Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 16° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Marco 5
1Intanto giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni.2Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo.3Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene,4perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo.5Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.6Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi,7e urlando a gran voce disse: "Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!".8Gli diceva infatti: "Esci, spirito immondo, da quest'uomo!".9E gli domandò: "Come ti chiami?". "Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti".10E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione.
11Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo.12E gli spiriti lo scongiurarono: "Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi".13Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare.14I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto.
15Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.16Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci.17Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.18Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui.19Non glielo permise, ma gli disse: "Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato".20Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.
21Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.22Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi23e lo pregava con insistenza: "La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva".24Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando,27udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:28"Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita".29E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
30Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi mi ha toccato il mantello?".31I discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?".32Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.33E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.34Gesù rispose: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male".
35Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?".36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, continua solo ad aver fede!".37E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.39Entrato, disse loro: "Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme".40Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.41Presa la mano della bambina, le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico, alzati!".42Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.43Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.
Secondo libro di Samuele 11
1L'anno dopo, al tempo in cui i re sogliono andare in guerra, Davide mandò Ioab con i suoi servitori e con tutto Israele a devastare il paese degli Ammoniti; posero l'assedio a Rabbà mentre Davide rimaneva a Gerusalemme.2Un tardo pomeriggio Davide, alzatosi dal letto, si mise a passeggiare sulla terrazza della reggia. Dall'alto di quella terrazza egli vide una donna che faceva il bagno: la donna era molto bella di aspetto.3Davide mandò a informarsi chi fosse la donna. Gli fu detto: "È Betsabea figlia di Eliàm, moglie di Uria l'Hittita".4Allora Davide mandò messaggeri a prenderla. Essa andò da lui ed egli giacque con lei, che si era appena purificata dalla immondezza. Poi essa tornò a casa.
5La donna concepì e fece sapere a Davide: "Sono incinta".6Allora Davide mandò a dire a Ioab: "Mandami Uria l'Hittita". Ioab mandò Uria da Davide.7Arrivato Uria, Davide gli chiese come stessero Ioab e la truppa e come andasse la guerra.8Poi Davide disse a Uria: "Scendi a casa tua e làvati i piedi". Uria uscì dalla reggia e gli fu mandata dietro una portata della tavola del re.9Ma Uria dormì alla porta della reggia con tutti i servi del suo signore e non scese a casa sua.10La cosa fu riferita a Davide e gli fu detto: "Uria non è sceso a casa sua". Allora Davide disse a Uria: "Non vieni forse da un viaggio? Perché dunque non sei sceso a casa tua?".11Uria rispose a Davide: "L'arca, Israele e Giuda abitano sotto le tende, Ioab mio signore e la sua gente sono accampati in aperta campagna e io dovrei entrare in casa mia per mangiare e bere e per dormire con mia moglie? Per la tua vita e per la vita della tua anima, io non farò tal cosa!".12Davide disse ad Uria: "Rimani qui anche oggi e domani ti lascerò partire". Così Uria rimase a Gerusalemme quel giorno e il seguente.13Davide lo invitò a mangiare e a bere con sé e lo fece ubriacare; la sera Uria uscì per andarsene a dormire sul suo giaciglio con i servi del suo signore e non scese a casa sua.
14La mattina dopo, Davide scrisse una lettera a Ioab e gliela mandò per mano di Uria.15Nella lettera aveva scritto così: "Ponete Uria in prima fila, dove più ferve la mischia; poi ritiratevi da lui perché resti colpito e muoia".16Allora Ioab, che assediava la città, pose Uria nel luogo dove sapeva che il nemico aveva uomini valorosi.17Gli uomini della città fecero una sortita e attaccarono Ioab; parecchi della truppa e fra gli ufficiali di Davide caddero, e perì anche Uria l'Hittita.
18Ioab inviò un messaggero a Davide per fargli sapere tutte le cose che erano avvenute nella battaglia19e diede al messaggero quest'ordine: "Quando avrai finito di raccontare al re quanto è successo nella battaglia,20se il re andasse in collera e ti dicesse: Perché vi siete avvicinati così alla città per dar battaglia? Non sapevate che avrebbero tirato dall'alto delle mura?21Chi ha ucciso Abimelech figlio di Ierub-Bàal? Non fu forse una donna che gli gettò addosso un pezzo di macina dalle mura, così che egli morì a Tebez? Perché vi siete avvicinati così alle mura? tu digli allora: Anche il tuo servo Uria l'Hittita è morto".22Il messaggero dunque partì e, quando fu arrivato, riferì a Davide quanto Ioab lo aveva incaricato di dire. Davide andò in collera contro Ioab e disse al messaggero: "Perché vi siete avvicinati così alla città per dare battaglia? Non sapevate che avrebbero tirato dall'alto delle mura? Chi ha ucciso Abimelech, figlio di Ierub-Bàal? Non fu forse una donna che gli gettò addosso un pezzo di macina dalle mura, così che egli morì a Tebez? Perché vi siete avvicinati così alle mura?".23Il messaggero rispose a Davide: "Perché i nemici avevano avuto vantaggio su di noi e avevano fatto una sortita contro di noi nella campagna; ma noi fummo loro addosso fino alla porta della città;24allora gli arcieri tirarono sulla tua gente dall'alto delle mura e parecchi della gente del re perirono. Anche il tuo servo Uria l'Hittita è morto".25Allora Davide disse al messaggero: "Riferirai a Ioab: Non ti affligga questa cosa, perché la spada divora or qua or là; rinforza l'attacco contro la città e distruggila. E tu stesso fagli coraggio".
26La moglie di Uria, saputo che Uria suo marito era morto, fece il lamento per il suo signore.27Passati i giorni del lutto, Davide la mandò a prendere e l'accolse nella sua casa. Essa diventò sua moglie e gli partorì un figlio. Ma ciò che Davide aveva fatto era male agli occhi del Signore.
Salmi 81
1'Al maestro del coro. Su "I torchi...". Di Asaf.'
2Esultate in Dio, nostra forza,
acclamate al Dio di Giacobbe.
3Intonate il canto e suonate il timpano,
la cetra melodiosa con l'arpa.
4Suonate la tromba
nel plenilunio, nostro giorno di festa.
5Questa è una legge per Israele,
un decreto del Dio di Giacobbe.
6Lo ha dato come testimonianza a Giuseppe,
quando usciva dal paese d'Egitto.
Un linguaggio mai inteso io sento:
7"Ho liberato dal peso la sua spalla,
le sue mani hanno deposto la cesta.
8Hai gridato a me nell'angoscia
e io ti ho liberato,
avvolto nella nube ti ho dato risposta,
ti ho messo alla prova alle acque di Meriba.
9Ascolta, popolo mio, ti voglio ammonire;
Israele, se tu mi ascoltassi!
10Non ci sia in mezzo a te un altro dio
e non prostrarti a un dio straniero.
11Sono io il Signore tuo Dio,
che ti ho fatto uscire dal paese d'Egitto;
apri la tua bocca, la voglio riempire.
12Ma il mio popolo non ha ascoltato la mia voce,
Israele non mi ha obbedito.
13L'ho abbandonato alla durezza del suo cuore,
che seguisse il proprio consiglio.
14Se il mio popolo mi ascoltasse,
se Israele camminasse per le mie vie!
15Subito piegherei i suoi nemici
e contro i suoi avversari porterei la mia mano.
16I nemici del Signore gli sarebbero sottomessi
e la loro sorte sarebbe segnata per sempre;
17li nutrirei con fiore di frumento,
li sazierei con miele di roccia".
Salmi 12
1'Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.'
2Salvami, Signore! Non c'è più un uomo fedele;
è scomparsa la fedeltà tra i figli dell'uomo.
3Si dicono menzogne l'uno all'altro,
labbra bugiarde parlano con cuore doppio.
4Recida il Signore le labbra bugiarde,
la lingua che dice parole arroganti,
5quanti dicono: "Per la nostra lingua siamo forti,
ci difendiamo con le nostre labbra:
chi sarà nostro padrone?".
6"Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
io sorgerò - dice il Signore -
metterò in salvo chi è disprezzato".
7I detti del Signore sono puri,
argento raffinato nel crogiuolo,
purificato nel fuoco sette volte.
8Tu, o Signore, ci custodirai,
ci guarderai da questa gente per sempre.
9Mentre gli empi si aggirano intorno,
emergono i peggiori tra gli uomini.
Geremia 37
1Sedecìa figlio di Giosia divenne re al posto di Conìa figlio di Ioiakìm; Nabucodònosor re di Babilonia lo nominò re nel paese di Giuda.2Ma né lui né i suoi ministri né il popolo del paese ascoltarono le parole che il Signore aveva pronunziate per mezzo del profeta Geremia.
