Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 17° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 13
1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.2Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?3No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.4O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?5No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".
6Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.7Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?8Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime9e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai".
10Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.11C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.12Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua infermità",13e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
14Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato".15Il Signore replicò: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?16E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?".17Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
18Diceva dunque: "A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò?19È simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell'orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami".
20E ancora: "A che cosa rassomiglierò il regno di Dio?21È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata".
22Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.23Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Rispose:24"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.26Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.27Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!28Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.30Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi".
31In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere".32Egli rispose: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito.33Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
34Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!35Ecco, 'la vostra casa vi viene lasciata deserta'! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".
Genesi 19
1I due angeli arrivarono a Sòdoma sul far della sera, mentre Lot stava seduto alla porta di Sòdoma. Non appena li ebbe visti, Lot si alzò, andò loro incontro e si prostrò con la faccia a terra.2E disse: "Miei signori, venite in casa del vostro servo: vi passerete la notte, vi laverete i piedi e poi, domattina, per tempo, ve ne andrete per la vostra strada". Quelli risposero: "No, passeremo la notte sulla piazza".3Ma egli insistette tanto che vennero da lui ed entrarono nella sua casa. Egli preparò per loro un banchetto, fece cuocere gli azzimi e così mangiarono.4Non si erano ancora coricati, quand'ecco gli uomini della città, cioè gli abitanti di Sòdoma, si affollarono intorno alla casa, giovani e vecchi, tutto il popolo al completo.5Chiamarono Lot e gli dissero: "Dove sono quegli uomini che sono entrati da te questa notte? Falli uscire da noi, perché possiamo abusarne!".6Lot uscì verso di loro sulla porta e, dopo aver chiuso il battente dietro di sé,7disse: "No, fratelli miei, non fate del male!8Sentite, io ho due figlie che non hanno ancora conosciuto uomo; lasciate che ve le porti fuori e fate loro quel che vi piace, purché non facciate nulla a questi uomini, perché sono entrati all'ombra del mio tetto".9Ma quelli risposero: "Tirati via! Quest'individuo è venuto qui come straniero e vuol fare il giudice! Ora faremo a te peggio che a loro!". E spingendosi violentemente contro quell'uomo, cioè contro Lot, si avvicinarono per sfondare la porta.10Allora dall'interno quegli uomini sporsero le mani, si trassero in casa Lot e chiusero il battente;11quanto agli uomini che erano alla porta della casa, essi li colpirono con un abbaglio accecante dal più piccolo al più grande, così che non riuscirono a trovare la porta.
12Quegli uomini dissero allora a Lot: "Chi hai ancora qui? Il genero, i tuoi figli, le tue figlie e quanti hai in città, falli uscire da questo luogo.13Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandati a distruggerli".14Lot uscì a parlare ai suoi generi, che dovevano sposare le sue figlie, e disse: "Alzatevi, uscite da questo luogo, perché il Signore sta per distruggere la città!". Ma parve ai suoi generi che egli volesse scherzare.15Quando apparve l'alba, gli angeli fecero premura a Lot, dicendo: "Su, prendi tua moglie e le tue figlie che hai qui ed esci per non essere travolto nel castigo della città".16Lot indugiava, ma quegli uomini presero per mano lui, sua moglie e le sue due figlie, per un grande atto di misericordia del Signore verso di lui; lo fecero uscire e lo condussero fuori della città.17Dopo averli condotti fuori, uno di loro disse: "Fuggi, per la tua vita. Non guardare indietro e non fermarti dentro la valle: fuggi sulle montagne, per non essere travolto!".18Ma Lot gli disse: "No, mio Signore!19Vedi, il tuo servo ha trovato grazia ai tuoi occhi e tu hai usato una grande misericordia verso di me salvandomi la vita, ma io non riuscirò a fuggire sul monte, senza che la sciagura mi raggiunga e io muoia.20Vedi questa città: è abbastanza vicina perché mi possa rifugiare là ed è piccola cosa! Lascia che io fugga lassù - non è una piccola cosa? - e così la mia vita sarà salva".21Gli rispose: "Ecco, ti ho favorito anche in questo, di non distruggere la città di cui hai parlato.22Presto, fuggi là perché io non posso far nulla, finché tu non vi sia arrivato". Perciò quella città si chiamò Zoar.
23Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar,24quand'ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore.25Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo.26Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale.
27Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore;28contemplò dall'alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace.
29Così, quando Dio distrusse le città della valle, Dio si ricordò di Abramo e fece sfuggire Lot alla catastrofe, mentre distruggeva le città nelle quali Lot aveva abitato.
30Poi Lot partì da Zoar e andò ad abitare sulla montagna, insieme con le due figlie, perché temeva di restare in Zoar, e si stabilì in una caverna con le sue due figlie.31Ora la maggiore disse alla più piccola: "Il nostro padre è vecchio e non c'è nessuno in questo territorio per unirsi a noi, secondo l'uso di tutta la terra.32Vieni, facciamo bere del vino a nostro padre e poi corichiamoci con lui, così faremo sussistere una discendenza da nostro padre".33Quella notte fecero bere del vino al loro padre e la maggiore andò a coricarsi con il padre; ma egli non se ne accorse, né quando essa si coricò, né quando essa si alzò.34All'indomani la maggiore disse alla più piccola: "Ecco, ieri io mi sono coricata con nostro padre: facciamogli bere del vino anche questa notte e va' tu a coricarti con lui; così faremo sussistere una discendenza da nostro padre".35Anche quella notte fecero bere del vino al loro padre e la più piccola andò a coricarsi con lui; ma egli non se ne accorse, né quando essa si coricò, né quando essa si alzò.36Così le due figlie di Lot concepirono dal loro padre.37La maggiore partorì un figlio e lo chiamò Moab. Costui è il padre dei Moabiti che esistono fino ad oggi.38Anche la più piccola partorì un figlio e lo chiamò "Figlio del mio popolo". Costui è il padre degli Ammoniti che esistono fino ad oggi.
