Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Non giudicare! Quando giudichi l'altro, ti metti sul piedistallo come un fariseo che sempre punta il dito, perché il suo sguardo è cattivo: è dettato dalla presunzione di essere migliore degli altri. Ricordati che sei un povero peccatore che commette errori molto più gravi e quindi non hai il diritto di puntare il dito. Sii umile! Invece di accusare l'altro, accusa te stesso affinché tu possa ottenere la Misericordia. Ricordati che sarai trattato da Dio come tratti il tuo prossimo. Perciò hai tutto l'interesse di comprendere e di compatire le debolezze degli altri, e di essere indulgente con tutti. Ti conviene perdonare per stare bene e per meritare il perdono di Dio. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 16° settimana del tempo ordinario (Santa Brigida)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 15

1Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato.2Allora Pilato prese a interrogarlo: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici".3I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse.4Pilato lo interrogò di nuovo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!".5Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.
6Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta.7Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio.8La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva.9Allora Pilato rispose loro: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?".10Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia.11Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba.12Pilato replicò: "Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?".13Ed essi di nuovo gridarono: "Crocifiggilo!".14Ma Pilato diceva loro: "Che male ha fatto?". Allora essi gridarono più forte: "Crocifiggilo!".15E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte.17Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo.18Cominciarono poi a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!".19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui.20Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.22Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio,23e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

24Poi lo crocifissero 'e si divisero le' sue 'vesti, tirando a sorte su di esse' quello che ciascuno dovesse prendere.25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.26E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: 'Il re dei Giudei'.27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.28.

29I passanti lo insultavano e, 'scuotendo il capo', esclamavano: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni,30salva te stesso scendendo dalla croce!".31Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: "Ha salvato altri, non può salvare se stesso!32Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio.34Alle tre Gesù gridò con voce forte: 'Eloì, Eloì, lemà sabactàni?', che significa: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'35Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: "Ecco, chiama Elia!".36Uno corse a inzuppare di 'aceto' una spugna e, postala su una canna, gli 'dava da bere', dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce".37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.
39Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".

40C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome,41che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato,43Giuseppe d'Arimatéa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo.45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro.47Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Primo libro dei Maccabei 7

1Nell'anno centocinquantuno Demetrio, figlio di Selèuco, evase da Roma e sbarcò con pochi uomini in una città della costa e là si proclamò re.2Quando rientrò nella reggia dei suoi padri, l'esercito catturò Antioco e Lisia per consegnarglieli.3Informato della cosa, disse: "Non mostratemi la loro faccia".4Perciò i soldati li uccisero e Demetrio sedette sul trono del suo regno.
5Allora andarono da lui tutti gli uomini perfidi ed empi d'Israele, guidati da Alcimo che aspirava al sommo sacerdozio.6Essi accusarono il popolo davanti al re dicendo: "Giuda con i suoi fratelli ha sterminato tutti i tuoi amici e ci ha strappato dal nostro paese.7Ora manda un uomo fidato, che venga e prenda visione della rovina generale da quello procurata a noi e ai domini del re e provveda a punire quella famiglia e tutti i suoi sostenitori".8Il re designò Bàcchide, uno degli amici del re, preposto alla regione dell'Oltrefiume, potente nel regno e fedele al re,9e lo inviò con l'empio Alcimo; attribuì a questi il sommo sacerdozio e gli diede ordine di far vendetta contro gli Israeliti.10Così partirono e giunsero in Giudea con forze numerose. Bàcchide mandò messaggeri a Giuda e ai suoi fratelli per portare con inganno parole di pace.11Ma essi non credettero alle sue parole: avevano infatti saputo che era giunto con un forte esercito.12Si radunò tuttavia presso Alcimo e Bàcchide un gruppo di scribi per chiedere il riconoscimento dei diritti.13Gli Asidei furono i primi tra gli Israeliti a chieder loro la pace.14Dicevano infatti: "Un uomo della stirpe di Aronne è venuto con i soldati, non ci farà certo del male".15Egli usò con loro parole di pace e giurò loro: "Non faremo alcun male né a voi né ai vostri amici".16E quelli credettero. Ma egli prese sessanta di loro e li uccise in un sol giorno, proprio secondo la parola che sta scritta:

17'"Le carni dei tuoi santi e il loro sangue
hanno sparso intorno a Gerusalemme
e nessuno li seppelliva".'

18Allora la paura e il terrore si sparsero per tutto il popolo, perché tutti dicevano: "Non c'è in loro verità né giustizia, perché hanno trasgredito l'alleanza e il giuramento prestato".19Bàcchide levò il campo da Gerusalemme e si accampò in Bet-Zait; mandò ad arrestare molti degli uomini che erano passati dalla sua parte e alcuni del popolo e li fece uccidere e gettare nel pozzo grande.20Affidò il paese ad Alcimo e gli lasciò soldati che lo sostenessero; quindi Bàcchide fece ritorno dal re.21Alcimo rivendicava con le armi il sommo sacerdozio;22tutti i perturbatori del popolo si unirono a lui, si impadronirono della Giudea e procurarono grandi sventure a Israele.23Giuda vide tutti i mali che facevano Alcimo e i suoi fautori agli Israeliti peggio dei pagani,24uscì allora nelle regioni intorno alla Giudea, fece vendetta degli uomini che avevano disertato e impedì loro di far scorrerie nella regione.
25Quando Alcimo vide che Giuda e i suoi si erano rinforzati e che non avrebbe potuto resister loro, ritornò presso il re e mosse contro di loro accuse di misfatti.
26Allora il re mandò Nicànore, uno dei suoi capi più illustri, che aveva odio e inimicizia per Israele e gli ordinò di sterminare il popolo.27Nicànore venne in Gerusalemme con truppe ingenti e mandò messaggeri a Giuda e ai suoi fratelli con inganno a far queste proposte di pace:28"Non ci sia battaglia tra me e voi. Verrò con pochi uomini per incontrarmi pacificamente".29Venne da Giuda e si salutarono a vicenda con segni di pace: ma i nemici stavano pronti per metter le mani su Giuda.30Giuda fu informato che quello era venuto da lui con inganno, ed ebbe timore di lui e non volle più vedere la sua faccia.31Nicànore si accorse che il suo piano era stato scoperto e uscì all'attacco contro Giuda verso Cafarsalama.32Caddero dalla parte di Nicànore circa cinquecento uomini; gli altri ripararono nella città di Davide.
33Dopo questi fatti Nicànore salì al monte Sion e gli vennero incontro dal santuario alcuni sacerdoti e anziani del popolo per salutarlo con espressioni di pace e mostrargli l'olocausto offerto per il re.34Ma egli li schernì, li derise, anzi li contaminò e parlò con arroganza;35giurò incollerito: "Se non sarà consegnato subito Giuda e il suo esercito nelle mie mani, vi assicuro che quando tornerò a guerra finita, darò alle fiamme questo tempio"; e se ne andò tutto furioso.36I sacerdoti rientrarono e stando davanti all'altare e al tempio dissero tra il pianto:37"Tu hai scelto questo tempio perché su di esso fosse invocato il tuo nome e fosse casa di orazione e di supplica per il tuo popolo.38Fa' vendetta di questo uomo e delle sue schiere; siano trafitti di spada. Ricòrdati delle loro bestemmie: non lasciarli sopravvivere".
39Nicànore uscì da Gerusalemme, si accampò a Bet-Coròn e gli andò incontro l'esercito della Siria.40Giuda pose il campo in Adasa con tremila uomini e pregò:41"Quando gli ufficiali del re assiro dissero bestemmie, venne il tuo angelo e ne abbatté centottantacinquemila:42abbatti allo stesso modo questo esercito davanti a noi oggi; sappiano tutti gli altri che egli ha parlato empiamente contro il tuo santuario e tu giudicalo secondo le sue empietà".43Si scontrarono gli eserciti in combattimento il tredici del mese di Adar e fu sconfitto l'esercito di Nicànore, anzi egli cadde in battaglia per primo.44Quando i suoi soldati videro che Nicànore era caduto, gettarono le armi e fuggirono.45Li inseguirono per una giornata di cammino da Adasa fino a Ghezer e suonavano le trombe dietro a loro per dare l'allarme.46Uscirono allora uomini da tutti i villaggi della Giudea all'intorno e li accerchiarono; essi si voltavano gli uni contro gli altri e caddero tutti di spada: non ne rimase neppure uno.47I Giudei presero le spoglie e il bottino, mozzarono la testa di Nicànore e la destra, che aveva steso con superbia, e le portarono e le esposero in Gerusalemme.48Il popolo fece gran festa e passò quel giorno come giornata di gioia straordinaria.49Stabilirono di celebrare ogni anno questo giorno il tredici di Adar.50Così la Giudea ebbe quiete per un po' di tempo.


