Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Non vi è indole così buona che a forza d'atti viziosi non possa acquistarne l'abitudine, e così cambiarsi in pessima. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 17° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 10

1Chiamati a sé i dodici discepoli, diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d'infermità.
2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello,3Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo,4Simone il Cananeo e Giuda l'Iscariota, che poi lo tradì.
5Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti:
"Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani;6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d'Israele.7E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino.8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.9Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture,10né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l'operaio ha diritto al suo nutrimento.
11In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza.12Entrando nella casa, rivolgetele il saluto.13Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi.14Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi.15In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città.

16Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.17Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe;18e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani.19E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire:20non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
21Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire.22E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.23Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un'altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell'uomo.
24Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone;25è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebùl il padrone di casa, quanto più i suoi familiari!

26Non li temete dunque, poiché non v'è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato.27Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all'orecchio predicatelo sui tetti.28E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna.29Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia.
30Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati;31non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri!
32Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli;33chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli.

34Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.35Sono venuto infatti a separare

'il figlio dal padre, la figlia dalla madre,
la nuora dalla suocera:'
36e 'i nemici dell'uomo saranno quelli della sua casa.'

37Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me;38chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.39Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.

40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato.41Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.42E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".


Genesi 30

1Rachele, vedendo che non le era concesso di procreare figli a Giacobbe, divenne gelosa della sorella e disse a Giacobbe: "Dammi dei figli, se no io muoio!".2Giacobbe s'irritò contro Rachele e disse: "Tengo forse io il posto di Dio, il quale ti ha negato il frutto del grembo?".3Allora essa rispose: "Ecco la mia serva Bila: unisciti a lei, così che partorisca sulle mie ginocchia e abbia anch'io una mia prole per mezzo di lei".4Così essa gli diede in moglie la propria schiava Bila e Giacobbe si unì a lei.5Bila concepì e partorì a Giacobbe un figlio.6Rachele disse: "Dio mi ha fatto giustizia e ha anche ascoltato la mia voce, dandomi un figlio". Per questo essa lo chiamò Dan.7Poi Bila, la schiava di Rachele, concepì ancora e partorì a Giacobbe un secondo figlio.8Rachele disse: "Ho sostenuto contro mia sorella lotte difficili e ho vinto!". Perciò lo chiamò Nèftali.
9Allora Lia, vedendo che aveva cessato di aver figli, prese la propria schiava Zilpa e la diede in moglie e Giacobbe.10Zilpa, la schiava di Lia, partorì a Giacobbe un figlio.11Lia disse: "Per fortuna!" e lo chiamò Gad.12Poi Zilpa, la schiava di Lia, partorì un secondo figlio a Giacobbe.13Lia disse: "Per mia felicità! Perché le donne mi diranno felice". Perciò lo chiamò Aser.
14Al tempo della mietitura del grano, Ruben uscì e trovò mandragore, che portò alla madre Lia. Rachele disse a Lia: "Dammi un po' delle mandragore di tuo figlio".15Ma Lia rispose: "È forse poco che tu mi abbia portato via il marito perché voglia portar via anche le mandragore di mio figlio?". Riprese Rachele: "Ebbene, si corichi pure con te questa notte, in cambio delle mandragore di tuo figlio".16Alla sera, quando Giacobbe arrivò dalla campagna, Lia gli uscì incontro e gli disse: "Da me devi venire, perché io ho pagato il diritto di averti con le mandragore di mio figlio". Così egli si coricò con lei quella notte.17Il Signore esaudì Lia, la quale concepì e partorì a Giacobbe un quinto figlio.18Lia disse: "Dio mi ha dato il mio salario, per avere io dato la mia schiava a mio marito". Perciò lo chiamò Ìssacar.19Poi Lia concepì e partorì ancora un sesto figlio a Giacobbe.20Lia disse: "Dio mi ha fatto un bel regalo: questa volta mio marito mi preferirà, perché gli ho partorito sei figli". Perciò lo chiamò Zàbulon.21In seguito partorì una figlia e la chiamò Dina.
22Poi Dio si ricordò anche di Rachele; Dio la esaudì e la rese feconda.23Essa concepì e partorì un figlio e disse: "Dio ha tolto il mio disonore".24E lo chiamò Giuseppe dicendo: "Il Signore mi aggiunga un altro figlio!".
25Dopo che Rachele ebbe partorito Giuseppe, Giacobbe disse a Làbano: "Lasciami andare e tornare a casa mia, nel mio paese.26Dammi le mogli, per le quali ti ho servito, e i miei bambini perché possa partire: tu conosci il servizio che ti ho prestato".27Gli disse Làbano: "Se ho trovato grazia ai tuoi occhi... Per divinazione ho saputo che il Signore mi ha benedetto per causa tua".28E aggiunse: "Fissami il tuo salario e te lo darò".29Gli rispose: "Tu stesso sai come ti ho servito e quanti sono diventati i tuoi averi per opera mia.30Perché il poco che avevi prima della mia venuta è cresciuto oltre misura e il Signore ti ha benedetto sui miei passi. Ma ora, quando lavorerò anch'io per la mia casa?".31Riprese Làbano: "Che ti devo dare?". Giacobbe rispose: "Non mi devi nulla; se tu farai per me quanto ti dico, ritornerò a pascolare il tuo gregge e a custodirlo.32Oggi passerò fra tutto il tuo bestiame; metti da parte ogni capo di colore scuro tra le pecore e ogni capo chiazzato e punteggiato tra le capre: sarà il mio salario.33In futuro la mia stessa onestà risponderà per me; quando verrai a verificare il mio salario, ogni capo che non sarà punteggiato o chiazzato tra le capre e di colore scuro tra le pecore, se si troverà presso di me, sarà come rubato".34Làbano disse: "Bene, sia come tu hai detto!".35In quel giorno mise da parte i capri striati e chiazzati e tutte le capre punteggiate e chiazzate, ogni capo che aveva del bianco e ogni capo di colore scuro tra le pecore. Li affidò ai suoi figli36e stabilì una distanza di tre giorni di cammino tra sé e Giacobbe, mentre Giacobbe pascolava l'altro bestiame di Làbano.
37Ma Giacobbe prese rami freschi di pioppo, di mandorlo e di platano, ne intagliò la corteccia a strisce bianche, mettendo a nudo il bianco dei rami.38Poi egli mise i rami così scortecciati nei truogoli agli abbeveratoi dell'acqua, dove veniva a bere il bestiame, proprio in vista delle bestie, le quali si accoppiavano quando venivano a bere.39Così le bestie si accoppiarono di fronte ai rami e le capre figliarono capretti striati, punteggiati e chiazzati.40Quanto alle pecore, Giacobbe le separò e fece sì che le bestie avessero davanti a sé gli animali striati e tutti quelli di colore scuro del gregge di Làbano. E i branchi che si era così costituiti per conto suo, non li mise insieme al gregge di Làbano.
41Ogni qualvolta si accoppiavano bestie robuste, Giacobbe metteva i rami nei truogoli in vista delle bestie, per farle concepire davanti ai rami.42Quando invece le bestie erano deboli, non li metteva. Così i capi di bestiame deboli erano per Làbano e quelli robusti per Giacobbe.43Egli si arricchì oltre misura e possedette greggi in grande quantità, schiave e schiavi, cammelli e asini.