Sapienza 14
1Anche chi si dispone a navigare e a solcare onde selvagge
implora un legno più fragile della barca che lo porta.
2Questa, infatti, fu inventata dal desiderio di guadagni
e fu costruita da una saggezza artigiana;
3ma la tua provvidenza, o Padre, la guida
perché tu hai predisposto una strada anche nel mare,
un sentiero sicuro anche fra le onde,
4mostrando che puoi salvare da tutto,
sì che uno possa imbarcarsi anche senza esperienza.
5Tu non vuoi che le opere della tua sapienza siano inutili;
per questo gli uomini affidano le loro vite
anche a un minuscolo legno
e, attraversando i flutti con una zattera, scampano.
6Anche in principio, mentre perivano giganti superbi,
la speranza del mondo, rifugiatasi in una barca,
lasciò al mondo la semenza di nuove generazioni,
grazie alla tua mano che la guidava.
7È benedetto il legno con cui si compie un'opera giusta,
8ma maledetto l'idolo opera di mani e chi lo ha fatto;
questi perché lo ha lavorato,
quello perché, corruttibile, è detto dio.
9Perché sono ugualmente in odio a Dio
l'empio e la sua empietà;
10l'opera e l'artefice saranno ugualmente puniti.
11Perciò ci sarà un castigo anche per gli idoli dei pagani,
perché fra le creature di Dio son divenuti un abominio,
e scandalo per le anime degli uomini,
laccio per i piedi degli stolti.
12L'invenzione degli idoli fu l'inizio della prostituzione,
la loro scoperta portò la corruzione nella vita.
13Essi non esistevano al principio né mai esisteranno.
14Entrarono nel mondo per la vanità dell'uomo,
per questo è stata decretata per loro una rapida fine.
15Un padre, consumato da un lutto prematuro,
ordinò un'immagine di quel suo figlio così presto rapito,
e onorò come un dio chi poco prima era solo un defunto
ordinò ai suoi dipendenti riti misterici e di iniziazione.
16Poi l'empia usanza, rafforzatasi con il tempo,
fu osservata come una legge.
17Le statue si adoravano anche per ordine dei sovrani:
i sudditi, non potendo onorarli di persona a distanza,
riprodotte con arte le sembianze lontane,
fecero un'immagine visibile del re venerato,
per adulare con zelo l'assente, quasi fosse presente.
18All'estensione del culto
anche presso quanti non lo conoscevano,
spinse l'ambizione dell'artista.
19Questi infatti, desideroso di piacere al potente,
si sforzò con l'arte di renderne più bella l'immagine;
20il popolo, attratto dalla leggiadria dell'opera,
considerò oggetto di culto
colui che poco prima onorava come uomo.
21Ciò divenne un'insidia ai viventi,
perché gli uomini,
vittime della disgrazia o della tirannide,
imposero a pietre o a legni un nome incomunicabile.
22Poi non bastò loro sbagliare circa la conoscenza di Dio;
essi, pur vivendo in una grande guerra d'ignoranza,
danno a sì grandi mali il nome di pace.
23Celebrando iniziazioni infanticide o misteri segreti,
o banchetti orgiastici di strani riti
24non conservano più pure né vita né nozze
e uno uccide l'altro a tradimento
o l'affligge con l'adulterio.
25Tutto è una grande confusione:
sangue e omicidio, furto e inganno,
corruzione, slealtà, tumulto, spergiuro;
26confusione dei buoni, ingratitudine per i favori,
corruzione di anime, perversione sessuale,
disordini matrimoniali, adulterio e dissolutezza.
27L'adorazione di idoli senza nome
è principio, causa e fine di ogni male.
28Gli idolatri infatti
o delirano nelle orge o sentenziano oracoli falsi
o vivono da iniqui o spergiurano con facilità.
29Ponendo fiducia in idoli inanimati
non si aspettano un castigo per avere giurato il falso.
30Ma, per l'uno e per l'altro motivo,
li raggiungerà la giustizia,
perché concepirono un'idea falsa di Dio,
rivolgendosi agli idoli,
e perché spergiurarono con frode,
disprezzando la santità.
31Infatti non la potenza di coloro per i quali si giura,
ma il castigo dovuto ai peccatori
persegue sempre la trasgressione degli ingiusti.
Salmi 146
1Alleluia.
Loda il Signore, anima mia:
2loderò il Signore per tutta la mia vita,
finché vivo canterò inni al mio Dio.
3Non confidate nei potenti,
in un uomo che non può salvare.
4Esala lo spirito e ritorna alla terra;
in quel giorno svaniscono tutti i suoi disegni.
5Beato chi ha per aiuto il Dio di Giacobbe,
chi spera nel Signore suo Dio,
6creatore del cielo e della terra,
del mare e di quanto contiene.
Egli è fedele per sempre,
7rende giustizia agli oppressi,
dà il pane agli affamati.
Il Signore libera i prigionieri,
8il Signore ridona la vista ai ciechi,
il Signore rialza chi è caduto,
il Signore ama i giusti,
9il Signore protegge lo straniero,
egli sostiene l'orfano e la vedova,
ma sconvolge le vie degli empi.
10Il Signore regna per sempre,
il tuo Dio, o Sion, per ogni generazione.
