Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 15° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 2
1Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:2"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".3All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.5Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6'E tu, Betlemme', terra di Giuda,
'non sei' davvero 'il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.'
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella8e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo".
14Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
'Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.'
16Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.17Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18'Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.'
19Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto20e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino".21Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.22Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea23e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: "Sarà chiamato Nazareno".
Giudici 15
1Dopo qualche tempo, nei giorni della mietitura del grano, Sansone andò a visitare sua moglie, le portò un capretto e disse: "Voglio entrare da mia moglie nella camera". Ma il padre di lei non gli permise di entrare2e gli disse: "Credevo proprio che tu l'avessi ripudiata e perciò l'ho data al tuo compagno; la sua sorella minore non è più bella di lei? Prendila dunque al suo posto".3Ma Sansone rispose loro: "Questa volta non sarò colpevole verso i Filistei, se farò loro del male".4Sansone se ne andò e catturò trecento volpi; prese delle fiaccole, legò coda e coda e mise una fiaccola fra le due code.5Poi accese le fiaccole, lasciò andare le volpi per i campi di grano dei Filistei e bruciò i covoni ammassati, il grano tuttora in piedi e perfino le vigne e gli oliveti.6I Filistei chiesero: "Chi ha fatto questo?". Fu risposto: "Sansone, il genero dell'uomo di Timna, perché costui gli ha ripreso la moglie e l'ha data al compagno di lui". I Filistei salirono e bruciarono tra le fiamme lei e suo padre.7Sansone disse loro: "Poiché agite in questo modo, io non la smetterò finché non mi sia vendicato di voi".
8Li batté l'uno sull'altro, facendone una grande strage. Poi scese e si ritirò nella caverna della rupe di Etam.
9Allora i Filistei vennero, si accamparono in Giuda e fecero una scorreria fino a Lechi.10Gli uomini di Giuda dissero loro: "Perché siete venuti contro di noi?". Quelli risposero: "Siamo venuti per legare Sansone; per fare a lui quello che ha fatto a noi".11Tremila uomini di Giuda scesero alla caverna della rupe di Etam e dissero a Sansone: "Non sai che i Filistei ci dominano? Che cosa ci hai fatto?". Egli rispose loro: "Quello che hanno fatto a me, io l'ho fatto a loro".12Gli dissero: "Siamo scesi per legarti e metterti nelle mani dei Filistei". Sansone replicò loro: "Giuratemi che voi non mi colpirete".13Quelli risposero: "No, ti legheremo soltanto e ti metteremo nelle loro mani; ma certo non ti uccideremo". Lo legarono con due funi nuove e lo fecero salire dalla rupe.14Mentre giungeva a Lechi e i Filistei gli venivano incontro con grida di gioia, lo spirito del Signore lo investì; le funi che aveva alle braccia divennero come fili di lino bruciacchiati dal fuoco e i legami gli caddero disfatti dalle mani.15Trovò allora una mascella d'asino ancora fresca, stese la mano, l'afferrò e uccise con essa mille uomini.
16Sansone disse:
"Con la mascella dell'asino,
li ho ben macellati!
Con la mascella dell'asino,
ho colpito mille uomini!".
17Quand'ebbe finito di parlare, gettò via la mascella; per questo, quel luogo fu chiamato Ramat-Lechi.18Poi ebbe gran sete e invocò il Signore dicendo: "Tu hai concesso questa grande vittoria mediante il tuo servo; ora dovrò morir di sete e cader nelle mani dei non circoncisi?".19Allora Dio spaccò la roccia concava che è a Lechi e ne scaturì acqua. Sansone bevve, il suo spirito si rianimò ed egli riprese vita. Perciò quella fonte fu chiamata En-Korè: essa esiste a Lechi fino ad oggi.20Sansone fu giudice d'Israele, al tempo dei Filistei, per venti anni.
Giobbe 42
1Allora Giobbe rispose al Signore e disse:
2Comprendo che puoi tutto
e che nessuna cosa è impossibile per te.
3Chi è colui che, senza aver scienza,
può oscurare il tuo consiglio?