Salmi 104

1Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
2avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
3costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
4fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.

5Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
6L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
7Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
8Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
9Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.

10Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
11ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
12Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.

13Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
14Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
15il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.

16Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
17Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
18Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.

19Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
20Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
21ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
22Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
23Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.

24Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
25Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
26Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.

27Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
28Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
29Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
30Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

31La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
32Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
33Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
34A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.

35Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.


Salmi 79

1'Salmo. Di Asaf.'

O Dio, nella tua eredità sono entrate le nazioni,
hanno profanato il tuo santo tempio,
hanno ridotto in macerie Gerusalemme.
2Hanno abbandonato i cadaveri dei tuoi servi
in pasto agli uccelli del cielo,
la carne dei tuoi fedeli
agli animali selvaggi.
3Hanno versato il loro sangue come acqua
intorno a Gerusalemme, e nessuno seppelliva.
4Siamo divenuti l'obbrobrio dei nostri vicini,
scherno e ludibrio di chi ci sta intorno.

5Fino a quando, Signore, sarai adirato: per sempre?
Arderà come fuoco la tua gelosia?
6Riversa il tuo sdegno sui popoli che non ti riconoscono
e sui regni che non invocano il tuo nome,
7perché hanno divorato Giacobbe,
hanno devastato la sua dimora.

8Non imputare a noi le colpe dei nostri padri,
presto ci venga incontro la tua misericordia,
poiché siamo troppo infelici.
9Aiutaci, Dio, nostra salvezza,
per la gloria del tuo nome,
salvaci e perdona i nostri peccati
per amore del tuo nome.

10Perché i popoli dovrebbero dire:
"Dov'è il loro Dio?".
Si conosca tra i popoli, sotto i nostri occhi,
la vendetta per il sangue dei tuoi servi.
11Giunga fino a te il gemito dei prigionieri;
con la potenza della tua mano
salva i votati alla morte.
12Fa' ricadere sui nostri vicini sette volte
l'affronto con cui ti hanno insultato, Signore.

13E noi, tuo popolo e gregge del tuo pascolo,
ti renderemo grazie per sempre;
di età in età proclameremo la tua lode.


Ezechiele 4

1"Tu, figlio dell'uomo, prendi una tavoletta d'argilla, mettila dinanzi a te, disegnaci sopra una città, Gerusalemme,2e disponi intorno ad essa l'assedio: rizza torri, costruisci terrapieni, schiera gli accampamenti e colloca intorno gli arieti.3Poi prendi una teglia di ferro e mettila come muro di ferro fra te e la città, e tieni fisso lo sguardo su di essa, che sarà assediata, anzi tu la assedierai! Questo sarà un segno per gli Israeliti.
4Mettiti poi a giacere sul fianco sinistro e sconta su di esso la iniquità d'Israele. Per il numero di giorni in cui giacerai su di esso, espierai le sue iniquità:5io ho computato a te gli anni della sua espiazione come un numero di giorni. Per centonovanta giorni tu espierai le iniquità degli Israeliti.
6Terminati questi, giacerai sul fianco destro e sconterai l'iniquità di Giuda per quaranta giorni, computando un giorno per ogni anno.7Terrai fisso lo sguardo contro il muro di Gerusalemme, terrai il braccio disteso e profeterai contro di essa. Ecco ti ho cinto di catene,8in modo che tu non potrai voltarti né da una parte né dall'altra finché tu non abbia compiuto i giorni della tua reclusione.
9Prendi intanto grano, orzo, fave, lenticchie, miglio e spelta, mettili in un recipiente e fattene del pane: ne mangerai durante tutti i giorni che tu rimarrai disteso sul fianco, cioè per centonovanta giorni.10Il cibo che ti prenderai sarà del peso di venti sicli al giorno: lo consumerai nelle ventiquattr'ore.11Anche l'acqua che berrai sarà razionata: un sesto di 'hin', nelle ventiquattro ore.12Mangerai questo cibo in forma di una schiacciata d'orzo, che cuocerai sopra escrementi umani davanti ai loro occhi.13In tal maniera, mi disse il Signore, mangeranno gli Israeliti il loro pane impuro, in mezzo alle genti fra le quali li disperderò".
14Io esclamai: "Ah, Signore Dio, mai mi sono contaminato! Dall'infanzia fino ad ora mai ho mangiato carne di bestia morta o sbranata, né mai è entrato nella mia bocca cibo impuro".15Egli mi rispose: "Ebbene, invece di escrementi umani ti concedo sterco di bue; lì sopra cuocerai il tuo pane".
16Poi soggiunse: "Figlio dell'uomo, ecco io tolgo a Gerusalemme la riserva del pane; mangeranno il pane a razione e con angoscia e berranno l'acqua a misura in preda all'affanno;17così, mancando pane e acqua, languiranno tutti insieme e si consumeranno nella loro iniquità.


Lettera ai Galati 5

1Cristo ci ha liberati perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.2Ecco, io Paolo vi dico: se vi fate circoncidere, Cristo non vi gioverà nulla.3E dichiaro ancora una volta a chiunque si fa circoncidere che egli è obbligato ad osservare tutta quanta la legge.4Non avete più nulla a che fare con Cristo voi che cercate la giustificazione nella legge; siete decaduti dalla grazia.5Noi infatti per virtù dello Spirito, attendiamo dalla fede la giustificazione che speriamo.6Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità.
7Correvate così bene; chi vi ha tagliato la strada che non obbedite più alla verità?8Questa persuasione non viene sicuramente da colui che vi chiama!9Un po' di lievito fa fermentare tutta la pasta.10Io sono fiducioso per voi nel Signore che non penserete diversamente; ma chi vi turba, subirà la sua condanna, chiunque egli sia.11Quanto a me, fratelli, se io predico ancora la circoncisione, perché sono tuttora perseguitato? È dunque annullato lo scandalo della croce?12Dovrebbero farsi mutilare coloro che vi turbano.

13Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Purché questa libertà non divenga un pretesto per vivere secondo la carne, ma mediante la carità siate a servizio gli uni degli altri.14Tutta la legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: 'amerai il prossimo tuo come te stesso'.15Ma se vi mordete e divorate a vicenda, guardate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
16Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare i desideri della carne;17la carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.
18Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete più sotto la legge.19Del resto le opere della carne sono ben note: fornicazione, impurità, libertinaggio,20idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissensi, divisioni, fazioni,21invidie, ubriachezze, orge e cose del genere; circa queste cose vi preavviso, come già ho detto, che chi le compie non erediterà il regno di Dio.22Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;23contro queste cose non c'è legge.
24Ora quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la loro carne con le sue passioni e i suoi desideri.25Se pertanto viviamo dello Spirito, camminiamo anche secondo lo Spirito.26Non cerchiamo la vanagloria, provocandoci e invidiandoci gli uni gli altri.


Capitolo XI: Il Corpo di Cristo e la Sacra Scrittura, necessarissimi all’anima devota

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Parola del discepolo

1.  O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento. Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale: infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo santissimo.

2. In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).

3. Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e con proposito di buona volontà.


DISCORSO 229 SUI SACRAMENTI DEI FEDELI DELLA DOMENICA DELLA SANTA PASQUA

Discorsi - Sant'Agostino

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Noi, diventati corpo di Cristo, siamo quel che riceviamo.

1. Quel che vedete sulla mensa del Signore, carissimi, è pane e vino; ma questo pane e questo vino, con la mediazione della parola, diventa il corpo e il sangue del Verbo. Infatti il Signore che in principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio 1, per quella sua misericordia a motivo della quale non trascurò quel che aveva creato a sua immagine, si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi 2, come sapete. Così questo Verbo assunse l'uomo, ossia l'anima e la carne dell'uomo, e si fece uomo pur rimanendo Dio. E siccome anche patì per noi, in questo sacramento ci ha affidato il suo corpo e il suo sangue; e anche noi ha trasformati in esso. Noi pure infatti siamo diventati suo corpo e, per la sua misericordia, quel che riceviamo lo siamo. Ripensate che cos'era una volta nei campi questa sostanza, come la terra la partorì, la pioggia la nutrì e la fece diventare spiga; poi il lavoro dell'uomo la radunò nell'aia, la trebbiò, la ventilò, la ripose [nei granai], poi la tirò fuori, la macinò, l'impastò, la cosse, ed ecco finalmente la fece diventare pane. Ed ora pensate a voi stessi: non eravate e siete stati creati, siete stati radunati nell'aia del Signore, siete stati trebbiati col lavoro dei buoi, ossia di coloro che annunziano il Vangelo. Quando da catecumeni eravate rinviati, venivate conservati nei granai. Poi avete dato i vostri nomi; avete cominciato ad essere macinati con digiuni ed esorcismi. Quindi siete venuti all'acqua e siete stati impastati e siete diventati una cosa sola. Col sopraggiungere del fuoco dello Spirito Santo siete stati cotti e siete diventati pane del Signore.

Come il sacramento esprime unità, così noi dobbiamo conservare l'unità.

2. Questo è quello che avete ricevuto. Come dunque vedete che esprime unità tutto quel che è stato fatto, così anche voi siate uno, amandovi, mantenendo l'unità della fede, l'unità della speranza, l'indivisibilità della carità. Quando questa cosa la ricevono gli eretici, ricevono una testimonianza contro se stessi, perché essi vanno cercando la divisione, mentre questo pane è segno di unità. Allo stesso modo anche il vino era in tanti acini e ora è una cosa sola; è uno nella soavità del calice, ma prima è stato spremuto nel torchio. E anche voi, dopo quei digiuni, dopo le fatiche, dopo l'umiliazione e la contrizione, ormai nel nome di Cristo siete confluiti in un certo senso nel calice del Signore. Siete dunque qui sulla mensa, siete qui nel calice. Tutto questo lo siete insieme con noi. Insieme infatti ne prendiamo, insieme ne beviamo, perché insieme viviamo.

Spiegazione delle parti sacrificali della Messa.

3. Ed ora sentirete quel che anche ieri avete sentito; oggi però vi viene spiegato quel che avete sentito e che anche avete risposto (o forse siete stati zitti mentre rispondevano gli altri, ma intanto ieri avete imparato quel che oggi bisogna rispondere). Dopo il saluto che conoscete, cioè: Il Signore sia con voi, avete sentito: In alto i cuori. Tutta la vita dei cristiani veri è cuore in alto, non dei cristiani solo di nome, ma dei cristiani nei fatti e nella verità, tutta la vita è cuore in alto. Che vuol dire: cuore in alto? Speranza in Dio, non in te stesso. Tu infatti sei di quaggiù, Dio di lassù. Se riponi la speranza in te stesso il tuo cuore è quaggiù, non in alto. Perciò quando sentite dal sacerdote: In alto i cuori, voi rispondete: Sono rivolti al Signore. Fate in modo che la risposta sia vera, perché rispondete di fronte ad atti divini; sia proprio vero quel che dichiarate e non succeda che la lingua parli e la coscienza neghi. E poiché anche questo, cioè l'avere il cuore in alto, è Dio che ve lo dona e non le vostre forze, appena avete dichiarato di avere il cuore in alto verso il Signore, il sacerdote continua dicendo: Rendiamo grazie al Signore Dio nostro. Rendiamo grazie di che cosa? Perché il nostro cuore è in alto e, se non fosse stato lui a sollevarlo, noi staremmo a terra. E subito dopo [viene] quel che si fa nella santa orazione che voi ascolterete, in cui, mediante la parola, si fa presente il corpo e il sangue di Cristo. Togli infatti la parola, ed è pane e vino; mettici la parola, e subito è un'altra cosa. Che cos'è quest'altra cosa? Il corpo di Cristo, il sangue di Cristo. Togli dunque la parola: è pane e vino; mettici la parola e diventa sacramento. Su queste cose voi dite Amen. Dire Amen, è sottoscrivere. Amen in latino vuol dire "È verità". Poi si dice l'Orazione del Signore, che voi avete ricevuto e reso. Perché si dice prima di ricevere il corpo e il sangue di Cristo? Perché se, per fragilità umana, la nostra mente ha concepito qualcosa che non stava bene, se la lingua si è lasciata scappare qualcosa d'inopportuno, se l'occhio ha guardato qualcosa in un modo che non conveniva, se l'orecchio ha prestato benevola attenzione a qualcosa di scorretto, se mai qualcosa di simile è stato contratto per le tentazioni di questo mondo e per la fragilità della vita umana, questo viene cancellato nell'Orazione del Signore con le parole: Rimetti a noi i nostri debiti 3. Così possiamo accostarci tranquilli, senza pericolo che quel che riceviamo lo mangiamo e beviamo a nostra condanna 4. Dopo ciò si dice: La pace sia con voi. Grande sacramento è il bacio della pace! Il tuo bacio sia veramente un segno d'amore. Non essere un Giuda! Giuda il traditore con la bocca baciava Cristo, ma nel cuore gli tendeva insidie. Ma può darsi che sia un altro ad avere contro di te un animo ostile e tu non riesci a convincerlo, a rappacificarlo: bisogna che lo sopporti. Non rendergli male per male 5 nel tuo cuore; egli odia, tu ama e puoi baciare con tranquillità. Avete ascoltato poche cose, ma grandi; non siano disprezzate perché poche, ma stimate per il loro peso. D'altra parte non potete esser troppo caricati, se volete ritenere le cose che sono state dette.