Salmi 30

1'Salmo. Canto per la festa della dedicazione del tempio. Di Davide'.

2Ti esalterò, Signore, perché mi hai liberato
e su di me non hai lasciato esultare i nemici.
3Signore Dio mio,
a te ho gridato e mi hai guarito.
4Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi,
mi hai dato vita perché non scendessi nella tomba.

5Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
rendete grazie al suo santo nome,
6perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera sopraggiunge il pianto
e al mattino, ecco la gioia.

7Nella mia prosperità ho detto:
"Nulla mi farà vacillare!".
8Nella tua bontà, o Signore,
mi hai posto su un monte sicuro;
ma quando hai nascosto il tuo volto,
io sono stato turbato.
9A te grido, Signore,
chiedo aiuto al mio Dio.

10Quale vantaggio dalla mia morte,
dalla mia discesa nella tomba?
Ti potrà forse lodare la polvere
e proclamare la tua fedeltà?
11Ascolta, Signore, abbi misericordia,
Signore, vieni in mio aiuto.

12Hai mutato il mio lamento in danza,
la mia veste di sacco in abito di gioia,
13perché io possa cantare senza posa.

Signore, mio Dio, ti loderò per sempre.


Salmi 57

1'Al maestro del coro. Su "Non distruggere". Di Davide.'
'Miktam. Quando fuggì da Saul nella caverna.'

2Pietà di me, pietà di me, o Dio,
in te mi rifugio;
mi rifugio all'ombra delle tue ali
finché sia passato il pericolo.
3Invocherò Dio, l'Altissimo,
Dio che mi fa il bene.

4Mandi dal cielo a salvarmi
dalla mano dei miei persecutori,
Dio mandi la sua fedeltà e la sua grazia.
5Io sono come in mezzo a leoni,
che divorano gli uomini;
i loro denti sono lance e frecce,
la loro lingua spada affilata.

6Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
7Hanno teso una rete ai miei piedi,
mi hanno piegato,
hanno scavato davanti a me una fossa
e vi sono caduti.

8Saldo è il mio cuore, o Dio,
saldo è il mio cuore.
9Voglio cantare, a te voglio inneggiare:
svègliati, mio cuore,
svègliati arpa, cetra,
voglio svegliare l'aurora.
10Ti loderò tra i popoli, Signore,
a te canterò inni tra le genti.
11perché la tua bontà è grande fino ai cieli,
e la tua fedeltà fino alle nubi.

12Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.


Isaia 16

1Mandate l'agnello al signore del paese,
dalla rupe verso il deserto
al monte della figlia di Sion.
2Come un uccello fuggitivo,
come una nidiata dispersa
saranno le figlie di Moab
ai guadi dell'Arnon.
3Dacci un consiglio,
prendi una decisione!
Rendi come la notte la tua ombra
in pieno mezzogiorno;
nascondi i dispersi,
non tradire i fuggiaschi.
4Siano tuoi ospiti
i dispersi di Moab;
sii loro rifugio di fronte al devastatore.
Quando sarà estinto il tiranno
e finita la devastazione,
scomparso il distruttore della regione,
5allora sarà stabilito un trono sulla mansuetudine,
vi siederà con tutta fedeltà, nella tenda di Davide,
un giudice sollecito del diritto
e pronto alla giustizia.
6Abbiamo udito l'orgoglio di Moab,
l'orgogliosissimo,
la sua alterigia, la sua superbia, la sua tracotanza,
la vanità delle sue chiacchiere.

7Per questo i Moabiti innalzano un lamento per Moab,
si lamentano tutti;
per le focacce di uva di Kir-Carèset
gemono tutti costernati.
8Sono squallidi i campi di Chesbòn,
languiscono le viti di Sibmà.
Signori di popoline hanno spezzato i tralci
che raggiungevano Iazèr,
penetravano fin nel deserto;
i loro rami si estendevano liberamente,
giungevano al mare.
9Per questo io piangerò con il pianto di Iazèr
sui vigneti di Sibmà.
Ti inonderò con le mie lacrime,
Chesbòn, Elealè,
perché sui tuoi frutti e sulla tua vendemmia
è piombato il grido dei vignaioli.
10Sono scomparse gioia e allegria dai frutteti;
nelle vigne non si levano più lieti clamori,
né si grida più allegramente.
Il vino nei tini nessuno lo ammosta,
l'evviva di gioia è cessato.
11Perciò le mie viscere fremono
per Moab come una cetra,
il mio intimo freme per Kir-Carèset.
12Moab si mostrerà e si stancherà sulle alture,
verrà nel suo santuario per pregare,
ma senza successo.

