova di volta in volta celebrandolo nel cuore dei fedeli. La verità c'indica che cosa e come è avvenuto; la solennità, invece, non compiendo per la prima volta, ma celebrando, non lascia che passino cose già passate. Pertanto Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato 3. È lui dunque che è stato ucciso una volta per sempre, lui che più non muore, su cui la morte non ha più potere 4. E allora, parlando secondo la verità, noi diciamo che la Pasqua è avvenuta una volta per sempre e che non si ripeterà più; parlando secondo la solennità, diciamo che la Pasqua viene ogni anno. E penso che in questo senso si debba intendere quel che è scritto nel Salmo: Il pensiero dell'uomo ti confesserà e le rimanenze del pensiero ti celebreranno feste solenni 5. Se infatti di quanto si dice degli avvenimenti temporali il pensiero non lo consegnasse alla memoria, dopo un po' di tempo non se ne troverebbe più traccia. Perciò il pensiero dell'uomo, quando percepisce la verità, dà gloria al Signore; le rimanenze del pensiero, poi che restano nella memoria in tempi opportuni non cessando di celebrare feste solenni, perché il pensiero stesso non venga giudicato ingrato. Così si spiega la solennità tanto luminosa di questa notte, in cui, vegliando, è come se rinnovassimo con le rimanenze del pensiero, la risurrezione del Signore che, a pensarci oggettivamente, confessiamo avvenuta una volta per sempre. Ed ora che la verità che vi ho illustrato vi ha resi [più] edotti, non succeda che, abbandonando la celebrazione, vi rendiate irreligiosi. È essa che ha reso illustre questa notte per tutto il mondo. Essa mette in evidenza la numerosità delle schiere cristiane, essa confonde l'accecamento dei Giudei, essa travolge gli idoli dei pagani.
1 - 1 Pt 3, 18; cf. Rm 6, 10; Eb 7, 27; 9, 28; 10, 10.
2 - Rm 4, 25.
3 - 1 Cor 5, 7.
4 - Rm 6, 9.
5 - Sal 75, 11.
10 - La virtù della giustizia che ebbe Maria santissima.
La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca550. La grande virtù della giustizia è quella che più serve alla carità verso Dio e il prossimo e per questo è la più necessaria per le relazioni umane, perché è una facoltà che inclina la volontà a dare a ciascuno quello che gli spetta e ha per materia ed oggetto l'uguaglianza, parità o diritto, che si deve osservare col prossimo e con Dio stesso. Ma poiché sono tante le cose nelle quali l'uomo può rispettare questa uguaglianza o violarla col prossimo, e questo in tanti modi diversi, la materia della giustizia è molto estesa e diffusa e molte sono le specie di questa virtù. In quanto si ordina al bene pubblico e comune, si chiama giustizia legale e, poiché essa può avviare tutte le altre virtù a tal fine, si chiama virtù generale, benché non partecipi della natura delle altre. Ma quando la materia della giustizia è cosa determinata e riguarda solo persone particolari, tra le quali si mantiene intatto a ciascuna il suo diritto, allora si chiama giustizia particolare e speciale.
551. L'Imperatrice del mondo osservò tutta questa virtù, con le sue parti e i generi o specie che contiene, verso tutte le creature in modo senza confronto più perfetto di qualunque altra di esse. Infatti, ella sola conobbe con maggiore altezza e comprese perfettamente ciò che a ciascuna era dovuto. E, sebbene questa virtù della giustizia non riguardi immediatamente le passioni naturali, come nel caso della fortezza e della temperanza, tuttavia molte volte succede che, per il fatto che le stesse passioni non sono moderate e corrette, si perde la giustizia col prossimo, come vediamo in quelli che per sregolata avidità o per piacere sensibile fanno torto agli altri. Ora, siccome in Maria santissima non vi erano passioni disordinate né ignoranza per cui non conoscesse nelle cose il giusto mezzo in cui consiste la giustizia, ella adempiva con tutti questa virtù, operando secondo diritto e giustizia con ciascuno ed insegnando a tutti a fare altrettanto, quando meritavano di ascoltare le sue parole e il suo insegnamento di vita. Quanto poi alla giustizia legale, non solo la osservò soddisfacendo alle leggi comuni, come nella purificazione ed in altri precetti della legge, benché ne fosse esente come regina e senza colpa; ma per di più nessuno, eccetto il suo Figlio santissimo, attese, come questa Madre di misericordia, al bene pubblico e comune dei mortali, indirizzando a questo fine tutte le virtù e le opere con le quali poté meritare loro la divina misericordia e giovare al suo prossimo con altri benefici.
