Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 16° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Marco 6
1Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono.2Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: "Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani?3Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?". E si scandalizzavano di lui.4Ma Gesù disse loro: "Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua".5E non vi poté operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì.6E si meravigliava della loro incredulità.
Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.
7Allora chiamò i Dodici, ed incominciò a mandarli a due a due e diede loro potere sugli spiriti immondi.8E ordinò loro che, oltre al bastone, non prendessero nulla per il viaggio: né pane, né bisaccia, né denaro nella borsa;9ma, calzati solo i sandali, non indossassero due tuniche.10E diceva loro: "Entrati in una casa, rimanetevi fino a che ve ne andiate da quel luogo.11Se in qualche luogo non vi riceveranno e non vi ascolteranno, andandovene, scuotete la polvere di sotto ai vostri piedi, a testimonianza per loro".12E partiti, predicavano che la gente si convertisse,13scacciavano molti demòni, ungevano di olio molti infermi e li guarivano.
14Il re Erode sentì parlare di Gesù, poiché intanto il suo nome era diventato famoso. Si diceva: "Giovanni il Battista è risuscitato dai morti e per questo il potere dei miracoli opera in lui".15Altri invece dicevano: "È Elia"; altri dicevano ancora: "È un profeta, come uno dei profeti".16Ma Erode, al sentirne parlare, diceva: "Quel Giovanni che io ho fatto decapitare è risuscitato!".
17Erode infatti aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata.18Giovanni diceva a Erode: "Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello".19Per questo Erodìade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva,20perché Erode temeva Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell'ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
21Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea.22Entrata la figlia della stessa Erodìade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: "Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò".23E le fece questo giuramento: "Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno".24La ragazza uscì e disse alla madre: "Che cosa devo chiedere?". Quella rispose: "La testa di Giovanni il Battista".25Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: "Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista".26Il re divenne triste; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.27Subito il re mandò una guardia con l'ordine che gli fosse portata la testa.28La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre.29I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
30Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto e insegnato.31Ed egli disse loro: "Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po'". Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo di mangiare.32Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte.
33Molti però li videro partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e li precedettero.34Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano come pecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose.35Essendosi ormai fatto tardi, gli si avvicinarono i discepoli dicendo: "Questo luogo è solitario ed è ormai tardi;36congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possano comprarsi da mangiare".37Ma egli rispose: "Voi stessi date loro da mangiare". Gli dissero: "Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?".38Ma egli replicò loro: "Quanti pani avete? Andate a vedere". E accertatisi, riferirono: "Cinque pani e due pesci".39Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, a gruppi, sull'erba verde.40E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta.41Presi i cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti.42Tutti mangiarono e si sfamarono,43e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.44Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini.
45Ordinò poi ai discepoli di salire sulla barca e precederlo sull'altra riva, verso Betsàida, mentre egli avrebbe licenziato la folla.46Appena li ebbe congedati, salì sul monte a pregare.47Venuta la sera, la barca era in mezzo al mare ed egli solo a terra.48Vedendoli però tutti affaticati nel remare, poiché avevano il vento contrario, già verso l'ultima parte della notte andò verso di loro camminando sul mare, e voleva oltrepassarli.49Essi, vedendolo camminare sul mare, pensarono: "È un fantasma", e cominciarono a gridare,50perché tutti lo avevano visto ed erano rimasti turbati. Ma egli subito rivolse loro la parola e disse: "Coraggio, sono io, non temete!".51Quindi salì con loro sulla barca e il vento cessò. Ed erano enormemente stupiti in se stessi,52perché non avevano capito il fatto dei pani, essendo il loro cuore indurito.
53Compiuta la traversata, approdarono e presero terra a Genèsaret.54Appena scesi dalla barca, la gente lo riconobbe,55e accorrendo da tutta quella regione cominciarono a portargli sui lettucci quelli che stavano male, dovunque udivano che si trovasse.56E dovunque giungeva, in villaggi o città o campagne, ponevano i malati nelle piazze e lo pregavano di potergli toccare almeno la frangia del mantello; e quanti lo toccavano guarivano.
Primo libro dei Re 15
1Nell'anno diciottesimo del re Geroboamo, figlio di Nebàt, divenne re su Giuda Abiam.2Egli regnò tre anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Maaca, figlia di Assalonne.3Egli imitò tutti i peccati che suo padre aveva commessi prima di lui; il suo cuore non fu sottomesso al Signore suo Dio, come lo era stato il cuore di Davide suo antenato.4Ma, per amore di Davide, il Signore suo Dio gli concesse una lampada in Gerusalemme, innalzandone il figlio dopo di lui e rendendo stabile Gerusalemme,5perché Davide aveva fatto ciò che è giusto agli occhi del Signore e non aveva traviato dai comandi che il Signore gli aveva impartiti, durante tutta la sua vita, se si eccettua il caso di Uria l'Hittita.
6Le altre gesta di Abiam, tutte le sue azioni, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.7Ci fu guerra fra Abiam e Geroboamo.8Abiam si addormentò con i suoi padri; lo seppellirono nella città di Davide e al suo posto divenne re suo figlio Asa.
9Nell'anno ventesimo di Geroboamo, re di Israele, divenne re su Giuda Asa.10Costui regnò quarantun anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Maaca, figlia di Assalonne.11Asa, come Davide suo antenato, fece ciò che è giusto agli occhi del Signore.12Eliminò i prostituti sacri dal paese e allontanò tutti gli idoli eretti da suo padre.13Anche sua madre Maaca egli privò della dignità di regina madre, perché essa aveva eretto un obbrobrio in onore di Asera; Asa abbatté l'obbrobrio e lo bruciò nella valle del torrente Cedron.14Ma non scomparvero le alture, anche se il cuore di Asa si mantenne integro nei riguardi del Signore per tutta la sua vita.15Fece portare nel tempio le offerte consacrate da suo padre e quelle consacrate da lui stesso, consistenti in argento, oro e vasi.
16Ci fu guerra fra Asa e Baasa, re di Israele, per tutta la loro vita.17Baasa, re di Israele, assalì Giuda; egli fortificò Rama per impedire le comunicazioni con Asa re di Giuda.18Asa prese tutto l'argento e l'oro depositato nei tesori del tempio e nei tesori della reggia, li consegnò ai suoi ministri, che li portarono per ordine del re Asa a Ben-Hadàd, figlio di Tab-Rimmòn, figlio di Chezion, re d'Aram, che risiedeva in Damasco, con la proposta:19"Ci sia un'alleanza fra me e te, come ci fu fra mio padre e tuo padre. Ecco ti mando un dono d'argento e d'oro. Su, rompi la tua alleanza con Baasa, re di Israele, sì che egli si ritiri da me".20Ben-Hadàd ascoltò il re Asa; mandò contro le città di Israele i capi delle sue forze armate, occupò Iion, Dan, Abel-Bet-Maaca e l'intera regione di Genèsaret, compreso tutto il territorio di néftali.21Quando lo seppe, Baasa smise di fortificare Rama e tornò in Tirza.22Allora il re Asa convocò tutti quelli di Giuda, senza esclusione alcuna; costoro presero da Rama le pietre e il legname che Baasa aveva usato per le costruzioni. Con tale materiale il re Asa fortificò Gheba di Beniamino e Mizpà.
23Le altre gesta di Asa, tutte le sue prodezze e tutte le sue azioni, le città che egli edificò, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda. Egli nella sua vecchiaia ebbe la podàgra.24Asa si addormentò con i suoi padri; fu sepolto nella città di Davide suo antenato e al suo posto divenne re suo figlio Giòsafat.
25Nadàb, figlio di Geroboamo, divenne re d'Israele nell'anno secondo di Asa, re di Giuda, e regnò su Israele tre anni.26Egli fece ciò che è male agli occhi del Signore, imitando la condotta di suo padre e il peccato che questi aveva fatto commettere a Israele.27Contro di lui congiurò Baasa figlio di Achia, della casa di Ìssacar, e lo assassinò in Ghibbeton che apparteneva ai Filistei, mentre Nadàb e tutto Israele assediavano Ghibbeton.28Baasa lo uccise nell'anno terzo di Asa re di Giuda, e divenne re al suo posto.29Appena divenuto re, egli distrusse tutta la famiglia di Geroboamo: non lasciò vivo nessuno di quella stirpe, ma la distrusse tutta, secondo la parola del Signore pronunziata per mezzo del suo servo Achia di Silo,30a causa dei peccati di Geroboamo, commessi da lui e fatti commettere a Israele, e a causa dello sdegno a cui aveva provocato il Signore Dio di Israele.
31Le altre gesta di Nadàb e tutte le sue azioni sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.32Ci fu guerra fra Asa e Baasa, re di Israele, per tutta la loro vita.((16))
33Nell'anno terzo di Asa, re di Giuda, Baasa, figlio di Achia, divenne re d'Israele in Tirza. Regnò ventiquattro anni.34Fece ciò che è male agli occhi del Signore, imitando la condotta di Geroboamo e il peccato che questi aveva fatto commettere a Israele.
Proverbi 14
1La sapienza di una massaia costruisce la casa,
la stoltezza la demolisce con le mani.
2Chi procede con rettitudine teme il Signore,
chi si scosta dalle sue vie lo disprezza.
3Nella bocca dello stolto c'è il germoglio della superbia,
ma le labbra dei saggi sono la loro salvaguardia.
4Senza buoi, niente grano,
l'abbondanza del raccolto sta nel vigore del toro.
5Il testimone vero non mentisce,
quello falso spira menzogne.
6Il beffardo ricerca la sapienza ma invano,
la scienza è cosa facile per il prudente.
7Allontànati dall'uomo stolto,
e non ignorerai le labbra sapienti.
8La sapienza dell'accorto sta nel capire la sua via,
ma la stoltezza degli sciocchi è inganno.
9Fra gli stolti risiede la colpa,
fra gli uomini retti la benevolenza.
10Il cuore conosce la propria amarezza
e alla sua gioia non partecipa l'estraneo.
11La casa degli empi rovinerà,
ma la tenda degli uomini retti avrà successo.
12C'è una via che sembra diritta a qualcuno,
ma sbocca in sentieri di morte.
13Anche fra il riso il cuore prova dolore
e la gioia può finire in pena.
14Chi è instabile si sazierà dei frutti della sua condotta,
l'uomo dabbene si sazierà delle sue opere.
15L'ingenuo crede quanto gli dici,
l'accorto controlla i propri passi.
16Il saggio teme e sta lontano dal male,
lo stolto è insolente e presuntuoso.
17L'iracondo commette sciocchezze,
il riflessivo sopporta.
18Gli inesperti erediteranno la stoltezza,
i prudenti si coroneranno di scienza.
19I malvagi si inchinano davanti ai buoni,
gli empi davanti alle porte del giusto.
20Il povero è odioso anche al suo amico,
numerosi sono gli amici del ricco.
21Chi disprezza il prossimo pecca,
beato chi ha pietà degli umili.
22Non errano forse quelli che compiono il male?
Benevolenza e favore per quanti compiono il bene.
23In ogni fatica c'è un vantaggio,
ma la loquacità produce solo miseria.
24Corona dei saggi è la loro accortezza,
corona degli stolti la loro stoltezza.
25Salvatore di vite è un testimone vero;
chi spaccia menzogne è un impostore.
26Nel timore del Signore è la fiducia del forte;
per i suoi figli egli sarà un rifugio.
27Il timore del Signore è fonte di vita,
per evitare i lacci della morte.
28Un popolo numeroso è la gloria del re;
la scarsità di gente è la rovina del principe.
29Il paziente ha grande prudenza,
l'iracondo mostra stoltezza.
30Un cuore tranquillo è la vita di tutto il corpo,
l'invidia è la carie delle ossa.
31Chi opprime il povero offende il suo creatore,
chi ha pietà del misero lo onora.
32Dalla propria malvagità è travolto l'empio,
il giusto ha un rifugio nella propria integrità.
33In un cuore assennato risiede la sapienza,
ma in seno agli stolti può scoprirsi?
34La giustizia fa onore a una nazione,
ma il peccato segna il declino dei popoli.
35Il favore del re è per il ministro intelligente,
il suo sdegno è per chi lo disonora.
Salmi 89
1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".
6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.
9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.
12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.
16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.
20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.
23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.
27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.
31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.
34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".
39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.
43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.
47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?
50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.
Lamentazioni 2
1Come il Signore ha oscurato nella sua ira
la figlia di Sion!
Egli ha scagliato dal cielo in terra
la gloria di Israele.
Non si è ricordato dello sgabello dei suoi piedi
nel giorno del suo furore.
2Il Signore ha distrutto senza pietà
tutte le dimore di Giacobbe;
ha abbattuto con ira
le fortezze della figlia di Giuda;
ha prostrato a terra, ha profanato
il suo regno e i suoi capi.
3Con ira ardente egli ha infranto
tutta la potenza di Israele.
Ha tratto indietro la destra davanti al nemico;
ha acceso Giacobbe come una fiamma di fuoco,
che divora tutto all'intorno.
4Ha teso il suo arco come un nemico,
ha tenuto ferma la destra come un avversario,
ha ucciso quanto è delizia dell'occhio.
Sulla tenda della figlia di Sion
ha rovesciato la sua ira come fuoco.
5Il Signore è divenuto come un nemico,
ha distrutto Israele;
ha distrutto tutti i suoi palazzi,
ha abbattuto le sue fortezze,
ha moltiplicato alla figlia di Giuda
lamento e cordoglio.
6Ha devastato come un giardino la sua dimora,
ha demolito il luogo della riunione.
Il Signore ha fatto dimenticare in Sion
la festa e il sabato
e ha rigettato nel furore della sua ira
re e sacerdoti.