 

1 - Gv 1, 1.

2 - Gv 1, 14.

3 - Mt 6, 12.

4 - Cf. 1 Cor 11, 29.

5 - Cf. Pt 3, 9; Rm 12, 17; 1 Tess 5, 15.


8 - La virtù della carità di Maria santissima nostra signora.

La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda

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514. La virtù sovraeccellentissima della carità è la signora, la regina, la madre, l'anima, la vita e la bellezza di tutte le altre virtù. La carità è quella che le governa tutte, le muove e le guida al loro vero ed ultimo fine. Essa le genera nel loro essere perfetto, le sviluppa e conserva, le illumina e adorna, e dà loro vita ed efficacia. E se tutte le altre procurano alla creatura qualche perfezione e ornamento, la carità è quella che origina l'uno e l'altra in esse e che le perfeziona, perché senza la carità sono tutte deformi, oscure, languide, morte e senza profitto, e in esse il dinamismo della vita non è perfetto. La carità è benigna, paziente, mansuetissima, senza emulazione, senza invidia, senza risentimento. Essa di niente si appropria, tutto distribuisce, origina tutti i beni e non acconsente ad alcuno dei mali per quanto dipende da lei, perché è la maggiore partecipazione del vero e sommo Bene. O virtù delle virtù e somma dei tesori del cielo! Tu sola tieni la chiave del paradiso, tu sei l'aurora dell'eterna luce, il sole del giorno dell'eternità, il fuoco che purifica, il vino che inebria dando un nuovo sentimento, il nettare che letifica, la dolcezza che sazia senza fastidio, il talamo in cui riposa l'anima. Sei vincolo così stretto che ci fai uno col medesimo Dio, nella maniera in cui lo sono l'eterno Padre col Figlio ed entrambi con lo Spirito Santo.

515. Per l'incomparabile nobiltà di questa signora delle virtù, cioè della carità, lo stesso Dio e Signore volle - a nostro modo d'intendere - onorare se stesso col nome di lei, chiamandosi egli stesso Amore, come disse san Giovanni. A ben donde la Chiesa cattolica, delle perfezioni divine, attribuisce al Padre l'onnipotenza, al Figlio la sapienza e allo Spirito Santo l'amore, perché il Padre è principio senza principio, il Figlio è generato dal Padre attraverso l'intelletto e lo Spirito Santo da entrambi procede attraverso la volontà. Nondimeno, lo stesso Signore applica a se stesso il nome di carità nella sua pienezza e perfezione senza differenza di Persone, poiché di tutte e tre senza distinzione l'Evangelista disse: Dio è amore. Tale virtù, nel Signore, ha questa peculiarità: è il termine, lo scopo di tutte le operazioni ad intra e ad extra, perché tutte le divine processioni, che sono le attività di Dio dentro di sé, vanno a terminare nell'unione dell'amore e della carità reciproca delle tre Persone divine, per cui tra loro hanno un altro vincolo indissolubile, oltre all'unità della natura indivisa nella quale sono un solo e medesimo Dio. Tutte le opere ad extra, ovvero le creature, hanno avuto origine dalla carità divina e ad essa sono ordinate, in modo che, uscendo dal mare immenso di quella bontà infinita, facciano poi ritorno, mediante la carità e l'amore, all'origine da cui provengono. Questo è pregio singolare della virtù della carità tra tutte le altre virtù e gli altri doni ed è perfetta partecipazione della carità divina, ha origine dallo stesso principio, mira al medesimo fine ed è inoltre proporzionata ad essa più delle altre virtù. Infatti, se chiamiamo Dio nostra speranza, nostra pazienza e sapienza, è solo perché riceviamo dalla sua mano queste virtù e non perché siano presenti in Dio come in noi. Tuttavia, non solamente riceviamo la carità dal Signore, né egli si chiama Amore solo perché ce la comunica, ma anche perché la possiede in se stesso nella sua essenza. Perciò la nostra carità scaturisce da tale perfezione divina, che noi c'immaginiamo come forma e attributo della sua natura, con più proporzione e perfezione di qualsiasi altra virtù.

516. La carità di Dio possiede a nostro vantaggio altre qualità ammirabili. Difatti, essendo essa il principio che ci comunicò tutto il bene del nostro essere ed essendo anche il sommo bene che è lo stesso Dio, viene ad essere lo stimolo e l'esempio della nostra carità e del nostro amore verso lo stesso Signore. Infatti, se per amarlo non ci desta e non ci muove il sapere che in se stesso è infinito e sommo Bene, almeno ci attirerà e ci obbligherà ad amarlo il sapere che egli è il nostro sommo bene. E se forse non potevamo né sapevamo amarlo prima che ci desse il suo Figlio unigenito, ora però, dopo che ce l'ha donato, come potremmo osare non amarlo? O con quale giustificazione? Poiché, se abbiamo una discolpa nel non saperci guadagnare tale beneficio, nessuna però ne avremo se, dopo averlo ricevuto senza meritarlo, non ce ne mostreremo riconoscenti ricambiando amore con amore.