552. Le due specie di giustizia, distributiva e commutativa, rifulsero parimenti in Maria santissima in grado eroico. La giustizia distributiva governa gli atti, con i qua-li si distribuiscono le cose comuni alle persone particolari. Sua Altezza dimostrò questa equità in molte cose che per sua volontà e disposizione si fecero tra i fedeli della Chiesa primitiva, come la divisione dei beni comuni per il sostentamento ed altre necessità delle persone particolari. E anche se di sua mano non elargì mai denaro, perché mai ne maneggiò, tuttavia alle volte si distribuiva per suo ordine ed altre per suo consiglio. In queste cose e in altre simili dimostrò sempre somma equità e giustizia, secondo la necessità e la condizione di ciascuno. Lo stesso faceva nell'assegnazione degli uffici e delle dignità o ministeri che venivano ripartiti tra i discepoli e i primi figli del Vangelo nelle riunioni che si tenevano a tale scopo. Questa sapientissima Maestra ordinava e disponeva tutto con perfetta equità, perché tutto faceva con speciale orazione ed illuminazione divina, oltre che con la scienza e la cognizione ordinaria che aveva di tutti i soggetti. Quindi, per siffatte azioni, gli Apostoli ricorrevano a lei e con lei si consigliavano altre persone preposte al governo. Di conseguenza, tutto ciò che veniva amministrato col suo consiglio era fatto e disposto con perfetta giustizia e senza preferenze di persone.
553. La giustizia commutativa insegna la reciproca uguaglianza tra il dare e il ricevere, come dare due per due o assegnare il giusto prezzo a una cosa, secondo il suo valore. La Regina del cielo esercitò questa specie di giustizia meno delle altre virtù, perché non comprava né vendeva cosa alcuna per se stessa: se era necessario comprarne o scambiarne qualcuna, lo faceva il santo patriarca Giuseppe quando era vivo e, dopo, il santo evangelista Giovanni o un altro degli Apostoli. Questo perché il Maestro della santità, venuto a distruggere e a sradicare l'avarizia, radice di tutti i mali, volle allontanare da se stesso e dalla sua Madre santissima le azioni con cui di solito si accende e si alimenta questo fuoco dell'avidità umana. Per tale ragione la sua Provvidenza divina ordinò che né per sua mano né per quella della sua purissima Madre si esercitassero le azioni di compravendita proprie del commercio umano, fosse anche per cose necessarie a conservare la vita naturale. Perciò la grande Regina non tralasciava d'insegnare tutto ciò che era appartenente a questa virtù della giustizia commutativa, affinché la esercitassero con perfezione quelli che nell'apostolato e nella Chiesa primitiva era necessario che ne usassero.
554. Appartengono a questa virtù altre azioni che si esercitano col prossimo, come il giudicare gli uni e gli altri con giudizio pubblico e civile o con giudizio particolare e privato. Del vizio contrario parlò il Signore attraverso san Matteo quando disse: «Non giudicate, per non essere giudicati». In queste azioni di giudizio si dà a ciascuno ciò che gli si deve, secondo la stima di colui che giudica. Per questo sono azioni giuste se si conformano alla ragione e, se si allontanano da essa, sono ingiuste. La nostra augusta Regina non esercitò il giudizio pubblico e civile, benché avesse una tale autorità da essere giudice di tutto l'universo, ma con i suoi rettissimi consigli, nel tempo della sua vita e dopo con la sua intercessione e i suoi meriti, adempì ciò che sta scritto nei Proverbi: Io cammino sulla via della giustizia e per mezzo mio i grandi governano con giustizia.
555. Quanto ai giudizi particolari mai poté trovarsi ingiustizia nel cuore purissimo di Maria, perché mai poté essere avventata nei sospetti, né temeraria nei giudizi; mai ebbe dubbi, né, qualora li avesse avuti, avrebbe considerato ingiustamente l'interpretazione peggiore. Questi vizi ingiustissimi sono propri e naturali tra i figli di Adamo, nei quali dominano le passioni disordinate di odio, invidia ed emulazione nella malizia, nonché altri vizi che li signoreggiano come vili schiavi. Da queste radici così infette nascono le ingiustizie del sospetto maligno sulla base di indizi di poco conto, di giudizi temerari e dell'interpretazione peggiore di ciò che è dubbio, perché ciascuno presume facilmente che il suo fratello abbia quel difetto che ha egli stesso. E se per odio o invidia si rammarica del bene del suo prossimo e si rallegra del suo male, facilmente e indebitamente crede di lui ciò che non dovrebbe perché glielo augura, e il giudizio segue la sua inclinazione. Da tutti questi mali del peccato fu libera la nostra Regina, come colei che non aveva nulla a che fare con esso. Ciò che nel suo cuore entrava e usciva era tutto carità, purezza, santità e amore perfetto e in lei risiedeva la grazia di tutta la verità e il cammino della vita. Per la pienezza della sua scienza e santità, di niente dubitava né sospettava, perché conosceva e guardava nella luce della verità e con misericordia il cuore di tutti, senza sospettare male di alcuno, senza attribuire colpa a chi non l'avesse, anzi riparando quelle di molti e dando a tutti e a ciascuno con diritto e giustizia ciò che spettava loro. Insomma, sempre era disposta con cuore benigno a riempire tutti gli uomini delle grazie e della dolcezza della virtù.