7Il Signore ha abbandonato il suo altare,
ha rigettato il suo santuario;
ha consegnato in balìa del nemico
le mura delle sue fortezze.
Essi alzarono grida nel tempio del Signore
quasi fosse un giorno di festa.
8Il Signore ha deciso di demolire
le mura della figlia di Sion;
egli ha steso la corda per le misure,
non ritrarrà la mano dalla distruzione;
ha reso desolati bastione e baluardo;
ambedue sono in rovina.
9Sono affondate nella terra le sue porte;
egli ne ha rovinato e spezzato le sbarre;
il suo re e i suoi capi sono tra le genti;
non c'è più legge
e neppure i suoi profeti han ricevuto
visioni dal Signore.
10Siedono a terra in silenzio
gli anziani della figlia di Sion,
han cosparso di cenere il capo,
si sono cinti di sacco;
curvano a terra il capo
le vergini di Gerusalemme.
11Si son consunti per le lacrime i miei occhi,
le mie viscere sono sconvolte;
si riversa per terra la mia bile
per la rovina della figlia del mio popolo;
mentre vien meno il bambino e il lattante
nelle piazze della città.
12Alle loro madri dicevano:
"Dov'è il grano e il vino?".
Intanto venivan meno come feriti
nelle piazze della città;
esalavano il loro respiro
in grembo alle loro madri.
13Con che cosa ti metterò a confronto?
A che cosa ti paragonerò, figlia di Gerusalemme?
Che cosa eguaglierò a te per consolarti,
vergine figlia di Sion?
Poiché è grande come il mare la tua rovina;
chi potrà guarirti?
14I tuoi profeti hanno avuto per te visioni
di cose vane e insulse,
non hanno svelato le tue iniquità
per cambiare la tua sorte;
ma ti han vaticinato lusinghe,
vanità e illusioni.
15Contro di te battono le mani
quanti passano per la via;
fischiano, scrollano il capo
sulla figlia di Gerusalemme:
"È questa la città che dicevano bellezza perfetta,
gioia di tutta la terra?".
16Spalancano contro di te la bocca
tutti i tuoi nemici,
fischiano e digrignano i denti,
dicono: "L'abbiamo divorata!
Questo è il giorno che aspettavamo,
siamo arrivati a vederlo".
17Il Signore ha compiuto quanto aveva decretato,
ha adempiuto la sua parola
decretata dai giorni antichi,
ha distrutto senza pietà,
ha dato modo al nemico di gioire di te,
ha esaltato la potenza dei tuoi avversari.
18Grida dal tuo cuore al Signore,
vergine figlia di Sion;
fa' scorrere come torrente le tue lacrime,
giorno e notte!
Non darti pace,
non abbia tregua la pupilla del tuo occhio.
19Alzati, grida nella notte
quando cominciano i turni di sentinella;
effondi come acqua il tuo cuore, davanti al Signore;
alza verso di lui le mani
per la vita dei tuoi bambini,
che muoiono di fame all'angolo di ogni strada.
20"Guarda, Signore, e considera;
chi mai hai trattato così?
Le donne divorano i loro piccoli,
i bimbi che si portano in braccio!
Sono trucidati nel santuario del Signore
sacerdoti e profeti!
21Giacciono a terra per le strade ragazzi e vecchi;
le mie vergini e i miei giovani
sono caduti di spada;
hai ucciso nel giorno della tua ira,
hai trucidato senza pietà.
22Come ad un giorno di festa hai convocato
i miei terrori dall'intorno.
Nel giorno dell'ira del Signore
non vi fu né superstite né fuggiasco.
Quelli che io avevo portati in braccio e allevati
li ha sterminati il mio nemico".
Lettera agli Efesini 5
1Fatevi dunque imitatori di Dio, quali figli carissimi,2e camminate nella carità, nel modo che anche Cristo vi ha amato e ha dato se stesso per noi, offrendosi a Dio in sacrificio di soave odore.
3Quanto alla fornicazione e a ogni specie di impurità o cupidigia, neppure se ne parli tra voi, come si addice a santi;4lo stesso si dica per le volgarità, insulsaggini, trivialità: cose tutte sconvenienti. Si rendano invece azioni di grazie!5Perché, sappiatelo bene, nessun fornicatore, o impuro, o avaro - che è roba da idolàtri - avrà parte al regno di Cristo e di Dio.
6Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l'ira di Dio sopra coloro che gli resistono.7Non abbiate quindi niente in comune con loro.8Se un tempo eravate tenebra, ora siete luce nel Signore. Comportatevi perciò come i figli della luce;9il frutto della luce consiste in ogni bontà, giustizia e verità.10Cercate ciò che è gradito al Signore,11e non partecipate alle opere infruttuose delle tenebre, ma piuttosto condannatele apertamente,12poiché di quanto viene fatto da costoro in segreto è vergognoso perfino parlare.13Tutte queste cose che vengono apertamente condannate sono rivelate dalla luce, perché tutto quello che si manifesta è luce.14Per questo sta scritto:
"Svégliati, o tu che dormi,
déstati dai morti
e Cristo ti illuminerà".
15Vigilate dunque attentamente sulla vostra condotta, comportandovi non da stolti, ma da uomini saggi;16profittando del tempo presente, perché i giorni sono cattivi.17Non siate perciò inconsiderati, ma sappiate comprendere la volontà di Dio.18E non ubriacatevi di vino, il quale porta alla sfrenatezza, ma siate ricolmi dello Spirito,19intrattenendovi a vicenda con salmi, inni, cantici spirituali, cantando e inneggiando al Signore con tutto il vostro cuore,20rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo.
21Siate sottomessi gli uni agli altri nel timore di Cristo.
22Le mogli siano sottomesse ai mariti come al Signore;23il marito infatti è capo della moglie, come anche Cristo è capo della Chiesa, lui che è il salvatore del suo corpo.24E come la Chiesa sta sottomessa a Cristo, così anche le mogli siano soggette ai loro mariti in tutto.
25E voi, mariti, amate le vostre mogli, come Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei,26per renderla santa, purificandola per mezzo del lavacro dell'acqua accompagnato dalla parola,27al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata.28Così anche i mariti hanno il dovere di amare le mogli come il proprio corpo, perché chi ama la propria moglie ama se stesso.29Nessuno mai infatti ha preso in odio la propria carne; al contrario la nutre e la cura, come fa Cristo con la Chiesa,30poiché siamo membra del suo corpo.31'Per questo l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà alla sua donna e i due formeranno una carne sola'.32Questo mistero è grande; lo dico in riferimento a Cristo e alla Chiesa!33Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito.
Capitolo XVI: Soltanto in Dio va cercata la vera consolazione
Leggilo nella Biblioteca1. Qualunque cosa io possa immaginare e desiderare per mia consolazione, non l'aspetto qui, ora, ma in futuro. Ché, pure se io potessi avere e godere da solo tutte le gioie e le delizie del mondo, certamente ciò non potrebbe durare a lungo. Sicché, anima mia, non potrai essere pienamente consolata e perfettamente confortata se non in Dio, che allieta i poveri e accoglie gli umili. Aspetta un poco, anima mia, aspetta ciò che Dio ha promesso e avrai in cielo la pienezza di ogni bene. Se tu brami disordinatamente i beni temporali, perderai quelli eterni del cielo: dei beni di quaggiù devi avere soltanto l'uso temporaneo, col desiderio fisso a quelli eterni. Anima mia, nessun bene di quaggiù, ti potrà appagare perché non sei stata creata per avere soddisfazione in queste cose. Anche se tu avessi tutti i beni del mondo, non potresti essere felice e beata, perché è in Dio, creatore di tutte le cose, che consiste la tua completa beatitudine e la tua felicità. Non è una felicità quale appare nella esaltazione di coloro che amano stoltamente questo mondo, ma una felicità quale si aspettano i buoni seguaci di Cristo; quale, talora, è pregustata, fin da questo momento, da coloro che vivono dello spirito e dai puri di cuore, "il cui pensiero è già nei cieli" (Fil 3,20).
2. Vano e di breve durata è il conforto che viene dagli uomini; santo e puro è quello che la verità fa sentire dal di dentro. L'uomo pio si porta con sé, dappertutto, il suo consolatore, Gesù, e gli dice: o Signore Gesù, stammi vicino in ogni luogo e in ogni tempo. La mia consolazione sia questa, di rinunciare lietamente ad ogni conforto umano. Che se mi verrà meno la tua consolazione, sia per me di supremo conforto, appunto, questo tuo volere, questa giusta prova; poiché "non durerà per sempre la tua collera e le tue minacce non saranno eterne" (Sal 102,9).
LETTERA 55: Agostino risponde alle restanti questioni di Gennaro sui riti ecclesiastici
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaScritta poco dopo la precedente.
Agostino risponde alle restanti questioni di Gennaro sui riti ecclesiastici, su ciò che non si può trascurare o che si deve tollerare, soffermandosi sul senso e la celebrazione della Pasqua, sull'allegoria della luna e i significati mistici del sabato e della domenica (n. 1-20) e sottolineando l'utilità delle varie allegorie relative ai giorni della settimana, al triduo della Passione e alla Croce e la liceità della varietà di consuetudini (n. 21-39).
RISPOSTA AI QUESITI DI GENNARO
LIBRO II
Agostino, pur oppresso da occupazioni, s'affretta a rispondere.
1. 1. Dopo avere scorso la tua lettera con cui mi ricordi di soddisfare il debito di spiegarti gli altri quesiti già da molto tempo inviatimi, non ho potuto sopportare di frapporre indugi ad accontentare il tuo ardente desiderio, che mi è gratissimo e carissimo; pur trovandomi oppresso da una congerie d'occupazioni, ho voluto sbrigare come più importante quella di rispondere alle tue domande. Tralascio pertanto di parlare più a lungo della tua lettera per non essere impedito dal soddisfare finalmente il mio debito.
La data della Pasqua.
1. 2. Tu mi domandi "perché mai l'anniversario in cui si celebra la passione del Signore non ricorre lo stesso giorno dell'anno, come [succede per] il giorno in cui si dice che sia nato" e poi soggiungi: "E se ciò avviene per causa del sabato e della luna, che c'entra mai in ciò l'osservanza del sabato e della luna?". Sappi dunque anzitutto che il giorno della Natività del Signore non si celebra con un rito sacramentale, ma si rievoca solo il ricordo della sua nascita e perciò non occorreva altro che indicare con una solennità religiosa il giorno dell'anno in cui ricorre l'anniversario dell'avvenimento stesso. Si ha invece un rito sacramentale in una celebrazione quando non solo si commemora un avvenimento ma lo si fa pure in modo che si capisca il significato di ciò che deve riceversi santamente. Noi quindi celebriamo la Pasqua in modo che non solo rievochiamo il ricordo d'un fatto avvenuto, cioè la morte e la risurrezione di Cristo, ma lo facciamo senza tralasciare nessuno degli altri elementi che attestano il rapporto ch'essi hanno col Cristo, ossia il significato dei riti sacri celebrati. In realtà, come dice l'Apostolo: Cristo morì a causa dei nostri peccati e risorse per la nostra giustificazione 1 e pertanto nella passione e risurrezione del Signore è ìnsito il significato spirituale del passaggio dalla morte alla vita. La stessa parola Pascha non è greca, come si crede comunemente, ma ebraica, come affermano quelli che conoscono le due lingue; insomma il termine non deriva da "passione", ossia "sofferenza", per il fatto che in greco "patire" si dice , ma dal fatto che si passa, come ho detto, dalla morte alla vita, com'è indicato dalla parola ebraica: in questa lingua infatti "passaggio" si dice Pascha, come affermano i dotti. A cos'altro volle accennare lo stesso Signore col dire: Chi crede in me, passerà dalla morte alla vita 2? Si comprende allora che il medesimo evangelista volle esprimere ciò specialmente quando, parlando del Signore che si apprestava a celebrare la Pasqua coi discepoli, dice: Avendo Gesù visto ch'era giunta l'ora di passare da questo mondo al padre etc. 3. Nella passione e risurrezione del Signore vien messo dunque in risalto il passaggio dalla presente vita mortale a quella immortale, ossia il passaggio dalla morte alla vita.
Il Mistico passaggio.
2. 3. Presentemente noi compiamo questo passaggio per mezzo della fede, che ci ottiene il perdono dei peccati e la speranza della vita eterna, se amiamo Dio e il prossimo, in quanto la fede opera in virtù della carità 4 e il giusto vive mediante la fede 5. Ma vedere ciò che si spera, non è sperare: ciò che infatti si vede, perché sperarlo? Se invece speriamo ciò che non vediamo, lo aspettiamo con paziente attesa 6. In conformità a questa fede, speranza e carità, con cui abbiamo cominciato a vivere nella grazia, già siamo morti insieme con Cristo e col battesimo siamo sepolti con lui nella morte 7, come dice l'Apostolo: Poiché il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui 8; e siamo risorti con lui, poiché ci risuscitò insieme con lui, e ci fece sedere nei cieli insieme con lui 9. Ecco perché l'Apostolo ci esorta: Pensate alle cose di lassù, non alle cose terrene 10. Ma poi soggiunge dicendo: Poiché voi siete morti e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio. Quando Cristo, vostra vita, comparirà, allora voi apparirete con lui vestiti di gloria 11; con ciò c'indica chiaramente che vuol farci capire come adesso il nostro passaggio dalla morte alla vita (che avviene in virtù della fede) si compie mediante la speranza della futura risurrezione e della gloria finale, quando cioè questo elemento corruttibile, ossia questo corpo in cui ora gemiamo, si rivestirà dell'immortalità 12. Noi infatti abbiamo fin d'ora le primizie dello Spirito in virtù della fede, ma gemiamo ancora nel nostro intimo, aspettando l'adozione, la redenzione del nostro corpo, poiché solo in speranza siamo già stati salvati 13. Dato che siamo in questa speranza, il corpo è bensì morto per causa del peccato, ma lo spirito è vivo per causa della giustizia. Ma fa' attenzione a quel che segue: Ora, se lo Spirito di Colui che risuscitò Cristo dai morti abita in voi, Colui che risuscitò Cristo dai morti vivificherà pure i vostri corpi mortali per mezzo dei suo Spirito abitante in voi 14. Pertanto la Chiesa intera, che si trova nel pellegrinaggio della natura soggetta alla morte, aspetta che si compia alla fine del mondo ciò che ci è stato mostrato in antecedenza avverato nel corpo di nostro Signore Gesù Cristo ch'è il primogenito dei redivivi 15, poiché anche il suo corpo, di cui è capo egli stesso, non è altro che la Chiesa.