Geremia 33
1La parola del Signore fu rivolta una seconda volta a Geremia, mentre egli era ancora chiuso nell'atrio della prigione:2"Così dice il Signore, che ha fatto la terra e l'ha formata per renderla stabile e il cui nome è Signore:3Invocami e io ti risponderò e ti annunzierò cose grandi e impenetrabili, che tu non conosci.4Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, riguardo alle case di questa città e alle case dei re di Giuda, che saranno diroccate di fronte alle opere di assedio e alle armi5dei Caldei venuti a far guerra e a riempirle dei cadaveri degli uomini che io ho colpito nella mia ira e nel mio furore, poiché ho nascosto il volto distornandolo da questa città a causa di tutta la loro malvagità:6Ecco io farò rimarginare la loro piaga, li curerò e li risanerò; procurerò loro abbondanza di pace e di sicurezza.7Cambierò la sorte di Giuda e la sorte di Israele e li ristabilirò come al principio.8Li purificherò da tutta l'iniquità con cui hanno peccato contro di me e perdonerò tutte le iniquità che han commesso verso di me e per cui si sono ribellati contro di me.9Ciò sarà per me titolo di gioia, di lode e di gloria tra tutti i popoli della terra, quando sapranno tutto il bene che io faccio loro e temeranno e tremeranno per tutto il bene e per tutta la pace che concederò loro.10Dice il Signore: In questo luogo, di cui voi dite: Esso è desolato, senza uomini e senza bestiame; nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme, che sono desolate, senza uomini, senza abitanti e senza bestiame, si udranno ancora11grida di gioia e grida di allegria, la voce dello sposo e quella della sposa e il canto di coloro che dicono: 'Lodate il Signore degli eserciti, perché è buono, perché la sua grazia dura sempre', portando sacrifici di ringraziamento nel tempio del Signore, perché ristabilirò la sorte di questo paese come era prima, dice il Signore.
12Così dice il Signore degli eserciti: In questo luogo desolato, senza uomini e senza bestiame, e in tutte le sue città ci saranno ancora luoghi di pastori che vi faranno riposare i greggi.13Nelle città dei monti, nelle città della Sefèla, nelle città del mezzogiorno, nella terra di Beniamino, nei dintorni di Gerusalemme e nelle città di Giuda passeranno ancora le pecore sotto la mano di chi le conta, dice il Signore.
14Ecco verranno giorni - oracolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa di Israele e alla casa di Giuda.15In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio di giustizia; egli eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.16In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla. Così sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.
17Così dice il Signore: Davide non sarà mai privo di un discendente che sieda sul trono della casa di Israele;18ai sacerdoti leviti non mancherà mai chi stia davanti a me per offrire olocausti, per bruciare l'incenso in offerta e compiere sacrifici tutti i giorni".
19Questa parola del Signore fu poi rivolta a Geremia:20"Dice il Signore: Se voi potete spezzare la mia alleanza con il giorno e la mia alleanza con la notte, in modo che non vi siano più giorno e notte al tempo loro,21così sarà rotta anche la mia alleanza con Davide mio servo, in modo che non abbia un figlio che regni sul suo trono, e quella con i leviti sacerdoti che mi servono.22Come non si può contare la milizia del cielo né numerare la sabbia del mare, così io moltiplicherò la discendenza di Davide, mio servo, e i leviti che mi servono".
23La parola del Signore fu ancora rivolta a Geremia:24"Non hai osservato ciò che questo popolo va dicendo: Il Signore ha rigettato le due famiglie che si era scelte! e così disprezzano il mio popolo quasi che non sia più una nazione ai loro occhi?".25Dice il Signore: "Se non sussiste più la mia alleanza con il giorno e con la notte, se io non ho stabilito le leggi del cielo e della terra,26in tal caso potrò rigettare la discendenza di Giacobbe e di Davide mio servo, così da non prendere più dai loro posteri coloro che governeranno sulla discendenza di Abramo, di Isacco e di Giacobbe. Poiché io cambierò la loro sorte e avrò pietà di loro".
Prima lettera ai Corinzi 10
1Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare,2tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare,3tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale,4tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.5Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto.
6Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.7Non diventate idolàtri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: 'Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi'.8Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila.9Non mettiamo alla prova il Signore, come fecero alcuni di essi, e caddero vittime dei serpenti.10Non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore.11Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi.12Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.13Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla.
14Perciò, o miei cari, fuggite l'idolatria.15Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico:16il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?17Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane.18Guardate Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare?
19Che cosa dunque intendo dire? Che la carne immolata agli idoli è qualche cosa? O che un idolo è qualche cosa?20No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni;21non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.22O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?
23"Tutto è lecito!". Ma non tutto è utile! "Tutto è lecito!". Ma non tutto edifica.24Nessuno cerchi l'utile proprio, ma quello altrui.25Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza,26perché 'del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene'.
27Se qualcuno non credente vi invita e volete andare, mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza fare questioni per motivo di coscienza.28Ma se qualcuno vi dicesse: "È carne immolata in sacrificio", astenetevi dal mangiarne, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per motivo di coscienza;29della coscienza, dico, non tua, ma dell'altro. Per qual motivo, infatti, questa mia libertà dovrebbe esser sottoposta al giudizio della coscienza altrui?30Se io con rendimento di grazie partecipo alla mensa, perché dovrei essere biasimato per quello di cui rendo grazie?
31Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.32Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio;33così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare l'utile mio ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.
