Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

A Maria che presentava al Tempio il figlio Gesù, il vecchio Simeone disse: "E a te una spada trafiggerà  l'anima". Il dolore che la beata Vergine soffrì nella passione del Figlio suo, fu come una spada che trapassò la sua anima. Come dobbiamo partecipare al suo gaudio quando diede alla luce il Figlio nel suo parto verginale, così dobbiamo partecipare alle sue sofferenze durante la passione del Figlio. Quello fu il secondo parto, doloroso e ricolmo di ogni amarezza. Vedeva suo figlio appeso alla croce con i chiodi, in mezzo a due ladroni. Come meravigliarsi se una spada le trapassò l'anima? Considerate e vedete se c'è un dolore simile al suo dolore (cf. Lam 1,12). (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 16° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 4

1Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto2dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.3Allora il diavolo gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, di' a questa pietra che diventi pane".4Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Non di solo pane vivrà l'uomo'".5Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse:6"Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio.7Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo".8Gesù gli rispose: "Sta scritto: 'Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui' solo 'adorerai'".9Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: "Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù;10sta scritto infatti:

'Ai suoi angeli darà ordine per te,perché essi ti custodiscano';

11e anche:

'essi ti sosterranno con le mani,
perché il tuo piede non inciampi in una pietra'".

12Gesù gli rispose: "È stato detto: 'Non tenterai il Signore Dio tuo'".13Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.

14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito Santo e la sua fama si diffuse in tutta la regione.15Insegnava nelle loro sinagoghe e tutti ne facevano grandi lodi.

16Si recò a Nàzaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere.17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:

18'Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l'unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto
messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi',
19'e predicare un anno di grazia del Signore'.

20Poi arrotolò il volume, lo consegnò all'inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui.21Allora cominciò a dire: "Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi".22Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: "Non è il figlio di Giuseppe?".23Ma egli rispose: "Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafàrnao, fàllo anche qui, nella tua patria!".24Poi aggiunse: "Nessun profeta è bene accetto in patria.25Vi dico anche: c'erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese;26ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidone.27C'erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro".28All'udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno;29si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio.30Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

31Poi discese a Cafàrnao, una città della Galilea, e al sabato ammaestrava la gente.32Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.33Nella sinagoga c'era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:34"Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!".35Gesù gli intimò: "Taci, esci da costui!". E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.36Tutti furono presi da paura e si dicevano l'un l'altro: "Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?".37E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

38Uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei.39Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all'istante, la donna cominciò a servirli.

40Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.41Da molti uscivano demòni gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!". Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

42Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.43Egli però disse: "Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato".44E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.


Neemia 7

1Quando le mura furono riedificate e io ebbi messo a posto le porte e i portinai, i cantori e i leviti furono stabiliti nei loro uffici,2diedi il governo di Gerusalemme a Canàni mio fratello e ad Anania comandante della cittadella, perché era un uomo fedele e temeva Dio più di tanti altri.3Ordinai loro: "Le porte di Gerusalemme non si aprano finché il sole non comincia a scaldare e si chiudano e si sbarrino le porte mentre i cittadini sono ancora in piedi; si stabiliscano delle guardie prese fra gli abitanti di Gerusalemme, ognuno al suo turno e ognuno davanti alla propria casa".
4La città era spaziosa e grande; ma dentro vi era poca gente e non si costruivano case.5Il mio Dio mi ispirò di radunare i notabili, i magistrati e il popolo, per farne il censimento.

Trovai il registro genealogico di quelli che erano tornati dall'esilio la prima volta e vi trovai scritto quanto segue:
6Questi sono gli abitanti della provincia che sono tornati dall'esilio: quelli che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportati e che erano tornati in Gerusalemme e in Giudea, ognuno nella sua città.7Essi erano tornati con Zorobabele, Giosuè, Neemia, Azaria, Raamia, Nahamani, Mardocheo, Bilsan, Mispèret, Bigvai, Necum e Baana.
Computo degli uomini del popolo d'Israele:
8Figli di Pareos: duemilacentosettantadue.
9Figli di Sefatia: trecentosettantadue.
10Figli di Arach: seicentocinquantadue.
11Figli di Paat-Moab, cioè i figli di Giosuè e di Ioab: duemilaottocentodiciotto.
12Figli di Elam: milleduecentocinquantaquattro.
13Figli di Zattu: ottocentoquarantacinque.
14Figli di Zaccai: settecentosessanta.
15Figli di Binnui: seicentoquarantotto.
16Figli di Bebai: seicentoventotto.
17Figli di Azgad: duemilatrecentoventidue.
18Figli di Adonikam: seicentosessantasette.
19Figli di Bigvai: duemilasessantasette.
20Figli di Adin: seicentocinquantacinque.
21Figli di Ater, cioè di Ezechia: novantotto.
22Figli di Casum: trecentoventotto.
23Figli di Bezai: trecentoventiquattro.
24Figli di Carif: centododici.
25Figli di Gàbaon: novantacinque.
26Uomini di Betlemme e di Netofa: centottantotto.
27Uomini di Anatòt: centoventotto.
28Uomini di Bet-Azmàvet: quarantadue.
29Uomini di Kiriat-Iearìm, di Chefira e di Beeròt: settecentoquarantatré.
30Uomini di Rama e di Gheba: seicentoventuno.
31Uomini di Micmas: centoventidue.
32Uomini di Betel e di Ai: centoventitré.
33Uomini di un altro Nebo: cinquantadue.
34Figli di un altro Elam: milleduecentocinquantaquattro.
35Figli di Carim: trecentoventi.
36Figli di Gèrico: trecentoquarantacinque.
37Figli di Lod, di Cadid e di Ono: settecentoventuno.
38Figli di Senaà: tremilanovecentotrenta.
39I sacerdoti: figli di Iedaia della casa di Giosuè: novecentosessantatré.
40Figli di Immer: millecinquantadue.
41Figli di Pascur: milleduecentoquarantasette.
42Figli di Carim: millediciassette.
43I leviti: figli di Giosuè, cioè di Kadmiel, di Binnui e di Odevà: settantaquattro.
44I cantori: figli di Asaf: centoquarantotto.
45I portieri: figli di Ater, figli di Talmon, figli di Akkub, figli di Catità, figli di Sobai: centotrentotto.
46Gli oblati: figli di Zica, figli di Casufa,
figli di Tabbaot,47figli di Keros,
figli di Sia, figli di Padon,
48figli di Lebana, figli di Agabà,
figli di Salmai,49figli di Canan,
figli di Ghiddel, figli di Gacar,
50figli di Reaia, figli di Rezin,
figli di Nekoda,51figli di Gazzam,
figli di Uzza, figli di Pasèach,
52figli di Besai, figli dei Meunim, figli dei Nefisesim,
53figli di Bakbuk, figli di Cakufa.
figli di Carcur,54figli di Baslit,
figli di Mechida, figli di Carsa,
55figli di Barkos, figli di Sisara,
figli di Temach,56figli di Neziach,
figli di Catifa.
57Discendenti dei servi di Salomone: figli di Sotai, figli di Sofèret, figli di Perida,58figli di Iaala, figli di Darkon, figli di Ghiddel,59figli di Sefatia, figli di Cattil, figli di Pochéret-Azzebàim, figli di Amòn.
60Totale degli oblati e dei discendenti dei servi di Salomone: trecentonovantadue.
61Ecco quelli che tornarono da Tel-Melach, da Tel-Carsa, da Cherub-Addòn e da Immer e che non avevano potuto stabilire il loro casato per dimostrare che erano della stirpe di Israele:62figli di Delaia, figli di Tobia, figli di Nekoda: seicentoquarantadue.
63Tra i sacerdoti: figli di Cobaia, figli di Akkos, figli di Barzillài, il quale aveva sposato una delle figlie di Barzillài il Galaadita e fu chiamato con il loro nome.64Questi cercarono il loro registro genealogico, ma non lo trovarono e furono quindi esclusi dal sacerdozio;65il governatore ordinò loro di non mangiare cose santissime finché non si presentasse un sacerdote con 'Urim' e 'Tummim'.
66La comunità nel suo totale era di quarantaduemilatrecentosessanta persone,67oltre ai loro schiavi e alle loro schiave in numero di settemilatrecentotrentasette. Avevano anche duecentoquarantacinque cantori e cantanti.68Avevano settecentotrentasei cavalli, duecentoquarantacinque muli,69quattrocentotrentacinque cammelli, seimilasettecentoventi asini.70Alcuni dei capifamiglia offrirono doni per la fabbrica. Il governatore diede al tesoro mille dracme d'oro, cinquanta coppe, cinquecentotrenta vesti sacerdotali.71Alcuni capifamiglia diedero al tesoro della fabbrica ventimila dracme d'oro e duemiladuecento mine d'argento.72Il resto del popolo diede ventimila dracme d'oro, duemila mine d'argento e sessantanove vesti sacerdotali.73aI sacerdoti, i leviti, i portieri, i cantori, alcuni del popolo, gli oblati e tutti gli Israeliti si stabilirono nelle loro città.
73bCome giunse il settimo mese, gli Israeliti erano nelle loro città.


