Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 16° settimana del tempo ordinario (Santa Maria Maddalena)
Vangelo secondo Giovanni 10
1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".
19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?".21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".
22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente".25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;26ma voi non credete, perché non siete mie pecore.27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.30Io e il Padre siamo una cosa sola".
31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?".33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio".34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: 'Io ho detto: voi siete dèi'?35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre".39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero".42E in quel luogo molti credettero in lui.
Genesi 18
1Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno.2Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra,3dicendo: "Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo.4Si vada a prendere un po' di acqua, lavatevi i piedi e accomodatevi sotto l'albero.5Permettete che vada a prendere un boccone di pane e rinfrancatevi il cuore; dopo, potrete proseguire, perché è ben per questo che voi siete passati dal vostro servo". Quelli dissero: "Fa' pure come hai detto".6Allora Abramo andò in fretta nella tenda, da Sara, e disse: "Presto, tre staia di fior di farina, impastala e fanne focacce".7All'armento corse lui stesso, Abramo, prese un vitello tenero e buono e lo diede al servo, che si affrettò a prepararlo.8Prese latte acido e latte fresco insieme con il vitello, che aveva preparato, e li porse a loro. Così, mentr'egli stava in piedi presso di loro sotto l'albero, quelli mangiarono.9Poi gli dissero: "Dov'è Sara, tua moglie?". Rispose: "È là nella tenda".10Il Signore riprese: "Tornerò da te fra un anno a questa data e allora Sara, tua moglie, avrà un figlio". Intanto Sara stava ad ascoltare all'ingresso della tenda ed era dietro di lui.11Abramo e Sara erano vecchi, avanti negli anni; era cessato a Sara ciò che avviene regolarmente alle donne.12Allora Sara rise dentro di sé e disse: "Avvizzita come sono dovrei provare il piacere, mentre il mio signore è vecchio!".13Ma il Signore disse ad Abramo: "Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, mentre sono vecchia?14C'è forse qualche cosa impossibile per il Signore? Al tempo fissato tornerò da te alla stessa data e Sara avrà un figlio".15Allora Sara negò: "Non ho riso!", perché aveva paura; ma quegli disse: "Sì, hai proprio riso".
16Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall'alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli.17Il Signore diceva: "Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare,18mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra?19Infatti io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso".20Disse allora il Signore: "Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave.21Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!".
22Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore.23Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: "Davvero sterminerai il giusto con l'empio?24Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?25Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?".26Rispose il Signore: "Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città".
27Abramo riprese e disse: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere...28Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?". Rispose: "Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque".29Abramo riprese ancora a parlargli e disse: "Forse là se ne troveranno quaranta". Rispose: "Non lo farò, per riguardo a quei quaranta".30Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta". Rispose: "Non lo farò, se ve ne troverò trenta".31Riprese: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti". Rispose: "Non la distruggerò per riguardo a quei venti".32Riprese: "Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci". Rispose: "Non la distruggerò per riguardo a quei dieci".33Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.
Salmi 147
1Alleluia.
Lodate il Signore:
è bello cantare al nostro Dio,
dolce è lodarlo come a lui conviene.
2Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.
3Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite;
4egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
5Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.
6Il Signore sostiene gli umili
ma abbassa fino a terra gli empi.
7Cantate al Signore un canto di grazie,
intonate sulla cetra inni al nostro Dio.
8Egli copre il cielo di nubi,
prepara la pioggia per la terra,
fa germogliare l'erba sui monti.
9Provvede il cibo al bestiame,
ai piccoli del corvo che gridano a lui.
10Non fa conto del vigore del cavallo,
non apprezza l'agile corsa dell'uomo.
11Il Signore si compiace di chi lo teme,
di chi spera nella sua grazia.
12Alleluia.
Glorifica il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion.
13Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
14Egli ha messo pace nei tuoi confini
e ti sazia con fior di frumento.
15Manda sulla terra la sua parola,
il suo messaggio corre veloce.
16Fa scendere la neve come lana,
come polvere sparge la brina.
17Getta come briciole la grandine,
di fronte al suo gelo chi resiste?
18Manda una sua parola ed ecco si scioglie,
fa soffiare il vento e scorrono le acque.
19Annunzia a Giacobbe la sua parola,
le sue leggi e i suoi decreti a Israele.
20Così non ha fatto con nessun altro popolo,
non ha manifestato ad altri i suoi precetti.
Alleluia.
Salmi 132
1'Canto delle ascensioni.'
Ricordati, Signore, di Davide,
di tutte le sue prove,
2quando giurò al Signore,
al Potente di Giacobbe fece voto:
3"Non entrerò sotto il tetto della mia casa,
non mi stenderò sul mio giaciglio,
4non concederò sonno ai miei occhi
né riposo alle mie palpebre,
5finché non trovi una sede per il Signore,
una dimora per il Potente di Giacobbe".
6Ecco, abbiamo saputo che era in Èfrata,
l'abbiamo trovata nei campi di Iàar.
7Entriamo nella sua dimora,
prostriamoci allo sgabello dei suoi piedi.
8Alzati, Signore, verso il luogo del tuo riposo,
tu e l'arca della tua potenza.
9I tuoi sacerdoti si vestano di giustizia,
i tuoi fedeli cantino di gioia.
10Per amore di Davide tuo servo
non respingere il volto del tuo consacrato.
11Il Signore ha giurato a Davide
e non ritratterà la sua parola:
"Il frutto delle tue viscere
io metterò sul tuo trono!
12Se i tuoi figli custodiranno la mia alleanza
e i precetti che insegnerò ad essi,
anche i loro figli per sempre
sederanno sul tuo trono".
13Il Signore ha scelto Sion,
l'ha voluta per sua dimora:
14"Questo è il mio riposo per sempre;
qui abiterò, perché l'ho desiderato.
15Benedirò tutti i suoi raccolti,
sazierò di pane i suoi poveri.
16Rivestirò di salvezza i suoi sacerdoti,
esulteranno di gioia i suoi fedeli.
17Là farò germogliare la potenza di Davide,
preparerò una lampada al mio consacrato.
18Coprirò di vergogna i suoi nemici,
ma su di lui splenderà la corona".
Isaia 54
1Esulta, o sterile che non hai partorito,
prorompi in grida di giubilo e di gioia,
tu che non hai provato i dolori,
perché più numerosi sono i figli dell'abbandonata
che i figli della maritata, dice il Signore.
2Allarga lo spazio della tua tenda,
stendi i teli della tua dimora senza risparmio,
allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti,
3poiché ti allargherai a destra e a sinistra
e la tua discendenza entrerà in possesso delle nazioni,
popolerà le città un tempo deserte.
4Non temere, perché non dovrai più arrossire;
non vergognarti, perché non sarai più disonorata;
anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinezza
e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza.5Poiché tuo sposo è il tuo creatore,
Signore degli eserciti è il suo nome;
tuo redentore è il Santo di Israele,
è chiamato Dio di tutta la terra.
6Come una donna abbandonata
e con l'animo afflitto, ti ha il Signore richiamata.
Viene forse ripudiata la donna sposata in gioventù?
Dice il tuo Dio.
7Per un breve istante ti ho abbandonata,
ma ti riprenderò con immenso amore.
8In un impeto di collera ti ho nascosto
per un poco il mio volto;
ma con affetto perenne ho avuto pietà di te,
dice il tuo redentore, il Signore.
9Ora è per me come ai giorni di Noè,
quando giurai che non avrei più riversato
le acque di Noè sulla terra;
così ora giuro di non più adirarmi
con te e di non farti più minacce.
10Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero,
non si allontanerebbe da te il mio affetto,
né vacillerebbe la mia alleanza di pace;
dice il Signore che ti usa misericordia.
11Afflitta, percossa dal turbine, sconsolata,
ecco io pongo sulla malachite le tue pietre
e sugli zaffiri le tue fondamenta.
12Farò di rubini la tua merlatura,
le tue porte saranno di carbonchi,
tutta la tua cinta sarà di pietre preziose.