Capitolo XX: Riconoscere la propria debolezza e la miseria di questa nostra vita
Leggilo nella Biblioteca1. "Confesserò contro di me il mio peccato" (Sal 31,5); a te, o Signore, confesserò la mia debolezza. Spesso basta una cosa da nulla per abbattermi e rattristarmi: mi propongo di comportarmi da uomo forte, ma, al sopraggiungere di una piccola tentazione, mi trovo in grande difficoltà. Basta una cosa assolutamente da nulla perché me ne venga una grave tentazione: mentre, fino a che non l'avverto, mi sento abbastanza sicuro, poi, a un lieve spirare di vento, mi trovo quasi sopraffatto. "Guarda dunque, Signore, alla mia miseria" (Sal 14,18) e alla mia fragilità, che tu ben conosci per ogni suo aspetto; abbi pietà di me; "tirami fuori dal fango, così che io non vi rimanga confitto" (Sal 68,15), giacendo a terra per sempre. Quello che mi risospinge indietro e mi fa arrossire dinanzi a te, è appunto questa mia instabilità e questa mia debolezza nel resistere alle tentazioni. Che, pur quando ad esse non si acconsenta del tutto, già molto mi disturba la persecuzione loro; e assai mi affligge vivere continuamente così, in lotta. La mia debolezza mi appare in modo chiaro dal fatto che proprio i pensieri che dovrei avere sempre in orrore sono molto più facili a piombare su di me che ad andarsene. Voglia il Cielo, o potentissimo Dio di Israele, che, nel tuo grande amore per le anime di coloro che hanno fede in te, tu abbia a guardare alla fatica e alla sofferenza del tuo servo; che tu l'assista in ogni cosa a cui si accinge. Fammi forte della divina fortezza, affinché non abbia a prevalere in me l'uomo vecchio: questa misera carne non ancora pienamente sottomessa allo spirito, contro la quale bisogna combattere, finché si vive in questa miserabile vita.
2. Ahimé!, quale è questa vita, dove non mancano tribolazioni e miserie; dove tutto è pieno di agguati e di nemici! Ché, se scompare un'afflizione o una tentazione, una altra ne viene; anzi, mentre ancora dura una lotta, ne sopraggiungono molte altre, e insospettate. Ora, come si può amare una vita così soggetta a disgrazie e a miserie? Di più, come si può chiamare vita questa, se da essa procedono tante morti e calamità? E invece la si ama e molta gente va cercando in essa la propria gioia. Il mondo viene sovente accusato di essere ingannevole e vano; ma non per questo viene facilmente abbandonato, perché troppo prevalgono le brame terrene. Altro è ciò che induce ad amare il mondo; altro è ciò che induce a condannarlo. Inducono ad amarlo il desiderio dell'uomo carnale, "il desiderio degli occhi e la superbia della vita" (1 Gv 2,16); inducono invece ad odiarlo e ad esserne disgustato le pene e le sofferenze che giustamente conseguono a quei desideri perversi. E tuttavia - tristissima cosa - i piaceri malvagi hanno il sopravvento in coloro che hanno l'animo rivolto al mondo, e "considerano gioia lo stare tra le spine" (Gb 30,7); incapaci, come sono, di vedere e di gustare la soavità di Dio e l'intima bellezza della virtù. Quelli invece che disprezzano totalmente il mondo, e si sforzano di vivere per Dio in santa disciplina, conoscono la divina dolcezza, che è stata promessa a chi sa davvero rinunciare; essi comprendono appieno quanto siano gravi gli errori e gli inganni del mondo.
DISCORSO 148 DALLE PAROLE DEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (5, 4): " PRIMA DI VENDERLO NON ERA TUO? " TENUTO NELLA DOMENICA DELL'OTTAVA DI PASQUA PRESSO LA TOMBA DEI VENTI SANTI MARTIRI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa morte temporale di Anania e Saffira non è correzione troppo severa.
1. Durante la lettura del libro che s'intitola Atti degli Apostoli avete rivolto l'attenzione a ciò che era toccato a quelli che, venduto un campo, sottrassero una parte del ricavato dal campo e deposero il prezzo ai piedi degli Apostoli, come se rispondente all'intero ricavato. Smascherati, all'istante morirono entrambi, il marito e la moglie di lui. Ad alcuni sembra sia stato troppo severo tale castigo, tale da procurare la morte di persone che avevano trattenuto denaro di loro proprietà. Lo Spirito Santo non si attenne a questo a causa della loro avarizia, ma in tal modo punì la menzogna. Avete infatti ascoltato le parole del beatissimo Pietro. Egli disse: Prima di venderlo non era forse di tua proprietà e, anche venduto, non era sempre a tua disposizione? 1 Se non volevi vendere, chi ti obbligava? Se volevi mettere in comune la metà del prezzo, chi lo avrebbe preteso tutto? Infatti se doveva esserne offerto la metà, doveva essere presentata quale metà. La metà offerta per il tutto, questa era la menzogna che doveva essere punita. Tuttavia, fratelli, non sembri di severa correzione la morte temporale. Voglia il cielo che il castigo sia stato limitato a questa vita! Che tocca di grave infatti agli uomini mortali se una volta o l'altra dovranno morire? Ma attraverso la loro punizione temporale Dio ha voluto che si capisse il suo insegnamento. E' da credere che dopo questa vita Dio li abbia perdonati; è grande infatti la sua misericordia. Quanto alle morti che toccano per castigo, in un certo passo l'apostolo Paolo, nel correggere quelli che trattavano senza riverenza il corpo e il sangue di Cristo, afferma: E' per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero fra voi dormono; cioè quanto basta per imporre la disciplina. Un buon numero fra voi dormono, cioè sono morti. Venivano infatti corretti con il flagello del Signore: si ammalavano e morivano. E di seguito a tali parole aggiunse pure: Se però esaminassimo attentamente noi stessi, non saremmo giudicati dal Signore. Quando poi siamo giudicati, veniamo ammoniti dal Signore per non essere condannati insieme con il mondo 2. E che accade se a tale marito e a sua moglie tocca qualcosa di simile? Sono stati ammoniti con il flagello della morte per non essere condannati alla pena eterna.