556. Nei due generi di giustizia commutativa e distributiva si racchiudono molte specie e differenze di virtù, che non mi soffermo a riferire, poiché tutte quelle che convenivano a Maria santissima erano presenti nelle sue facoltà e nei suoi atti supremi ed eccellentissimi. Vi sono tuttavia altre virtù che si riducono alla giustizia perché si esercitano con altri e partecipano alquanto delle qualità della giustizia, benché non in tutto, o perché non possiamo pagare adeguatamente tutto quello che dobbiamo o perché, se possiamo pagarlo, né il debito né l'obbligazione sono così rigidi come vorrebbe il rigore della perfetta giustizia commutativa o distributiva. Di queste virtù - infatti sono molte e varie - non dirò tutto ciò che contengono; ma, per non tacerne del tutto, dirò qualcosa molto brevemente, affinché s'intenda come la nostra eccelsa Principessa le possedesse tutte.
557. È debito di giustizia rendere culto e riverenza a coloro che ci sono superiori, e, secondo il grado della loro eccellenza e dignità, nonché i beni che da essi riceviamo, sarà più o meno grande la nostra obbligazione e il culto che dobbiamo loro, sebbene nessuna nconoscenza giunga ad uguagliare il beneficio ricevuto o la dignità di chi lo concesse. A tale scopo giovano tre virtù, secondo i tre gradi di superiorità che riconosciamo in coloro ai quali dobbiamo riverenza. La prima è la virtù della religione. Con questa diamo a Dio il culto e la riverenza a lui dovuti, quantunque la sua grandezza ne meriti infinitamente di più e i suoi doni non si possano ricambiare con gratitudine né con lodi proporzionate. Questa virtù è nobilissima fra tutte le altre virtù morali, sia per il suo oggetto, che è il culto di Dio, sia per la sua materia, che è tanto estesa, essendo tanti i modi e tante le materie in cui Dio può essere immediatamente onorato e riverito. Sono compresi in questa virtù della religione gli atti interiori dell'orazione, della contemplazione e della devozione con tutte le loro parti e qualità, nonché le cause, gli effetti, gli oggetti e il fine loro. Quanto agli atti esteriori vi è compresa l'adorazione di latria, che è la suprema e dovuta solo a Dio, con le sue specie o parti ad essa connesse, quali il sacrificio, le oblazioni, le decime, i voti, i giuramenti e le lodi esterne e vocali, poiché con tutti questi atti, se si fanno nel debito modo, Dio viene onorato e riverito dalle creature, come al contrario, con i vizi opposti, viene grandemente offeso.
558. In secondo luogo segue la pietà, che è una virtù con cui onoriamo i genitori, ai quali dopo Dio dobbiamo l'esistenza e l'educazione, e riveriamo altresì quelli che contribuiscono a questa causa, come i parenti e la patria, che ci tutela e governa. Questa virtù della pietà è così grande che, quando essa obbliga, si deve anteporre agli atti volontari della virtù della religione: così insegna Cristo Signore nostro in san Matteo, dove è scritto che egli riprese i farisei perché, sotto pretesto del culto di Dio, insegnavano a negare la pietà ai genitori. In terzo luogo viene l'osservanza, virtù con cui tributiamo onore e riverenza a coloro che sono rivestiti di qualche dignità o qualità superiore, differente da quella dei genitori o della patria. In questa virtù i teologi comprendono la dulia e l'obbedienza quali sue specie. La dulia è quella con cui veneriamo coloro che partecipano dell'eccellenza o del dominio del Signore supremo, che è Dio, al quale solo è dovuto il culto di latria. Quindi, con la dulia noi onoriamo i santi ed anche le dignità superiori di cui ci riconosciamo servi. L'obbedienza, poi, è quella con cui uniformiamo la nostra volontà a quella dei superiori, intendendo adempiere la loro e non la nostra. E siccome la libertà propria è tanto preziosa, fra tutte le virtù morali questa virtù è d'una speciale eccellenza e grandemente ammirabile. Di fatto, per mezzo di essa, noi lasciamo per amore di Dio assai più che con qualsiasi altra virtù.
