Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Questa sera vidi morire un uomo ancora giovane. La sua agonia fu straziante e prolungata. Incominciai per lui la coroncina. Giunta alla fine, l'agonia di quell'uomo continuava. Udii dentro di me: «Prosegui a recitare la coroncina». Tutto a un tratto, sperimentai la grande maestà  di Dio e la sua giustizia. Tremavo di spavento per quel giovane, ma non cessavo di implorargli misericordia dal Signore. Mi tolsi dal petto la piccola croce consegnatami nel giorno in cui pronunciai i miei voti e la posai sul petto dell'agonizzante. Dicevo: «Gesù, guarda quest'anima con lo stesso amore con il quale guardasti me nel giorno dei miei voti religiosi e non dimenticare la promessa che facesti in favore di coloro che, mediante questa coroncina, invocheranno la tua misericordia sui morenti». Mentre pregavo in questo modo, il moribondo cessò di soffrire e spirò in pace. Non è mai il caso di stancarsi quando si prega per gli agonizzanti! (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 15° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 18

1Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cèdron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli.2Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché Gesù vi si ritirava spesso con i suoi discepoli.3Giuda dunque, preso un distaccamento di soldati e delle guardie fornite dai sommi sacerdoti e dai farisei, si recò là con lanterne, torce e armi.4Gesù allora, conoscendo tutto quello che gli doveva accadere, si fece innanzi e disse loro: "Chi cercate?".5Gli risposero: "Gesù, il Nazareno". Disse loro Gesù: "Sono io!". Vi era là con loro anche Giuda, il traditore.6Appena disse "Sono io", indietreggiarono e caddero a terra.7Domandò loro di nuovo: "Chi cercate?". Risposero: "Gesù, il Nazareno".8Gesù replicò: "Vi ho detto che sono io. Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano".9Perché s'adempisse la parola che egli aveva detto: "'Non ho perduto nessuno di quelli che mi hai dato'".10Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la trasse fuori e colpì il servo del sommo sacerdote e gli tagliò l'orecchio destro. Quel servo si chiamava Malco.11Gesù allora disse a Pietro: "Rimetti la tua spada nel fodero; non devo forse bere il calice che il Padre mi ha dato?".

12Allora il distaccamento con il comandante e le guardie dei Giudei afferrarono Gesù, lo legarono13e lo condussero prima da Anna: egli era infatti suocero di Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno.14Caifa poi era quello che aveva consigliato ai Giudei: "È meglio che un uomo solo muoia per il popolo".
15Intanto Simon Pietro seguiva Gesù insieme con un altro discepolo. Questo discepolo era conosciuto dal sommo sacerdote e perciò entrò con Gesù nel cortile del sommo sacerdote;16Pietro invece si fermò fuori, vicino alla porta. Allora quell'altro discepolo, noto al sommo sacerdote, tornò fuori, parlò alla portinaia e fece entrare anche Pietro.17E la giovane portinaia disse a Pietro: "Forse anche tu sei dei discepoli di quest'uomo?". Egli rispose: "Non lo sono".18Intanto i servi e le guardie avevano acceso un fuoco, perché faceva freddo, e si scaldavano; anche Pietro stava con loro e si scaldava.
19Allora il sommo sacerdote interrogò Gesù riguardo ai suoi discepoli e alla sua dottrina.20Gesù gli rispose: "Io ho parlato al mondo apertamente; ho sempre insegnato nella sinagoga e nel tempio, dove tutti i Giudei si riuniscono, e non ho mai detto nulla di nascosto.21Perché interroghi me? Interroga quelli che hanno udito ciò che ho detto loro; ecco, essi sanno che cosa ho detto".22Aveva appena detto questo, che una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù, dicendo: "Così rispondi al sommo sacerdote?".23Gli rispose Gesù: "Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?".24Allora Anna lo mandò legato a Caifa, sommo sacerdote.
25Intanto Simon Pietro stava là a scaldarsi. Gli dissero: "Non sei anche tu dei suoi discepoli?". Egli lo negò e disse: "Non lo sono".26Ma uno dei servi del sommo sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l'orecchio, disse: "Non ti ho forse visto con lui nel giardino?".27Pietro negò di nuovo, e subito un gallo cantò.

28Allora condussero Gesù dalla casa di Caifa nel pretorio. Era l'alba ed essi non vollero entrare nel pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua.29Uscì dunque Pilato verso di loro e domandò: "Che accusa portate contro quest'uomo?".30Gli risposero: "Se non fosse un malfattore, non te l'avremmo consegnato".31Allora Pilato disse loro: "Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge!". Gli risposero i Giudei: "A noi non è consentito mettere a morte nessuno".32Così si adempivano le parole che Gesù aveva detto indicando di quale morte doveva morire.
33Pilato allora rientrò nel pretorio, fece chiamare Gesù e gli disse: "Tu sei il re dei Giudei?".34Gesù rispose: "Dici questo da te oppure altri te l'hanno detto sul mio conto?".35Pilato rispose: "Sono io forse Giudeo? La tua gente e i sommi sacerdoti ti hanno consegnato a me; che cosa hai fatto?".36Rispose Gesù: "Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù".37Allora Pilato gli disse: "Dunque tu sei re?". Rispose Gesù: "Tu lo dici; io sono re. Per questo io sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce".38Gli dice Pilato: "Che cos'è la verità?". E detto questo uscì di nuovo verso i Giudei e disse loro: "Io non trovo in lui nessuna colpa.39Vi è tra voi l'usanza che io vi liberi uno per la Pasqua: volete dunque che io vi liberi il re dei Giudei?".40Allora essi gridarono di nuovo: "Non costui, ma Barabba!". Barabba era un brigante.


Primo libro dei Re 8

1A questo punto Salomone convocò in assemblea a Gerusalemme gli anziani di Israele, tutti i capitribù, i principi dei casati degli Israeliti, per trasportare l'arca dell'alleanza del Signore dalla città di Davide, cioè da Sion.2Tutto Israele si radunò presso il re Salomone per la festa, nel mese di Etanim, cioè il settimo mese.3Presenti tutti gli anziani di Israele, l'arca del Signore fu sollevata e i sacerdoti e i leviti la trasportarono4con la tenda del convegno e con tutti gli arredi sacri che erano nella tenda.5Il re Salomone e tutta la comunità di Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all'arca pecore e buoi che non si contavano né si calcolavano.6I sacerdoti introdussero l'arca dell'alleanza del Signore al suo posto nella cella del tempio, cioè nel Santo dei santi, sotto le ali dei cherubini.7Difatti i cherubini stendevano le ali sopra l'arca; essi coprivano l'arca e le sue stanghe dall'alto.8Le stanghe erano più lunghe, per questo le loro punte si vedevano dal Santo di fronte alla cella, ma non si vedevano di fuori; tali cose ci sono fino ad oggi.9Nell'arca non c'era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposte Mosè sull'Oreb, cioè le tavole dell'alleanza conclusa dal Signore con gli Israeliti quando uscirono dal paese d'Egitto.
10Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nuvola riempì il tempio11e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio.12Allora Salomone disse:

"Il Signore ha deciso di abitare sulla nube.
13Io ti ho costruito una casa potente,
un luogo per la tua dimora perenne".

14Il re si voltò e benedisse tutta l'assemblea di Israele, mentre tutti i presenti stavano in piedi.15Salomone disse: "Benedetto il Signore, Dio di Israele, che ha adempiuto con potenza quanto aveva promesso con la sua bocca a Davide mio padre:16Da quando ho fatto uscire Israele mio popolo dall'Egitto, io non mi sono scelto una città fra tutte le tribù di Israele perché mi si costruisse una casa, ove abitasse il mio nome; ora mi sono scelto Gerusalemme perché vi dimori il mio nome e mi sono scelto Davide perché sia capo del popolo di Israele.17Davide mio padre aveva deciso di costruire un tempio al nome del Signore, Dio di Israele,18ma il Signore gli disse: Tu hai pensato di edificare un tempio al mio nome; hai fatto bene a formulare tale progetto.19Non tu costruirai il tempio, ma il figlio che uscirà dai tuoi fianchi, lui costruirà un tempio al mio nome.20Il Signore ha attuato la parola che aveva pronunziata; io ho preso il posto di Davide mio padre, mi sono seduto sul trono di Israele, come aveva preannunziato il Signore, e ho costruito il tempio al nome del Signore, Dio di Israele.21In esso ho fissato un posto per l'arca, dove c'è l'alleanza che il Signore aveva conclusa con i nostri padri quando li fece uscire dal paese di Egitto".