I voti vanno adempiuti.
2. La vostra Carità faccia attenzione soltanto a questo: perché se a Dio dispiacque la riduzione del denaro che avevano destinato a Dio - e senza dubbio quel denaro era necessario alla vita degli uomini - quale non è lo sdegno di Dio quando si fa voto di castità e non si osserva, quando si fa voto di verginità e non si adempie? Si consacra infatti all'utile di Dio e non all'utile degli uomini. Com'è che ho detto: " all'utile di Dio "? Perché dei santi Dio fa la sua dimora, si fa un tempio in cui si degna di abitare; e, in realtà, vuole che il suo tempio si mantenga santo. Pertanto si può dire alla vergine consacrata che prende marito ciò che dice Pietro a proposito del denaro. Conservandosi non restava per te la tua verginità, e prima che tu ne facessi voto non era in tuo potere? Delle consacrate quelle che invece abbiano agito così: abbiano fatto tali voti e non li abbiano osservati, non pensino che saranno punite con la morte temporale, ma saranno condannate al fuoco eterno.
1 - At 5, 4.
2 - 1 Cor 9, 30-32.
1 - San Giuseppe viene a sapere della gravidanza di Maria vergine.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca375. Era già in corso il quinto mese della divina gravidanza della Principessa del cielo, quando il castissimo Giuseppe suo sposo cominciò a riflettere sull'ingrossamento del suo grembo verginale, perché nella perfezione naturale e nella delicata costituzione della sua sposa umilissima, come ho detto in precedenza, si poteva scoprire agevolmente ogni eventuale cambiamento. Un giorno, mentre Maria santissima usciva dalla sua stanza, san Giuseppe la guardò con particolare attenzione e comprese con maggiore certezza la novità, senza che il ragionamento potesse smentire ciò che agli occhi era già evidente. L'uomo di Dio restò ferito nel cuore con un dardo di dolore, che lo penetrò fin nella sua parte più intima, senza trovare resistenza alla forza delle sue ragioni. La prima era l'amore castissimo, ma molto intenso e vero, che aveva per la sua fedelissima sposa, nella quale fin dal principio il suo cuore aveva più che confidato; inoltre, col piacevole tratto e con la santità senza pari della grande Signora, questo vincolo dell'anima di san Giuseppe si era sempre più confermato nella stima di lei. Siccome ella era tanto perfetta nella modestia e nell'umile maestà, il santo, oltre al diligente riguardo di servirla, aveva un desiderio, quasi connaturale al suo amore, di vedersi corrisposto dalla sua sposa. E il Signore dispose ciò in questo modo, affinché, per essere ricambiato, il santo mettesse una maggiore sollecitudine nel servire e stimare la divina Signora.
376. San Giuseppe soddisfaceva questo compito come fedelissimo sposo e dispensatore del mistero che tuttavia gli era nascosto. Quanto più era intento a servire e a venerare la sua sposa e quanto più il suo amore era purissimo, castissimo, santo e giusto, tanto maggiore era il desiderio di vedersi da lei corrisposto. Ciò nonostante non glielo manifestò mai, sia per la riverenza alla quale lo obbligava l'umile maestà della sua sposa, sia perché quella sollecitudine non gli era mai pesata per la sua piacevole conversazione e la sua purezza più che angelica. Quando però si trovò in questo frangente, venendogli attestata dalla vista la novità che non poteva negare, la sua anima restò divisa per la sorpresa. Tuttavia, per quanto sicuro che nella sua sposa vi era quel nuovo fatto, non diede al giudizio più di quanto non poteva negare agli occhi. Essendo uomo santo e retto, sebbene vedesse l'effetto, sospese il giudizio riguardo alla causa; se, infatti, si fosse persuaso che la sua sposa era colpevole, senza dubbio sarebbe morto di dolore.
377. A questa causa si aggiunse la certezza di non aver parte nella gravidanza che riscontrava con i suoi occhi e di non poter evitare il disonore, quando la cosa si fosse venuta a sapere. Questa preoccupazione era per san Giuseppe tanto più pesante quanto più egli era di cuore generoso ed onesto, e con la sua grande prudenza sapeva misurare il dolore dell'infamia propria e della sua sposa, se fossero giunti a soffrirlo. La terza causa, che procurava maggiore tormento al santo sposo, era il rischio di dover consegnare la sua sposa affinché venisse lapidata secondo la legge, poiché questo era il castigo delle adultere. In mezzo a queste considerazioni, come fra punte di acciaio, il cuore di san Giuseppe si trovò ferito, senza trovare sul momento altro rifugio per risollevarsi, fuorché la consolidata fiducia che aveva nella sua sposa. Poiché tutti i segni attestavano l'impensata novità e al sant'uomo non si offrivano vie d'uscita, né tantomeno egli osava comunicare a persona alcuna la sua afflizione, si trovava circondato dai dolori della morte e provava che la gelosia è tenace come l'inferno.