559. Queste virtù della religione, della pietà e dell'osservanza furono presenti in Maria santissima con tale pienezza e perfezione, che nulla mancò loro di quanto si potesse trovare in una semplice creatura. Quale intelletto potrà giungere a comprendere l'onore, la venerazione e il culto, con cui questa Signora serviva il suo Figlio dilettissimo, nconoscendolo e adorandolo come vero Dio e uomo, creatore, redentore, glorificatore, sommo, infinito, immenso nell'essere, nella bontà e in tutti i suoi attributi? Fu lei che a questo riguardo conobbe più di ciascuna e di tutte insieme le altre semplici creature, per cui, in ragione di tale cognizione, diede a Dio la dovuta riverenza, servendo, in ciò, d'insegnamento agli stessi serafini. In questa virtù fu talmente maestra che il solo vederla risvegliava, muoveva e provocava tutti, con una forza misteriosa, a riverire il supremo Signore e autore del cielo e della terra; né aveva bisogno di altra sollecitudine per incitare ognuno, come di fatto faceva, a lodare Dio. La sua orazione, la sua contemplazione e devozione, l'efficacia che ebbero e che sempre hanno le sue preghiere, sono cose la cui conoscenza fa stupire gli angeli e i beati comprensori medesimi, senza che riescano a spiegarlo. Tutte le creature intellettuali sono debitrici a lei non solo di aver compensato ciò che esse hanno commesso in fatto di offesa, ma di avere altresì supplito a ciò che esse non hanno potuto ottenere, né operare, né meritare. Questa Signora affrettò il rimedio del mondo, né il Verbo sarebbe uscito dal seno del suo eterno Padre se ella non fosse stata nel mondo. Fin dal primo istante nel contemplare, pregare, chiedere e tenersi devotamente pronta a qualunque cosa per l'ossequio divino, ella superò i serafini. Offrì un sacrificio quale si conveniva, decime ed oblazioni, ma tutto talmente gradito a Dio, che nessun altro offerente gli fu più accetto di lei, eccetto il suo Figlio santissimo. Nelle sue divine lodi, negli inni, nei cantici e nelle orazioni vocali che fece, superò tutti i Patriarchi e i Profeti, e, se fossero rimaste scritte nella Chiesa militante, come si conosceranno in quella trionfante, formerebbero l'ammirazione del mondo.
560. Non altrimenti, possedette le virtù della pietà e dell'osservanza, conoscendo ella più di ogni altro quanto si deve ai propri genitori e quanto eroica fosse la santità dei suoi. Lo stesso fece coi suoi consanguinei, favorendoli di grazie specialissime, come avvenne al Battista, a santa Elisabetta sua madre e agli altri del collegio apostolico. Avrebbe reso felicissima la sua patria, se l'ingratitudine e la durezza dei Giudei avesse meritato ciò; tuttavia le fece benefici assai grandi e favori spirituali e visibili, per quanto permise la divina equità. Fu ammirabile nella riverenza verso i sacerdoti, essendo la sola che seppe e poté dare il dovuto valore alla dignità degli unti del Signore. Questo insegnò a tutti, come anche a riverire dopo di loro i Patriarchi, i Profeti e gli altri santi, e infine i signori temporali e supremi nella potestà. Ella non omise nessun atto di siffatte virtù, ma in diversi tempi e in diverse occasioni li esercitò tutti e li insegnò agli altri, specialmente ai fedeli della Chiesa primitiva. In essa, ubbidendo non solo al suo Figlio santissimo e al suo sposo quando erano presenti, ma anche ai ministri della Chiesa stessa, fu per il mondo un esempio di rara obbedienza, mentre per speciali ragioni avrebbero dovuto piuttosto ubbidire a lei tutte le creature, essendo rimasta sulla terra come Signora e regina al fine di governarle.
561. Rimangono altre virtù che ugualmente si riducono alla giustizia, perché per mezzo di esse diamo agli altri ciò che dobbiamo loro per un certo debito morale, che è un titolo consono ed onesto. Queste sono la gratitudine, che si chiama anche grazia, la verità ossia veracità, la vendetta intesa come punizione della giustizia, la liberalità, l'amicizia o affabilità. Con la gratitudine veniamo a porre qualche eguaglianza tra noi e quelli dai quali riceviamo qualche beneficio, rendendone loro grazie secondo la qualità del beneficio e l'affetto con cui ce lo fecero - affetto che è la parte principale di tale beneficio - ed anche secondo lo stato e la qualità del benefattore, perché a tutto questo si deve proporzionare la gratitudine, e ciò si può fare con diverse azioni. La veracità ci inclina a dire la verità con tutti, come è giusto che si faccia nella vita umana e nelle necessarie relazioni umane, escludendo ogni menzogna, che in nessun caso è lecita, ogni ingannevole simulazione, ipocrisia, iattanza ed ironia. Tutti questi vizi si oppongono alla verità. E se si può, ed anzi è conveniente, declinare nel meno quando parliamo della nostra eccellenza o virtù, per non renderci molesti con eccesso di iattanza, non è però giusto il fingere meno con menzogna, imputandoci un vizio che non abbiamo. La vendetta, nel senso che si è detto, è una virtù che insegna a compensare o soddisfare con qualche pena il danno proprio, o quello del prossimo, ricevuto da un terzo. Questa virtù è difficile a praticarsi come si deve dai mortali, che di solito si lasciano trascinare da ira smodata e da odio contro i fratelli, mancando così alla carità e alla giustizia. Tuttavia, quando non si mira al danno altrui ma solo al bene privato o pubblico, questa virtù non è piccola. Ad essa infatti ricorse Cristo nostro Signore quando scacciò dal tempio quelli che lo profanavano. Così pure Elia ed Eliseo chiamarono il fuoco dal cielo per castigare certi peccati, e nei Proverbi si dice: Chi risparmia il bastone odia suo figlio. La liberalità serve per distribuire, secondo ragione, il denaro o cose affini, senza cedere ai vizi dell'avarizia e della prodigalità. L'amicizia o affabilità consiste nel modo di conversare e trattare con tutti adeguatamente e convenientemente, senza adulazione né litigi, che sono vizi contrari a questa virtù.