La risurrezione finale.
3. 4. Alcuni, pertanto, considerando l'espressione che ricorre nell'Apostolo, che cioè noi siamo morti con Cristo 16 e siamo risuscitati con Lui, e non comprendendo in qual senso lo dica, hanno pensato che la risurrezione sia già avvenuta e non occorra più sperarla alla fine dei tempi. Tra costoro - dice egli - vi sono Imeneo e Fileto, i quali hanno deviato dalla verità, dicendo che la risurrezione è già avvenuta, e sovvertono la fede di alcuni 17. Costoro sono confutati e biasimati dall'Apostolo, il quale tuttavia dice che siamo risorti con Cristo. Ma in qual modo tale evento s'è compiuto in noi, se non, come dice egli stesso, in virtù della fede, della speranza e della carità secondo le primizie dello Spirito? Ma poiché la speranza di ciò che si vede non è speranza. e perciò speriamo ciò che non vediamo, aspettiamo per mezzo della pazienza 18; rimane ancora che si compia la redenzione del nostro corpo, aspettando la quale noi gemiamo intimamente. Ecco perché Paolo dice pure: Siate contenti nella speranza, pazienti nella sofferenza 19.
Perché la Pasqua ricorre nel mese delle nuove spighe.
3. 5. Il rinnovamento della nostra vita è pertanto il passaggio dalla morte alla vita, che s'inizia in virtù della fede, affinché nella speranza siamo contenti e nella sofferenza siamo pazienti, benché il nostro uomo esteriore si vada disfacendo mentre quello interiore si rinnova di giorno in giorno 20. Proprio in vista della nuova vita e dell'uomo nuovo di cui ci si comanda di rivestirci 21 spogliandoci di quello vecchio, purificandoci dal vecchio fermento per essere una pasta nuova, essendo già stato immolato Cristo, nostra Pasqua 22, proprio in vista di questo rinnovamento della vita è stato stabilito per questa celebrazione il primo mese dell'anno, che perciò si chiama il mese dei nuovi raccolti 23. Inoltre poiché nel volgere dei secoli è adesso apparsa la terza epoca, la risurrezione del Signore è avvenuta dopo tre giorni. La prima epoca infatti è quella anteriore alla Legge, la seconda quella della Legge, la terza quella della Grazia, in cui si rivela il piano misterioso di Dio prima nascosto nell'oscurità delle profezie. Ciò è dunque indicato pure dal numero dei giorni d'ogni fase lunare poiché nelle Scritture il numero sette suol essere simbolo di una certa perfezione e perciò la Pasqua si celebra la terza settimana della luna, cioè nel giorno che cade tra il quattordici e il ventuno del mese.
I Manichei e le fasi della luna.
4. 6. Vi è racchiuso pure un altro mistero; se ti sarà oscuro per il fatto d'essere meno istruito in siffatte cose, non t'addolorare e non credere ch'io sia migliore di te per il fatto d'averle apprese durante gli studi della mia fanciullezza. Poiché chi vuol vantarsi, si vanti di questo, d'aver cioè senno e conoscere che io sono il Signore 24. Alcuni appassionati di tali cose fecero molte ricerche sui numeri e sui movimenti delle stelle. E quelli di essi che fecero indagini più acute arguirono che le fasi della luna crescente e della luna calante provengono dal giro della sua sfera e non già dal fatto che ad essa si aggiunga qualche sostanza quando cresce e la perda quando cala, come credono nella loro aberrazione i Manichei: costoro dicono ch'essa viene riempita, come una nave, da una porzione fuggitiva di Dio, ch'essi con cuore e linguaggio sacrilego non si peritano di credere e proclamare unita ai Principi delle tenebre e macchiata delle loro sozzure. Affermano dunque che quella parte di Dio, purificatasi con enormi sforzi dall'immondizia fuggendo da tutto il mondo e da tutte le fogne, si ricongiunge con Dio, che piange fintanto che non torni; la luna però si riempirebbe solo per la durata di mezzo mese, mentre metà del mese si riverserebbe nel sole come in un'altra nave. Tuttavia fra queste esecrande bestemmie non poterono mai immaginare per qual motivo mai, sia quando comincia che quando cessa di risplendere, appaia come una falce luminosa, o perché cominci a decrescere a partire dalla metà del mese e non giunga piena fino alla fine del mese per versare quel che ha di superfluo.
Le fasi lunari.
4. 7. Al contrario, coloro che studiano questi fenomeni mediante precisi calcoli matematici, riuscirono non solo a spiegare la causa delle eclissi di sole e di luna, ma pure a predire molto tempo prima il momento in cui sarebbero avvenute, e perfino fissarne in antecedenza nelle loro opere scritte, il ripetersi a determinati intervalli di tempo in base a calcoli precisi. Coloro che leggono con intelligenza quegli scritti, predicono allo stesso modo i medesimi fenomeni, i quali avvengono proprio nel modo e nel tempo da essi predetto. Quegli studiosi non sono bensì meritevoli di perdono secondo l'espressione della Sacra Scrittura in quanto, se giunsero a sapere tanto da formarsi una concezione dell'universo e del suo Signore, non lo trovarono più facilmente 25, come avrebbero potuto se avessero pregato con sentimenti di religione. Essi comunque dalle stesse estremità delle falci lunari, opposte al sole sia nella fase crescente che in quella calante, dedussero che la luna è illuminata dal sole e, quanto più si allontana da esso, tanto più riceve i suoi raggi nella parte che si mostra alla terra, mentre al contrario quanto più gli si avvicina dopo la prima metà del mese, a partire dall'altra metà dell'orbita, tanto più è illuminata nella parte superiore, e non può ricevere i raggi nella parte rivolta alla terra e perciò sembra calare. Se però si suppone la luna dotata di luce propria, l'avrebbe solo da una parte della metà della sua sfera e mostrerebbe quella parte alla terra un po' alla volta allontanandosi dal sole fino a mostrarla intera, mostrerebbe cioè per così dire un accrescimento senza opporre alla propria massa nulla che le facesse difetto, ma con l'esporre quel che aveva in effetto; poi di nuovo nascondendo un po' alla volta quanto prima appariva, sembrerebbe calare. Ma qualunque cosa si pensi di queste ipotesi, una cosa è chiara a chiunque esamini attentamente il fenomeno, che cioè la luna cresce ai nostri occhi solo allontanandosi dal sole e cala solo avvicinandoglisi dall'altra parte.
Di che cosa sono simbolo il sole e la luna.
5. 8. Fa' ora attenzione a ciò che si legge nei Proverbi: Il saggio persevera saldo come il sole, lo stolto invece cambia come la luna 26. E chi è il saggio che persevera se non il sole di giustizia di cui è detto: È sorto per me il sole di giustizia 27? Nel giorno del giudizio gli empi battendosi il petto per il fatto che questo sole non è spuntato per loro, diranno: Non è brillata per noi la luce della giustizia e il sole non è spuntato per noi 28. Non si tratta di questo sole visibile agli occhi corporei, che Dio fa sorgere sui buoni e sui cattivi come pure fa piovere sui giusti e sugl'ingiusti 29. Si tratta di una di quelle similitudini tratte, come sempre, dalle cose visibili e adatte a significare le cose invisibili. Chi è dunque lo stolto che cambia come la luna, se non Adamo, nel quale tutti hanno peccato? Poiché l'anima dell'uomo allentandosi dal sole della giustizia, cioè dalla interiore contemplazione dell'immutabile verità, rivolge tutte le sue potenze spirituali alle cose terrene, per cui vieppiù gli si ottenebrano le facoltà interne e superiori. Appena però comincia a tornare all'immutabile sapienza, quanto più le si avvicina con sentimenti religiosi, tanto più si sciupa l'uomo esterno, ma l'interno si rinnova di giorno in giorno e tutta la luce dell'ingegno, prima rivolta alle cose inferiori, si rivolge ora alle superiori e si stacca per così dire dalle cose terrene, perché muoia sempre di più a questa vita e la sua vita sia nascosta con Cristo in Dio 30.
La data della Pasqua rispetto alle fasi della luna.
5. 9. L'uomo dunque fa un cambiamento tanto peggiore quanto più si spinge verso le cose esteriori e respinge dalla sua vita le realtà interiori 30bis: una tale condizione pare migliore alla terra, ossia a coloro che gustano soltanto le cose terrene 31, dal momento che il peccatore viene lodato per le brame del suo cuore e chi compie il male viene benedetto 32. L'uomo, al contrario, cambia in meglio quando a poco a poco distoglie la sua attenzione e la sua gloria dalle cose terrene, che si vedono in questa vita, e le indirizza alle cose superiori e interne; questa condizione sembra meno buona alla terra ossia a quelli che hanno il gusto delle cose terrene. Ecco perché gli empi, nel loro inutile pentimento finale, tra gli altri numerosi loro rimpianti dovranno esclamare: Sono costoro quelli che noi consideravamo un tempo come oggetto di scherno e come tipi da coprire d'obbrobri. Siamo noi i pazzi che stimavamo pazzia la loro vita 33. Ecco perché lo Spirito Santo, per mostrarci con una similitudine i misteri invisibili attraverso le cose visibili, e attraverso le cose corporee i misteri spirituali, volle che il passaggio da una vita all'altra, cioè la Pasqua, fosse celebrata [nel periodo che va] dalla quattordicesima alla ventunesima luna; dalla quattordicesima, affinché si prendesse la similitudine della luna per indicare la terza epoca già ricordata non solo per il fatto che di lì comincia la terza settimana, ma per lo stesso fatto di rivolgersi dalle cose esteriori a quelle interiori; fino alla ventunesima invece a causa dello stesso numero corrispondente al triplo di sette, numero, questo, con cui spesso è indicata la totalità delle cose, numero simboleggiante pure la stessa Chiesa per il fatto ch'esso rappresenta la totalità dei fedeli.
La luna simbolo della Chiesa.
6. 10. Ecco perché l'apostolo Giovanni nell'Apocalisse scrive alle sette Chiese 34. La Chiesa però, trovandosi ancora nella condizione mortale propria degli uomini fatti di carne, è indicata nella Sacra Scrittura col nome di luna a causa della mutevolezza della natura umana. Ecco pure il perché di quell'espressione: Hanno preparato le loro saette nella faretra per saettare quelli che sono di cuore retto, quando la luna è oscura 35. Infatti prima che avvenga quanto dice l'Apostolo: Quando comparirà Cristo, vostra vita, allora voi pure comparirete con lui nella gloria 36, la Chiesa durante il suo pellegrinaggio sembra oscura, perché geme a causa di molte iniquità: e allora sono da temere le insidie degl'ipocriti seduttori, che volle indicati nel termine "saette". Ecco perché in un altro passo, a proposito dei fedelissimi banditori della verità, generati in ogni luogo della Chiesa, è detto che essa è come la luna testimone fedele nel cielo 37. Cantando, il Salmista del regno di Dio: Spunterà - dice - nei giorni di lui la giustizia con abbondanza di pace fino a tanto che non vi sia più la luna 38, cioè l'abbondanza della pace crescerà fino a quando essa non distruggerà interamente ciò chè mutevole nella condizione della nostra mortalità. Allora sarà distrutta l'ultima nemica, ossia la morte, e sarà distrutto interamente tutto ciò che deriva dalla debolezza della carne e ci oppone resistenza e ci impedisce di giungere alla perfetta pace, quando cioè questo corpo corruttibile si rivestirà dell'incorruttibilità e questo corpo mortale si rivestirà dell'immortalità 39. Ecco perché le mura della città chiamata Gerico, la quale in ebraico si dice che significa luna, caddero dopo che attorno ad esse fu portata per sette volte l'arca dell'Alleanza 40. Cos'altro infatti fa ora l'annuncio del regno di Dio simboleggiato dall'arca portata intorno a Gerico, se non distruggere, mediante i sette doni dello Spirito Santo e il concorso del libero arbitrio, tutti i baluardi della vita mortale, cioè qualsiasi speranza di questa vita che si oppone alla speranza della vita futura? Ecco perché le mura caddero mentre l'arca girava loro attorno, senza essere percosse da nessun colpo violento, ma spontaneamente. Vi sono inoltre altri passi della Sacra Scrittura che nella luna ci fanno vedere simboleggiata la Chiesa, la quale nella condizione mortale della presente vita compie il suo pellegrinaggio tra le pene e le fatiche, lontana dalla celeste Gerusalemme di cui sono cittadini i santi Angeli.
Influsso delle stelle e libero arbitrio.