13Tutti i tuoi figli saranno discepoli del Signore,
grande sarà la prosperità dei tuoi figli;
14sarai fondata sulla giustizia.
Sta' lontana dall'oppressione, perché non dovrai temere,
dallo spavento, perché non ti si accosterà.
15Ecco, se ci sarà un attacco, non sarà da parte mia.
Chi ti attacca cadrà contro di te.
16Ecco, io ho creato il fabbro
che soffia sul fuoco delle braci
e ne trae gli strumenti per il suo lavoro,
e io ho creato anche il distruttore per devastare.
17Nessun'arma affilata contro di te avrà successo,
farai condannare ogni lingua
che si alzerà contro di te in giudizio.
Questa è la sorte dei servi del Signore,
quanto spetta a loro da parte mia. Oracolo del Signore.
Atti degli Apostoli 13
1C'erano nella comunità di Antiòchia profeti e dottori: Bàrnaba, Simeone soprannominato Niger, Lucio di Cirène, Manaèn, compagno d'infanzia di Erode tetrarca, e Saulo.2Mentre essi stavano celebrando il culto del Signore e digiunando, lo Spirito Santo disse: "Riservate per me Bàrnaba e Saulo per l'opera alla quale li ho chiamati".3Allora, dopo aver digiunato e pregato, imposero loro le mani e li accomiatarono.
4Essi dunque, inviati dallo Spirito Santo, discesero a Selèucia e di qui salparono verso Cipro.5Giunti a Salamina cominciarono ad annunziare la parola di Dio nelle sinagoghe dei Giudei, avendo con loro anche Giovanni come aiutante.6Attraversata tutta l'isola fino a Pafo, vi trovarono un tale, mago e falso profeta giudeo, di nome Bar-Iesus,7al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona di senno, che aveva fatto chiamare a sé Bàrnaba e Saulo e desiderava ascoltare la parola di Dio.8Ma Elimas, il mago, - ciò infatti significa il suo nome - faceva loro opposizione cercando di distogliere il proconsole dalla fede.9Allora Saulo, detto anche Paolo, pieno di Spirito Santo, fissò gli occhi su di lui e disse:10"O uomo pieno di ogni frode e di ogni malizia, figlio del diavolo, nemico di ogni giustizia, quando cesserai di sconvolgere le vie diritte del Signore?11Ecco la mano del Signore è sopra di te: sarai cieco e per un certo tempo non vedrai il sole". Di colpo piombò su di lui oscurità e tenebra, e brancolando cercava chi lo guidasse per mano.12Quando vide l'accaduto, il proconsole credette, colpito dalla dottrina del Signore.
13Salpati da Pafo, Paolo e i suoi compagni giunsero a Perge di Panfilia. Giovanni si separò da loro e ritornò a Gerusalemme.14Essi invece proseguendo da Perge, arrivarono ad Antiòchia di Pisidia ed entrati nella sinagoga nel giorno di sabato, si sedettero.15Dopo la lettura della Legge e dei Profeti, i capi della sinagoga mandarono a dire loro: "Fratelli, se avete qualche parola di esortazione per il popolo, parlate!".
16Si alzò Paolo e fatto cenno con la mano disse: "Uomini di Israele e voi timorati di Dio, ascoltate.17Il Dio di questo popolo d'Israele scelse i nostri padri ed esaltò il popolo durante il suo esilio in terra d'Egitto, 'e con braccio potente li condusse via di là'.18Quindi, 'dopo essersi preso cura di loro per circa quarant'anni nel deserto',19'distrusse sette popoli nel paese di Canaan e concesse loro in eredità' quelle terre,20per circa quattrocentocinquanta anni. Dopo questo diede loro dei Giudici, fino al profeta Samuele.21Allora essi chiesero un re e Dio diede loro Saul, figlio di Cis, della tribù di Beniamino, per quaranta anni.22E, dopo averlo rimosso dal regno, suscitò per loro come re Davide, al quale rese questa testimonianza: 'Ho trovato Davide', figlio di Iesse, 'uomo secondo il mio cuore'; egli adempirà tutti i miei voleri.
23Dalla discendenza di lui, secondo la promessa, Dio trasse per Israele un salvatore, Gesù.24Giovanni aveva preparato la sua venuta predicando un battesimo di penitenza a tutto il popolo d'Israele.25Diceva Giovanni sul finire della sua missione: Io non sono ciò che voi pensate che io sia! Ecco, viene dopo di me uno, al quale io non sono degno di sciogliere i sandali.
26Fratelli, figli della stirpe di Abramo, e quanti fra voi siete timorati di Dio, a noi è stata mandata questa parola di salvezza.27Gli abitanti di Gerusalemme infatti e i loro capi non l'hanno riconosciuto e condannandolo hanno adempiuto le parole dei profeti che si leggono ogni sabato;28e, pur non avendo trovato in lui nessun motivo di condanna a morte, chiesero a Pilato che fosse ucciso.29Dopo aver compiuto tutto quanto era stato scritto di lui, lo deposero dalla croce e lo misero nel sepolcro.30Ma Dio lo ha risuscitato dai morti31ed egli è apparso per molti giorni a quelli che erano saliti con lui dalla Galilea a Gerusalemme, e questi ora sono i suoi testimoni davanti al popolo.
32E noi vi annunziamo la buona novella che la promessa fatta ai padri si è compiuta,33poiché Dio l'ha attuata per noi, loro figli, risuscitando Gesù, come anche sta scritto nel salmo secondo:
'Mio figlio sei tu, oggi ti ho generato.'
34E che Dio lo ha risuscitato dai morti, in modo che non abbia mai più a tornare alla corruzione, è quanto ha dichiarato:
'Darò a voi le cose sante promesse a Davide, quelle
sicure.'
35Per questo anche in un altro luogo dice:
'Non permetterai che il tuo santo subisca la
corruzione.'
36Ora Davide, dopo aver eseguito il volere di Dio nella sua generazione, morì e fu unito ai suoi padri e subì la corruzione.37Ma colui che Dio ha risuscitato, non ha subìto la corruzione.38Vi sia dunque noto, fratelli, che per opera di lui vi viene annunziata la remissione dei peccati39e che per lui chiunque crede riceve giustificazione da tutto ciò da cui non vi fu possibile essere giustificati mediante la legge di Mosè.40Guardate dunque che non avvenga su di voi ciò che è detto nei Profeti:
41'Mirate, beffardi,
stupite e nascondetevi,
poiché un'opera io compio ai vostri giorni,
un'opera che non credereste, se vi fosse
raccontata'!".
42E, mentre uscivano, li pregavano di esporre ancora queste cose nel prossimo sabato.43Sciolta poi l'assemblea, molti Giudei e proseliti credenti in Dio seguirono Paolo e Bàrnaba ed essi, intrattenendosi con loro, li esortavano a perseverare nella grazia di Dio.
44Il sabato seguente quasi tutta la città si radunò per ascoltare la parola di Dio.45Quando videro quella moltitudine, i Giudei furono pieni di gelosia e contraddicevano le affermazioni di Paolo, bestemmiando.46Allora Paolo e Bàrnaba con franchezza dichiararono: "Era necessario che fosse annunziata a voi per primi la parola di Dio, ma poiché la respingete e non vi giudicate degni della vita eterna, ecco noi ci rivolgiamo ai pagani.47Così infatti ci ha ordinato il Signore:
'Io ti ho posto come luce per le genti,
perché tu porti la salvezza sino all'estremità della
terra'".
48Nell'udir ciò, i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla vita eterna.49La parola di Dio si diffondeva per tutta la regione.50Ma i Giudei sobillarono le donne pie di alto rango e i notabili della città e suscitarono una persecuzione contro Paolo e Bàrnaba e li scacciarono dal loro territorio.51Allora essi, scossa contro di loro la polvere dei piedi, andarono a Icònio,52mentre i discepoli erano pieni di gioia e di Spirito Santo.