3Il re Sedecìa inviò allora Iucàl figlio di Selemia e il sacerdote Sofonia figlio di Maasià dal profeta Geremia per dirgli: "Prega per noi il Signore nostro Dio".
4Geremia intanto andava e veniva in mezzo al popolo e non era stato ancora messo in prigione.
5Però l'esercito del faraone era uscito dall'Egitto e i Caldei, che assediavano Gerusalemme, appena ne avevano avuto notizia, si erano allontanati da Gerusalemme.
6Allora la parola del Signore fu rivolta al profeta Geremia:7 "Dice il Signore Dio di Israele: Riferite al re di Giuda, che vi ha mandati da me per consultarmi: Ecco l'esercito del faraone, uscito in vostro aiuto, ritornerà nel suo paese d'Egitto;8i Caldei ritorneranno, combatteranno contro questa città, la prenderanno e la daranno alle fiamme".
9Dice il Signore: "Non illudetevi pensando: Certo i Caldei si allontaneranno da noi, perché non se ne andranno.10Anche se riusciste a battere tutto l'esercito dei Caldei che combattono contro di voi, e ne rimanessero solo alcuni feriti, costoro sorgerebbero ciascuno dalla sua tenda e darebbero alle fiamme questa città".
11Quando l'esercito dei Caldei si allontanò da Gerusalemme a causa dell'esercito del faraone,12Geremia uscì da Gerusalemme per andare nella terra di Beniamino a prendervi una parte di eredità tra i suoi parenti.
13Ma, quando fu alla porta di Beniamino, dove era un incaricato del servizio di guardia chiamato Ieria figlio di Selemia, figlio di Anania, costui arrestò il profeta Geremia dicendo: "Tu passi ai Caldei!".14Geremia rispose: "È falso! Io non passo ai Caldei"; ma egli non gli diede retta. E così Ieria prese Geremia e lo condusse dai capi.15I capi erano sdegnati contro Geremia, lo percossero e lo gettarono in prigione nella casa di Giònata lo scriba, che avevano trasformato in un carcere.16Geremia entrò in una cisterna sotterranea a volta e rimase là molti giorni.
17Il re Sedecìa mandò a prenderlo e lo interrogò in casa sua, di nascosto: "C'è qualche parola da parte del Signore?". Geremia rispose: "Sì" e precisò: "Tu sarai dato in mano al re di Babilonia".
18Geremia poi disse al re Sedecìa: "Quale colpa ho commesso contro di te, i tuoi ministri e contro questo popolo, perché mi abbiate messo in prigione?19E dove sono i vostri profeti, che vi predicevano: Il re di Babilonia non verrà contro di voi e contro questo paese?20Ora, ascolta, re mio signore; la mia supplica ti giunga gradita. Non rimandarmi nella casa di Giònata lo scriba, perché io non vi muoia".
21Il re Sedecìa comandò di custodire Geremia nell'atrio della prigione e gli fu data ogni giorno una focaccia di pane proveniente dalla via dei Fornai, finché non fu esaurito tutto il pane in città.
Così Geremia rimase nell'atrio della prigione.
Lettera agli Ebrei 10
1Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.2Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?3Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati,4poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
'Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato'.
6'Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato'.
7'Allora ho detto: Ecco, io vengo
- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -
per fare, o Dio, la tua volontà'.
8Dopo aver detto prima 'non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato', cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: 'Ecco, io vengo a fare la tua volontà'. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.
11Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.12Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre 'si è assiso alla destra di Dio',13aspettando ormai solo che 'i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi'.14Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.15Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:
16'Questa è l'alleanza che io stipulerò' con loro
'dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente',
17dice:
'E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
iniquità'.
18Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.
19Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,20per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;21avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,22accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.23Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
24Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,25senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.
26Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati,27ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.28Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, 'viene messo a morte' senza pietà 'sulla parola di due o tre testimoni'.29Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?30Conosciamo infatti colui che ha detto: 'A me la vendetta! Io darò la retribuzione!' E ancora: 'Il Signore giudicherà il suo popolo'.31È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!
32Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta,33ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa.36Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.
37Ancora 'un poco', infatti, 'un poco appena,
e colui che deve venire, verrà e non tarderà'.
38'Il mio giusto vivrà mediante la fede;
ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui'.
39Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.
Capitolo XLI: Il disprezzo di ogni onore di questo mondo
Leggilo nella BibliotecaFiglio, non crucciarti se vedi che altri sono onorati ed innalzati, mentre tu sei disprezzato ed umiliato. Drizza il tuo animo a me, nel cielo; così non ti rattristerà il disprezzo degli uomini, su questa terra. O Signore, noi siamo come ciechi e facilmente ci lasciamo sedurre dall'apparenza. Ma se esamino seriamente me stesso, non c'è cosa che possa essermi fatta da alcuna creatura che sia un torto nei miei confronti: dunque non avrei motivo di lamentarmi con te. E', appunto, perché spesso e gravemente ho peccato al tuo cospetto, che qualsiasi creatura si può muovere a ragione contro di me. A me, dunque, è giusto che si dia vergogna e disprezzo; a te invece, lode, onore e gloria. E se non mi sarò ben predisposto a desiderare di essere disprezzato da ogni creatura, ad essere buttato in un canto e ad essere considerato proprio un nulla, non potrò trovare pace e serenità interiore; non potrò essere spiritualmente illuminato e pienamente a te unito.
DISCORSO 240 NEI GIORNI DI PASQUA SULLA RISURREZIONE DEI CORPI, CONTRO I PAGANI
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
Difficoltà nel concordare i racconti evangelici.
1. In questi giorni, com'è risaputo dalla vostra Carità, si leggono solennemente i brani del Vangelo che riguardano la resurrezione del Signore. I quattro Evangelisti non poterono tollerare che passassero sotto silenzio né la sua passione né la sua resurrezione. È vero che delle molte cose compiute dal Signore Gesù non tutti narrarono tutto, ma l'uno qualcosa e l'altro qualche altra, tutti però rimasero perfettamente d'accordo nella verità. L'evangelista Giovanni ci ricorda poi che molte gesta compiute dal nostro Signore Gesù Cristo non furono trascritte da alcuno degli Evangelisti 1. Egli compì tutto quello che allora era necessario si compisse, ma se ne scrisse solo quello che oggi ci è necessario leggere. Per quanto poi concerne le cose che tutti e quattro gli Evangelisti raccontano e non omettono (voglio dire tutto quello che si riferisce alla passione e resurrezione di Cristo), dimostrare come nelle loro narrazioni non ci siano veri contrasti, è una fatica assai improba. Ci sono stati anzi certuni che, nemici della propria anima, hanno preteso di trovare delle contraddizioni nei Vangeli. Per questo, da parte di coloro che con l'aiuto del Signore ne avevano la capacità si è lavorato a fondo per mostrare che i Vangeli non sono in contrasto fra loro. Ma, come vi accennavo, se mi mettessi a dimostrarvi questa verità e ne volessi intavolare un discorso esauriente dinanzi al popolo, la maggior parte degli ascoltatori si annoierebbe prima di giungere alla conoscenza della verità. Pertanto, do per scontata la vostra fede, che cioè abbiate la fede, voi tutti che in gran folla siete qui convenuti e anche tutti coloro che, pur non essendo oggi qui, tuttavia sono fedeli: do per scontato che la loro fede sulla veridicità degli Evangelisti è così certa da non richiedere una trattazione da parte mia. Uno che sappia anche difendere una tal fede potrà essere più dotto, ma non ha fede maggiore. Uno ha la fede e la capacità di difendere la fede; un altro non ha questa capacità, non ha la facondia e l'istruzione necessaria per difendere la fede; tuttavia ha la stessa fede. Quello che sa difendere la fede occorre per sostenere chi vacilla, non per chi è saldo. Quando si difende la fede si curano le piaghe del dubbio e dell'incredulità; e colui che difende la fede è come un bravo medico, ma, se in te non c'è il male dell'incredulità, cosa potrà curare quel tal medico, se tu il male non ce l'hai? Egli saprebbe adoperare le medicine, ma, nel caso tuo, il morbo non esiste. Ora il medico non occorre a chi è sano ma a chi si sente male 2.
Sulla risurrezione corporea molte e contrapposte le opinioni.