Ho esposto dunque senza discernimento
cose troppo superiori a me, che io non comprendo.
4"Ascoltami e io parlerò,
io t'interrogherò e tu istruiscimi".
5Io ti conoscevo per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono.
6Perciò mi ricredo
e ne provo pentimento sopra polvere e cenere.
7Dopo che il Signore aveva rivolto queste parole a Giobbe, disse a Elifaz il Temanita: "La mia ira si è accesa contro di te e contro i tuoi due amici, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe.8Prendete dunque sette vitelli e sette montoni e andate dal mio servo Giobbe e offriteli in olocausto per voi; il mio servo Giobbe pregherà per voi, affinché io, per riguardo a lui, non punisca la vostra stoltezza, perché non avete detto di me cose rette come il mio servo Giobbe".
9Elifaz il Temanita, Bildad il Suchita e Zofar il Naamatita andarono e fecero come loro aveva detto il Signore e il Signore ebbe riguardo di Giobbe.
10Dio ristabilì Giobbe nello stato di prima, avendo egli pregato per i suoi amici; accrebbe anzi del doppio quanto Giobbe aveva posseduto.11Tutti i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi conoscenti di prima vennero a trovarlo e mangiarono pane in casa sua e lo commiserarono e lo consolarono di tutto il male che il Signore aveva mandato su di lui e gli regalarono ognuno una piastra e un anello d'oro.
12Il Signore benedisse la nuova condizione di Giobbe più della prima ed egli possedette quattordicimila pecore e seimila cammelli, mille paia di buoi e mille asine.13Ebbe anche sette figli e tre figlie.14A una mise nome Colomba, alla seconda Cassia e alla terza Fiala di stibio.15In tutta la terra non si trovarono donne così belle come le figlie di Giobbe e il loro padre le mise a parte dell'eredità insieme con i loro fratelli.
16Dopo tutto questo, Giobbe visse ancora centoquarant'anni e vide figli e nipoti di quattro generazioni.17Poi Giobbe morì, vecchio e sazio di giorni.
Salmi 78
1'Maskil. Di Asaf.'
Popolo mio, porgi l'orecchio al mio insegnamento,
ascolta le parole della mia bocca.
2Aprirò la mia bocca in parabole,
rievocherò gli arcani dei tempi antichi.
3Ciò che abbiamo udito e conosciuto
e i nostri padri ci hanno raccontato,
4non lo terremo nascosto ai loro figli;
diremo alla generazione futura
le lodi del Signore, la sua potenza
e le meraviglie che egli ha compiuto.
5Ha stabilito una testimonianza in Giacobbe,
ha posto una legge in Israele:
ha comandato ai nostri padri
di farle conoscere ai loro figli,
6perché le sappia la generazione futura,
i figli che nasceranno.
Anch'essi sorgeranno a raccontarlo ai loro figli
7perché ripongano in Dio la loro fiducia
e non dimentichino le opere di Dio,
ma osservino i suoi comandi.
8Non siano come i loro padri,
generazione ribelle e ostinata,
generazione dal cuore incostante
e dallo spirito infedele a Dio.
9I figli di Èfraim, valenti tiratori d'arco,
voltarono le spalle nel giorno della lotta.
10Non osservarono l'alleanza di Dio,
rifiutando di seguire la sua legge.
11Dimenticarono le sue opere,
le meraviglie che aveva loro mostrato.
12Aveva fatto prodigi davanti ai loro padri,
nel paese d'Egitto, nei campi di Tanis.
13Divise il mare e li fece passare
e fermò le acque come un argine.
14Li guidò con una nube di giorno
e tutta la notte con un bagliore di fuoco.
15Spaccò le rocce nel deserto
e diede loro da bere come dal grande abisso.
16Fece sgorgare ruscelli dalla rupe
e scorrere l'acqua a torrenti.
17Eppure continuarono a peccare contro di lui,
a ribellarsi all'Altissimo nel deserto.