Capitolo XVIII: Gli esempi dei grandi padri santi
Leggilo nella Biblioteca1. Guarda ai luminosi esempi dei grandi santi padri, nei quali rifulse una pietà veramente perfetta e vedrai come sia ben poco, e quasi nulla, quello che facciamo noi. Ahimé!, che cosa è la nostra vita, paragonata alla vita di quei santi? Veramente santi, e amici di Cristo, costoro servirono il Signore nella fame e nella sete; nel freddo, senza avere di che coprirsi; nel faticoso lavoro; nelle veglie e nei digiuni; nelle preghiere e nelle pie meditazioni; spesso nelle ingiurie e nelle persecuzioni. Quante tribolazioni, e quanto gravi, hanno patito gli apostoli, i martiri, i testimoni della fede, le vergini e tutti gli altri che vollero seguire le orme di Cristo; essi infatti, ebbero in odio se stessi in questo mondo, per possedere le loro anime nella vita eterna. Quale vita rigorosa, e piena di rinunce, vissero questi grandi padri nel deserto; quante lunghe e gravi tentazioni ebbero a sopportare; quanto spesso furono tormentati dal diavolo; quante ripetute e fervide preghiere offrirono a Dio; quali dure astinenze seppero sopportare. Come furono grandi l'ardore e il fervore con i quali mirarono al loro progresso spirituale; come fu coraggiosa la battaglia che essi fecero per vincere i loro vizi; come fu piena e retta la loro intenzione, che essi tennero sempre volta a Dio! Lavoravano per tutta la giornata, e la notte la passavano in continua preghiera; ma neppure durante il lavoro veniva mai meno in loro l'orazione interiore. Tutto il loro tempo era impiegato utilmente; e a loro sembrava troppo corta ogni ora dedicata a Dio; ancora, per la grande soavità della contemplazione, dimenticavano persino la necessità di rifocillare il corpo. Rinunciavano a tutte le ricchezze, alle cariche, agli onori, alle amicizie e alle parentele; nulla volevano avere delle cose del mondo; mangiavano appena quanto era necessario alla vita e si lamentavano quando si dovevano sottomettere a necessità materiali.
2. Erano poveri di cose terrene, molto ricchi invece di grazia e di virtù; esteriormente miserabili, ricompensati però interiormente dalla grazia e dalla consolazione divina; lontani dal mondo, ma vicini a Dio, amici intimi di Dio,; si ritenevano un nulla ed erano disprezzati dagli uomini, ma erano preziosi e cari agli occhi di Dio. Stavano in sincera umiltà, vivevano in schietta obbedienza; camminavano in amore e sapienza: per questo progredivano spiritualmente ogni giorno, e ottenevano tanta grazia presso Dio. Essi sono offerti come esempio per tutti coloro che si sono dati alla vita religiosa; essi ci devono indurre all'avanzamento nel bene, più che non ci induca al rilassamento la schiera delle persone poco fervorose.
3. Quanto fu grande l'ardore di questi uomini di Dio, quando diedero inizio alle loro istituzioni. Quale devozione nella preghiera, quale slancio nella vita, quale rigore in esso vigoreggiò; quanto rispetto e quanta docilità sotto la regola del maestro fiorì in tutti loro. Restano ancora certi ruderi abbandonati, ad attestare che furono veramente uomini santi e perfetti, costoro, che con una strenua lotta, schiacciarono il mondo. Oggi, invece, già uno è ritenuto buono se non tradisce la fede; se riesce a sopportare con pazienza quel che gli tocca. Tale è la nostra attuale condizione di negligente tiepidezza, che ben presto cadiamo nel fervore iniziale; pigri e stanchi, già ci viene a noia la vita. Voglia il cielo che in te non si vada spegnendo del tutto l'avanzamento nelle virtù; in te che frequentemente hai avuto sotto gli occhi gli esempi dei santi.
Utilità del digiuno
Sant'Agostino - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca
Fame degli uomini, fame degli angeli. Fame e sete di giustizia.
1. 1. Dire qualcosa sul digiuno è un'ispirazione divina e anche il tempo dell'anno ci invita a farlo. E` un'osservanza questa, una virtù dell'animo, un vantaggio dello spirito a spese della carne, e non può essere oggetto di offerta a Dio da parte degli angeli. In cielo vi è ogni abbondanza e sazietà eterna. Lì non manca nulla perché in Dio si appaga ogni desiderio. Lì il pane degli angeli è Dio, che si è fatto uomo perché anche l'uomo potesse cibarsene 1. Qui tutte le anime, che sono vestite di un corpo terreno, riempiono il ventre dei frutti della terra, là gli spiriti razionali, che governano corpi celesti, riempiono di Dio le loro menti. Tanto qui che lì vi è un cibo. Ma questo cibo nostro nel momento stesso che ristora viene meno; diminuisce nella misura in cui riempie. Quello invece rimane integro anche quando riempie. Bisogna aver fame di quel cibo. Lo prescrive Cristo quando dice: Beati quelli che hanno fame e sete di giustizia, perché saranno saziati 2. Nel corso della vita terrena compete agli uomini aver fame e sete di giustizia, ma esserne appagati appartiene all'altra vita. Gli angeli si saziano di questo pane, di questo cibo. Gli uomini invece ne hanno fame, sono tutti protesi nel desiderio di esso. Questo protendersi nel desiderio dilata l'anima, ne aumenta la capacità. Fatti più capaci, a suo tempo saranno appagati. Che dire allora? Che su questa terra non ricevono alcun appagamento quelli che hanno fame e sete di giustizia? Sì che ricevono qualcosa, ma un conto è la refezione del viandante, un altro la perfezione dei beati. Ascolta l'Apostolo, che ha fame e sete, e certamente di giustizia, la più che se ne può raggiungere in questa vita, la più che se ne può praticare. Nessuno oserebbe confrontarsi con lui nonché ritenersi superiore. Dice dunque: Non che io abbia già acquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione 3. E considerate chi è che parla: il " Vaso di elezione " 4, l'estremo lembo, per così dire, del vestito del Salvatore, una estrema frangia che tuttavia sana chi la tocca, come la donna che pativa perdite di sangue, perché aveva fede 5. E` l'ultimo e il più piccolo degli Apostoli, come egli stesso dice: Io sono l'ultimo degli Apostoli, e: Io sono l'infimo degli Apostoli, e ancora: Non sono degno neppure di essere chiamato apostolo, perché ho perseguitato la Chiesa di Dio. Ma per grazia di Dio sono quello che sono e la sua grazia in me non è stata vana, anzi ho faticato più di tutti loro; non io però, ma la grazia di Dio con me 6. Ascoltando queste parole, ti sembra di ascoltare uno che è ripieno di grazia, al colmo della perfezione. Ma se l'hai ascoltato quando è sazio, ascolta di che cosa ha ancora fame. Dice: Non che io abbia già conquistato il premio o sia ormai arrivato alla perfezione, e: Fratelli, io non ritengo di aver raggiunto la méta, ma una cosa sì: dimentico del passato e proteso verso il futuro corro verso la méta, per arrivare al premio che Dio ci chiama a ricevere in Cristo Gesù 7. Dice di non essere ancora perfetto, di non avere ancora ricevuto, di non avere ancora raggiunto. Ma dice di essere proteso in avanti; di correre verso il premio della chiamata superna. E` in viaggio; ha fame, vuol essere saziato, si affretta, desidera giungere, brucia: nulla gli tarda quanto essere sciolto dal corpo per essere con Cristo 8.
Alimento terreno, alimento celeste.