562. Nessuna di tali cose - né alcun'altra, se ve ne sia che si possa attribuire alla giustizia - mancò alla Regina del cielo. Tutte le possedette e tutte le esercitò con atti perfettissimi, secondo le occasioni. Inoltre, come maestra e signora di ogni santità, a molte anime insegnò e diede luce perché vi si esercitassero e le praticassero con perfezione. Con gli atti di religione e di culto, di cui abbiamo già detto, esercitò la virtù della gratitudine verso Dio, perché questo è il più eccellente modo di mostrarsi grati. E come la dignità di Maria purissima e la sua santità proporzionata a tale dignità si elevarono al di sopra di ogni intelligenza creata, così questa eccelsa Signora si mostrò riconoscente proporzionatamente al beneficio, per quanto possibile ad una semplice creatura; lo stesso fece riguardo alla pietà verso i genitori e la patria, come sopra si è detto. Verso gli altri l'umilissima Imperatrice si mostrava riconoscente per qualunque beneficio, come se niente le fosse dovuto, e, sebbene le si dovesse tutto per giustizia, tutto gradiva con somma grazia e favore. Per di più, ella sola seppe spingersi sino al punto di rendere grazie per gli aggravi e le offese che riceveva, quasi fossero grandi benefici, dato che la sua incomparabile umiltà non riconosceva mai ingiurie, anzi per esse si considerava obbligata, né mai cessava di manifestare gratitudine, dimostrandosi sempre memore dei benefici.
563. Quanto alla verità con cui Maria signora nostra trattava, non si potrebbe dire abbastanza, perché, essendo ella tanto superiore al demonio, padre della menzogna e dell'inganno, certamente non poté trovarsi in lei un così abominevole vizio. La regola con cui si vuole misurare questa virtù della veracità è la sua carità e trasparenza, virtù che escludono ogni maniera di doppiezza e di fallacia nel trattare con le creature. Ma come si sarebbe mai potuto trovare colpa o inganno nella bocca di quella Signora, che con una parola di vera umiltà attirò nel suo seno colui che è la verità e la santità per essenza? Maria santissima si esercitò con molti atti perfettissimi anche nella virtù che si chiama vendetta, non solo insegnandola da maestra nella Chiesa primitiva ogniqualvolta fu necessario, ma zelando da sé l'onore dell'Altissimo. Infatti cercò di ricondurre sulla via della salvezza per mezzo della correzione molti peccatori, come fece più volte con Giuda; altre volte, invece, comandava alle creature, tutte a lei ubbidienti, che castigassero certi peccati per il bene di coloro che, commettendoli, si meritavano l'eterno castigo. E quantunque in queste opere fosse dolcissima e soavissima, tuttavia non tralasciava per questo di castigare, quando ciò era mezzo efficace per purificare dal peccato. Peraltro fu contro il demonio che esercitò maggiormente la vendetta, e ciò per liberare dalla sua schiavitù il genere umano.
