Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

La scienza dei santi è fare e soffrire. Così arrivarono alla Gloria; e se noi soffriremo fortemente e costantemente per Dio e con Dio, avremo anche noi la santità  e la gloria. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 17° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 5

1Vi fu poi una festa dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.2V'è a Gerusalemme, presso la porta delle Pecore, una piscina, chiamata in ebraico Betzaetà, con cinque portici,3sotto i quali giaceva un gran numero di infermi, ciechi, zoppi e paralitici.4Un angelo infatti in certi momenti discendeva nella piscina e agitava l'acqua; il primo ad entrarvi dopo l'agitazione dell'acqua guariva da qualsiasi malattia fosse affetto.5Si trovava là un uomo che da trentotto anni era malato.6Gesù vedendolo disteso e, sapendo che da molto tempo stava così, gli disse: "Vuoi guarire?".7Gli rispose il malato: "Signore, io non ho nessuno che mi immerga nella piscina quando l'acqua si agita. Mentre infatti sto per andarvi, qualche altro scende prima di me".8Gesù gli disse: "Alzati, prendi il tuo lettuccio e cammina".9E sull'istante quell'uomo guarì e, preso il suo lettuccio, cominciò a camminare.
Quel giorno però era un sabato.10Dissero dunque i Giudei all'uomo guarito: "È sabato e non ti è lecito prender su il tuo lettuccio".11Ma egli rispose loro: "Colui che mi ha guarito mi ha detto: Prendi il tuo lettuccio e cammina".12Gli chiesero allora: "Chi è stato a dirti: Prendi il tuo lettuccio e cammina?".13Ma colui che era stato guarito non sapeva chi fosse; Gesù infatti si era allontanato, essendoci folla in quel luogo.14Poco dopo Gesù lo trovò nel tempio e gli disse: "Ecco che sei guarito; non peccare più, perché non ti abbia ad accadere qualcosa di peggio".15Quell'uomo se ne andò e disse ai Giudei che era stato Gesù a guarirlo.16Per questo i Giudei cominciarono a perseguitare Gesù, perché faceva tali cose di sabato.17Ma Gesù rispose loro: "Il Padre mio opera sempre e anch'io opero".18Proprio per questo i Giudei cercavano ancor più di ucciderlo: perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio.

19Gesù riprese a parlare e disse: "In verità, in verità vi dico, il Figlio da sé non può fare nulla se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa.20Il Padre infatti ama il Figlio, gli manifesta tutto quello che fa e gli manifesterà opere ancora più grandi di queste, e voi ne resterete meravigliati.21Come il Padre risuscita i morti e dà la vita, così anche il Figlio dà la vita a chi vuole;22il Padre infatti non giudica nessuno ma ha rimesso ogni giudizio al Figlio,23perché tutti onorino il Figlio come onorano il Padre. Chi non onora il Figlio, non onora il Padre che lo ha mandato.24In verità, in verità vi dico: chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato, ha la vita eterna e non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita.25In verità, in verità vi dico: è venuto il momento, ed è questo, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio, e quelli che l'avranno ascoltata, vivranno.26Come infatti il Padre ha la vita in se stesso, così ha concesso al Figlio di avere la vita in se stesso;27e gli ha dato il potere di giudicare, perché è Figlio dell'uomo.28Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce e ne usciranno:29quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna.30Io non posso far nulla da me stesso; giudico secondo quello che ascolto e il mio giudizio è giusto, perché non cerco la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato.
31Se fossi io a render testimonianza a me stesso, la mia testimonianza non sarebbe vera;32ma c'è un altro che mi rende testimonianza, e so che la testimonianza che egli mi rende è verace.33Voi avete inviato messaggeri da Giovanni ed egli ha reso testimonianza alla verità.34Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché possiate salvarvi.35Egli era una lampada che arde e risplende, e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce.
36Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.37E anche il Padre, che mi ha mandato, ha reso testimonianza di me. Ma voi non avete mai udito la sua voce, né avete visto il suo volto,38e non avete la sua parola che dimora in voi, perché non credete a colui che egli ha mandato.39Voi scrutate le Scritture credendo di avere in esse la vita eterna; ebbene, sono proprio esse che mi rendono testimonianza.40Ma voi non volete venire a me per avere la vita.
41Io non ricevo gloria dagli uomini.42Ma io vi conosco e so che non avete in voi l'amore di Dio.43Io sono venuto nel nome del Padre mio e voi non mi ricevete; se un altro venisse nel proprio nome, lo ricevereste.44E come potete credere, voi che prendete gloria gli uni dagli altri, e non cercate la gloria che viene da Dio solo?45Non crediate che sia io ad accusarvi davanti al Padre; c'è già chi vi accusa, Mosè, nel quale avete riposto la vostra speranza.46Se credeste infatti a Mosè, credereste anche a me; perché di me egli ha scritto.47Ma se non credete ai suoi scritti, come potrete credere alle mie parole?".


Secondo libro di Samuele 22

1Davide rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dalla mano di tutti i suoi nemici, specialmente dalla mano di Saul.2Egli disse:

"Il Signore è la mia roccia,
la mia fortezza, il mio liberatore,
3il mio Dio, la mia rupe in cui mi rifugio,
il mio scudo, la mia salvezza, il mio riparo!
Sei la mia roccaforte che mi salva:
tu mi salvi dalla violenza.
4Invoco il Signore, degno di ogni lode,
e sono liberato dai miei nemici.
5Mi circondavano i flutti della morte,
mi atterrivano torrenti esiziali.
6Mi avviluppavano le funi degli inferi;
mi stavano davanti i lacci della morte.
7Nell'angoscia ho invocato il Signore,
ho gridato al mio Dio,
Egli ha ascoltato dal suo tempio la mia voce;
il mio grido è giunto ai suoi orecchi.
8Si scosse la terra e sobbalzò;
tremarono le fondamenta del cielo;
si scossero, perché egli si era irritato.
9Fumo salì dalle sue narici;
dalla sua bocca uscì un fuoco divoratore;
carboni accesi partirono da lui.
10Egli piegò i cieli e discese;
una nube oscura era sotto i suoi piedi.
11Cavalcò un cherubino e volò;
si librò sulle ali del vento.
12Si avvolse di tenebra tutto intorno;
acque scure e dense nubi erano la sua tenda.
13Per lo splendore che lo precedeva
arsero carboni infuocati.
14Il Signore tuonò nei cieli,
l'Altissimo emise la sua voce.
15Scagliò frecce e li disperse;
vibrò folgori e li mise in fuga.
16Apparvero le profondità marine;
si scoprirono le basi del mondo,
come effetto della tua minaccia, Signore,
del soffio violento della tua ira.
17Dall'alto stese la mano e mi prese;
mi fece uscire dalle grandi acque.
18Mi liberò dai miei robusti avversari,
dai miei nemici più forti di me.
19Mi affrontarono nel giorno della mia rovina,
ma il Signore fu il mio sostegno.
20Egli mi trasse al largo;
mi liberò, perché oggetto della sua benevolenza.
21Il Signore mi ricompensò secondo la mia giustizia,
mi trattò secondo la purità delle mie mani.
22Perché mi sono mantenuto nelle vie del Signore,
non sono stato empio, lontano dal mio Dio,
23perché tutti i suoi decreti mi sono dinanzi
e non ho allontanato da me le sue leggi.
24Sono stato irreprensibile nei suoi riguardi;
mi sono guardato dall'iniquità.
25Il Signore mi trattò secondo la mia giustizia,
secondo la purità delle mie mani alla sua presenza.
26Con il pio ti mostri pio,
con il prode ti mostri integro;
27con il puro ti mostri puro,
con il tortuoso ti mostri astuto.
28Tu salvi la gente umile,
mentre abbassi gli occhi dei superbi.
29Sì, tu sei la mia lucerna, Signore;
il Signore illumina la mia tenebra.
30Sì, con te io posso affrontare una schiera,
con il mio Dio posso slanciarmi sulle mura.
31La via di Dio è perfetta;
la parola del Signore è integra;
egli è scudo per quanti si rifugiano in lui.
32C'è forse un dio come il Signore;
una rupe fuori del nostro Dio?
33Dio mi cinge di forza,
rende sicura la mia via.
34Ha reso simili i miei piedi a quelli delle cerve;
mi ha fatto stare sulle alture.
35Ha addestrato la mia mano alla guerra;
ha posto un arco di bronzo nelle mie braccia.
36Mi hai dato lo scudo della tua salvezza,
la tua sollecitudine mi fa crescere.
37Fai largo davanti ai miei passi;
le mie gambe non vacillano.
38Inseguo e raggiungo i miei nemici,
non desisto finché non siano distrutti.
39Li colpisco ed essi non possono resistere;
cadono sotto i miei piedi.
40Mi cingi di forza per la battaglia;
hai fatto piegare sotto di me i miei avversari.
41Mi mostri i nemici di spalle,
così io distruggo quelli che mi odiano.
42Gridano, ma nessuno li salva,
verso il Signore, che a loro non risponde.
43Li disperdo come polvere della terra,
li calpesto come fango delle piazze.
44Tu mi liberi dalle contese del popolo;
mi poni a capo di nazioni;
un popolo non conosciuto mi serve.
45I figli degli stranieri mi onorano
appena sentono, mi obbediscono.
46I figli degli stranieri vengono meno,
lasciano con spavento i loro nascondigli.
47Viva il Signore! Sia benedetta la mia rupe!
Sia esaltato il Dio della mia salvezza!
48Dio fa vendetta per me
e mi sottomette i popoli.
49Tu mi liberi dai miei nemici,
mi innalzi sopra i miei avversari,
mi liberi dall'uomo violento.
50Perciò ti loderò, Signore,
fra i popoli canterò inni al tuo nome.
51Egli concede una grande vittoria al suo re,
la grazia al suo consacrato,
a Davide e ai suoi discendenti per sempre".


Siracide 32

1Ti hanno fatto capotavola? Non esaltarti;
comportati con gli altri come uno di loro.
Pensa a loro e poi mettiti a tavola;
2quando avrai assolto il tuo compito, accòmodati
per ricrearti con loro
e ricevere la corona per la tua cortesia.
3Parla, o anziano, ciò ti s'addice,
ma con discrezione e non disturbare la musica.
4Quando ascolti non effonderti in chiacchiere,
non fare fuori luogo il sapiente.
5Sigillo di rubino in un anello d'oro
è un concerto musicale in un banchetto.
6Sigillo di smeraldo in una guarnizione d'oro
è la melodia dei canti unita alla dolcezza del vino.
7Parla, giovinetto, se è necessario,
ma appena un paio di volte, se interrogato.
8Compendia il tuo discorso, molte cose in poche parole;
compòrtati come uno che sa ma che tace.
9Fra i grandi non crederti loro uguale,
se un altro parla, non ciarlare troppo.
10Prima del tuono viene la folgore,
la grazia precede l'uomo modesto.
11All'ora stabilita àlzati e non restare per ultimo,
corri a casa e non indugiare.
12Là divèrtiti e fa' quello che desideri,
ma non peccare con un discorso arrogante.
13Per tutto ciò benedici chi ti ha creato,
chi ti colma dei suoi benefici.

14Chi teme il Signore accetterà la correzione,
coloro che lo ricercano troveranno il suo favore.
15Chi indaga la legge ne sarà appagato,
ma l'ipocrita vi troverà motivo di scandalo.
16Quanti temono il Signore troveranno la giustizia,
le loro virtù brilleranno come luci.
17Un uomo peccatore schiva il rimprovero,
trova scuse secondo i suoi capricci.
18Un uomo assennato non trascura l'avvertimento,
quello empio e superbo non prova alcun timore.
19Non far nulla senza riflessione,
alla fine dell'azione non te ne pentirai.
20Non camminare in una via piena d'ostacoli,
per non inciampare contro i sassi.
21Non fidarti di una via senza inciampi,
22e guàrdati anche dai tuoi figli.
23In ogni azione abbi fiducia in te stesso,
poiché anche questo è osservare i comandamenti.
24Chi crede alla legge è attento ai comandamenti,
chi confida nel Signore non resterà deluso.