13Questo è il messaggio che pronunziò un tempo il Signore su Moab.14Ma ora il Signore dice: "In tre anni, come gli anni di un salariato, sarà deprezzata la gloria di Moab con tutta la sua numerosa popolazione. Ne rimarrà solo un resto, piccolo e impotente".


Lettera ai Romani 13

1Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio.2Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna.3I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fa' il bene e ne avrai lode,4poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male.5Perciò è necessario stare sottomessi, non solo per timore della punizione, ma anche per ragioni di coscienza.6Per questo dunque dovete pagare i tributi, perché quelli che sono dediti a questo compito sono funzionari di Dio.7Rendete a ciascuno ciò che gli è dovuto: a chi il tributo, il tributo; a chi le tasse le tasse; a chi il timore il timore; a chi il rispetto, il rispetto.

8Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge.9Infatti il precetto: 'Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non desiderare' e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: 'Amerai il prossimo tuo come te stesso'.10L'amore non fa nessun male al prossimo: pieno compimento della legge è l'amore.

11Questo voi farete, consapevoli del momento: è ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché la nostra salvezza è più vicina ora di quando diventammo credenti.12La notte è avanzata, il giorno è vicino. Gettiamo via perciò le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce.13Comportiamoci onestamente, come in pieno giorno: non in mezzo a gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità e licenze, non in contese e gelosie.14Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo e non seguite la carne nei suoi desideri.


Capitolo IV: Molti sono i benefici concessi a coloro che si comunicano devotamente

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Parola del discepolo

1. Signore Dio mio, "con la dolcezza delle tue benedizioni" (Sal 20,4) vieni in soccorso a me, tuo servo, affinché io possa accostarmi degnamente e devotamente al tuo grande sacramento. Muovi il mio cuore verso di te e scuotimi dal mio grande torpore. "Vieni a me con la tua forza salvatrice" (Sal 105,4), cosicché io possa gustare in ispirito la tua dolcezza, insita tutta in questo sacramento, quasi sua fonte. Apri i miei occhi, cosicché io possa intravvedere un così grande mistero; dammi la forza di credere in esso, con fede sicura. Tutto ciò è infatti opera delle tue mani, non opera dell'uomo; tua sacra istituzione, non invenzione umana. Quindi non v'è alcuno che possa da sé solo comprendere pienamente queste cose, che superano anche l'intelligenza degli angeli. Ed io, indegno peccatore, polvere e cenere, come potrò mai sondare e comprendere, un così profondo e santo mistero? O Signore, nella semplicità del mio cuore, in pienezza e sicurezza di fede e in adesione al tuo comando, mi accosto a te con sentimenti di speranza e di devozione: credo veramente che tu sia presente qui nel Sacramento, Dio e uomo. Tu vuoi che io ti accolga in me, in unione d'amore. Perciò domando alla tua clemenza ed imploro il dono di questa grazia speciale, di essere totalmente immedesimato in te, in sovrabbondanza d'amore e di non più ricercare altra consolazione. Giacché questo Sacramento, così alto e prezioso, è salvezza dell'anima e del corpo e rimedio ad ogni infermità dello spirito. Per mezzo di questo Sacramento vengono curati i miei vizi; le passioni sono frenate; le tentazioni sono sconfitte o almeno diminuite; viene aumentata la grazia, rafforzata la virtù cui si è posto mano, rinsaldata la fede, rinvigorita la speranza e l'amore fatto più ardente e più grande.

2. O mio Dio, "tu che innalzi l'anima mia" (Sal 53,6), e ripari all'umana fragilità con il dono di ogni consolazione interiore, tu hai concesso e ancora spesso concedi nel Sacramento grandi benefici ai tuoi diletti che devotamente si comunicano. Tu infondi in essi grande conforto nelle varie tribolazioni, innalzandoli dal fondo della loro prostrazione alla speranza del tuo aiuto; tu li ricrei interiormente e li fai risplendere con una grazia rinnovata. Così, mentre prima della Comunione si sentivano angosciati e privi d'amore, poi, ristorati dal cibo e dalla bevanda celeste, si trovano trasformati e migliori. E questo tu fai generosamente con i tuoi eletti, affinché essi conoscano in verità, ed esperimentino chiaramente, quanto siano deboli per se stessi e quale bontà e grazia ottengano da te. Giacché, per se stessi, sono freddi, duri e mancanti di devozione; invece, per tuo dono, sono fatti degni di essere fervorosi, alacri e pieni di devozione. Chi mai, essendosi accostato umilmente alla fonte stessa della soavità, non riporta anche solo un poco di dolcezza; chi mai, stando accanto a un grande fuoco, non ne risente un po' di calore? Ora, tu sei la fonte sempre piena, straboccante; tu sei il fuoco sempre vivo, che mai non si estingue. Perciò, anche se non posso attingere alla pienezza di questa fonte e bere a sazietà, metterò ugualmente la bocca all'orlo della celeste cannella, per prendere almeno una piccola goccia, a saziare la mia sete, onde non inaridire del tutto. Anche se non posso essere ancora nella pienezza della beatitudine celeste, né posso essere ardente come un cherubino o un serafino, mi sforzerò tuttavia di perseverare nella devozione e di predisporre l'anima mia ad impadronirsi di una, sia pur piccola, fiamma del divino incendio, nutrendosi umilmente al sacramento della salvezza. A quello che mi manca, supplisci tu, con benignità e misericordia, o buon Gesù, salvatore santissimo; tu che ti sei degnato di chiamare tutti a te, dicendo: "venite a me voi tutti che siete affaticati ed oppressi, ed io vi ristorerò (Mt 11,28). In verità io mi affatico, e suda il mio volto; il mio cuore è tormentato da sofferenze interiori; sono oppresso dai peccati, legato e schiacciato da molte passioni perverse. "E non c'è nessuno che possa aiutarmi" (Sal 21,12), non c'è nessuno "che possa liberarmi e soccorrermi" (Sal 7,3), all'infuori di te, "Dio mio salvatore" (Sal 24,5), al quale affido me stesso e ogni mia cosa, perché tu mi custodisca e mi conduca alla vita eterna. Accettami a lode e gloria del tuo nome; tu che hai apprestato il tuo corpo e il tuo sangue quale cibo e bevanda. O "Signore Dio, mia salvezza" (Sal 26,9), fa' che nella dimestichezza del tuo mistero s'accresca lo slancio della mia devozione.