564. Atti eccellentissimi esercitò ugualmente in rapporto alle virtù della liberalità e dell'affabilità. La sua liberalità nel dare era quale si conveniva alla suprema Imperatrice di tutto il creato, nonché a colei che sapeva stimare degnamente ogni cosa visibile e invisibile. Di quelle cose che si possono distribuire per atto di liberalità, mai ella ne tenne alcuna come sua propria piuttosto che del suo prossimo, né mai la negò ad alcuno, né aspettò che gliela chiedessero quando poteva darla prima. Le necessità e le miserie dei poveri a cui rimediò, i favori che fece loro, le misericordie che sparse, anche in cose temporali, sono tante e tali che per raccontarle occorrerebbe un immenso volume. Inoltre, la sua graziosa affabilità con tutti fu così ammirabile e rara che, se non l'avesse regolata con grande prudenza, tutti sarebbero corsi dietro a lei allettati dal suo tratto dolcissimo. E davvero quella sua mansuetudine e soavità, temperate da una certa severità e sapienza che avevano del divino, lasciavano trasparire, trattando con lei, un non so che di più che umana creatura. L'Altissimo però dispose questa grazia in modo che, sebbene alcune volte a quelli con cui ella trattava trasparissero indizi del mistero del Re, che in se stessa racchiudeva, tuttavia subito vi stendeva sopra come un velo e lo celava, per lasciare spazio ai patimenti, impedendo il plauso degli uomini. Tale plauso, d'altronde, sarebbe sempre stato meno del dovuto, non giungendo i mortali a conoscere quanto meritasse, o piuttosto, essendovi il pericolo che non sapessero venerare come una semplice creatura colei che era Madre del Creatore senza eccedere o scarseggiare, finché non fosse giunto il tempo in cui la luce della fede avrebbe illuminato le menti dei figli della Chiesa.
565. Per un uso più adeguato e perfetto di questa grande virtù della giustizia, i dottori le annettono un'altra parte o strumento, che chiamano epicheja. Con questa si regolano alcune opere che escono dalle norme e leggi comuni, poiché queste non prevengono tutti i casi che possono occorrere, né tutte le loro circostanze, per cui in certe occasioni è necessario operare con ragione superiore e straordinaria. La celeste Regina fu esperta ed usò di tale virtù in molti eventi della sua vita, sia prima che dopo l'ascensione del suo Unigenito al cielo, ma in modo ancor più speciale dopo, per stabilire le cose della Chiesa primitiva, come dirò a suo tempo, se piacerà all'Altissimo.
Insegnamento della Regina del cielo
566. Figlia mia, sebbene di questa estesa virtù della giustizia tu abbia conosciuto molto, tuttavia ne ignori ancora la maggior parte; tanta è la stima che merita! La carne mortale di cui sei rivestita ne ritarda la comprensione e non puoi esprimere a parole tutto quello che arrivi ad intendere. In ciò che ne hai appreso troverai comunque una norma più che sufficiente del modo con cui devi comportarti con le creature e dedicarti al culto dell'Altissimo. A tale riguardo ti avverto, o carissima, che la maestà suprema dell'Onnipotente s'indigna giustamente per l'offesa che le fanno i mortali dimenticandosi della venerazione, adorazione e riverenza a lui dovute. Inoltre è talmente grossolana, distratta e scortese quella che talora gli rendono, che merita castigo piuttosto che premio. Verso i principi e i magnati del mondo sanno benissimo mostrare profonda riverenza e quasi adorazione; sanno chiedere loro aiuto e sollecitare favori con tutti i mezzi e le attenzioni più squisite; sanno ringraziarli abbondantemente quando ottengono quel che desiderano e, anzi, dichiarano di voler essere loro grati tutta la vita. Ma quando si tratta del supremo Signore che dà loro l'essere, la vita e il movimento, che li conserva e nutre, che li redense e li sollevò alla dignità di figli volendo dare loro la sua stessa gloria che è un bene infinito e sommo, allora si dimenticano di questa Maestà che non vedono con gli occhi del corpo, come se dalla sua mano non venissero loro tutti i beni, si contentano di serbare di lui una tiepida memoria e di rivolgergli un qualche frettoloso ringraziamento, quasi che ciò fosse una gran cosa! Taccio poi l'enorme offesa che fanno al giustissimo reggitore dell'universo coloro che iniquamente rompono e pervertono tutto l'ordine della giustizia col loro prossimo, soffocando la ragione naturale e pretendendo di fare ai loro fratelli quello che non vorrebbero fosse fatto a loro stessi.
567. Aborrisci, figlia mia, vizi tanto esecrabili e, per quanto puoi con le tue forze, indirizza le tue opere in modo che suppliscano al servizio che altri negano all'Altissimo con questa loro cattiva corrispondenza ai suoi benefici. Tanto più, essendo tu consacrata, nel tuo stato, al culto divino, devi far di ciò la tua principale occupazione con grande affetto, rendendoti così in tutto simile agli spiriti angelici, che con venerazione si occupano incessantemente del suo culto. Porta poi rispetto a tutte le cose divine e consacrate, perfino agli ornamenti e ai vasi che servono al sacro ministero. Durante l'ufficio divino, l'orazione e il santo sacrificio, procura di stare sempre in ginocchio; domanda con fede e ricevi con umile riconoscenza, e questa devi mostrare verso tutte le creature, anche quando ti offendessero. Con tutti dimostrati pietosa, affabile, mite, sincera e veritiera, senza finzione né doppiezza, senza detrazione né mormorazione, senza giudicare alla leggera il tuo prossimo. E per adempiere bene quest'obbligo di giustizia, tieni sempre fisso nella memoria e nel cuore il proposito di fare al tuo prossimo ciò che vuoi si faccia a te, e molto più fa' in modo di rammentarti quanto il mio Figlio santissimo ed io abbiamo fatto per tutti gli uomini.