22Poi Salomone si pose davanti all'altare del Signore, di fronte a tutta l'assemblea di Israele, e, stese le mani verso il cielo,23disse: "Signore, Dio di Israele, non c'è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l'alleanza e la misericordia con i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il cuore.24Tu hai mantenuto nei riguardi del tuo servo Davide mio padre quanto gli avevi promesso; quanto avevi detto con la bocca l'hai adempiuto con potenza, come appare oggi.25Ora, Signore Dio di Israele, mantieni al tuo servo Davide mio padre quanto gli hai promesso: Non ti mancherà un discendente che stia davanti a me e sieda sul trono di Israele, purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta camminando davanti a me come vi hai camminato tu.26Ora, Signore Dio di Israele, si adempia la parola che tu hai rivolta a Davide mio padre.
27Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!28Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore mio Dio; ascolta il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te!29Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: Lì sarà il mio nome! Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo.
30Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona.
31Se uno pecca contro il suo fratello e, perché gli è imposto un giuramento di imprecazione, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio,32tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa' giustizia con i tuoi servi; condanna l'empio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l'innocente rendendogli quanto merita la sua innocenza.
33Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto di fronte al nemico perché ha peccato contro di te, se si rivolge a te, se loda il tuo nome, se ti prega e ti supplica in questo tempio,34tu ascolta dal cielo, perdona il peccato di Israele tuo popolo e fallo tornare nel paese che hai dato ai suoi padri.
35Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, se ti pregano in questo luogo, se lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati,36tu ascolta dal cielo e perdona il peccato dei tuoi servi e di Israele tuo popolo, ai quali indicherai la strada buona su cui camminare, e concedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo.
37Quando nella regione ci sarà carestia o peste, carbonchio o ruggine, invasione di locuste o di bruchi; quando il nemico assedierà il tuo popolo in qualcuna delle sue porte o quando scoppierà un'epidemia o un flagello qualsiasi;38se uno qualunque oppure tutto Israele tuo popolo, dopo avere provato il rimorso nel cuore, ti prega o supplica con le mani tese verso questo tempio,39tu ascoltalo dal cielo, luogo della tua dimora, perdona, intervieni e rendi a ognuno secondo la sua condotta, tu che conosci il suo cuore - tu solo conosci il cuore di tutti i figli degli uomini -40perché ti temano durante tutti i giorni della loro vita nel paese che hai dato ai nostri padri.
41Anche lo straniero, che non appartiene a Israele tuo popolo, se viene da un paese lontano a causa del tuo nome42perché si sarà sentito parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio,43tu ascoltalo dal cielo, luogo della tua dimora, e soddisfa tutte le richieste dello straniero, perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come Israele tuo popolo e sappiano che al tuo nome è stato dedicato questo tempio che io ho costruito.
44Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro il suo nemico, seguendo le vie in cui l'avrai indirizzato, se ti pregheranno rivolti verso la città che ti sei scelta e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome,45ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia.
46Quando peccheranno contro di te, poiché non c'è nessuno che non pecchi, e tu, adirato contro di loro, li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in un paese ostile, lontano o vicino,47se nel paese in cui saranno deportati rientreranno in se stessi e faranno ritorno a te supplicandoti nel paese della loro prigionia, dicendo: Abbiamo peccato, abbiamo agito da malvagi e da empi,48se torneranno a te con tutto il cuore e con tutta l'anima nel paese dei nemici che li avranno deportati, e ti supplicheranno rivolti verso il paese che tu hai dato ai loro padri, verso la città che ti sei scelta e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome,49tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia.50Perdona al tuo popolo, che ha peccato contro di te, tutte le ribellioni di cui si è reso colpevole verso di te, fa' che i suoi deportatori gli usino misericordia,51perché si tratta del tuo popolo e della tua eredità, di coloro che hai fatto uscire dall'Egitto, da una fornace per fondere il ferro.
52Siano attenti i tuoi occhi alla preghiera del tuo servo e del tuo popolo Israele e ascoltali in quanto ti chiedono,53perché tu li hai separati da tutti i popoli del paese come tua proprietà secondo quanto avevi dichiarato per mezzo di Mosè tuo servo, mentre facevi uscire, o Signore, i nostri padri dall'Egitto".
54Quando Salomone ebbe finito di rivolgere al Signore questa preghiera e questa supplica, si alzò davanti all'altare del Signore, dove era inginocchiato con le palme tese verso il cielo,55si mise in piedi e benedisse tutta l'assemblea di Israele, a voce alta:56"Benedetto il Signore, che ha concesso tranquillità a Israele suo popolo, secondo la sua parola. Non è venuta meno neppure una delle parole buone che aveva pronunziate per mezzo di Mosè suo servo.57Il Signore nostro Dio sia con noi come è stato con i nostri padri; non ci abbandoni e non ci respinga,58ma volga piuttosto i nostri cuori verso di lui, perché seguiamo tutte le sue vie e osserviamo i comandi, gli statuti e i decreti che ha imposti ai nostri padri.59Queste parole, usate da me per supplicare il Signore, siano presenti davanti al Signore nostro Dio, giorno e notte, perché renda giustizia al suo servo e a Israele suo popolo secondo le necessità di ogni giorno.60Allora tutti i popoli della terra sapranno che il Signore è Dio e che non ce n'è altri.61Il vostro cuore sarà tutto dedito al Signore nostro Dio, perché cammini secondo i suoi decreti e osservi i suoi comandi, come avviene oggi".
62Il re e tutto Israele offrirono un sacrificio davanti al Signore.63Salomone immolò al Signore, in sacrificio di comunione, ventiduemila buoi e centoventimila pecore; così il re e tutti gli Israeliti dedicarono il tempio al Signore.64In quel giorno il re consacrò il centro del cortile di fronte al tempio del Signore; infatti ivi offrì l'olocausto, l'oblazione e il grasso dei sacrifici di comunione, perché l'altare di bronzo, che era davanti al Signore, era troppo piccolo per contenere l'olocausto, l'oblazione e il grasso dei sacrifici di comunione.
65In quell'occasione Salomone celebrò la festa davanti al Signore nostro Dio per sette giorni: tutto Israele, dall'ingresso di Amat al torrente d'Egitto, un'assemblea molto grande, era con lui.66Nel giorno ottavo congedò il popolo. I convenuti, salutato il re, tornarono alle loro case, contenti e con la gioia nel cuore per tutto il bene concesso dal Signore a Davide suo servo e a Israele suo popolo.


Proverbi 25

1Anche questi sono proverbi di Salomone,
trascritti dagli uomini di Ezechia, re di Giuda.
2È gloria di Dio nascondere le cose,
è gloria dei re investigarle.
3I cieli per la loro altezza, la terra per la sua profondità
e il cuore dei re sono inesplorabili.
4Togli le scorie dall'argento
e l'orafo ne farà un bel vaso;
5togli il malvagio dalla presenza del re
e il suo trono si stabilirà sulla giustizia.
6Non darti arie davanti al re
e non metterti al posto dei grandi,
7perché è meglio sentirsi dire: "Sali quassù"
piuttosto che essere umiliato davanti a uno superiore.
Quanto i tuoi occhi hanno visto
8non metterlo subito fuori in un processo;
altrimenti che farai alla fine,
quando il tuo prossimo ti svergognerà?
9Discuti la tua causa con il tuo vicino,
ma non rivelare il segreto altrui;
10altrimenti chi ti ascolta ti biasimerebbe
e il tuo discredito sarebbe irreparabile.
11Come frutti d'oro su vassoio d'argento
così è una parola detta a suo tempo.
12Come anello d'oro e collana d'oro fino
è un saggio che ammonisce un orecchio attento.
13Come fresco di neve al tempo della mietitura,
è un messaggero verace per chi lo manda;
egli rinfranca l'animo del suo signore.
14Nuvole e vento, ma senza pioggia,
tale è l'uomo che si vanta di regali che non fa.
15Con la pazienza il giudice si lascia persuadere,
una lingua dolce spezza le ossa.
16Se hai trovato il miele, mangiane quanto ti basta,
per non esserne nauseato e poi vomitarlo.
17Metti di rado il piede in casa del tuo vicino,
perché non si stanchi di te e ti prenda in odio.
18Mazza, spada e freccia acuta
è colui che depone il falso contro il suo prossimo.
19Qual dente cariato e piede slogato
tale è la fiducia dell'uomo sleale nel giorno della sventura,
20è togliersi le vesti in un giorno rigido.
Aceto su una piaga viva,
tali sono i canti per un cuore afflitto.
21Se il tuo nemico ha fame, dagli pane da mangiare,
se ha sete, dagli acqua da bere;
22perché così ammasserai carboni ardenti sul suo capo
e il Signore ti ricompenserà.
23La tramontana porta la pioggia,
un parlare in segreto provoca lo sdegno sul volto.
24Abitare su un angolo del tetto è meglio
di una moglie litigiosa e una casa in comune.
25Come acqua fresca per una gola riarsa
è una buona notizia da un paese lontano.
26Fontana torbida e sorgente inquinata,
tale è il giusto che vacilla di fronte all'empio.
27Mangiare troppo miele non è bene,
né lasciarsi prendere da parole adulatrici.
28Una città smantellata o senza mura
tale è l'uomo che non sa dominare la collera.


Salmi 126

1'Canto delle ascensioni.'

Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion,
ci sembrava di sognare.
2Allora la nostra bocca si aprì al sorriso,
la nostra lingua si sciolse in canti di gioia.
Allora si diceva tra i popoli:
"Il Signore ha fatto grandi cose per loro".
3Grandi cose ha fatto il Signore per noi,
ci ha colmati di gioia.

4Riconduci, Signore, i nostri prigionieri,
come i torrenti del Negheb.
5Chi semina nelle lacrime
mieterà con giubilo.

6Nell'andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.