Salmi 74

1'Maskil. Di Asaf.'

O Dio, perché ci respingi per sempre,
perché divampa la tua ira
contro il gregge del tuo pascolo?
2Ricordati del popolo
che ti sei acquistato nei tempi antichi.
Hai riscattato la tribù che è tuo possesso,
il monte Sion, dove hai preso dimora.

3Volgi i tuoi passi a queste rovine eterne:
il nemico ha devastato tutto nel tuo santuario.

4Ruggirono i tuoi avversari nel tuo tempio,
issarono i loro vessilli come insegna.
5Come chi vibra in alto la scure
nel folto di una selva,
6con l'ascia e con la scure
frantumavano le sue porte.

7Hanno dato alle fiamme il tuo santuario,
hanno profanato e demolito la dimora del tuo nome;
8pensavano: "Distruggiamoli tutti";
hanno bruciato tutti i santuari di Dio nel paese.
9Non vediamo più le nostre insegne,
non ci sono più profeti
e tra di noi nessuno sa fino a quando...

10Fino a quando, o Dio, insulterà l'avversario,
il nemico continuerà a disprezzare il tuo nome?
11Perché ritiri la tua mano
e trattieni in seno la destra?
12Eppure Dio è nostro re dai tempi antichi,
ha operato la salvezza nella nostra terra.

13Tu con potenza hai diviso il mare,
hai schiacciato la testa dei draghi sulle acque.
14Al Leviatàn hai spezzato la testa,
lo hai dato in pasto ai mostri marini.
15Fonti e torrenti tu hai fatto scaturire,
hai inaridito fiumi perenni.
16Tuo è il giorno e tua è la notte,
la luna e il sole tu li hai creati.
17Tu hai fissato i confini della terra,
l'estate e l'inverno tu li hai ordinati.

18Ricorda: il nemico ha insultato Dio,
un popolo stolto ha disprezzato il tuo nome.
19Non abbandonare alle fiere la vita di chi ti loda,
non dimenticare mai la vita dei tuoi poveri.
20Sii fedele alla tua alleanza;
gli angoli della terra sono covi di violenza.

21L'umile non torni confuso,
l'afflitto e il povero lodino il tuo nome.
22Sorgi, Dio, difendi la tua causa,
ricorda che lo stolto ti insulta tutto il giorno.
23Non dimenticare lo strepito dei tuoi nemici;
il tumulto dei tuoi avversari cresce senza fine.


Salmi 46

1'Al maestro del coro. Dei figli di Core.'
'Su "Le vergini...". Canto.'

2Dio è per noi rifugio e forza,
aiuto sempre vicino nelle angosce.
3Perciò non temiamo se trema la terra,
se crollano i monti nel fondo del mare.
4Fremano, si gonfino le sue acque,
tremino i monti per i suoi flutti.

5Un fiume e i suoi ruscelli rallegrano la città di Dio,
la santa dimora dell'Altissimo.
6Dio sta in essa: non potrà vacillare;
la soccorrerà Dio, prima del mattino.
7Fremettero le genti, i regni si scossero;
egli tuonò, si sgretolò la terra.

8Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.
9Venite, vedete le opere del Signore,
egli ha fatto portenti sulla terra.

10Farà cessare le guerre sino ai confini della terra,
romperà gli archi e spezzerà le lance,
brucerà con il fuoco gli scudi.
11Fermatevi e sappiate che io sono Dio,
eccelso tra le genti, eccelso sulla terra.

12Il Signore degli eserciti è con noi,
nostro rifugio è il Dio di Giacobbe.