Contro Fausto Manicheo - Libro settimo

Contro Fausto manicheo - Sant'Agostino di Ippona

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Con quali argomentazioni Fausto respinge come del tutto falsa la genealogia di Cristo.

1. FAUSTO. " Perché non credi nella genealogia di Gesù? ". Molte sono le ragioni, ma la più importante è questa: neppure lui ha mai confessato con la sua bocca di avere un padre o una generazione su questa terra; al contrario ha affermato di non essere di questo mondo, di procedere da Dio Padre, di essere disceso dal cielo, di non avere né madre né fratelli fatta eccezione di coloro che fanno la volontà di suo padre che è nei cieli 1. Inoltre quegli stessi che gli attribuiscono queste genealogie non sembrano averlo conosciuto né prima della natività e neppure subito dopo la nascita sì da far credere che avessero scritto su fatti attinenti alla sua persona per esserne stati testimoni oculari. In realtà si unirono a lui che era già nella prima età virile, aveva cioè circa trent'anni, e sempre ammesso che si possa attribuire un'età a Dio senza cadere nella bestemmia. Pertanto, visto che in ogni testimonianza si suole sempre chiedere se il testimone ha udito o visto, costoro né confessano di aver udito da lui questa serie di generazioni o semplicemente che sia nato né di averlo visto coi loro occhi avendolo conosciuto dopo lungo tempo, cioè dopo il battesimo. A me e a chiunque giudichi rettamente sembra tanto stolto credere a questo come se qualcuno chiamasse in giudizio come testimone un cieco o un sordo.

Su una assurda argomentazione di Fausto.

2. AGOSTINO. Per quanto attiene a quello che Fausto chiama il motivo principale per il quale non accetta la genealogia di Gesù Cristo deve dirsi che la sconfitta è evidente. Basta leggere quanto abbiamo già detto del Figlio dell'uomo che tanto spesso Cristo ammette di essere 2 e del Figlio di Dio che abbiamo constatato essere anche figlio dell'uomo 3. Abbiamo anche visto, come attesta la dottrina degli apostoli, che secondo la sua divinità non ha una parentela sulla terra, ma secondo la carne è della stirpe di Davide 4. Occorre perciò che si creda e si comprenda ch'egli è uscito dal Padre 5, che è venuto dal cielo 6 e che in quanto Verbo, divenuto carne, ha abitato fra gli uomini 7. I Manichei potrebbero credere ch'egli non avesse in terra una madre e una parentela per aver detto: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? 8 A questo punto però anche i suoi discepoli, ai quali Cristo offrì come esempio se stesso, potrebbero confessare, per esprimere la loro scarsa considerazione delle parentele terrene in vista del regno dei cieli, di non avere padre, in ottemperanza a quanto Cristo stesso aveva loro detto: Non chiamate padre nessuno sulla terra perché solo Dio è vostro Padre 9. Ciò dunque che insegnò a costoro a proposito dei padri lo applicò per primo alla madre e ai fratelli. E lo stesso fece in molte altre occasioni nelle quali si degnò di presentare se stesso perché lo imitassimo e di prevenirci perché lo seguissimo. Bisogna pertanto considerare come costui, che si lascia vincere in una considerazione ch'egli ritiene fondamentale, per tutto il resto si fermi e si confonda. Dice infatti che non si deve credere agli apostoli che annunziarono non solo la nascita divina di Cristo ma anche quella umana perché aderirono successivamente al giovane e né lo videro alla nascita né dissero di aver udito questo da lui. Perché dunque credono a Giovanni là dove dice: In principio era il Verbo e il verbo era presso Dio e il verbo era Dio. Questo in principio era presso Dio; tutte le cose furono fatte per mezzo suo e nulla fu fatto senza di lui 10? Da rilevare che queste parole con ciò che segue piacciono a loro anche se non le capiscono. Dicano dunque dove Giovanni abbia visto questo o dove abbia detto di averlo udito dallo stesso Signore. Quale che essi abbiano detto essere la fonte attingendo alla quale Giovanni poté giungere alla conoscenza di quanto dice, pensiamo che attingendo ad essa tutti gli annunziatori della natività di Cristo poterono conoscere il contenuto del loro annunzio. Chiedo quindi perché credano che il Signore abbia detto: Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Se credono perché l'ha narrato l'evangelista, perché non credono anche all'altra sua affermazione che suona: Perché la sua madre e i suoi fratelli lo cercavano 11? Se invece ha mentito nel dire quello che essi si rifiutano di credere, come possono credere a lui quando riporta le parole di Cristo ch'essi non vogliono comprendere? Inoltre se Matteo non poté conoscere la nascita di Cristo perché si unì a lui quando era più che adolescente, come poté Mani, nato tanti anni dopo, sapere che Cristo non era nato? Diranno: Questo sapeva lo Spirito Santo che era in Mani. Certamente se egli fosse stato lo Spirito Santo avrebbe detto la verità. Ma perché a proposito di Cristo non crediamo piuttosto ai suoi discepoli che aderirono a lui e vissero con lui? Essi non solo attraverso lo Spirito Santo, che Cristo aveva immesso in loro, poterono conoscere le vicende relative agli uomini ch'essi ignoravano, ma anche ricorrendo alle sole facoltà cognitive dell'uomo riuscirono a ricostruire, anche in considerazione del fatto che la memoria era così recente, la parentela e l'origine di Cristo secondo la carne. E tuttavia gli apostoli sono definiti testimoni ciechi e sordi. Oh se tu non solo fossi stato cieco e sordo si da non apprendere dottrine vane e sacrileghe, ma anche muto, il che ti avrebbe impedito di dire simili scempiaggini!

Note:

1 - Cf. Mt 12, 50.

2 - Mt 8, 20.

3 - Mt 9, 6.

4 - Rm 1, 3; 2 Tm 2, 8.

5 - Cf. Gv 16, 28.

6 - Cf. Gv 6, 41

7 - Cf. Gv 1, 14.

8 - Mt 12, 48.

9 - Mt 23, 9.

10 - Gv 1, 1 ss.

11 - Mt 12, 46 ss.


Presentazione

Il diario di Santa Teresa di Los Andes - Santa Teresa di Los Andes

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DIARIO di SANTA TERESA DI LOS ANDES

La piccola Teresa del Cile

Prima Santa Cilena

"Fin da piccola mi dicevano che ero la più carina dei miei fratelli. Io mi rendevo conto di questo. Ma queste stesse parole me le ripetevano quando ero già più grande, di nascosto della mamma. Solo Dio sa quanto mi è costato distruggere questo orgoglio o vanità che s'impadronì del mio cuore quando fui più grande"

Santa Teresa di Los Andes

Introduzione

"DIO È GIOIA INFINITA"

Nel suo viaggio in Cile, all'inizio di aprile del 1987, il Papa proclamava beata una "ragazza quotidiana", una cristiana di tutti i giorni: Giovanna. E nella primavera del 1995 a Roma la dichiarava Santa.