2. 2. Dunque, carissimi, come c'è un alimento terreno, di cui si nutre la carne debole, c'è anche un alimento celeste di cui si ricolma l'anima pia. L'uno e l'altro hanno un ruolo vitale: l'uno per gli uomini, l'altro per gli angeli. Tengono un luogo intermedio gli uomini di fede, distinti nel loro animo dalla turba degli infedeli. Essi sono protesi verso Dio, e a loro va il richiamo: In alto il cuore 9, perché hanno la speranza di un'altra vita 10 e sanno che in questo mondo sono di passaggio 11. Essi non si possono confrontare con quelli che ritengono essere un bene solo il godimento dei piaceri terreni 12 e neppure con quegli altri che abitano le supreme sedi del cielo, la cui sola delizia è quel Pane stesso da cui sono stati creati. Quelli che sono chini sulla terra, in cerca di cibo e di piacere che riguardi la sola carne, sono da paragonarsi agli animali. Distano di gran lunga dagli angeli per la condizione obiettiva e per il costume morale: per la condizione, perché sono mortali; per il costume, perché sono sensuali. Fra quel popolo celeste e quello terrestre era in certo modo sospeso l'Apostolo; là s'incamminava, di là ritornava, là tendeva da qui sollevandosi. Non poteva ancora dirsi partecipe di quel popolo, perché allora avrebbe detto: " Sono nella perfezione "; né era con questi uomini pigri, inerti, fiacchi, sonnolenti, che non credono se non in ciò che vedono e in ciò che passa, e che sono nati e che moriranno 13. Se si ritenesse della loro schiera non direbbe: Corro al premio della superna chiamata 14. Dobbiamo dunque regolare i nostri digiuni. Questo non è, come ho detto, un adempimento angelico e neanche lo è di quegli uomini che sono schiavi della gola 15. E` un atto proprio alla via di mezzo, la nostra, per cui viviamo distinti da chi non ha fede e con l'aspirazione di essere uniti agli angeli. Non siamo ancora giunti, ma siamo in cammino; non abbiamo ancora quella felicità, ma di qui vi sospiriamo. Qual è l'utilità di astenersi un poco dal cibo e dal piacere della carne? La carne preme contro il suolo, la mente tende all'alto; è trasportata dall'amore, è ritardata dal peso. A questo proposito dice la Scrittura: Il corpo soggetto a corruzione appesantisce l'anima e l'abitazione terrena dei sensi grava la mente dai molti pensieri 16. Se dunque la carne china sulla terra è un peso all'anima, un bagaglio che appesantisce il suo volo, quanto più uno ripone le sue gioie nella sua vita superiore, tanto più depone del suo bagaglio terreno. Ecco che cosa facciamo quando digiuniamo.
Necessità del digiuno.
3. 3. Il digiuno non vi sembri una cosa di poca importanza o superflua; chi lo pratica, secondo le consuetudini della Chiesa, non pensi fra sé, non dica fra sé, ascoltando il tentatore che suggerisce nell'intimo: " Che cosa digiuni a fare? 17. Defraudi la tua vita, non le dài ciò che le fa piacere; ti procuri da te stesso una pena, ti fai carnefice e tormentatore di te stesso. A Dio può piacere che tu ti tormenti? Sarebbe crudele se avesse piacere delle tue pene ". Ma tu rispondi così al tentatore: " Mi dò certo un supplizio, ma perché egli mi perdoni, da me stesso mi castigo perché egli mi aiuti, per piacere ai suoi occhi, per arrivare al diletto della sua dolcezza. Anche la vittima è tormentata, per essere posta sull'altare. Così la mia carne appesantisce meno il mio spirito ". A questo cattivo consigliere, schiavo del ventre, rispondi con questo esempio: " Se tu, per caso, cavalcassi un giumento, se montassi un cavallo che con la sua andatura sfrenata ti potesse far cadere, per fare un viaggio tranquillo non razioneresti il cibo a quel furente, non cercheresti di domare con la fame quello che non riesci a domare col morso? La mia carne è il mio giumento mentre faccio il viaggio verso Gerusalemme, spesso mi porta via, cerca di buttarmi fuori dalla strada. La mia via è Cristo 18. Non dovrò dunque frenare con il digiuno la bestia che va a sbalzi? ". Se qualcuno capisce ciò, può verificare con la sua stessa esperienza quanto sia utile il digiuno. Ma questa carne, che ora è domata, lo dovrà essere sempre? Finché oscilla nella situazione temporale, finché è appesantita dalla condizione di mortalità, ha questi sbalzi, ben visibili e pericolosi al nostro spirito. La carne qui infatti è ancora corruttibile, non è ancora risorta. Il fatto è che non sempre sarà così; adesso non ha ancora lo stato proprio della costituzione celeste, non siamo ancora resi uguali agli angeli di Dio 19.
Carne e spirito. Errori dei Manichei.
4. 4. Ma non pensi, la vostra Dilezione, che la carne sia nemica dello spirito, quasi che uno sia l'autore della carne e un altro quello dello spirito. Molti, soggetti alla carne, seguendo questa opinione deviarono ritenendo che uno fosse l'autore della carne e un altro quello dello spirito. Per di più si avvalgono, senza comprenderla appieno, di una testimonianza apostolica: La carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito ha desideri contrari alla carne 20. Ciò è vero, ma osserva anche quest'altro passo: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa 21. Nel primo passo citato sembra di vedere come una lotta fra due nemici, la carne e lo spirito, perché la carne ha desideri contrari allo spirito, e lo spirito ha desideri contrari alla carne. In questo secondo passo invece vi è quasi un'unione coniugale: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa. Come ci comporteremo di fronte a questi due pareri? Se sono contrari, quale accetteremo, quale rifiuteremo? Il fatto è che non sono contrari. Stia attenta, la Carità vostra, io intanto li accetto tutti e due e dimosterò, per quanto mi è possibile, che concordano. Chiunque sia tu che stabilisci un creatore della carne e un altro dello spirito, che ne pensi del passo che dice: Nessuno ha mai in odio la propria carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa? Non t'impressiona il paragone? Nutre dice e riscalda come Cristo la Chiesa. Supponi di credere che la carne sia una catena. E chi ama la sua catena? Supponi che la carne sia un carcere. E chi ama il suo carcere? Nessuno ha mai in odio la sua carne. Chi non odierebbe di essere incatenato, chi non odierebbe il suo supplizio? E invece: Nessuno ha mai in odio la sua carne, ma la nutre e la riscalda, come Cristo la Chiesa. Se dunque tu poni un autore alla carne e un altro allo spirito, ne consegue che devi porne uno a Cristo e un altro alla Chiesa. Il che, per chi sa, è una sciocchezza. Dunque ognuno ama la sua carne. Lo dice l'Apostolo, e oltre alle parole dell'Apostolo, c'è l'esperienza personale. Puoi essere padrone della tua carne finché vuoi, puoi accenderti di severità contro di essa, ma se qualcuno sta per darti un colpo, tu chiudi gli occhi.
4. 5. E` come una specie di matrimonio tra lo spirito e la carne. Come si spiega che la carne ha desideri contrari allo spirito e lo spirito contrari alla carne 22? Come si spiega questo castigo che proviene da una propaggine della morte? Perché è detto: Tutti muoiono in Adamo 23? Perché l'Apostolo dice: Fummo anche noi un tempo meritevoli di ira, come gli altri 24? Egli ricevette sentenza di morte: da lui siamo nati; da lui deriviamo questa carne che dobbiamo vincere. E così abbiamo desideri contro la carne, per sottometterla a noi, domata, per portarla ad ubbidienza. Ma noi non odiamo chi vogliamo semplicemente che ci ubbidisca. Ciascuno dà per lo più una regola alla moglie, in casa; cerca di farla ubbidire se è renitente, ma non perseguita una nemica 25. Cerchi di domare anche il figlio, perché ti ubbidisca. Forse che lo odii, lo ritieni forse un nemico? Ami e castighi anche il tuo servo e nel punirlo lo rendi ubbidiente. Su questo argomento hai un pensiero chiaro e completo dell'Apostolo: Non corro - dice - come chi è senza méta; non faccio il pugilato come uno che batte l'aria, ma tratto duramente il mio corpo e lo trascino in servitù, perché non succeda che dopo aver predicato agli altri, venga io stesso squalificato 26. La carne ha, per la sua condizione terrena, certi suoi appetiti: su questi puoi esercitare un freno. Se ti lasci dirigere da chi sta sopra di te, puoi ben dirigere chi sta sotto di te. Sotto di te c'è la tua carne; sopra di te il tuo Dio. Sei ammonito in che modo ti competa servire il tuo Dio quando vuoi che la tua carne serva a te. Tu fai attenzione a quello che ti sta sotto. Osserva anche quello che ti sta sopra. Tu non hai potere sul dipendente se non in quanto ti viene dal superiore a te. Sei servo, hai un servo. Ma il Signore ha due servi. Il tuo servo è più nel potere del Signore che nel tuo. Dunque, tu vuoi essere ubbidito dalla carne. Ma essa non lo può in tutto. In tutto ubbidisce al suo Signore ma non a te. Tu mi domandi spiegazione. Tu cammini, muovi i piedi. Essa ti segue. Ma camminerà con te per tutto il tempo che tu vorresti? E` animata da te. Ma forse fino a quando tu vorresti? E anche: stai male quando vuoi, stai bene quando vuoi? Il tuo Signore ti tiene per lo più in esercizio per mezzo di questo tuo servitore, perché come hai disprezzato lui meriti di essere corretto per mezzo del servo.
