Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 16° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 15
1In quel tempo vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero:2"Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!".3Ed egli rispose loro: "Perché voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione?4Dio ha detto:
'Onora il padre e la madre'
e inoltre:
'Chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.'
5Invece voi asserite: Chiunque dice al padre o alla madre: Ciò con cui ti dovrei aiutare è offerto a Dio,6non è più tenuto a onorare suo padre o sua madre. Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione.7Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:
8'Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.'
9'Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini'".
10Poi riunita la folla disse: "Ascoltate e intendete!11Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!".
12Allora i discepoli gli si accostarono per dirgli: "Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?".13Ed egli rispose: "Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata.14Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!".15Pietro allora gli disse: "Spiegaci questa parabola".16Ed egli rispose: "Anche voi siete ancora senza intelletto?17Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna?18Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo.19Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultéri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie.20Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo".
21Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.22Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio".23Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: "Esaudiscila, vedi come ci grida dietro".24Ma egli rispose: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele".25Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: "Signore, aiutami!".26Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini".27"È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni".28Allora Gesù le replicò: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.
29Allontanatosi di là, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, si fermò là.30Attorno a lui si radunò molta folla recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì.31E la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi raddrizzati, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E glorificava il Dio di Israele.
32Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: "Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada".33E i discepoli gli dissero: "Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?".34Ma Gesù domandò: "Quanti pani avete?". Risposero: "Sette, e pochi pesciolini".35Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra,36Gesù prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò, li dava ai discepoli, e i discepoli li distribuivano alla folla.37Tutti mangiarono e furono saziati. Dei pezzi avanzati portarono via sette sporte piene.38Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini.39Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadàn.
Numeri 16
1Ora Core figlio di Izear, figlio di Keat, figlio di Levi, e Datan e Abiram, figli di Eliab, figlio di Pallu, figlio di Ruben,2presero altra gente e insorsero contro Mosè, con duecentocinquanta uomini tra gli Israeliti, capi della comunità, membri del consiglio, uomini stimati;3radunatisi contro Mosè e contro Aronne, dissero loro: "Basta! Tutta la comunità, tutti sono santi e il Signore è in mezzo a loro; perché dunque vi innalzate sopra l'assemblea del Signore?".
4Quando Mosè ebbe udito questo, si prostrò con la faccia a terra;5poi disse a Core e a tutta la gente che era con lui: "Domani mattina il Signore farà conoscere chi è suo e chi è santo e se lo farà avvicinare: farà avvicinare a sé colui che egli avrà scelto.6Fate questo: prendete gli incensieri tu e tutta la gente che è con te;7domani vi metterete il fuoco e porrete profumo aromatico davanti al Signore; colui che il Signore avrà scelto sarà santo. Basta, figli di Levi!".8Mosè disse poi a Core: "Ora ascoltate, figli di Levi!9È forse poco per voi che il Dio d'Israele vi abbia segregati dalla comunità d'Israele e vi abbia fatti avvicinare a sé per prestare servizio nella Dimora del Signore e per tenervi davanti alla comunità, esercitando per essa il vostro ministero?10Egli vi ha fatti avvicinare a sé, te e tutti i tuoi fratelli figli di Levi con te e ora pretendete anche il sacerdozio?11Per questo tu e tutta la gente che è con te siete convenuti contro il Signore! E chi è Aronne perché vi mettiate a mormorare contro di lui?".
12Poi Mosè mandò a chiamare Datan e Abiram, figli di Eliab; ma essi dissero: "Noi non verremo.13È forse poco per te l'averci fatti partire da un paese dove scorre latte e miele per farci morire nel deserto, perché tu voglia fare il nostro capo e dominare su di noi?14Non ci hai davvero condotti in un paese dove scorre latte e miele, né ci hai dato il possesso di campi e di vigne! Credi tu di poter privare degli occhi questa gente? Noi non verremo".15Allora Mosè si adirò molto e disse al Signore: "Non gradire la loro oblazione; io non ho preso da costoro neppure un asino e non ho fatto torto ad alcuno di loro".
16Mosè disse a Core: "Tu e tutta la tua gente trovatevi domani davanti al Signore: tu e loro con Aronne;17ciascuno di voi prenda l'incensiere, vi metta il profumo aromatico e porti ciascuno il suo incensiere davanti al Signore: duecentocinquanta incensieri. Anche tu e Aronne; ciascuno prenda un incensiere".18Essi dunque presero ciascuno un incensiere, vi misero il fuoco, vi posero profumo aromatico e si fermarono all'ingresso della tenda del convegno; lo stesso fecero Mosè e Aronne.
19Core convocò tutta la comunità presso Mosè e Aronne all'ingresso della tenda del convegno; la gloria del Signore apparve a tutta la comunità.20Il Signore disse a Mosè e ad Aronne:21"Allontanatevi da questa comunità e io li consumerò in un istante".22Ma essi, prostratisi con la faccia a terra, dissero: "Dio, Dio degli spiriti di ogni essere vivente! Un uomo solo ha peccato e ti vorresti adirare contro tutta la comunità?".23Il Signore disse a Mosè:24"Parla alla comunità e ordinale: Ritiratevi dalle vicinanze della dimora di Core, Datan e Abiram".
25Mosè si alzò e andò da Datan e da Abiram; gli anziani di Israele lo seguirono.26Egli disse alla comunità: "Allontanatevi dalle tende di questi uomini empi e non toccate nulla di ciò che è loro, perché non periate a causa di tutti i loro peccati".27Così quelli si ritirarono dal luogo dove stavano Core, Datan e Abiram. Datan e Abiram uscirono e si fermarono all'ingresso delle loro tende con le mogli, i figli e i bambini.
28Mosè disse: "Da questo saprete che il Signore mi ha mandato per fare tutte queste opere e che io non ho agito di mia iniziativa.29Se questa gente muore come muoiono tutti gli uomini, se la loro sorte è la sorte comune a tutti gli uomini, il Signore non mi ha mandato;30ma se il Signore fa una cosa meravigliosa, se la terra spalanca la bocca e li ingoia con quanto appartiene loro e se essi scendono vivi agli inferi, allora saprete che questi uomini hanno disprezzato il Signore".31Come egli ebbe finito di pronunciare tutte queste parole, il suolo si profondò sotto i loro piedi,32la terra spalancò la bocca e li inghiottì: essi e le loro famiglie, con tutta la gente che apparteneva a Core e tutta la loro roba.33Scesero vivi agli inferi essi e quanto loro apparteneva; la terra li ricoprì ed essi scomparvero dall'assemblea.34Tutto Israele che era attorno ad essi fuggì alle loro grida; perché dicevano: "La terra non inghiottisca anche noi!".
35Un fuoco uscì dalla presenza del Signore e divorò i duecentocinquanta uomini, che offrivano l'incenso.
Sapienza 5
1Allora il giusto starà con grande fiducia
di fronte a quanti lo hanno oppresso
e a quanti han disprezzato le sue sofferenze.
2Costoro vedendolo saran presi da terribile spavento,
saran presi da stupore per la sua salvezza inattesa.
3Pentiti, diranno fra di loro,
gemendo nello spirito tormentato:
4"Ecco colui che noi una volta abbiamo deriso
e che stolti abbiam preso a bersaglio del nostro scherno;
giudicammo la sua vita una pazzia
e la sua morte disonorevole.
5Perché ora è considerato tra i figli di Dio
e condivide la sorte dei santi?
6Abbiamo dunque deviato dal cammino della verità;
la luce della giustizia non è brillata per noi,
né mai per noi si è alzato il sole.
7Ci siamo saziati nelle vie del male e della perdizione;
abbiamo percorso deserti impraticabili,
ma non abbiamo conosciuto la via del Signore.
8Che cosa ci ha giovato la nostra superbia?
Che cosa ci ha portato la ricchezza con la spavalderia?
9Tutto questo è passato come ombra
e come notizia fugace,
10come una nave che solca l'onda agitata,
del cui passaggio non si può trovare traccia,
né scia della sua carena sui flutti;
11oppure come un uccello che vola per l'aria
e non si trova alcun segno della sua corsa,
poiché l'aria leggera, percossa dal tocco delle penne
e divisa dall'impeto vigoroso,
è attraversata dalle ali in movimento,
ma dopo non si trova segno del suo passaggio;
12o come quando, scoccata una freccia al bersaglio,
l'aria si divide e ritorna subito su se stessa
e così non si può distinguere il suo tragitto:
13così anche noi, appena nati, siamo già scomparsi,
non abbiamo avuto alcun segno di virtù da mostrare;
siamo stati consumati nella nostra malvagità".
14La speranza dell'empio è come pula portata dal vento,
come schiuma leggera sospinta dalla tempesta,
come fumo dal vento è dispersa,
si dilegua come il ricordo dell'ospite di un sol giorno.
15I giusti al contrario vivono per sempre,
la loro ricompensa è presso il Signore
e l'Altissimo ha cura di loro.
16Per questo riceveranno una magnifica corona regale,
un bel diadema dalla mano del Signore,
perché li proteggerà con la destra,
con il braccio farà loro da scudo.
17Egli prenderà per armatura il suo zelo
e armerà il creato per castigare i nemici;
18indosserà la giustizia come corazza
e si metterà come elmo un giudizio infallibile;
19prenderà come scudo una santità inespugnabile;
20affilerà la sua collera inesorabile come spada
e il mondo combatterà con lui contro gli insensati.
21Scoccheranno gli infallibili dardi dei fulmini,
e come da un arco ben teso,
dalle nubi, colpiranno il bersaglio;
22dalla fionda saranno scagliati
chicchi di grandine colmi di sdegno.
Infurierà contro di loro l'acqua del mare
e i fiumi li sommergeranno senza pietà.
23Si scatenerà contro di loro un vento impetuoso,
li disperderà come un uragano.
L'iniquità renderà deserta tutta la terra
e la malvagità rovescerà i troni dei potenti.