Ragazza ordinaria, diciamo, pur sapendo che nella sua terra e in tutta l'America Latina è conosciuta molto (ogni mese circa 200 mila persone vanno al suo Santuario) anche come "la piccola suora carmelitana". Infatti dalla scheda biografica che presentiamo sotto, risulta che ha passato gli ultimi undici mesi di vita in un Carmelo Teresiano e, non ancora terminato l'anno canonico del Noviziato, ha "anticipatamente emesso i voti religiosi per poi morire di tifo neppur ventenne, il 12 aprile 1920:

era infatti nata il i 5 luglio 1900 a Santiago.

Iniziando a 15 anni il suo Diario e dedicandolo a una suora che era sua professoressa e guida spirituale, ella, Juanita di battesimo, Teresa nella vita religiosa, scriveva: "Lei crede che s'imbatterà con una storia interessante. Non voglio che s'inganni... La storia della mia anima si riassume in due parole: soffrire e amare".

"LA PIÙ CARINA"

Era abbastanza distaccata, si direbbe, e quasi troppo lucida questa giovinetta quindicenne. "Fin da piccola mi dicevano che ero la più carina dei miei fratelli. Io mi rendevo conto di questo. Ma queste stesse parole me le ripetevano quando ero già più grande, di nascosto della mamma. Solo Dio sa quanto mi è costato distruggere questo orgoglio o vanità che s'impadronì del mio cuore quando fui più grande".

Bisogna dar atto a questa giovinetta che certi valori la devono aver convinta davvero, dal momento che si è impegnata a rinunciare ad "apparenze cosi importanti per qualsiasi donna. E bisogna accettare allora anche il resto delle sue confidenze, scritte sempre nel primo dei sei quaderni del Diario all'età dei suoi quindici anni cruciali. "Fro di carattere timido, di cuore molto sensibile. Piangevo per un nulla. Però ero di temperamento dolce: non mi arrabbiavo mai con nessuno". Era una giovane comune, insomma, e nel contempo una ragazza dotata e quasi privilegiata.

La svolta della vita di Juanita avvenne con la Prima Comunione dell'11 settembre 1910. Infatti, facendo un primo bilancio da quindicenne, scrive: "La mia vita si divide in due periode più o meno dell'età della ragione sino alla Prima Comunione; e dalla Prima Comunione àì poi. O meglio, sarà sino all'approdo della mia anima al porto del Carmelo. Gesù mi colmo di favori tanto nel primo quanto nel secondo periodo".

"DESIDEROSA DI CAREZZE"

A 13 anni Juanita è come tutte le sue coetanee, e forse un po più... uguale: resiste alla voce del Signore e, specialmente quandò s'ammala di difterite, così desiderosa di carezze che non potevo stare sola". Nella sua solitudine di adolescente, però, non le succede solamente di piangere, ma anche di sentirsi invitata interiormente da Cristo "a tenergli compagria nel Tabernacolo. Fu allora che mi diede la vocazione... In quel tempo non vivevo più in me stessa, ma era Gesù a vivere in me".

Torna il pericolo di una morte improvvisa (ormai non più tanto desiderata), in seguito a una sciocca appendicite trascurata e operata da certi medici che "mi sembravano macellai'.

Nel cuore di Juanita è un'altalena di sentimenti che sanno di molto ordinario, ma anche di straordinario. Siamo tra il 1915 e il 1916. Juanita va sempre più stabilendosi in maniera adulta nel proposito di "riservarsi' per Cristo: "Voglio essere di Dio".

Ma sia ben chiaro: il proposito in lei c'è tutto, ma ella non è ancora capace di tufto. Perché è una quindicenne o poco più, alla fm fine. "Per una ragazza è l'età più pericolosa", sentenzia nel Diario. "È l'entrata nel mare tempestoso del mondo. Però Gesù ha preso il comando della barchetta e l'ha tirata in disparte dello scontro con le altre navi mi ha tenuta legata a Lui solo".

Questo non proibisce a Juanita di continuare gli studi in un buon collegio, di stabilire amicizie, di compiere belle cavalcate (è una cilena, dopotutto:

"Hai cavalcato molto? Da parte mia mi sono rifatta dell'anno passato, montando a cavallo tutti i giorni'). E, divertendosi con molta spontaneità ed eleganza, si permette di lanciare i suoi fulmini contro il collegio:

"Ridurrei in cenere l'internato".

Per nostra consolazione, è una ragazza afferrata da Dio, molto simile a noi: e così può insegnarci che la santità non è un giochetto di magia. "9 ottobre. Oggi mi sono confrssata. Quale sollievo ho sperimentato, perche avevo delle colpe che, anche se involontarie; non mi piaceva di averé'.

"CIVETTERIE E CARMELO"

Il giorno dopo, il 10 ottobre del 1915, riferisce di un suo incontro con Madre Rios, la suora sua confidente. "Le ho parlato delle mie civettene. Ella mi ha domandeto come potevo compiere delle civetterie dopo tante chiamate di Dio... Le ho detto ancora che desideravo entrare al Carmelo. Ed ella mi ha detto: e la salute? Resisterà quella? Ah! corpo miserabile che ti opponi ai desideri della mia anima!'.

La domenica che segue a questi alti sospiri Juanita annota: "Abbiamo avuta la messa. Sono stata molto distratta mentre si celebrava, perche i miei cugini stavano in presbiterio e ci guardavano. Era per noi una tentazioné'. Poco più avanti, un venerdì qualunque:

"Mi sento esasperata con un desiderio folle di piangere. Offro a Te; o Gesù, questa pena, poiche voglio soffrire per somigliare a Te... Sull'incudine del dolore vengono lavorate le anime".

Vediamo da queste alterne situazioni d'un cuore di ragazza che esistono due spinte in Juanita, come dovrebbero esserci in tutti i crisfiani: quella di badare a se stessa con egoismo e quella di reintegrare tutto e rivivere ogni cosa, anche la più banale, alla luce di Cristo. "L'io è il dio che adoriamo nel nostro intimo. Ma Gesù chiede questo trono ed è necessario darglielo". Necessario? Per Juanita e per ogni vero credente, sì!