378. Voleva ragionare tra sé e sé, ma il dolore gli toglieva la capacità di farlo. Se il pensiero voleva andare dietro ai sensi nei sospetti, tutti questi svanivano come il gelo alla forza del sole e come il fumo dinanzi al vento, poiché egli si ricordava della provata santità della sua sposa, che era riservata e prudente; se voleva sospendere l'affetto del suo castissimo amore, non poteva, perché sempre la ritrovava oggetto degno di essere amato, e la verità, benché misteriosa, aveva forze maggiori per allettarlo di quante ne avesse l'inganno apparente dell'infedeltà per sviarlo. Non poteva rompersi quel vincolo assicurato con così solide garanzie di verità, di ragione e di giustizia. Quanto al parlarne con la sua umilissima sposa, non lo trovava conveniente e tantomeno glielo permetteva quella imperturbabilità severa e divinamente umile, che riscontrava in lei. Infatti, sebbene vedesse il cambiamento nel corpo, il suo procedere tanto puro e santo non corrispondeva a tale sconcerto, come si sarebbe potuto presumere, poiché quella colpa non poteva accordarsi con tanta purezza, santità, discrezione e con tutte le grazie unite insieme, l'aumento delle quali, in Maria santissima, era ogni giorno evidente.
379. In mezzo a queste pene, il santo sposo Giuseppe si appellò al tribunale del Signore mediante la preghiera e, postosi alla sua presenza, disse: «Altissimo Dio e Signore eterno, i miei desideri e i miei gemiti non sono nascosti alla vostra divina presenza. Mi vedo combattuto dalle onde impetuose che dai miei sensi sono arrivate a ferire il mio cuore. Io lo consegnai sicuro alla sposa che ricevetti dalla vostra mano. Ho confidato nella sua grande santità e i segni della novità che vedo in lei mi procurano dolore e mi tormenta il timore di vedere deluse le mie speranze. Fra coloro che sinora l'hanno conosciuta, nessuno ha potuto concepire dubbio alcuno sul suo pudore e sulle sue eccellenti virtù, però non posso negare che sia incinta. Giudicare che sia stata infedele e che vi abbia offeso sarebbe temerario alla vista di così rara santità e purezza; negare quello che la vista mi assicura è impossibile, come lo sarà vivere sotto la forza di questa pena, se in tutto questo non si nasconde qualche mistero che io non comprendo. La ragione la scagiona, mentre i sensi la condannano. Ella mi cela la causa della sua gravidanza, ma io intanto vedo il suo stato: che cosa dunque devo fare? Fin dall'inizio concordammo il voto di castità, che tutti e due facemmo per vostra gloria e, se mai fosse possibile che avesse violato la vostra fede e la mia, io difenderei il vostro onore e per amore vostro non mi curerei del mio. Ma come si potrebbe conservare tale purezza e santità in tutto il resto, se ella avesse commesso una così grave scelleratezza? E come mai, essendo santa e tanto prudente, mi nasconde questo fatto? Sospendo il giudizio e mi fermo, ignorando la causa di ciò che vedo. Effondo alla vostra presenza il mio spirito afflitto, o Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe! Ricevete le mie lacrime come sacrificio gradito e, se le mie colpe hanno meritato la vostra indignazione, consideratevi obbligato, o Signore, dalla vostra clemenza e benignità, e non disprezzate pene così aspre. Non credo che Maria vi abbia offeso, ma, essendo io il suo sposo, non posso nemmeno presumere qualche mistero, di cui non sono degno. Guidate il mio intelletto e il mio cuore con la vostra luce divina, affinché io conosca e compia ciò che è più gradito alla vostra volontà».
380. San Giuseppe perseverò in questa orazione, perché, pur essendogli venuto in mente che nella gravidanza di Maria santissima poteva esservi qualche mistero da lui ignorato, non ne era convinto. Riusciva solo a trovare ragioni per evitare il giudizio di credeila colpevole nella sua gravidanza, rispettando in tal modo la santità dell'umilissima Signora. Così non giunse alla mente del santo il pensiero che ella potesse essere Madre del Messia. Alcune volte egli sospendeva i sospetti, altre l'evidenza glieli aumentava e suscitava e, così fluttuando, soffriva impetuose tempeste dall'una e dall'altra parte. Sbattuto e vinto, si fermava spesso in una penosa calma, senza determinarsi a credere cosa alcuna con la quale potesse superare il dubbio, rasserenare il cuore ed operare conformemente alla certezza che, dall'una o dall'altra parte, avesse avuto per regolarsi. Fu perciò così grande il tormento di san Giuseppe, che poté essere un'evidente prova della sua incomparabile prudenza e della sua santità. Egli meritò con questa tribolazione di essere predisposto da Dio al singolare beneficio che gli preparava.
381. Tutto ciò che segretamente passava nel cuore di san Giuseppe era manifesto alla Principessa del cielo, che lo osservava con la conoscenza e la luce divina che aveva. E sebbene il suo cuore santissimo fosse pieno di tenerezza e di compassione per ciò che pativa il suo sposo, non gli diceva parola alcuna su tale situazione, ma lo serviva con somma sottomissione e sollecitudine. L'uomo di Dio, sotto una parvenza di noncuranza, la guardava con attenzione maggiore di quella che qualsiasi altro uomo al mondo abbia mai usato. Inoltre, siccome la gran Signora, servendolo a mensa e in altre mansioni, faceva alcuni movimenti che rendevano più evidente il suo stato, san Giuseppe considerava tutto, e sempre più si accertava della verità con grande afflizione dell'anima sua. Infatti, sebbene fosse santo e retto, dal momento in cui si sposò con Maria santissima si lasciò sempre rispettare e servire da lei, mantenendo in tutto l'autorità di uomo e capo, benché la moderasse con rara umiltà e prudenza. In verità, finché ignorò il mistero della sua sposa, giudicò che doveva mostrarsi sempre superiore, con la dovuta moderazione, a imitazione degli antichi Padri e Patriarchi, dalla parola dei quali non doveva allontanarsi, perché le donne fossero ubbidienti e sottomesse ai loro mariti. Del resto, avrebbe avuto ragione di comportarsi in questo modo se Maria santissima, signora nostra, fosse stata come le altre donne. Eppure, malgrado tanta differenza, nessuna fu o sarà mai, più ubbidiente, umile e soggetta a suo marito, dell'eminentissima Regina. Lo serviva con incomparabile rispetto e prontezza e, benché conoscesse le sue preoccupazioni e l'attenzione che aveva per il suo nuovo stato, non per questo ricusò mai di fare tutte le azioni che le competevano, né si curò di nascondere la novità del suo corpo, perché simile raggiro, artificio o doppiezza contrastava con la verità ed il candore angelico che ella aveva, e con la generosità e grandezza del suo nobilissimo cuore.