Salmi 21
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2Signore, il re gioisce della tua potenza,
quanto esulta per la tua salvezza!
3Hai soddisfatto il desiderio del suo cuore,
non hai respinto il voto delle sue labbra.
4Gli vieni incontro con larghe benedizioni;
gli poni sul capo una corona di oro fino.
5Vita ti ha chiesto, a lui l'hai concessa,
lunghi giorni in eterno, senza fine.
6Grande è la sua gloria per la tua salvezza,
lo avvolgi di maestà e di onore;
7lo fai oggetto di benedizione per sempre,
lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto.
8Perché il re confida nel Signore:
per la fedeltà dell'Altissimo non sarà mai scosso.
9La tua mano raggiungerà ogni tuo nemico,
la tua destra raggiungerà chiunque ti odia.
10Ne farai una fornace ardente,
nel giorno in cui ti mostrerai:
il Signore li consumerà nella sua ira,
li divorerà il fuoco.
11Sterminerai dalla terra la loro prole,
la loro stirpe di mezzo agli uomini.
12Perché hanno ordito contro di te il male,
hanno tramato insidie, non avranno successo.
13Hai fatto loro voltare le spalle,
contro di essi punterai il tuo arco.
14Alzati, Signore, in tutta la tua forza;
canteremo inni alla tua potenza.
Geremia 28
1In quell'anno, all'inizio del regno di Sedecìa re di Giuda, nell'anno quarto, quinto mese, Anania figlio di Azzùr, il profeta di Gàbaon, mi riferì nel tempio del Signore sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo queste parole:2"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Io romperò il giogo del re di Babilonia!3Entro due anni farò ritornare in questo luogo tutti gli arredi del tempio del Signore che Nabucodònosor, re di Babilonia, prese da questo luogo e portò in Babilonia.4Farò ritornare in questo luogo - dice il Signore - Ieconia figlio di Ioiakìm, re di Giuda, con tutti i deportati di Giuda che andarono a Babilonia, poiché romperò il giogo del re di Babilonia".
5Il profeta Geremia rispose al profeta Anania, sotto gli occhi dei sacerdoti e di tutto il popolo che stavano nel tempio del Signore.6Il profeta Geremia disse: "Così sia! Così faccia il Signore! Voglia il Signore realizzare le cose che hai predette, facendo ritornare gli arredi nel tempio e tutti i deportati da Babilonia in questo luogo!
7Tuttavia ascolta ora la parola che sto per dire ai tuoi orecchi e agli orecchi di tutto il popolo.8I profeti che furono prima di me e di te dai tempi antichissimi predissero contro molti paesi, contro regni potenti, guerra, fame e peste.9Quanto al profeta che predice la pace, egli sarà riconosciuto come profeta mandato veramente dal Signore soltanto quando la sua parola si realizzerà".
10Allora il profeta Anania strappò il giogo dal collo del profeta Geremia e lo ruppe;11Anania riferì a tutto il popolo: "Dice il Signore: A questo modo io romperò il giogo di Nabucodònosor re di Babilonia, entro due anni, sul collo di tutte le nazioni".
Il profeta Geremia se ne andò per la sua strada.
12Ora, dopo che il profeta Anania ebbe rotto il giogo sul collo del profeta Geremia, la parola del Signore fu rivolta a Geremia:13 "Va' e riferisci ad Anania: Così dice il Signore: Tu hai rotto un giogo di legno ma io, al suo posto, ne farò uno di ferro.14Infatti, dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Io porrò un giogo di ferro sul collo di tutte queste nazioni perché siano soggette a Nabucodònosor, re di Babilonia".
15Allora il profeta Geremia disse al profeta Anania: "Ascolta, Anania! Il Signore non ti ha mandato e tu induci questo popolo a confidare nella menzogna;16perciò dice il Signore: Ecco, ti mando via dal paese; quest'anno tu morirai, perché hai predicato la ribellione contro il Signore".
17Il profeta Anania morì in quello stesso anno, nel settimo mese.
Apocalisse 22
1Mi mostrò poi 'un fiume d'acqua viva' limpida come cristallo, che scaturiva dal trono di Dio e dell'Agnello.2'In mezzo' alla piazza della città e 'da una parte e dall'altra del fiume si trova un albero di vita' che da' dodici raccolti e produce frutti ogni 'mese; le foglie' dell'albero servono 'a guarire' le nazioni.
3E non vi sarà più maledizione.
Il trono di Dio e dell'Agnello
sarà in mezzo a lei e i suoi servi lo adoreranno;
4'vedranno la sua faccia'
e porteranno il suo nome sulla fronte.
5Non vi sarà più notte
e non avranno più bisogno di luce di lampada,
né di luce di sole,
perché 'il Signore Dio li illuminerà
e regneranno nei secoli dei secoli'.
6Poi mi disse: "Queste parole sono certe e veraci. Il Signore, il Dio che ispira i profeti, ha mandato il suo angelo per mostrare ai suoi servi ciò che deve accadere tra breve.7Ecco, io verrò presto. Beato chi custodisce le parole profetiche di questo libro".
8Sono io, Giovanni, che ho visto e udito queste cose. Udite e vedute che le ebbi, mi prostrai in adorazione ai piedi dell'angelo che me le aveva mostrate.9Ma egli mi disse: "Guardati dal farlo! Io sono un servo di Dio come te e i tuoi fratelli, i profeti, e come coloro che custodiscono le parole di questo libro. È Dio che devi adorare".
10Poi aggiunse: "Non mettere sotto sigillo le parole profetiche di questo libro, perché il tempo è vicino.11Il perverso continui pure a essere perverso, l'impuro continui ad essere impuro e il giusto continui a praticare la giustizia e il santo si santifichi ancora.
12Ecco, io verrò presto e porterò con me il mio salario, 'per rendere a ciascuno secondo le sue opere'.13Io sono l'Alfa e l'Omega, il Primo e l'Ultimo, il principio e la fine.14Beati coloro che lavano le loro vesti: avranno parte all'albero della vita e potranno entrare per le porte nella città.15Fuori i cani, i fattucchieri, gli immorali, gli omicidi, gli idolàtri e chiunque ama e pratica la menzogna!
16Io, Gesù, ho mandato il mio angelo, per testimoniare a voi queste cose riguardo alle Chiese. Io sono la radice della stirpe di Davide, la stella radiosa del mattino".
17Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!". E chi ascolta ripeta: "Vieni!". Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l'acqua della vita.
18Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro;19e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
20Colui che attesta queste cose dice: "Sì, verrò presto!". Amen. Vieni, Signore Gesù.21La grazia del Signore Gesù sia con tutti voi. Amen!
Capitolo XXII: La meditazione della miseria umana
Leggilo nella Biblioteca1. Dovunque tu sia e dovunque ti volga, sei sempre misera cosa; a meno che tu non ti volga tutto a Dio. Perché resti turbato quando le cose non vanno secondo la tua volontà e il tuo desiderio? Chi è colui che tutto ha secondo il suo beneplacito? Non io, non tu, né alcun altro su questa terra. Non c'è persona al mondo, anche se è un re o un papa, che non abbia qualche tribolazione o afflizione. E chi è dunque che ha la parte migliore? Senza dubbio colui che è capace di sopportare qualche male per amore di Dio. Dice molta gente, debole e malata nello spirito: guarda che vita beata conduce quel tale; come è ricco e grande, come è potente e come è salito in alto! Ma, se poni mente ai beni eterni, vedrai che tutte queste cose passeggere sono un nulla, anzi qualcosa di molto insicuro e particolarmente gravoso, giacché le cose temporali non si possono avere senza preoccupazioni e paure. Per la felicità non occorre che l'uomo possieda beni terreni in sovrabbondanza; basta averne una modesta quantità, giacché la vita di quaggiù è veramente una misera cosa. Quanto più uno desidera elevarsi spiritualmente, tanto più la vita presente gli appare amara, perché constata pienamente le deficienze dovute alla corrotta natura umana. Invero mangiare, bere, star sveglio, dormire, riposare, lavorare, e dover soggiacere alle altre necessità che ci impone la nostra natura, tutto ciò, in realtà, è una miseria grande e un dolore per l'uomo religioso; il quale amerebbe essere sciolto e libero da ogni peccato. In effetti l'uomo che vive interiormente si sente schiacciato, come sotto un peso, dalle esigenze materiali di questo mondo; ed è perciò che il profeta prega fervorosamente di essere liberato, dicendo: "Signore, toglimi da queste necessità" (Sal 24,17).
2. Guai a quelli che non riconoscono la loro miseria. Guai, ancor più, a quelli che amano questa vita miserabile e destinata a finire; una vita alla quale tuttavia certa gente - anche se, lavorando o elemosinando, mette insieme appena appena il necessario - si abbarbica, come se potesse restare quaggiù in eterno, senza darsi pensiero del regno di Dio. Gente pazza, interiormente priva di fede; gente sommersa dalle cose terrene, tanto da gustare solo ciò che è materiale. Alla fine, però, constateranno, con pena, quanto poco valessero - anzi come fossero un nulla - le cose che avevano amato. Ben diversamente, i santi di Dio, e tutti i devoti amici di Cristo; essi non andavano dietro ai piaceri del corpo o a ciò che rende fiorente questa vita mortale. La loro anelante tensione e tutta la loro speranza erano per i beni eterni; il loro desiderio - per non essere tratti al basso dall'attaccamento alle cose di quaggiù - si elevava interamente alle cose invisibili, che non vengono meno. O fratello, non perdere la speranza di progredire spiritualmente; ecco, ne hai il tempo e l'ora. Perché, dunque, vuoi rimandare a domani il tuo proposito? Alzati, e comincia all'istante, dicendo: è questo il momento di agire; è questo il momento di combattere; è questo il momento giusto per correggersi. Quando hai dolori e tribolazioni, allora è il momento per farti dei meriti. Giacché occorre che tu passi attraverso il "fuoco e l'acqua" prima di giungere nel refrigerio (Sal 65,12). E se non farai violenza a te stesso, non vincerai i tuoi vizi. Finché portiamo questo fragile corpo, non possiamo essere esenti dal peccato, né vivere senza molestie e dolori. Ben vorremmo aver tregua da ogni miseria; ma avendo perduto, a causa del peccato, la nostra innocenza, abbiamo perduto quaggiù anche la vera felicità. Perciò occorre che manteniamo in noi una ferma pazienza, nell'attesa della misericordia divina, "fino a che sia scomparsa l'iniquità di questo mondo" (Sal 56,2) e le cose mortali "siano assunte dalla vita eterna" (2Cor 5,4).