Salmi 136

1Alleluia.

Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.

4Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.

10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.

13Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.

16Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.

20Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.

23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.

26Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.


Geremia 29

1Queste sono le parole della lettera che il profeta Geremia mandò da Gerusalemme al resto degli anziani in esilio, ai sacerdoti, ai profeti e a tutto il resto del popolo che Nabucodònosor aveva deportato da Gerusalemme a Babilonia; la mandò2dopo che il re Ieconia, la regina madre, i dignitari di corte, i capi di Giuda e di Gerusalemme, gli artigiani e i fabbri erano partiti da Gerusalemme.3Fu recata per mezzo di Elasà figlio di Safàn e di Ghemarìa figlio di Chelkia, che Sedecìa re di Giuda aveva inviati a Nabucodònosor re di Babilonia, in Babilonia.
Essa diceva:
4"Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, a tutti gli esuli che ho fatto deportare da Gerusalemme a Babilonia:5Costruite case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti;6prendete moglie e mettete al mondo figli e figlie, scegliete mogli per i figli e maritate le figlie; costoro abbiano figlie e figli. Moltiplicatevi lì e non diminuite.7Cercate il benessere del paese in cui vi ho fatto deportare. Pregate il Signore per esso, perché dal suo benessere dipende il vostro benessere.
8Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Non vi traggano in errore i profeti che sono in mezzo a voi e i vostri indovini; non date retta ai sogni, che essi sognano.9Poiché con inganno parlano come profeti a voi in mio nome; io non li ho inviati. Oracolo del Signore.10Pertanto dice il Signore: Solamente quando saranno compiuti, riguardo a Babilonia, settanta anni, vi visiterò e realizzerò per voi la mia buona promessa di ricondurvi in questo luogo.11Io, infatti, conosco i progetti che ho fatto a vostro riguardo - dice il Signore - progetti di pace e non di sventura, per concedervi un futuro pieno di speranza.12Voi mi invocherete e ricorrerete a me e io vi esaudirò;13mi cercherete e mi troverete, perché mi cercherete con tutto il cuore;14mi lascerò trovare da voi - dice il Signore - cambierò in meglio la vostra sorte e vi radunerò da tutte le nazioni e da tutti i luoghi dove vi ho disperso - dice il Signore - vi ricondurrò nel luogo da dove vi ho fatto condurre in esilio.
15Certo voi dite: Il Signore ci ha suscitato profeti in Babilonia.
16Ebbene, queste le parole del Signore al re che siede sul trono di Davide e a tutto il popolo che abita in questa città, ai vostri fratelli che non sono partiti con voi nella deportazione;17 dice il Signore degli eserciti: Ecco, io manderò contro di essi la spada, la fame e la peste e li renderò come i fichi guasti, che non si possono mangiare tanto sono cattivi.18Li perseguiterò con la spada, la fame e la peste; li farò oggetto di orrore per tutti i regni della terra, oggetto di maledizione, di stupore, di scherno e di obbrobrio in tutte le nazioni nelle quali li ho dispersi,19perché non hanno ascoltato le mie parole - dice il Signore - quando mandavo loro i miei servi, i profeti, con continua premura, eppure essi non hanno ascoltato. Oracolo del Signore.20Voi però ascoltate la parola del Signore, voi deportati tutti, che io ho mandato da Gerusalemme a Babilonia.
21Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele, riguardo ad Acab figlio di Kolaià, e a Sedecìa figlio di Maasià, che vi predicono menzogne in mio nome: Ecco, li darò in mano a Nabucodònosor re di Babilonia, il quale li ucciderà sotto i vostri occhi.22Da essi si trarrà una formula di maledizione in uso presso tutti i deportati di Giuda in Babilonia e si dirà: Il Signore ti tratti come Sedecìa e Acab, che il re di Babilonia fece arrostire sul fuoco!23 Poiché essi hanno operato cose nefande in Gerusalemme, hanno commesso adulterio con le mogli del prossimo, hanno proferito in mio nome parole senza che io avessi dato loro alcun ordine. Io stesso lo so bene e ne sono testimone. Oracolo del Signore".

24 A Semaià il Nechelamita tu riferirai queste parole:25 "Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Perché hai mandato in tuo nome lettere a tutto il popolo di Gerusalemme e a Sofonia figlio di Maasià, il sacerdote, e a tutti i sacerdoti, dicendo:26Il Signore ti ha costituito sacerdote al posto del sacerdote Ioiadà, perché fossi sovrintendente nel tempio del Signore, per reprimere qualunque forsennato che vuol fare il profeta, ponendolo in ceppi e in catene.27Orbene, perché non reprimi Geremia da Anatòt, che fa profezie fra di voi?28Infatti egli ci ha mandato a dire in Babilonia: Sarà lunga la cosa! Edificate case e abitatele, piantate orti e mangiatene i frutti!".
29Il sacerdote Sofonia lesse questa lettera in presenza del profeta Geremia.
30Allora la parola del Signore fu rivolta a Geremia:31"Invia questo messaggio a tutti i deportati: Così dice il Signore riguardo a Semaià il Nechelamita: Poiché Semaià ha parlato a voi come profeta mentre io non l'avevo mandato e vi ha fatto confidare nella menzogna,32per questo dice il Signore: Ecco punirò Semaià il Nechelamita e la sua discendenza; nessuno dei suoi dimorerà in mezzo a questo popolo, né vedrà il bene che farò al mio popolo - dice il Signore - perché ha predicato la ribellione contro il Signore".


Lettera agli Ebrei 10

1Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.2Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?3Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati,4poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:

'Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato'.
6'Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato'.
7'Allora ho detto: Ecco, io vengo
- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -
per fare, o Dio, la tua volontà'.

8Dopo aver detto prima 'non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato', cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: 'Ecco, io vengo a fare la tua volontà'. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.

11Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.12Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre 'si è assiso alla destra di Dio',13aspettando ormai solo che 'i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi'.14Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.15Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:

16'Questa è l'alleanza che io stipulerò' con loro
'dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente',

17dice:
'E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
iniquità'.

18Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.

19Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,20per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;21avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,22accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.23Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
24Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,25senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.

26Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati,27ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.28Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, 'viene messo a morte' senza pietà 'sulla parola di due o tre testimoni'.29Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?30Conosciamo infatti colui che ha detto: 'A me la vendetta! Io darò la retribuzione!' E ancora: 'Il Signore giudicherà il suo popolo'.31È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!

32Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta,33ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa.36Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.

37Ancora 'un poco', infatti, 'un poco appena,
e colui che deve venire, verrà e non tarderà'.
38'Il mio giusto vivrà mediante la fede;
ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui'.

39Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.


Capitolo XV: Le opere fatte per amore

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1. Non si deve fare alcun male, per nessuna cosa al mondo né per compiacenza verso chicchessia; talora, invece, per giovare a uno che ne ha bisogno, si deve senza esitazione lasciare una cosa buona che si sta facendo, o sostituirla con una ancora più buona: in tal modo non si distrugge l'opera buona, ma soltanto la si trasforma in meglio.

2. A nulla giova un'azione esterna compiuta senza amore; invece, qualunque cosa, per quanto piccola e disprezzata essa sia, se fatta con amore, diventa tutta piena di frutti. In verità Iddio non tiene conto dell'azione umana in sé e per sé, ma dei moventi di ciascuno. Opera grandemente colui che agisce con rettitudine; opera lodevolmente colui che si pone al servizio della comunità, più che del suo capriccio. Accade spesso che ci sembri amore ciò che è piuttosto attaccamento carnale; giacché è raro che, sotto le nostre azioni, non ci siano l'inclinazione naturale, il nostro gusto, la speranza di una ricompensa, il desiderio del nostro comodo. Chi ha un amore vero e perfetto non cerca se stesso, in alcuna sua azione, ma desidera solamente che in ogni cosa si realizzi la gloria di Dio. Di nessuno è invidioso colui che non tende al proprio godimento, né vuole personali soddisfazioni, desiderando, al di là di ogni bene, di avere beatitudine in Dio. Costui non attribuisce alcunché di buono a nessuno, ma riporta il bene totalmente a Dio; dal quale ogni cosa procede, come dalla sua fonte e, nel quale, alla fine, tutti i santi godono pace. Oh, chi avesse anche una sola scintilla di vera carità, per certo capirebbe che tutto ciò che è di questa terra è pieno di vanità.


Omelia 117: Quello che ho scritto, ho scritto.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. Era circa l'ora sesta, quando presero il Signore Gesú Cristo, dopo che egli era stato giudicato e condannato dal tribunale di Pilato, e lo condussero fuori. Portandosi egli stesso la croce si avviò verso il luogo detto Calvario, che in ebraico si dice Golgotha, dove lo crocifissero (Gv 19, 17-18). Perché allora l'evangelista Marco dice: Era circa l'ora terza quando lo crocifissero (Mc 15, 25)? Perché il Signore venne crocifisso all'ora terza dalla lingua dei Giudei, all'ora sesta per mano dei soldati. Per farci intendere che l'ora quinta era già trascorsa, ed era già cominciata l'ora sesta quando Pilato sedette in tribunale, Giovanni dice che era circa l'ora sesta; e intanto che Gesú veniva condotto al Calvario, intanto che veniva crocifisso insieme ai due briganti, intanto che avvenivano presso la croce le cose che gli evangelisti raccontano, si compì l'ora sesta. A cominciare da quest'ora fino all'ora nona, secondo la testimonianza dei tre evangelisti, Matteo, Marco, Luca, il sole cominciò ad oscurarsi e si fece buio (cf. Mt 27, 45; Mc 15, 33; Lc 23, 44). Ma siccome i Giudei cercavano di scaricare la responsabilità dell'uccisione di Cristo sui Romani, cioè su Pilato e i suoi soldati, Marco non riferisce l'ora in cui i soldati crocifissero Cristo, che era circa l'ora sesta, mentre annota con particolare cura l'ora terza, nella quale i Giudei gridarono davanti a Pilato: Crocifiggilo, crocifiggilo! (Gv 19, 6). Con ciò Marco vuol farci intendere che a crocifiggere Gesú non furono soltanto i soldati che lo appesero al legno all'ora sesta, ma anche i Giudei che all'ora terza gridarono che fosse crocifisso.

2. Si può anche risolvere la questione relativa all'ora della crocifissione, dicendo che qui non si tratta dell'ora sesta del giorno, in quanto nemmeno Giovanni dice: Era circa l'ora sesta del giorno, o semplicemente: era circa l'ora sesta; ma dice: Era la parasceve di Pasqua, verso l'ora sesta (Gv 19, 14). Parasceve si traduce in latino: Preparazione, e i Giudei, anche quelli che si esprimono meglio in latino che in greco, per indicare i loro riti, volentieri ricorrono a questa parola greca. Era, dunque, la preparazione della Pasqua. Ma la nostra Pasqua - come dice l'Apostolo - è Cristo che è stato immolato (1 Cor 5, 7). Ora se noi calcoliamo la preparazione di questa Pasqua a partire dall'ora di notte (allora infatti sembra che i sacerdoti abbiano deciso l'immolazione del Signore dicendo: E' reo di morte (Mt 26, 66), per cui si può dire che la preparazione della vera Pasqua, cioè dell'immolazione di Cristo, adombrata dalla Pasqua giudaica, cominciò da quando egli venne interrogato nella casa del pontefice e i sacerdoti decretarono che fosse immolato); se prendiamo dunque come punto di partenza quell'ora di notte che si ritiene fosse l'ora nona, troviamo che da quell'ora terza, in cui secondo la testimonianza dell'evangelista Marco Cristo fu crocifisso, intercorrono sei ore, tre di notte e tre di giorno. Era quindi circa l'ora sesta di questa parasceve di Pasqua, cioè della preparazione dell'immolazione di Cristo, che era cominciata all'ora nona di notte. Quando Pilato sedette in tribunale era trascorsa l'ora quinta ed era cominciata la sesta. Era ancora la preparazione della Pasqua, che era incominciata all'ora nona di notte, e si attendeva che si compisse l'immolazione di Cristo che ebbe luogo, secondo Marco, all'ora terza del giorno, non all'ora terza della preparazione. L'ora terza del giorno comincia cioè sei ore dopo l'ora nona della notte, e corrisponde all'ora sesta, non del giorno ma della preparazione della Pasqua. Delle due soluzioni di questa difficile questione, ognuno scelga quella che vuole. Per un criterio di scelta si veda la nostra elaboratissima trattazione Sulla concordanza degli Evangelisti. E se qualcuno riuscirà a trovare altre soluzioni, contribuirà a difendere la solidità della verità evangelica contro le vuote calunnie degli increduli e degli empi. Torniamo, dopo questa breve digressione, alla narrazione dell'evangelista Giovanni.