6. 11. Gli stolti però, che non vogliono cambiarsi in meglio, non devono per questo pensare che si debbano adorare gli astri del cielo per il fatto che talora questi sono presi nella Sacra Scrittura come simboli e figure dei misteri divini, perché ogni creatura può essere presa a simbolo. Per lo stesso motivo non dobbiamo neppure incorrere nel giudizio di condanna pronunciato dalla bocca dell'Apostolo nei riguardi di alcuni, i quali adorarono e servirono la creatura a preferenza del Creatore ch'è benedetto per tutti i secoli 41. Come infatti non adoriamo le bestie, sebbene Cristo sia chiamato agnello 42 e vitello 43, e neppure le fiere perché egli è stato chiamato il leone della tribù di Giuda 44 e neppure le pietre perché pietra era il Cristo 45 e neppure il monte Sion perché in esso è raffigurata la Chiesa 46, così non adoriamo neppure il sole o la luna, sebbene da queste creature della volta celeste come da molte altre creature terrestri si prendano figure simboliche per rappresentare e far comprendere realtà sacre e mistiche.
Simboli e realtà sacre.
7. 12. Sono quindi detestabili e ridicole le pazzie dei Manichei; allorché noi rinfacciamo ad essi le loro sciocche trovate con le quali precipitano altri nell'errore in cui son precipitati prima essi stessi, pare loro d'essere spiritosi ed eloquenti rispondendoci: "E perché voi pure celebrate la Pasqua fissandola in base a un computo solare e lunare?". Come se noi biasimassimo il moto regolare degli astri o l'avvicendarsi delle stagioni, stabiliti dal sommo ottimo Dio, e non precisamente la loro eresia, la quale si serve di realtà create dalla somma Sapienza per suffragare le falsissime opinioni della loro insipienza! Se infatti gli astrologi volessero rinfacciarci che prendiamo delle similitudini dagli astri e dalle stelle del cielo per indicare simbolicamente delle realtà sacre e misteriose, ci rinfaccino pure anche gli aruspici che ci venga detto: Siate semplici come colombe; ci rinfaccino pure gl'incantatori di serpenti che ci venga detto: [Siate] astuti come serpenti 47; ci rinfaccino pure anche gli istrioni che nei Salmi nominiamo la cetra. Così pure, poiché da tali cose prendiamo dei simboli per rappresentare i significati misteriosi delle parole di Dio, dicano pure, se loro piace, che noi ne ricaviamo auspici o prepariamo farmaci o cerchiamo d'imitare scene immorali! Soltanto dei pazzi da legare potrebbero affermare una simile cosa.
L'osservazione dei fenomeni naturali.
7. 13. Noi quindi non siamo soliti trarre congetture circa il futuro delle nostre azioni dal sole o dalla luna, dalle stagioni o dalle vicende dei mesi, per non correre il rischio di far naufragare il libero arbitrio nelle pericolosissime tempeste della vita umana e andare a sbattere, per così dire, negli scogli d'una miseranda schiavitù. Noi al contrario, per indicare il significato sacro d'una cosa, prendiamo ormai a simbolo, con profondo sentimento religioso e con cristiana libertà, le cose adatte di tutta la creazione, come i venti, il mare, la terra, i volatili, i pesci, le bestie, gli alberi, gli uomini; noi usiamo tali paragoni [solo] nei nostri discorsi, mentre nella celebrazione dei sacramenti ci serviamo d'un numero assai limitato di cose, come l'acqua, il frumento, il vino e l'olio. Anche durante il tempo in cui l'antico popolo viveva nella schiavitù della Legge, fu ordinata la celebrazione di molti riti sacri che ora ci sono tramandati solo affinché ne conosciamo l'intimo significato. Per questo motivo noi non osserviamo né i giorni, né gli anni, né i mesi né le stagioni, per non sentirci dire dall'Apostolo: Temo per voi d'essermi affaticato inutilmente in mezzo a voi 48. Egli infatti biasima coloro che dicono: "[Oggi] non partirò, perché è un giorno di cattivo augurio", oppure: "perché la luna si trova nella tal fase", oppure: "Partirò affinché gli affari vadano bene, poiché la posizione delle stelle è propizia", oppure: "Questo mese non mi darò al commercio, poiché la mia stella compie il mese", oppure: "Mi darò al commercio, poiché la mia stella comincia il mese", "Quest'anno non pianterò la vigna, perché è bisestile". Nessun individuo saggio però pensa che siano da biasimare quelli che osservano le circostanze dei tempi perché dicono: "Oggi non parto, perché s'è scatenata una tempesta" oppure: "Non m'imbarcherò, perché ci sono ancora strascichi dell'inverno" oppure: "È tempo di seminare, perché la terra è satura delle piogge autunnali" e così dicasi degli altri fenomeni naturali osservati nella ordinatissima rivoluzione degli astri in rapporto ai mutamenti atmosferici e all'umidità, capaci di variare la natura delle stagioni. Di tali astri, quando vennero creati, fu detto: Servano per segnali, per ricorrenze, per giorni e per anni 49. Se inoltre altre immagini simboliche son prese non solo dal cielo e dagli astri, ma pure dalle creature inferiori al fine d'indicare l'attuazione del piano divino della salvezza, esse sono come un insegnamento assai eloquente ed efficace della salvezza, capaci di commuovere i sentimenti dei discepoli elevandoli dalle cose visibili alle invisibili, dalle corporali alle spirituali, dalle temporali alle eterne.
Pasqua, rinnovamento spirituale.
8. 14. Ma nessuno di noi sta a considerare, nel tempo in cui si celebra la Pasqua, se il sole si trova nella costellazione chiamata dell'Ariete, dove realmente si trova nel mese dei nuovi raccolti. Comunque si chiami quella regione del cielo, o Ariete o con altro nome, noi sappiamo dalla S. Scrittura che tutte le stelle furono create da Dio, il quale le dispose nelle zone da lui volute; quali che siano le costellazioni in cui dividono le regioni del cielo trapunte di stelle disposte in ordinati raggruppamenti, quali che siano i nomi con cui vengono contrassegnate, quale che sia la costellazione in cui si trovi il sole nel mese dei nuovi raccolti, la ricorrenza celebrativa della Pasqua ve lo incontrerà per indicare il significato simbolico del mistero consistente nel rinnovamento della vita, di cui abbiamo parlato abbastanza. Del resto, anche se fosse possibile che la costellazione sia stata chiamata Ariete a causa della conformazione della sua figura, la parola di Dio non esiterebbe nemmeno per questo a trarne un significato simbolico di qualche realtà sacra, allo stesso modo che trasse rappresentazioni simboliche per indicare allegoricamente le cose da altre creature non solo celesti ma anche terrestri, come le prese da Orione e dalle Pleiadi, dal monte Sinai e dal monte Sion, dai fiumi chiamati Geon, Phison, Tigri, Eufrate, come le prese dallo stesso Giordano, tante volte nominato nei santi misteri.
Osservazioni inutili e superstiziose.
8. 15. Ma una cosa è osservare le costellazioni per esaminare i fenomeni atmosferici, come fanno gli agricoltori, o come fanno i naviganti per contrassegnare le regioni del mondo e segnare la rotta della navigazione da un punto preciso verso una determinata meta, come fanno i piloti delle navi e i viaggiatori che attraversano i deserti sabbiosi nell'interno delle regioni torride, prive di vere strade; una cosa ben diversa è menzionare qualche costellazione, per indicare il significato simbolico d'una dottrina utile; una cosa del tutto diversa da queste osservazioni utili son quelle futili e false di coloro che osservano le costellazioni non per conoscere le condizioni dell'atmosfera o le vie che attraversano le regioni o solo le caratteristiche delle stagioni o le rassomiglianze con le realtà spirituali, ma per prevedere gli eventi come fossero già predisposti dal fato; chi non lo capisce?
Pasqua giudaica e Pasqua cristiana.
9. 16. Ma passiamo ormai oltre e vediamo perché nel celebrare la Pasqua si osserva che preceda il sabato, poiché ciò è caratteristico della religione cristiana. I Giudei infatti osservano solo il mese delle nuove messi e la luna dal quattordicesimo al ventunesimo suo giorno. Ora, la Pasqua giudaica, in cui subì la passione il Signore, cadde in modo che tra la sua morte e la risurrezione intercorse il giorno di sabato. I nostri padri reputarono quindi opportuno che non solo la nostra festività venisse distinta da quella giudaica, ma che nella celebrazione anniversaria della Passione si osservasse dai posteri ciò che deve credersi compiuto non senza ragione da Colui, ch'esiste prima dei tempi e dal quale sono stati creati i tempi, il quale venne nella pienezza dei tempi 50. È lui che ha il potere di dare la propria vita e di riprenderla di nuovo 51; e perciò quando diceva: Non è ancor giunta la mia ora 52, non aspettava un'ora predisposta dal fato, ma quella più opportuna per far conoscere e far risaltare il piano misterioso della salvezza.
Il sabato figura del riposo eterno.
9. 17. Ciò che adesso facciamo con la fede e con la speranza e ci sforziamo di raggiungere con la carità, è precisamente il riposo santo e perpetuo da ogni fatica e da ogni molestia; per giungere ad esso noi compiamo il passaggio da questa vita, che nostro Signore Gesù Cristo ebbe la bontà d'insegnarci e di santificare con la sua passione. Questo riposo però non consiste in un'infingarda inattività, ma in un'ineffabile tranquillità di riposante attività. Poiché alla fine delle opere della nostra vita noi ci riposiamo affinché godiamo nell'attività della vita eterna. Ma poiché siffatta attività si compie lodando Iddio senza fatica delle membra e senz'affanno di pensieri, il riposo per cui si passa a tale attività non è seguito da alcuna fatica, ossia l'attività non comincia in modo che finisca il riposo, poiché non è un tornare alle fatiche e agli affanni, ma è un'attività che conserva ciò che costituisce la caratteristica del riposo, ossia agire senza affaticarsi, pensare senza preoccuparsi. Poiché dunque per mezzo del riposo si torna alla prima vita, dalla quale l'anima cadde in peccato, questo riposo è simboleggiato nel sabato. Quella prima vita che si restituisce a coloro che tornano dall'esilio di questa vita e che ricevono il vestito più bello 53, è simboleggiata dal primo giorno della settimana, che noi chiamiamo Domenica. Esamina i sette giorni, leggi la Genesi 54 e troverai il settimo giorno senza sera, poiché simboleggia il riposo senza fine. La prima vita non fu dunque eterna per l'uomo peccatore, mentre l'ultimo riposo sarà eterno e perciò anche l'ottavo giorno avrà la felicità eterna, poiché il riposo eterno è incluso, non concluso nell'ottavo, altrimenti non sarebbe eterno. L'ottavo giorno sarà quindi come il primo, sicché la prima vita non sarà annullata, ma tramutata in eterna.
Dio solo è il riposo dell'anima.
10. 18. All'antico popolo fu tuttavia comandato di celebrare il sabato accompagnandolo col riposo del corpo, affinché fosse simbolo della santificazione che si accompagna al riposo elargito dallo Spinto Santo. In nessun passo della Genesi leggiamo che venissero santificati i primi giorni, mentre del solo sabato è detto: E Dio santificò il settimo giorno 55. In realtà amano il riposo tanto le anime pie quanto le empie, le quali però non sanno, per lo più, come giungere a quel che amano. Gli stessi corpi, in virtù della forza di gravità, non cercano di raggiungere se non quel che cercano le anime per la forza delle loro passioni. Poiché, allo stesso modo che il corpo tende col suo peso a muoversi verso il basso o verso l'alto fino a tanto che non raggiunga la posizione verso la quale tende e non vi si riposi - l'olio infatti, se si getta in aria, tende col suo peso verso il basso, mentre, se si mette nell'acqua, tende in alto - così le anime tendono a ciò che amano per raggiungerlo e riposarvisi. Molti sono bensì i piaceri che si provano attraverso il corpo, ma non si trova in essi il riposo eterno e nemmeno un riposo di lunga durata e perciò insozzano l'anima, anzi l'appesantiscono impedendole la sua naturale inclinazione per cui è spinta verso le cose celesti. Quando però l'anima si compiace di se stessa, non si compiace ancora delle cose immutabili ed è quindi ancora superba, poiché considera se stessa come il sommo bene, mentre molto superiore ad essa è Iddio. Ma non vien lasciata senza punizione in questo peccato, poiché Dio si oppone ai superbi, agli umili invece dà la grazia 56. Quando invece ripone le sue compiacenze in Dio, in Lui trova il vero, sicuro, eterno riposo, che andava cercando in altri beni senza trovarlo. Ecco perché nel Salmo siamo così esortati: Riponi le tue compiacenze nel Signore ed Egli ti darà ciò che domanda il tuo cuore 57.
Che significa il riposo del settimo giorno.
10. 19. Poiché dunque la carità di Dio è stata diffusa nei nostri cuori per opera dello Spirito Santo, che ci è stato elargito 58, perciò è ricordata la santificazione del settimo giorno, in cui è comandato il riposo. Ma poiché non possiamo fare il bene senza il suo aiuto, come dice l'Apostolo: Dio infatti opera in voi il volere e l'operare secondo la buona volontà 59 e non potremo riposarci dopo tutte le nostre opere buone compiute in questa vita, se non siamo stati santificati e perfetti per l'eternità, perciò dello stesso Dio si dice che avendo compiute tutte le opere assai buone, il settimo giorno si riposò da qualsiasi opera da lui fatta 60. Con ciò volle simboleggiare il riposo futuro che avrebbe dato agli uomini dopo le buone opere. Come infatti, quando compiamo il bene, si dice che opera in noi lui per dono del quale compiamo il bene, così quando riposiamo, si dice che a riposare è lui per dono del quale noi riposiamo.
Tutta l'attività terrena dev'essere diretta al riposo eterno.