Necessità del dominio sui sensi.
5. 6. Questo problema in che senso ti riguarda? Nel non abbandonarti al piacere della carne fino all'illecito e qualche volta nel mettere un freno anche a ciò che è lecito. Chi non mette mai un freno alle cose lecite, è contiguo alle illecite. Come, ad esempio, fratelli, è lecito il matrimonio, illecito l'adulterio; e tuttavia gli uomini temperanti, per tenersi lontani dall'adulterio illecito, pongono un freno anche nel matrimonio lecito. E` lecito bere a sazietà, è illecita l'ubriachezza; tuttavia gli uomini morigerati, per tenersi lontani dalla vergogna dell'ubriachezza, reprimono anche, in parte, la loro libertà di farsi sazi. Comportiamoci così, fratelli; siamo temperanti e agiamo coscientemente, tenendo presente il fine del nostro agire. Ponendo una misura al piacere della carne, si acquista il piacere dello spirito.
Scopo del digiuno.
5. 7. Perciò bisogna considerare quale sia il fine dei nostri digiuni in rapporto al nostro cammino, quale sia il nostro cammino, quale la méta. Infatti anche i pagani qualche volta digiunano, ma non sanno quale è la méta a cui tendiamo noi. Anche i Giudei qualche volta digiunano ma non hanno preso la via che percorriamo noi. E` come quando uno doma il suo cavallo ma prende una strada sbagliata. Digiunano anche gli eretici. Vedo il loro comportamento. Domando quale è la loro méta. " Voi digiunate - dico - ma per piacere a chi? ". " A Dio ", rispondono. " Ma siete sicuri che il dono è accettato? ". Bisogna anzitutto considerare questo monito: Lascia il tuo dono e va' prima a riconciliarti col tuo fratello 27. Non è corretto domare le proprie membra e dilaniare le membra di Cristo 28. E` stato scritto: Si sente il clamore di litigi tra di voi e anche provocate e colpite con pugni quelli che stanno sotto la vostra giurisdizione. Non è questo il digiuno che voglio, dice il Signore 29. Sarebbe dunque da disapprovare il tuo digiuno se tu fossi nel contempo eccessivamente severo col tuo servo. Come si può approvare il tuo digiuno se non riconosci il tuo fratello? Non cerco da che cibo ti astieni, ma che cibo ami. Dimmi che cibo ami perché io possa acconsentire al fatto che tu te ne astenga. Ami il cibo della giustizia? Forse mi risponderai: " Lo amo ". Sia dunque manifesta la tua giustizia. Io ritengo cosa giusta infatti che tu adempia al tuo servizio verso il tuo superiore, affinché il tuo dipendente lo adempia verso di te. Parlavamo della carne, che è inferiore allo spirito, gli è soggetta; è fatta per essere da lui domata e regolata. Tu ti comporti con essa in modo che ti ubbidisca e le razioni il cibo perché la vuoi a te soggetta. Riconosci chi è maggiore, riconosci chi è superiore, se vuoi che l'inferiore giustamente si sottometta a te.
6. 7. E` un controsenso se la tua carne ubbidisce a te e tu non ubbidisci al tuo Dio. Da essa stessa sei condannato per il fatto che ti ubbidisce. Ubbidendoti fa testimonianza contro di te.
L'unità vale più del digiuno.
6. 8. " Ma a quale superiore - mi domandi - si deve ubbidire? ". Ecco che parla Cristo (tu ti eri detto amante della giustizia): Vi dò un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri 30. Ascolta dunque il tuo Signore che comanda di amarci a vicenda. Egli fa un corpo solo di noi tutti, come membra del suo corpo, e il corpo ha un solo capo che è lui, il nostro Signore e Salvatore. Ma tu ti vuoi staccare dalle membra di Cristo. Tu non ami l'unità. Se ti fossi distorto un dito non correresti dal medico perché te lo aggiustasse? Il tuo corpo sta bene quando le sue membra si armonizzano tra loro; allora ti chiami sano, allora stai bene. Ma se qualcosa nel tuo corpo è in dissonanza con le altre parti, tu vai a cercare chi ti corregga. Perché dunque non cerchi che si corregga, che ritorni nella compagine delle membra di Cristo, che si armonizzi in questo stesso corpo e nel tuo 31 ciò che è in dissonanza? Certamente rispetto a tutte le altre membra i capelli sono una cosa di minore importanza 32. Che cosa c'è di più infimo, nel tuo corpo, dei tuoi capelli, di più insignificante, di minor conto? Eppure se vieni mal rasato ti inquieti col barbiere perché il taglio non è uniforme 33. E invece per le membra di Cristo non ti preoccupi di mantenere l'unità. E allora a che cosa valgono, a che cosa giovano i tuoi digiuni? Arrivi a ritenere che Dio non sia degno di essere servito nell'unità da tutti coloro che credono in lui; e tuttavia nel tuo corpo, nelle tue membra, nei tuoi capelli vuoi che questa unità sia osservata. Parlano le tue viscere, le tue membra che portano, contro di te, una vera testimonianza e tu invece ne porti una falsa contro le membra di Cristo.
Lo spirito scismatico.
6. 9. Ti sei dissociato dal digiuno dei pagani? u lo credi e perciò ti ritieni sicuro. " Io - dici - digiuno per Cristo. Essi per gli idoli e i demoni ". Accetto il tuo ragionamento e, in realtà, la distinzione c'è. Ma ecco, come dicevo poc'anzi, in qual modo le tue membra portavano una testimonianza contro di te, così che ti ammonivo come devi comportarti con le membra di Cristo tuo Dio; e gli stessi pagani, dai quali distingui il tuo digiuno, ti insegnino qualcosa sull'unità del tuo Cristo.
I pagani sono concordi nel culto agli stessi dèi fra loro discordi.
7. 9. Ecco, essi, non divisi tra loro, venerano molti dèi falsi. E noi forse abbiamo trovato l'unico, vero Dio ma in modo tale da non essere nell'unità pur essendo sotto un solo Dio? Essi ne hanno molti e falsi, noi uno solo e vero. Essi sotto molti e falsi non hanno divisione; noi sotto uno e vero non arriviamo a tenere l'unità. Non ti dispiace, non te ne rammarichi, non ti vergogni? C'è di più. I pagani non solo venerano molti dèi falsi, ma anche parecchi fra di loro contrari e nemici. A mo' di esempio ricordiamone alcuni, se non possiamo tutti. Ercole e Giunone erano nemici: erano stati uomini infatti, figliastro lui, matrigna lei. All'uno e all'altro i pagani eressero templi, a Giunone e ad Ercole. Adorano lui, adorano lei. Vanno ugualmente da Giunone, ugualmente da Ercole. Sono concordi nel culto a loro che sono in discordia. Vulcano e Marte sono nemici e ne ha buona ragione Vulcano; ma dammi un giudice che ascolti! Il misero odia l'adulterio della moglie e tuttavia non osa distogliere dal tempio di Marte i suoi devoti. E così adorano l'uno e l'altro. Se dovessero imitare i loro dèi litigherebbero anche i devoti. Vanno invece dal tempio di Marte a quello di Vulcano. Sembrerebbe una sconvenienza. E invece non temono che il marito si adiri perché si viene a lui dal tempio dell'adultero Marte. (Hanno buon senso, sanno che la pietra non può sentire). Ecco, venerandone molti, falsi, diversi, avversi tra loro, tengono tuttavia nel venerarli una certa unità. In questo modo gli stessi pagani, dai quali hai distinto il tuo digiuno, portano una testimonianza contro di te. Vieni all'unità, fratello [donatista]! Noi veneriamo un solo Dio e non abbiamo mai visto il Padre e il Figlio in litigio tra loro 34. I pagani non vadano in collera con me perché ho detto queste cose dei loro dèi. Perché dovrebbero adirarsi delle mie parole e non piuttosto dei loro scritti? Questi distruggano prima, se possono, anzi se vogliono. Se non vogliono esserne ammaestrati i grammatici smettano d'insegnare. Si adirerebbe dunque con me [il pagano] in quanto dico le stesse cose per cui paga la scuola affinché il figlio le impari?