2. Non mi sembrerebbe, tuttavia, decisione saggia sorvolare su cose che vi si possono dire in breve - dato il tempo che abbiamo - e che voi potete agevolmente ascoltare. Parliamo dunque della resurrezione, della quale il Signore, risuscitando se stesso, ci ha offerto un modello anticipato, affinché noi ci rendiamo conto di quel che dobbiamo sperare nei confronti del nostro corpo quando saremo giunti alla fine dei tempi. Su questa resurrezione si discute molto e da molti: alcuni ne parlano da credenti, altri da increduli. Coloro che ne discutono da credenti vogliono conoscere con maggiore accuratezza le cose per poter rispondere agli increduli; coloro che ne discutono da increduli argomentano a danno della propria anima, mettono in discussione l'onnipotenza di Dio e dicono: Come è mai possibile che un morto risorga? Io ribatto: È Dio che opera, e tu dici che non può accadere? Non ti dico: Presentami un cristiano e nemmeno un giudeo, ma: Presentami un pagano, un idolatra asservito al culto dei demoni; vedrai che nemmeno lui oserà negare l'onnipotenza di Dio. Potrà non credere in Cristo, ma non potrà negare che Dio è onnipotente. Ebbene quello che tu credi così (fingo d'apostrofare un pagano), quel Dio che tu credi essere onnipotente, io ti affermo che risuscita anche i morti. Se dici che non ha tale potere sminuisci la sua onnipotenza. Che se, al contrario, lo ritieni onnipotente, perché rigetti le mie parole a tale riguardo?
Cristo ci ha liberati dalla colpa e dalla pena.
3. Se ti venissimo a dire che la nostra carne risorgerà in modo che dovrà soffrire di nuovo la fame, la sete, le malattie ed essere sottoposta agli affanni e alla corruzione, avresti ragione a non crederci. È infatti nel tempo presente che la nostra carne ha tali necessità e miserie. E perché le ha? Per il peccato. Abbiamo peccato nella persona di un solo uomo 3 e tutti nasciamo soggetti a corruzione. Causa di tutti i nostri mali è il peccato: non è infatti senza un perché che gli uomini soffrono i mali che la vita presente loro riserva. Dio è giusto, così come è anche onnipotente: se non ce li fossimo meritati noi stessi, tanti mali non li soffriremmo. Anzi, trovandoci a scontare delle pene meritate col peccato, il nostro Signore Gesù Cristo volle partecipare delle stesse nostre pene pur essendo personalmente esente da peccato. Prendendo su di sé la nostra pena, egli che era senza colpa, eliminò da noi e la colpa e la pena. Eliminò la colpa perdonando i peccati; eliminò la pena risorgendo dai morti. Questo ha promesso anche a noi, che volle camminassimo nella speranza. Perseveriamo e giungeremo al possesso della realtà. La nostra carne risorgerà incorruttibile, risorgerà senza difetti, senza storture, senza la mortalità, senza l'affaticamento, senza l'appesantimento. Ciò che ora ti reca molestia lassù ti sarà di ornamento. Se dunque è un bene l'avere un corpo incorruttibile, perché non vogliamo sperare che Dio farà anche questa cosa?
Dottrine di filosofi pagani circa la sopravvivenza.
4. Tra i filosofi profani coloro che sono stati grandi e dotti e superiori agli altri hanno creduto nell'immortalità dell'anima umana. Né lo hanno soltanto creduto ma l'hanno dimostrato con tutti gli argomenti di cui erano capaci, e tali argomentazioni hanno lasciato scritte per l'utilità dei posteri. Son libri che ciascuno può leggere. E se questi filosofi li ho definiti superiori, è in rapporto agli altri che sono ad essi inferiori: ci sono infatti dei filosofi che asseriscono non esserci per l'uomo alcuna sopravvivenza dopo la morte. Nei confronti di questi, quegli altri sono senza alcun dubbio da preferirsi; e, sebbene in molti punti si allontanino dalla verità, là dove erano migliori, dove si spinsero più in alto, essi furono più vicini alla verità. Orbene, questi maestri che hanno avuto la convinzione e hanno parlato dell'immortalità dell'anima umana indagarono anche sui mali dell'umanità, ricercarono - per quanto era consentito agli uomini - le cause per cui i mortali sono soggetti a tribolazioni ed errori, e, non potendo saperne di più, affermarono che in una vita anteriore dovettero esserci delle colpe - non so quali - per cui i corpi divennero per le anime come delle prigioni. Si domandò poi loro: Ma dopo, quando l'uomo sarà morto, che ci sarà? Anche su questo problema spremettero le loro meningi e si sforzarono, per quanto era loro consentito, di trovare una ragione che fosse soddisfacente per sé e per gli altri. Dissero: L'anima di chi vive male, l'anima che con una condotta decisamente cattiva si rende immonda, uscita dal corpo si rifugerà immediatamente in un altro corpo e sconterà in questo mondo le pene che le son dovute: come vediamo che accade. Quanto invece all'anima di chi è vissuto bene, uscita dal corpo se ne torna nell'alto dei cieli e lì ha la sua sede nelle stelle e nelle altre luci, sia quelle che vediamo sia quelle altre che, occulte e nascoste, popolano i cieli. Lì dimenticano tutti i mali passati, al segno da nutrire anche vaghezza di tornare ad assumere un corpo e tornare daccapo a subire le miserie del tempo presente. In una parola, tra le anime dei peccatori e quelle dei giusti, secondo loro, ci sarebbe questa differenza: che le anime dei peccatori immediatamente, cioè subito dopo la loro uscita dal corpo, si rifugiano in altri corpi, mentre le anime dei giusti rimangono per lungo tempo nell'imperturbabilità. Non vi rimangono però per sempre ma a un certo momento sentono l'attrattiva di unirsi al corpo e dalle altezze dei cieli dove si trovano per la loro assoluta giustizia precipitano di nuovo fra i mali della vita presente.
La sapienza del mondo è stoltezza davanti a Dio.
5. Questo hanno affermato filosofi della massima levatura. Al di sopra di questo i filosofi profani non son riusciti a scoprire altro, per cui la nostra Scrittura può concludere, nei loro riguardi, che Dio ha reso stolta la sapienza di questo mondo. E se così è per la sapienza, quanto di più non lo sarà per la stoltezza? Se la sapienza del mondo è stoltezza dinanzi a Dio, quanto sarà lontana da Dio quella che veramente è stoltezza? Eppure, in questo mondo c'è una stoltezza che giunge fino a Dio! È quella di cui dice l'Apostolo: Siccome nel piano sapiente di Dio il mondo con la sua sapienza non riuscì a conoscere Dio, Dio si compiacque di salvare mediante la predicazione, che è una stoltezza, coloro che prestano fede. E continua: I Giudei infatti esigono segni e i Greci ricercano la sapienza, noi al contrario predichiamo il Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei e stoltezza per le Genti, mentre per coloro che sono stati chiamati, Giudei o Greci che siano, Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio 4. Venne Cristo Signore, sapienza di Dio. Tuona il cielo: azzittiscan le rane! Sarà vero quello che ha detto la Verità; e, del resto, quel che ha detto nei riguardi dell'uomo e come tutto il genere umano si trovi immerso nel male in conseguenza di un peccato, è cosa notoria. Occorre però credere nel Mediatore posto a far da ponte fra Dio e gli uomini 5. (Fra Dio giusto e l'uomo peccatore è stato collocato un uomo giusto, che ha preso l'umanità da chi era in basso, la giustizia da chi era in alto. Quindi a metà: una cosa presa da un lato e un'altra presa dall'altro. Se infatti avesse preso tutt'e due le cose da lassù, sarebbe rimasto lassù; se avesse preso tutt'e due le cose da quaggiù, sarebbe uno prostrato come noi e non starebbe a metà). Orbene, se uno crede in questo Mediatore e vive con fede e rettitudine, quando uscirà dal corpo sarà nel riposo. In un secondo momento poi riassumerà anche il corpo, non per soffrire ma per ornarsene, e vivrà eternamente con Dio. Non ci saranno motivi che l'attraggano a tornare quaggiù, perché il suo corpo si sarà riunito a lui. Pertanto, o carissimi, essendomi proposto di esporvi oggi quel che dicono i filosofi profani, dei quali Dio ha condannato la sapienza come un'effettiva stoltezza, su questo tema potremo intrattenerci anche domani con l'aiuto del Signore.
1 - Cf. Gv 21, 25.
2 - Mt 9, 12.
3 - Cf. Rm 5, 12-20.
4 - 1 Cor 1, 20-24.
5 - Cf. 1 Tm 2, 5.
Il castello interiore: quarte mansioni
Il castello interiore - Santa Teresa d'Avila
Leggilo nella BibliotecaCapitolo 1
Contenti e soddisfazioni che si provano nell'orazione, e in che si distinguano dai gusti spirituali - Gioia provata nell'intendere la differenza tra l'immaginazione e l'intelletto, cosa assai utile per coloro che durante l'orazione vanno soggetti a molte distrazioni
1 - Per parlare delle quarte mansioni devo raccomandarmi, come ho già fatto, allo Spirito Santo e supplicarlo che parli in luogo mio, non altrimenti che per poter dire e far capire qualche cosa delle mansioni che rimangono.