[Spettacolo, empietà, ludibrio.]

3. Presero dunque Gesú, il quale, portandosi egli stesso la croce, si avviò verso il luogo detto Calvario, che in ebraico si dice Golgotha, dove lo crocifissero. Gesú si avviò verso il luogo dove sarebbe stato crocifisso, portandosi egli stesso la croce. Quale spettacolo! Grande ludibrio agli occhi degli empi, grande mistero a chi contempla con animo pio. Agli occhi degli empi è uno spettacolo terribile e umiliante, ma chi sa guardare con sentimenti di devozione, trova qui un grande sostegno per la sua fede. Chi assiste a questo spettacolo con animo empio, non può che irridere il re che, invece dello scettro, porta la croce del suo supplizio; la pietà invece contempla il re che porta la croce alla quale egli sarà confitto, ma che dovrà essere poi collocata perfino sulla fronte dei re. Su di essa egli sarà disprezzato agli occhi degli empi, e in essa si glorieranno i cuori dei santi. Paolo, infatti, dirà: Non accada mai che io mi glori d'altro che della croce del Signore Gesú Cristo (Gal 6, 14). Cristo esaltava la croce portandola sulle sue spalle, e la reggeva come un candelabro per la lucerna che deve ardere e non deve essere posta sotto il moggio (cf. Mt 5, 15). Dunque, portando egli stesso la croce, si avviò verso il luogo detto Calvario, che in ebraico si dice Golgotha. Qui lo crocifissero, e con lui due altri, di qua e di là, e Gesú nel mezzo (Gv 19, 17-18). Questi due, come apprendiamo dalla narrazione degli altri evangelisti, erano briganti. Cristo fu crocifisso insieme ad essi, anzi in mezzo ad essi (cf. Mt 27, 38; Mc 15, 27; Lc 23, 33), compiendosi cosí la profezia che aveva annunciato: Fu annoverato tra i malfattori (Is 53, 12).

4. E Pilato vergò pure un'iscrizione, e la fece apporre sulla croce. C'era scritto: Gesú Nazareno, il re dei Giudei. Questa iscrizione molti Giudei la poterono leggere, perché il luogo dove fu crocifisso Gesú era vicino alla città; ed era scritta in ebraico, in greco e in latino (Gv 19, 19-20). Erano queste le tre lingue principali di allora: l'ebraico a causa dei Giudei che si gloriavano della legge di Dio; il greco perché era la lingua dei saggi; il latino perché era parlato dai Romani, il cui impero si estendeva a moltissime, anzi a quasi tutte le nazioni.

5. E i sommi sacerdoti dei Giudei dissero a Pilato: Non scrivere: Re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei. Rispose Pilato: Quello che ho scritto, ho scritto (Gv 19, 21-22). O forza ineffabile dell'azione divina, anche nel cuore di quelli che non se ne rendono conto! Non è azzardato dire che una certa voce segreta, silenziosamente eloquente, ha fatto risuonare nell'anima di Pilato ciò che tanto tempo prima era stato profetato nel libro dei Salmi: Non alterare l'iscrizione del titolo (Tt Ps 56 e 57). Ecco, lui non altera l'iscrizione del cartello posto sulla croce: quello che ha scritto ha scritto. Ma anche i gran sacerdoti che volevano fosse alterata, cosa dicevano? Non scrivere: Re dei Giudei, ma che egli ha detto: Io sono il re dei Giudei. Che state dicendo, o insensati? Perché volete impedire ciò che in nessun modo potete cambiare? Potete forse impedire che sia vero ciò che Gesú afferma: Io sono il re dei Giudei? Se non si può alterare ciò che Pilato ha scritto, si potrà alterare ciò che la verità ha detto? E poi Cristo è re soltanto dei Giudei o anche di tutte le genti? E' certamente re di tutte le genti. Infatti, dopo aver detto nella profezia: Io sono stato da lui costituito re sopra Sion, il suo monte santo; promulgherò il decreto del Signore, affinché nessuno, sentendo parlare del monte Sion, pensi che sia stato costituito re soltanto dei Giudei, subito aggiunge: il Signore mi ha detto: Figlio mio sei tu, oggi ti ho generato: chiedimi e ti darò le genti in retaggio, in tuo possesso i confini della terra (Sal 2, 6-8). Egli stesso, del resto, rivolgendosi personalmente ai Giudei, ha detto: Ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche quelle devo condurre, e ascolteranno la mia voce e si farà un solo gregge, un solo pastore (Gv 10, 16). Quale grande significato dobbiamo dunque vedere in questa iscrizione, che reca: Il re dei Giudei, dato che Cristo è il re di tutte le genti? Dobbiamo renderci conto che l'olivastro è stato fatto partecipe della pinguedine dell'olivo, e non che l'olivo è diventato partecipe dell'amarezza dell'olivastro (cf. Rm 11, 17). Poiché certamente compete a Cristo il titolo dell'iscrizione: Il re dei Giudei, chi bisogna intendere per Giudei se non la discendenza di Abramo, i figli della promessa, che sono anche figli di Dio? Perché non i figli della carne - dice l'Apostolo - sono figli di Dio, ma i figli della promessa vengono considerati come vera discendenza (Rm 9, 7-8) E tutte le altre genti sono coloro cui diceva: Se siete di Cristo, siete discendenza di Abramo, eredi secondo la promessa (Gal 3, 29). Cristo dunque è il re dei Giudei, ma dei Giudei circoncisi nel cuore, secondo lo spirito e non secondo la lettera; è il re di coloro che traggono la loro gloria non dagli uomini ma da Dio (cf. Rm 2, 29), che appartengono alla Gerusalemme che è libera, che è la nostra madre celeste, la Sara spirituale che scaccia la schiava e i figli di lei dalla casa della libertà (cf. Gal 4, 22-31). Ecco perché Pilato quello che ha scritto ha scritto: perché il Signore quello che ha detto ha detto.