Geremia 22

1Così dice il Signore: "Scendi nella casa del re di Giuda e là proclama questo messaggio.2Tu dirai: Ascolta la parola del Signore, o re di Giuda che siedi sul trono di Davide, tu, i tuoi ministri e il tuo popolo, che entrano per queste porte.3Dice il Signore: Praticate il diritto e la giustizia, liberate l'oppresso dalle mani dell'oppressore, non fate violenza e non opprimete il forestiero, l'orfano e la vedova, e non spargete sangue innocente in questo luogo.4Se osserverete lealmente quest'ordine, entreranno ancora per le porte di questa casa i re che siederanno sul trono di Davide, montati su carri e cavalli, essi, i loro ministri e il loro popolo.5Ma se non ascolterete queste parole, io lo giuro per me stesso - parola del Signore - questa casa diventerà una rovina.

6Poiché così dice il Signore
riguardo alla casa del re di Giuda:
Come Gàlaad eri per me,
come le vette del Libano;
ma io ti ridurrò a deserto, a città disabitata.
7Io preparerò contro di te i distruttori,
ognuno con le armi.
Essi abbatteranno i migliori dei tuoi cedri,
li getteranno nel fuoco.

8Molte genti passeranno su questa città e si diranno l'un l'altro: Perché il Signore ha trattato così questa grande città?9E risponderanno: Perché essi hanno abbandonato l'alleanza del Signore, loro Dio, hanno adorato altri dèi e li hanno serviti".

10Non piangete sul morto e non fate lamenti per lui,
ma piangete amaramente su chi parte,
perché non tornerà più,
non rivedrà il paese natio.

11Poiché dice il Signore riguardo a Sallùm figlio di Giosia, re di Giuda, che regna al posto di Giosia suo padre: "Chi esce da questo luogo non vi farà più ritorno,12ma morirà nel luogo dove lo condurranno prigioniero e non rivedrà più questo paese".

13Guai a chi costruisce la casa senza giustizia
e il piano di sopra senza equità,
che fa lavorare il suo prossimo per nulla,
senza dargli la paga,
14e dice: "Mi costruirò una casa grande
con spazioso piano di sopra"
e vi apre finestre
e la riveste di tavolati di cedro
e la dipinge di rosso.
15Forse tu agisci da re
perché ostenti passione per il cedro?
Forse tuo padre non mangiava e beveva?
Ma egli praticava il diritto e la giustizia
e tutto andava bene.
16Egli tutelava la causa del povero e del misero
e tutto andava bene;
questo non significa infatti conoscermi?
Oracolo del Signore.
17I tuoi occhi e il tuo cuore,
invece, non badano che al tuo interesse,
a spargere sangue innocente,
a commettere violenza e angherie.

18Per questo così dice il Signore su Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda:

"Non faranno il lamento per lui, dicendo:
Ahi, fratello mio! Ahi, sorella!
Non faranno il lamento per lui, dicendo:
Ahi, signore! Ahi, maestà!
19Sarà sepolto come si seppellisce un asino,
lo trascineranno e lo getteranno
al di là delle porte di Gerusalemme".

20Sali sul Libano e grida
e sul Basàn alza la voce;
grida dagli Abarìm,
perché tutti i tuoi amanti sono abbattuti.
21Ti parlai al tempo della tua tranquilla prosperità,
ma tu dicesti: "Io non voglio ascoltare".
Tale è stata la tua condotta fin dalla giovinezza:
non hai ascoltato la mia voce.
22Tutti i tuoi pastori saranno pascolo del vento
e i tuoi amanti andranno schiavi.
Allora ti dovrai vergognare ed essere confusa,
a causa di tutte le tue iniquità.
23Tu che dimori sul Libano,
che ti sei fatta il nido tra i cedri,
come gemerai quando ti coglieranno le doglie,
dolori come di partoriente!

24"Per la mia vita - oracolo del Signore - anche se Conìa figlio di Ioiakìm, re di Giuda, fosse un anello da sigillo nella mia destra, io me lo strapperei.25Ti metterò nelle mani di chi attenta alla tua vita, nelle mani di coloro che tu temi, nelle mani di Nabucodònosor re di Babilonia e nelle mani dei Caldei.26 Sbalzerò te e tua madre che ti ha generato in un paese dove non siete nati e là morirete.27Ma nel paese in cui brameranno tornare, là non torneranno.28È forse questo Conìa un vaso spregevole, rotto, oppure un vaso che non piace più a nessuno? Perché sono dunque scacciati, egli e la sua discendenza, e gettati in un paese che non conoscono?".
29Terra, terra, terra! Ascolta la parola del Signore!30Dice il Signore: "Registrate quest'uomo come uno senza figli, un uomo che non ha successo nella sua vita, perché nessuno della sua stirpe avrà la fortuna di sedere sul trono di Davide né di regnare ancora su Giuda".


Prima lettera ai Tessalonicesi 4

1Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più.2Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.3Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia,4che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto,5non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio;6che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato.7Dio non ci ha chiamati all'impurità, ma alla santificazione.8Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito.
9Riguardo all'amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri,10e questo voi fate verso tutti i fratelli dell'intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a farlo ancora di più11e a farvi un punto di onore: vivere in pace, attendere alle cose vostre e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato,12al fine di condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e di non aver bisogno di nessuno.

13Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza.14Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui.15Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti.16Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;17quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore.18Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.


Capitolo XXV: Correggere fervorosamente tutta la nostra vita

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1. Che tu sia attento e preciso, nel servire Iddio; ripensa frequentemente alla ragione per la quale sei venuto qui, lasciando il mondo. Non è stato forse per vivere in Dio e farti tutto spirito? Che tu sia, dunque, fervoroso, giacché in breve tempo sarai ripagato dei tuoi sforzi; né avrai più, sul tuo orizzonte, alcun timore e dolore faticherai qui per un poco, e poi troverai una grande pace, anzi, una gioia perpetua. Se sarai costante nella fede e fervoroso nelle opere, Dio, senza dubbio, sarà giusto e generoso nella ricompensa. Che tu mantenga la santa speranza di giungere alla vittoria, anche se non è bene che tu ne abbia alcuna sicurezza, per non cadere in stato di torpore o di presunzione. Una volta, un tale, dibattuto interiormente tra il timore e la speranza, sfinito dal doloro, si prostrò in chiesa davanti ad un altare dicendo tra sé: "Oh! Se sapessi di poter perseverare!". E subito, di dentro, udì una risposta, che veniva da Dio: "Perché, se tu sapessi di poter perseverare, che cosa vorresti fare? Fallo adesso, quello che vorresti fare, e sarai del tutto tranquillo". Allora, rasserenato e confortato, egli si affidò alla volontà di Dio, e cessò in lui quella angosciosa incertezza; egli non volle più cercar di sapere quel che sarebbe stato di lui in futuro, e si diede piuttosto a cercare "quale fosse la volontà del Signore: volontà di bene e di perfezione", (Rm 12, 2) per intraprendere e portare a compimento ogni opera buona. Dice il profeta: "Spera nel Signore e fa il bene; abita la terra e nutriti delle sue ricchezze" (Sal 36,3).  