3. Tanto è fragile la natura umana che essa pende sempre verso il vizio. Ti accusi oggi dei tuoi peccati e domani commetti di nuovo proprio ciò di cui ti sei accusato. Ti proponi oggi di guardarti dal male, e dopo un'ora agisci come se tu non ti fossi proposto nulla. Ben a ragione, dunque, possiamo umiliarci; né mai possiamo avere alcuna buona opinione di noi stessi, perché siamo tanto deboli e instabili. Inoltre, può andare rapidamente perduto per negligenza ciò che a stento, con molta fatica, avevamo alla fine raggiunto, per grazia di Dio. E che cosa sarà di noi alla fine, se così presto ci prende la tiepidezza? Guai a noi, se pretendessimo di riposare tranquillamente, come se già avessimo raggiunto pace e sicurezza, mentre, nella nostra vita, non si vede neppure un indizio di vera santità. Occorrerebbe che noi fossimo di nuovo plasmati, quasi in un buon noviziato, a una vita irreprensibile; in tal modo potremo sperare di raggiungere un certo miglioramento e di conseguire un maggior profitto spirituale.
LIBRO SECONDO: LOCUZIONI DELL’ESODO
Locuzioni sull'Ettateuco - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca1. (1, 12) Crescevano assai assai.
2. (1, 21). Che cosa vuol dire la frase relativa alle levatrici: E si fecero delle case poiché avevano temuto Dio? Poiché in precedenza si dice: Dio faceva del bene alle levatrici 1. A ciò sembra riferirsi il fatto che si fecero delle case poiché avevano il timore di Dio come se i benefici di Dio fossero giovati loro per farsi una casa. Si deve forse intendere nel senso che esse prima non possedevano delle case? O forse questa parola è appropriata alla ricchezza o piuttosto ad alcuni mezzi sufficienti del patrimonio [familiare]? A questo pare simile ciò che Giacobbe, dopo aver prestato servizio per quattordici anni al proprio suocero che voleva trattenerlo ancora presso di lui, disse: Ora dunque, quando mi farò anch’io una casa? 2 Aveva detto infatti che era cresciuto il bestiame di Labano grazie a lui, come aveva riconosciuto lo stesso Labano quando disse: Alla tua venuta Dio mi ha benedetto 3. Allorquando dice: Quando mi farò anch’io una casa? è sottinteso " come te ". Questo sembra voglia dire l’espressione anch’io, sicché sembra riferirsi alla casa da fare poiché viene esposto poi il compenso da fissare.
3. (1, 22) Ma tutto il sesso femminile mantenetelo in vita: così hanno i manoscritti greci; i latini invece non hanno illud [quello].
4. (2, 1-2) Ora c’era un uomo della tribù di Levi e prese per sé [una] delle figlie di Levi, s’intende " per moglie ", come alcuni traduttori latini pensarono anche di aggiungere; poiché segue: la possedette ed essa concepì.
5. (2, 3) Che cosa significa tibin è difficile a dirsi, poiché il traduttore greco non tradusse dall’ebraico questo nome né il traduttore latino dal greco, ma lo trascrisse così come lo trovò.
6. (2, 14) Mosè però ebbe paura e disse: Se questa parola s’è divulgata così. In questa locuzione sono da considerare due cose: dapprima che la [seconda] proposizione resta incompiuta ed è stata lasciata in tronco; si deve considerare quindi che " parola " è usata invece di " fatto ".
7. (2, 25) E Dio volse lo sguardo ai figli d’Israele e si rivelò ad essi; si rivelò è usato invece del fatto che tra essi compì azioni con cui comprendessero la sollecitudine di Dio verso di loro.
8. (3, 7) Vedendo ho visto i maltrattamenti inflitti al mio popolo che è in Egitto.
9. (3, 11-12) E Mosè disse a Dio: Chi sono io perché andrò dal Faraone, re dell’Egitto, e condurrò i figli d’Israele dal paese dell’Egitto? Ma egli disse: Io sarò con te, così è nel greco; il latino invece dice: e chi sono io? ma non dice: perché andrò e condurrò fuori, ma: per andare e condurre fuori. Inoltre la frase che si trova nel greco: ma egli disse: Io sarò con te s’intende naturalmente che la disse [Dio] a Mosè; il latino invece aggiunge tutto ciò e dice: ma Dio disse a Mosè.
10. (3, 16) Dio dice ciò che Mosè deve dire ai figli d’Israele: Visitando ho visitato voi e tutto ciò che vi è capitato in Egitto; il greco ha: vi ho visitati con la visita.
11. (3, 18) A proposito dei figli d’Israele dice Dio a Mosè: Ed essi ascolteranno la tua voce, il greco ha: ed esaudiranno la tua voce, poiché anche quello degli uomini si dice " esaudimento ".
12. (3, 22) Ciò che ha il latino: [ogni] donna chiederà alla sua vicina e alla sua coinquilina oggetti d’oro e d’argento e vestiti, il greco ha: alla sua coabitatrice, cioè [compagna di tenda] che alcuni latini hanno tradotto: alla sua coinquilina.
13. (4, 1) Mosè dice: Che fare? Se non mi crederanno e non daranno ascolto alla mia voce, questo verbo il latino l’ha tradotto con ascolteranno.
14. (4, 4) Il greco ha: Stendi la tua mano e afferra la coda, il latino invece ha tradotto: la tua mano e la sua coda.
15. (4, 4) E stendendo la mano afferrò la coda e diventò una verga nella sua mano.
16. (4, 5) E gli disse: Affinché credano che ti è apparso il Signore, Dio dei loro padri. Il greco non ha: E gli disse, ma soggiunge immediatamente: affinché credano a te, cioè le parole di Dio dopo compiuto il miracolo, come se ancora parlasse e ora completasse il senso delle parole. Questo infatti è l’ordine logico delle parole: Stendi la mano e afferra la coda affinché ti credano; ma è interposto il racconto del fatto e di poi è data la spiegazione: affinché ti credano.
17. (4, 6) Rispetto a ciò che ha il latino: E la sua mano divenne lebbrosa come la neve, il greco non ha lebbrosa, ma solo: divenne come neve.
18. (4, 8) Se poi non ascolteranno la voce del primo segno, così ha il greco; il latino invece: la tua voce del primo segno. Così pure segue: ti crederanno alla voce del secondo segno.
19. (4, 9) E l’acqua che prenderai dal fiume sarà sangue sulla [terra] asciutta, o meglio: sull’asciutto, cioè su ciò che è asciutto. Il latino esprime ciò dicendo: sangue sulla terra.
20. (4, 10) Mosè dice: Ti supplico, Signore; io ho difficoltà di parola prima di ieri e dell’altro ieri.
21. (4, 17) E prenderai nella tua mano questa verga con la quale farai segni con essa, pur potendosi dire: " con la quale farai segni " o almeno: " Prenderai questa verga nella tua mano e farai segni con essa ". Ora, al contrario, entrambe le frasi sono espresse con il modo di esprimersi delle Scritture.
22. (4, 18-19) Ma dopo quei molti giorni morì il re d’Egitto. Disse allora il Signore a Mosè in Madian: Va’, avvìati verso l’Egitto; poiché sono morti tutti coloro che cercavano la tua vita. In questa frase devono essere notate molte specie di locuzioni; in primo luogo: Va’, avvìati verso l’Egitto, come se non bastasse solo va’ o solo avvìati; in secondo luogo: poiché sono morti tutti coloro che cercavano la tua vita, sebbene la Scrittura dica ch’era morto solo il re d’Egitto, e di lui solo era stato detto in precedenza che cercava di uccidere Mosè. O forse quegli fu l’ultimo a morire dopo altri nemici? Se la cosa sta così non si tratta di una locuzione ma è il vero pensiero della frase. Ugualmente: coloro che cercavano la tua vita nelle Scritture suol essere detto non solo in senso cattivo ma anche in senso buono; poiché allo stesso modo che qui, è usato in senso cattivo anche nei Salmi: Siano umiliati e coperti d’infamia quelli che cercano [di togliermi] la mia vita, in senso buono nella frase: Non ho via di scampo, e non c’è alcuno che si prenda cura della mia vita 4, salvo che - così si dice - ci sia una differenza tra coloro che " cercano " e coloro che "si prendono cura ", sicché il primo verbo si debba intendere in senso cattivo e il secondo in senso buono.
23. (5, 10) E dicevano al popolo dicendo: Così dice il Faraone, il traduttore latino non osò tradurre questa locuzione.
24. (5, 21) Dio vi veda e giudichi poiché avete reso abominevole il nostro odore davanti al Faraone e ai suoi servi, porgere nelle sue mani la spada, per ucciderci. Così ha il greco; mentre il manoscritto latino che leggevamo come ottimo ha: sì da dare la spada nelle sue mani; questo solecismo è stato fatto senza alcuna necessità della traduzione, poiché nel greco non esiste.
25. (6, 4) Ho stabilito il mio patto con essi, di dar loro la terra di Canaan e la terra che hanno avuto per residenza e in cui essi abitarono. Così ha il greco, cosa che certamente anche in greco pare che suoni senza logica. Ma tuttavia l’autorità dei Settanta traduttori è così grande che non ebbero timore di parlare così. Che dire? È forse anche nascosto qui un senso? Se però qui non c’è alcun senso, è da notarsi la locuzione per evitare che, qualora s’incontri in altri passi, non impedisca o costringa a cercare qualcosa ove non c’è.