Nel suo caso concreto, ella sente di doverlo dare in un modo piuttosto insolito, come scrive con confidenza a sua sorella Rebecca il 15 aprile 1916. "Ti confiderò il segreto della mia vita. Il desiderio che abbiamo sempre difeso nella nostra fanciullezza di vivere sempre unite sarà ben presto distrutto per un altro ideale più alto. Dovremo seguire distinte strade nella vita. Sono stata catturata nelle reti amorose del Divin Pescatore. Sono sua promessa e molto presto celebreremo i nostri sponsali nel Carmelo. Presto sarò carmelitana".

"MI UBRIACHERÒ’ DEL TUO AMORE"

Teme la propria debolezza, ma non dubita dell'amore di Cristo per lei: "Mi ubriacherò del tuo amore!'.

E continua così, in una maturazione lenta ma solida e ammirevole. Dirà nel 1918: "Io prima credevo impossibile arrivare ad innamorarmi di un Dio che non vedevo, che non potevo accarezzare. Ma oggi so che uno sente talmente questo amore, queste carezze di Nostro Signore; che gli sembra di averlo al suo fianco

Fino al suo ingresso al Carmelo (7 maggio 1919) Juanita sperimenta nel suo spirito le emozioni più opposte, i contrasti più forti. ”Mi trovo al colmo della felicità e del dolore”. Deve chiarire a se stessa la vocazione che sente. Deve chiarirla ai suoi, specialmente a suo padre, a cui domanda la benedizione di partire, aggiungendo categorica: ”E’ necessario che tua figlia ti lasci”.

Per altro, dopo questa dura affermazione, il giorno dopo Juanita scrive alla sorellina chiamata vezzosamente "Gordita", la Cicciottella: "Trovo che ormai siamo in condizioni di pensare al nostro avvenire. Lasciamo di essere bambine; mia cara Gordita, per essere donne. Se ci si obbliga ad entrare in società, andiamo contente, per conoscere dei giovani perché in fin dei conti, se non ci facciamo monache; è necessario preoccuparci un po’ di piacere; d'incontrarci coi giovani. Se poi vediamo che nessuno ci soddisfa, accettiamo la sorte di rimanere nubili, poiche potremo fare molto bene non alienando la nostra libertà. Ti dirò con franchezza che mi costerà innamorarmi, perche sinora nessuno dei giovani conosciuti mi è piaciuto. Sono tutti molto supeficiali C'è qualche cosa in me che impedisce di soddisfare le mie aspirazioni'.

"MI SOTTOMETTO AL SUO VOLERE"

Anche se può sembrare il contrario, Juanita in questo periodo non sta provando a innamorarsi di qualche giovane: sta invece attendendo il permesso di suo padre. Dieci giorni dopo, il 5 aprile 1919, parla con entusiasmo della nascita d'una nipotina ed esclama femminilmente: "Quanto è grande la potenza che Dio manifesta nell'opera della procreazione umana! Quale sapienza prende il cuore e la mente che la contemplano".

Ma scrive subito dopo: "Ho scritto a papà sollecitando il suo permesso e ancora non ha avuto risposta. L'anima mia soffre l'indicibile... Io mi rimetto indiferente alla volontà di Dio. Per me è lo stesso che mio padre mi dia o no il permesso di partire a maggio, che mi lasci o no abbracciare il Carmelo. Certamente ci soffrirei, ma, poiche cerco Lui solo, purche lo faccia contento, che mi può importare il resto? Se Egli lo permette; io mi sottometto al suo volere; giacche ho fatto quanto Egli mi ha ordinato".

Intanto Dio conduce Juanita: "Domenica scorsa papà mi ha dato il suo consenso... Quanto mi sento felice nel contemplare ormai così vicina la montagna del Carmelo! Molto presto la salirò, per vivere crocfiissa".

Il permesso è del 6 aprile. Tre giorni dopo, Juanita scrive al padre: "Papà mio bello, che Dio ti ricompensi mille volte. Mi mancano le parole per ringraziarti come vorrei. Provavo la pena più grande della mia vita vedendo che; per la prima volta, ero io la causa delle tue lacrime. È Dio che de l'energia ai nostri cuori per fare il sacrificio più doloroso in questa vita".

"EGLI È LA MIA RICCHEZZA"

Ormai è evidente che tanto per Juanita come per i suoi è davvero un enorme sacrifico la sua entrata in clausura. E perchè entrarci, allora? Ma si può forse non amare, specialmente non amare Dio? Comunque, il tempo in cui Juanita attende di portarsi al Monastero di Los Andes, che è quello prescelto, e tempo terribile perché dovunque giri lo sguardo non vedi che lacrime. Tuttavia dentro di me sento un energia e un coraggio che mi è impossibile descrivere.

Il 7 maggio 1919 entra ”finalmente” tra le Carmelitane e, con la vestizione religiosa del 14 ottobre successivo, cambia nome: si chiama suor Teresa di Gesù, come la grande Riformatrice spagnola del Carmelo.

Un anno, anzi solo undici mesi di vita carmelitana le sono concessi da Dio. Sono pochi, ma sono così densi da non essere capiti subito: bisogna studiarli bene.

Ci basti aver un po' spiato nel cuore di questa ragazza durante il suo itinerario più ordinario, quello di laica. I quaderni del suo Diario parleranno poi in modo più sobrio, ma più alto e impegnativo: e questo lo vedrà da sé il lettore.

Citiamo solo, per finire, alcune battute prelevate qui e là dalla sua corrispondenza ultima: "Me ne rido di tutto il mondo" - "Egli è la mia ricchezza" - "Possiedo tutto" - "Pregando, lavorando, ridendo" - "Dio è gioia infinita" - "Dio è nostro mendicante" - "Mi ha traformata" - "A prezzo di sangue" - "Questa è la nostra vocazione: siamo delle corredentrici' - "Aadio! Febri coloro che godono di Lui. Viviamo molto uniti in Dio".

Roma, 7 giugno 1998 P. Rodolfo Girardello


CRONOLOGIA

1900 13 luglio. - Nasce a Santiago del Cile. Figlia di Miguel Fernandez Jaraquemada e di Lucia Solar Armstrong. Quinta di sette figli.

        15 luglio. - Viene battezzata nella chiesa parrocchiale di Sant'Anna dal sacerdote Baldomero Grossi con il nome di Juana Enriqueta Josefina dei Sacri     Cuori. Padrino e Madrina: Salvador RuizTagle e Rosa Fernàndez de Ruiz-Tagle.

                            Suoi fratelli e sorelle sono: Lucia, Miguel, Luis, Juana, Rebeca e Ignacio.