Baruc 6

1Per i peccati da voi commessi di fronte a Dio sarete condotti prigionieri in Babilonia da Nabucodònosor re dei Babilonesi.2Giunti dunque in Babilonia, vi resterete molti anni e per lungo tempo fino a sette generazioni; dopo vi ricondurrò di là in pace.3Ora, vedrete in Babilonia idoli d'argento, d'oro e di legno, portati a spalla, i quali infondono timore ai pagani.4State attenti dunque a non imitare gli stranieri; il timore dei loro dèi non si impadronisca di voi.5Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, pensate: "Te dobbiamo adorare, Signore".6Poiché il mio angelo è con voi, egli si prenderà cura di voi.
7Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono indorati e inargentati, ma sono simulacri falsi e non possono parlare.8Come si fa con una ragazza vanitosa, prendono oro e acconciano corone sulla testa dei loro dèi.9Talvolta anche i sacerdoti, togliendo ai loro dèi oro e argento, lo spendono per sé, dandone anche alle prostitute nei postriboli.
10Adornano poi con vesti, come si fa con gli uomini, questi idoli d'argento, d'oro e di legno; ma essi non sono in grado di salvarsi dalla ruggine e dai tarli.11Sono avvolti in una veste purpurea, ma bisogna pulire il loro volto per la polvere del tempio che si posa abbondante su di essi.12Come un governatore di una regione, il dio ha lo scettro, ma non stermina colui che lo offende.13Ha il pugnale e la scure nella destra, ma non si libera dalla guerra e dai ladri.14Per questo è evidente che non sono dèi; non temeteli, dunque!
15Come un vaso di terra una volta rotto diventa inutile, così sono i loro dèi, posti nei templi.16I loro occhi sono pieni della polvere sollevata dai piedi di coloro che entrano.17Come ad uno che abbia offeso un re si tiene bene sbarrato il luogo dove è detenuto perché deve essere condotto a morte, così i sacerdoti assicurano i templi con portoni, con serrature e con spranghe, perché non vengano saccheggiati dai ladri.18Accendono loro lumi, persino più numerosi che per se stessi, ma gli dèi non ne vedono alcuno.19Sono come una delle travi del tempio; il loro interno, come si dice, viene divorato e anch'essi senza accorgersene sono divorati dagli insetti che strisciano dalla terra, insieme con le loro vesti.20Il loro volto si annerisce per il fumo del tempio.21Sul loro corpo e sulla testa si posano pipistrelli, rondini e altri uccelli e anche i gatti.22Di qui potete conoscere che non sono dèi; non temeteli, dunque!
23L'oro di cui sono adorni per bellezza non risplende se qualcuno non ne toglie la patina; perfino quando venivano fusi, essi non se ne accorgevano.24Furono comprati a qualsiasi prezzo, essi che non hanno alito vitale.25Senza piedi, vengono portati a spalla, mostrando agli uomini la loro condizione vergognosa; arrossiscono anche i loro fedeli perché, se cadono a terra, non si rialzano più.26Neanche se uno li colloca diritti si muoveranno da sé, né se si sono inclinati si raddrizzeranno; si pongono offerte innanzi a loro come ai morti.27I loro sacerdoti vendono le loro vittime e ne traggono profitto; anche le mogli di costoro ne pongono sotto sale una parte e non ne danno né ai poveri né ai bisognosi; anche una donna in stato di impurità e la puerpera toccano le loro vittime.28Conoscendo dunque da questo che non sono dèi, non temeteli!
29Come infatti si potrebbero chiamare dèi? Perfino le donne presentano offerte a questi idoli d'argento, d'oro e di legno.30Nei templi i sacerdoti siedono con le vesti stracciate, la testa e le guance rasate, a capo scoperto.31Urlano alzando grida davanti ai loro dèi, come fanno alcuni durante un banchetto funebre.32I sacerdoti si portan via le vesti degli dèi e ne rivestono le loro mogli e i loro bambini.33Gli idoli non possono contraccambiare né il male né il bene ricevuto da qualcuno; non possono né costituire né spodestare un re;34nemmeno possono dare ricchezze né soldi. Se qualcuno, fatto un voto, non lo mantiene, non se ne curano.35Non liberano un uomo dalla morte né sottraggono il debole da un forte.36Non rendono la vista a un cieco né liberano un uomo dalle angosce.37Non hanno pietà della vedova né beneficano l'orfano.38Sono simili alle pietre estratte dalla montagna quegli idoli di legno, indorati e argentati. I loro fedeli saranno confusi.39Come dunque si può ritenere e dichiarare che costoro sono dèi?
40Inoltre, perfino gli stessi Caldei li disonorano; questi infatti quando trovano un muto incapace di parlare lo presentano a Bel pregandolo di farlo parlare, quasi che costui potesse sentire.41Costoro, pur rendendosene conto, non sono capaci di abbandonare gli idoli, perché non hanno senno.42Le donne siedono per la strada cinte di cordicelle e bruciano della crusca.43Quando qualcuna di esse, tratta in disparte da qualche passante, si è data a costui, schernisce la sua vicina perché non fu stimata come lei e perché la sua cordicella non fu spezzata.44Quanto avviene attorno agli idoli è menzogna; dunque, come si può credere e dichiarare che costoro sono dèi?
45Gli idoli sono lavoro di artigiani e di orefici; essi non diventano niente altro che ciò che gli artigiani vogliono che siano.46Coloro che li fabbricano non hanno vita lunga; come potrebbero le cose da essi fabbricate essere dèi?47Essi lasciano ai loro posteri menzogna e ignominia.48Difatti, quando sopraggiungono la guerra e le calamità, i sacerdoti si consigliano fra di loro sul come potranno nascondersi insieme con i loro dèi.49Come dunque è possibile non comprendere che non sono dèi coloro che non possono salvare se stessi né dalla guerra né dai mali?50Dopo tali fatti si riconoscerà che gli idoli di legno, indorati e argentati, sono una menzogna; a tutte le genti e ai re sarà evidente che essi non sono dèi, ma lavoro delle mani d'uomo e che sono privi di ogni qualità divina.51A chi dunque non sarà evidente che non sono dèi?
52Essi infatti non possono costituire un re sul paese né concedere la pioggia agli uomini;53non risolvono le contese, né liberano l'oppresso, poiché non hanno alcun potere; sono come cornacchie fra il cielo e la terra.54Infatti, se il fuoco si attacca al tempio di questi dèi di legno o indorati o argentati, mentre i loro sacerdoti fuggiranno e si metteranno in salvo, essi invece come travi bruceranno là in mezzo.55A un re e ai nemici non possono resistere.56Come dunque si può ammettere e pensare che essi siano dèi?
57Né dai ladri né dai briganti si salveranno questi idoli di legno, argentati e indorati, ai quali i ladri con la violenza tolgono l'oro, l'argento e la veste che li avvolge e poi fuggono tenendo la roba; essi non sono in grado di aiutare neppure se stessi.58Per questo vale meglio di questi dèi bugiardi un re che mostri coraggio oppure un arnese utile in casa, di cui si serve chi l'ha acquistato; anche meglio di questi dèi bugiardi è una porta, che tenga al sicuro quanto è dentro la casa o perfino una colonna di legno in un palazzo.59Il sole, la luna, le stelle, essendo lucenti e destinati a servire a uno scopo obbediscono volentieri.60Così anche il lampo, quando appare, è ben visibile; anche il vento spira su tutta la regione.61Quando alle nubi è ordinato da Dio di percorrere tutta la terra, eseguiscono l'ordine; il fuoco, inviato dall'alto per consumare monti e boschi, eseguisce il comando.62Gli idoli invece non assomigliano né per l'aspetto né per la potenza a queste cose.63Perciò non si deve ritenere né dichiarare che siano dèi, poiché non possono né rendere giustizia né beneficare gli uomini.64Conoscendo dunque che non sono dèi, non temeteli!
65Essi non maledicono né benedicono i re;66non mostrano alle genti segni nel cielo, né risplendono come il sole, né illuminano come la luna.67Le belve sono migliori di loro, perché possono fuggire in un riparo e provvedere a se stesse.68Dunque, in nessuna maniera è chiaro per noi che essi sono dèi; per questo non temeteli!
69Come infatti uno spauracchio che in un cocomeraio nulla protegge, tali sono i loro idoli di legno indorati e argentati;70ancora, i loro idoli di legno indorati e argentati si possono paragonare a un ramo nell'orto, su cui si posa ogni sorta di uccelli, o anche a un cadavere gettato nelle tenebre.71Dalla porpora e dal bisso che si logorano su di loro saprete che non sono dèi; infine saranno divorati e nel paese saranno una vergogna.72È migliore un uomo giusto che non abbia idoli, poiché sarà lontano dal disonore.


Prima lettera di Pietro 3

1Ugualmente voi, mogli, state sottomesse ai vostri mariti perché, anche se alcuni si rifiutano di credere alla parola, vengano dalla condotta delle mogli, senza bisogno di parole, conquistati2considerando la vostra condotta casta e rispettosa.3Il vostro ornamento non sia quello esteriore - capelli intrecciati, collane d'oro, sfoggio di vestiti -;4cercate piuttosto di adornare l'interno del vostro cuore con un'anima incorruttibile piena di mitezza e di pace: ecco ciò che è prezioso davanti a Dio.5Così una volta si ornavano le sante donne che speravano in Dio; esse stavano sottomesse ai loro mariti,6come Sara che obbediva ad Abramo, chiamandolo signore. Di essa siete diventate figlie, se operate il bene e non vi lasciate sgomentare da alcuna minaccia.
7E ugualmente voi, mariti, trattate con riguardo le vostre mogli, perché il loro corpo è più debole, e rendete loro onore perché partecipano con voi della grazia della vita: così non saranno impedite le vostre preghiere.

8E finalmente siate tutti concordi, partecipi delle gioie e dei dolori degli altri, animati da affetto fraterno, misericordiosi, umili;9non rendete male per male, né ingiuria per ingiuria, ma, al contrario, rispondete benedicendo; poiché a questo siete stati chiamati per avere in eredità la benedizione.10Infatti:

'Chi vuole amare la vita e vedere giorni felici,
trattenga la sua lingua dal male
e le sue labbra da parole d'inganno;'
11'eviti il male e faccia il bene,
cerchi la pace e la segua,'
12'perché gli occhi del Signore sono sopra i giusti
e le sue orecchie sono attente alle loro preghiere;
ma il volto del Signore è contro coloro che fanno il
male'.

13E chi vi potrà fare del male, se sarete ferventi nel bene?14E se anche doveste soffrire per la giustizia, beati voi! 'Non vi sgomentate per paura di loro, né vi turbate',15ma 'adorate il Signore', Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi. Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto,16con una retta coscienza, perché nel momento stesso in cui si parla male di voi rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.17È meglio infatti, se così vuole Dio, soffrire operando il bene che facendo il male.

18Anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nella carne, ma reso vivo nello spirito.19E in spirito andò ad annunziare la salvezza anche agli spiriti che attendevano in prigione;20essi avevano un tempo rifiutato di credere quando la magnanimità di Dio pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l'arca, nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell'acqua.21Figura, questa, del battesimo, che ora salva voi; esso non è rimozione di sporcizia del corpo, ma invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza, in virtù della risurrezione di Gesù Cristo,22il quale è alla destra di Dio, dopo essere salito al cielo e aver ottenuto la sovranità sugli angeli, i Principati e le Potenze.


Capitolo XIV: Pensare all’occulto giudizio di Dio, per non insuperbirci del bene

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1. Come tuono fai scendere sopra di me i tuoi giudizi, Signore; timore e terrore scuotono tutte le mie ossa; l'anima mia si ritrae spaventata. Sbigottito penso che neppure i cieli sono puri, di fronte a te. Se hai trovato dei malvagi persino tra gli angeli e non li hai risparmiati, che cosa accadrà di me? Caddero le stelle del cielo, ed io, che sono polvere, che cosa presumo di me? Caddero nel profondo certuni, che sembrava avessero compiuto opere degne di lode; certuni che mangiavano il pane degli angeli, li ho visti contentarsi delle carrube che mangiavano i porci. Invero, non c'è santità se tu, o Signore, togli la tua mano; la sapienza non serve a nulla, se tu cessi di reggerci; la fortezza non giova, se tu cessi di custodirla; la castità non è sicura, se tu non la difendi; la vigilanza su se stessi non vale, se tu non sei presente con la tua santa protezione. Infatti se tu ci abbandoni, andiamo a fondo e moriamo; se tu, invece, ci assisti ci teniamo ritti e viviamo. In verità, noi siamo malfermi, ma tu ci rafforzi; siamo tiepidi, ma tu ci infiammi.

2. Oh!, come devo essere conscio della mia bassezza e della mia abiezione; e come devo considerare un nulla quel poco di bene che mi possa sembrare di aver fatto. Con quale pienezza di sottomissione devo accettare, o Signore, i tuoi profondi giudizi, giacché mi trovo ad essere nient'altro che nulla e poi nulla. E' cosa grande, invalicabile, questo riscontrare che di mio non c'è assolutamente niente. Dove mai si nasconde la mia boria, dove finisce la sicurezza che riponevo nella mia virtù. Ogni mia vuota vanteria è inghiottita nella profondità dei tuoi giudizi sopra di me. Che cosa mai è l'uomo di fronte a te? Forse che la creta può vantarsi nei confronti di colui che la plasma? (cfr. Is 45,9). Come può gonfiarsi, con vane parole, colui che, in verità, nell'intimo è soggetto a Dio? Neppure il mondo intero lo potrebbe far montare in superbia, poiché la Verità stessa lo ha soggiogato. Neppure un elogio da parte di tutti gli uomini lo potrebbe smuovere, poiché ha posto interamente la sua speranza in Dio: infatti, quelli che fanno tanti elogi, ecco, non sono che nulla, e scompariranno con il suono delle loro parole. Mentre la "parola del Signore resta in eterno" (Sal 116,2).


La Lettera a Diogneto

Scritti dei primi cristiani -

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    Esordio


    I. 1. Vedo, ottimo Diogneto, che tu ti accingi ad apprendere la religione dei cristiani e con molta saggezza e cura cerchi di sapere di loro. A quale Dio essi credono e come lo venerano, perché tutti disdegnano il mondo e disprezzano la morte, non considerano quelli che i greci ritengono dèi, non osservano la superstizione degli ebrei, quale amore si portano tra loro, e perché questa nuova stirpe e maniera di vivere siano comparsi al mondo ora e non prima. 2. Comprendo questo tuo desiderio e chiedo a Dio, che ci fa parlare e ascoltare, che sia concesso a me di parlarti perché tu ascoltando divenga migliore, e a te di ascoltare perché chi ti parla non abbia a pentirsi.

    L'idolatria


    II. 1. Purìficati da ogni pregiudizio che ha ingombrato la tua mente e spògliati dell'abitudine ingannatrice e fatti come un uomo nuovo da principio, per essere discepolo di una dottrina anche nuova come tu stesso hai ammesso. Non solo con gli occhi, ma anche con la mente considera di quale sostanza e di quale forma siano quelli che voi chiamate e ritenete dèi. 2. Non (sono essi) pietra come quella che si calpesta, bronzo non migliore degli utensili fusi per l'uso, legno già marcio, argento che ha bisogno di un uomo che lo guardi perché non venga rubato, ferro consunto dalla ruggine, argilla non più scelta di quella preparata a vile servizio? 3. Non (sono) tutti questi (idoli) di materia corruttibile? Non sono fatti con il ferro e con il fuoco? Non li foggiò lo scalpellino, il fabbro, l'argentiere o il vasaio? Prima che con le loro arti li foggiassero, ciascuno di questi (idoli) non era trasformabile, e non lo può (essere) anche ora? E quelli che ora sono gli utensili della stessa materia non potrebbero forse diventare simili ad essi se trovassero gli stessi artigiani? 4. E per l'opposto, questi da voi adorati non potrebbero diventare, ad opera degli uomini, suppellettili uguali alle altre? Non sono cose sorde, cieche, inanimate, insensibili, immobili? Non tutte corruttibili? Non tutte distruttibili? 5. Queste cose chiamate dèi, a queste servite, a queste supplicate, infine ad esse vi assimilate. 6. Perciò odiate i cristiani perché non le credono dèi. 7. Ma voi che li pensate e li immaginate tali non li disprezzate più di loro? Non li deridete e li oltraggiate più voi che venerate quelli di pietra e di creta senza custodi, mentre chiudete a chiave di notte quelli di argento e di oro, e di giorno mettete le guardie perché non vengano rubati? 8. Con gli onori che credete di rendere loro, se hanno sensibilità, siete piuttosto a punirli. Se non hanno i sensi siete voi a svergognarli con sacrificio di sangue e di grassi fumanti. 9. Provi qualcuno di voi queste cose, permetta che gli vengano fatte. Ma l'uomo di propria volontà non sopporterebbe tale supplizio perché ha sensibilità e intelligenza; ma la pietra lo tollera perché non sente. 10. Molte altre cose potrei dirti perché i cristiani non servono questi dèi. Se a qualcuno ciò non sembra sufficiente, credo inutile parlare anche di più.

    Il culto giudaico


    III. 1. Inoltre, credo che tu piuttosto desideri sapere perché essi non adorano Dio secondo gli ebrei. 2. Gli ebrei hanno ragione quando rigettano l'idolatria, di cui abbiamo parlato, e venerano un solo Dio e lo ritengono padrone di tutte le cose. Ma sbagliano se gli tributano un culto simile a quello dei pagani. 3. Come i greci, sacrificando a cose insensibili e sorde dimostrano stoltezza, così essi, pensando di offrire a Dio come ne avesse bisogno, compiono qualche cosa che è simile alla follia, non un atto di culto. 4. «Chi ha fatto il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi», e provvede tutti noi delle cose che occorrono, non ha bisogno di quei beni. Egli stesso li fornisce a coloro che credono di offrirli a lui. 5. Quelli che con sangue, grasso e olocausti credono di fargli sacrifici e con questi atti venerarlo, non mi pare che differiscano da coloro che tributano riverenza ad oggetti sordi che non possono partecipare al culto. Immaginarsi poi di fare le offerte a chi non ha bisogno di nulla!

    Il ritualismo giudaico


    IV. 1. Non penso che tu abbia bisogno di sapere da me intorno ai loro scrupoli per certi cibi, alla superstizione per il sabato, al vanto per la circoncisione, e alla osservanza del digiuno e del novilunio: tutte cose ridicole, non meritevoli di discorso alcuno. 2. Non è ingiusto accettare alcuna delle cose create da Dio ad uso degli uomini, come bellamente create e ricusarne altre come inutili e superflue? 3. Non è empietà mentire intorno a Dio come di chi impedisce di fare il bene di sabato? 4. Non è degno di scherno vantarsi della mutilazione del corpo, come si fosse particolarmente amati da Dio? 5. Chi non crederebbe prova di follia e non di devozione inseguire le stelle e la luna per calcolare i mesi e gli anni, per distinguere le disposizioni divine e dividere i cambiamenti delle stagioni secondo i desideri, alcuni per le feste, altri per il dolore? 6. Penso che ora tu abbia abbastanza capito perché i cristiani a ragione si astengono dalla vanità, dall'impostura, dal formalismo e dalla vanteria dei giudei. Non credere di poter imparare dall'uomo il mistero della loro particolare religione.

    Il mistero cristiano


    V. 1. I cristiani né per regione, né per voce, né per costumi sono da distinguere dagli altri uomini. 2. Infatti, non abitano città proprie, né usano un gergo che si differenzia, né conducono un genere di vita speciale. 3. La loro dottrina non è nella scoperta del pensiero di uomini multiformi, né essi aderiscono ad una corrente filosofica umana, come fanno gli altri. 4. Vivendo in città greche e barbare, come a ciascuno è capitato, e adeguandosi ai costumi del luogo nel vestito, nel cibo e nel resto, testimoniano un metodo di vita sociale mirabile e indubbiamente paradossale. 5. Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. 6. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati. 7. Mettono in comune la mensa, ma non il letto. 8. Sono nella carne, ma non vivono secondo la carne. 9. Dimorano nella terra, ma hanno la loro cittadinanza nel cielo. 10. Obbediscono alle leggi stabilite, e con la loro vita superano le leggi. 11. Amano tutti, e da tutti vengono perseguitati. 12. Non sono conosciuti, e vengono condannati. Sono uccisi, e riprendono a vivere. 13. Sono poveri, e fanno ricchi molti; mancano di tutto, e di tutto abbondano. 14. Sono disprezzati, e nei disprezzi hanno gloria. Sono oltraggiati e proclamati giusti. 15. Sono ingiuriati e benedicono; sono maltrattati ed onorano. 16. Facendo del bene vengono puniti come malfattori; condannati gioiscono come se ricevessero la vita. 17. Dai giudei sono combattuti come stranieri, e dai greci perseguitati, e coloro che li odiano non saprebbero dire il motivo dell'odio.