517. L'esempio, che la nostra carità ha in quella divina, dimostra molto più l'eccellenza di tale virtù, benché con difficoltà io possa esprimere in questo il mio pensiero. In verità, quando Cristo Signore nostro fondava la sua perfettissima legge di amore e di grazia, c'insegnò ad essere perfetti a imitazione del nostro Padre celeste, il quale fa sorgere il sole, che è cosa sua, sopra i giusti e gli ingiusti senza differenza. Solamente il Figlio dell'eterno Padre poteva dare agli uomini tale insegnamento e tale esempio, perché, tra tutte le creature visibili, nessuna come il sole ci manifesta la carità divina e ce la propone per imitarla. Difatti questo nobilissimo pianeta, per sua medesima natura e senz'altra deliberazione fuorché la sua sola inclinazione innata, comunica la sua luce a tutte le parti e a tutti quelli che sono capaci di riceverla, senza differenza: per quanto dipende da lui non la nega mai e non la toglie a nessuno. Inoltre fa questo senza che vi sia obbligato da alcuno, senza riceverne beneficio né contraccambio di cui abbia necessità e senza trovare nelle cose, che illumina e riscalda, bontà alcuna antecedente che valga a muoverlo o ad attirarlo; anzi fa questo senza avere altro interesse fuorché quello di spargere la stessa virtù che contiene in sé, affinché tutti ne partecipino e la comunichino.

518. Considerando dunque le qualità di una così generosa creatura, chi è colui che non scorga in essa un'immagine della Carità increata, che si deve imitare? E chi vi sarà che non si curi di imitarla? Chi potrà immaginare di se stesso che abbia vera carità se non la imita? La nostra carità e il nostro amore non possono produrre bontà alcuna nell'oggetto amato, come fa la carità increata del Signore. Tuttavia, se non possiamo migliorare quelli che amiamo, possiamo almeno amare tutti senza interesse e senza scegliere chi amare e a chi fare del bene con la speranza del contraccambio. Non dico che la carità non sia libera, né che Dio abbia fatto qualche opera fuori di sé per naturale necessità, né mira a questo l'esempio, perché tutte le opere ad extra, che sono quelle della creazione, sono libere in Dio. Tuttavia la volontà libera non deve deviare né violentare l'inclinazione e l'impulso della carità, anzi deve assecondarla ad imitazione del sommo Bene. Egli, poiché la sua natura domanda di comunicarsi, non trovò a tal fine alcun ostacolo nella sua volontà divina, ma si lasciò trasportare e muovere dalla sua stessa inclinazione per comunicare i raggi della luce inaccessibile a tutte le creature, secondo la capacità insita in ciascuna di riceverla, senza che da parte nostra vi fossero prima bontà alcuna, servizio o beneficio, e senza che egli sperasse d'avere tale contraccambio dopo. Infatti, non ha bisogno di nessuno.

519. Avendo già conosciuto in parte la condizione della carità nel suo principio, che è Dio, dove mai al di fuori dello stesso Signore la ritroveremo noi in tutta la sua perfezione possibile a una semplice creatura se non in Maria santissima, dalla quale più immediatamente possiamo imitare come dev'essere la nostra carità? È chiaro che, uscendo i raggi di questa luce e carità dal Sole increato, dove sta senza termine e fine, essa si va comunicando a tutte le creature, fino alla più remota, con ordine, con misura ed esclusivamente secondo il grado di ciascuna, a seconda che si trovi più vicina o più distante dal suo principio. Quest'ordine mostra la pienezza e la perfezione della Provvidenza divina, poiché senza di essa sarebbe difettosa, confusa e incompleta l'armonia delle creature, che Dio ha creato per farle partecipi della sua bontà e del suo amore. Il primo posto in quest'ordine doveva essere occupato, dopo il medesimo Dio, da quell'anima e da quella persona che allo stesso tempo fosse Dio increato e uomo creato, affinché alla somma e suprema unione di natura seguisse la somma grazia e partecipazione d'amore, come si trovò e si trova in Cristo Signore nostro.

520. Il secondo posto spetta alla sua madre Maria santissima, nella quale in modo singolare riposò la carità e l'amore divino. Infatti, a nostro modo d'intendere, la Carità increata non sarebbe stata affatto quieta e soddisfatta se non si fosse riversata in una creatura semplicemente tale, e con tale abbondanza che in lei venisse ad essere nepilogato l'amore e raccolta la carità di tutto il genere umano, in modo che ella sola potesse supplire per le altre semplici creature, dando così il contraccambio possibile alla Carità increata e partecipando della stessa senza le mancanze e i difetti che vi mescolano tutti gli altri mortali corrotti dal peccato. Solo Maria fra tutte le creature fu eletta, come il Sole di giustizia, affinché lo emulasse nella carità e imitasse lui in questa sua virtù con la massima conformità all'originale. Ella sola seppe amare più, e meglio, di tutte le altre insieme, amando Dio puramente, perfettamente, intimamente e sommamente per Dio stesso e le creature per suo amore, nel modo in cui egli stesso le ama. Ella sola assecondò adeguatamente l'impulso della carità e la sua inclinazione generosa, amando il sommo Bene come sommo bene senza alcun altro scopo, amando le creature per la partecipazione che hanno di Dio e non per il contraccambio, né per la speranza di una retribuzione. Di conseguenza, imitando in tutto la Carità increata, solo Maria poté e seppe amare in modo da migliorare chi amava. In verità, col suo amore operò in maniera tale che migliorò il cielo e la terra in tutto ciò che esiste, eccetto Dio.