11. 20. Per conseguenza nei primi tre precetti dei Decalogo riguardanti Dio - gli altri sette riguardano il prossimo, cioè l'uomo, poiché da due precetti dipende tutta la Legge 61 - si trova il terzo sull'osservanza del sabato, affinché nel primo precetto comprendiamo l'adorazione dovuta al Padre quando ci proibisce di adorare un'immagine di Dio fabbricata dall'uomo, non perché Dio non abbia la sua immagine, ma perché non si deve adorare alcuna sua immagine che non sia quella identica a lui stesso, né l'immagine deve adorarsi al posto di lui ma insieme con lui. E siccome la creatura è mutevole e perciò è detto: Ogni creatura è soggetta alla leggerezza 62 e ogni creatura in particolare mostra la natura di tutte, affinché nessuno mettesse tra le creature il Verbo, Figlio di Dio, per mezzo del quale tutto è stato fatto 63, segue l'altro precetto: Non servirti del nome di Dio senza motivo 64. Nel terzo precetto della Legge ci viene indicato lo Spirito Santo, in virtù del quale ci vien largito il riposo che cerchiamo ovunque ma che non troviamo se non nell'amore di Dio, dal momento che la sua carità è diffusa nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato largito 65, poiché Dio santificò il settimo giorno 66, in cui si riposò. Ciò è stato scritto sull'osservanza del sabato non già perché pensiamo di trovare il riposo in questa vita, ma affinché le buone opere che compiamo tendano solo verso il riposo eterno. Ricorda soprattutto quanto già più sopra ho ricordato, che siamo salvati nella speranza, ma la speranza di ciò che si vede non è più speranza 67.
Potenza psicologica dei segni e delle allegorie.
11. 21. Orbene, tutte queste cose, che ci sono presentate sotto figure simboliche, hanno lo scopo d'alimentare e in un certo qual modo di attizzare il fuoco dell'amore, per mezzo del quale, come da una forza, noi siamo trascinati al di sopra o all'interno di noi stessi verso la pace. Così presentate, esse commuovono e accendono l'amore con più forza che se ci fossero proposte nude senza alcuna raffinazione simbolica delle realtà sacre. È difficile spiegare il motivo di ciò. Ma sta il fatto che una verità annunciata per mezzo di un'immagine allegorica commuove, piace ed è apprezzata maggiormente che se fosse annunciata nel modo più chiaro e coi termini appropriati. Io credo che il sentimento dell'anima, finché rimane legato alle cose terrene, è più lento a infiammarsi; se invece viene portato verso immagini corporee e da queste trasportato alle realtà spirituali, che gli vengono mostrate da quelle figure, viene per così dire ad acquistare un nuovo vigore dallo stesso processo di trasposizione e con amore più ardente è trascinato al riposo eterno, come il fuoco d'una fiaccola s'accende più forte se viene agitata.
Significato allegorico del sabato.
12. 22. Perciò fra tutti i dieci comandamenti solo quello riguardante il riposo del sabato ci viene ordinato di osservarlo in senso allegorico; ci siamo proposti di comprenderne dunque il significato allegorico e non già di praticarlo pure col riposo corporale. Il sabato è bensì il simbolo del riposo spirituale, del quale è detto nel salmo: Riposatevi e riconoscete ch'io sono il Signore 68, riposo al quale sono chiamati gli uomini dallo stesso Dio con le parole: Venite a me, voi tutti che siete affaticati e aggravati, e io vi darò sollievo, prendete il mio giogo su di voi e imparate da me che sono mite e umile di cuore e troverete riposo alle anime vostre 69. Tutti gli altri comandamenti invece li osserviamo come veri e propri precetti senza intenderli affatto simbolicamente. Infatti sappiamo chiaramente cosa vuol dire non adorare gl'idoli; non servirsi senza motivo del nome del Signore nostro Dio, e onorare il padre e la madre, e non fornicare, non uccidere e non rubare, non dire falsa testimonianza, non desiderare la moglie del prossimo, non desiderare nulla di ciò che appartiene al prossimo 69bis, non enunciano un significato simbolico e ne hanno un altro mistico ma si osservano secondo il loro significato letterale. Non ci si comanda tuttavia di osservare il sabato nel suo significato letterale di riposo dall'attività fisica, come lo osservano i Giudei, il cui modo di osservare il precetto così come suona letteralmente è giudicato ridicolo qualora non è simbolo d'un altro riposo spirituale. Non è quindi illogico pensare che tutto ciò che nella Sacra Scrittura è detto allegoricamente vale ad eccitare l'amore con cui tendiamo al riposo, dal momento che l'unico precetto del Decalogo espresso in forma allegorica è quello del riposo, che naturalmente viene cercato col desiderio ma viene trovato santo e sicuro solo in Dio.
La Domenica, festa propria dei Cristiani.
13. 23. La domenica invece è stata indicata chiaramente come giorno sacro non per i Giudei, ma per i Cristiani per causa della risurrezione del Signore e da allora si cominciò a celebrarla come giorno di festa. In realtà tutte le anime dei santi sono bensì nel riposo prima ancora della risurrezione del corpo, ma non si trovano nell'attività di cui sono vivificati i corpi quando saranno ripresi dalle anime. Di questa attività è simbolo l'ottavo giorno, ch'è pure il primo, poiché la risurrezione non elimina, ma glorifica il riposo. Col corpo infatti non torneranno le molestie del corpo, poiché non vi sarà più la corruzione. Bisogna infatti che questo corpo corruttibile si rivesta dell'incorruttibilità e questo corpo mortale si rivesta dell'immortalità 70. Prima della risurrezione del Signore ai santi Patriarchi pieni di spirito profetico non era certo nascosta l'allegoria dell'ottavo giorno con cui viene significata la risurrezione; infatti qualche salmo è intitolato "per l'ottava" 71 e i bambini venivano circoncisi l'ottavo giorno dopo la nascita 72 e nell'Ecclesiaste, per simboleggiare i due Testamenti, si dice: Da' loro sette parti e a quelli otto 73. Tale significato simbolico però rimane riservato e segreto e fu insegnato solo che si doveva celebrare il sabato. Infatti i morti godevano già il riposo ma non v'era ancora la risurrezione di nessuno fino a quando venisse chi risorgendo dai morti ormai non morisse mai più e la morte non dominasse più su di lui 74. Solo dopo avvenuta la risurrezione del corpo del Signore (affinché precedesse nel Capo della Chiesa ciò che il corpo della Chiesa doveva sperare per la fine) si sarebbe cominciato a celebrare ormai la Domenica, ossia l'ottavo giorno, che è pure il primo. Si comprende pure il motivo per cui fu bensì ai Giudei comandato di celebrare la Pasqua, quando fu loro comandato di uccidere e mangiare l'agnello, rito questo che prefigura evidentissimamente la Passione del Signore, ma non fu loro comandato che facessero attenzione alla data del sabato e alla coincidenza del mese delle nuove messi con la terza settimana della luna. A contrassegnare il medesimo giorno con la sua passione doveva essere piuttosto il Signore, ch'era venuto per mostrare chiaramente anche la Domenica, cioè l'ottavo giorno ch'è pure il primo.
Significato simbolico dei tre giorni della Passione.
14. 24. Ora considera attentamente i tre giorni santi della crocifissione, della sepoltura e della risurrezione del Signore. Di questi tre misteri compiamo nella vita presente ciò di cui è simbolo la croce, mentre compiamo per mezzo della fede e della speranza ciò di cui è simbolo la sepoltura e la risurrezione. Adesso infatti vien detto all'uomo: Prendi la tua croce e seguimi 75. La carne vien crocifissa quando vengono fatte morire le nostre membra terrene, la fornicazione, l'impurità, la lussuria, l'avarizia 76 e tutte le altre passioni di tal fatta, delle quali l'Apostolo dice: Se infatti vivrete secondo la carne morrete; se invece mediante lo spirito farete morire le opere del corpo, vivrete 77. Perciò di se stesso dice: Il mondo è crocifisso per me com'io per il mondo 78. E, in un altro passo: Ben sapendo - dice - che il nostro uomo vecchio fu crocifisso con lui affinché fosse distrutto il corpo del peccato sicché non siamo più schiavi del peccato 79. Tutto il tempo dunque in cui le nostre opere fanno sì che sia distrutto il corpo del peccato, tutto il tempo in cui si corrompe l'uomo esterno, perché si rinnovi di giorno in giorno quello interiore, è il tempo della croce.
Le quattro dimensioni della Croce secondo la condizione mortale.
14. 25. Queste opere sono pure certamente buone ma ancora penose, il cui premio è il riposo. Sta scritto però: Siate pieni di gioia nella speranza 80, affinché noi sorretti dal pensiero del riposo futuro affrontiamo con gioia i travagli provenienti dalle nostre opere. Di questa gioia è simbolo l'allargarsi della croce nel legno trasversale su cui vengono confitte le mani, nelle quali sappiamo che sono simboleggiate le opere buone, come nella larghezza è figurata la gioia di chi compie le opere buone poiché la tristezza è causa di angustie; la parte più alta invece, sulla quale si pone la testa, simboleggia la ricompensa che si aspetta dall'altissima giustizia di Dio, il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere, cioè la vita eterna a quelli i quali con la costanza nel fare il bene ricercano la gloria, l'onore e l'immortalità 81. Perciò anche la parte più lunga, su cui viene disteso tutto il corpo, è simbolo della tolleranza, per cui sono chiamati longanimi quelli che sopportano. La parte invece più profonda, conficcata nella terra, simboleggia il mistero della realtà religiosa. Ricorderai infatti, se non m'inganno, le parole dell'Apostolo, che potrei usare a proposito di quello significato della croce nel passo ove dice: Radicati e fondati nella carità affinché siate capaci di comprendere con tutti i santi quale sia la larghezza, la lunghezza, l'altezza e la profondità 82. Le cose poi che non vediamo né possediamo ma che compiamo con la fede e la speranza, sono state simboleggiate negli altri due giorni. Poiché le cose che facciamo adesso, come inchiodati coi chiodi dei comandamenti nel timore di Dio, com'è scritto: Inchioda col tuo timore le mie carni 83, sono considerate come necessarie ma non da desiderarsi e bramarsi per se stesse. Ecco perché l'Apostolo dice che è assai meglio il suo desiderio di sciogliersi dal corpo ed essere con Cristo; ma il rimanere in vita è necessario - egli dice - per il vostro bene 84. La frase dunque essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo indica l'inizio del riposo che non è interrotto, ma reso glorioso dalla risurrezione, che ora è creduta fermamente per mezzo della fede e perciò il giusto vive per mezzo della fede 85. Ignorate forse - dice - che quanti siamo stati battezzati in Gesù Cristo siamo stati immersi come nella morte di lui? Siamo stati dunque sepolti con lui nell'immersione come per la morte 86. E come, se non mediante la fede? Ciò infatti non ha avuto compimento in noi, che ancora gemiamo nell'anima mentre aspettiamo l'adozione, la redenzione del nostro corpo. Nella speranza infatti siamo salvati. Ma la speranza di ciò che si vede non è speranza. Poiché ciò che si vede, perché anche lo si spera? Se invece si spera ciò che non si vede, si aspetta con la pazienza 87.
La felicità solo dopo questa vita.
14. 26. Tieni a mente quanto spesso ti ricordo questa massima: non dobbiamo credere di diventare felici fin d'ora in questa vita e liberi da tutte le difficoltà; evitiamo tale falsa persuasione affinché, quando siamo nelle strettezze temporali, non mormoriamo sacrilegamente contro Dio, come se non volesse concederci ciò che ci ha promesso. Ci ha promesso, è vero, anche le cose necessarie a questa vita, ma altro è il sollievo degli infelici, altro la gioia dei beati. O Signore - dice il Salmista - in seguito alle molte afflizioni del mio cuore, le tue consolazioni mi deliziarono l'anima 88. Non mormoriamo dunque nelle difficoltà per non perdere l'effusione di gioia, di cui si dice: Siate pieni di gioia nella speranza, a cui segue: pazienti nell'afflizione 89. La vita nuova s'incomincia dunque nella fede, si svolge nella speranza ma raggiungerà la sua perfezione solo quando la morte sarà assorbita nella vittoria 90, quando sarà distrutto l'ultimo nemico, la morte 91, quando saremo trasformati e diventati come angeli. Tutti infatti - dice - risorgeremo, ma non tutti saremo trasformati 92. Il Signore pure dice: Saranno uguali agli Angeli di Dio 93. Poiché adesso siamo stati afferrati da Dio nel timore mediante la fede, allora invece arriveremo ad afferrare la meta nella carità mediante la visione diretta. Poiché fin quando siamo nel corpo, siamo esuli lontani dal Signore, poiché camminiamo nella fede e non nella visione diretta 94. Lo stesso Apostolo che dice: per afferrare come sono stato afferrato, confessa apertamente di non aver raggiunto la perfezione. Fratelli - egli dice - non credo d'aver raggiunto la meta 95. Ma perché la stessa speranza è per noi sicura in base alla promessa della Verità, l'Apostolo dopo aver detto: Siamo stati quindi sepolti con lui mediante l'immersione per la morte, prosegue dicendo: affinché allo stesso modo che Cristo risorse dai morti per la gloria del Padre; così anche noi camminiamo in una vita nuova 96. Camminiamo dunque nella realtà delle fatiche, ma pure nella speranza del riposo, nella carne della realtà vecchia ma pure nella speranza della realtà nuova. Dice infatti: Il corpo è morto bensì per causa del peccato, ma lo spirito è vivo in virtù della giustizia. Orbene, se lo Spirito di Colui, che risuscitò Gesù Cristo dai morti, abita in voi, vivificherà pure i vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito abitante in voi 97.