    L'anima del mondo


    VI. 1. A dirla in breve, come è l'anima nel corpo, così nel mondo sono i cristiani. 2. L'anima è diffusa in tutte le parti del corpo e i cristiani nelle città della terra. 3. L'anima abita nel corpo, ma non è del corpo; i cristiani abitano nel mondo, ma non sono del mondo. L'anima invisibile è racchiusa in un corpo visibile; i cristiani si vedono nel mondo, ma la loro religione è invisibile. 5. La carne odia l'anima e la combatte pur non avendo ricevuto ingiuria, perché impedisce di prendersi dei piaceri; il mondo che pur non ha avuto ingiustizia dai cristiani li odia perché si oppongono ai piaceri. 6. L'anima ama la carne che la odia e le membra; anche i cristiani amano coloro che li odiano. 7. L'anima è racchiusa nel corpo, ma essa sostiene il corpo; anche i cristiani sono nel mondo come in una prigione, ma essi sostengono il mondo. 8. L'anima immortale abita in una dimora mortale; anche i cristiani vivono come stranieri tra le cose che si corrompono, aspettando l'incorruttibilità nei cieli. 9. Maltrattata nei cibi e nelle bevande l'anima si raffina; anche i cristiani maltrattati, ogni giorno più si moltiplicano. 10. Dio li ha messi in un posto tale che ad essi non è lecito abbandonare.

    Dio e il Verbo


    VII. 1. Infatti, come ebbi a dire, non è una scoperta terrena da loro tramandata, né stimano di custodire con tanta cura un pensiero terreno né credono all'economia dei misteri umani. 2. Ma quello che è veramente signore e creatore di tutto e Dio invisibile, egli stesso fece scendere dal cielo, tra gli uomini, la verità, la parola santa e incomprensibile e l'ha riposta nei loro cuori. Non già mandando, come qualcuno potrebbe pensare, qualche suo servo o angelo o principe o uno di coloro che sono preposti alle cose terrene o abitano nei cieli, ma mandando lo stesso artefice e fattore di tutte le cose, per cui creò i cieli e chiuse il mare nelle sue sponde e per cui tutti gli elementi fedelmente custodiscono i misteri. Da lui il sole ebbe da osservare la misura del suo corso quotidiano, a lui obbediscono la luna che splende nella notte e le stelle che seguono il giro della luna; da lui tutto fu ordinato, delimitato e disposto, i cieli e le cose nei cieli, la terra e le cose nella terra, il mare e le cose nel mare, il fuoco, l'aria, l'abisso, quello che sta in alto, quello che sta nel profondo, quello che sta nel mezzo; lui Dio mandò ad essi. 3. Forse, come qualcuno potrebbe pensare, lo inviò per la tirannide, il timore e la prostrazione? 4. No certo. Ma nella mitezza e nella bontà come un re manda suo figlio, lo inviò come Dio e come uomo per gli uomini; lo mandò come chi salva, per persuadere, non per far violenza. A Dio non si addice la violenza. 5. Lo mandò per chiamare non per perseguitare; lo mandò per amore non per giudicare. 6. Lo manderà a giudicare, e chi potrà sostenere la sua presenza? 7. Non vedi (i cristiani) che gettati alle fiere perché rinneghino il Signore, non si lasciano vincere? 8. Non vedi, quanto più sono puniti, tanto più crescono gli altri? 9. Questo non pare opera dell'uomo, ma è potenza di Dio, prova della sua presenza.

    L'incarnazione


    VIII. 1. Chi fra tutti gli uomini sapeva perfettamente che cosa è Dio, prima che egli venisse? 2. Vorrai accettare i discorsi vuoti e sciocchi dei filosofi degni di fede? Alcuni affermavano che Dio è il fuoco, ove andranno essi chiamandolo Dio, altri dicevano che è l'acqua, altri che è uno degli elementi da Dio creati. 3. Certo, se qualche loro affermazione è da accettare si potrebbe anche asserire che ciascuna di tutte le creature ugualmente manifesta Dio. 4. Ma tutte queste cose sono ciarle e favole da ciarlatani. 5. Nessun uomo lo vide e lo conobbe, ma egli stesso si rivelò a noi. 6. Si rivelò mediante la fede, con la quale solo è concesso vedere Dio. 7. Dio, signore e creatore dell'universo, che ha fatto tutte le cose e le ha stabilite in ordine, non solo si mostrò amico degli uomini, ma anche magnanimo. 8. Tale fu sempre, è e sarà: eccellente, buono, mite e veritiero, il solo buono. 9. Avendo pensato un piano grande e ineffabile lo comunicò solo al Figlio. 10. Finché lo teneva nel mistero e custodiva il suo saggio volere, pareva che non si curasse e non pensasse a noi. 11. Dopo che per mezzo del suo Figlio diletto rivelò e manifestò ciò che aveva stabilito sin dall'inizio, ci concesse insieme ogni cosa, cioè di partecipare ai suoi benefici, di vederli e di comprenderli. Chi di noi se lo sarebbe aspettato?

    L'economia divina


    IX. 1. (Dio) dunque avendo da sé tutto disposto con il Figlio, permise che noi fino all'ultimo, trascinati dai piaceri e dalle brame come volevamo, fossimo travolti dai piaceri e dalle passioni. Non si compiaceva affatto dei nostri peccati, ma ci sopportava e non approvava quel tempo di ingiustizia. Invece, preparava il tempo della giustizia perché noi fossimo convinti che in quel periodo, per le nostre opere, eravamo indegni della vita, e ora solo per bontà di Dio ne siamo degni, e dimostrassimo, per quanto fosse in noi, che era impossibile entrare nel regno di Dio e che solo per sua potenza ne diventiamo capaci. 2. Dopo che la nostra ingiustizia giunse al colmo e fu dimostrato chiaramente che come suo guadagno spettava il castigo e la morte, venne il tempo che Dio aveva stabilito per manifestare la sua bontà e la sua potenza. O immensa bontà e amore di Dio. Non ci odiò, non ci respinse e non si vendicò, ma fu magnanimo e ci sopportò e con misericordia si addossò i nostri peccati e mandò suo Figlio per il nostro riscatto; il santo per gli empi, l'innocente per i malvagi, il giusto per gli ingiusti, l'incorruttibile per i corrotti, l'immortale per i mortali. 3. Quale altra cosa poteva coprire i nostri peccati se non la sua giustizia? 4. In chi avremmo potuto essere giustificati noi, ingiusti ed empi, se non nel solo Figlio di Dio? 5. Dolce sostituzione, opera inscrutabile, benefici insospettati! L'ingiustizia di molti viene riparata da un solo giusto e la giustizia di uno solo rende giusti molti. 6. Egli, che prima ci convinse dell'impotenza della nostra natura per avere la vita, ora ci mostra il salvatore capace di salvare anche l'impossibile. Con queste due cose ha voluto che ci fidiamo della sua bontà e lo consideriamo nostro sostentatore, padre, maestro, consigliere, medico, mente, luce, onore, gloria, forza, vita, senza preoccuparsi del vestito e del cibo.

    La carità


    X. Se anche tu desideri questa fede, per prima otterrai la conoscenza del Padre. 2. Dio, infatti, ha amato gli uomini. Per loro creò il mondo, a loro sottomise tutte le cose che sono sulla terra, a loro diede la parola e la ragione, solo a loro concesse di guardarlo, lo plasmò secondo la sua immagine, per loro mandò suo figlio unigenito, loro annunziò il Regno nel cielo e lo darà a quelli che l'hanno amato. 3. Una volta conosciutolo, hai idea di qual gioia sarai colmato? Come non amerai colui che tanto ti ha amato? 4. Ad amarlo diventerai imitatore della sua bontà, e non ti meravigliare se un uomo può diventare imitatore di Dio: lo può volendolo lui (l'uomo). 5. Non si è felici nell'opprimere il prossimo, nel voler ottenere più dei deboli, arricchirsi e tiranneggiare gli inferiori. In questo nessuno può imitare Dio, sono cose lontane dalla Sua grandezza! 6. Ma chi prende su di sé il peso del prossimo e in ciò che è superiore cerca di beneficare l'inferiore; chi, dando ai bisognosi ciò che ha ricevuto da Dio, è come un Dio per i beneficati, egli è imitatore di Dio. 7. Allora stando sulla terra contemplerai perché Dio regna nei cieli, allora incomincerai a parlare dei misteri di Dio, allora amerai e ammirerai quelli che sono puniti per non voler rinnegare Dio. Condannerai l'inganno e l'errore del mondo quando conoscerai veramente la vita nel cielo, quando disprezzerai quella che qui pare morte e temerai la morte vera, riservata ai dannati al fuoco eterno che tormenta sino alla fine coloro che gli saranno consegnati. 8. Se conoscerai quel fuoco ammirerai e chiamerai beati quelli che sopportarono per la giustizia il fuoco temporaneo.