Qui comincia il soprannaturale, parlar del quale è assai difficile, a meno che non mi aiuti Sua Maestà, come ha fatto in un un altro mio scritto dove, - circa quattordici anni fa - ho riferito quello che ne avevo inteso. Presentemente, mi sembra di avere un po' più di luce su questi favori che Dio accorda alle anime; ma quanto a spiegarli, è un'altra cosa. Se Dio vuole che ne ricaviate qualche utile, li spieghi Lui, altrimenti lasci stare...
2 - Queste mansioni, essendo più vicine all'appartamento reale, sono di una magnificenza così grande e contengono meraviglie così stupende che invano si sforza l'intelletto a cercar termini sufficienti per riprodurle meno imperfettamente. Coloro che non hanno esperienza vi troveranno molte oscurità, mentre gli altri mi comprenderanno benissimo, soprattutto se la loro esperienza sarà grande.
Parrà che per arrivare a queste mansioni occorra aver vissuto a lungo nelle altre. Se in via ordinaria è vero che bisogna passare per le mansioni precedenti, tuttavia, come avrete sentito più volte, non è di regola assoluta, perché Dio distribuisce i suoi beni come vuole, quando vuole e a chi vuole, senza far ingiuria ad alcuno.
3 - Le bestie velenose entrano raramente in queste mansioni; e se vi entrano, invece di far danno, sono piuttosto di vantaggio. Anzi, in questo grado di orazione è meglio secondo me, che esse vi entrino e vi scatenino la guerra, perché in mancanza di altre tentazioni può darsi che il demonio s'intrometta nelle consolazioni di Dio e inganni le anime, facendo loro maggior danno che non con le solite tentazioni. Tali anime, infatti, non vi guadagnano che ben poco, perché il maligno toglie loro ogni occasione di merito con lasciarle in continua pace. La quale, quando è sempre nello stesso grado, non mi pare molto sicura, essendo impossibile in questa vita che lo Spirito di Dio stia in noi sempre nel medesimo modo.
4 - Parliamo ora di ciò che ho promesso, vale a dire della differenza fra i contenti che si provano nell'orazione e i gusti spirituali.
Con il nome di contenti mi pare si possano intendere quei sentimenti soavi che ci procuriamo da noi, facendo meditazione o pregando il Signore.
Benché siano effetto di nostra industria, richiedono sempre il concorso di Dio: cosa che bisogna sottintendere in qualsiasi fatto che verrò esponendo, perché senza di Lui non possiamo far nulla.
Si hanno contenti anche dalle buone opere che facciamo, in quanto che, vedendovi un frutto del nostro lavoro, godiamo d'esserci impiegati in tal modo.
Ma, pensandoci bene, vediamo che si provano i medesimi sentimenti anche per molte cose terrene, come per una grande fortuna che ci venga inopinatamente, per l'incontro improvviso di una persona molto cara, per il buon esito di un affare importante o di un'altra cosa assai grave che ci attiri l'approvazione di tutti, oppure per veder ritornare vivo il marito, un fratello, un figlio di cui si era già pubblicata la morte.
Vi sono contenti così grandi che perfino fan piangere, come io stessa ho veduto e come qualche volta è successo anche a me. Ora, se questi contenti sono naturali, tali mi sembrano anche quelli che procedono dalle cose di Dio.
Se i primi non sono cattivi, i secondi sono più nobili, perché cominciano da noi e finiscono in Dio, mentre i gusti cominciano da Dio e si fanno sentire dalla natura, procurandoci tanto piacere quanto í contenti di poco prima, e assai di più.
Oh, Gesù, se mi potessi spiegar meglio!... Mi par di vedervi una grandissima differenza, ma non so come farmi capire. Lo faccia il Signore!...
5 - Mi ricordo in questo momento del versetto che diciamo in fine all'ultimo salmo di Prima: Cum dilatasti cor meum (Quando dilatasti il cuor mio, Sal 118, 32).
Chi ha grande esperienza non ha bisogno di altro per conoscere la differenza in questione; ma per chi non ne ha, occorrono più ampie spiegazioni.
I contenti sopra accennati, non solo non dilatano il cuore, ma pare, in via ordinaria, che lo stringano alquanto, nonostante derivino dal vedere che si lavora per Iddio. Sgorgano pure certe lacrime angosciose, che sembrano quasi spremute da passione.
Ignorante come sono, so ben poco di ciò che siano le passioni dell'anima. Se lo sapessi, e sapessi distinguere ciò che procede dalla nostra natura e sensibilità, mi farei capire un po' meglio. Certe cose le saprei meglio dichiarare se, oltre averle provate per esperienza, le avessi anche intese. Lo studio e la scienza sono utilissimi in ogni cosa.
6 - L'esperienza da me avuta di questo stato, vale a dire dei contenti e dei gusti della meditazione, consisteva in questo, che se pensando alla passione del Signore mi mettevo a piangere, non potevo più cessare se non quando mi sentivo la testa indolenzita. E altrettanto mi accadeva quando pensavo ai miei peccati: tutte cose che costituivano per me una grande grazia di Dio.
Presentemente non voglio esaminare quale dei due fenomeni sia il migliore, sei contenti o i gusti spirituali, ma soltanto dirne la differenza.
In queste lacrime e desideri vi concorre alle volte la natura, in quanto dipendono dalle nostre disposizioni; ma, come ho detto, benché provengano da tali cause, finiscono sempre in Dio, e perciò si devono molto stimare, purché entri l'umiltà a farci conoscere che non per questo siamo migliori degli altri. Non si può infatti sapere se tali effetti provengano tutti dall'amore, nel qual caso sarebbero un puro dono di Dio.
Per lo più queste devozioni sono delle anime che stanno nelle mansioni precedenti, dove il lavoro consiste quasi sempre nel meditare e nel discorrere con l'intelletto.
In ciò esse fanno bene, non essendo loro concesso di più.
Ma sarebbe meglio che ogni tanto si occupassero in far atti di lode e d'amore di Dio, rallegrandosi della sua bontà e del suo essere divino, desiderando il suo onore e la sua gloria: e ciò nel miglior modo possibile, perché si tratta di sentimenti che eccitano molto la volontà. Se il Signore ci concede di emettere questi atti, guardiamoci bene dal troncarli sotto pretesto che sia terminato il tempo di meditazione.
7 - Essendomi già dilungata altrove intorno a ciò, non voglio aggiungere più nulla. Desidero soltanto avvertirvi che per inoltrarsi in questo cammino e salire alle mansioni a cui tendiamo, l'essenziale non è già nel molto pensare, ma nel molto amare, per cui le vostre preferenze devono essere soltanto in quelle cose che più eccitano all'amore.
Forse non sappiamo ancora in che consista l'amore, e non mi meraviglio. L'amore di Dio non sta nei gusti spirituali, ma nell'essere fermamente risolute a contentarlo in ogni cosa, nel fare ogni sforzo per non offenderlo, nel pregare per l'accrescimento dell'onore e della gloria di suo Figlio e per l'esaltazione della Chiesa cattolica.
Questi sono i segni dell'amore, non già non distrarsi, quasi basti la più piccola divagazione per mandare a monte ogni cosa.
8 - Per l'instabilità del pensiero, mi sono trovata anch'io varie volte in grandissima afflizione. Ma da poco più di quattro anni sono giunta a conoscere, per esperienza, che il pensiero, o, a meglio intenderci, l'immaginazione, non è la stessa cosa che l'intelletto.
Ne ho interrogato un dotto ed ho saputo con mia grande soddisfazione che veramente è così. Non riuscivo infatti a spiegarmi come mai l'intelletto, che pure è una potenza dell'anima, rimanga alle volte intontito, mentre il pensiero sia quasi sempre così instabile da non poter esser fermato che da Dio.
E quando Dio lo ferma, ci par quasi d'esser fuori dal corpo. Insomma, mi pareva che le potenze dell'anima fossero occupate e stessero raccolte in Dio, mentre il pensiero vagava in mezzo alle distrazioni, e ciò mi stupiva.
9 - Prendete in acconto, o Signore, tutto ciò che la nostra ignoranza ci fa soffrire in questo cammino! Il male deriva dal credere che non si debba far altro che pensare a Voi, per cui non osiamo interrogare i dotti, né conosciamo di che cosa abbiamo bisogno.
E così, per non intenderci, sopportiamo terribili sofferenze, credendo alle volte che sia grave peccato, non solo il cattivo, ma persino il buono.