26. (6, 5) Ciò che dice il latino: Ho udito il gemito dei figli d’Israele in qual modo gli Egiziani li opprimono il greco ha (che si potrebbe tradurre: li riducono in servitù; poiché non può essere tradotto con una sola parola.
27. (6, 9) E Mosè parlò così ai figli d’Israele, ma non esaudirono Mosè a causa della debolezza d’animo e delle opere gravose; è detto: esaudirono, non " udirono ".
28. (6, 12) Poiché io ho difficoltà di parola; ciò che disse Mosè al Signore, il greco lo esprime con [che non parla] non " inesperto " come se fosse [ignorante] o [non istruito].
29. (6, 26) Questi sono Aronne e Mosè, ai quali Dio disse loro di condurre fuori dal paese d’Egitto i figli di Israele: questa è la lezione del testo greco.
30. (6, 30) Ecco, io sono di voce debole e in qual modo mi esaudirà il Faraone? Da notare che è detto: esaudirà, non: " ascolterà ".
31. (7, 6) Mosè e Aronne fecero come il Signore aveva loro ordinato, così fecero. Che cosa sarebbe mancato, se la Scrittura non avesse detto: così fecero?
32. (7, 9) Se il Faraone vi parlerà dicendo: Dateci un segno o un prodigio, e tu dirai a tuo fratello Aronne: Prendi il bastone. Il nostro consueto modo di esprimerci e una sua proprietà di lingua, non esigeva forse che si dicesse così: " Il Faraone vi parlerà dicendovi: Dateci un segno o un portento, tu dirai a tuo fratello Aronne: Prendi la verga "? Perché dunque vi è stata aggiunta [la congiunzione] " e " se non per una particolare proprietà della lingua ebraica? Poiché si dice che non è neppure una locuzione greca.
33. (7, 11) Non mi pare che i latini abbiano tradotto adeguatamente i del Faraone dicendo sapienti, poiché i sapienti in greco si dicono: . Ma il traduttore latino avrebbe potuto dire " sofisti " poiché non è possibile rendere questo termine in latino. Noi quindi usiamo questa parola [greca] invece d’una parola latina, come diciamo " filosofia " non solo in greco ma anche in latino; i più eloquenti autori della letteratura latina li chiamarono " sofisti ".
34. (7, 12) E il bastone di Aronne inghiottì i bastoni di quelli, come se dicesse: " il serpente di Aronne ".
35. (7, 15) Nella frase che parla del Faraone è detto: Ecco, egli esce [per andare] all’acqua, il greco invece ha: sull’acqua.
36. (7, 16) Lascia partire il mio popolo, affinché mi renda il culto nel deserto; ma, ecco, finora tu non [mi] hai esaudito. Quante volte viene detto " hai esaudito ", pur venendo detto a un uomo.
37. (7, 22) Ma anche gli stregoni degli Egiziani fecero la stessa cosa con i loro incantesimi. Ma il cuore del Faraone si ostinò e non li esaudì come aveva detto il Signore. Poiché esaudì è usato dalla Scrittura anche quando parla di un uomo.
38. (8, 1) Lascia partire il mio popolo, affinché mi rendano il culto, non dice: " affinché mi renda il culto "; questo modo di esprimerci si trova raramente se non dove la cosa [di cui si parla], di numero singolare, risulta formata di più elementi. " Popolo " infatti è un termine di numero singolare, ma è composto di molti individui. Identico è il caso dell’espressione: Tutta la terra ti adori 5, poiché tutta la terra è un’espressione che sta in luogo di " [tutti] gli uomini " che sono sulla terra.
39. (8, 2) Ecco, io colpisco tutto il tuo paese con le rane: così ha il greco con una locuzione assai elegante in modo che le rane sono prese nel senso del colpo con cui viene percosso il paese dell’Egitto.
40. (8, 3-4) E il fiume manderà fuori rane e salendo entreranno nel tuo palazzo e negli appartamenti intimi delle tue camere da letto e fin sopra i tuoi letti e nelle case dei tuoi servitori e del tuo popolo e nelle tue madie e nei tuoi forni e le rane salteranno addosso a te e addosso al tuo popolo e ai tuoi servitori. Deve osservarsi che [l’agiografo] dopo aver detto in domos [nel palazzo] ecc. mantenne il caso accusativo et super lectos e nelle altre espressioni dove usò la proposizione sopra conservò similmente l’accusativo; nelle madie e nei forni passò a [usare] l’ablativo, poiché anche il greco cambiò la preposizione che non è cambiata dal traduttore latino. Il greco infatti ha : in domos, in conspersis invece ; a questo proposito è strano che non ci sia anche un senso, non un modo di dire, sicché [l’agiografo] vuole forse farci intendere che le rane non salirono o fecero irruzione dal di fuori, ma che erano nate nelle madie e nei forni, e di lì, poiché la Scrittura preannuncia che le avrebbe fatte uscire il fiume, riempirono ogni luogo.
41. (8, 6) Aronne allora stese la mano sulle acque dell’Egitto e ne fece uscire le rane; la rana fu fatta uscire [dalle acque] e coprì il paese; la ripetizione è stata fatta passare dal numero plurale al singolare, poiché è stato usato appunto il singolare " rana " invece d’una moltitudine di rane. Non so però come mai, ai sensi degli uomini, permeati del modo di parlare abituale, sembra dire di più ciò che si dice al singolare che non ciò che si dice al plurale: infatti si comprende di più quando per esempio si dice: " C’è lì il soldato " che non: " Ci sono lì dei soldati ", e: " Lì c’è il pesce " che non: " Lì ci sono pesci ".
42. (8, 14) E le raccolsero a mucchi, a mucchi; questa ripetizione significa una gran quantità di mucchi ed è familiare alle Scritture.
43. (8, 16) I manoscritti latini hanno: Stendi il tuo bastone e batti con la terra, e non: " batti la terra "; il greco invece ha: " la polvere della terra " se tuttavia con questa frase è tradotta bene la frase greca .
44. (8, 18) Ma anche i maghi fecero la stessa cosa con i loro incantesimi, per far uscire le zanzare, ma non vi riuscirono. Si deve osservare che fecero è detto in luogo di: " cercarono di fare "; poiché se fecero proprio la stessa cosa, senza dubbio fecero uscire le zanzare; ma poiché segue: [fecero] al fine di far uscire, ma non vi riuscirono, non fecero dunque la stessa cosa, ma cercarono di fare la stessa cosa. Oppure, se forse anch’essi stendevano allo stesso modo il bastone, cosa che la Scrittura non specifica, sebbene agissero con incantesimi, l’espressione: fecero la stessa cosa si deve riferire [solo] a questa azione [di stendere il bastone].
45. (8, 21) E sul suolo sul quale abitarono in esso.
46. (8, 22) E quel giorno renderò gloriosa la terra di Gessen, in cui il mio popolo abita in essa.
47. (8, 29) E Mosè disse: Io me ne andrò da te e pregherò Dio e i mosconi s’allontaneranno dal Faraone e dai suoi ministri; come se me ne andrò da te lo dicesse a un altro e subito dopo parlasse d’un altro Faraone, dal quale si sarebbero allontanati i mosconi.
48. (9, 1) Lascia partire il mio popolo, perché mi rendano il culto.
49. (9, 18. 24) Ecco, io domani a quest’ora farò cadere una grandine assai violenta. La grandine poi era assai assai violenta.
50. (9, 29. 28) E cesseranno le voci e la grandine. È da osservare che la Scrittura è solita chiamare voci i tuoni, che anche il Faraone più sopra aveva chiamato voci di Dio, dicendo: Pregate per me il Signore affinché cessino le voci di Dio, nel qual caso è anch’essa una locuzione poiché è detto: cessino le voci.
51. (10, 2) Affinché voi narriate nelle orecchie ai figli vostri e ai figli dei vostri figli tutto ciò con cui mi presi gioco degli Egiziani. Deve notarsi come sia detto: mi presi gioco se così è detto: Questo è il dragone che tu hai creato per farti beffe di lui 6, e la frase [che si legge] nel libro di Giobbe: Questa è la prima delle opere formate dal Signore ch’egli fece perché fosse beffato dagli angeli suoi 7.
52. (10, 4) Ecco, io domani a quest’ora faccio venire la locusta in abbondanza. Ecco il modo con cui più sopra si parlava di " rana ". A proposito di quel passo abbiamo detto che per lo più si comprende meglio quando qualcosa di simile viene espresso al singolare che non se viene espresso al plurale. È chiaro infatti che è più espressivo: locustam multam [un nuvolo di locuste] che non se si dicesse: locustas multas [molte locuste].
53. (10, 8) Chi [sono] però e quali sono quelli che partiranno? Con il nostro modo di parlare più familiare noi diciamo ogni giorno: " Quanti e quali sono quelli che partiranno? ".
54. (10, 15) Non è rimasto nulla di verde negli alberi. Secondo il nostro modo di esprimerci si sarebbe dovuto dire: " Non è rimasto alcunché di verde negli alberi ".
55. (10, 16-17) Il Faraone dice a Mosè: Ho peccato contro il Signore Dio vostro e nei vostri riguardi; perdona dunque il mio peccato. Questa locuzione la usarono anche i fratelli parlando a Giuseppe, quando dissero: Perdona il peccato dei servi del Dio di tuo padre 8.
56. (10, 23) Ciò che i manoscritti latini esprimono così: E nessuno vide il proprio fratello per lo spazio di tre giorni, il greco lo esprime così: E nessuno vide il proprio fratello; è da notare anche che viene chiamato fratello di un uomo una persona qualunque.