521. Quindi, se la carità di questa gran Signora si ponesse su una bilancia e quella di tutti gli uomini e gli angeli su un'altra, peserebbe più quella di Maria purissima che quella di tutte le altre creature, poiché queste fra tutte non giunsero a saper tanto, come ella sola, della natura e qualità della carità di Dio. Conseguentemente, solo Maria seppe imitarla con adeguata perfezione in modo superiore all'intera natura delle creature intelligenti. Con questo eccesso d'amore e di carità soddisfece il debito che le creature avevano di corrispondere all'amore infinito del Signore verso di esse, cioè di corrispondervi per quanto si poteva richiedere da loro, non dovendo il loro amore equivalere a quello infinito di Dio, perché ciò non era possibile. E come l'amore e la carità dell'anima santissima di Gesù Cristo furono in qualche misura proporzionate all'unione ipostatica, nel grado possibile, così la carità di Maria fu in altro modo proporzionata al beneficio di averle l'eterno Padre dato il suo Figlio santissimo, affinché fosse unitamente madre di lui e lo concepisse e partorisse per rimedio del mondo.

522. Da ciò intenderemo che tutto il bene e la felicità delle creature si viene a risolvere in qualche maniera nella carità e nell'amore che Maria santissima ebbe per Dio. Ella fece sì che queste virtù e questa partecipazione dell'amore divino si trovassero fra le creature nella loro ultima e somma perfezione. Ella pagò interamente per tutti questo debito, mentre tutti gli altri insieme non avrebbero potuto dare a Dio la ricompensa dovuta né tantomeno giungevano a conoscerla. Con questa perfettissima carità ella obbligò, per quanto era possibile, l'eterno Padre a donarle, per sé e per tutto il genere umano, il suo Figlio santissimo. Infatti, se Maria purissima avesse amato meno e se nella sua carità si fosse trovata qualche mancanza, non vi sarebbe stata disposizione nella natura creata perché il Verbo s'incarnasse, mentre invece, trovandosi fra le creature qualcuna che giungesse ad imitare la carità divina in grado tanto sublime, ne veniva di conseguenza che in lei sarebbe sceso il medesimo Dio, come fece.

523. Tutto questo si trova racchiuso in quella frase con cui lo Spirito Santo la chiamò Madre del bell'amore, attribuendo pure a lei queste parole - come si è riferito della santa speranza. In verità Maria è madre di colui che è nostro dolcissimo amore, Gesù Signore e redentore nostro, il più bello tra i figli dell'uomo, sia per la divinità che è d'infinita ed increata bellezza, sia per l'umanità che non ebbe colpa né inganno e alla quale non mancò grazia alcuna di quelle che la divinità poté comunicarle. Inoltre è Madre del bell'amore, perché ella sola generò nella sua mente l'amore, la carità perfetta e la bellissima dilezione, che tutte le altre creature non seppero generare in tutta la sua bellezza, e senza difetto alcuno, in modo che potesse chiamarsi un amore assolutamente bello. Madre è del nostro amore, perché ella lo portò al mondo, ella ce lo guadagnò ed ella c'insegnò a conoscerlo e a praticarlo. Infatti, esclusa Maria santissima, non si poteva trovare né in cielo né in terra un'altra semplice creatura che gli uomini e gli angeli potessero seguire come maestra del bell'amore. Così, tutti i santi sono come raggi di questo sole, come condotti escono da questo mare e, tanto più sanno amare, quanto più partecipano dell'amore e della carità di Maria santissima, imitandola e perciò rendendosi conformi a lei.

524. Cause di tale carità e amore nella nostra principessa Maria furono la profondità della sua altissima conoscenza e sapienza, per la fede e la speranza infuse come per i doni dello Spirito Santo, di scienza, intelletto e sapienza, e soprattutto per le visioni intuitive, nonché per quelle astrattive della Divinità. Mediante tutti questi mezzi conobbe in sommo grado la Carità increata e la bevve alla sua medesima fonte. Avendo conosciuto che Dio doveva essere amato per se stesso e la creatura per Dio, così fece e praticò con intensissimo e ferventissimo amore. D'altronde il potere divino, non trovando impedimento, né ostacolo di colpa, né di inavvertenza, ignoranza, imperfezione o indugio nella volontà di questa Regina, poté operare in lei tutto ciò che volle e tutto ciò che non fece con le altre creature, perché nessun'altra ebbe la disposizione di Maria santissima.

525. Quindi la carità di Maria fu un vero prodigio del potere divino; fu il maggior saggio e la maggior testimonianza della carità increata di Dio in una creatura puramente tale e fu il disimpegno di quel gran precetto naturale e divino: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze, perché solo Maria disobbligò tutte le creature da questo impegno e da questo debito, che in questa vita, prima di vedere Dio, non sapevano né potevano pagare interamente. Questa Signora l'adempì, quando era ancora viatrice, meglio dei medesimi serafini, che già erano comprensori. Ella in un certo senso disimpegnò anche Dio, poiché lo tolse dall'obbligo di far sì che questo precetto non restasse vano e come frustrato da parte dei viatori. Infatti Maria purissima, ed ella sola, lo osservò con tutta santità e perfezione per tutti loro, supplendo abbondantemente a quanto loro mancava. E se, quando Dio volle stabilire questo precetto di tanto amore e di così perfetta carità ai mortali, egli non avesse avuto presente Maria santissima, nostra regina, forse non lo avrebbe dato in tale forma, ma in vista di questa Signora ben si compiacque di fissarlo in questi termini; quindi noi le siamo debitori sia dell'avere ricevuto questo precetto della perfetta carità sia dell'averlo adeguatamente adempiuto.

526. O dolcissima Madre del bell'amore, tutte le nazioni ti conoscano, tutte le generazioni ti benedicano, tutte le creature ti esaltino e ti lodino! Tu sola sei la perfetta, tu sola la diletta, tu sola la prescelta per tua madre che è la carità increata. Ella ti formò unica e fulgida come il sole, per risplendere col tuo bellissimo e perfettissimo amore. Avviciniamoci dunque tutti, noi miseri figli di Eva, a questo sole, affinché ci illumini ed accenda. Andiamo a questa Madre, affinché ci rigeneri nell'amore. Avviciniamoci a questa maestra, affinché c'insegni ad esercitare l'amore, la dilezione e la carità bella e senza difetti. L'amore è un affetto col quale chi ama si compiace e riposa nell'amato. La dilezione inoltre fa una certa scelta e separazione della cosa che si ama da tutto il resto. Ma la carità, oltre a tutto ciò, significa un'intima preziosità dell'oggetto amato, per cui si stima e brama. Tutto questo ci verrà insegnato dalla Madre di questo bell'amore, il quale, appunto perché ha in lei tutte queste qualità, viene ad esser tale. Da lei apprenderemo ad amare Dio per Dio, riposando in lui tutto il nostro cuore e tutti i nostri affetti. Apprenderemo a separare questo cuore da tutto ciò che non è lo stesso sommo Bene, poiché lo ama meno chi con lui vuole amare altre cose. Apprenderemo ad apprezzarlo e stimarlo più dell'oro e più di ogni altra cosa preziosa, poiché, al suo confronto, ogni cosa preziosa è vile, ogni bellezza è bruttezza e ogni cosa grande e stimabile agli occhi carnali viene ad essere spregevole e senza valore alcuno. Quanto agli effetti della carità di Maria santissima, io ne parlo in tutta quest'Opera e di essi sono pieni il cielo e la terra. Quindi non mi trattengo a raccontare in particolare quello che non si può spiegare con la lingua né con parole umane o angeliche.