18Nel loro cuore tentarono Dio,
chiedendo cibo per le loro brame;
19mormorarono contro Dio
dicendo: "Potrà forse Dio
preparare una mensa nel deserto?".
20Ecco, egli percosse la rupe e ne scaturì acqua,
e strariparono torrenti.
"Potrà forse dare anche pane
o preparare carne al suo popolo?".
21All'udirli il Signore ne fu adirato;
un fuoco divampò contro Giacobbe
e l'ira esplose contro Israele,
22perché non ebbero fede in Dio
né speranza nella sua salvezza.
23Comandò alle nubi dall'alto
e aprì le porte del cielo;
24fece piovere su di essi la manna per cibo
e diede loro pane del cielo:
25l'uomo mangiò il pane degli angeli,
diede loro cibo in abbondanza.
26Scatenò nel cielo il vento d'oriente,
fece spirare l'australe con potenza;
27su di essi fece piovere la carne come polvere
e gli uccelli come sabbia del mare;
28caddero in mezzo ai loro accampamenti,
tutto intorno alle loro tende.
29Mangiarono e furono ben sazi,
li soddisfece nel loro desiderio.
30La loro avidità non era ancora saziata,
avevano ancora il cibo in bocca,
31quando l'ira di Dio si alzò contro di essi,
facendo strage dei più vigorosi
e abbattendo i migliori d'Israele.
32Con tutto questo continuarono a peccare
e non credettero ai suoi prodigi.
33Allora dissipò come un soffio i loro giorni
e i loro anni con strage repentina.
34Quando li faceva perire, lo cercavano,
ritornavano e ancora si volgevano a Dio;
35ricordavano che Dio è loro rupe,
e Dio, l'Altissimo, il loro salvatore;
36lo lusingavano con la bocca
e gli mentivano con la lingua;
37il loro cuore non era sincero con lui
e non erano fedeli alla sua alleanza.
38Ed egli, pietoso, perdonava la colpa,
li perdonava invece di distruggerli.
Molte volte placò la sua ira
e trattenne il suo furore,
39ricordando che essi sono carne,
un soffio che va e non ritorna.
40Quante volte si ribellarono a lui nel deserto,
lo contristarono in quelle solitudini!
41Sempre di nuovo tentavano Dio,
esasperavano il Santo di Israele.
42Non si ricordavano più della sua mano,
del giorno che li aveva liberati dall'oppressore,
43quando operò in Egitto i suoi prodigi,
i suoi portenti nei campi di Tanis.
44Egli mutò in sangue i loro fiumi
e i loro ruscelli, perché non bevessero.
45Mandò tafàni a divorarli
e rane a molestarli.
46Diede ai bruchi il loro raccolto,
alle locuste la loro fatica.
47Distrusse con la grandine le loro vigne,
i loro sicomori con la brina.
48Consegnò alla grandine il loro bestiame,
ai fulmini i loro greggi.
49Scatenò contro di essi la sua ira ardente,
la collera, lo sdegno, la tribolazione,
e inviò messaggeri di sventure.
50Diede sfogo alla sua ira:
non li risparmiò dalla morte
e diede in preda alla peste la loro vita.
51Colpì ogni primogenito in Egitto,
nelle tende di Cam la primizia del loro vigore.
52Fece partire come gregge il suo popolo
e li guidò come branchi nel deserto.
53Li condusse sicuri e senza paura
e i loro nemici li sommerse il mare.
54Li fece salire al suo luogo santo,
al monte conquistato dalla sua destra.
55Scacciò davanti a loro i popoli
e sulla loro eredità gettò la sorte,
facendo dimorare nelle loro tende le tribù di Israele.
56Ma ancora lo tentarono,
si ribellarono a Dio, l'Altissimo,
non obbedirono ai suoi comandi.
57Sviati, lo tradirono come i loro padri,
fallirono come un arco allentato.
58Lo provocarono con le loro alture
e con i loro idoli lo resero geloso.
59Dio, all'udire, ne fu irritato
e respinse duramente Israele.
60Abbandonò la dimora di Silo,
la tenda che abitava tra gli uomini.