Da qui procedono le afflizioni di molte persone di orazione - almeno di gran parte di quelle che sono poco istruite - e il lamentarsi delle loro pene interiori; da qui le malinconie, la perdita della salute e l'abbandono definitivo dell'orazione: dal non pensare, cioè, che abbiamo in noi un mondo interiore.
Come non possiamo fermare il movimento del cielo che continua sempre nella sua corsa vertiginosa, così non possiamo fermare il pensiero.
E noi intanto, immaginandoci che dietro al pensiero vadano anche le altre potenze, crediamo di smarrirci e di impiegare malamente il tempo che passiamo innanzi a Dio, quando invece può darsi che mentre l'anima è assorta in Lui nelle mansioni più elevate, il pensiero si aggiri nelle vicinanze del castello soffrendo e lottando fra una quantità di bestie feroci e velenose, con grande suo merito.
Perciò non dobbiamo turbarci, né abbandonare l'orazione, che è appunto lo scopo del demonio, ma persuaderci che la maggior parte di queste inquietudini e sofferenze derivano dal non conoscere noi stessi.
10 - Proprio ora, mentre scrivo queste righe, mi vien da osservare ciò che succede nella mia testa.
Accenno al gran rumore di cui me la sento intontita, così grande che in principio mi pareva di non poter obbedire a chi mi aveva ordinato di scrivere.
Si direbbe che vi sian dentro fiumi molto grandi, cascate di acqua, uccelli in gran numero e fischi: e non già nelle orecchie ma nella sommità della testa, dove, a quanto dicesi, risiede la parte superiore dell'anima.
Andai soggetta a questo fenomeno molte altre volte, e mi pare che il gran movimento dello spirito salga in su velocemente. Piaccia a Dio che ricordi di dirne la causa nelle mansioni seguenti, perché qui non vien bene.
Può darsi che il Signore mi abbia mandato ora questo mal di testa per farmelo meglio comprendere. Ma nonostante il rumore di cui me la sento ripiena, niente m'impedisce di applicarmi all'orazione e di continuare a scrivere, perché l'anima è tutt'intera nel riposo e nell'amore, con i suoi desideri e la sua chiara conoscenza.
11 - Ma se la parte superiore dell'anima risiede nella sommità della testa, perché non ne rimane disturbata?
Non lo so, eppure è così.Questo rumore dà pena quando l'orazione non è accompagnata da sospensione; ma durante la sospensione non dà alcun disturbo.
Sarebbe veramente deplorevole se per questo inconveniente dovessi abbandonare l'orazione!... così pure dei pensieri.
Non è ragionevole inquietarsene: dobbiamo trascurarli.
Se provengono dal demonio, il maligno vedendo che non ce ne curiamo, ci lascerà in pace.
Ma spesso avviene che procedano dalla debolezza lasciata in noi con molti altri inconvenienti dal peccato di Adamo. Allora sopportiamoli con pazienza per amor di Dio, come sopportiamo la necessità di mangiare e dormire, senza poterne fare a meno, nonostante la molestia che ne abbiamo.
12 - Riconosciamo la nostra miseria e sospiriamo a quel soggiorno dove più nessuno ci disprezzi. (Cantico 8,1)
Queste, come mi ricordo di aver alle volte sentito dire, sono parole della Sposa dei Cantici, e io non vi trovo migliore applicazione, non essendovi certo in questa vita umiliazione e disprezzi così grandi da potersi paragonare a queste lotte interiori.
Quando interiormente si è in pace, si sa sopportare qualsiasi lotta e turbamento; ma fuggire la moltitudine delle preoccupazioni terrene per ritirarci in un riposo che Dio stesso ci facilita, e trovarne gli ostacoli in noi stessi, oh! è un tormento penosissimo, quasi insopportabile!...
Perciò, Signore, portateci in quel luogo dove queste miserie non ci disprezzino più, perché alle volte sembra proprio che si prendano gioco dell'anima!
Però, se in questa vita Dio ne libera qualcuno, è soltanto quando egli giunge all'ultima mansione, come, a Dio piacendo, dirò.
13 - Quanto all'intensità della pena e alla guerra che queste miserie scatenano, non credo che tutte le anime ne debbano soffrire come la mia, che per essere stata tanto cattiva ne soffri per molti anni, quasi a vendetta di se stessa.
Siccom questa lotta mi fu assai penosa, credo che sia tale anche per voi, e per ciò ve ne parlo ad ogni istante, sperando, una volta o l'altra, di farvi intendere che, trattandosi di una cosa inevitabile, non ve ne dovete inquietare né affliggere.
Maciniamo la nostra farina senza curarci di questa battola di molino, facendo agire la nostra volontà e il nostro intelletto.
14 - Questo disturbo si sente più o meno. a seconda della salute e dei tempi. La povera anima si rassegni a soffrire, anche se non ne ha alcuna colpa. Del resto, commettiamo tanti altri difetti che è doveroso aver pazienza!
Siccome siamo poco istruite, e non bastano a farci trascurare questi pensieri né i consigli che ci danno, né ciò che leggiamo nei libri, non mi pare che sia tempo perduto fermarmi più a lungo a consolarvi, per il caso che ne abbiate bisogno, perché nulla saprò fare se Dio non vi darà la sua luce.
È necessario - e il Signore lo vuole - che ricorriamo a tutti quei mezzi che ci siano di aiuto a ben conoscerci, per non addebitare all'anima ciò che è puro effetto della nostra mobile fantasia, della natura e del demonio.
Capitolo 2
Prosegue sul medesimo argomento, e dichiara con un paragone cosa siano i gusti spirituali e come non bisogna cercarli
1 - Dove mi sono perduta, mio Dio!...
Non so neppure cosa stavo dicendo. Gli affari e la poco salute mi hanno interrotta sul più bello. E così, data la mia poca memoria e la mancanza di tempo per rileggere ciò che ho scritto, questo lavoro non sarà che un disordine completo.
E chi sa se non sia una confusione continua anche quello che dico! Tale almeno è l'impressione che ne ho.
Dei contenti spirituali mi pare di aver detto che alle volte si mischiano con le nostre passioni, così da far uscire in singulti.
Ho udito dire di alcuni che si sentono stringere il petto e vanno soggetti a certi movimenti esteriori da cui non possono difendersi: perdono sangue dal naso, ed altri simili inconvenienti.
Io non ne so nulla, perché queste cose non mi sono mai avvenute, ma credo che quelle persone ne debbano uscire consolate, perché, come ho detto, va tutto a finire in un grande desiderio di piacere a Dio e di goderlo.
2 - Ma quelli che io chiamo gusti di Dio, e a cui altrove ho dato il nome di orazione di quiete, sono molto diversi, e lo sanno anche coloro che per bontà di Dio ne hanno fatto la prova.
Supponiamo per meglio intenderci di vedere due fontane i cui bacini si riempiono di acqua.
Ignorante e di poco ingegno come sono, non trovo nulla di più adatto per meglio spiegare certe cose di spirito quanto l'acqua che io amo assai e che ho osservato con attenzione speciale, a preferenza di ogni altro elemento.
Del resto non vi dev'essere cosa, creata da un Dio tanto grande e sapiente, che non nasconda moltissimi segreti dai quali non ci sia possibile ricavare grandi utilità, non meno di coloro che se n'intendono. Sono anzi persuasa che ogni minima creatura di Dio, sia pure una piccola formica, occulti più meraviglie di quante se ne sappiano immaginare.
3 - Dunque, questi due bacini si riempiono di acqua, ma in modo diverso. In uno l'acqua viene da lontano per via di acquedotti e di artificio, mentre l'altro, essendo costruito nella sorgente, si riempie senza rumore.
Se la sorgente è abbondante, com'è questa di cui parliamo, non solo riempie il bacino, ma questo, a sua volta, rigurgita in un grosso ruscello continuamente alimentato, senza bisogno di condutture o d'artificio. E in ciò consiste la differenza.
L'acqua che viene per i condotti rappresenta, secondo me, i contenti che sgorgano dalla meditazione e che noi ci procuriamo con le nostre riflessioni, meditando sulle creature e stancandoci l'intelletto. Siccome sono frutto di nostra industria, quando devono apportare all'anima qualche vantaggio, lo fanno con rumore.
4 - Nell'altro bacino, invece, l'acqua deriva dalla stessa sorgente che è Dio; e quando Sua Maestà si compiace di accordare qualche grazia soprannaturale, l'acqua fluisce nel più profondo dell'anima con pace, dolcezza e tranquillità inesprimibile, senza che si sappia donde e in che modo scaturisca.