 

Insegnamento della Regina del cielo

 

527. Figlia mia, se con affetto di madre desidero che tu mi segua e mi imiti in tutte le altre virtù, in questa poi della carità, che è il fine e la corona di tutte, ti ordino espressamente come mia volontà che tu dilati oltremisura tutte le tue forze per copiare nell'anima tua con maggiore perfezione tutto ciò che ti fu fatto conoscere nella mia. Accendi la lucerna della fede e della ragione per ritrovare questa dramma d'infinito valore e, avendola poi ritrovata, dimentica e disprezza tutto ciò che è terreno e corruttibile. Molte volte medita, considera e pondera le infinite ragioni e cause che vi sono in Dio perché egli debba essere amato sopra tutte le cose. E affinché tu sappia come devi fare per amarlo con la perfezione che desideri, questi saranno i segni e gli effetti dell'amore dai quali conoscerai se il tuo è perfetto e vero. Osserva cioè se mediti e pensi a Dio continuamente; se adempi i suoi precetti e consigli senza tedio né disgusto; se temi di offenderlo; se, offeso, procuri subito di placarlo; se ti dispiace che sia offeso; se ti rallegri che tutte le creature lo servano; se desideri e gusti il parlare continuamente del suo amore; se ti consoli nel ricordarlo e averlo presente; se ti rattristi della sua dimenticanza e lontananza; se ami ciò che egli ama e aborrisci ciò che egli aborrisce; se procuri di attirare tutti alla sua amicizia e grazia; se gli domandi con confidenza; se ricevi con riconoscenza i suoi benefici; se procuri di non perderli e se li converti ad onore e gloria sua; se desideri e ti sforzi di estinguere in te stessa i moti delle passioni, che ti ritardano ed impediscono l'affetto amoroso e l'opera delle virtù.

528. Questi ed altri effetti sono altrettanti indizi che la carità si trova nell'anima con più o meno perfezione. E soprattutto quando è forte e ardente, non lascia inattive le facoltà, né tollera errori nella volontà, perché subito le purifica e perfeziona tutte e non riposa se non quando gusta la dolcezza del sommo Bene che ama; senza di lui viene meno ed è come ferita, inferma e assetata di quel vino che inebria il cuore, provocando la dimenticanza di tutto ciò che è terreno, corruttibile e momentaneo. Inoltre, siccome la carità è la madre e la radice di tutte le altre virtù, subito si sente la sua fecondità in quell'anima in cui essa è permanente e viva, perché la riempie e adorna con gli abiti delle altre virtù, che con ripetuti atti va generando, come spiegò l'Apostolo. Non solamente l'anima che vive nella carità possiede gli effetti di questa virtù, con la quale ama il Signore, ma, stando nella carità, è vicendevolmente amata dal medesimo Dio. Di conseguenza riceve dall'amore divino quel reciproco effetto per cui Dio rimane in colui che ama, cosicché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo pongono in lui il tempio della loro dimora. Questo beneficio è talmente grande ed eccelso che con nessun termine né esempio si può far conoscere nella vita mortale.

529. L'ordine di questa virtù sta nell'amare prima Dio, il quale è sopra la creatura, subito dopo amare se stesso e dopo di sé amare ciò che è più vicino a sé, cioè il proprio prossimo. Dio si deve amare con tutto l'intelletto senza errore, con tutta la volontà senza frode né divisione, con tutta la mente senza dimenticanza, con tutte le forze senza lentezza, tiepidezza o negligenza. Il motivo che la carità ha di amare Dio e tutto il resto a cui si estende, è il medesimo Dio, perché egli, che è sommo bene infinitamente perfetto e santo, deve essere amato per se stesso. Amando Dio per questo motivo, ne segue che la creatura ama se stessa, perché essa ed il suo prossimo non sono suoi tanto quanto sono del Signore dal quale ricevono l'essere, la vita e il movimento. E chi con verità ama Dio perché egli è ciò che è, ama anche tutto quello che è di Dio ed ha qualche partecipazione della sua bontà. Per questo la carità, considerando il prossimo come opera e partecipazione di Dio, non fa differenza tra amico e nemico, perché considera solamente ciò che hanno di Dio e che sono cosa sua. Inoltre questa virtù non fa caso se la creatura che deve amare è un amico piuttosto che un nemico, un benefattore piuttosto che un offensore, ma solamente fa caso se partecipa più o meno della bontà dell'Altissimo e così, col dovuto ordine, ama tutti in Dio e per Dio.

530. Tutto il resto che le creature amano per altri fini e motivi sperandone qualche interesse, comodità o ricambio, lo amano con amore di concupiscenza disordinata o con amore umano e naturale e, quand'anche fosse amore virtuoso e ben ordinato, non apparterrebbe alla carità infusa. Di conseguenza, muovendosi gli uomini ordinariamente in vista di questi beni particolari e con fini interessati e terreni, risulta che sono molto pochi quelli che considerano, abbracciano e conoscono la nobiltà di questa generosa virtù, esercitandola con la dovuta perfezione, poiché cercano ed invocano per i beni temporali o per il beneficio e il gusto spirituale persino lo stesso Dio. Da tutto questo sregolato amore voglio, figlia mia, che allontani il tuo cuore e che viva in, esso solo la carità ben ordinata, alla quale l'Altissimo ha inclinato i tuoi desideri. E se tante volte ripeti che questa virtù è la più bella, la più gentile, e che è degna di essere amata e stimata da tutte le creature, impegnati molto per conoscerla e, avendola conosciuta, compra una così preziosa gemma dimenticando ed estinguendo nel tuo cuore ogni amore che non sia di carità perfettissima. D'ora innanzi, non devi più amare nessuna creatura se non per Dio, per quegli attributi divini che in essa vedi rappresentati e come cosa sua, nel modo in cui la sposa ama tutti i servi e i familiari della casa dello sposo, perché sono suoi. E se, amando qualche creatura, ti dimentichi che devi vedere Dio in essa e così non la ami solo per questo Signore, sappi che tu non la ami con amore di carità, né come da te voglio, né come l'Altissimo ti ha ordinato. Conoscerai se la ami con carità anche dalla differenza che farai tra amico e nemico, gradevole e sgradevole, tra più o meno cortese, tra chi ha e chi non ha grazie naturali. Tutte queste differenze non le fa la carità vera, ma piuttosto l'inclinazione naturale e le passioni degli appetiti, che tu devi governare con questa virtù, estinguendoli ed eliminandoli.