61Consegnò in schiavitù la sua forza,
la sua gloria in potere del nemico.
62Diede il suo popolo in preda alla spada
e contro la sua eredità si accese d'ira.
63Il fuoco divorò il fiore dei suoi giovani,
le sue vergini non ebbero canti nuziali.
64I suoi sacerdoti caddero di spada
e le loro vedove non fecero lamento.
65Ma poi il Signore si destò come da un sonno,
come un prode assopito dal vino.
66Colpì alle spalle i suoi nemici,
inflisse loro una vergogna eterna.
67Ripudiò le tende di Giuseppe,
non scelse la tribù di Èfraim;
68ma elesse la tribù di Giuda,
il monte Sion che egli ama.
69Costruì il suo tempio alto come il cielo
e come la terra stabile per sempre.
70Egli scelse Davide suo servo
e lo trasse dagli ovili delle pecore.
71Lo chiamò dal seguito delle pecore madri
per pascere Giacobbe suo popolo,
la sua eredità Israele.
72Fu per loro pastore dal cuore integro
e li guidò con mano sapiente.
Isaia 5
1Canterò per il mio diletto
il mio cantico d'amore per la sua vigna.
Il mio diletto possedeva una vigna
sopra un fertile colle.
2Egli l'aveva vangata e sgombrata dai sassi
e vi aveva piantato scelte viti;
vi aveva costruito in mezzo una torre
e scavato anche un tino.
Egli aspettò che producesse uva,
ma essa fece uva selvatica.
3Or dunque, abitanti di Gerusalemme
e uomini di Giuda,
siate voi giudici fra me e la mia vigna.
4Che cosa dovevo fare ancora alla mia vigna
che io non abbia fatto?
Perché, mentre attendevo che producesse uva,
essa ha fatto uva selvatica?
5Ora voglio farvi conoscere
ciò che sto per fare alla mia vigna:
toglierò la sua siepe
e si trasformerà in pascolo;
demolirò il suo muro di cinta
e verrà calpestata.
6La renderò un deserto,
non sarà potata né vangata
e vi cresceranno rovi e pruni;
alle nubi comanderò di non mandarvi la pioggia.
7Ebbene, la vigna del Signore degli eserciti
è la casa di Israele;
gli abitanti di Giuda
la sua piantagione preferita.
Egli si aspettava giustizia
ed ecco spargimento di sangue,
attendeva rettitudine
ed ecco grida di oppressi.
8Guai a voi, che aggiungete casa a casa
e unite campo a campo,
finché non vi sia più spazio,
e così restate soli ad abitare
nel paese.
9Ho udito con gli orecchi il Signore degli eserciti:
"Certo, molti palazzi
diventeranno una desolazione,
grandi e belli
saranno senza abitanti".
10Poiché dieci iugeri di vigna
produrranno solo un 'bat'
e un 'comer' di seme
produrrà un''efa'.
11Guai a coloro che si alzano presto al mattino
e vanno in cerca di bevande inebrianti
e si attardano alla sera
accesi in volto dal vino.
12Ci sono cetre e arpe,
timpani e flauti
e vino per i loro banchetti;
ma non badano all'azione del Signore,
non vedono l'opera delle sue mani.
13Perciò il mio popolo sarà deportato
senza che neppure lo sospetti.
I suoi grandi periranno di fame,
il suo popolo sarà arso dalla sete.
14Pertanto gli inferi dilatano le fauci,
spalancano senza misura la bocca.
Vi precipitano dentro la nobiltà e il popolo,
il frastuono e la gioia della città.
15L'uomo sarà umiliato, il mortale sarà abbassato,
gli occhi dei superbi si abbasseranno.
16Sarà esaltato il Signore degli eserciti nel giudizio
e il Dio santo si mostrerà santo nella giustizia.
17Allora vi pascoleranno gli agnelli come nei loro prati,
sulle rovine brucheranno i capretti.