    Il loro maestro


    XI. 1. Non dico stranezze né cerco il falso, ma, divenuto discepolo degli apostoli, divento maestro delle genti e trasmetto in maniera degna le cose tramandate a quelli che si son fatti discepoli della verità. 2. Chi infatti, rettamente istruito e fattosi amico del Verbo, non cerca di imparare saggiamente le cose che dal Verbo furono chiaramente mostrate ai discepoli? Non apparve ad essi il Verbo, manifestandosi e parlando liberamente, quando dagli increduli non fu compreso, ma guidando i discepoli che, da lui ritenuti fedeli, conobbero i misteri del Padre? 3. Egli mandò il Verbo come sua grazia, perché si manifestasse al mondo. Disprezzato dal popolo, annunziato dagli apostoli, fu creduto dai pagani. 4. Egli fin dal principio apparve nuovo ed era antico, e ognora diviene nuovo nei cuori dei fedeli. 5. Egli eterno, in eterno viene considerato figlio. Per mezzo suo la Chiesa si arricchisce e la grazia diffondendosi nei fedeli si moltiplica. Essa ispira saggezza, svela i misteri, preannuncia i tempi, si rallegra per i fedeli, si dona a quelli che la cercano, senza infrangere i giuramenti della fede né oltrepassare i limiti dei padri. 6. Si celebra poi il timore della legge, si riconosce la grazia dei profeti, si conserva la fede dei Vangeli, si conserva la tradizione degli apostoli e la grazia della Chiesa esulta. 7. Non contristando tale grazia, saprai ciò che il Verbo dice per mezzo di quelli che vuole, quando vuole. 8. Per amore delle cose rivelateci vi facciamo partecipi di tutto quanto; per la volontà del Verbo che lo ordina, fummo spinti a parlare con zelo.

    La vera scienza


    XII. 1. Attendendo e ascoltando con cura, conoscerete quali cose Dio prepara a quelli che lo amano rettamente. Diventano un paradiso di delizie e producono in se stessi, ornati di frutti vari, un albero fruttuoso e rigoglioso. 2. In questo luogo, infatti, fu piantato l'albero della scienza e l'albero della vita; non l'albero della scienza, ma la disubbidienza uccide. 3. Non è oscuro ciò che fu scritto: che Dio da principio piantò in mezzo al paradiso l'albero della scienza e l'albero della vita, indicando la vita con la scienza. Quelli che da principio non la usarono con chiarezza, per l'inganno del serpente furono denudati. 4. Non si ha vita senza scienza, né scienza sicura senza vita vera, perciò i due alberi furono piantati vicino. 5. L'apostolo, comprendendo questa forza e biasimando la scienza che si esercita sulla vita senza la norma della verità, dice: «La scienza gonfia, la carità, invece, edifica». 6. Chi crede di sapere qualche cosa, senza la vera scienza testimoniata dalla vita, non sa: viene ingannato dal serpente, non avendo amato la vita. Lui, invece, con timore conosce e cerca la vita, pianta nella speranza aspettando il frutto. 7. La scienza sia il tuo cuore e la vita la parola vera recepita. 8. Portandone l'albero e cogliendone il frutto abbonderai sempre delle cose che si desiderano davanti a Dio, che il serpente non tocca e l'inganno non avvince; Eva non è corrotta ma è riconosciuta vergine. Si addita la salvezza, gli apostoli sono compresi, la Pasqua del Signore si avvicina, si compiono i tempi e si dispongono in ordine, e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra. Per lui il Padre è glorificato; a lui la gloria nei secoli. Amen.


    2 - Maria santissima assiste san Giacomo nel suo glorioso mar­tirio e porta la sua anima in cielo.

    La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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    392. Il nostro grande apostolo san Giacomo arrivò a Ge­rusalemme quando tutti i suoi abitanti insorgevano contro i seguaci del Redentore. Il drago e i suoi ministri avevano occultamente suscitato tale protesta, infettando più vio­lentemente con il loro velenoso fiato i cuori dei perfidi giu­dei e accendendo in essi lo zelo per la loro legge e la ge­losia della lieta novella proclamata da san Paolo, il quale, pur non essendosi trattenuto più di quindici giorni, aveva convertito molti in forza della virtù divina che agiva in lui, lasciando tutti colmi di stupore e di meraviglia. Quegli in­creduli, che si erano risollevati alla notizia della sua par­tenza, ben presto tornarono ad alterarsi per il sopraggiun­gere del nuovo predicatore, ugualmente ripieno di sapien­za e di ardore per il nome di Gesù; Lucifero, che non igno­rava la sua venuta, aizzava ed aumentava lo sdegno dei sommi sacerdoti e degli scribi, facendo in modo che fosse la causa di un ulteriore veleno che li turbasse e irritasse. Egli entrò in città annunciando con profondo fervore il Si­gnore crocifisso e la sua morte e risurrezione, e in breve tempo portò alla fede alcuni uomini, tra i quali uno chia­mato Ermogene e un altro chiamato Fileto, entrambi stre­goni che avevano stretto un patto con satana: il primo era più dotto nella magia, mentre il secondo era suo discepo­lo. Di ambedue vollero servirsi i suoi nemici per piegarlo con una disputa o, se avessero fallito, per togliergli la vi­ta con qualcuno dei loro malefici.

    393. I demoni architettarono questa efferatezza per mez­zo dei giudei, strumenti della loro iniquità, poiché non po­tevano avvicinarsi di persona, schiacciati dalla grazia che sentivano in lui. Al momento della controversia, Fileto fu il primo ad affrontare l'Apostolo, perché, se non fosse riusci­to a convincerlo, sarebbe subentrato in sua vece il più esper­to Ermogene. Propose i suoi sofisticati e falsi argomenti, ma il suo rivale li dileguò come i raggi del sole dissipano le te­nebre, parlando con tanta luce ed efficacia che dovette ar­rendersi e aderire al Vangelo, di cui divenne da allora di­fensore; temendo però il suo maestro, supplicò il santo di proteggerlo da lui e dalle arti diaboliche con le quali lo avreb­be perseguitato per distruggerlo. Egli gli diede un piccolo panno che aveva ricevuto dalle mani di Maria beatissima e con tale reliquia gli permise di resistere ai sortilegi per di­versi giorni, finché Ermogene stesso non iniziò la disputa.

    394. Questi non poté esimersene, benché ne avesse ti­more, perché si era impegnato a discutere con lui per scon­figgerlo. Si preoccupò così di rafforzare le proprie tesi er­rate con ragionamenti più sottili rispetto a quelli addotti dal suo allievo, ma i suoi sforzi risultarono vani contro il potere e la scienza del cielo, che nel suo avversario erano come un torrente impetuoso. Fu superato e obbligato a confessare Cristo e i suoi misteri, come era accaduto a Fi­leto, e a causa di ciò i diavoli si adirarono e lo maltratta­rono per il dominio che avevano avuto su di lui. Per re­spingerli, avendo appreso che il suo compagno se ne era liberato con quanto gli era stato regalato, chiese il mede­simo favore e san Giacomo gli donò il bastone che usava; con esso li mise in fuga perché non l'affliggessero e nep­pure gli si accostassero.

    395. Il futuro martire, nell'operare queste e altre con­versioni, fu sostenuto dalle preghiere, dai gemiti e dai so­spiri che la Madre offriva dal suo oratorio in Efeso, dove, come si è già detto, conosceva per visione tutto quello che gli apostoli e i credenti compivano e aveva particolare cu­ra di lui poiché era prossimo al supplizio. I due perseve­rarono per qualche tempo nella fede, ma poi l'abbandona­rono fino a perderla completamente in Asia, come consta dalla seconda lettera a Timoteo, in cui san Paolo lo infor­ma che Bigello o Fileto e Ermogene si sono allontanati dal­la verità. Sebbene il seme della parola fosse giunto a spun­tare nei loro cuori, non affondò radici per opporsi alle ten­tazioni del principe del male, che avevano servito a lungo e con il quale avevano grande familiarità. Restarono sem­pre in loro i segni malvagi e le radici perverse dei vizi, che tornarono a prevalere facendoli precipitare.

    396. Quando i giudei videro frustrata la loro vana fi­ducia, concepirono rinnovato sdegno contro Giacomo e de­cisero di eliminarlo condannandolo a morte come brama­vano. Con il denaro si accattivarono Democrito e Lisia, centurioni della milizia romana, e segretamente concerta­rono che costoro l'avrebbero catturato con le persone che avevano a disposizione e per dissimulare il tradimento avrebbero finto un tumulto o una rissa in uno dei giorni e dei luoghi in cui egli avrebbe predicato, consegnandolo nelle loro mani; l'attuazione di tale crudeltà fu a carico di Abiatar, che in quell'anno era il sommo sacerdote, e di Gio­sia, uno scriba con le sue stesse idee. Come pensarono, co­sì eseguirono. Essi si accesero d'ira perché, mentre l'Apo­stolo proclamava al popolo gli arcani della redenzione uma­na dimostrandoli con mirabile sapienza e con la testimo­nianza delle Scritture, gli uditori si mossero a lacrime di compunzione. Dato il segnale ai soldati, Abiatar ordinò a Giosia di prenderlo e questi gli buttò una corda al collo con l'accusa di sobillatore e promotore di una nuova reli­gione contro l'impero.

    397. Si avvicinarono Democrito e Lisia con la loro gen­te, e lo condussero da Erode, figlio di Archelao, che era stato preparato interiormente dall'astuzia di Lucifero ed esternamente dalla malizia e dall'astio dei giudei. Il re, che incitato da questo aveva cominciato contro i discepoli, da lui aborriti, la persecuzione di cui parla san Luca nel ca­pitolo dodicesimo degli Atti, inviando truppe per oppri­merli e arrestarli, decretò che fosse decapitato subito, co­me era reclamato. Fu inesprimibile il gaudio del prigio­niero quando fu legato a somiglianza del suo Maestro e comprese ormai arrivato il momento, tanto atteso, di pas­sare da questa vita a quella imperitura attraverso il mar­tirio, come la Regina gli aveva preannunciato. Per tale be­neficio fece umili e fervorosi atti di riconoscenza, e pub­blicamente confessò e dichiarò ancora di credere in Gesù; ricordandosi, poi, di quello che le aveva domandato in Efe­so, cioè che lo assistesse nel suo trapasso, la chiamò dal profondo.