Milano, 1° gennaio 1996. Festa di Maria Santissima Madre di Dio. Nel mio sicuro rifugio.

Don Stefano Gobbi

«Oggi celebrate con gioia la festa della mia divina Maternità e guardate a Me, con filiale fiducia, invocando il grande dono della pace per la Chiesa e per tutta l'umanità. Io sono la Regina della pace. Sono stata scelta dal Padre Celeste a diventare la Madre del suo Figlio Unigenito, nato per portare a tutta l'umanità il bene prezioso della pace. Il mio divino Bambino, che nasce nella povertà di una grotta e viene deposto in una mangiatoia, è Lui stesso la Pace. Pace fra Dio e l'umanità, da Lui redenta e portata ad una nuova comunione di amore e di vita con il suo Signore.

Pace fra gli uomini, diventati tutti fratelli, perché figli di Dio, partecipi dei suoi doni e membri di una stessa famiglia. Mio figlio Gesù mi ha voluto anche vostra Madre. Così sono diventata Madre della umanità, da Lui redenta e salvata. Mio compito è quello di seguire come Mamma, durante il corso della storia, le vicende di tutti i miei figli. In maniera particolare sono Mamma di coloro che, attraverso il sacramento del Battesimo ed il dono della fede e della Grazia, vengono inseriti intimamente nella stessa vita di Gesù, compongono il suo mistico Corpo e fanno parte della sua Chiesa.

Sono Madre della Chiesa. Mio compito materno è di seguire, durante il corso della sua storia, tutte le vicende terrene della Chiesa. Ed, in ogni circostanza del suo doloroso cammino, ho sempre offerto alla Chiesa, il sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato. Il mio Cuore Immacolato racchiude tutto il mio verginale e materno amore per voi. Il mio Cuore Immacolato si apre per darvi aiuto, conforto e protezione.

Il mio Cuore Immacolato diventa, per ciascuno di voi, il più sicuro rifugio e la strada che vi porta al Dio della salvezza e della pace. All'inizio di questo nuovo anno, denso di avvenimenti significativi e dolorosi per questa povera umanità, ormai in balia delle forze del male che si sono scatenate, ancora una volta invito tutti ad entrare nel sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato.

- Nel mio sicuro rifugio entrano coloro che sono chiamati a dare una cruenta testimonianza al Signore. Dal primo martire Stefano, che ho raccolto fra le mie braccia materne dopo la sua uccisione, a coloro che ancora oggi danno la propria vita, la grande schiera dei martiri entra nel rifugio del mio Cuore Immacolato, per ricevere nuova forza e coraggio, nell'ora della loro immolazione.

- Nel mio sicuro rifugio si raccoglie la innumerevole schiera dei confessori della fede, per ottenere Luce e Spirito di Sapienza che li conduce a comprendere, a vivere e ad annunciare a tutti il Vangelo.

- Nel mio sicuro rifugio si forma la candida falange dei vergini, per apprendere, dalla mia verginale maternità, a vivere solo per Gesù, scelto come unico Sposo della propria vita e, rivestiti della sua Luce immacolata, seguono l'Agnello ovunque vada.

- Nel mio sicuro rifugio cercano riparo e protezione coloro che sono chiamati ad offrirsi al Signore, seguendolo sul cammino dei consigli evangelici. Io stessa coltivo questi fiori profumati e preziosi, cresciuti nel giardino del mio Cuore Immacolato.

- Nel mio sicuro rifugio coltivo, con cura e premura, tutti i Sacerdoti, che da Gesù mi sono stati affidati e che amo di particolarissimo amore. Qui sono da Me confortati, incoraggiati e formati a seguire, a imitare e a rivivere Gesù fino alla sua pienezza.

- Nel mio sicuro rifugio si riparano le famiglie cristiane, per essere difese da tanti pericoli e protette dai terribili mali che le minacciano.

- Nel mio sicuro rifugio chiamo i bambini, perché respirino l'atmosfera della purezza e della preghiera; i giovani, perché siano aiutati a crescere nella Grazia, nell'amore e nella santità; i peccatori, perché trovino misericordia e perdono; gli ammalati, perché abbiano la salute; i moribondi, perché possano passare dalla terra al Paradiso, attraverso la porta celeste del mio Cuore Immacolato.

- Nel mio sicuro rifugio soprattutto dovete entrare tutti voi, miei figli, per essere da Me difesi e protetti, ora che entrate nel periodo conclusivo della purificazione e della grande tribolazione.

Ormai gli avvenimenti si succederanno, in maniera rapida, verso il loro completo svolgimento. I miei segreti vi saranno svelati dalle stesse vicende che siete chiamati a vivere. Per questo, vedendo con materna preoccupazione tutto quanto ormai vi attende, ancora una volta invito la Chiesa e tutta l'umanità ad entrare nel sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato.

Solo qui sarete da Me stessa protetti e consolati. Solo qui troverete la pace e varcherete con gioia la soglia luminosa della speranza.Perché nel sicuro rifugio del Mio Cuore Immacolato, che la Santissima Trinità vi offre come arca di salvezza, in questi ultimi tempi, attenderete, nella fiducia e nella preghiera, il ritorno nella gloria di Gesù, che porterà il suo Regno nel mondo e farà nuove tutte le cose. In attesa che si compia la beata speranza e la venuta gloriosa di mio Figlio Gesù, all'inizio di questo nuovo anno, tutti vi benedico nel Nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».