57. (10, 24) Il Faraone dice a Mosè e ad Aronne: Andate e offrite il sacrificio al Signore Dio vostro; lasciate fuorché le pecore e i buoi; così ha il greco. È un modo di dire inusitato, salvo che dopo un’interpunzione si ponga " lasciate " e si sottintenda " queste cose ", in modo che risulti il senso seguente: " Andate voi eccetto le pecore e i buoi e lasciate queste cose "; poiché una simile ellissi si suol fare spesso nelle locuzioni delle Scritture.
58. (10, 26) E non lasceremo un’unghia; come se dopo aver condotto via il bestiame potesse restare un’unghia; che cos’altro è dunque: non lasceremo un’unghia, se non: " non lasceremo neppure un’unghia "?
59. (10, 28) Il Faraone dice a Mosè: Guàrdati bene di aggiungere ancora a vedere la mia faccia, invece di: " Sta’ ben attento a non vedere più la mia faccia ".
60. (11, 2) E ciascuno chieda al proprio prossimo e ciascuna donna alla sua prossima oggetti d’argento e d’oro e vestiario. Deve notarsi che anche gli Egiziani sono chiamati " prossimi " degli Ebrei.
61. (11, 6-7) E si leverà per tutto il paese d’Egitto un tale urlo, quale non ci fu mai e che non si ripeterà più simile [a questo]. Tra i figli d’Israele invece neppure un cane, sia tra le persone sia tra il bestiame, oserà abbaiare. È una locuzione assai elegante; per mezzo del cane infatti si volle far capire l’essere più meschino sia degli uomini che del bestiame, facendo così risaltare quanto grande pace avrebbero avuto gli Ebrei al contrario degli Egiziani urlanti per la straziante perdita dei figli.
62. (12, 3) Ciascuno prenda un agnello per le case delle [varie] patrie. È difficile capire quali sono le patrie: se sono le città in cui dimoravano o piuttosto le numerose famiglie propagatesi come per discendenza dalla parentela di ciascuno; questo infatti è il senso che si dice venga significato dal greco.
63. (12, 4) Se però quelli della casa sono pochi e per conseguenza non sono sufficienti per una pecora - cioè in modo che il piccolo numero [di persone] non è sufficiente a consumare la pecora - prenderà con sé il prossimo suo vicino, cioè la famiglia prenderà il vicino. [L’agiografo] scrive: uomo vicino, invece di " uomo ", e usa il singolare invece del plurale, non uno ma quanti sono sufficienti. La Scrittura, parlando della pecora da consumarsi, dice: secondo il numero delle anime ciascuno [prenderà] ciò che basti per lui, anime invece di " persone ", la parte per il tutto.
64. (12, 7-8) Prenderanno del sangue e lo metteranno sui due stipiti e sull’architrave delle case in cui le mangeranno in esse. Dopo aver detto: nelle quali l’agiografo dice anche: in esse, secondo il suo modo di esprimersi assai consueto; ma quanto a le mangeranno ci si chiede " quali " e si comprende che sono le carni. Il testo infatti seguita così: E in quella notte mangeranno le carni arrostite al fuoco, come hanno i manoscritti latini: i quali mangeranno la carne, i manoscritti greci invece hanno , cioè " le carni ", ma di genere neutro e perciò nel greco si ha: " nelle case nelle quali le mangeranno in esse ". Anche questa locuzione, dicendo " quelle " prima di dire nel seguito in che senso s’intendesse di quali parlava, è simile alla locuzione che abbiamo esposto a proposito del figlio di Mosè 9 allorché l’angelo voleva ucciderlo, e abbiamo portato come esempio la frase del Salmo: Le sue fondamenta sono sui monti santi: il Signore ama le porte di Sion 10, poiché non intendiamo di che cosa sono le fondamenta se non dalle parole che seguono; così è anche qui: nelle quali le mangeranno in esse, cioè " nelle case in cui le mangeranno " s’intende " le carni " delle quali si parla in seguito.
65. (12, 22) Vi prenderete poi un mazzetto d’issopo e l’intingerete nel sangue ch’è presso la porta e spalmerete sopra l’architrave e su entrambi gli stipiti col sangue. Anche qui un mazzetto d’issopo significa di certo più mazzetti, come " rana " più rane e " locusta " più locuste; questo traslato però, quando si fa a proposito di oggetti, produce oscurità.
66. (12, 26-27) Verrà un tempo in cui i vostri figli vi chiederanno: Che cosa significa questo rito religioso? E voi risponderete loro: Questo è il sacrificio della Pasqua in onore del Signore; anche se non ci fosse " e ", il senso sarebbe completo: risponderete loro.
67. (12, 28) E i figli d’Israele partendo fecero come il Signore aveva ordinato a Mosè e ad Aronne, così fecero; non sarebbe stato aggiunto: così fecero, se non fosse usanza delle Scritture.
68. (12, 51) E avvenne che in quel giorno il Signore condusse fuori dal paese d’Egitto i figli d’Israele.
69. (13, 1) Il Signore poi disse a Mosè dicendo.
70. (13, 12) Ogni essere che apre l’utero materno [tutti] i maschi. L’agiografo ha unito un [nome di] numero plurale [come attributo] con un [nome di] numero singolare, poiché l’espressione: ogni essere che apre s’intende non riferito a uno solo ma a molti. Simile è la locuzione: Ascoltate, popolo mio 11; dello stesso genere è la frase che segue: Ogni essere che apre l’utero materno, tra i greggi e il bestiame, tutti gli esseri che ti nasceranno. Ogni essere, tutti quelli che ti nasceranno è proprio una sorta di locuzione.
71. (13, 13) Ogni essere che apre l’utero dell’asina. Il greco ha: dell’asino a motivo della locuzione - come abbiamo già notato nella Genesi - ove a proposito della morte di Sara è usato il maschile invece del femminile, poiché la Scrittura dice: Alzatosi poi Abramo dalla presenza del morto, e: Seppellirò il mio morto 12 e spesso si usano simili espressioni a proposito di una morta.
72. (13, 15) Per questo motivo io sacrifico al Signore ogni essere che apre l’utero materno, i maschi: è locuzione simile alla precedente.
73. (13, 16) Sarà come segno nella tua mano, cioè nelle tue opere; ma forse qui c’è più un senso che una locuzione.
74. (14, 27) E il Signore precipitò gli Egiziani in mezzo al mare; il greco invece ha: E il Signore gettò giù gli Egiziani mezzo del mare.
75. (14, 31) Israele inoltre vide la mano grande, i fatti compiuti dal Signore contro gli Egiziani.
76. (15, 1) Mosè allora cantò e i figli d’Israele il seguente canto al Signore, e dissero col dire: così in realtà ha il greco .
77. (15, 22) E non trovavano acqua per bere; avrebbe potuto non avere: per bere.
78. (15, 24) E il popolo mormorò contro Mosè dicendo: non " dicendo egli ", ma: dicendo essi, poiché il popolo risulta di più persone.
79. (16, 1) E tutta la comunità dei figli d’Israele giunsero nel deserto; non è detto " giunse " poiché una comunità risulta di più persone.
80. (16, 2) E tutta la comunità dei figli d’Israele mormoravano contro Mosè e Aronne: anche questa locuzione è uguale [alla precedente].
81. (16, 4) Il Signore inoltre disse a Mosè: Ecco, io vi farò piovere pani dal cielo; deciso a far piovere la manna [Dio] promise i pani. Questa è una locuzione, con la quale è usato pane per " alimento " [in genere]. La Scrittura suole dire pani al plurale piuttosto che al singolare.
82. (16, 7) Al mattino - è detto - vedrete la gloria [del Signore], poiché esaudirà la vostra mormorazione riguardo a Dio: quest’[ultima] espressione significa solo come se dicesse " contro Dio ". Si deve poi osservare che qui, con un’insolita maniera di parlare, è chiamato " esaudimento " non di persone che pregano ma che mormorano, sebbene la Scrittura biasimi la mormorazione. Come se [la Scrittura] avesse detto che Dio conobbe la loro mormorazione e perciò chiama " esaudimento " la conoscenza che ne aveva Dio.
83. (16, 9. 12) Presentatevi al cospetto di Dio; poiché ha esaudito le vostre mormorazioni; di nuovo [la Scrittura] indica l’esaudimento non di preghiere e di suppliche ma anche delle mormorazioni dei cattivi; così anche Dio dice: Ho esaudito le mormorazioni dei figli d’Israele.
84. (16, 14) Ed ecco sulla faccia del deserto qualcosa di sottile, come [il seme del] coriandolo. Poiché sebbene Dio dica tante volte " faccia della terra ", come qui dice: faccia del deserto, è strano come la gente sentendo [il termine] faccia, cada nell’errore di pensare a qualcosa simile alla faccia d’una persona o d’un essere vivente.
85. (16, 16) Secondo il numero delle vostre anime; prendetene ciascuno [di voi] con coloro che abitano con voi. Quanto spesso la Scrittura chiama anime le persone - la parte per il tutto - difficilmente però dice " carni " invece di " persone ", ma " carne ", come è: Non temerò che cosa mi può fare la carne, la qual cosa è espressa più chiaramente nello stesso Salmo: Che cosa potrà farmi un uomo? 13 Tuttavia non direbbe: " secondo il numero delle vostre carni " allo stesso modo che dice: secondo il numero delle vostre anime.
86. (16, 21) E la raccoglievano al mattino, al mattino, allo stesso modo che diciamo: " a pezzi, a pezzi ", " a mucchi, a mucchi ", così è detto: al mattino, al mattino.
87. (16, 29) Ciascuno di voi non esca nessuno dal proprio posto il settimo giorno; [il pronome] ciascuno che è stato posto in mezzo alla frase poteva anche essere omesso.
88. (17, 1) Per il popolo non c’era acqua a bere, cioè " per bere ".
89. (17, 2) E il popolo parlava male contro Mosè, cioè tormentava Mosè con insulti, vale a dire lo ingiuriava; infatti egli stesso dice nella frase che segue: Perché mi insultate?