    398. La Vergine , che era attenta a tutto ciò che gli ac­cadeva e con intensa preghiera lo accompagnava e favori­va, l'ascoltò dal suo oratorio e, stando assorta, osservò scen­dere una moltitudine immensa di spiriti superni di tutte le gerarchie: alcuni si diressero verso Gerusalemme circon­dandolo mentre veniva condotto al supplizio e altri si re­carono da lei. Uno di quelli di grado superiore le disse: «Imperatrice delle altezze, il Signore dell'universo vi co­manda di andare in fretta alla città santa per consolare il suo ministro e stargli accanto nell'estremo combattimento, nonché di esaudire i suoi pii desideri». Ella accondiscese con enorme gioia e gratitudine, magnificando l'Onnipo­tente per l'aiuto che concede a chi confida nella sua scon­finata misericordia e si pone sotto la sua protezione. Frat­tanto, il condannato era portato all'esecuzione e durante il tragitto compiva molti miracoli, sanando tutti coloro che soffrivano di varie malattie e liberando anche diversi in­demoniati; infatti, allorché si era diffusa la voce che stava per essere ammazzato, numerosi bisognosi erano accorsi per rimediare alla loro condizione prima che mancasse il comune mezzo del loro conforto.

    399. Contemporaneamente gli angeli fecero sedere Ma­ria su un trono risplendente e la sollevarono sino al posto in cui era sul punto di essere giustiziato. Giacomo si in­ginocchiò per terra offrendosi in sacrificio e, alzati gli oc­chi al cielo, scorse nell'aria colei che stava invocando, ve­stita di divini splendori e di eccezionale bellezza, scortata dai suoi custodi. Davanti a uno spettacolo tanto straordi­nario arse di giubilo e fervore, e si commosse tutto in se stesso. Voleva gridare acclamandola vera Madre di Dio e signora di tutto, ma uno degli esseri supremi lo trattenne e dichiarò: «Servo dell'Eterno, conserva dentro di te que­sti preziosi sentimenti e non manifestare ai giudei la vici­nanza e la grazia della nostra sovrana, perché non ne so­no degni né sono capaci di capire, e anziché venerarla la odierebbero». Alle sue parole egli si contenne e in segreto, muovendo le labbra, le si rivolse così:

    400. «Voi che avete generato il mio Salvatore, mia dife­sa, consolatrice degli afflitti, rifugio dei miseri, datemi la vostra benedizione, da me oltremodo sospirata in quest'o­ra. Presentate per me a vostro Figlio l'olocausto della mia vita, già acceso dalla brama di morire per l'onore del suo nome sull'altare delle vostre pure e candide mani, affinché sia accetto a colui che per me si immolò sulla croce. Affi­do il mio spirito in esse e attraverso di esse in quelle del mio Creatore». Dopo che ebbe pronunciato questo, guar­dando la Regina che parlava al suo cuore, gli venne tagliato il capo dal carnefice. Ella - o ammirabile benignità! - po­se la sua anima accanto a sé e la portò nell'empireo dinanzi al suo Unigenito, arrecando speciale gaudio e gloria a tut­ti i cittadini del paradiso, che si congratularono con lei in­tonando inni di lode. L'Altissimo accolse quell'anima e la collocò in un luogo eminente tra i principi del suo popolo, e la Vergine , prostrata davanti al suo seggio di maestà in­finita, compose un cantico come rendimento di grazie per il trionfo del primo apostolo martire. In questa occasione non contemplò la beatissima Trinità con visione intuitiva, ma astrattiva, e fu colmata di ulteriori benedizioni e favo­ri per sé e per la Chiesa , per la quale fece grandi richieste. La benedissero anche tutti i santi, e quindi gli angeli la ri­condussero al suo oratorio in Efeso, in cui uno di essi era rimasto con le sue sembianze mentre era assente. Quando vi giunse si stese al suolo, come era suo costume, ringra­ziando di nuovo per tutto ciò che era accaduto.

    401. Quella notte i discepoli di san Giacomo raccolse­ro il suo corpo e di nascosto lo trasportarono al porto di Ioppe, dal quale per disposizione superna salparono con esso per la Galizia. Maria inviò loro uno dei suoi ministri perché li guidasse e li indirizzasse là dove era volontà ce­leste che sbarcassero ed essi avvertirono il suo aiuto, ben­ché non lo vedessero, poiché per tutto il viaggio interven­ne in loro soccorso, e spesso miracolosamente; quindi, è anche grazie a lei che la Spagna possiede a sua protezio­ne il tesoro di quelle sacre membra, nello stesso modo in cui ebbe l'Apostolo ancora in vita come maestro e primo testimone della fede, che ben si radicò nei suoi abitanti. Egli spirò nel quarantunesimo anno del Signore, il venti­cinque marzo, cinque anni e sette mesi dopo la sua par­tenza da Gerusalemme per recarsi lì a predicare, e sette anni dopo la crocifissione del Redentore.

    402. Questo consta dal capitolo dodicesimo degli Atti, dove san Luca dice che, per la soddisfazione mostrata dai giudei per la sua uccisione, Erode fece imprigionare anche Pietro con l'intenzione di decapitarlo appena trascorsa la Pasqua dell'agnello e degli azzimi, che viene celebrata nei quattordici giorni della luna di marzo. Poiché nell'anno quarantunesimo quei giorni corrispondevano agli ultimi di quel mese secondo il calcolo solare del quale ci serviamo, da ciò si comprende che il suo supplizio precedette di po­co tale cattura, che avvenne il venticinque marzo e che poi seguirono la carcerazione e la Pasqua. La Chiesa non ne fa memoria nella data precisa, perché coincide con l'in­carnazione e di solito anche con i misteri della passione; la festa è stata dunque trasferita al venticinque luglio, quan­do il suo corpo fu trasportato in Spagna.

    403. La sua morte e la rapidità con cui l'iniquo re gliel'a­veva procurata accrebbero ulteriormente l'empia crudeltà dei giudei, convinti che tormentandolo avrebbero avuto pronto lo strumento della vendetta. Lucifero e i suoi giu­dicarono la cosa nella medesima maniera e, come costoro con richieste e adulazioni, lo persuadevano con suggestio­ni a comandare l'arresto del vicario di Cristo, come in ef­fetti fece per mantenersi la loro benevolenza per i suoi fi­ni temporali. I demoni lo temevano molto per la forza che sperimentavano a loro danno e perciò segretamente acce­lerarono i tempi. Egli fu tenuto legato alle catene per es­sere giustiziato appena dopo la Pasqua e, sebbene il suo cuore fosse ben saldo, senza preoccupazione alcuna e con la stessa tranquillità che se fosse stato libero, tutti i fede­li della città erano in profondo affanno. A causa di questa sofferenza moltiplicarono le suppliche all'Altissimo affin­ché lo salvasse, perché la sua scomparsa avrebbe rappresentato un'immane rovina, e invocarono pure l'ausilio e la potente intercessione della Regina, dalla quale tutti aspet­tavano un rimedio.

    404. Tale angustia non le era nascosta benché fosse in Efeso, poiché i suoi clementissimi occhi osservavano quan­to succedeva per mezzo della visione chiara che aveva di tutto, ed ella intensificava la preghiera con sospiri, pro­strazioni e lacrime di sangue, implorando la sua scarcera­zione e la difesa dei devoti. Le sue orazioni penetrarono i cieli e giunsero a ferire il suo Unigenito, che scese perso­nalmente e la trovò stesa al suolo con il volto verginale at­taccato alla polvere. Rialzandola, le parlò con tenerezza: «Madre mia, moderate il vostro dolore e manifestatemi ciò a cui anelate, perché io ve lo concederò e otterrete grazia presso di me per conseguirlo».

    405. Con la presenza e le affettuose parole di Gesù ri­cevette coraggio, consolazione e gioia, giacché le pene dei credenti erano la ragione del suo martirio e il vedere san Pietro detenuto e in attesa dell'esecuzione l'affliggeva ol­tre ogni immaginazione, come anche l'apprensione per le possibili conseguenze nella comunità primitiva. Rinnovò le sue domande e dichiarò: «Mio diletto, voi conoscete bene le angosce della vostra Chiesa, le cui grida sono ar­rivate al vostro orecchio e invadono il mio intimo af­franto. Si propongono di uccidere il suo pastore: se per­mettete che questo avvenga adesso, il vostro piccolo greg­ge sarà disperso e i lupi infernali trionferanno su di voi come bramano. Or dunque, affinché io viva ordinate con autorità al mare e alla tempesta che i venti e le onde che investono questa piccola nave si quietino. Proteggete il capo del collegio apostolico e i vostri nemici restino con­fusi e, se sarà vostra volontà e a vostra gloria, si volga­no verso di me le tribolazioni, perché io patirò per i vo­stri figli e lotterò contro gli avversari invisibili con l'aiu­to della vostra destra».

    406. Egli rispose: «Carissima, con la virtù e il potere che avete avuto da me, desidero che vi regoliate secondo il vo­stro volere: costruite e abbattete quanto ritenete sia conve­niente, ma vi sia noto che contro di voi si rivolterà tutto il furore dei diavoli». La prudentissima Signora lo ringraziò per questo beneficio e, offrendosi di combattere la guerra di sua Maestà, affermò: «Dio mio, mia speranza, la vostra ancella è pronta a faticare per le anime che costarono il vo­stro sangue. Benché io sia polvere inutile, voi siete infinita sapienza e potenza, e se mi assiste il vostro favore non te­merò il drago. Dal momento che nel vostro nome dispone­te che io decida e compia quello che è opportuno, intimo a Lucifero e ai suoi ministri, che stanno sconvolgendo i cri­stiani, di precipitare tutti nei loro antri e di ammutolire fi­no a quando la vostra provvidenza non darà loro licenza di risalire sulla terra». Le sue parole furono tanto efficaci che, nell'istante in cui le pronunciò ad Efeso, i demoni che era­no a Gerusalemme piombarono negli abissi senza riuscire a resistere alla forza superna che operava in lei.