Si tratta di gioie e di diletti che, sebbene da principio non si facciano sentire nel cuore, come quelli del mondo, in seguito inondano ogni cosa. L'acqua si riversa per ogni mansione e in tutte le potenze, sino a raggiungere il corpo: perciò ho detto che comincia in Dio e finisce in noi. In questo gusto e soavità l'uomo esteriore va tutto immerso, come sa bene chi l'ha provato.
5 - Scrivendo queste righe, ricordo il versetto accennato: Dilatasti cor meum, nel quale si dice che il cuore si è dilatato. Tuttavia, mi pare che questi effetti, invece di nascere dal cuore, provengano da un punto più interno, come da una cosa molto profonda.
Penso che debba essere dal centro dell'anima, come più tardi ho inteso, e più avanti dirò.
Scopro in noi tanti segreti che spesse volte ne rimango stupita. E quanti altri ve ne devono essere!...
O Signor mio e Dio mio! Come sono grandi le vostre meraviglie! E noi qui, da poveri ed ignoranti pastorelli, pensiamo di poter capire qualche cosa di quello che Voi siete!
E che è questo qualche cosa, se non un niente, dato che non conosciamo neppure i molti segreti che sono in noi?
Ma se dico un niente, è solo in paragone del moltissimo che c'è in Voi, non già perché non sia assai grande quello che possiamo ammirare nelle vostre opere.
6 - Ritorniamo a quel versetto che mi può servire per far comprendere la dilatazione di cui parlo.
Appena l'acqua celeste comincia a sgorgare dalla sua sorgente, vale a dire dal profondo di noi stessi, sembra che il nostro interno si vada dilatando ed ampliando, empiendosi di beni eccellenti ed ineffabili, tanto che la stessa anima non sa comprendere ciò che allora riceve. Sente come una specie di profumo, quasi che nel fondo del nostro interno vi sia un braciere sul quale vengano gettate squisitissime essenze odorose.
Il fuoco non si vede, né si sa dove sia, ma il calore e il fumo odoroso penetrano tutta l'anima, arrivando spesso, come ho detto, ad investire anche il corpo.
Badate bene d'intendermi! Non si sente né calore, né odore, ma un qualche cosa di più delicato. Se mi servo di questi paragoni, è per farmi capire.
Chi non l'ha provato si persuada che è così e che lo si sente assai bene. L'anima lo sente più chiaramente di quanto io mi sappia esprimere. Non è questa una cosa che si possa immaginare di sentire, perché non vi riusciremmo neppure impiegandovi tutte le nostre diligenze.
E da ciò si vede che non è opera del nostro metallo, ma dell'oro purissimo della Sapienza divina. Benché le potenze non mi sembrino ancora nell'unione, pure vi si trovano come assorte, rapite di meraviglia innanzi a ciò che succede.
7 - Parlando di queste cose interiori, può darsi che intorno a qualche particolare non vada d'accordo con quel che ho detto in altri luoghi. Ma ciò non deve far meraviglia, perché sono ormai passati quasi quindici anni, e può essere che ora il Signore mi abbia dato maggior lume che non in quel tempo.
Tanto adesso che allora sono sempre capace d'ingannarmi, ma non mai di mentire: con la grazia di Dio soffrirei piuttosto mille morti. Dico le cose come le intendo.
8 - Però mi sembra che in qualche maniera la volontà debba state unita alla volontà di Dio. Ma queste cose di orazione si conoscono meglio esaminando gli effetti e le opere che ne seguono: infatti, per provarle non v'è crogiuolo migliore. Per chi le riceve, è grandissima grazia se ne ha insieme l'intelligenza, e maggiore se non ritorna indietro.
Voi forse, figliuole, vorreste aver subito questa specie di orazione, e non ne stupisco, perché l'anima non ha ancora finito di comprendere ciò che Dio accorda in questo stato, né il grande amore con il quale Egli l'avvicina a sé, che subito si sente presa dal desiderio di conoscere come queste grazie si acquistino. Perciò vi voglio dire quello che ho potuto capire.
9 - Prescindiamo dal caso in cui il Signore si degni di accordarcele unicamente perché così gli piace. Egli ne sa il motivo, e noi non ci dobbiamo intromettere.
Dopo aver fatto ciò che si esige per le mansioni precedenti, si richiede umiltà e ancora umiltà. Questa virtù inclina il Signore ad accondiscendere alle nostre brame.
E il primo segno per vedere se ne siete in possesso è credere fermamente che di queste grazie e gusti divini siete indegne, e che mai vi saranno accordati in tutta la vostra vita.
Ma voi mi direte: Se non le dobbiamo procurare, in che modo le potremo avere?
Rispondo che non vi è modo migliore di quello che ho detto, vale a dire, di non procurarle. Ed eccone le ragioni.
La prima, che per ricevere queste grazie è necessario amare il Signore senza alcun interesse.La seconda, che è mancanza di umiltà credere che i nostri meschini servizi possano meritare un tal bene.
La terza, che la vera disposizione per noi, che abbiamo tanto offeso il Signore, non è già di aspirare ai gusti spirituali, ma di bramare sinceramente di soffrire e di renderci simili a Lui.
La quarta, che se Dio si è obbligato a concedere la gloria a chi osserva i comandamenti, non lo si è affatto quanto a dare queste grazie, perché possiamo salvarci anche senza di esse, ed Egli sa meglio di noi quello che ci conviene, e chi siano i suoi veri amanti.
So di alcune persone che camminano per la via dell'amore nel modo che si deve, vale a dire con l'unico desiderio di servire il loro Dio crocifisso; eppure non solo non domandano consolazioni, ma nemmeno le desiderano, sino a supplicare il Signore a non volerle dar loro in questa vita.
E questa è la pura verità che io so di preciso, perché sono persone di mia conoscenza.
La quinta ragione è che faticheremo inutilmente. Siccome quest'acqua non è condotta per via di canali come la precedente, se la fonte si rifiuta di produrla, ci stancheremo senza alcun risultato.
Voglio dire che nonostante le nostre frequenti meditazioni e gli sforzi che facessimo per versar lacrime, l'acqua non verrebbe ugualmente, perché non scaturisce da qui. Dio la concede a chi vuole, e spesso nel momento in cui meno si pensa.
10 - Siamo di Dio, sorelle. Egli faccia di noi quello che vuole e ci conduca per dove meglio gli piace! Se ci umiliamo e ci distacchiamo veramente - dico veramente e non già nell'immaginazione che spesso ci inganna - se veramente dunque ci distacchiamo da tutto, il Signore non lascerà di farci queste grazie e molte altre ancora, superiori a ogni nostro desiderio. Sia Egli per sempre lodato e benedetto!
Capitolo 3
Tratta dell'orazione di raccoglimento - Ordinariamente Dio l'accorda prima della precedente, che è quella dei gusti divini - Effetti dell'una e dell'altra
1 - Gli effetti di questa orazione sono molti, e ne dirò alcuni. Ma prima voglio parlare dell'orazione che ordinariamente la precede. Non ne dirò che poche parole, perché ne ho già parlato altrove.
Si tratta di un raccoglimento che mi sembra anch'esso soprannaturale.
Benché non consista nello starsene al buio, nel chiudere gli occhi e in altre cose esteriori, tuttavia gli occhi si chiudono e si desidera la solitudine.
E con ciò pare che senza alcuna fatica si vada costruendo l'edificio dell'orazione precedente. I sensi e le altre cose esteriori sembrano rinunciare a ogni loro diritto, per dar modo all'anima di ricuperare i suoi che aveva perduti.
2 - Coloro che ne trattano, dicono che l'anima rientra in se stessa e che alle volte sale sopra se stessa. Ma se io mi servo di questo linguaggio, non riesco a dir nulla. Io ho questo di cattivo: di pensare che voi intendiate le espressioni che mi fabbrico io, le quali forse non saranno intese che da me.
Immaginiamoci dunque che i sensi e le potenze - che secondo il paragone adottato, sono gli abitanti del castello - siano fuggiti fuori e vivano da giorni ed anni con gente straniera, nemica del bene del castello.
Riconoscendo finalmente il loro torto, ritornano, si avvicinano al castello, ma non si decidono ad entrarvi per la tirannia della cattiva abitudine contratta. Tuttavia, girano intorno e non tradiscono più.
Il gran Monarca che risiede nel castello, vedendo la loro buona volontà si lascia impietosire, e nella sua grande misericordia decide di chiamarli a sé.
A guisa di buon pastore, emette un fischio tanto soave da non esser quasi percepito, ma con il quale fa loro conoscere la sua voce, acciocché lasciata la via della perdizione, rientrino nel castello.