90. (17, 3) E il popolo mormorava contro Mosè dicendo essi.
91. (17, 5) E il bastone, nel quale tu percuotesti il fiume, prendilo nella tua mano. La Scrittura dice: nel quale percotesti, invece di dire, come diciamo noi: " con il quale percotesti ", ed è una locuzione assai frequente nelle Scritture.
92. (18, 12) Ora Iotor, suocero di Mosè, prese olocausti e sacrifici a Dio; " prese " è usato invece di " offrì ". Ma forse qui non si tratta di un modo di dire ma d’un [particolare] significato, cosicché si debba intendere nel senso che [Iotor] prese le vittime che poi Mosè avrebbe offerto in sacrificio, sebbene più sopra non si legga che Mosè o Aronne o alcun altro degli Ebrei condotti fuori dal paese d’Egitto abbia offerto un sacrificio, ma precedentemente sta scritto solo che Mosè eresse un altare e lo chiamò: Il Signore è il mio rifugio. Noi però [nella Scrittura] leggiamo che questo Iotor era sacerdote di Madian, cioè del popolo di Madian. Ora sarebbe strano che all’arrivo di lui prendesse a sacrificare Mosè e non piuttosto lo stesso Iotor ch’era già sacerdote.
93. (18, 18) Gravosa per te questa parola. È sottinteso: " è ".
94. (18, 20) Indicherai loro le vie nelle quali cammineranno in esse.
95. (18, 26) Ma deferivano su Mosè una parola gravosa; così ha il greco ma i latini hanno tradotto: a Mosè. Con quella locuzione viene indicata certamente anche l’incombenza a motivo della quale è detto: su Mosè, come se venisse indicato il peso impostogli. È detto quindi: una parola gravosa invece di " questione gravosa ". Ecco perché [l’agiografo] dice di seguito: Ma ogni questione facile la giudicavano essi stessi.
96. (20, 24) L’idea che esprime il greco con , si esprime più esattamente con invocherò o con ricorderò [il nome]; alcuni l’hanno tradotto con il verbo più usuale: chiamerò. Ma chiamerò non ha un significato strettamente determinato, tuttavia [al verbo greco] si avvicina più chiamerò che " nominerò ". Infatti alcuni traduttori hanno usato anche questo verbo.
97. (20, 24) Io verrò da te e ti benedirò. Sebbene più sopra [l’agiografo] dicesse al plurale: farete e sacrificherete, ora dice: Io verrò da te, come se lo dicesse a Israele in persona, cioè al popolo.
98. (21, 1-2) Queste sono le leggi che tu esporrai a essi. Se comprerai uno schiavo ebreo ecc. Deve osservarsi la locuzione secondo la quale, dopo ch’è stato detto a Mosè: Queste sono le leggi che esporrai ad essi, il resto è detto sia al popolo che allo stesso Mosè: Se comprerai uno schiavo ebreo. In realtà ciò non fu detto a Mosè, ma egli diceva al popolo soltanto ciò che doveva dire al popolo.
99. (21, 6) Il padrone gli forerà l’orecchio con una piccola lesina e [quello] sarà suo schiavo per sempre. Il testo greco reca: . Ecco in che modo la Scrittura s’esprime in molti passi con questa parola sempiterno o eterno, ove non s’intende l’eternità conforme alla quale ci è promessa [la vita] eterna o conforme alla quale al contrario i malvagi saranno tormentati dal fuoco eterno. Poiché questo schiavo che non sarebbe potuto vivere in eterno, non sarebbe potuto essere schiavo in eterno; ma s’intende detto eterno ciò che non ha un termine nel tempo, o almeno con questo precetto viene simbolizzata qualche realtà eterna.
100. (21, 13) Io ti darò un luogo nel quale possa fuggire in esso colui che avrà ucciso.
101. (21, 20) Se uno percoterà il proprio schiavo o la propria schiava nel bastone, cioè " col bastone ".
102. (21, 28) Il toro sarà lapidato con le pietre, come se potesse essere lapidato se non a colpi di pietre.Questa locuzione è un po’ differente da quella con cui secondo l’usanza delle Scritture, si potrebbe dire: " Sarà lapidato con la lapidazione ", ma tuttavia è somigliante.
103. (21, 29) Ma se il toro era avvezzo a dar cornate ieri e l’altro ieri; invece di dire " nel passato " è usata, secondo l’usanza delle Scritture, la parte per il tutto quale che fosse l’estensione [del tempo passato].
104. (21, 33-34) Se uno poi lascerà aperta una cisterna oppure scaverà una cisterna e non la coprirà e vi cadrà un vitello o un asino, il padrone della cisterna dovrà risarcire. Anche questa locuzione dev’essere intesa come denotante la parte per il tutto; poiché se [nella cisterna] cadrà un cavallo o una pecora, non per questo il padrone non dovrà risarcire per il fatto che ciò non sta scritto.
105. (21, 34) La bestia che sarà morta sarà a lui, invece di " sarà di lui ".
106. (22, 5) Se poi uno farà pascolare nel [proprio] campo o vigna [il proprio bestiame] e lo lascerà pascolare in un altro campo, cioè " altrui ".
107. (22, 26) Se prenderai in pegno il mantello del tuo prossimo glielo restituirai prima del tramonto del sole. È usato il genere per la specie; poiché è detto così come se fosse stata data per pegno ogni specie di vestito dal momento che la Scrittura, nelle espressioni che seguono, mostra di parlare di colui che ha solo la veste con cui coprirsi la notte.
108. (23, 20-21) Ecco, io mando il mio angelo davanti a te affinché ti protegga durante il cammino e ti conduca nel luogo che ti ho preparato. Bada a te stesso e ascolta la sua voce. Iddio comanda che dal popolo venga ascoltato il suo angelo che sicuramente non rivolge una preghiera ma impartisce ordini.
109. (23, 28) E manderò innanzi a te i calabroni e scaccerà gli Amorrei: dal plurale si volge al numero singolare. Il senso è questo: scaccerà gli Amorrei il calabrone, come la rana, la locusta, non perché sia una sola, ma perché mediante il singolare s’intende il numero plurale.
110. (23, 30) Li caccerò da te partitamente.
111. (23, 32-33) Non stringerai alleanza né con essi né con i loro dèi; essi non abiteranno nel tuo paese, perché non ti facciano peccare verso di me; non è detto in me, tuttavia ha lo stesso significato.
112. (24, 3) Tutto in popolo rispose con una sola voce dicendo essi.
113. (24, 10) E videro il luogo dove stava lì il Dio d’Israele. Sarebbe potuto bastare ove stava, ma queste locuzioni si chiamano ebraismi.
114. (25, 13) E le indorerai d’oro. Simile [a questa] è la locuzione: " sarà lapidato con le pietre ".
115. (25, 20) Tazze con cui faranno libagioni con esse.
116. (26, 10) [Farai] due basi a una colonna per ambedue le sue parti, e due basi all’altra colonna per ambedue le sue parti. [L’agiografo] per non parlare di tutte, parla solo di due ripetendo secondo il suo solito, come " tutti i pozzi ", " tutti i mucchi ", " tutte le generazioni " e simili espressioni.
117. (26, 29) Inoltre indorerai con l’oro le colonne e indorerai con l’oro le traverse.
118. (27, 6) E le rivestirai di bronzo: tale locuzione è come " indorerai d’oro ".
119. (27, 21) Fuori della cortina che sta sopra la testimonianza. [L’agiografo] parlando della lampada da accendersi dice così, cioè che doveva essere accesa fuori dove si trova il " Santo " non nell’interno della cortina, che sta sopra la testimonianza, cioè il " Santo dei santi ". Si dice dunque " sopra " non come se fosse un tetto o una [costruzione a] cupola o il firmamento del cielo o il coperchio dell’Arca, ma è detto sopra anche ciò che era posto " davanti" come una parete; così come diciamo che uno, il quale è superiore, sta adagiato a tavola [nel divano del triclinio] o sta in piedi, ma non di certo che uno è portato da un altro.
120. (27, 21) Prescrizione perpetua per le vostre generazioni: perpetua nel senso in cui abbiamo parlato molto in precedenza.
121. (28, 29) Aronne porterà i nomi [delle tribù] dei figli d’Israele sul razionale del giudizio sul petto entrando nel santo. La costruzione regolare era che dicesse: entrando nel santo, cioè: " Aronne porterà entrando " come hanno tradotto alcuni interpreti evitando il solecismo. Ma poiché il greco ha: entrando [in dativo] e sono d’accordo anche alcuni latini, ho creduto di notare piuttosto che correggere la locuzione.
122. (28, 24) Inoltre sul razionale del giudizio porrai catenelle intrecciate [come] cordoni. Anche qui alcuni traduttori latini, evitando il solecismo, hanno tradotto: catenelle intrecciate a cordoni; il greco invece ha: (" le frange o lavori fatti a maglia "). Questa locuzione siamo soliti chiamarla " assoluta ", quando a un [nome di] genere maschile o femminile si unisce un neutro, come se dicessimo: " le giustizie terrene non sono cose stabili ".
123. (28, 35) Quando Aronne si appresterà a compiere il suo ufficio di sacerdote, si udrà la sua voce quando entrerà nel Santo davanti al Signore e quando ne uscirà. [L’agiografo] chiama voce di lui [il suono prodotto] dai sonagli, suono ch’è piuttosto il suono prodotto da lui. Invece del genitivo: " di lui entrante e uscente " [l’agiografo] usò il dativo: a lui entrante e uscente.
124. (29, 13) I due reni e il grasso che su di essi; è sottinteso " è " che fu aggiunto da alcuni traduttori.
125. (29, 26) E lo separerai con la separazione.