30-12 Gennaio 12, 1932 Giro nella Divina Volontà. Pegni, anticipi e compromessi da parte delle creature. Capitale da parte del Creatore. Eco che forma la Divina Volontà nelle creature.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Stavo secondo il mio solito, facendo il giro negli atti fatti della Divina Volontà, mi sentivo che in Essa e con Essa potevo tutto abbracciare, tutto ricordare, tutto guardare di ciò che aveva fatto la Divina Volontà. Era il teatro infinito che si presentava innanzi alla mia piccola mente, che con scene divine ed innumerevoli faceva gustare dolcezze indicibile e scene le più belle ed incantevole che la potenza del Fiat Divino ha messo fuori nel giro della Creazione, Redenzione e Santificazione. Sembra che è un giro che ha fatto nel corso dei secoli, ed in questo giro ha fatto tante cose belle, meravigliose, da far strabiliare Cielo e terra, e questo giro lo ha fatto per farci girare a noi d’intorno, per farci conoscere quanto può fare, e sa fare per amor nostro. Onde, mentre giravo nel giro infinito del Voler Divino il mio amabile Gesù, visitando la piccola sua neonata mi ha detto:
(2) “Mia piccola figlia della mia Volontà, se tu sapessi quanto godo nel vederti girare nell’infinito giro del mio Fiat Supremo e nel vederti soffermare come sorpresa innanzi ai suoi prodigi, alle sue opere mirabile ed adorabile, alle sue scene incantevoli e rapitrice, nella mia foga d’amore dico: “Come son contento che la mia figlia è spettatrice e gode le scene mirabile di Colei che la ha creato”. Ma ciò non basta, tu devi sapere che per acquistare una proprietà, ci vuole che chi la deve cedere, deve dare la libertà a chi deve prenderla, di visitarla, di portarla quasi con mano per farle conoscere tutti i beni che ci sono, le fontane che possiede, la rarità e preziosità delle piante, la fertilità del terreno, e questo serve per fare invaghire chi la deve acquistare, e chi deve acquistarla è necessario che dia degli anticipi, faccia dei compromessi rilevanti per legare colui che deve cedere la proprietà, affinché non potesse sfuggire.
(3) Ora, figlia benedetta, volendo dare il regno della mia Divina Volontà, è necessario che tu giri nelle sue proprietà divine, ed Io, portandoti con mano, ti faccio conoscere i suoi mari interminabile, i beni, i prodigi, le meraviglie sorprendenti, le gioie, le felicità, tutte cose di valore infinito che possiede, affinché tu conoscendolo lo ami, e ti innamori tanto, che non solo non sapresti vivere senza di esso, ma metteresti la vita per acquistare un regno sì santo, pacifico e bello. Ma non è tutto ancora, ci vuole la parte tua, i tuoi pegni, i tuoi anticipi e compromessi. Ed il nostro amore e bontà è tanto che vuol dare la nostra Volontà come proprietà che l’appartiene alla creatura, che mette a sua disposizione ciò che Essa ha fatto, affinché si servissero come pegni e compromessi equivalenti per ricevere un dono sì grande. Ora, come tu giri nella Creazione e guardi il Cielo e ti feliciti nel vedere la bella volta azzurra tappezzata di stelle, il sole smagliante di luce, e riconosca e senta il Fiat Divino palpitante ancora, che l’ha creato per amore delle creature, e tu sprigionando dal tuo cuore il tuo piccolo amore, ami Colui che tanto ti ha amato, il tuo amore si suggella nell’alto del cielo, nella luce del sole, e ci dai per pegno il cielo, per anticipo le stelle, per compromesso il sole, perché per te fu creato, e basta che possieda come vita tua la nostra Volontà, che già è tuo e può essere il valido compromesso per ottenere il suo regno. E così come giri in tutte le altre cose create, le riconosca e ci ami; e quante volte ripeti i tuoi giri, tante volte ripeti i pegni, fai dei compromessi, e comprometti a disporre le cose, a dare grazie, aiuti per dare come regno il gran dono del Fiat Voluntas Tua come in Cielo così in terra. Noi sappiamo che la creatura non ha che darci, ed il nostro amore s’impone a dare gli atti nostri come se fossero suoi, mettendo nelle sue mani le opere nostre come moneta divina, affinché tenesse mezzi sufficienti per potere contrattare col nostro Essere Supremo. Ma se non ha nulla, ha il suo piccolo amore, sprigionato dal nostro nell’atto di crearla, quindi tiene una particella dell’amore infinito di Dio, e quando la creatura ci ama, mette l’infinito in attitudine, sentiamo la forza magnetica della particella del nostro amore infinito, che aleggiando ci ama in