E ciò fanno immediatamente, perché quel fischio è di così grande efficacia da districarli da tutte le cose esteriori fra le quali vivevano. Mi sembra di non essermi mai spiegata così bene come in questo momento.
Quando il Signore accorda questa grazia, si ha un aiuto particolare per cercar Dio in noi stessi. Qui lo si trova meglio e con maggior profitto che non nelle creature, e qui afferma d'averlo trovato anche S. Agostino dopo averlo cercato altrove.
3 - Ma non crediate che si possa ottenere il raccoglimento procurando di applicare l'intelligenza a considerare che Dio è in noi, o cercando di rappresentarcelo nell'anima mediante l'immaginazione.
Questo sarà un ottimo ed eccellente metodo di meditazione, perché fondato sulla verità dell'inabitazione di Dio, ma non è quello che io intendo dire, perché, dopo tutto, è sempre una cosa che con l'aiuto del Signore può essere fatta da chiunque.
Non così di quello che intendo io, perché alle volte gli abitanti si trovan nel castello prima ancora che si cominci a pensare a Dio. Non so come vi siano entrati, né come abbiano udito il fischio del pastore. Ciò non fu certamente per le orecchie, con le quali non si percepisce nulla, ma per aver sentito un certo vivo desiderio di ritirarsi soavemente nell'interno.
Mi capirà bene chi ne avrà l'esperienza, perché io non so spiegarmi di più.
Mi pare di aver detto che succede come di un riccio o di una tartaruga quando si ritirano in se stessi. Colui che lo scrisse deve averlo inteso assai bene. Però questi animali si ritirano quando vogliono, mentre qui non dipende da noi, ma solo da Dio quando ce ne vuol favorire.
Dovendo essere chiamati ad occuparsi in modo speciale di ciò che riguarda l'interiore, sono persuasa che Dio non conceda questa grazia se non a coloro che van staccandosi da tutto, se non con l'opera, perché impediti dal loro stato, almeno con il desiderio.
E se questi che Dio invita a salire gli lasciano mano libera, posso affermare che non si fermeranno qui.
4 - Chi scopre in sé questi effetti ne ringrazi molto il Signore, essendo doveroso che si mostri riconoscente, e in tal modo si disporrà ad altre grazie più grandi.
Inoltre, questo stato serve per abituarci - come si consiglia in alcuni libri - a tralasciare ogni discorso per attendere a quello che Dio fa in noi.
Però, se il Signore non ha ancora cominciato a sospenderci, non so se si potrà così fermare il pensiero da non averne più danno che vantaggio. Su questo argomento hanno molto discusso alcune persone spirituali, ma io - confesso la mia poca umiltà - non ho mai trovato nelle loro ragioni tanta forza da farmi arrendere a quello che dicevano.
Una di loro mi allegò un certo libro del santo - come credo che sia - fra Pietro d'Alcantara, a cui mi sarei sottomessa volentieri perché se n'intendeva. Orbene, leggendo insieme quel libro, lo trovammo del mio stesso parere.
Non si esprime con le medesime parole, ma da ciò che dice si capisce che l'amore dev'essere già acceso.
5 - Può darsi che m'inganni, ma ecco i motivi su cui mi appoggio. Primieramente, perché in queste cose di spirito fa più chi meno pensa e meno vuol fare. Dobbiamo essere come un povero bisognoso che sta innanzi a un grande e ricco imperatore: chiedere, abbassare gli occhi e aspettare con umiltà.
Quando Dio ci farà capire per certe sue vie segrete che ci sta ascoltando, allora, giacché ci ha permesso di stargli innanzi, sarà bene che ci mettiamo in silenzio, procurando - ciò che potendo non sarà male - di non porre in moto l'intelletto.
Ma se notiamo che il Re non ci ha né veduti né sentiti, guardiamoci bene dallo star là come tonti, a guisa di anime che per essersi sforzate di frenare i pensieri e violentate per non pensare a nulla, si trovano in più grande aridità e forse in maggiore inquietudine d'immaginazione. Dio vuole che gli facciamo delle domande, che pensiamo di essere alla sua presenza, persuasi che Egli conosca quello che ci conviene. Non so affatto persuadermi che le industrie umane possano avere qualche valore in cose che Dio ha riservate a sé.
Sembra che in queste Egli abbia posto dei limiti, mentre ne ha lasciate libere molte altre che con il suo aiuto possiamo fare anche noi - sempre fin dove ce lo permetta la nostra miseria - come le penitenze, l'orazione e le altre buone opere.
6 - La seconda ragione è che queste operazioni interiori sono soavi e pacifiche, mentre ciò che vien fatto con pena è più di danno che di vantaggio. (Chiamo fatte con pena quelle azioni che esigono uno sforzo, come i1 trattenere il respiro).
L'anima deve abbandonarsi nelle mani di Dio, affinché Egli ne faccia quel che vuole; deve dimenticarsi di ogni suo interesse e fare il possibile per rassegnarsi alla sua divina volontà.
La terza ragione è che la stessa preoccupazione di non pensare a nulla può eccitare a pensare molto.
La quarta, perché non vi è nulla di più utile e di più gradevole a Dio che dimenticarci di noi stessi, dei nostri interessi, delle nostre soddisfazioni personali, per occuparci del suo onore e della sua gloria.
Ora, come può dimenticarsi di se stesso chi è tutto intento a non distrarsi, sino a non permettere che la sua intelligenza e i suoi affetti si muovano a desiderare la maggior gloria di Dio e a rallegrarsi per quella che già gode? Se é Dio che sospende l'intelletto, gli dà da occuparsi in altro modo, e ciò mediante una illustrazione così chiara che esso ne rimane assorto, persuaso che per certe cose non può proprio far nulla.
Tuttavia, e senza che ne sappia il modo, si trova meglio ammaestrato che non con l'impiego di tutte le sue diligenze, con le quali piuttosto si sarebbe fatto del danno.
Siccome Dio ci ha dato le potenze per aiutarci ad agire, non vedo perché si debbano sospendere, tanto più che ad ogni loro azione ha da corrispondere un premio. Lasciamole fare il loro ufficio, fino a quando Dio non si degni elevarle a uno più grande.
7 - Per l'anima che Dio ha voluto mettere in questa mansione, non vi è nulla di più conveniente, secondo me, che di attenersi a quello che ho detto: cioè, procurare, senza rumore e senza violenza, d'impedire che l'intelletto discorra, ma senza sospenderlo, né sospendere il pensiero, bensì impiegarlo nel ricordarsi della presenza di Dio e della sua natura divina.
Se l'intelletto si sospende da solo per quello che sente in sé, ciò sia alla buon'ora, purché si guardi dal volere intendere di che si tratta. Il dono è fatto solo alla volontà, e bisogna lasciarglielo godere senza ricorrere ad alcuna industria, eccetto a qualche parola amorosa. Del resto, avviene spesso in questo stato che, pur non procurandolo, si rimanga li senza pensare a nulla, benché solo per poco.
8 - Sul principio di questa mansione ho parlato dell'orazione dei gusti divini, poi sono passata all'orazione di raccoglimento, della quale avrei dovuto parlare prima, perché meno alta di quella, e mezzo per raggiungerla.
Dunque, nell'orazione di raccoglimento non si deve mai smettere di meditare e di discorrere con l'intelletto. Nell'altra invece, nella quale l'acqua si trova nella stessa sorgente e non per via di canali, l'intelletto, come ho detto in altro luogo, si sospende da sé o si sente sospendere dal fatto di non poter capire ciò che avviene; e così va girando da una parte all'altra come intontito, incapace di fissarsi in alcuna cosa.
Questa agitazione inquieta molto la volontà, che nel frattempo è tutta immersa nel suo Dio. Ma essa non se ne curi, perché perderebbe buona parte di ciò che gode: lasci stare l'intelletto e si abbandoni fra le braccia dell'amore. Il Signore le insegnerà quello che dovrà fare: cioè, riputarsi indegna di tanto bene e impiegarsi in atti di ringraziamento.
9 - Volendo trattare dell'orazione di raccoglimento, ho tralasciato gli effetti di quella dei gusti divini e i segni dai quali si può conoscere chi ne è favorito. A quanto si sperimenta, si tratta di una dilatazione o aumento di anima.
Ecco una sorgente da cui l'acqua non ha via di uscita, ma il cui bacino è così fatto che quanto più acqua riceve, tanto più cresce di capacità. Così sembra anche qui, perché, oltre le grandi grazie che si ricevono, Dio dilata l'anima e la rende capace di contenere ogni cosa.