126. (30, 8) Quando Aronne accenderà le lampade, le accenderà tardi su di esso. [L’agiografo] dice tardi invece di " la sera " e perciò è una locuzione da notare, poiché il greco ha . Ora " tardi " in senso proprio non suole dirsi se non quando sia passato il tempo in cui si sarebbe dovuto fare ciò che è detto essere stato fatto tardi.
127. (30, 12-13) Quando prenderai [a fare] il computo dei figli d’Israele per la loro rassegna e darà ciascuno al Signore il riscatto della propria persona e non capiterà su di loro alcun flagello nell’atto della loro rassegna e questo è quanto ti daranno. Questa è una locuzione sospesa, poiché è messa [tra le proposizioni] la congiunzione copulativa; se questa non fosse messa, non sarebbe sospesa. La congiunzione è posta in tre punti ma se si toglie da uno qualsivoglia di essi, dà per risultato un senso completo. Il contrario è ove è detto: Se prenderai a fare il computo dei figli d’Israele per la loro rassegna e ciascuno di essi darà al Signore il riscatto della propria persona; se infatti non fosse detto: e darà ciascuno, ma fosse detto soltanto: darà ciascuno, il senso sarebbe completo e non sarebbe sospeso, poiché si direbbe così: Se prenderai a fare il computo dei figli d’Israele per la loro rassegna, darà ciascuno al Signore il riscatto per la propria persona. Se invece la congiunzione fosse messa qui, dovrebbe essere tolta nella frase successiva in modo che si dicesse: Se prenderai a fare il computo dei figli d’Israele per la loro rassegna e ciascuno di essi darà al Signore per il riscatto della propria persona e non capiterà su di essi alcun flagello per la loro rassegna, questo è quanto darà ciascuno di essi. O per lo meno se verrà tolta la congiunzione nel mezzo [del periodo] ove si dice: e non capiterà su di essi alcun flagello, il senso non rimarrà sospeso poiché il senso sarà: se prenderai a fare il computo dei figli d’Israele per la loro rassegna e ciascuno di essi darà il riscatto della propria persona al Signore, non capiterà su di essi alcun flagello. Ma poiché la medesima congiunzione è messa dappertutto rende sospesa la locuzione, per questo abbiamo pensato di doverla notare.
128. (32, 1) Il popolo insorse insieme contro Aronne e gli dissero. [L’uso del plurale] è una locuzione usuale, poiché il popolo risulta di molte persone. Si deve notare poi che è usato il tutto per una parte. Poiché l’Apostolo afferma, com’era in realtà, che [solo] alcuni di essi fecero ciò e non tutto il popolo, nel passo ove dice: E non dobbiamo servire gli idoli come fecero alcuni di loro 14.
129. (32, 1) Alzati e facci degli dèi che ci precedano. Parlavano forse a lui ch’era seduto o piuttosto è da notare una locuzione per il fatto che spesso è detto: Sorgi, Signore 15, oppure: Sorgi, Dio, giudica la terra 16?
130. (32, 10) E ora lasciami stare e incollerito di collera; allo stesso modo di " morire di morte ": la Scrittura è solita parlare così.
131. (32, 24) Se uno ha oggetti d’oro, toglieteveli; non è detto quali siano gli oggetti d’oro. Per questo i traduttori latini dissero: Chi ha dell’oro, se lo tolga.
132. (32, 26) Chi [sta] per il Signore? Venga da me.
133. (32, 31) Si sono fatti degli dèi d’oro: pur trattandosi d’un solo vitello. [L’agiografo] dunque usò il plurale per il singolare. Da ciò deriva pure la frase: Questi sono, o Israele, gli dèi che ti fecero uscire dal paese d’Egitto. Tali locuzioni in cui è usato il plurale per il singolare non si trovano certamente se non quando si tratta di quella specie di cose che possono anche risultare o si può capire essere formate da una molteplicità.Per il fatto che quel vitello era uno solo non ne consegue che non potessero esserne fatti anche molti altri o non fosse simile a molti altri idoli.Conforme a questa locuzione è detto che i ladroni oltraggiavano il Signore 17, benché la Scrittura attesti che lo insultava uno solo 18, ma quel ladrone non era l’unico. E questa locuzione, persino quando viene formata usando nomi propri - della quale non abbiamo trovato ancora un esempio nelle Scritture - in tal caso s’intende che indica più persone, come alcuni scrittori parlarono di Fedre e di Medee, benché una sola fosse la Fedra e una sola la Medea [della tragedia greca], ma chiamarono Fedre e Medee tutte le donne simili a Fedra e Medea.Così, non senza motivo né come che sia e senza regola - come fanno erroneamente alcuni scrittori privi di talento - ma in un determinato modo e con regole determinate queste locuzioni si usano all’occorrenza.
134. (33, 1) Va’, sali da questo luogo tu e il tuo popolo, i quali hai fatto uscire dal paese d’Egitto, non " il quale " hai fatto uscire; questa costruzione sintattica è talmente usuale, che raramente è espressa diversamente.
135. (33, 5) E il Signore disse: Deponete gli abiti dei vostri onori e gli ornamenti e io mostrerò che cosa ho in animo di fare per te. La locuzione dal plurale va a finire nel singolare, poiché erano molti ma era un popolo, allo stesso modo che aveva loro detto: Voi popolo di dura cervice; non disse: " tu popolo ", ma: Voi popolo, sebbene voi sia plurale, " popolo " invece è di numero singolare.
136. (34, 9) Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, il mio Signore cammini insieme con noi: come se parlasse di un altro. Queste locuzioni sono continue, ma quando si parla a Dio, si pensa che si parli al Padre a proposito del Figlio. Ma quando tali cose si dicevano al Faraone e a Giuseppe e ad altri in molti passi, si capiva che era un tipo di locuzione.
137. (34, 15) Non devi stringere mai un patto con coloro che siedono nel paese: come se si dicesse: " che hanno la loro sede ", cioè " abitano ".
138. (34, 17) Non dovrai farti dèi di metallo fuso. È una locuzione che indica la parte per il tutto; poiché non è detto che per il fatto che si fa menzione solo di dèi di metallo fuso, sia permesso di fare dèi intagliati o scolpiti, forgiati e d’argilla oppure alcun altro genere di simulacri o di qualunque divinità fatta di sana pianta.
139. (34, 19) Ogni animale che apre il grembo materno, i maschi. Cioè: " Sarà mio ogni animale che apre il grembo materno tra quelli che sono maschi ".
140. (34, 20) Il primo nato d’una bestia da soma, lo riscatterai con un agnello. Anche questa è una locuzione che significa la parte per il tutto: poiché se non fosse bestia da soma un giumento qualsiasi, la carne del quale viene rifiutata come immonda, non per questo non si deve riscattare o non deve riscattarsi con un altro animale diverso dall’agnello.
141. (34, 25) Non ucciderai il sangue delle mie vittime sacrificali sopra il pane fermentato; ucciderai il sangue, invece di ciò che è: " uccidendo non verserai " è di certo una locuzione.
142. (34, 25) E non dormirà fino al mattino la vittima immolata della solennità di Pasqua. È detto dormirà per " resterà ", poiché in qual modo dormirà la carne di un animale ucciso e cotto? Quanto dunque all’espressione: Perché dormi, Signore 19, con questo genere di locuzione si esprime e s’intende nel senso di: " perché rimani inerte ", cioè non [ci] vendichi?
143. (34, 28) Del digiuno di quaranta giorni di Mosè la Scrittura parla così: Non mangiò pane e non bevve acqua, [esprimendo] la parte per il tutto, indicando cioè con pane ogni specie di cibo e con acqua ogni specie di bevanda.
144. (34, 1) Tàgliati due tavole di pietra come le prime: è sottinteso " erano " e perciò i nostri traduttori pensarono anche di aggiungere questo verbo [fuerunt], poiché nella lingua latina una tale ellissi è inusitata.
145. (35, 4) E Mosè disse a tutta la comunità dei figli d’Israele dicendo: il senso sarebbe completo anche se non avesse: dicendo.
146. (35, 21) E portarono ciascuno ciò che portava il loro cuore. Si poteva dire in modo più usuale: " E ciascuno portò l’offerta che portava il suo cuore ".
147. (35, 21) E coloro ai quali parve opportuno allo spirito loro portarono la loro offerta al Signore; non è detto [come si dovrebbe]: " come parve opportuno al loro spirito ".
148. (35, 23) E ognuno a cui si trovò presso di lui pelli di montone tinte in rosso: ciò si sarebbe potuto esprimere secondo l’uso corrente così: " E tutti coloro presso i quali furono trovate pelli di montone tinte di rosso ".
149. (35, 24) Ciascuno che offriva un contributo in argento e in bronzo offrirono un contributo al Signore. Nella maniera più consueta si sarebbe potuto dire: " ciascuno offrì " anziché: " ciascuno offrirono ".
150. (35, 24) E coloro presso i quali si trovarono presso di essi specie di legno non soggetto a marcire; secondo l’usanza delle Scritture fu aggiunto: presso di essi, poiché senza questa aggiunta il senso sarebbe completo.
151. (35, 25) E ogni donna assennata e sapiente nel filare con le sue mani, come se avesse potuto filare senza mani; inoltre sapiente nel filare è un modo di dire elegante e inusitato. Di poi: ogni donna portarono secondo l’abitudine delle [frasi] precedenti il singolare si accorda con il plurale, poiché si direbbe in modo più comune: " ogni donna portò ".
152. (35, 26) E tutte le donne alle quali parve bene per il loro sentimento filarono con sapienza i peli di capra. Da notare che la Scrittura, parlando di queste arti, le chiama spesso sapienza, cioè .
153. (35, 28) E le composizioni e l’olio per l’unzione e la mescolanza dell’incenso: non dobbiamo intendere alcune misture di specie diversa, ma, poiché è detto: e misture [l’agiografo] mediante la congiunzione copulativa non aggiunse nient’altro ma volle spiegare ciò che aveva detto affinché conoscessimo quali fossero quelle misture, e l’olio - disse - dell’unzione e la mescolanza dell’incenso. Le chiama inoltre " misture " poiché tali aromi sono confezionati con molti elementi.