Il mistero della Pasqua.
15. 27. Queste realtà spirituali vengono celebrate durante la ricorrenza anniversaria della Pasqua (naturalmente in un grande mistero di significato simbolico, come già tu comprendi) in base all'autorità delle Sacre Scritture e per consenso della Chiesa universale sparsa per tutto il mondo. Nelle Sacre Scritture dell'Antico Testamento non è prescritto il tempo per la celebrazione della Pasqua se non nel mese delle nuove spighe dalla decima quarta alla ventesima prima luna; ma poiché dal Vangelo risulta chiaro in quali giorni il Signore fu crocifisso e rimase nel sepolcro e risorse, dai concili dei Padri fu aggiunta pure l'osservanza di quei giorni e tutto il mondo cristiano si persuase che la Pasqua deve essere celebrata in quel modo.
Digiuno quaresimale e simbolismo del numero quaranta.
15. 28. L'origine del digiuno della Quaresima si trova non solo nella Sacra Scrittura del Vecchio Testamento, per l'esempio di Mosè 98 e di Elia 99, ma anche nel Vangelo, poiché il Signore digiunò altrettanti giorni 100 dimostrando così che il Vangelo non è in contrasto con la Legge e i Profeti. Poiché in Mosè è personificata la Legge, in Elia sono personificata i Profeti, tra i quali Cristo apparve glorioso sul monte 101, affinché fosse più evidente ciò che di lui afferma l'Apostolo: avendo la testimonianza della Legge e dei Profeti 102. In qual parte dell'anno dunque si sarebbe potuto stabilire più convenientemente la pratica della Quaresima se non in quella contigua e vicina alla Domenica della Passione? Poiché essa è figura di questa vita travagliosa, alla quale è necessaria la continenza per tenersi lontano dall'amicizia del mondo, la quale non cessa naturalmente di farci false carezze, di spargere attorno a noi e vantare le sue false attrattive. La presente vita poi è raffigurata - a mio parere - dal numero quaranta. Mi spiego: nel numero dieci è la perfezione della nostra felicità; essa è raffigurata pure nel numero otto, perché esso si riconduce al primo, come pure nel numero quaranta, poiché la creatura ch'è raffìgurata dal numero sette s'unisce al Creatore, in cui si mostra chiaramente l'unità della Trinità. Ripeto: il numero dieci è stato annunciato per questa vita in tutto il mondo, poiché esso è pure diviso nei quattro punti cardinali ed è formato dai quattro elementi e cambia secondo le quattro stagioni. Ora, dieci per quattro fa quaranta; se poi il numero quaranta si conta nelle sue parti e si aggiunge il numero dieci, si ha cinquanta come la ricompensa della fatica e della continenza. Non per nulla lo stesso Signore visse su questa terra e in questa terra con i Discepoli per quaranta giorni dopo la risurrezione e dieci giorni dopo la sua ascensione al cielo mandò lo Spirito Santo promesso, quando arrivò il giorno della Pentecoste. Questo cinquantesimo giorno contiene un altro significato simbolico, poiché sette per sette fa quarantanove e poiché si ritorna all'inizio che è l'ottavo, identico al primo, si ha il risultato di cinquanta giorni che si celebrano dopo la risurrezione del Signore, non più nella figura simbolica della fatica, ma del riposo e della gioia. Per questo motivo vengono interrotti i digiuni e preghiamo stando in piedi, il che è simbolo della risurrezione. Per questo motivo quest'usanza viene osservata all'altare anche tutte le domeniche e si canta l'alleluia, che significa che la nostra azione futura non è se non lodare Dio, come sta scritto: Beati coloro che abitano nella tua casa, o Signore; essi ti loderanno per tutti i secoli 102bis.
Armonia dei due Testamenti.
16. 29. Ma i cinquanta giorni sono messi in risalto anche nella S. Scrittura e non solo nel Vangelo per il fatto che allora discese lo Spirito Santo, ma anche nei Libri del Vecchio Testamento. Poiché anche allora, dopo la celebrazione della Pasqua compiuta con l'uccisione dell'agnello, si contano cinquanta giorni fino al giorno in cui sul monte Sinai fu data la Legge, scritta col dito di Dio, al servo di Dio Mosè. Orbene, nel Vangelo si mostra chiaramente che il dito di Dio significa lo Spirito Santo. Infatti lo stesso fatto espresso da un Evangelista con le parole: Mediante il dito di Dio scaccio i demoni 103, un altro lo esprime così: Io scaccio i demoni mediante lo Spirito di Dio 104. Chi non preferirebbe a tutti gl'imperi di questo mondo, anche se ridotti in pace con straordinaria fortuna, la gioia che procurano i divini misteri quando rifulgono ai nostri occhi alla luce della pura ed esatta dottrina (17-b)? Non è forse vero che, al modo che i due Serafini innalzano lodi all'Altissimo in un perfetto accordo di voci mentre rispondono l'uno all'altro: Santo, Santo, Santo è il Signore degli eserciti 105, così i due Testamenti ripetono la santa verità con pieno accordo? Viene ucciso l'agnello, viene celebrata la Pasqua e dopo cinquanta giorni viene data la Legge del timore scritta col dito di Dio 106; viene ucciso il Cristo, il quale si lasciò condurre ad essere immolato come una pecora 107, secondo quanto afferma il profeta Isaia; viene celebrata la vera Pasqua e dopo cinquanta giorni viene dato lo Spirito d'amore, ch'è il dito di Dio contrario alle persone egoiste, le quali perciò portano un giogo aspro e un fardello pesante ma non trovano riposo per le loro anime, poiché la carità non cerca il proprio tornaconto 108. Ecco perché l'animosità degli eretici è sempre senza pace; a proposito di essi l'Apostolo afferma che i loro sforzi sono simili a quelli dei maghi del Faraone: Come infatti Iamnes e Mambres si opposero a Mosè, costoro si oppongono alla verità, come persone dalla mente corrotta, reprobe riguardo alla fede; ma non approderanno a nulla, poiché la loro stoltezza sarà nota a tutti, come lo fu la stoltezza di quelli 108bis. Poiché la corruzione della loro mente li riempì di turbamento e li fece fallire al terzo prodigio, dovendo così ammettere ch'era loro contrario lo Spirito Santo, ch'era invece in Mosè. Infatti, mentr'erano sconfitti, esclamarono: Qui è il dito di Dio 109! E come lo Spirito Santo quando è benevolo e placato concede pace ai miti ed umili di cuore, così quando è contrario e ostile tormenta con l'inquietudine i violenti e i superbi. Simbolo di tale inquietudine erano le zanzare, oppressi dalle quali i maghi del Faraone persero il loro potere, e confessarono: Qui c'è il dito di Dio!
La Pasqua ebraica.
16. 30. Leggi l'Esodo e considera quanti giorni dopo la celebrazione della Pasqua fu data la Legge. Dio parla a Mosè nel deserto del Sinai il terzo giorno del terzo mese. Osserva dunque il primo giorno dopo l'inizio del terzo mese e considera cosa dica tra l'altro: Discendi - dice - rendi testimonianza al popolo e purificali oggi e domani, lavino i loro vestiti e siano pronti per il terzo giorno. Poiché il terzo giorno il Signore discenderà dal monte Sinai al cospetto di tutto il popolo 110. Fu allora dunque che venne data la Legge, cioè il terzo giorno del terzo mese. Conta pertanto dal giorno quattordici del primo mese, in cui fu celebrata la Pasqua, fino al terzo giorno del terzo mese e avrai diciassette giorni del primo mese, trenta del secondo mese e tre del terzo, che dànno il totale di cinquanta. La Legge dentro l'arca significa la santificazione del corpo del Signore, mediante la cui risurrezione ci è promesso il riposo futuro, per conseguire il quale ci viene ispirata la carità dallo Spirito Santo. Ma lo Spirito ancora non era stato largito, perché Gesù non era stato ancora glorificato 111. Per questo stesso motivo fu proclamata dal Salmista la profezia: Sorgi, o Signore, per entrare nel tuo riposo, tu e l'arca della tua santificazione 112. Per questo abbiamo ricevuto fin d'ora il pegno per amarlo e desiderarlo. Tutti poi sono chiamati nel nome dei Padre e del Figlio e dello Spirito Santo 113 al riposo dell'altra vita, alla quale si giunge passando da questa vita, passaggio simboleggiato dalla Pasqua.
Simbolismo dei numeri.
17. 31. Per questo motivo il numero cinquanta moltiplicato per tre con l'aggiunta del numero tre, per meglio esprimere l'eccellenza del simbolo, si trova pure in quei grossi pesci che già il Signore ordinò di trarre su dal lato destro della barca dopo la risurrezione, per dimostrare la nuova vita; e le reti non si ruppero 113bis, per indicare che allora non ci sarà più inquietudine da parte degli eretici. Allora l'uomo perfetto e quieto, purificato nell'anima e nel corpo dalle parole di Dio caste come l'argento della terra purificato col fuoco, purgato sette volte dalle scorie 114, riceverà per ricompensa un danaro 115 affinché facciano diciassette. Poiché pure in questo numero, come in altri che forniscono mutevoli simbolismi, si trova un meraviglioso significato simbolico. Né senza un motivo nel Libro dei Re si legge intero il solo salmo decimosettimo 116 poiché è simbolo di quel regno in cui non avremo l'avversario. Esso infatti è intitolato: Nel giorno in cui Dio liberò David dalle mani di tutti i suoi nemici e dalla mano di Saul 117. Chi difatti è rappresentato allegoricamente in David, se non Colui il quale, venuto sulla terra come vero uomo discendente dalla stirpe di David 118, è veramente sottoposto ancora alle sofferenze da parte dei nemici nel suo Corpo, ch'è la Chiesa? Perciò al suo persecutore, da lui abbattuto con la parola e in certo qual modo assorbito e inserito nel suo Corpo mistico, fece sentire dal cielo questo rimprovero: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 119 Quando mai poi il suo Corpo sarà strappato dalle mani dì tutti i suoi nemici, se non quando sarà distrutta l'ultima nemica, cioè la morte 120? A questo tempo appartiene il numero dei centocinquantatre pesci. Infatti il numero diciassette elevato al quadrato di tre fa la somma di centocinquantatre. Contando da uno a diciassette, addizionando tutti i numeri intermedi, otterrai la somma suddetta; cioè a uno aggiungerai due e otterrai tre; a tre aggiungerai tre e fa sei; aggiungi quattro, fa dieci; aggiungi cinque e fa quindici; aggiungi sei, fa ventuno; di questo passo aggiungi tutti gli altri oltre a diciassette e fa centocinquantatre.
Il canto dell'alleluia.
17. 32. Quanto ti ho detto sul tempo della Pasqua e della Pentecoste ha fondamento saldissimo nella S. Scrittura, mentre la pratica dei quaranta giorni di digiuno della Pasqua è stabilita dalla concorde tradizione della Chiesa, come pure l'usanza che gli otto giorni dei neofiti fossero celebrati in modo distinto da tutti gli altri, cioè in modo che l'ottavo corrispondesse al primo quanto alla solennità. Riguardo invece al cantare l'Alleluia durante quei soli cinquanta giorni nella Chiesa non è osservato dappertutto, poiché vi sono luoghi ove lo si canta pure in altri tempi e ciò varia secondo le diverse usanze dei luoghi, ma dappertutto lo si canta in quegli stessi cinquanta giorni. Quanto poi all'usanza di pregare in piedi durante quei cinquanta giorni e in tutte le domeniche ignoro se è una pratica universale. Ti ho comunque spiegato per quanto ho potuto (e credo abbastanza chiaramente) quel che la Chiesa pratica a tal proposito.
La lavanda dei piedi.
18. 33. Riguardo alla lavanda dei piedi, essa fu raccomandata dal Signore in quanto simbolo dell'umiltà, ch'era venuto a insegnare, com'egli stesso subito dopo spiegò; a proposito di essa è stato da te chiesto qual'è il tempo più conveniente per insegnare una sì gran virtù pure con l'azione. A mio avviso è l'epoca della Pasqua in cui il suo pregio potrebbe esser messo in risalto con più devozione. Ma perché non sembrasse che il rito facesse parte del sacramento del battesimo, molti non lo vollero accogliere nella pratica ordinaria. Alcuni anzi non si peritarono di sopprimerne l'usanza. Alcuni invece scelsero o il terzo giorno dell'ottava (dato che il numero tre ha un significato simbolico più alto in molti riti sacri) o la stessa ottava, per dargli un rilievo più conforme al mistero e distinguerlo dal sacramento del battesimo.
Varie consuetudini e canto ecclesiastico.
18. 34. Non comprendo perché mi hai chiesto di scriverti qualche considerazione a proposito delle usanze praticate nei diversi luoghi; poiché non solo non è necessario saperlo, ma la sola e saluberrima regola da osservarsi riguardo ad esse è che non solo non dobbiamo riprovare quelle che non sono contrarie alla fede né ai buoni costumi, anzi hanno la capacità d'esortare ad una vita più santa dovunque le vediamo stabilirsi o sappiamo già stabilite, ma dobbiamo pure lodarle e imitarle qualora non s'opponga la debolezza di alcuni, per evitare cioè un male maggiore. Se invece tale debolezza non impedisce che si possano sperare, per quelli che le desiderano, vantaggi maggiori dei danni che si possano temere da parte di coloro che le potrebbero biasimare senza giusto motivo, occorre senz'altro fare soprattutto ciò che può esser difeso mediante l'autorità delle Sacre Scritture, come l'uso di cantare inni e salmi, il canto dei quali ci è raccomandato dal precetto dello stesso Signore e degli Apostoli. A proposito di quest'ultima usanza, tanto utile per commuovere l'animo alla devozione e infiammare il cuore d'amore verso Dio, si riscontra una gran varietà: molti membri della Chiesa in Africa sono piuttosto freddi ed apatici, per cui i Donatisti ci rimproverano che in chiesa noi siamo troppo sobri nel cantare i divini cantici dei Profeti, mentre essi non si attengono ad alcuna sobrietà nel cantare salmi composti dall'ingegno umano e dai quali si sentono eccitati come allo squillo delle trombe. Inoltre, quando i fratelli si radunano nell'assemblea ecclesiale, le lodi sacre non devono cantarsi solo quando si fa la lettura e l'omelia relativa, oppure quando il vescovo recita preghiere ad alta voce o viene indetta la preghiera dell'assemblea dalla viva voce del diacono.