                            Soggiorna, alternativamente, nelle proprietà di Santiago e nel podere di campagna di Chacabuco che appartenevano al nonno materno.

1906 Sin dalla sua infanzia, si rallegra di senfir parlare di Dio. Impara a leggere frequentando, per un mese, di pomeriggio, il Collegio retto dalle Teresiane.

1907 Frequenta come esterna il Collegio Alameda retto dalle suore del Sacro Cuore.

                            13 maggio. - Morte del nonno materno, Eulogio Solar Quiroga. Nel cuore di Juanita nasce una tenera devozione alla Santa Vergine Maria che le chiede di recitare tutti i giorni il Rosario. Per tutta la vita ella mantene fede a questa promessa.

                            Insieme alla mamma comincia ad assistere regolarmente alla messa quotidiana e, non potendo comunicarsi come desidera e domanda, inizia a prepararsi alla sua Prima Comunione, applicandosi a "modificare il proprio carattere". Preparata dalle suore, si confessa per la prima volta.

1909 22 ottobre. - Riceve il sacramento della Cresima.

1910 11 settembre. - Dalle mani di Mons. Angel Jara riceve la Prima Comunione nella cappella del Collegio. "Giorno senza nubi" che la segnera definitivamente. "Da allora mi comunicavo tutti i giorni e parlavo a lungo con Gesù...".

1911 8 dicembre. - Ogni anno, dal 1911 al 1914, il giorno dell'Immacolata, Juanita è sempre in punto di morte a seguito di diverse malattie.

Fino al 1915 - Riceve, come alunna esterna, una notevole formazione scolasfica presso il Collegio del Sacro Cuore. Emerge per la sua attenzione nei confronfi degli anziani e dei bisognosi che si spinge sino a mettere all'asta il proprio orologio, a favore d'un bambino povero. Tratta i domesfici con affetto e li cura con sollecitudine nelle loro malattie. Medesima attitudine nei confronti dei mezzadri di Chacabuco durante i soggiorni che vi fa con la famiglia.

1914 30 dicembre. - È operata d'appendicite all'Ospedale San Vicente di Sanfiago, rischiando grosso.

1915 Gennaio - febbraio. - Trascorre la convalescenza a Chacabuco dove si ristabilisce.

        13 luglio. - Quindicesimo compleanno: confessa che Cristo l'ha "catturata".

        Luglio. - Entra come interna nel Collegio del Sacro Cuore, via della Maestranza (oggi via Portogallo).

        10 settembre. - Ha, con Madre Julia Rios, un colloquio decisivo sulla sua vocazione, le confida di avere letto più volte la Vita di Teresa di Lisieur.

        8 dicembre. - Fa voto di casfità e poi lo rinnova periodicamente. Promette di non "avere altro Sposo che Gesù Cristo".

1916 gennaio - febbraio. - Vacanze a Chacabuco. Prende parte alla Missione cittadina e non abbandona né l'orazione, né la lettura spirituale.

        15 aprile. - Svela a sua sorella Rebeca il segreto della propria vocazione: “Voglio essere Carmelitana. Mi ci sono impegnata l'8 dicembre”.

        Durante il ritiro spirituale annuale, s'impegna con un programma di vita che comprende ogni giorno orazione, esame di coscienza, e anche la pratica delrumiltà.

1917 gennaio. - La lettura della Vita di Santa Teresa di Gesù l'incoraggia a essere fedele al proprio progetto d'orazione quotidiana.

        Gennaio - febbraio. - Trascorre qualche settimana di riposo a Chacabuco.

        Tra le decisioni prese per l'anno, vi sono: dimenticare se stessa, applicarsi a far contenti gli altri, vivere con Gesù dentro di sé e rendere piacevole la virtù.

        S'impone dei sacrifici e offre la propria vita al Signore per la conversione di parecchie persone.

        15 giugno, - E ammessa tra le Figlie di Maria e riceve la medaglia distintivo.

        Luglio. - Legge gli scritti di suor Elisabetta della Trinità, che la incanta e si intrattiene fraternamente con lei, poiché la sua gioia, e anche la propria, è di vivere con Gesù nell'intimo di sé e di trasformare tutta la propria esistenza in lode di Dio.

        8 agosto. - Durante il Ritiro fa una confessione generale. Il confessore la assicura che, per grazia di Dio, non ha commesso durante la sua vita alcun peccato mortale.

        5 settembre. - Scrive una prima lettera a Madre Angelica, priora delle Carmelitane di Los Andes. Le manifesta il suo desiderio d'entrare in quella Comunità. Si rende presto conto che avrà grandi difficoltà da superare per poter essere Carmelitana: scarsa salute, opposizioni famigliari, e difficoltà finanziarie per prepararsi la dote.

        20 dicembre. - Supera brillantemente gli esami e con i premi vinti, lascia l'internato per prendersi una vacanza con i suoi.

1918 La corrispondenza con Madre Angelica si intensifica e aumenta pure il desiderio d'essere Carmelitana.

        Gennaio - febbraio. - Vacanze spensierate a Algarrabo.

        12 marzo. - Rientra all'internato.

        Per molti mesi soffre a causa di prove interiori: abbandono spirituale, svogiiatezza. aridità...

        7 agosto. - Ultimo Ritiro spirituale all'internato. Prende la risoluzione di comunicarsi, di fare l'esame di coscienza e l'orazione mentale ogni giorno, di sforzarsi a compiere in tutto la volontà di Dio.

        12 agosto. - Lascia per sempre l'internato proponendosi di avere carattere e di non lasciarsi guidare dal rispetto umano. Né dal sentimento, ma dalla ragione e dalla coscienza.

        Juanita si reca a casa della sorella Lucia che è sposata e si sforza di compiacere tutti e di sacrificarsi per tutti, ad ogni istante.

        7 settembre. - Scrive a Madre Angelica chiedendo di essere ammessa nella sua Comunità. Per lettera la Madre risponde affermativamente.

        Novembre. - Legge il Cammino di Perfezione di Santa Teresa di Gesù. Trascorre una ventina di giorni di riposo a Cuanco nella proprietà dei cugini Elisa e Herminia Valdés.

        Per parecchie settimane, è assalita da dubbi: deve essere Carmelitana o suora del Sacro Cuore? I dubbi sono fugati dai colloqui coi suoi direttori spirituali.

1919 11 gennaio. - Visita con la mamma le Carmelitane di Los Andes. Rientra a casa decisa ad essere una di loro.

        14 gennaio - 7 marzo. - Soggiorna nella proprietà San Pablo. Senza trascurare le incombenze domestiche, collabora alla Missione cittadina, istruisce i bambini nel catechismo, insegna loro diverse materie scolasfiche e li diverte organizzando recite, giochi e tombole.