Adoperarsi per l'unità coi Donatisti.
8. 10. Dunque, o carissimi, essi hanno precisamente tali dèi, o meglio li ebbero. Poiché infatti essi non vollero abbandonarli, furono abbandonati da loro. Ci sono molti anche che li abbandonarono e ancora oggi li abbandonano: abbattono i loro templi all'interno del cuore; godiamo di loro in quanto vengono all'unità, non alla divisione. Il pagano non trovi un'occasione che lo induca a non diventare cristiano. Siamo concordi, fratelli, noi che veneriamo un solo Dio, per poterli in un certo qual modo, con la nostra concordia, esortare ad abbandonare i molti dèi perché vengano alla pace e all'unità a venerare un solo Dio. E se per caso, per il fatto che noi cristiani non abbiamo tra di noi l'unità, s'infastidiscono e per questo ci criticano e perciò sono lenti e pigri nel venire alla salvezza, li arringherò un poco. Vi dirò io che cosa dovete dir loro. Non preferiscano a noi la loro quasi concordia, non si compiacciano della loro unità. Essi non devono sopportare il nemico che dobbiamo affrontare noi. Questo nemico stesso in sostanza li possiede anche se non sono discordi 35. Egli li vede adoratori dei falsi dèi, li vede servi e servi di demoni. A questo punto che vantaggio c'è per lui se litigano o, per lui, che danno c'è se non litigano? Li possiede comunque così come sono, partecipi della stessa credenza vana e falsa, anche se d'accordo tra di loro. Quando si vedrà abbandonato e vedrà molti correre all'unico Dio, lasciare i suoi sacrileghi riti, abbattere i templi, spezzare gli idoli, proibire i sacrifici, allora vedrà di aver perso quelli che teneva in potere, li vedrà allontanarsi dalla sua famiglia, conoscere il vero Dio. Allora che farà? A quali insidie ricorrerà? Sa che non ci può possedere se siamo concordi, che non ci può dividere l'unico Dio, che non può più presentare a noi i falsi dèi. Sa che la nostra vita è la carità, la nostra morte la discordia; perciò ha introdotto liti tra i cristiani, non potendo fabbricare molti dèi per i cristiani; moltiplicò le sètte, seminò errori, stabilì gli eretici. Ma tutto quel che ha fatto lo ha fatto con quella paglia di cui parlò il Signore. Ecco la nostra sicurezza: anche se egli infierisce, anche se insidia e semina vari dissensi fra i cristiani, e noi invece riconosciamo il nostro Dio, se siamo fedeli a lui concordemente, se manteniamo la fede, siamo al sicuro. Fratelli, il frumento dell'aia non va via o se va via ritorna; il vento della tentazione invece porta via qualcosa della paglia 36. Onde per noi non si crea via di perdizione ma impegno di esercitazione. E quanta paglia non è portata via ora sarà vagliata nell'ultimo giudizio e non va, tutta la paglia, se non nel fuoco. Dobbiamo darci da fare, fratelli, finché siamo in tempo, con quante forze possiamo, con quanta attenzione possiamo, perché, se può avvenire, ritorni magari insieme alla paglia, il frumento, purché esso non perisca. Qui è messo alla prova il nostro amore, qui ci viene proposta la grande opera della nostra vita. Non sarebbe individuata la misura del nostro amore ai fratelli, se nessuno fosse messo alla prova; nel giudizio finale non apparirebbe quanto è l'amore se fosse cosa trascurabile l'abisso della perdizione.
La coercizione.
9. 11. Diamoci da fare, fratelli, senza sosta, con ogni attività, con ogni fatica, con pio affetto verso Dio, verso di loro e, fra di noi, perché non succeda che, volendo sopire la loro vecchia discordia, provochino nuove risse fra di noi; sopra ogni cosa siamo attenti a mantenere fra noi fermissimo l'amore. Essi si sono congelati nelle loro iniquità. Come puoi sciogliere il ghiaccio dell'iniquità, se non ardi della fiamma della carità? Non facciamo caso se risultiamo molesti coll'incalzarli. Vediamo quale è il fine: in esso teniamoci sicuri. Forse che li portiamo alla morte e non invece via dalla morte? Assolutamente curiamo queste vecchie ferite, in qualsiasi modo possiamo, ma umilmente; e andiamo cauti perché non venga meno tra le mani del medico colui che viene curato. Che cosa ci sentiamo in dovere di fare se piange il bambino che viene condotto a scuola? E che cosa dobbiamo pensare se uno rifiuta la mano del medico che opera il taglio? Gli Apostoli furono pescatori e il Signore disse loro: Vi farò pescatori di uomini 37. Ma dal profeta è stato detto che Dio prima avrebbe mandato i pescatori, poi i cacciatori 38. Prima mandò i pescatori, poi manda i cacciatori. Perché i pescatori, perché i cacciatori? Dal profondo abissale mare della superstizione idolatrica sono stati pescati i credenti con le reti della fede. E i cacciatori perché furono mandati? Furono mandati perché essi vagavano per monti e colli 39, cioè per le superbie umane, per gli orgogli terreni. Uno di questi monti è Donato, un altro Ario, un altro Fotino e un altro Novato; erravano i credenti per questi monti; il loro vagare aveva bisogno dei cacciatori. Perciò sono stati distribuiti i diversi uffici dei pescatori e dei cacciatori, perché non capiti che costoro ci dicano: " Perché gli Apostoli non costrinsero nessuno, non spinsero nessuno? ". Il pescatore, in quanto tale, butta le reti in mare e tira su quello che vi è incappato dentro. Il cacciatore invece circonda le selve, scuote i cespugli di rovi e, moltiplicate da ogni parte le minacce costringe a cadere nelle reti. Non vada né di qua né di là; da qui vienigli incontro, di là urtalo, dall'altra parte spaventalo; non possa evadere, non sfugga. Ma le nostre reti sono vita perché si conservi l'amore. Non preoccuparti di quanto gli puoi essere molesto, ma di quanto tu lo ami. Qual è la tua pietà se tu lo risparmi ed egli muore?
Il sonno letargico e il figlio del vecchio morente.