382. La gran Signora avrebbe ben potuto addurre come garanzia della verità della sua assoluta innocenza la testimonianza di sua cugina santa Elisabetta e di Zaccaria, perché il tempo in cui ella aveva dimorato con loro era appunto quello in cui san Giuseppe, se avesse sospettato di qualche colpa in lei, avrebbe potuto attribuirgliela, in apparenza, più fondatamente. Quindi ella, così o in altri modi, benché non gli avesse manifestato il mistero, avrebbe potuto discolparsi e liberare dalla preoccupazione san Giuseppe. Tuttavia, la maestra della prudenza e dell'umiltà scartò tale possibilità, perché non si accordava con queste virtù il parlare in proprio favore e il convincerlo di così misteriosa verità con la sua stessa testimonianza. Ella rimise tutto con grande sapienza alla disposizione divina; e sebbene la compassione per il suo sposo e l'amore che gli portava la inducessero a consolarlo e a liberarlo dalle pene, non fece ciò col discolparsi, né col nascondere la sua gravidanza, ma servendolo con maggiori cure e procurando di farlo stare lieto, domandandogli che cosa desiderava e voleva che ella facesse, e dandogli altri segni di sottomissione e di amore. Molte volte lo serviva genuflessa e questo, benché da una parte consolasse alquanto il suo sposo, dall'altra gli procurava maggiori motivi di afflizione. San Giuseppe, infatti, considerava le molte ragioni che aveva per stimare ed amare chi egli non sapeva se lo avesse offeso o meno. La divina Signora pregava di continuo per lui, chiedendo all'Altissimo che lo guardasse e consolasse, e si rimetteva tutta alla volontà di sua Maestà.
383. San Giuseppe non poteva nascondere interamente la sua acerbissima pena, cosicché molte volte era mesto e pensieroso. Trasportato da questo dolore, parlava alla sua divina sposa con più severità di prima; ciò era come un inseparabile effetto del suo cuore afflitto, non sdegno né vendetta, giacché questa non gli venne mai in mente, come si vedrà in seguito. La prudentissima Signora, però, non mutò il suo atteggiamento, né fece dimostrazione alcuna di risentimento, anzi, appunto per questo motivo si preoccupava maggiormente di dare sollievo al suo sposo. Lo serviva a mensa, gli dava la sedia, gli porgeva il cibo, gli serviva da bere, e facendo tutto ciò con incomparabile grazia. Poi san Giuseppe le comandava di sedere e si andava sempre più assicurando nella certezza della gravidanza. Non vi è dubbio che questa vicenda fu una di quelle che più provarono non solamente san Giuseppe, ma anche la Principessa del cielo; in essa si manifestò chiaramente la profondissima umiltà e sapienza della sua anima santissima e il Signore le diede modo di esercitare e mettere alla prova tutte le sue virtù, perché non solo non le comandò di tacere il mistero della sua gravidanza, ma neppure le manifestò la sua divina volontà tanto espressamente come in altri avvenimenti. Per questo pare che Dio avesse rimesso e affidato tutto alla scienza e alle virtù divine della sua diletta sposa, lasciandola operare con esse senz'altra speciale illuminazione o grazia. La divina Provvidenza dava occasione a Maria santissima e al suo fedelissimo sposo Giuseppe di esercitare, ciascuno con atti eroici, le virtù e i doni che aveva loro infuso. Si compiaceva - a nostro modo d'intendere - della fede, della speranza e dell'amore, nonché dell'umiltà, pazienza, quiete e serenità di quei candidi cuori, nel mezzo di un'afflizione tanto grande. Per accrescere la sua gloria, per dare al mondo questo esempio di santità e di prudenza e per ascoltare le dolci implorazioni di Maria santissima e del suo castissimo sposo, che gli erano tanto gradite, Dio si comportava come un sordo, affinché essi le ripetessero, e faceva finta di niente senza rispondere loro sino al tempo opportuno.
Insegnamento della Regina e signora del cielo
384. Figlia mia carissima, altissimi sono i pensieri e i fini del Signore, la sua provvidenza con le anime è forte e soave, ed è ammirabile nel governo di tutte, specialmente dei suoi amici ed eletti. Se i mortali venissero a comprendere l'amorevole sollecitudine con la quale questo Padre delle misericordie si preoccupa di guidarli e condurli, sarebbero maggiormente dimentichi di se stessi e non più preda di tanto molesti, inutili e pericolosi pensieri con i quali vivono affannandosi tanto e procurandosi varie dipendenze dalle altre creature. Si abbandonerebbero sicuri alla sapienza e all'amore infinito, che con dolcezza paterna avrebbe cura di tutti i loro pensieri, come delle loro parole ed opere, e di tutto ciò che è meglio per loro. Non voglio che tu ignori questa verità, ma anzi che tu sappia come il Signore dalla sua eternità tiene presenti nella sua mente divina tutti i predestinati che devono esistere nelle diverse epoche, e con l'invincibile forza della sua infinita sapienza e bontà va disponendo ed indirizzando tutti i beni che sono loro utili, affinché si realizzi ciò che il Signore ha determinato a loro riguardo.