2. Una sola cosa è quella che distoglie molta gente dal progresso spirituale e dal fervoroso sforzo di correzione: lo sgomento di fronte agli ostacoli e l'asprezza di questa lotta. Invero avanzano nelle virtù coloro che si sforzano di superare virilmente ciò che è per essi più gravoso, e che più li contrasta; giacché proprio là dove più si vince se stessi, mortificandosi nello spirito, più si guadagna, e maggior grazia si ottiene. Certo che non tutti gli uomini hanno pari forze per vincere se stessi e per mortificarsi. Tuttavia, uno che abbia tenacia e buon volere, anche se le sue passioni sono più violente, riuscirà a progredire più di un altro, pur buono, ma meno fervoroso nel tendere verso le virtù. Due cose giovano particolarmente al raggiungimento di una totale emendazione: il fare violenza a se stessi, distogliendosi dal male, a cui ciascuno è portato per natura; e il chiedere insistentemente il bene spirituale di cui ciascuno ha maggior bisogno. Inoltre tu devi fare in modo di evitare soprattutto ciò che più spesso trovi brutto in altri. Da ogni parte devi saper trarre motivo di profitto spirituale. Così, se ti capita di vedere o di ascoltare dei buoni esempi, devi ardere dal desiderio di imitarli; se, invece, ti pare che qualcosa sia degno di riprovazione, devi guardarti dal fare altrettanto; se talvolta l'hai fatto, procura di emendarti. Come il tuo occhio giudica gli altri, così, a tua volta, sarai giudicato tu dagli altri. Quale gioia e quale dolcezza, vedere dei frati pieni di fervore e di devozione, santi nella vita interiore e nella loro condotta; quale tristezza, invece, e quale dolore, vedere certi frati, che vanno di qua e di là, disordinatamente, tralasciando di praticare proprio ciò per cui sono stati chiamati! Gran danno procura, questo dimenticarsi delle promesse della propria vocazione, volgendo i desideri a cose diverse da quelle che ci vengono ordinate.  

3. Ricordati della decisione che hai presa, e poni dinanzi ai tuoi occhi la figura del crocifisso. Riflettendo alla vita di Gesù Cristo, avrai veramente di che vergognarti, ché non hai ancora cercato di farti più simile a lui, pur essendo stato per molto tempo nella vita di Dio. Il monaco che si addestra con intensa devozione sulla vita santissima e sulla passione del Signore, vi troverà in abbondanza tutto ciò che gli può essere utile e necessario; e non dovrà cercare nulla di meglio, fuor di Gesù. Oh, come saremmo d'un colpo pienamente addottrinati se avessimo nel nostro cuore Gesù crocifisso! Il monaco pieno di fervore sopporta ogni cosa santamente e accetta ciò che gli viene imposto; invece quello negligente e tiepido trova una tribolazione sull'altra ed è angustiato per ogni verso, perché gli manca la consolazione interiore, e quella esterna gli viene preclusa. Il monaco che vive fuori della regola va incontro a piena rovina. Infatti chi tende ad una condizione piuttosto libera ed esente da disciplina sarà sempre nell'incertezza, poiché ora non gli andrà una cosa, ora un'altra. Come fanno gli altri monaci, così numerosi, che vivono ben disciplinati dalla regola del convento? Escono di rado e vivono liberi da ogni cosa; mangiano assai poveramente e vestono panni grossolani; lavorano molto e parlano poco; vegliano fino a tarda ora e si alzano per tempo; pregano a lungo, leggono spesso e si comportano strettamente secondo la regola. Guarda i Certosini, i Cistercensi, e i monaci e le monache di altri Ordini, come si alzano tutte le notti per cantare le lodi di Dio. Ora, sarebbe vergognoso che, in una cosa tanto meritoria, tu ti lasciassi prendere dalla pigrizia, mentre un grandissimo numero di monaci comincia i suoi canti di gioia, in unione con Dio. Oh!, se noi non avessimo altro da fare che lodare il Signore, nostro Dio, con tutto il cuore e con tutta la nostra voce. Oh!, se tu non avessi mai bisogno di mangiare, di bere, di dormire; e potessi invece, lodare di continuo il Signore, e occuparti soltanto delle cose dello spirito. Allora saresti più felice di adesso, che sei al servizio del tuo corpo per varie necessità. E volesse il Cielo che non ci fossero, queste necessità, e ci fossero soltanto i pasti spirituali dell'anima, che purtroppo gustiamo ben di rado.  

4. Quando uno sarà giunto a non cercare il proprio conforto in alcuna creatura, allora egli comincerà a gustare perfettamente Dio; allora accetterà di buon grado ogni cosa che possa succedere; allora non si rallegrerà, o rattristerà, per il molto o il poco che possieda. Si rimetterà del tutto e con piena fiducia in Dio: in Dio, che per lui sarà tutto, in ogni circostanza; in Dio, agli occhi del quale nulla muove o va interamente perduto; in Dio, e per il quale ogni cosa vive, servendo senza esitazione al suo comando. Abbi sempre presente che tutto finisce e che il tempo perduto non ritorna. Non giungerai a possedere forza spirituale, se non avrai sollecitudine e diligenza. Se comincerai ad essere spiritualmente malato. Se invece ti darai tutto al fervore, troverai una grande pace, e sentirai più lieve la fatica, per la grazia di Dio e per la forza dell'amore. Tutto può, l'uomo fervido e diligente. Impresa più grande delle sudate fatiche corporali è quella di vincere i vizi e di resistere alle passioni. E colui che non sa evitare le piccole mancanze, cade, a poco a poco, in mancanze maggiori. Sarai sempre felice, la sera, se avrai spesa la giornata fruttuosamente. Vigila su te stesso, scuoti e ammonisci te stesso; checché facciano gli altri, non dimenticare te stesso. Il tuo progresso spirituale sarà pari alla violenza che avrai fatto a te stesso. Amen.


LETTERA 54: Agostino risponde a Gennaro fissando il principio secondo cui comportarsi di fronte alle diverse consuetudini viventi nelle varie regioni

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta verso l'anno 400.

Agostino risponde a Gennaro fissando il principio secondo cui comportarsi di fronte alle diverse consuetudini viventi nelle varie regioni (n. 1-3), come per i sacramenti, i giorni festivi, il digiuno, l'Eucaristia e la messa vespertina ecc. (n. 4-10).

AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE IL DILETTISSIMO FIGLIO GENNARO

Immutabili i sacramenti e i riti stabiliti dalla Tradizione e dai Concili plenari.

1. 1. Prima di rispondere ai quesiti da te rivoltimi, avrei preferito sapere come li avresti risolti tu stesso; in tal modo avrei potuto, approvando o correggendo le tue soluzioni, rispondere più brevemente alle tue risposte e con gran facilità rassicurarti o correggerti nelle tue opinioni. Sì, l'avrei proprio preferito! Tuttavia, per darti subito una risposta, ho preferito fare un discorso più lungo che differire la risposta. Innanzitutto voglio che tu tenga per fede, cosa questa ch'è il punto principale della presente discussione, che nostro Signore Gesù Cristo, come afferma egli stesso nel Vangelo, ci ha sottoposti al suo giogo soave e al suo lieve peso 1 e perciò ha voluto stabilire, come vincoli dell'alleanza col nuovo popolo, i sacramenti, il cui numero è piccolissimo, facilissimi a praticarsi, eccellentissimi per il loro significato, com'è il battesimo, reso sacro dal nome della Trinità, la comunione del suo corpo e sangue, e tutti gli altri mezzi raccomandati nelle Scritture canoniche, eccetto i riti che si leggono nei libri di Mosè, riti che rendevano più grave la schiavitù dell'antico popolo e convenivano alle disposizioni del loro cuore e dei tempi profetici in cui esso viveva. Quanto invece alle prescrizioni non scritte ma che noi conserviamo trasmesse per via della tradizione e sono osservate in tutto il mondo, ci è facile capire che sono mantenute in quanto stabilite e raccomandate dagli stessi Apostoli o dai Concili plenari, la cui autorità è utilissima alla salvezza della Chiesa; di tal genere sono le feste celebrate nella ricorrenza anniversaria della Passione, Risurrezione e Ascensione del Signore, la discesa dello Spirito Santo, e simili altre ricorrenze che si osservano dalla Chiesa Cattolica ovunque essa è diffusa.

Libertà nell'osservare le pratiche particolari.

2. 2. Altre pratiche poi variano a seconda dei luoghi e delle regioni, come quelle per cui alcuni digiunano il sabato e altri no, alcuni si comunicano ogni giorno col corpo e sangue del Signore, altri invece lo ricevono in determinati giorni; in alcuni luoghi non si lascia passar nessun giorno senza offrire il Sacrificio, in altri lo si offre solo il sabato e la domenica e in altri solo la domenica: l'osservanza di tutte le altre pratiche che si possono ricordare simili a queste è lasciata alla libertà di ciascuno; la regola migliore cui si può attenere un serio e prudente cristiano è quella di agire nel modo in cui vedrà agire la Chiesa in cui si troverà. Poiché tutto ciò che non può provarsi essere né contro la fede né contro i buoni costumi, deve considerarsi indifferente e da osservarsi per rispetto verso coloro tra cui si vive.

Risposta di S. Ambrogio sul digiuno.

2. 3. Credo d'averlo raccontato già una volta : però voglio ricordarlo ancora adesso. Mia madre, la quale m'aveva seguito a Milano, trovò che quella Chiesa il sabato non digiunava; aveva quindi cominciato a turbarsi ed era in ansia non sapendo che cosa avrebbe dovuto fare: allora io non mi curavo di tali cose, ma, per far piacere a lei, consultai su ciò l'incomparabile Ambrogio di santa memoria ed egli mi rispose che non poteva insegnarmi nient'altro che quant'egli stesso faceva, poiché se avesse conosciuto una norma migliore, l'avrebbe osservata di preferenza. Io pensavo che senza darmene la ragione egli mi avesse voluto esortare con la sua sola autorità a non digiunare il sabato, ma egli aggiunse dicendomi: "Quando vado a Roma, digiuno il sabato; ma quando sono qui, non digiuno. Così tu pure, osserva l'uso della Chiesa ove ti capiterà d'andare, se non vuoi essere di scandalo ad alcuno né riceverlo da altri". Avendo io riferito ciò a mia madre, essa abbracciò quella regola. Quanto poi a me, pensando spesso a quel parere, l'ho sempre ritenuto come se l'avessi ricevuto da un oracolo celeste. Ho sentito spesso con dolore e pena che si generano nei deboli molti turbamenti per la cocciutaggine nel litigare o per la superstiziosa timidezza di qualcuno dei nostri fratelli: litigano per questioni di tal genere che non possono arrivare a nessuna determinata soluzione né basandosi sull'autorità della Sacra Scrittura né sulla Tradizione della Chiesa universale né sull'utilità di rendere più santa la vita. Alla base delle loro opinioni c'è solo un'argomentazione qualunque soggettiva o l'usanza che si osserva nella propria patria o perché uno ha visto l'usanza in qualunque altro luogo e si crede d'esser diventato tanto più istruito quanto più s'è allontanato dai suoi col viaggiare; così sollevano questioni dibattute con tanto attaccamento alle proprie opinioni, che non ritengono giusto se non quel che fanno essi.

La frequenza della S. Comunione.