18Guai a coloro che si tirano addosso il castigo
con corde da buoi
e il peccato con funi da carro,
19che dicono: "Faccia presto,
acceleri pure l'opera sua,
perché la vediamo;
si facciano più vicini e si compiano
i progetti del Santo di Israele,
perché li conosciamo".
20Guai a coloro che chiamano
bene il male e male il bene,
che cambiano le tenebre in luce e la luce in tenebre,
che cambiano l'amaro in dolce e il dolce in amaro.
21Guai a coloro che si credono sapienti
e si reputano intelligenti.
22Guai a coloro che sono gagliardi nel bere vino,
valorosi nel mescere bevande inebrianti,
23a coloro che assolvono per regali un colpevole
e privano del suo diritto l'innocente.
24Perciò, come una lingua di fuoco divora la stoppia
e una fiamma consuma la paglia,
così le loro radici diventeranno un marciume
e la loro fioritura volerà via come polvere,
perché hanno rigettato la legge del Signore degli eserciti,
hanno disprezzato la parola del Santo di Israele.
25Per questo è divampato
lo sdegno del Signore contro il suo popolo,
su di esso ha steso la sua mano per colpire;
hanno tremato i monti,
i loro cadaveri erano come lordura
in mezzo alle strade.
Con tutto ciò non si calma la sua ira
e la sua mano resta ancora tesa.
26Egli alzerà un segnale a un popolo lontano
e gli farà un fischio all'estremità della terra;
ed ecco verrà veloce e leggero.
27Nessuno fra essi è stanco o inciampa,
nessuno sonnecchia o dorme,
non si scioglie la cintura dei suoi fianchi
e non si slaccia il legaccio dei suoi sandali.
28Le sue frecce sono acuminate,
e ben tesi tutti i suoi archi;
gli zoccoli dei suoi cavalli sono come pietre
e le ruote dei suoi carri come un turbine.
29Il suo ruggito è come quello di una leonessa,
ruggisce come un leoncello;
freme e afferra la preda,
la pone al sicuro, nessuno gliela strappa.
30Fremerà su di lui in quel giorno
come freme il mare;
si guarderà la terra: ecco, saranno tenebre, angoscia
e la luce sarà oscurata dalla caligine.
Atti degli Apostoli 2
1Mentre il giorno di Pentecoste stava per finire, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo.2Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano.3Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro;4ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere d'esprimersi.
5Si trovavano allora in Gerusalemme Giudei osservanti di ogni nazione che è sotto il cielo.6Venuto quel fragore, la folla si radunò e rimase sbigottita perché ciascuno li sentiva parlare la propria lingua.7Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: "Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei?8E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?9Siamo Parti, Medi, Elamìti e abitanti della Mesopotàmia, della Giudea, della Cappadòcia, del Ponto e dell'Asia,10della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirène, stranieri di Roma,11Ebrei e prosèliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio".12Tutti erano stupiti e perplessi, chiedendosi l'un l'altro: "Che significa questo?".13Altri invece li deridevano e dicevano: "Si sono ubriacati di mosto".
14Allora Pietro, levatosi in piedi con gli altri Undici, parlò a voce alta così: "Uomini di Giudea, e voi tutti che vi trovate a Gerusalemme, vi sia ben noto questo e fate attenzione alle mie parole:15Questi uomini non sono ubriachi come voi sospettate, essendo appena le nove del mattino.16Accade invece quello che predisse il profeta Gioèle:
17Negli ultimi giorni, dice il Signore,
'Io effonderò il mio Spirito sopra ogni persona;
i vostri figli e le vostre figlie profeteranno,
i vostri giovani avranno visioni
e i vostri anziani faranno dei sogni.'
18'E anche sui miei servi e sulle mie serve
in quei giorni effonderò il mio Spirito ed essi profeteranno.'
19'Farò prodigi' in alto 'nel cielo
e' segni in basso 'sulla terra,'
sangue, fuoco e nuvole di fumo.
20'Il sole si muterà in tenebra e la luna in sangue,
prima che giunga il giorno del Signore,
giorno grande e splendido.'
21'Allora chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato'.