385. Per questo alla creatura razionale importa tanto il lasciarsi guidare dalla mano del Signore, abbandonandosi tutta alla sua volontà divina, perché i mortali ignorano le proprie vie e il fine a cui per esse devono amvare, e, nella loro ignoranza, non possono sceglierle da soli se non con grande temerarietà e col pericolo della propria perdizione. Ma se di tutto cuore si mettono in braccio alla provvidenza dell'Altissimo, riconoscendo lui come Padre e se stessi come suoi figli e sue creature, sua Maestà si costituisce loro protettore, rifugio e guida con un amore così grande da volere che il cielo e la terra sappiano come spetti a lui governare i suoi e reggere coloro che in lui confidano e a lui si abbandonano. Se Dio fosse capace di sentire pena o gelosia come gli uomini, la proverebbe nel vedere che un'altra creatura s'intromette nella cura delle anime e che queste ricorrono a cercare quello di cui hanno bisogno in qualcun altro al di fuori di lui, che ha preso tutto ciò su di sé. Inoltre, i mortali non possono ignorare questa verità, se considerano quello che fa un padre per i suoi figli, uno sposo per la sposa, un amico per un altro e un principe per il favorito che egli ama e vuole onorare. Tutto questo è niente in confronto con l'amore che Dio porta ai suoi e con quello che egli vuole e può fare per loro.
386. Sebbene in generale gli uomini credano questa verità, nessuno può arrivare a conoscere l'amore di Dio e i suoi effetti particolari per le anime che si abbandonano e rimettono totalmente alla sua volontà. Anche tu, figlia mia, non puoi manifestare quanto ne conosci, e ciò non è conveniente; conservalo però nel tuo cuore. Sua Maestà dice che non perirà un solo capello dei suoi eletti, perché sono tutti contati. Egli guida i loro passi sulla via della vita e li allontana dalla morte; tiene fisso lo sguardo alle loro opere, corregge i loro difetti con amore, sorpassa i loro desideri, previene i loro sforzi, li difende nel pericolo, li accarezza nella quiete, li conforta nella lotta, li assiste nella tribolazione, li preserva dall'inganno con la sua sapienza, li santifica con la sua bontà, li fortifica col suo potere e, come essere infinito a cui nessuno puo resistere od opporsi, opera ciò che può, può tutto ciò che vuole e vuole darsi tutto al giusto che si trova nella sua grazia e confida solo in lui. Chi mai può misurare quali e quanti saranno i beni che egli diffonde in un cuore disposto in questa maniera a riceveili!
387. Se tu desideri, amica mia, avere questa buona sorte, imitami con vera sollecitudine e da oggi in poi rivolgi tutta la tua solerzia a conseguire con efficacia un vero abbandono alla Provvidenza divina. E se ti invierà tribolazioni e pene, ricevile ed abbracciale con cuore imperturbabile, con tranquillità di spirito, con pazienza, con viva fede e speranza nella bontà dell'Altissimo, che sempre ti darà ciò che è più sicuro e conveniente per la tua salvezza. Non scegliere nulla da sola, perché Dio sa e conosce le tue vie; fidati del tuo Padre e sposo celeste, che con amore fedelissimo ti protegge e difende. Abbi fisso lo sguardo alle mie opere, giacché non ti sono nascoste, e sappi che nella mia vita, dopo i patimenti sostenuti dal mio Figlio santissimo, ciò che più mi fece soffrire furono le tribolazioni del mio sposo Giuseppe, in particolare quelle della circostanza di cui vai scrivendo.
12-1 Marzo 16, 1917 Come la stretta unione tra l’anima e Dio non viene mai spezzata.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Continua il mio solito stato, ed il mio sempre amabile Gesù, quasi a lampo e alla sfuggita si fa vedere; e se mi lamento mi dice:
(2) “Figlia mia, figlia mia, povera figlia, se sapessi che succederà tu soffriresti molto, ed Io per non farti tanto soffrire, cerco di sfuggirti”.
(3) E ritornando a lamentarmi col dirle: “Vita mia, non me l’aspettavo da Te, Tu che pareva che né potevi né sapevi stare senza di me, ed ora, ore ed ore, e qualche volta pare che vuoi far passare anche il giorno. Gesù, non me lo fare, come ti sei cambiato”. E Gesù mi sorprende e mi dice:
(4) “Chetati, chetati, non mi sono cambiato, Io sono immutabile, anzi ti dico che quando mi comunico all’anima, l’ho tenuto stretta con Me, le ho parlato, ho sfogato il mio amore, questo non viene mai spezzato tra l’anima e Me, al più cambio il modo, ora in un modo, ora in un altro, ma sempre vo inventando come parlarle e sfogarmi con essa in amore. E non vedi tu stessa, se non ti ho detto nulla al mattino, sto quasi aspettando la sera per dirti una parola, e quando leggono le applicazioni della mia Passione, stando in te, Io mi riverso sull’orlo dell’anima tua e ti parlo delle mie cose più intime, che finora non avevo manifestato e come l’anima deve seguirmi in quel mio operato, quelle applicazioni saranno lo specchio della mia Vita interna, e chi in essa si specchierà, ricopierà in sé la mia stessa Vita, oh! come rivelano il mio amore, la sete delle anime, ed in ciascuna fibra del mio cuore, in ogni mio respiro, pensiero, ecc., quindi Io ti parlo più che mai, ma appena finisco mi nascondo, e tu non vedendomi mi dici che mi sono cambiato. Anzi ti dico, quando non vuoi ripetere con la tua voce ciò che ti dico nel tuo interno, tu inceppi il mio sfogo d’amore.