10. 12. Fratelli, considerate anche questo paragone, questa similitudine; una sola cosa può in effetti aver molte similitudini. Gli uomini sono strutturati in modo che ognuno vuole una successione nei figli; e non c'è nessuno che non desideri e speri nella sua casa questo ordine: che chi ha generato ceda il posto ai generati ed essi succedano. Tuttavia se un vecchio padre è malato (non faccio il caso del figlio malato assistito dal padre, che invece cerca l'erede, desidera il successore, che lo ha generato perché viva lui morto; non dico questo) dico dunque se il padre è malato, sta per andarsene, vecchio, vicino alla morte, al punto in cui chiede di assecondare l'ordine della natura, quando ormai non ha più niente da sperare, tuttavia se è malato e gli sta vicino con affetto il figlio, e il medico vede che è preso da un sonno nocivo, letale, egli è paziente col vecchio che sta per morire, anche per quei pochi giorni che gli restano da vivere; e sta lì il figlio, premuroso vicino al padre, e sente il medico dire: " Quest'uomo può cadere in letargo e poi morire se lo si lascia prendere dal sonno; se volete che viva non deve dormire ". E quel sonno nocivo invece lo prende: nocivo e dolce. Ma il figlio ammonito dal medico sta lì attento e, con fastidio del padre, lo sveglia mettendogli le mani addosso; se il sonno è più forte, lo pizzica e, se questo non serve, lo punge. Certamente riesce fastidioso al padre, ma sarebbe empio se non gli desse questo fastidio. In quanto a lui che vorrebbe morire, respinge il figlio molesto col volto corrucciato e con la voce alterata: " Lasciami stare, perché mi tormenti? ". " E` che il medico ha detto che se ti addormenti, muori ". Ed egli: " Lasciami stare, voglio morire ". Il vecchio dice: " Voglio morire " e il figlio sarebbe empio se non dicesse: " Io non lo voglio ". E si tratta comunque di una vita temporale; né colui a cui riesce molesto il figlio che lo vuol svegliare resta perpetuamente in quella vita, né il figlio che succede al padre che se ne va e muore. Tutti e due passano attraverso di essa, tutt'e due vi trasvolano, di passaggio; e tuttavia sarebbero empi se non provvedessero a mantenere questa vita temporale a rischio di rendersi molesti a vicenda. Dunque io, se vedessi il mio fratello preso da un sonno di cattiva lega, non lo sveglierei per timore di essere molesto a chi sta dormendo e morendo? Lungi da me il fare questo, anche se, lui vivo, è più ristretto il mio patrimonio. Nel nostro caso poiché ciò che riceveremo non si può dividere e anche se si moltiplicano i possessori non diminuisce il patrimonio, non lo terrò desto, sveglio, anche se lo infastidisco, sicché privo del sonno di un antichissimo errore, possa godere con me l'eredità dell'unità? Certo che lo farò. Se sono sveglio lo farò. Se non lo faccio, dormo anch'io.
Non si deve dividere l'eredità del Signore.
11. 13. Carissimi, il Signore, mentre parlava alle turbe, fu interpellato da un tale che gli disse: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità. E il Signore: O uomo, chi mi ha costituito, dimmi, mediatore di eredità tra voi? 40 Certamente egli non rifiutava di frenare l'avidità ma non voleva diventare giudice in una divisione. In quanto a noi, carissimi, non cerchiamolo come giudice in tali vertenze, perché tale non è la nostra eredità. Noi con pura fronte e con buona coscienza interpelliamo il Signore nostro e ognuno gli dica: " Signore, di' a mio fratello non che divida ma che possegga insieme con me l'eredità ". Che cosa vuoi dividere, fratello? Quello che il Signore ci ha lasciato non può essere diviso. E` forse oro, infatti, che richieda una bilancia per la divisione? E` forse argento, è denaro, è bestiame, o sono schiavi, o alberi o campi? Tutte queste cose si possono dividere. Non si può invece dividere: Vi dò la mia pace, vi lascio la mia pace 41. Infine nelle eredità terrene c'è anche il fatto che la divisione produce una diminuzione. Supponi due fratelli sotto uno stesso padre. Tutto ciò che possiede il padre è di ambedue: tutto dell'uno e dell'altro. Per cui se si fa una domanda sulla proprietà e se ad uno di loro ad esempio si chiede: " Di chi è quel cavallo? ", egli risponderà: " E` nostro ". " Di chi quel fondo? Quello schiavo? ", sempre risponderà: " E` nostro ". Ma, se si farà la divisione, diversa è la risposta. " Di chi è quel cavallo? ". " E` mio ". " E questo di chi è? ". " Di mio fratello ". Ecco che cosa ha fatto la divisione. Non hai guadagnato una parte, ma perso una parte. Dunque anche se avessimo un'eredità che si può dividere non dovremmo dividerla per non diminuire le nostre ricchezze. E certo non vi è cosa più nociva per i figli che voler fare la divisione vivo il padre. Se questo si accingono a fare, se promuovono liti e contese per rivendicare ognuno a sé la propria parte, direbbe il vecchio: " Che cosa fate? Sono ancora vivo, aspettate, un poco, la mia morte, poi fate a pezzi la mia casa ". Noi abbiamo come padre Dio. Perché andare in divisioni? Perché andare in liti? Almeno aspettiamo. Se può morire, divideremo.
Note:
1 - Cf. Sal 77, 24-25.
2 - Mt 5, 6.
3 - Fil 3, 12.
4 - Cf. At 9, 15.
5 - Cf. Mt 9, 20-22; Lc 8, 34-48.
6 - 1 Cor 15, 8-10.
7 - Fil 3, 13-14.
8 - Fil 1, 23.
9 - Praef. Missae.
10 - Cf. Rm 8, 23-24.
11 - Cf. 2 Cor 5, 6-7.
12 - Cf. Sal 31, 9; Sal 48, 21.
13 - Cf. 1 Cor 15, 32.
14 - Fil 3, 14.
15 - Cf. Fil 3, 19.
16 - Sap 9, 15.
17 - Cf. Is 58, 3.
18 - Cf. Gv 14, 6.
19 - Cf. Mt 22, 30; Lc 20, 36.
20 - Gal 5, 17.
21 - Ef 5, 29.
22 - Gal 5, 17.
23 - 1 Cor 15, 22.
24 - Ef 2, 3.
25 - Cf. Rm 7, 2.
26 - 1 Cor 9, 26-27.
27 - Mt 5, 24.
28 - Cf. 1 Cor 6, 15.
29 - Is 58, 4-5.
30 - Gv 13, 34.
31 - Cf. Ef 4, 16.
32 - Cf. Mt 10, 30; Lc 21, 18.
33 - ORAZIO, Ep. 1, 1, 94.
34 - Cf. Gv 10, 30.
35 - Cf. Rm 2, 2; Gal 5, 21.
36 - Cf. Mt 3, 12; Lc 3, 17.
37 - Mt 4, 19.
38 - Cf. Ger 16, 16.
39 - Cf. Ger 16, 16; Ez 34, 6.
40 - Lc 12, 13-14.
41 - Gv 14, 27.
3 - La manifestazione che ebbi della Divinità
La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca26. O Re altissimo e sapientissimo Signore! Quanto incomprensibili sono i tuoi giudizi e quanto inaccessibili le tue vie! Dio invitto, che vivi in eterno e che da sempre sei, chi potrà conoscere la tua grandezza, o sarà all'altezza di raccontare le tue magnifiche opere? E chi ti potrà dire: «Perché le facesti così?». Infatti tu sei altissimo al di sopra di tutti e la nostra vista non ti può raggiungere, né il nostro intelletto comprendere. Benedetto sii tu, o Re magnifico, che ti degnasti di svelare a questa tua schiava e vile vermicello grandi e altissimi misteri, sublimando ed elevando la dimora del mio spirito là dove vidi cose che non saprò ridire. Vidi il Signore e creatore di tutti. Vidi un'Altezza non espansa in se stessa prima di creare qualsiasi altra cosa. Ignoro il modo nel quale mi si mostrò, ma non ciò che vidi e compresi. E sua Maestà, che tutto comprende, sa bene come, a parlare della sua divinità, il mio pensiero resta sospeso, l'anima mia si turba profondamente, le mie facoltà si arrestano nelle loro azioni e tutta la parte superiore, lasciando quella inferiore deserta e i sensi inattivi, se ne vola dove ama, abbandonando ciò che anima. E in tali amorosi svenimenti e deliqui, i miei occhi versano lacrime e la mia lingua ammutolisce. O altissimo e incomprensibile Signor mio, oggetto infinito del mio intelletto! Oh, come alla tua vista - giacché sei immenso ed eterno - mi ritrovo annichilita, il mio essere si confonde con la polvere e a stento percepisco quel che sono! E come ardisce questa piccolezza e miseria fissare lo sguardo nella tua magnificenza e maesta grande? Anima, o Signore, il mio essere, avvalora la vista e da' vigore al mio cuore impaurito, tanto che possa riferire ciò che io ho visto e obbedire al tuo comando.