18 - Lo stile di vita di Maria santissima nella casa di sua cugina.

La mistica Città di Dio - Libro terzo - Suor Maria d'Agreda

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231. Già santificato il precursore Giovanni e rinnovata sua madre santa Elisabetta con maggiori doni e benefici, scopo principale della visitazione, la grande regina Maria santissima determinò di ordinare le occupazioni cui doveva attendere a casa di Zaccaria, perché non in tutto potevano essere uguali a quelle di casa sua. Per questo, per orientare il suo desiderio con la direzione dello spirito divino, si raccolse e prostrò alla presenza dell'Altissimo e gli domandò, come soleva, di guidarla e di farle conoscere quello che doveva fare nel tempo in cui avrebbe abitato nella casa dei suoi servi Elisabetta e Zaccaria, perché tutto gli fosse accetto e si adempisse interamente il maggiore beneplacito della sua altissima maestà. Il Signore ascoltò la sua domanda e le rispose: «Sposa e colomba mia, io guiderò tutte le tue azioni, dirigerò i tuoi passi al mio maggiore servizio e compiacimento e ti indicherò il giorno in cui voglio che tu ritorni alla tua casa. Finché dimorerai presso la mia serva Elisabetta, fa' in modo di intrattenerti con lei; nel resto del tempo continua i tuoi esercizi e le tue preghiere, specialmente per la salvezza degli uomini e perché io non usi contro di loro la mia giustizia per le incessanti offese che moltiplicano contro la mia bontà. In questa preghiera mi offrirai per loro l'Agnello senza macchia' che porti in grembo, che toglie il peccato del mondo. Queste saranno per adesso le tue occupazioni».

232. Con questo insegnamento e nuovo precetto dell'Altissimo, la Principessa dei cieli ordinò tutte le sue attività a casa di sua cugina Elisabetta. Si alzava a mezzanotte, continuando sempre questo esercizio; in esso attendeva all'incessante contemplazione dei misteri divini, dando alla veglia ed al sonno ciò che corrispondeva perfettamente e nella giusta misura alle esigenze del corpo. In ciascuno di questi tempi riceveva nuovi favori, regali, illuminazioni ed elevazioni dall'Altissimo. Ebbe in quei tre mesi molte visioni di Dio in modo astrattivo, che era il più frequente; più ancora lo era la visione dell'umanità santissima del Verbo con l'unione ipostatica, perché il suo talamo verginale, dove lo portava, era il suo perpetuo altare ed oratorio. Lo guardava, vedendolo crescere ogni giorno; a tale vista ed a quella dei misteri che quotidianamente le venivano manifestati nel campo interminabile della Divinità e del potere divino, cresceva anche lo spirito di questa grande Signora, che molte volte per l'incendio del suo amore e dei suoi ardenti affetti sarebbe giunta a languirne sino a morire, se non fosse stata confortata dalla virtù del Signore. Attendeva, tra queste occupazi6ni nascoste, anche a tutte quelle necessarie per servire e consolare sua cugina santa Elisabetta, senza però spendervi un momento più di quello che la carità richiedeva. Subito, poi, tornava al suo ritiro ed alla solitudine, dove con maggiore libertà espandeva il suo spirito alla presenza del Signore.

233. Non rimaneva per questo oziosa all'esterno, perché nel medesimo tempo lavorava a lungo in alcune opere manuali. Fu in tutto fortunato il precursore Giovanni, perché questa grande Regina con le proprie mani gli fece e lavorò le fasce ed i pannicelli in cui fu avvolto. Gli ottennero questa felice sorte la devozione e l'attenzione di sua madre santa Elisabetta, la quale, con l'umiltà di serva che le dimostrava, supplicò di ciò l'umilissima Signora. Maria santissima lo fece con incredibile amore, per esercitarsi nell'ubbidienza verso colei che desiderava servire come l'ultima delle sue serve, perché sempre nell'umiltà e nell'ubbidienza superava tutti. Anche se santa Elisabetta cercava di affrettarsi in molte cose per servirla, ella, con la sua rara prudenza e la sua sapienza incomparabile, la preveniva in tutto, per guadagnare sempre il trionfo della virtù.

234. Le due cugine gareggiavano in questo con sommo compiacimento dell'Altissimo e con ammirazione da parte degli angeli. Santa Elisabetta era molto sollecita e premurosa nel servire la nostra Signora e grande regina e procurava che così facessero tutti quelli della sua famiglia; ma colei che era maestra delle virtù, Maria santissima, più attenta e diligente, preveniva ed ostacolava le sollecitudini della cugina. Le diceva: «Amica e cugina mia, io trovo la mia consolazione nel ricevere comandi e nell'ubbidire in tutta la mia vita; non è bene che il vostro amore mi privi del piacere che provo in questo, tanto più che, essendo io la più giovane, la ragione stessa vuole che io serva non solo voi come madre mia, ma tutti quelli della vostra casa. Trattatemi, dunque, come serva, finché starò in vostra compagnia». Santa Elisabetta rispose: «Signora e diletta mia, tocca piuttosto a me l'ubbidirvi ed a voi il comandarmi e dirigermi in tutto. Io chiedo questo con più giustizia, perché se voi, Signora, volete esercitare l'umiltà, io devo culto e ossequio al mio Dio e Signore che portate nel vostro grembo verginale e conosco bene la vostra dignità meritevole di ogni onore e riverenza». Replicava la prudentissima Vergine: «Il mio figlio e Signore non mi scelse come madre perché in questa vita mi venerassero come signora, perché il suo regno non è di questo mondo, né viene per essere servito, ma per servire, patire ed insegnare ai mortali ad ubbidire e ad umiliarsi, condannando la superbia ed il fasto. Ora, se sua Maestà altissima m'insegna questo e si definisce infamia degli uomini, come io, che sono sua schiava e non merito la compagnia delle creature, consentirò che mi servano esse, che sono formate a sua immagine e somiglianza?»