essa, si eleva, si stende, giunge fino a Noi e vuole entrare nell’infinito donde ne uscì, oh! come ci rapisce, e nella foga del nostro amore diciamo: “Chi può resistere alla forza del nostro amore infinito che si sprigiona dalla creatura e ci ama? ” Dare cieli e terra ci sembra come pochi per contraccambiarla del suo piccolo amore, che sebbene piccolo, possiede la particella dell’infinito, e ciò ci basta. Oh! come è dolce e caro il prezioso pegno dell’amore della creatura, e siccome non vi è cosa che nel giro dei secoli non abbia uscito dalla nostra Volontà, il tuo girare nella creazione dell’uomo è una visita che le fai, per conoscere ciò che operò ed in quali mari di grazie, di santità, d’amore fu messo nell’atto d’essere creato, e tu vorresti fare tutto tuo quell’amore per amarci, e ci comprometti con quei stessi atti con cui creammo l’uomo. E così quando giri nella creazione della Vergine, nei suoi mari di grazie, nella mia venuta sulla terra ed in tutto ciò che Io feci e patì, tu metti per compromesso la Regina del Cielo, la mia stessa vita e tutti gli atti miei. La mia Volontà è tutto, e per darsi alla creatura vuol essere riconosciuta, vuol avere che ci fare, vuol contrattare con essa, e quanto più la visiti negli atti suoi, tanto più si trova impegnata e compromessa ed incomincia lo sborso del suo capitale; tutte le verità, le conoscenze che ti ho fatto sulla Divina Volontà, non è stato forse capitale che ho fatto nell’anima tua? Ed è tanto esuberante, che può riempire di luce, d’amore, di santità, di grazie, di pace, tutto il mondo intero, e non è stato forse dopo una girata che hai fatto negli atti suoi, che già ti aspettavo con tutto amore per darti i suoi pegni ed anticipi che il suo regno sarebbe venuto sulla terra? Tu davi i tuoi pegni, ed il mio Fiat ti dava i suoi, si può dire che ogni verità e parola che diceva a suo riguardo, erano disposizione che prendeva come formare questo regno, leva che chiamava per formare il suo esercito, capitale che sborsava per mantenerlo, gioie e delizie per attirarli, fortezza divina per vincerli, perché primo Noi facciamo i fatti, ordiniamo tutto, e poi mostriamo e facciamo conoscere i fatti che abbiamo fatto. E siccome questo bene lo vogliamo dare alle creature, è necessario, giusto e ragionevole che ci la sentiamo almeno con una creatura, affinché dall’una passa all’altra. Noi non facciamo le nostre opere in aria, ma vogliamo un piccolo appoggio dove formare le nostre opere più grandi, non fu il nostro piccolo appoggio la Regina del Cielo nell’opera grande della Redenzione, che poi si estese a tutti ed a chi la vuole? Perciò il tuo volo nella mia Volontà sia continuo, affinché vi scambiate, tu i tuoi pegni ed Essa i suoi capitali, per accelerare il suo regno sulla faccia della terra”.
(4) Dopo di ciò mi sentivo più del solito tutta immersa nel Fiat Divino, ed il mio Sovrano Gesù ha soggiunto:
(5) “Figlia mia, quando la mia Divina Volontà opera nell’anima, si conosce subito: Essa come opera stende nell’essere umano soavità, dolcezza, pace, fortezza, fermezza, prima che opera vi soffia e vi imprime il suo Fiat onnipotente, il quale vi stende il suo cielo d’intorno all’opera che vuol fare, pare che senza il suo cielo non sa operare la mia Volontà, e mentre opera fa risuonare il suo eco dolce, armonioso, nelle tre Divine Persone, chiamandole a giorno di ciò che sta facendo nell’anima, perché essendo una la Volontà di quella che sta operando in lei, con quella delle Divine Persone, succede che ciò che fa nelle Divine Persone, fa risuonare il suo eco potente nella creatura, ed in quest’eco le porta i mirabili segreti, le dolcezze ineffabili, l’amore inseparabile come si amano le Divine Persone, il dolce accordo tra di loro. Quest’eco è il portatore delle cose più intimi dell’Ente Supremo nella creatura; dove sta operando la mia Volontà, l’eco dell’uno si fonde nell’altro, quello di sopra si fa rivelatore divino, quello del basso risuonando in Dio tiene virtù di parlare potentemente coi modi divini del bene delle creature e dello stesso amore che Loro le vogliono. La mia Volontà con la sua potenza forma le dolce catene, ed immedesima e trasforma Dio e la creatura, in modo che Dio si sente rifatto nella creatura, ed essa si sente rifatta in Dio. Oh! Volontà mia, quanto sei ammirabile e potente, stende le tue dolce catene e lega Dio e le creature, affinché tutti mi ritornano nel mio seno divino”.