3. 4. Qualcuno dirà che non si deve ricevere l'Eucarestia tutti i giorni. Se tu gli domandassi perché, ti potrebbe rispondere: "Perché si devono scegliere i giorni in cui si vive con maggior purezza e continenza per accostarsi degnamente a un sì augusto sacramento, poiché chi mangerà indegnamente, mangia e beve la propria condanna 2". Un altro invece potrebbe dire: "Al contrario, se la piaga del peccato è così grave e tale la violenza del morbo spirituale, che si debbano differire siffatte medicine, uno dev'essere allontanato dall'altare per ordine del vescovo affinché faccia penitenza; solo in seguito dev'essere riconciliato con Dio con l'assoluzione impartita dalla medesima autorità: si riceverebbe infatti indegnamente il sacramento, se si ricevesse nel tempo in cui uno deve far penitenza; nessuno dovrebbe di proprio arbitrio astenersi dalla comunione o accostarsene quando gli aggrada. A ogni modo, se i peccati non son così gravi da meritare la scomunica, nessuno deve star lontano dalla medicina quotidiana del Corpo del Signore". Fra i due forse risolve meglio la questione chi inculca di rimanere soprattutto nella pace di Cristo; ciascuno poi faccia quel che crede dover fare secondo la propria fede e il sentimento della sua pietà. Nessuno dei due oltraggia il corpo e il sangue del Signore; tutti e due al contrario fanno a gara per onorare il sacramento ch'è fonte della nostra salvezza. Nemmeno Zaccheo e il Centurione si trovarono in contrasto fra loro né alcuno di essi si ritenne superiore all'altro, anche se l'uno pieno di gioia accolse il Signore 3 nella sua casa e l'altro disse: Non son degno che tu entri sotto il mio tetto 4: tutt'e due onorarono il Salvatore in maniera diversa e per così dire contraria: ambedue erano miserabili peccatori, ambedue ottennero misericordia. Come simbolo di ciò può servire quanto accadde all'antico popolo ebraico: come la manna aveva in bocca il sapore che ciascuno voleva 5, così pure nel cuore di ciascun cristiano ha diversi sapori il Sacramento con cui è stato vinto il mondo. Poiché l'uno, per onorarlo, non osa riceverlo quotidianamente, l'altro invece, per onorarlo, non osa tralasciarlo alcun giorno. Questo cibo esclude solo il disprezzo, come la manna la ripugnanza. Ecco perché l'Apostolo dice che fu ricevuto indegnamente da coloro che non lo distinguevano dagli altri cibi con la particolare devozione dovutagli: poiché dopo aver detto: Mangia e beve la propria condanna, subito soggiunge dicendo: perché non fa distinzione di tal corpo 6 come appare chiaro da tutto quel passo della prima Lettera ai Corinti, se si considera attentamente.

Digiuno quaresimale. Messa del Giovedì santo.

4. 5. Poniamo il caso che un forestiero si trovasse in un luogo ove i fedeli, continuando nell'osservanza della Quaresima, non si bagnano né mitigano il digiuno il giovedì. Se costui dicesse: "Oggi non digiunerò" e chiedendogli io il motivo, rispondesse: "Perché nella mia patria non si digiuna", in tal caso costui non farebbe che anteporre la propria usanza a quella altrui. Non potrà certo provarmi la sua condotta con citazioni della Sacra Scrittura, né potrà mettersi a litigare ad alta voce con la Chiesa universale dovunque essa è diffusa! Neppure potrà dimostrarmi che quello agisce contro la fede, mentre lui agirebbe conforme alla fede; e tanto meno mi convincerà che quello vìola ottime usanze e ch'egli invece le osserverebbe. È proprio lui, al contrario, a violare la propria tranquillità e pace litigando per una questione tanto futile. Io preferirei tuttavia che in simili casi, se un Tizio fosse nella patria di un Caio e un Caio fosse nella patria di Tizio, si conformassero alle pratiche osservate da tutti quelli del paese. Se al contrario uno, viaggiando in un paese straniero ove è più numeroso e più assiduo e più fervoroso il popolo di Dio, vedesse per esempio che si offre il Sacrificio due volte, cioè la mattina e la sera nel giovedì dell'ultima settimana di Quaresima, e tornato poi in patria, ove è costume che si offra solo alla fine del giorno, pretendesse di sostenere che quella è un'usanza cattiva e illecita per il fatto che altrove ha visto fare diversamente, la sua sarebbe una mentalità puerile da evitarsi e da correggere nei nostri.

La comunione nel Giovedì santo.

5. 6. Fa' dunque attenzione a quale di queste tre specie appartiene il primo quesito del tuo pro-memoria, espresso in questi termini: "Che cosa deve farsi il giovedì dell'ultima settimana di Quaresima? Si deve offrire il Sacrificio al mattino e di nuovo la sera dopo la cena per il fatto che è stato detto: Similmente dopo che ebbero cenato 7, oppure si deve digiunare e poi celebrare dopo la cena? Oppure si deve digiunare anche e cenare solo dopo la Messa, come siamo soliti fare?". A queste domande ti rispondo che, se l'autorità della Sacra Scrittura prescrive quel che s'ha da fare, non dev'esserci alcun dubbio che dobbiamo fare quel che leggiamo in essa, in modo che dovremmo discutere non come si debba celebrare il rito, ma come penetrare il significato del rito medesimo. Lo stesso dicasi di riti e usanze osservate da tutta la Chiesa. Poiché mettere in dubbio se si debbano o non si debbano seguire, sarebbe segno d'insolentissimo insania. Ma nelle tue domande non si tratta né dell'uno né dell'altro caso. Resta quindi ch'esse riguardano un terzo caso, quello cioè delle usanze che variano secondo i luoghi o le regioni. Faccia dunque ciascuno quel che trova nella chiesa ove verrà a trovarsi. Nessuna di quelle usanze è in realtà contraria né alla fede né ai costumi, che non diventano migliori per un'usanza religiosa o per un'altra. Solo infatti per questi motivi, cioè in vista della fede o dei costumi, bisogna correggere un'usanza contraria al bene o istituirne un'altra prima non esistente. Poiché ogni cambiamento di usanze, anche se ci aiuta con la sua utilità, apporta scompiglio con la sua novità; ecco perché un cambiamento che non è utile, per il fatto stesso che è causa d'infruttuoso scompiglio è pure nocivo.

La Messa del Giovedì santo.

5. 7. Non si deve credere che l'usanza osservata in molti luoghi di celebrare dopo la refezione del giovedì santo sia stata introdotta perché sta scritto: Similmente prese pure il calice dopo la cena dicendo ecc., poiché l'evangelista poté chiamare cena il fatto che avevano già ricevuto il corpo prima di ricevere il calice; infatti l'Apostolo in un altro passo dice: Quando adunque vi radunate insieme, non è un mangiare la cena del Signore 8, chiamando cena del Signore il ricevere la stessa Eucaristia. Poté però ingenerare maggior perplessità se si debba celebrare o ricevere l'Eucaristia dopo aver già mangiato, quel che si dice nel Vangelo: Mentr'essi mangiavano, Gesù prese il pane e lo benedisse 9, poiché l'evangelista soggiunge: Venuta la sera, si mise a mensa coi dodici e mentre mangiavano disse: Uno di voi mi tradirà 10; dopo infatti diede loro l'Eucaristia. Da ciò appare chiaro che la prima volta che i discepoli ricevettero il corpo e il sangue del Signore non erano digiuni.

Il digiuno eucaristico.