235. Santa Elisabetta, tuttavia, insisteva: «Signora e rifugio mio, questo sarà per chi ignora il mistero che si racchiude in voi; ma io, che senza meritarlo ho ricevuto dal Signore questa conoscenza, sarei molto riprensibile alla sua presenza se non gli dessi in voi quella venerazione che gli devo come Dio e se non dessi a voi quello che vi devo come sua madre, perché è giusto che io serva entrambi come la schiava i suoi padroni». Rispose a questo Maria santissima: «Diletta e sorella mia, la riverenza che desiderate usare è dovuta al Signore che porto nel mio grembo, che è vero e sommo bene e salvatore nostro; ma quanto a me, che sono semplice creatura e fra le creature un povero vermiciattolo, reputatemi per quello che io sono da me stessa, benché adoriate il Creatore che mi ha eletta come povera per sua abitazione. Così con la medesima luce della verità darete a Dio quello che gli si deve ed a me ciò che mi spetta, cioè servire ed essere inferiore a tutti; vi domando questo per mia consolazione e per il medesimo Signore che porto nel mio grembo».

236. In queste felicissime gare, Maria santissima e la sua parente santa Elisabetta trascorrevano parte del loro tempo. La sapienza celeste della nostra Regina, però, la rendeva tanto accorta ed ingegnosa in materia di umiltà e di ubbidienza che sempre risultava vittoriosa, trovando modi e vie per ubbidire ed essere comandata. Così fece con santa Elisabetta per tutto il tempo in cui dimorarono insieme, ma in maniera tale che entrambe rispettivamente trattavano con magnificenza il mistero del Signore che stava nascosto nei loro cuori, depositato in Maria santissima come madre e signora delle virtù e della grazia, ed in sua cugina come in donna prudentissima e piena della luce divina dello Spirito Santo. Con tale luce santa Elisabetta dispose come doveva comportarsi con la Madre di Dio, compiacendola ed ubbidendole in ciò che poteva ed insieme venerando la sua dignità, ed in lei il suo Creatore. Propose nel suo cuore che, se avesse dovuto comandare qualcosa alla Madre di Dio, lo avrebbe fatto per ubbidirla e per soddisfare alla sua volontà; quando lo faceva, chiedeva licenza e perdono al Signore ed inoltre non le ordinava con imperio, ma pregandola. Solamente in ciò che stimava essere di sollievo alla celeste Regina, come nell'ordinarle che mangiasse e dormisse, lo faceva con maggiore forza. Ancora le chiese di eseguire per lei alcuni lavori manuali e Maria li fece; mai, però, la santa li usò, custodendoli con venerazione.

237. In questo modo, Maria santissima già praticava ciò che il Verbo incarnato veniva ad insegnare, umiliandosi, egli che era irradiazione della gloria del Padre eterno, impronta della sua sostanza e Dio vero da Dio vero, per prendere la forma e la condizione di servo. Questa Signora era madre di Dio, regina dell'intero creato, superiore in eccellenza e dignità a tutte le creature; tuttavia, fu sempre serva umile della più piccola di esse, mai accettò ossequio né servizio alcuno come se le fosse dovuto, mai si vantò né cessò di avere di sé un bassissimo concetto. Che dirà qui la nostra esecrabile presunzione e superbia? Quasi tutti noi, infatti, pur essendo pieni di abominevoli eccessi, siamo tanto insensati che con orribile follia giudichiamo che ci sia dovuta la venerazione di tutto il mondo. E se per caso ci è negata, perdiamo in un momento quel poco giudizio che le nostre passioni ci hanno lasciato. Tutta questa divina Storia è un ritratto dell'umiltà ed una sentenza contro la nostra superbia. Poiché, però, a me non spetta l'insegnare né il correggere, ma piuttosto l'essere istruita e guidata, prego e supplico tutti i fedeli, figli della luce: poniamo questo esempio dinanzi ai nostri occhi, per apprendere alla sua vista ad umiliarci!

238. Non sarebbe stato difficile al Signore allontanare la sua Madre santissima da tanti estremi di umiltà e da molte azioni con cui la esercitava; avrebbe, inoltre, potuto renderla giande presso le creature, disponendo che fosse acclamata, onorata e rispettata da tutte, con le dimostrazioni che sa fare il mondo verso quelli che vuole onorare e celebrare, come fece Assuero con Mardocheo. Se avesse dovuto regolare ciò il giudizio umano, avrebbe senza dubbio disposto che una donna, più santa di tutti gli ordini del cielo e che portava nel suo grembo il Creatore dei medesimi angeli e dei cieli, fosse sempre custodita, vivesse appartata e venisse venerata da tutti. Sarebbe parso loro indegno che ella si dedicasse ad attività umili e servili, piuttosto che comandare tutto e accettare ogni riverenza ed autorità. Sin qui arriva l'umana sapienza, se si può chiamare così quella che tanto poco conosce. Questo inganno, però, non può aver luogo nella conoscenza vera dei santi, partecipata dalla sapienza infinita del Creatore, che dà il nome ed il valore giusto agli onori e non scambia le sorti delle creature. Molto avrebbe tolto e poco avrebbe dato l'Altissimo alla sua diletta Madre in questa vita, se l'avesse privata delle opere di profondissima umiltà allontanandola da esse e l'avesse innalzata con il plauso esteriore degli uomini. E molto sarebbe mancato al mondo se non avesse avuto questo insegnamento, questa scuola in cui apprendere e questo esempio con cui umiliare e confondere la propria superbia.