        7 marzo. - Ritorna a Santiago.

        Trascorre qualche giorno di riposo a Bucalemu, nella proprietà degli zii.

        25 marzo. - Scrive al papà una lettera commovente per domandargli l'autorizzazione d'essere Carmelitana.

        6 aprile. - Riceve la risposta affermativa del papa.

        Da 7 al 15 aprile. - Soggiorna nella proprietà dei cugini Valdés - Ossa a Cunaco.

        Marzo - maggio. - Durante questo periodo, Juanita perviene all'apice della felicità e del dolore La felicità perché il suo ideale di essere tutta di Dio presto si realizzerà, e il martirio il più lacerante perché deve separarsi dai suoi genitori e dai suoi fratelli e sorelle.

        7 maggio. - Entra dalle Carmelitane di Los Andes. Cambia il suo nome e si chiamerà suor Teresa di Gesù.

        8 maggio. - Scrive dal Monastero la sua prima lettera. Si tratta di una eloquente testimonianza del suo amore filiale e della felicità che la inonda.

        Nascosta nella clausura, dà prova tuttavia di un senso apostolico intenso, non soltanto attraverso la fecondità misteriosa del sacrificio e della preghiera, ma anche attraverso le sue lettere.

        14 ottobre. - Vestizione monastica come Carmelitana scalza. Inizia il Noviziato. Ormai, scrive di meno, ma saranno lettere più affettuose e debordanti di umanità. Queste lettere provano in modo eccellente che i santi non sono essere strani e folli, ma persone di un grande equilibrio e solidità. In Dio - "Suo centro e sua dimora" -, Teresa condivide la stabilità e la gioia di colui che è l'Immutabile e vive in pienezza la condizione umana. La morte anch'essa non ha niente di spaventoso per lei perché ella sa che morire, è inabissarsi definitivamente in Dio per vivere tra le sue braccia amanti.

1920 Primi giorni di marzo. - Afferma che morirà fra un mese.

        2 aprile. - Si ammala gravemente di tifo.

        5 aprile. - Domanda gli ultimi Sacramenti e li riceve con grande fervore.

        6 aprile. - Esprime, benché ancora novizia, il desiderio di pronunciare i Voti religiosi prima di morire e rinnova con gioia ed emozione la propria formula di consacrazione al Signore.

        7 aprile. - Ultima Comunione di suor Teresa.

        12 aprile. - Alle ore 19 e 15, si spegne santamente. Aveva diciannove anni e nove mesi, di cui soltanto undici mesi vissuti come Carmelitana!

        14 aprile. - Funerale e sepoltura alla presenza di una numerosissima folla.

        "Suor Teresa di Gesù farà in fretta dei miracoli", afferma il Padre Juliàn Cea, c.m.f. qualche giorno dopo la morte, e la sua previsione è pienamente giustificata.

        Da allora, un numero incalcolabile di persone attribuiscono alla intercessione di Suor Teresa di Gesù grazie e favori di ogni genere.

1940 17 ottobre. - Traslazione dei resti mortali nel sepolcro ricavato nel pavimento del Coro del Monastero di Los Andes.

1947 20 marzo. - Apertura del processo diocesano in previsione della beatificazione. Il processo termina il 14 marzo 1971.

1976 La Sede Apostolica decide di aggiungere al processo diocesano una ulteriore indagine, chiamata processo "cognitionis aperto ufficialmente il 17 novembre per completare e arricchire il precedente. La sessione di chiusura è celebrata il 18 marzo 1978.

1986 22 marzo. - Terminate le normall formalità del processo di beatificazione, in Vaticano viene firmato il decreto di riconoscimento e di approvazione delle virtù eroiche della Serva di Dio. Ora Teresa di Gesù delle Ande ha il titolo di Venerabile.

1987 3 aprile. - Davanti ad una folla di più di trecentomila fedeli, Giovanni Paolo Il la beatifica solennemente a Santiago del Cile.

        18 ottobre. - La Monache Carmelitane Scalze di Los Andes si trasferiscono nel nuovo Monastero di Auco. Portano con loro i resti di Teresa di Gesù che depongono nella piccola cappella, provvisoriamente, nell'attesa che vengano ultimati i lavori della costruzione del nuovo Santuario di Auco.

1988 11 dicembre. - Inaugurazione della cripta del nuovo Santuario e traslazione dei resti della Beata Teresa di Gesù delle Ande.

        13 dicembre. - Dedicazione solenne del Santuario a Nostra Signora del Monte Carmelo, con l'assistenza del Delegato di Sua Santità, il cardinale Juan Francisco Fresno, di Mons. Raùl Silva Henrique e della Conferenza Episcopale Cilena al completo. Il Rito è presieduto dal vescovo diocesano, Monsignor Manuel Camilo Vial.

1991 12 giugno. - Dopo sei mesi di lavoro, il tribunale che esamina la causa di Marcela Antùnez Riveros trasmette gli atti del processo alla Congregazione per le cause dei santi a Roma. La giovane Marcela aveva sofferto d'asfissia d'immersione il 7 dicembre 1978, restando almeno cinque minuti sott'acqua. Le sue compagne e una delle assistenti la raccomandano all'intercessione della Beata Teresa di Gesù delle Ande. La guarigione è quasi istantanea e non le rimane la benché minima conseguenza.

1992 7 giugno. - In conformità al parere dei medici e dei teologi, che non trovano una spiegazione naturale alla pronta guarigione della piccola Marcela Antùnez Riveros, la Congregazione dei vescovi e dei cardinali approva il caso come valido per procedere alla canonizzazione della Beata Teresa di Gesù delle Ande. L'11 luglio viene promulgato il decreto corrispondente.

1995 21 marzo. - All'interno della Basilica di San Pietro a Roma alla presenza di circa cinquemila Cileni provenienti dalla madre patria e da diversi punti dell'Europa, Giovanni Paolo Il proclama solennemente Santa, la Beata Teresa di Gesù delle Ande. È la prima Santa Cilena e la prima Santa Carmelitana Americana. Celebrano con il Santo Padre quasi tutti i Vescovi della Conferenza Episcopale Cilena.


7-32 Luglio 21, 1906 La retta intenzione purga l’azione.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Essendo per poco venuto il benedetto Gesù, mi ha detto:

(2) “Figlia mia, tutte le azioni umane, anche sante, fatte senza un’intenzione speciale per Me, escono dall’anima piene di tenebre, e fatte con retta e con speciale intenzione di piacermi, escono piene di luce, perché l’intenzione è purga dell’azione”.