Quali sono le consuetudini da abolire.
19. 35. Negli altri intervalli di tempo non vedo assolutamente che cosa di meglio o di più utile, di più santo possa farsi dai Cristiani riuniti nell'assemblea ecclesiale. Quanto poi alle altre pratiche, le quali vengono introdotte fuori delle consuetudini e che si prescrivono da rispettare come riti sacri, io non posso approvarle, sebbene non mi arrischi a riprovare troppo apertamente molte di simili usanze, al fine di evitare lo scandalo di alcune persone devote o turbolente. Quel che però maggiormente m'addolora è il fatto che sono trascurate molte cose saluberrime prescritte dalla S. Scrittura, mentre in ogni cosa regna un tal caos di pregiudizi e di prevenzioni, che si rimprovera più aspramente un neofita che durante l'ottava di Pasqua abbia toccato la terra a piedi nudi, che uno il quale abbia affogato la mente nell'ubriachezza. Penso quindi che senza alcun dubbio debbano sopprimersi, qualora se ne abbia la possibilità, tutte siffatte usanze che non si fondano sull'autorità delle Sacre Scritture, né si trovano stabilite in sinodi episcopali, né sono state confermate o corroborate dalla consuetudine della Chiesa universale, ma presentano diversità sì innumerevoli secondo i diversi sentimenti dei differenti luoghi, che è difficile o del tutto impossibile trovare le cause per cui furono istituite. Sebbene infatti non si possa sapere in qual modo tali pratiche siano contrarie alla fede, esse tuttavia opprimono la religione come una cappa di schiavitù, mentre la misericordia di Dio la volle esente da altri vincoli che non fossero i pochissimi e ben determinati sacramenti che si celebrano nella Chiesa. In caso contrario sarebbe assai più tollerabile la condizione dei Giudei, i quali, sebbene non abbiano conosciuto il tempo della libertà, sono tuttavia soggetti solo alle imposizioni della Legge e non ai preconcetti umani! Ora, la Chiesa di Dio, la quale si trova a vivere tra molta paglia e molta zizzania 121, tollera molte storture, pur non approvando né tacendo né praticando le usanze contrarie alla fede e all'onestà.
Tutto è puro per i puri.
20. 36. Mi hai pure scritto che alcuni fratelli si astengono dal mangiare le carni, ritenendole immonde; ciò è evidentemente contrario alla fede e alla retta dottrina. Se dunque io volessi discutere più a lungo su questo soggetto, qualcuno potrebbe pensare che l'apostolo Paolo abbia dato delle norme poco o non troppo chiare a questo riguardo; egli al contrario, tra le molte altre cose che dice su questa materia, detesta talmente l'empia opinione degli eretici, da dire: Lo Spirito poi dice chiaramente che negli ultimi tempi alcuni apostateranno dalla fede aderendo a spiriti ingannatori e a dottrine diaboliche [insegnate] da impostori pieni d'ipocrisia, che hanno la coscienza indurita, che vietano il matrimonio e l'uso di certi cibi creati da Dio per esser presi con rendimento di grazie dai fedeli e da tutti coloro che hanno conosciuto la verità; poiché ogni cosa creata da Dio è buona e nulla è da rigettarsi quando se ne usa con rendimento di grazie, perché viene santificato dalla parola di Dio e dalla preghiera 122. L'Apostolo inoltre così parla di queste cose in un altro passo: Tutto è puro per i puri; per i corrotti e per gl'increduli invece nulla è puro, avendo contaminata l'intelligenza e la coscienza 123. Leggi da te stesso tutto il resto che segue e ricordalo pure a tutti quelli che puoi, affinché non rendano in se stessi inutile la grazia di Dio, poiché sono stati chiamati alla libertà, ma non devono prendere la libertà come pretesto per assecondare gli istinti carnali 124 e non devono perciò rifiutare di astenersi dal mangiare alcuni cibi per tenere a freno la concupiscenza carnale, sotto il pretesto che non è loro permesso di agire in modo superstizioso e proprio degli infedeli.
Sortilegi tratti dal Vangelo.
20. 37. Riguardo poi a coloro che leggono le sorti nelle pagine del Vangelo, sebbene ciò sia preferibile al fatto di correre a consultare i demoni, tuttavia non approvo neppure questa usanza di voler far servire agli affari temporali e alla vanità di questa vita le parole divine proferite per la vita futura.
La carità, pienezza della legge.
21. 38. Se non reputerai queste mie risposte soddisfacenti ai tuoi quesiti, non conosci sufficientemente le mie forze e le mie occupazioni. Io infatti sono così lontano dal reputare, come tu hai creduto, che nulla mi sia ignoto, che non ho letto nella tua lettera nulla di più doloroso perché ciò è palesemente falso. Mi meraviglio anzi che tu ignori che io non solo ignoro molte altre cose riguardo ad altri innumerevoli argomenti, ma che pure nel campo delle Sacre Scritture ignori più cose di quanto io ne sappia. Ma proprio per questo nutro una non vana speranza nel nome di Cristo; poiché non solo credo al mio Dio che tutta la Legge e i Profeti sono compendiati nei due precetti della carità 125 ma ho esperimentato e lo esperimento ogni giorno, dal momento che non c'è mistero o espressione per quanto oscura della S. Scrittura, da me spiegato, nel quale non trovo i medesimi due precetti. Scopo infatti della prescrizione è la carità derivante da un cuore puro, da una coscienza retta e da una fede sincera 126; e compimento della Legge è l'amore 127.
Scienza e carità.
21. 39. Tu quindi, carissimo, leggi e impara queste cose ed altre simili ma sempre ricordandoti il verissimo detto che la scienza gonfia, la carità edifica 128. La carità invece non è gelosa né si gonfia d'orgoglio 129. Sèrviti dunque della scienza come d'una macchina per innalzare l'edificio della carità che rimane in eterno anche quando la scienza sarà distrutta 130. La scienza è molto utile se serve solo allo scopo della carità, mentre per sè stessa, priva di questo scopo, è provato ch'è non solo superflua ma pure dannosa. So però fino a che punto la santa riflessione ti custodisca al riparo delle ali 131 del Signore Dio nostro. Tuttavia ho voluto richiamare alla tua memoria questi pensieri per quanto brevi poiché conosco che la tua stessa carità, che non è gelosa, darà e leggerà a molti questa lettera.
1 - Rm 4, 25.
2 - Gv 5, 24.
3 - Gv 13, 1.
4 - Gal 5, 6.
5 - Ab 2, 4.
6 - Rm 8, 24.
7 - 2 Tm 2, 12; Rm 6, 4.
8 - Rm 6, 6.
9 - Ef 2, 6.
10 - Col 3, 1 2.
11 - Col 3, 3.
12 - 1 Cor 15, 53.
13 - Rm 8, 23.
14 - Rm 8, 10 s.
15 - Col 1, 18.
16 - Rm 6, 8; Col 2, 20; 2 Tm 2, 11.
17 - 2 Tm 2, 17.
18 - Rm 8, 23 24.
19 - Rm 12, 12.
20 - 2 Cor 4, 16.
21 - Col 3, 9 s.
22 - 1 Cor 5, 7.
23 - Es 23, 15.
24 - Ger 9, 23.
25 - Sap 13, 9.
26 - Sir 27, 12.
27 - Ml 3, 20 (= Vulg. 4, 2).
28 - Sap 5, 6.
29 - Mt 5, 45.
30 - Cf. Col 3, 3.
30bis - Sir 10, 9.
31 - Fil 3, 19.
32 - Sal 9, 24 (= 10, 3).
33 - Sap 5, 3 s.
34 - Ap 1, 4.
35 - Sal 10, 3 sec. LXX.
36 - Col 3, 4.
37 - Sal 88, 38.
38 - Sal 71, 7.
39 - 1 Cor 15, 26 53 s.
40 - Gs 6, 16 20.
41 - Rm 1, 25.
42 - Gv 1, 29.
43 - Ez 43, 19.
44 - Ap 5, 5.
45 - 1 Cor 10, 4; Mt 21, 42.
46 - 1 Pt 3, 4.
47 - Mt 10, 16.
48 - Gal 4, 11.
49 - Gn 1, 14.
50 - Gal 4, 4.
51 - Gv 10, 18.
52 - Gv 2, 4.
53 - Lc 15, 22 s.
54 - Gn 2, 2 s.
55 - Gn 2, 3.
56 - 1 Pt 5, 5; Gc 4, 6.
57 - Sal 36, 4.
58 - Rm 5, 5.
59 - Fil 2, 13.
60 - Gn 1, 31; 2, 2.
61 - Mt 22, 40.
62 - Rm 8, 20.
63 - Gv 1, 3.
64 - Es 20, 7; Dt 5, 11.
65 - Rm 5, 5.
66 - Gn 2, 3.
67 - Rm 8, 24.
68 - Sal 45, 11.
69 - Mt 11, 28 s.
69bis - Es 20, 1-17; Dt 5, 6 21.
70 - 1 Cor 15, 53.
71 - Sal 6, 11.
72 - Gn 17, 12.
73 - Qo 11, 2.
74 - Rm 6, 9.
75 - Mt 16, 24.
76 - Col 3, 5.
77 - Rm 8, 13.
78 - Gal 6, 14.
79 - Rm 6, 6.
80 - Rm 12, 12.
81 - Rm 2, 6 s.
82 - Ef 3, 17 s.
83 - Sal 118, 120.
84 - Fil 1, 23 s.
85 - Ab 2, 4.
86 - Rm 6, 3.
87 - Rm 8, 24 s.
88 - Sal 93, 19.
89 - Rm 12, 12.
90 - 1 Cor 15, 54.
91 - 1 Cor 15, 26.
92 - 1 Cor 15, 51.
93 - Lc 20, 36.
94 - 2 Cor 5, 6.
95 - Fil 3, 12 s.
96 - Rm 6, 4.
97 - Rm 8, 10 s.
98 - Es 34, 29.
99 - 1 Re 19, 8.
100 - Mt 4, 2.
101 - Mt 17, 1-13; Mc 9, 2-13; Lc 9, 28-36.
102 - Sal 83, 5.
102bis - Sal 83, 5.
103 - Lc 11, 20.
104 - Mt 12, 28.
105 - Is 6, 3.
106 - Es 31, 18.
107 - Is 53, 7.
108 - 1 Cor 13, 5.
108bis - 2 Tm 3, 8 s.
109 - Es 8, 19.
110 - Es 19, 20.
111 - Gv 7, 39.
112 - Sal 131, 8.
113 - Mt 28, 19.
113bis - Gv 21, 6-11.
114 - Sal 11, 7.
115 - Cf. Mt 20, 2 9-10 13.
116 - 2 Sam 22, 2-51.
117 - 2 Sam 22, 1.
118 - Rm 1, 3.
119 - At 9, 4.
120 - 1 Cor 15, 26.
121 - Mt 13, 24-30.
122 - 1 Tm 4, 1-5.
123 - Tt 1, 15.
124 - Gal 5, 13.
125 - Mt 21, 40; Mc 12, 28-33.
126 - 1 Tm 1, 5.
127 - Rm 13, 10.
128 - 1 Cor 8, 1.
129 - 1 Cor 13, 4.
130 - 1 Cor 13, 8.
131 - Sal 16, 8; 56, 2.
23 - Le occupazioni che la vergine Madre svolgeva in assenza del suo Figlio santissimo.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca965. I sensi della Madre, quando il Redentore del mondo si separò da lei, restarono come eclissati e in un'ombra oscura, essendo venuto meno il Sole di giustizia, che li illuminava e riempiva di gaudio. Tuttavia la vista interiore della sua anima non perse neppure un solo grado della luce soprannaturale che la rischiarava tutta e la sollevava al di sopra del più alto amore dei più accesi serafini. E poiché l'impiego principale delle sue facoltà, nella lontananza dell'umanità santissima del Figlio, doveva essere unicamente rivolto all'oggetto incomparabile della divinità, ella dispose tutte le sue occupazioni in modo da poter attendere, nell'intimità della sua casa e senza comunicare con l'esterno, all'adorazione e alle lodi del Signore, e darsi tutta a questo esercizio e alla preghiera. Così fece al fine di ottenere che l'insegnamento e il seme della parola, che il Maestro doveva seminare nel cuore degli uomini, non rimanesse sterile per la durezza della loro ingratitudine, ma desse copioso frutto di salvezza e di vita eterna. Ben conoscendo gli intenti per i quali egli era partito, si impose di non conversare con alcuna creatura, per imitarlo nel digiuno e nel ritiro del deserto, perché fu in tutto un vivo ritratto delle azioni da lui compiute anche in sua assenza, così come lo era stata quando egli era presente.