6. 8. E allora si dovrebbe per questo criticare la Chiesa universale perché l'Eucaristia si riceve sempre a digiuno? È stato proprio lo Spirito Santo a volere che, in onore di sì augusto Sacramento, nella bocca del cristiano entrasse il corpo del Signore prima di ogni altro cibo, e perciò quest'usanza è osservata in tutta la Chiesa Cattolica. Ma per il fatto che il Signore distribuì l'Eucaristia dopo la cena, i fedeli non debbono adunarsi a riceverla dopo aver pranzato o cenato, oppure, come facevano coloro che l'Apostolo denuncia come colpevoli e redarguisce, mischiare la comunione col desinare. Il Salvatore infatti per mettere più efficacemente in risalto la profondità di questo mistero, lo volle imprimere come ultimo segno del suo amore nel cuore e nel ricordo dei discepoli, dai quali era sul punto di separarsi per avviarsi alla sua passione. Egli non prescrisse neppure alcuna norma secondo la quale l'Eucaristia fosse ricevuta dopo la sua morte, proprio per lasciare che le condizioni per accostarvisi fossero regolate dagli Apostoli, per mezzo dei quali aveva disposto che fossero governate le Chiese. Poiché io credo che nessuno avrebbe mutato quell'usanza, se il Signore ci avesse ordinato di comunicarci sempre dopo aver mangiato altre vivande. Quando invece l'Apostolo parla di questo sacramento dice: Perciò, fratelli, quando vi radunate per mangiare, aspettatevi a vicenda: chi ha fame, mangi a casa sua, il nostro raduno non vi sia di condanna; e subito dopo soggiunse: Le altre cose poi le regolerò alla mia venuta 11; sarebbe infatti stato troppo lungo esporre loro in una lettera tutte le norme da seguire e che la Chiesa osserva in tutto il mondo. Da ciò si può comprendere che fu lui a stabilire il digiuno eucaristico che non è modificato da alcuna diversità di usanze.

Messa del Giovedì santo.

7. 9. Ma ad alcuni piacque come lodevole la norma che in quell'unico giorno dell'anno, in cui il Signore diede la stessa Eucaristia, fosse lecito offrire e ricevere il corpo e il sangue del Signore dopo il desinare, come per commemorarlo più solennemente. Io credo però che sia meglio celebrare in un'ora in cui pure chi ha digiunato, dopo la refezione dell'ora nona, possa recarsi al Sacrificio. Perciò non costringiamo nessuno a mangiare prima della Cena del Signore, ma non osiamo nemmeno opporci a chi fa diversamente. Credo comunque che quest'usanza sia stata introdotta solo perché molti, anzi quasi tutti, in molti luoghi hanno l'abitudine di fare il bagno in quel giorno. E poiché alcuni osservano anche il digiuno, la mattina si offre il Sacrificio per quelli che mangiano, perché non possono tollerare nello stesso tempo il digiuno e il bagno; la sera invece si celebra per quelli che fanno [solo] digiuno.

L'uso del bagno il giovedì santo.

7. 10. Se poi mi domandi l'origine dell'usanza di fare il bagno, a pensarci bene non mi viene in mente altra spiegazione più probabile se non che, siccome la pulizia dei battezzandi durante il digiuno quaresimale era trascurata, sarebbero andati al fonte battesimale provocando un senso di disgusto, se non avessero preso un bagno qualche giorno prima: a questo scopo fu scelto di preferenza il giorno in cui si celebra l'anniversario della cena del Signore. E poiché ciò fu concesso a quelli che serano preparati a ricevere il battesimo, molti vollero prendere il bagno con essi e rompere il digiuno. Dopo quanto ti ho esposto nei limiti delle mie possibilità, ti raccomando di osservare per quanto puoi le norme esposte al principio, come si addice a un prudente e pacifico figlio della Chiesa. Agli altri tuoi quesiti risponderò - se Dio vorrà - un'altra volta.

 


1 - Mt 11, 30.

2 - 1 Cor 11, 29.

3 - Lc 19, 6.

4 - Mt 8, 8.

5 - Sap 16, 20.

6 - 1 Cor 11, 29.

7 - Lc 22, 20; 1 Cor 11, 25.

8 - 1 Cor 11, 20.

9 - Mt 26, 26.

10 - Mt 26, 20.

11 - 1 Cor 11, 33-34.


Capitolo XI: Il Corpo di Cristo e la Sacra Scrittura, necessarissimi all’anima devota

Libro IV: Libro del sacramento del corpo di Cristo - Tommaso da Kempis

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Parola del discepolo

1.  O soave Signore Gesù, quanto è dolce all'anima devota sedere alla tua mensa, al tuo convito, nel quale le viene presentato come cibo nient'altro all'infuori di te, unico suo amato, desiderabile più di ogni desiderio del suo cuore. Anche per me sarebbe cosa soave sciogliermi in pianto, con profonda commozione, dinanzi a te, e, con la Maddalena amorosa, bagnare di lacrime i tuoi piedi. Ma dove è tanto slancio di devozione; dove è una tale profusione di lacrime sante? Eppure, alla tua presenza e alla presenza dei tuoi angeli, dovrei ardere tutto nell'intimo e piangere di gioia; giacché nel Sacramento ti possiedo veramente presente, per quanto nascosto sotto altra apparenza. Infatti i miei occhi non ti potrebbero sostenere, nella tua luce divina; anzi neppure il mondo intero potrebbe sussistere, dinanzi al fulgore della tua maestà. Tu vieni incontro, dunque, alla mia debolezza, nascondendoti sotto il Sacramento. Possiedo veramente ed adoro colui che gli angeli adorano in cielo. Io lo adoro per ora nella fede; gli angeli, invece, faccia a faccia, senza alcun velo. Io devo starmene nel lume della fede, e camminare in essa, finché appaia il giorno dell'eterna luce e venga meno il velo delle figure simboliche (cf. Ct 2,17; 4,6). "Quando poi verrà il compimento di tutte le cose" (1Cor 13,10), cesserà l'uso dei segni sacramentali. Nella gloria del cielo, i beati non hanno bisogno infatti del rimedio dei sacramenti: il loro gaudio non ha termine, essendo essi alla presenza di Dio, vedendo essi, faccia a faccia, la sua gloria. Passano di luce in luce fino agli abissi della divinità, e gustano appieno il verbo di Dio fatto carne, quale fu all'inizio e quale rimane in eterno. Conscio di queste cose meravigliose, trovo molesta persino ogni consolazione spirituale: infatti tutto ciò che vedo e odo quaggiù lo considero un niente, fino a che non veda manifestamente il mio Signore, nella sua gloria. Tu mi sei testimone, o Dio, che non c'è cosa che mi possa dare conforto, non c'è creatura che mi possa dare contentezza, all'infuori di te, che bramo contemplare in eterno. Ma ciò non è possibile mentre sono in questa vita mortale; e perciò occorre che mi rassegni a una grande pazienza e mi sottometta a te in tutti i miei desideri. Anche i tuoi santi, o Signore, che ora esultano in te nel regno dei cieli, aspettarono l'evento della tua gloria, mentre erano in questa vita, con fede e con pazienza grande. Ciò che essi credettero, credo anch'io; ciò che essi sperarono, spero anch'io; dove essi giunsero, confido, per la tua grazia, di giungere anch'io. Frattanto, camminerò nella fede, irrobustito dagli esempi dei santi. Terrò poi, "come conforto" (1Mac 12,9) e specchio di vita, i libri santi; soprattutto terrò, come unico rimedio e come rifugio, il tuo Corpo santissimo.