154. (35, 29) E ogni uomo e ogni donna dei quali il loro cuore offriva perché fossero spinti a fare ogni opera di qualsiasi genere che il Signore aveva ordinato, per mezzo di Mosè, esso fosse fatto, portarono al Signore il contributo i figli d’Israele. Dunque per ogni uomo e donna s’intendono i figli d’Israele. Tutte le altre locuzioni sono simili alle precedenti.
155. (35, 32-33) Fare l’oro e l’argento e il bronzo: invece dell’espressione che vuol dire: fare [oggetti] con l’oro, l’argento e il bronzo; poiché non facevano l’oro ma [oggetti] d’oro. Dello stesso genere è l’espressione che segue poco dopo: e operare i legni, cioè "con i legni ".
156. (35, 35) Fare tutte le opere del santo, attinenti alla tessitura e tessere merletti di colore scarlatto e di bisso, fare opera architettonica di ricamo. Ecco, anche a proposito delle opere di tessitura [l’agiografo] le chiama: opera architettonica; cosa strana se non per il fatto che si eseguivano per il tabernacolo, ch’era simile a un edificio e veniva edificato come una casa. Non appare però evidente che cosa dica l’espressione: opere del santo, se cioè del sacerdote santo poiché queste cose sono dette anche a proposito della veste o delle vesti di lui o di Dio santo, per il culto del quale si facevano queste cose, oppure opere del santo, come si diceva " il santo " e il " Santo dei santi ".
157. (36, 8) I cordoncini attaccati ad ambedue le parti di esso; l’agiografo non dice: " ad ambedue le parti di essi ", benché avesse detto " i cordoncini " e non " il cordoncino" nel senso in cui si è soliti dire " un cordoncino ", poiché lo chiama al plurale dicendo umeralia [" i cordoncini "], come " una veste " e anche " le vesti ".
158. (36, 37) Ed Eliab, figlio di Achisamach, della tribù di Dan, che architettò le opere di tessitura, di sartoria e di tessere merletti di stoffe chermisine e di lino. Con un insolito modo [di parlare] si dice che vengono architettate le opere di tessitura. Si deve intendere come parte per il tutto la frase: tessere stoffe chermisine e di lino, poiché per mezzo di esse noi comprendiamo le altre stoffe, cioè di porpora e di seta color giacinto.
159. (39, 31) E i figli d’Israele fecero come il Signore aveva ordinato a Mosè, così fecero; il senso sarebbe stato completo anche se non fosse stato aggiunto così fecero.
160. (40, 14) E Mosè fece tutto ciò che gli aveva ordinato il Signore, così fece; è un’espressione simile a quella [usata] anche per i figli d’Israele.
1 - Gn 30, 30.
2 - Gn 30, 27.
3 - Sal 39, 15.
4 - Sal 39, 15; 141, 5.
5 - Sal 65, 4.
6 - Sal 103, 26.
7 - Gb 40, 14.
8 - Gn 50, 17.
9 - Cf. Quaest. 2, 11.
10 - Sal 86, 1-2.
11 - Sal 77, 1.
12 - Gn 23, 3-4.
13 - Sal 55, 5. 12.
14 - 1 Cor 10, 7.
15 - Sal 43, 27.
16 - Sal 81, 8.
17 - Cf. Mt 27, 44.
18 - Cf. Lc 23, 39.
19 - Sal 43, 34.
Tragica passeggiata alla Stura
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaQuesto sogno Don Bosco lo fece a Lanzo Torinese la notte del 17 aprile
1868. E un sogno terribile. Il direttore del Collegio, Don Lemoyne, che
dormiva nella camera accanto, fu svegliato da un urlo agghiacciante che
Don Bosco lanciò nel sonno.
A Don Bosco parve di trovarsi sulle sponde di un torrente non largo, ma
dalle acque torbide e vorticose. I giovani che lo circondavano,
tentavano di passare sulla sponda opposta. Molti prendevano la rincorsa,
saltavano e riuscivano ad arrivare dall’altra parte. Altri però non ce
la facevano. Qualcuno batteva con i piedi proprio sull’orlo della riva,
ricadeva indietro e veniva trascinato dalla corrente. Qualcun altro
piombava con un tonfo nel bel mezzo del fiume e spariva. C’era chi
finiva sugli scogli aguzzi, sporgenti dall’acqua, e si spaccava la testa
o si rompeva lo stomaco rimanendo boccheggiante.
A quella scena dolorosa Don Bosco gridava, avvisava, insegna va a
prendere lo slancio con prudenza, ma inutilmente. Il torrente in poco
tempo apparve cosparso di corpi inerti che, trascinati dalla corrente
impetuosa, andavano a sfracellarsi contro una rupe, alla svolta del
fiume, e lì sparivano in un vortice.
— Ma perché — si chiedeva Don Bosco — ragazzi tanto agili e snelli non
riescono ad arrivare dall’altra parte con un bel salto? La spiegazione
fu spaventosa, raccapricciante. Mentre prendevano lo slancio, molti
avevano dietro qualche sciagurato compagno che, per un gusto malvagio,
faceva lo sgambetto, oppure li tratteneva per il cappotto o, peggio
ancora, con uno spintone li gettava irrimediabilmente nella rovina.
— Perché — esclamava Don Bosco il giorno seguente, riferendosi a questi
criminali dello spirito — perché con i vostri cattivi discorsi volete
accendere nel cuore dei vostri compagni la fiamma di quelle passioni che
poi dovranno consumarli in eterno? Perché insegnate il male a certuni
che forse sono ancora innocenti? Perché con la vostra ironia e con i
vostri accordi insensati, vi ritirate dai Sacramenti e non volete
ascoltare le parole di chi vi può mettere sul la buona strada? L’unica
cosa che guadagnerete sarà la maledizione di Dio.
L’angoscia che stringeva il cuore a Don Bosco durante quel sogno gli
fece gettare un urlo lacerante che lo svegliò.
«Io li ho veduti tutti questi giovani, asseriva il Santo parlandone
con il direttore, li ho veduti tutti e ho conosciuto certi volponi. Ma
il mio segreto lo tengo per me e non lo dirò a nessuno. La prima volta
che potrò ritornare a Lanzo dirò a ciascuno la parte sua».
Impressiona la parola di Don Bosco: « Io li ho conosciuti questi
volponi». Non mancano anche oggi quelli che tra i compagni fanno le
parti del diavolo. Vigilare per prevenire: ecco l’assillo e il dolce
tormento dei genitori e degli educatori.
12-110 Agosto 6, 1919 L’abbandono in Dio. Valore degli atti fatti nel Divin Volere.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Passo i miei giorni amarissimi, il mio povero cuore è come pietrificato dal dolore della privazione di chi forma la mia vita, il mio tutto, e sebbene rassegnata, però non posso fare a meno di lamentarmi col mio dolce Gesù quando quasi di volo, o mi passa davanti o si muove nel mio interno, e ricordo che in questi lamenti una volta mi disse:
(2) “L’abbandono in Me è immagine di due torrenti, che uno si scarica nell’altro con tale impeto, che le acque si confondo insieme, che formando onde di acqua altissime giungono fino a toccare il cielo, da rimanere asciutto il letto di quei torrenti; e lo scroscio di quelle acque, il loro mormorio, è tanto dolce ed armonioso, che il cielo nel vedersi toccato da quelle acque, si sente onorato e risplende di nuova bellezza, ed i santi a coro dicono: “Questo è il dolce suono e l’armonia che rapisce di un’anima che si è abbandonata in Dio; come è bello, come è bello!”
(3) Un altro giorno mi disse: “Di che temi? Abbandonati in Me e resterai circondata da Me come dentro d’un circolo, in modo che se vengono nemici, occasioni, pericoli, avranno che ci fare con Me, non con te, ed Io risponderò per te. Il vero abbandono in Me è riposo per l’anima e per Me lavoro e se l’anima è inquieta, significa che non sta abbandonata in Me; giusta pena a chi vuol vivere a sé è l’inquietudine, facendo a Me un gran torto ed a sé un gran danno”.
(4) Un altro giorno mi lamentavo più forte ancora, ed il mio amabile Gesù, tutto bontà mi disse:
(5) “Figlia mia, chetati, questo tuo stato è il vuoto che si sta formando al secondo preparativo dei nuovi castighi che verranno. Leggi bene in ciò che ti ho fatto scrivere e troverai che non tutti i castighi si son verificati ancora; quante altre città saranno distrutte, le nazioni continueranno a schierarsi, una nemica dell’altra, e dell’Italia? Le sue nazioni amiche si faranno le sue più fiere nemiche, perciò pazienza figlia mia, quando il tutto sarà preparato per richiamare l’uomo, verrò come prima da te, e pregheremo e piangeremo insieme per l’uomo ingrato. Tu però non uscire mai dal mio Volere, che essendo il mio Volere eterno, ciò che si fa nella mia Volontà acquista un valore eterno, immenso, infinito, è come moneta che sorge e che mai esaurisce, i più piccoli atti fatti nel mio Volere restano scritti a caratteri incancellabili: “Siamo atti eterni, perché un Voler eterno ci ha animati, formati e compiuti”. Succede come ad un vaso di creta in cui si mette il liquido oro, e l’artefice da quell’oro liquefatto vi forma gli oggetti d’oro. Forse perché quell’oro è stato liquefatto nel vaso di creta si dice che non è oro? Certo che no; l’oro è sempre oro in qualunque vaso si potesse liquefare. Ora, il vaso di creta è l’anima, la mia Volontà è l’oro, l’atto d’operare della creatura nella mia Volontà, concuoce la mia Volontà con la sua e si liquefanno insieme, e da quel liquido, Io, divino artefice, formo gli atti d’oro eterno, in modo che Io posso dire che sono i miei, e l’anima può dire che sono i suoi”.