966. In tali esercizi si tenne occupata nella solitudine della sua abitazione. Le sue orazioni erano così fervorose che spargeva lacrime di sangue piangendo le colpe di tutti, e faceva genuflessioni e prostrazioni più di duecento volte al giorno. Ebbe molto cara questa pratica, che continuò per tutta la sua esistenza terrena in segno della sua umiltà, carità, riverenza e del suo culto incomparabile; di esso parlerò molte volte nel corso di questa Storia. Tali consuetudini le permisero di divenire ausiliatrice e collaboratrice nell'opera della redenzione, e furono così potenti ed efficaci presso il Padre che, per i suoi meriti e per il fatto che ella si trovava nel mondo, egli - a nostro modo di intendere - si dimenticò dei peccati di tutti i mortali, che ancora non erano degni della predicazione e dell'insegnamento del suo Unigenito. Maria tolse questo impedimento con le sue implorazioni e il suo ardore: fu la mediatrice che ci ottenne che avessimo come guida Gesù e che ricevessimo la legge del Vangelo dalla sua stessa bocca.
967. Quando la Regina abbandonava l'alto e sovraeminente grado della contemplazione, nel tempo che le rimaneva si intratteneva in colloquio con i suoi angeli, che avevano di nuovo ricevuto da sua Maestà l'ordine di prestarle assistenza in forma visibile sino a quando egli non fosse rientrato, con l'obbligo di servire così il suo tabernacolo, custodendo la città santa della sua dimora; essi obbedivano in tutto, servendola con mirabile e degno ossequio. L'amore, che per sua essenza è molto attivo e stenta a tollerare il distacco e la privazione dell'oggetto che lo attira dietro di sé, non trova maggior conforto che nel discorrere della sua sofferenza e replicarne le giuste cause, rinnovando il ricordo del diletto e riferendone le qualità ed eccellenze. In tal modo si sforza di arginare le sue pene e inganna o distrae il suo dolore, ricorrendo, in luogo dell'originale, alle immagini lasciate nella memoria dall'amato. Così avveniva nell'intimo della Madre; infatti, mentre con tutte le sue facoltà era immersa nell'oceano della Divinità non sentiva la mancanza fisica di Cristo, ma allorché ritornava all'uso dei sensi, che assuefatti a un bene così attraente ora venivano ad esserne privati, speri-
mentava subito la forza struggente dell'amore più acceso, casto e vero che si possa concepire, perché la natura umana non avrebbe potuto sopportare tanto tormento senza che in esso venisse meno la vita, se non fosse stata sorretta dagli aiuti divini.
968. Per dare qualche sollievo alla sua afflizione, la Ver gine si rivolgeva agli esseri celesti e diceva loro: «Ministri diligenti dell'Onnipotente, plasmati dalle sue mani, amici e compagni miei, datemi sue notizie: rivelatemi dove sta e confidategli che muoio per la sua lontananza, perché egli è tutto per me. O dolce tesoro dell'anima mia! Dove si trova ora la vostra bellezza, che per grazia e armonia supera quella di tutti i figli degli uomini? Dove reclinerete il vostro capo? Dove riposerà dalle sue fatiche la vostra delicatissima e santissima umanità? Chi avrà cura di voi, luce dei miei occhi? E come cesseranno le mie lacrime, senza il chiaro Sole che mi illuminava? Dove troverete un po' di riposo? E dove lo troverà questa sola e povera tortorella? In quale porto approderà questa navicella scossa dalle onde dell'amore? Dove troverà tranquillità? O centro dei miei desideri, non è possibile dimenticare la vostra presenza! Come dunque sarà viverla soltanto nella memoria, senza poterne realmente godere? Che farò? Chi mi consolerà e mi farà compagnia in questa amara solitudine? Ma che cosa cerco, e che cosa potrò mai trovare tra le creature, se mi mancate voi, voi che siete l'unico che il mio cuore brami? Spiriti sovrani, ditemi: Che cosa fa il mio Signore? Raccontatemi le sue azioni, e di ciò che vive intimamente non nascondetemi nulla per quanto vi sarà manifesto nello specchio del suo essere divino e del suo volto. Riferitemi tutti i suoi passi, perché io li segua e li ricalchi».
969. Essi la sostenevano nell'affanno dei suoi lamenti, parlandole dell'Altissimo e ripetendole magnifiche lodi del Verbo incarnato e delle sue perfezioni. Con sollecitudine poi la informavano di tutto quello che egli faceva e dei luoghi in cui stava, illuminando il suo intelletto nello stesso modo in cui un angelo superiore illumina l'inferiore; ella infatti conferiva e trattava con loro interiormente secondo tale ordine e modalità spirituale, senza alcun impedimento da parte del corpo e senza l'uso dei sensi. Così le veniva comunicato quando Gesù era raccolto in orazione, quando predicava, quando visitava i poveri e gli ammalati e quando era impegnato in altre attività. Per quanto poteva, Maria lo imitava, fino a compiere opere eccellenti, che almeno in parte alleviavano la sua intensa sofferenza.
970. Talvolta gli inviava i medesimi custodi, perché lo assistessero in suo nome, e diceva loro parole molto prudenti di grande saggezza e riverenza, che essi avrebbero dovuto riferirgli. Soleva anche dar loro un pezzo di tela o un fazzoletto che aveva ricamato con le sue mani, in modo che potessero usarlo per asciugare il suo venerabile viso, qualora l'avessero visto angosciato e sudar sangue mentre pregava; le era noto infatti che egli avrebbe patito più volte questa agonia, e tanto maggiormente quanto più avrebbe dato corso ai misteri della redenzione. Essi in tutte queste cose le obbedivano con incredibile rispetto e timore, perché coscienti del fatto che era volontà superna che la assecondassero. Altre volte, per avviso dei suoi messaggeri o per speciale visione e rivelazione di Dio, ella veniva a conoscere che sua Maestà si ritirava sui monti ad intercedere per i mortali; allora dalla sua casa l'accompagnava in ogni azione, ed elevava suppliche mantenendo la sua stessa posizione e usando le sue stesse espressioni. In alcune occasioni ancora, si prodigava per la sua alimentazione inviandogli del cibo, quando sapeva che non c'era nessuno che gliene desse. Tuttavia ciò accadde poche volte, poiché egli non consentì che sua Madre si comportasse sempre come avrebbe voluto, e così nell'arco dei quaranta giorni in cui digiunò ella non gli mandò nulla.
971. Altre volte poi si dedicava alla composizione di cantici di lode all'Onnipotente, o da sola durante l'orazione o in compagnia degli angeli, alternandosi a loro nella disposizione dei versetti: questi inni erano sublimi per stile e profondissimi per contenuto. Molte erano anche le circostanze in cui, a emulazione di Cristo, attendeva alle necessità del prossimo: visitava gli infermi, consolava i tribolati e gli afflitti, illuminava gli ignoranti e ricolmava tutti di grazie celesti, rendendoli più buoni. Solamente nel periodo in cui il Maestro fece astinenza rimase rinchiusa e isolata senza conversare con alcuno. In tale stato di solitudine e di distacco da qualunque creatura, le sue estasi furono più prolungate e frequenti, e con esse ricevette incomparabili favori dall'Eterno, la cui mano scriveva e dipingeva in lei, come in una tela ben preparata e disposta, mirabili disegni e forme delle sue infinite virtù. Utilizzava tutti questi doni per la salvezza del genere umano e, impegnandosi, rivolgeva ogni sforzo a seguire più perfettamente suo Figlio e ad aiutarlo come coadiutrice nelle opere della redenzione. Sebbene poi questi benefici e questo intimo dialogo non potessero aver luogo senza nuovo e rigenerante giubilo dello Spirito Santo in lei, contemporaneamente avveniva che, nella sensibilità, ella soffrisse a sua imitazione, come aveva desiderato e chiesto. Poiché era insaziabile in questa brama, implorava il Padre con fervente ardore, rinnovando il sacrificio a lui gradito della vita dell'Unigenito e della sua, che per sua stessa volontà aveva offerto. Nel tormentarsi per il suo diletto, l'aspirazione e l'angoscia della sua anima erano incessanti e la infiammavano a tal punto che pativa perché non pativa.
Insegnamento della Regina del cielo
972. Carissima, la sapienza della carne ha reso gli uomini stolti e nemici dell'Altissimo, perché è diabolica, fraudolenta, terrena e non si assoggetta alla legge divina. E quanto più essi si affaticano per comprendere i malvagi fini delle loro passioni carnali e animali e i mezzi per conseguirli, tanto più ignari divengono delle cose del Signore, indispensabili per arrivare al loro vero ed ultimo fine. Questa insipienza nei credenti è più deplorevole e odiosa ai suoi occhi. A qual titolo i figli di questo secolo pretendono di chiamarsi figli di Dio, fratelli di Gesù e suoi eredi? Per quanto è possibile, il figlio adottivo deve essere simile in tutto al figlio naturale; nei fratelli si nota una certa somiglianza; l'erede non è tale per qualunque parte gli tocchi degli averi di suo padre, se cioè non gode del patrimonio e dell'eredità principale. Come dunque saranno eredi con Cristo coloro che amano e cercano soltanto i beni caduchi, e si compiacciono in essi? Come saranno suoi fratelli coloro che tanto si discostano dalle sue caratteristiche e dal suo insegnamento? Come saranno conformi alla sua immagine coloro che la cancellano tante volte e si lasciano così spesso imprimere quella della bestia infernale?
973. Tu, grazie alla luce superna, conosci queste verità e sai quanto io faticai per rendermi somigliante a sua Maestà, ma non pensare che ti abbia dato una cognizione così sublime dei miei atti gratuitamente, perché la mia speranza è che questo ricordo resti inciso nel tuo intimo e sia come un libro sempre aperto innanzi a te: su di esso aggiusta la tua condotta e regola le tue azioni per tutto il tempo del tuo pellegrinaggio, che non può durare molto a lungo. Non ti confondere e non ti impelagare nei rapporti con le creature in modo da ritardare nel seguirmi: lasciale andare, evitale e aborriscile nella misura in cui ti possono essere in ciò di impedimento. Per farti progredire alla mia scuola, io ambisco che tu sia povera, umile, disprezzata, umiliata ed in tutto con viso lieto e animo allegro. Non ti appaghino gli applausi né gli affetti di alcuno e non gradire la benevolenza dei mortali, perché l'Onnipotente non ti vuole per cure così inutili, né per occupazioni così basse ed incompatibili con lo stato al quale ti chiama. Pondera con docile attenzione le dimostrazioni di tenerezza che hai avuto dalla sua mano, e come per arricchirti abbia impiegato i grandi tesori dei suoi doni. Hanno ben chiaro questo Lucifero e i suoi, che sono armati di sdegno e di artifici contro di te, e non lasceranno pietra che non muovano per distruggerti. La guerra più accanita sarà contro la tua anima, dove essi indirizzano tutto il potenziale della loro astuzia e sagacia. Sii attenta e vigilante, chiudi gli accessi ai tuoi sensi e custodisci la tua volontà, impedendole di volgersi a qualunque cosa umana, per buona ed onesta che appaia. Sappi infatti che, se con il tuo amore non colmerai la misura voluta dall'Eterno, per quel poco che lo amerai di meno egli aprirà la porta ai tuoi avversari. Tutto il regno è dentro di te': l'hai nel cuore e lì lo troverai, e con esso ti verrà il beneficio cui aneli. Non dimenticare la mia dottrina, nascondila nella tua cella interiore e medita che è ingente il pericolo e il danno da cui desidero allontanarti. Considera anche che il tentare di ricalcare le mie orme è il maggior bene che tu possa opinare. Ora io mi sento mossa da enorme clemenza a concedertelo, se tu ti disponi a ciò con pensieri elevati, parole sante ed opere perfette, che ti innalzino allo stato in cui l'Altissimo ed io vogliamo collocarti.
Venerdì, 31 agosto - Soffre assai per il dolore al capo, ma gode di patire con Gesù.
Santa Gemma Galgani
Corsi alla mattina a fare la santa comunione, ma non potei parlare
nulla, stetti sempre in silenzio: il dolor del capo me lo impediva. Dio
mio, quanto manco in questa cosa! Gesù per me non risparmiò nulla, ed
io invece per non patire non faccio, se mi riesce, il più piccolo
movimento. Che ne dirai, mio Gesù, di questa svogliatezza e cattiva
volontà? Tutta la mattina non feci che riposarmi. Venne il giorno, e
nessuna fatica provai a volarmene con Gesù: mi levò le spine, mi
dimandò se avessi sofferto tanto. « O mio Gesù », esclamai, «il
soffrire mi comincia ora, poiché tu ti allontani. Ieri e oggi, ho
sempre goduto tanto, perché mi sentivo vicina a te; ma da ora, fino che
tu non ritornerai, sì davvero che sarà soffrire continuo». Mi
raccomandavo: «Vieni, mio Gesù, vieni più spesso: sarò buona, obbedirò
sempre a tutti. Contentami, Gesù». Soffrivo, mentre così parlavo,
perché Gesù a poco a poco mi veniva a mancare.
Infine dopo breve tempo, mi lasciò sola, e di nuovo nel solito
abbandono. Verso sera andai a confessarmi, e il confessore, credendo
che non mi sentissi bene, perché avevo un po' sofferto, mi comandò di
andare a letto, subito che fossi andata in camera, e mi comandò pure di
dormire, senza parlare col mio angelo custode (perché alle volte si
parla ore intere), e che dormissi.
Ci andai al letto, ma non potevo prender sonno, dalla curiosità che
avevo: volevo dimandare all'angelo custode tante cose, e aspettavo che
lui stesso me lo dicesse, ma che! ... Mi disse più volte che dormissi.
Alla fine mi addormentai.