22Uomini d'Israele, ascoltate queste parole: Gesù di Nàzaret - uomo accreditato da Dio presso di voi per mezzo di miracoli, prodigi e segni, che Dio stesso operò fra di voi per opera sua, come voi ben sapete -,23dopo che, secondo il prestabilito disegno e la prescienza di Dio, fu consegnato a voi, voi l'avete inchiodato sulla croce per mano di empi e l'avete ucciso.24Ma Dio lo ha risuscitato, sciogliendolo dalle angosce della morte, perché non era possibile che questa lo tenesse in suo potere.25Dice infatti Davide a suo riguardo:
'Contemplavo sempre il Signore innanzi a me;
poiché egli sta alla mia destra, perché io non vacilli.'
26'Per questo si rallegrò il mio cuore ed esultò la mia lingua;
ed anche la mia carne riposerà nella speranza,'
27'perché tu non abbandonerai l'anima mia negli inferi,
né permetterai che il tuo Santo veda la corruzione.'
28'Mi hai fatto conoscere le vie della vita,
mi colmerai di gioia con la tua presenza.'
29Fratelli, mi sia lecito dirvi francamente, riguardo al patriarca Davide, che egli morì e fu sepolto e la sua tomba è ancora oggi fra noi.30Poiché però era profeta e sapeva che Dio 'gli aveva giurato solennemente di far sedere sul suo trono un suo discendente',31previde la risurrezione di Cristo e ne parlò:
'questi non fu abbandonato negli inferi,
né' la sua carne 'vide corruzione.'
32Questo Gesù Dio l'ha risuscitato e noi tutti ne siamo testimoni.33Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire.34Davide infatti non salì al cielo; tuttavia egli dice:
'Disse il Signore al mio Signore:
siedi alla mia destra,'
35'finché io ponga i tuoi nemici
come sgabello ai tuoi piedi.'
36Sappia dunque con certezza tutta la casa di Israele che Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù che voi avete crocifisso!".
37All'udir tutto questo si sentirono trafiggere il cuore e dissero a Pietro e agli altri apostoli: "Che cosa dobbiamo fare, fratelli?".38E Pietro disse: "Pentitevi e ciascuno di voi si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo.39Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti 'quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore' Dio nostro".40Con molte altre parole li scongiurava e li esortava: "Salvatevi da questa generazione perversa".41Allora coloro che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone.
42Erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli e nell'unione fraterna, nella frazione del pane e nelle preghiere.43Un senso di timore era in tutti e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli.44Tutti coloro che erano diventati credenti stavano insieme e tenevano ogni cosa in comune;45chi aveva proprietà e sostanze le vendeva e ne faceva parte a tutti, secondo il bisogno di ciascuno.46Ogni giorno tutti insieme frequentavano il tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore,47lodando Dio e godendo la simpatia di tutto il popolo.48Intanto il Signore ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
Capitolo XXVIII: Contro le linguacce denigratrici
Leggilo nella BibliotecaO figlio, non sopportare di mal animo se certuni danno un cattivo giudizio su di te e dicono, nei tuoi confronti, parole che non ascolti con piacere. Il tuo giudizio su te stesso deve essere ancora più grave; devi credere che non ci sia nessuno più debole di te. Se terrai conto massimamente dell'interiorità, non darai molto peso a parole che volano; giacché, nei momenti avversi, è prudenza, e non piccola, starsene in silenzio, volgendo l'animo a me, senza lasciarsi turbare dal giudizio della gente. La tua pace non riposi nella parola degli uomini. Che questi ti abbiano giudicato bene o male, non per ciò sei diverso.
Dove sta la vera pace, dove sta la vera gloria? Non forse in me? Godrà di grande pace chi non desidera di piacere agli uomini, né teme di spiacere ad essi. E' appunto da un tale desiderio, contrario al volere di Dio, e da un tale vano timore, che nascono tutti i turbamenti del cuore e tutte le deviazioni degli affetti.
DISCORSO 164/A SU L'ELEMOSINA
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaA chi si deve fare l'elemosina.