Questa soavità e dilatamento interiore si riconoscono anche dall'energia di cui l'anima si sente ripiena, perché nel servizio di Dio non si porta più grettamente come prima, ma con larghezza maggiore. Cessa pure di angustiarsi per la paura dell'inferno, e nutre grande fiducia di andare un giorno in paradiso. Non teme che di offendere Iddio, ma non con timore servile, che qui sparisce del tutto.
Se prima aveva paura di far penitenza per non perdere la salute, ora le sembra con l'aiuto di Dio di poterne fare, non avendo mai avuto in proposito desideri così grandi come ora.
E se prima provava tanta ripugnanza per le tribolazioni, ora le teme di meno, perché la sua fede si è fatta più viva e vede che accettandole per amor di Dio, ottiene la forza di sopportarle con pazienza.
Anzi, nella sua brama di far qualche cosa per Lui, qualche volta le avviene pure di desiderarle. Quanto più progredisce nella conoscenza di Dio, tanto più bassa è l'opinione che si fa di sé.
E avendo assaporato le dolcezze del Signore, ritiene per immondizie quelle della terra, da cui si allontana a poco a poco, rendendosi, a ciò fare, sempre più padrona di sé. Insomma, resta migliorata in tutte le virtù, e andrà sempre più progredendo, purché non torni ad offendere Iddio, nel qual caso perderebbe ogni cosa, anche se già arrivata alla cima.
Però, non si deve credere che per trovarsi con tali effetti basti ricevere questa grazia una o due volte soltanto. Occorre riceverla di continuo: il nostro bene è tutto in questa perseveranza.
10 - Ecco un avviso che raccomando molto a chi si trova in questo stato. Si guardi attentamente dal mettersi nelle occasioni di offendere Iddio.
Qui l'anima non è ancora formata: è come un bambino che comincia a poppare, il quale se si discosta dal petto di sua madre non può aspettarsi che la morte. Se chi ha ricevuto questa grazia si allontana dall'orazione senza un'urgente necessità e non vi fa subito ritorno, temo grandemente che le avvenga come al bambino, e vada di male in peggio. So che vi è molto da temere, e conosco alcune persone a cui questo è successo per essersi allontanate da Colui che voleva farsi loro amico, come dimostravano le sue opere.
Ne sento viva compassione. Se tanto insisto sulla fuga dalle occasioni, è perché il demonio mette più impegno nel rovinare un'anima sola di queste, che non molte altre a cui Dio non faccia tali grazie.
Queste gli possono essere di gran danno, perché attirano altre anime, con immenso vantaggio per la Chiesa di Dio. Perciò le combatte in ogni modo e fa di tutto per rovinarle, se non altro per la rabbia di vederle tanto amate da Dio. Ma se soccombono, diventano peggiori delle altre.
Da questi pericoli, sorelle, a quanto si può capire, voi siete al sicuro. Ma Dio vi liberi dall'andare in superbia e vanagloria!
Il demonio può simulare anche queste grazie; ma lo si conosce facilmente, perché non solo non produce gli effetti che ho descritto, ma ne lascia di diametralmente opposti.
11 - benché ve n'abbia già parlato altrove, tuttavia vi voglio avvertire di un pericolo in cui ho visto cadere varie persone di orazione, specialmente donne, che perla loro debolezza vi sono più esposte: ed è il seguente.
Alcune persone, a causa delle loro grandi austerità, orazioni e vigilie, o semplicemente perché di debole complessione, non possono ricevere una consolazione spirituale senza che la loro natura ne rimanga soggiogata.
E siccome sentono una certa interiore dolcezza mentre esteriormente vanno indebolendosi e mancando - specialmente quando entrano in quello stato che si chiama di sonno spirituale, che è alquanto più alto di quello anzidetto - confondono quella dolcezza con l'indebolimento che sentono, e se ne lasciano sopraffare.
Più si abbandonano e più ne rimangono assorbite, perché la natura s'indebolisce sempre più. E intanto credono che sia un qualche rapimento. Ma io lo chiamo sbalordimento, perché non fan altro che perdere il tempo e rovinarsi la salute.
12 - Una certa persona rimaneva in questo stato per otto ore di seguito, senza perdere i sensi, e nemmeno con pensieri di Dio. Ma siccome si trovò chi l'ebbe a intendere, le fecero sparire ogni cosa obbligandola a mangiare, a dormire e a non fare tanta penitenza. Senza volerlo, aveva ingannato il confessore, varie altre persone e se stessa. Sono convinta che il demonio non vi doveva essere estraneo: pretendeva di cavarne vantaggio, e non poco già cominciava ad averne.
13 - È bene sapere che vi può essere languidezza esteriore ed interiore anche allora che questo stato proviene da Dio, ma l'anima ne rimane forte, e nel vedersi così vicina al Signore, si lascia andare a grandi sentimenti.
Tuttavia questo stato non dura che pochissimo, benché si ripeta di frequente e l'anima torni a sospendersi. Tuttavia, se non è per debolezza naturale, questa orazione non solo non abbatte il corpo, ma nemmeno è causa di affezioni esteriori.
Perciò dovete star bene attente, e quando alcuna va soggetta a tali cose, ne avverta la Superiora e faccia di tutto per distrarsi. La Superiora non le permetta tante ore di orazione ma gliene ordini poca. Procuri che mangi e che dorma bene, fino a quando non abbia riprese le sue forze naturali, nel caso che le abbia perdute per mancanza di nutrimento e di sonno.
Se è di così debole complessione da non averne giovamento, credetemi, Dio la vuole per la vita attiva: nei monasteri vi dev'essere di tutto.
Sia impiegata negli uffici e si abbia cura che non rimanga troppo in solitudine, perché finirebbe col rovinarsi del tutto la salute.
Ciò le sarà di grande mortificazione, ma il Signore vuol provare come sopporti la sua assenza, e se lo ami per davvero. Dopo un po' di tempo, può darsi che Egli le ritorni le forze; ma se non lo fa, ella acquisterà tanti meriti con la preghiera vocale, e l'obbedienza, quanti ne acquisterebbe con la vita contemplativa, e forse più.
14 - Può anche darsi che vi siano persone d'immaginazione o di testa così debole come io ne ho trovate, che s'immaginino di vedere tutto quello che pensano. Sarebbe molto pericoloso, ma siccome ne devo parlare più avanti, non aggiungo altro. Mi sono tanto dilungata in queste mansioni perché credo che in esse le anime vi entrino in maggior numero. Si aggiunga inoltre che in queste, per l'unione che vi è del naturale col soprannaturale, il demonio può fare maggior danno che nelle seguenti, nelle quali il Signore non gli lascia tanta libertà.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen!
PORTATE LO SCAPOLARE A.N.A. 13 15 novembre 1994
Catalina Rivas
Maria
Figlia Mia, devi dire a tutti i Miei figli che Io soffro per la tiepidezza delle loro anime. Questa tiepidezza che non li lascia risplendere per essere come fari che devono illuminare i confini del mondo.
Miei piccoli figli, il maligno di cui si parla nelle Scritture, sta ora distruggendo tutta l'umanità. Con le sue legioni soffoca in voi la vita. Vi inganna con false promesse e con i bagliori delle cose materiali. Quanto siete vulnerabili quando scambiate lo splendore delle vostre anime con alcune attraenti cose materiali!
Vengo a supplicare i Miei fedeli, affinché continuino a portare il Mio scapolare. Si, ora potete usare quello piccolo, ma presto giungerà il momento in cui tutti quelli che sono fedeli a Me, vestiranno con uno scapolare su tutto il corpo. Dovete usarlo; sopra porterete un crocefisso simbolo del vostro impegno. Sono la vostra protezione, poiché Satana non può entrare quando i Miei figli sono vestiti di umiltà e obbedienza.
Attendete, Dio sta già permettendo che molti disastri colpiscano la terra. Egli permette questi disastri come segni, perché i rimanenti uomini ritornino a Lui e Gli rendano il meritato omaggio. I segni andranno aumentando in numero e forza. Gli uomini si troveranno in mezzo a una battaglia contro se stessi. Tutto questo viene tramato dal maligno perché il mondo, attraverso il suo collasso economico, si regga su una sola economia e su una sola religione. La vera fede rimarrà clandestina e nascosta.
Per questa ragione, consacratevi al Sacro Cuore del Figlio Mio, attraverso il Mio Cuore Immacolato e amate Gesù. Pregate e chiedetegli che il Mio Cuore fra poco trionfi. Che tutti i consacrati tornino a vestire l'abito e ritornino alla vera vita religiosa.
Ognuno di voi sia come un Sacro Tabernacolo, che riceve il Mio amato Figlio degnamente; se non sarete obbedienti, se non sarete umili, non potrete riceverlo degnamente... Chiedete allo Spirito Santo che vi illumini e capirete i tempi che state vivendo...