239. Santa Elisabetta fu molto favorita dal Signore dal giorno in cui lo ebbe per ospite in casa sua nel grembo della sua Madre vergine. Come per i continui dialoghi ed il tratto familiare di questa divina Principessa andava conoscendo i misteri dell'incarnazione, così ancora andava crescendo in ogni genere di santità che beveva alla sua fonte. Talora meritava di vedere Maria santissima in orazione assorta e sollevata da terra e tutta così piena di divini splendori e di bellezza che non poteva guardarla in faccia, né avrebbe potuto resistere alla sua presenza se non le avesse dato forza la virtù divina. In queste occasioni ed in altre, quando poteva guardarla senza che Maria santissima se ne accorgesse, si prostrava e, genuflessa alla sua presenza, adorava il Verbo incarnato nel tempio del grembo verginale della beatissima madre. Custodì nel suo cuore tutti i misteri che conobbe per mezzo della luce divina e della conversazione con la grande Regina, come depositaria fedelissima e custode assai prudente di ciò che le era stato confidato. Solamente con suo figlio Giovanni e con Zaccaria, per quel tempo che visse dopo la nascita del figlio, santa Elisabetta poté parlare un po' di tali misteri, dei quali tutti loro erano già a conoscenza; in tutto fu donna forte, saggia e molto santa.

 Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

240. Figlia mia, i benefici dell'Altissimo e la conoscenza dei suoi divini misteri inclinano le anime attente ad esercitare e stimare l'umiltà, che con forza soave ed efficace le conduce verso il loro luogo legittimo e naturale, come la leggerezza muove il fuoco e la gravità la pietra. Questo fa la vera luce, che colloca e stabilisce la creatura nella cognizione chiara di se stessa e riconduce le opere della grazia alla loro origine, da cui procede ogni dono perfetto, stabilendo così ciascuno nel suo centro. Questo è l'ordine rettissimo della buona ragione, che viene turbato e come violentato dalla presunzione dei mortali. Perciò la superbia, ed il cuore in cui essa vive, non sa desiderare il disprezzo né accettarlo, non sopporta superiori, anche degli uguali si offende e fa violenza a tutto per essere sola e sopra tutti. Il cuore umile, invece, ricevendo benefici maggiori, si annienta ancor più. Questi gli fanno nascere un'avidità ed un'ansia grande, sebbene tranquilla, di abbassarsi e cercare l'ultimo posto, cosicché soffre quando non lo occupa inferiore a tutti e quando gli manca l'umiliazione.

241. In me conoscerai, carissima, la vera pratica di questo insegnamento, poiché nessuno dei favori che la divina destra operò in me fu piccolo, eppure mai il mio cuore si innalzò sopra se stesso con presunzione, ne seppe bramare altro più che l'abbassamento e l'ultimo posto fra tutte le creature. Con speciale desiderio voglio da te questa imitazione e voglio che la tua sollecitudine consista nell'essere la minore fra tutte, nell'essere comandata, umiliata e reputata inutile; alla presenza del Signore e degli uomini, poi, ti devi stimare meno che la medesima polvere della terra. Non puoi negare che nessun'altra fu più beneficata di te e che nessuna l'ha meritato meno. Come pagherai questo grande debito se non ti umilii con tutti e più di tutti i figli di Adamo e se non ti formi concetti sublimi e sentimenti pieni di amore per l'umiltà? Buona cosa è ubbidire ai tuoi superiori e maestri e così devi fare sempre. Io, però, voglio che tu avanzi di più e che ubbidisca anche al più piccolo in tutto ciò che non sarà colpa, come ubbidiresti al maggiore dei superiore; in questo è mia volontà che tu sia molto diligente, come lo ero io.

242. Solamente con le tue suddite farai attenzione nel dispensarti da questa sottomissione con più cura, affinché non avvenga che esse, conoscendo il tuo desiderio di ubbidire, vogliano a volte che tu lo faccia in quello che non conviene. Anche senza che perdano la dovuta sottomissione puoi guadagnare molto dando loro esempio assoggettandoti sempre nel giusto, senza derogare all'autorità di superiora. Accetta con grande stima tutti i dispiaceri e le ingiurie, se toccano la tua persona solamente, senza dire niente per difenderti o lamentarti; rimprovera, però, le offese contro Dio, senza mischiare la tua causa con quella di sua Maestà, perché mai devi trovare motivo per difendere te stessa, ma per l'onore di Dio lo devi trovare sempre. In nessuno dei due casi, però, devi muoverti con ira o sdegno disordinato. Ancora, voglio che tu abbia 'grande prudenza nel dissimulare e nascondere i favori del Signore, perché il segreto del re non si deve manifestare con leggerezza e l'uomo naturale non è capace né degno dei misteri dello Spirito Santo. Imitami e seguimi in tutto, dal momento che desideri essere mia figlia carissima; ubbidendomi otterrai ciò e spingerai l'Onnipotente a fortificarti e ad indirizzare i tuoi passi verso ciò che egli vuole operare in te. Non gli resistere, ma disponi il tuo cuore in modo che sia docile e pronto ad ubbidire alla sua luce e grazia. Non permettere che questa stia oziosa in te, ma opera con diligenza, cosicché le tue azioni procedano piene di perfezione.


2-16 Aprile 23, 1899 Le lode e disprezzi degli altri.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Oggi ho fatto la meditazione sul danno che può venire alle anime nostre dalle lodi che ci danno le creature; mentre facevo l’applicazione a me stessa, per vedere se ci fosse in me il compiacimento delle lodi umane, Gesù si è avvicinato a me e mi ha detto:

(2)Quando il cuore è pieno del conoscimento di sé stesso, le lodi degli uomini sono come quelle onde del mare, che s’innalzano e straripano, ma mai escono dal loro lido, così le lodi umane strepitano, rumoreggiano, s’avvicinano fino al cuore, ma trovandolo pieno e ben circondato da forti mura del conoscimento di sé stesso, quindi non avendo dove prendere posto, se ne ritornano indietro, senza fare nessun danno all’anima propria, perciò a questo devi stare attenta, che delle lodi e dei disprezzi delle creature non ne fare nessun conto”.