2. In verità, due cose sento come massimamente necessarie per me, quaggiù; senza di esse questa vita di miserie mi sarebbe insopportabile. Trattenuto nel carcere di questo corpo, di due cose riconosco di avere bisogno, cioè di alimento e di luce. E a me, che sono tanto debole, tu hai dato, appunto come cibo il tuo santo corpo, e come lume hai posto dinanzi ai miei piedi "la tua parola" (Sal 118,105). Poiché la parola di Dio è luce dell'anima e il tuo Sacramento è pane di vita, non potrei vivere santamente se mi mancassero queste due cose. Le quali potrebbero essere intese come le "due mense" (Ez 40,40) poste da una parte e dall'altra nel prezioso tempio della santa Chiesa; una, la mensa del sacro altare, con il pane santo, il prezioso corpo di Cristo; l'altra la mensa della legge di Dio, compendio della santa dottrina, maestra di vera fede, e sicura guida, al di là del velo del tempio, al sancta sanctorum (Eb 6,19s; 9,3).

3. Ti siano, dunque, rese grazie, o Signore Gesù, che brilli di eterna luce, per questa mensa della santa dottrina, che ci hai preparato per mezzo dei tuoi servi, i profeti, gli apostoli e gli altri dottori. Ti siano rese grazie, Creatore e Redentore degli uomini, che, per dimostrare al mondo intero il tuo amore, hai preparato la grande cena, in cui disponesti come cibo, non già il simbolico agnello, ma il tuo corpo santissimo e il tuo sangue, inebriando tutti i tuoi fedeli al calice della salvezza e colmandoli di letizia al tuo convito: il convito che compendia tutte le delizie del paradiso e nel quale banchettano con noi, e con più dolce soavità, gli angeli santi. Quale grandezza, quale onore, nell'ufficio dei sacerdoti, ai quali è dato di consacrare, con le sacre parole, il Signore altissimo; di benedirlo con le proprie labbra, di tenerlo con le proprie mani; di nutrirsene con la propria bocca e di distribuirlo agli altri. Quanto devono essere pure quelle mani; quanto deve essere pura la bocca, e santo il corpo e immacolato il cuore del sacerdote, nel quale entra tante volte l'autore della purezza. Non una parola, che non sia santa, degna e buona, deve venire dalle labbra del sacerdote, che riceve così spesso il Sacramento; semplici e pudichi devono essere gli occhi di lui, che abitualmente sono fissi alla visione del corpo di Cristo; pure ed elevate al cielo devono essere le mani di lui, che sovente toccano il Creatore del cielo e della terra. E' proprio per i sacerdoti che è detto nella legge: "siate santi, perché io, il Signore Dio vostro, sono santo" (Lv 19,2). Onnipotente Iddio, venga in nostro soccorso la tua grazia, affinché noi, che abbiamo assunto l'ufficio sacerdotale, sappiamo stare intimamente vicini a te, in modo degno, con devozione, in grande purezza di cuore e con coscienza irreprensibile. Che se non possiamo mantenerci in così piena innocenza di vita, come dovremmo, almeno concedi a noi di piangere sinceramente il male che abbiamo compiuto; concedi a noi di servirti, per l'avvenire, più fervorosamente, in spirito di umiltà e con proposito di buona volontà.


Venticinque anni di letto

Beata Alexandrina Maria da Costa


Come mi aveva predetto Gesù, la mia anima non sentì la gioia della Resurrezione. Soffrii tanto, orribilmente!... [Però] mi accompagnarono sempre la pace, la rassegnazio­ne, l'amore a tutto; ripetevo frequentemente: « Tutto per Te, o Gesù, tutto per le anime; sono la Tua vittima »... Si avvicinava l'anniversario dei miei 25 anni di letto. Li ricordavo con dolore, non per la sofferenza, ma per il modo imperfetto con cui avevo sofferto. Sentii il più grande abban­dono che si possa immaginare, abbandono da parte di tutte le creature, senza nessuno in mio favore. Abbracciata al mio crocifisso ripetevo: « Gesù, solo Gesù ». ... A celebrare le nozze d'argento della mia degenza ebbi la S. Messa nella mia cameretta: fu molto solenne, con una bella omelia sulla sofferenza. Vi furono prima spine e poi rose. Feci la stessa accoglienza a queste e a quelle: ero indifferente a tutto. Quando ero ferita dicevo a Gesù: - Voglio celebrare que­sta data nella Tua volontà, sia nella umiliazione, sia nella gioia. - E alla fine vi fu gioia, molta gioia, ma non per me. Gesù permise che un velo di morte coprisse, tutto. Sorridevo, mi mostravo gioiosa, ma la mia gioia era soltanto per conformità alla volontà di Gesù. Mentre gli altri gioivano, la mia anima andava accompagnando Gesù nei tribunali e con Lui nel cam­mino al Calvario portava la croce... (diario, 14-4-1950).

... La vittima di Gesù, vittima fedele, non ha altra pre­occupazione se non di fare la volontà del suo Signore: l'a­more alla perfezione sta in questo. Io venni al mondo, figlia mia, e cercai soltanto la gloria del Padre mio e di compiere la Sua volontà.

È una missione sublime quella che ti scelsi: ti mandai al mondo per continuare in te la mia opera salvatrice; questa è una grande verità, verità di un Dio onnipotente che non si inganna né può ingannare. Confida, figlia mia... - Scomparve per me ogni luce e mi rimase nel cuore un dolore mortale. - O Gesù, che oscurità, che dolore nel mio cuore! - È l'oscurità del peccato, è il dolore che mi causano i peccatori; sono un Padre stanco di chiedere ai figli amore, penitenza, preghiera, emendazione di vita... - ... (diario, 21-4­1950).