    407. Essi intesero che quella sciagura proveniva dalla nostra Maestra, che chiamavano nemica perché non osa­vano nominarla. Confusi e atterriti, rimasero nelle loro ca­verne finché non fu loro consentito di risollevarsi per af­frontarla in battaglia, come poi riferirò, e in questo tem­po esaminarono quali mezzi potessero scegliere a tale sco­po. Conseguito il trionfo contro il principe del male, per ottenerlo anche contro Erode e i giudei, Maria disse al Re­dentore: «Adesso, mio sovrano, se è vostro beneplacito un angelo andrà a liberare il vostro vicario». La proposta fu subito approvata e, per volontà di entrambi, come di su­premi monarchi, uno degli spiriti più eccelsi che erano pre­senti si recò alla prigione.

    408. Appena vi giunse, nella notte precedente il giorno in cui Pietro doveva essere giustiziato, lo scorse legato tra i due soldati che lo custodivano insieme ad altri che sorvegliavano la porta, profondamente addormentato come loro perché privo di angustie. Per svegliarlo dovette scuoterlo e quello, assonnato, udì che gli era comandato: «Alzati in fretta, met­titi la cintura, allacciati i sandali, prendi il mantello e vieni con me». Gli caddero le catene e, senza capire che cosa gli stesse avvenendo e di che tipo di visione si trattasse, seguì il messaggero divino, il quale prima di sparire gli fece attra­versare alcune vie e gli rivelò che l'Altissimo lo aveva sciol­to dai ceppi per intercessione della Vergine. Quando tornan­do in sé comprese il misterioso beneficio, ne rese grazie.

    409. Gli parve bene porsi al sicuro, informando innanzi­tutto i discepoli e Giacomo il Minore, per eseguire ciò con il consiglio di tutti. Si diresse velocemente alla casa di Maria, madre di Giovanni detto anche Marco, cioè al cenacolo do­ve erano riuniti, non senza afflizione, molti fedeli. Picchiò al portone e una serva, di nome Rode, scese per domandare chi fosse. Ella riconobbe la sua voce e, ricolma di gioia, la­sciandolo fuori corse a dare la notizia agli altri, che pensa­rono ad una sua fantasia; la fanciulla insisteva, ma essi, lon­tani dal supporre che il loro capo avesse potuto riacquistare la libertà, immaginarono che fosse il suo angelo. Intanto, egli in strada continuava a bussare e dunque finalmente gli fu aperto e fu accolto con enorme giubilo. Raccontò quanto era successo, affinché avvisassero in segreto Giacomo e gli altri fratelli. Prevedendo che immediatamente Erode lo avrebbe cercato scrupolosamente, decisero di allontanarlo dalla città quella notte stessa, per evitare che fosse di nuovo catturato. Allorché il re scoprì l'accaduto e non fu in grado di ritro­varlo, fece castigare le guardie e s'infuriò contro i cristiani, anche se, per la sua superbia e la sua empia condotta, Dio gli sbarrò la strada e lo punì severamente.

     

    Insegnamento della Regina del cielo

    410. Carissima, a causa degli effetti provocati in te dal singolare favore che Giacomo ricevette alla sua morte dal­la mia pietà, voglio rivelarti un dono che l'Eterno mi con­fermò quando gli portai la sua anima nell'empireo. Altre volte ti ho accennato qualcosa riguardo a questo segreto, ma adesso lo capirai meglio affinché ti preoccupi di esse­re veramente mia affezionatissima figlia. In quell'occasio­ne, il Padre mi parlò davanti a tutti i beati: «Colomba mia, eletta per mio compiacimento fra tutte le creature, sap­piano gli spiriti superni e i santi che a mia lode, a vostra esaltazione e a vantaggio degli uomini vi do la mia paro­la che, se essi al momento del trapasso vi invocheranno e si rivolgeranno sinceramente a voi sul suo modello, solle­citando il vostro intervento presso di me, io inclinerò ver­so di loro la mia clemenza, li guarderò con occhi benevo­li, li difenderò dai pericoli dell'ultima ora e scaccerò i cru­deli nemici che in quel passaggio si sforzano di farli peri­re. Attraverso di voi elargirò loro considerevoli aiuti per­ché resistano e si pongano in stato di grazia se collabore­ranno; voi me li presenterete ed essi otterranno il premio dalla mia destra generosa».

    411. Tutta la Chiesa trionfante ed io con essa ringra­ziammo e magnificammo sua Maestà. Benché spetti ai ministri celesti il compito di condurre le anime al tribu­nale del giusto giudice appena vengono liberate dall'esi­lio terreno, ciò fu concesso anche a me, in modo subli­me ed eminente, e sovente faccio uso dei miei privilegi, così come accadde con alcuni degli apostoli. Poiché ti ve­do ansiosa di apprendere come potrai avere da me que­sto beneficio tanto prezioso, ti esorto a non privartene per ingratitudine o disattenzione. Innanzitutto lo guada­gnerai con la purezza, che è quello che più bramo da te e dagli altri, giacché il mio grande ardore per l'Onnipotente mi costringe a desiderare da tutti, con infinita ca­rità e tenerezza, l'osservanza della sua legge, perché nes­suno si allontani dalla sua amicizia; questo è quanto de­vi anteporre alla vita, morendo piuttosto che peccare con­tro il tuo sommo Bene.

    412. Obbediscimi, segui il mio insegnamento, impe­gnati nell'imitare quello che di me scopri e scrivi, non frapporre intervalli nell'amare e non dimenticare mai, neppure per un istante, il profondo affetto al quale ti legò la sua immensa misericordia. Sii grata per ciò di cui sei debitrice a lui e a me, che è al di là delle tue possibilità di comprensione finché sei viatrice. Sii fedele nel corri­spondere, fervorosa nella devozione, pronta per quanto è più perfetto. Dilata il cuore e non permettere che si re­stringa con la pusillanimità, come il demonio pretende­rebbe da te. Stendi la mano a imprese forti e ardue, con­fidando sempre nel Signore; non ti avvilire e non ti ab­battere nelle avversità, non impedire il disegno di Dio in te né gli altissimi fini della sua gloria, tieni accesa la fe­de e la speranza nelle maggiori angustie e tentazioni. Per compiere tutto questo, trova ausilio nell'esempio dei miei servi e nella conoscenza che ti ho dato della felicissima sicurezza di coloro che sono sotto la protezione divina: con la fiducia e la dedizione verso di me, Giacomo ebbe nel martirio il particolare favore che ho spiegato e superò innumerevoli travagli, conquistando la corona; nella stes­sa maniera, Pietro stava tranquillo e sereno in prigione, senza mai perdere la pace interiore, e meritò che il mio Unigenito ed io avessimo una simile sollecitudine per la sua salvezza. I mondani figli delle tenebre non sono de­gni di tale soccorso, poiché si appoggiano sulle realtà vi­sibili e sulla loro astuzia diabolica. Sollevati e scuotiti da questi inganni, aspira a quello che è più eccelso, perché sarà con te il braccio vigoroso che operò in me tante me­raviglie.


    14-8 Marzo 1, 1922 Come Gesù resta incatenato dall’anima che fa la sua Volontà, e l’anima da Gesù.

    Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

    (1) Stavo molto afflitta per la privazione del mio dolce Gesù; onde, dopo molto stentare è venuto, e dalle sue piaghe faceva scorrere il suo sangue sul mio petto, intorno al mio collo, e come cadevano su di me quelle gocce di sangue, si formavano come tanti rubini fulgidissimi, che formavano il più bello degli ornamenti, e Gesù mi guardava e mi ha detto:

    (2) “Figlia mia, come ti sta bene la collana del mio sangue, come ti abbellisce, guarda, guarda tu stessa come ti fa parer bella”.

    (3) Ed io, un po’ corrucciata perché mi aveva fatto tanto aspettare nel venire, ho detto:

    (4) “Amor mio e vita mia, oh! quanto amerei per collana un tuo braccio stretto al mio collo; questo sì mi farebbe piacere, perché sentirei la vita e mi attaccherei tanto, che non ti farei più fuggire. Le cose tue, è vero, sono belle, ma quando le distacchi da Te, io non trovo Te, non trovo la vita, e ad onta delle cose tue il mio cuore delira, smania, sanguina per dolore, perché Tu non sei con me. Ah! se sapessi in che tortura mi metti quando non vieni, ti guarderesti bene di farmi tanto aspettare”.

    (5) E Gesù tutto intenerito ha circondato il mio collo col suo braccio, prendendomi una mano nella sua, ed ha soggiunto:

    (6) “Lo so, lo so quanto soffri, ed a contentarti ecco il mio braccio come collana intorno al tuo collo, non ne sei ora contenta? Sappi che chi fa la mia Volontà, non posso farne a meno di contentarla, perché come respira così forma l’aria del mio Volere intorno a Me, in modo che non solo mi cinge il collo, ma tutta la vita, Io resto come incatenato ed inceppato dall’anima nella stessa fortezza della mia Volontà, ma questo lungi dal dispiacermi, anzi per il gran contento che ne provo, inceppo ed incateno lei, e se tu non sai stare senza di Me, sono le mie catene, i miei ceppi che ti tengono tanto stretta, che basta un momento senza di Me che ti danno un martirio dei più dolorosi, che non c’è l’eguale. Povera figlia, povera figlia, hai ragione; Io terrò conto di tutto, ma non ti lascio, anzi mi chiudo in te per godermi l’aria del mio Volere che mi formi tu stessa, perché, aria della mia Volontà è il tuo palpito, il tuo pensiero, il tuo desiderio, il tuo moto, ed Io in quest’aria troverò il mio poggio, la mia difesa ed il più bel riposo sul tuo petto”.