27. Con l'intelletto vidi l'Altissimo così come egli è in se stesso e compresi chiaramente con vera cognizione che egli è un Dio infinito nella sostanza e negli attributi, eterno, somma Trinità in tre Persone ed un solo vero Dio. Tre, perché si esercitano le attività del conoscersi, comprendersi ed amarsi, e uno solo, per conseguire il bene dell'unità eterna. È Trinità di Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Padre non è fatto, né creato, né generato, né può esserlo, né può avere origine. Conobbi che il Figlio trae la sua origine dal Padre, ma solamente per eterna generazione - essendo entrambi ugualmente eterni - ed è generato dalla fecondità dell'intelletto del Padre. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figlio per amore. In questa Trinità indivisa non vi è cosa che si possa dire anteriore o posteriore, maggiore o minore: tutte e tre le Persone in se stesse sono egualmente eterne ed eternamente uguali, essendovi unità di essenza in trinità di Persone, cioè un Dio solo nella indivisa Trinità e tre Persone nell'unità di una sola sostanza. Non si confondono le Persone per il fatto che è un Dio solo, né si separa o si divide la sostanza per il fatto che sono tre Persone, ed essendo distinte nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo, è una sola e medesima la divinità, è uguale e identica la gloria e la maestà, la potenza, l'eternità, l'immensità, la sapienza e la santità e tutti gli altri attributi. E benché siano tre le Persone in cui queste infinite perfezioni sussistono, tuttavia è uno solo il Dio vero, santo, giusto, potente, eterno ed immenso.
28. Ebbi anche la rivelazione che questa divina Trinità comprende se stessa con una vista semplice, senza che le sia necessaria una nuova e distinta conoscenza, sapendo il Padre quello che sa il Figlio e il Figlio e lo Spirito Santo quello che sa il Padre; che fra loro si amano reciprocamente con uno stesso amore immenso ed eterno. È un'unità d'intendere, di amare e di operare, uguale ed indivisibile; è una semplice, incorporea, indivisibile natura; è un essere di Dio vero, nel quale si trovano in supremo ed infinito grado tutte le perfezioni unite e raccolte insieme.
29. Conobbi la forma di queste perfezioni dell'Altissimo: che egli è bello senza neo, grande senza quantità, buono senza qualità, eterno senza tempo, forte senza infiacchire, vita senza mortalità, verità senza menzogna, presente in ogni luogo, riempiendolo senza occuparlo e stando in tutte le cose senza estensione. Non ha contraddizione nella bontà, né difetto nella sapienza; in essa è irraggiungibile, nei consigli terribile, nei giudizi giusto, nei pensieri segretissimo, nelle parole veritiero, nelle opere santo, nei tesori munifico. Lo spazio non lo dilata, né l'angustia del luogo lo restringe; in lui non c'è volontà che cambi, né tristezza che lo turbi, né cose passate che passino, né future che si succedano. A lui nessuna origine diede principio, né tempo darà fine. O immensità eterna, quali interminabili spazi ho visto in te! Quale infinità riconosco nel tuo infinito Essere! La vista non ha confine, né diminuisce, contemplando questo oggetto illimitato! È questo l'Essere immutabile, l'Essere sopra ogni altro essere, la santità perfettissima, la verità invariabile. È questo l'infinito, la latitudine e la longitudine, l'altezza e la profondità, la gloria e la sua origine, il riposo senza fatica, la bontà in grado immenso. Vidi tutto ciò nello stesso tempo e non riesco a dire quel che vidi.
30. Vidi il Signore come era prima di creare cosa alcuna e con stupore guardai dove aveva la sua sede l'Altissimo; infatti non vi era il cielo empireo, né vi erano gli altri cieli inferiori, né sole, né luna, né stelle, né elementi, ma c'era solo il Creatore senza aver creato cosa alcuna. Se ne stava tutto solo, senza la presenza degli angeli, né degli uomini, né degli animali; per questo compresi che di necessità si deve ammettere che Dio era nel suo stesso essere e che non ebbe necessità né sentì bisogno di nessuna cosa di quelle che egli creò, poiché era infinito negli attributi prima di crearle non meno che dopo e in tutta la sua eternità li possedette e possederà, come soggetto indipendente e increato. Infatti nessuna perfezione assoluta e semplice può mancare a sua Divinità, poiché egli solo è ciò che è e contiene in se stesso in modo eminentemente ineffabile tutte le perfezioni che si trovano nelle creature; inoltre, ogni cosa che esiste, è racchiusa in quell'Essere infinito, come gli effetti sono contenuti nella loro causa.
31. Compresi che l'Altissimo se ne stava appunto nell'immobilità del suo stesso essere, quando fra le medesime Persone divine - a nostro modo d'intendere - fu deciso di comunicare le loro perfezioni, distribuendole in doni. E voglio dire, per spiegarmi meglio, che Dio conosce le cose con un atto in se stesso indivisibile, semplicissimo e senza discorso: egli non procede dalla cognizione di una cosa a quella di un'altra, come procediamo noi, che discorriamo col pensiero conoscendo prima una cosa con un atto dell'intelletto e subito dopo un'altra con un altro. Ma Dio conosce tutte le cose contemporaneamente, senza che ci sia, nel suo intelletto infinito, né un prima né un dopo, dato che tutte sono unite insieme nella conoscenza divina increata, come lo sono nell'essere di Dio, dove sono racchiuse e contenute come origine prima.
32. In questa conoscenza, che prima si chiama di semplice intelligenza, secondo la naturale precedenza dell'intelletto sulla volontà, si considera in Dio un ordine non già di tempo, ma di natura, secondo il quale noi concepiamo l'atto dell'intelletto divino come un precedere quello della volontà. Infatti noi consideriamo prima di tutto in Dio il solo atto d'intendere, senza la decisione della sua volontà di dare la vita alle creature. Ora, in questo stadio o momento, le tre Persone divine si consultarono insieme, con quell'atto d'intendere, sulla convenienza delle opere ad extra, vale a dire di tutte le creature che furono, sono e saranno.
33. Inoltre Dio volle degnarsi di soddisfare al desiderio che gli espressi, per quanto indegna, di conoscere l'ordine che egli seguì, o quello che noi dobbiamo comprendere, nella creazione di tutte le cose; cosa che io gli domandavo per conoscere il posto che, secondo quest'ordine, la Madre di Dio e regina nostra ebbe nella mente divina. Per questo dirò, come meglio potrò, quello che mi fu risposto e manifestato e l'ordine che in Dio c'è tra queste idee, suddividendolo in momenti perché altrimenti non si può adattare alla nostra capacità la conoscenza di questo sapere divino, che già qui si chiama scienza di visione e alla quale appartengono le idee, ossia le immagini delle creature, che stabilì di creare e che nella sua mente ha ideate, conoscendole infinitamente meglio di come le vediamo e conosciamo noi al presente.
34. Quantunque questo sapere divino sia uno, semplicissimo e indivisibile, tuttavia, poiché le cose che vede sono molte, fra loro ordinate in modo che le une sono prima delle altre e le une hanno vita o esistenza attraverso le altre, con rispettiva dipendenza, è necessario dividere la scienza divina - e così la volontà - in molti stadi e in molti atti che corrispondano ai diversi stadi, secondo l'ordine degli oggetti. Così diciamo che Dio concepì e determinò prima questo che quello, o l'uno per mezzo dell'altro, e che, se prima non avesse voluto e conosciuto con scienza di visione una cosa, non avrebbe voluto neppure l'altra. Con ciò non si vuole inferire che vi siano in Dio molti atti d'intendere o di volere, ma vogliamo solamente dire che le cose sono concatenate fra loro e le une succedono alle altre. Immaginandole con questo ordine oggettivo, ricomponiamo, per meglio comprenderle, l'ordine stesso negli atti della scienza e volontà divina.
20 dicembre 1944
Madre Pierina Micheli
Gesù, non ne posso più! Questa notte fui gettata nel bagno... e poi lotta continua... Mio caro Padre S. Silvestro, non mi abbandonare...