1. Ci sono alcuni i quali ritengono che l'elemosina si debba offrire soltanto agli uomini giusti e che ai peccatori, invece, non bisogna dar nulla. In questo errore occupano il primo posto i Manichei, i quali credono che in qualsiasi alimento sono trattenute mescolate e collegate particelle di Dio e ritengono giusto che si debbano rispettare le particelle di Dio, così che non siano contaminate dai peccatori e incorrano in vincoli deteriori. Tale folle teoria, che offende la sensibilità di ogni persona di criterio soltanto a sentirla proposta, forse non merita di essere confutata. Altri, al contrario, non sono per nulla proclivi a smentirla, per cui ritengono non sia affatto il caso di sovvenire alle necessità alimentari dei peccatori, per non andare contro Dio, la cui indignazione verso di loro si fa conoscere, quasi che da questo debba mostrarsi adirato anche verso di noi perché abbiamo voluto aiutare quelli che egli vuole punire. Si servono perfino di prove tratte dalle Sacre Scritture, dove leggiamo: Usa misericordia, ma non accogliere il peccatore; agli empi e ai peccatori infliggi una punizione, benefica il misero e non dare all'empio. Poiché anche l'Altissimo ha in odio i peccatori e castiga gli empi 1. Non comprendendo in che senso siano da prendere tali parole, si rivestono di una riprovevole crudeltà. Di qui la necessità, fratelli, che di questo fatto io ne parli alla Carità vostra, ad evitare che, per errore di comprensione, vi capiti di essere in dissenso con la divina volontà.
L'Apostolo ammonisce ad usare misericordia verso tutti.
2. L'apostolo Paolo spiega nel modo più chiaro che la misericordia dev'essere dimostrata a tutti: Non stanchiamoci di fare il bene - egli dice - poiché abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, ma soprattutto verso i fratelli nella fede 2. Se ne deduce con sufficiente evidenza che i giusti devono avere la precedenza come destinatari di opere di questo genere. In realtà quali altri possiamo intendere fratelli nella fede quando altrove è stato notato: Il giusto vive di fede 3? Tuttavia non dev'essere preclusa la misericordia agli altri uomini, anche se peccatori, anche se hanno verso di noi sentimenti ostili quando il nostro Salvatore ci ha avvertiti e ammonisce: Amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano 4. E non è che questo non figuri nei Libri dell'Antico Testamento. Vi si legge infatti: Se il tuo nemico ha fame, dagli da mangiare, se ha sete, dagli da bere 5, testo del quale si è servito anche l'Apostolo nel Nuovo Testamento 6.
Né indifferente quanto a punire né crudele quanto a soccorrere.
3. Con questo, tuttavia, non è che siano prive di verità le espressioni che abbiamo citato in precedenza, perché sono anch'essi precetti divini: Usa misericordia, ma non accogliere il peccatore 7. Queste parole sono state dette infatti perché tu non faccia il bene al peccatore in quanto è peccatore, ma perché tu faccia il bene a chi ti odia, in quanto è uomo. In tal modo osserverai l'uno e l'altro precetto, né indifferente quanto a punire, né inumano quanto a soccorrere. Infatti ognuno che rimprovera il peccatore con rettitudine, che altro vuole se non che quello non sia peccatore? Odia perciò in lui ciò che anche Dio odia, perché si annulli l'opera dell'uomo, e si liberi l'opera di Dio. Certo l'uomo ha fatto il peccato, però Dio ha creato l'uomo stesso. Ma quando pronunziamo questi due termini, l'uomo peccatore, non li diciamo certo a vuoto. In quanto è peccatore, riprendilo, in quanto è uomo, abbi compassione. E non renderai pienamente libero l'uomo se tu non sarai zelante nel punire in lui il peccatore. Ogni ordinamento attende a questo compito così come è idoneo e appropriato a chiunque è preposto, non solo al vescovo che è a capo del suo popolo, ma anche al povero che ha cura della sua famiglia, al ricco che comanda alla sua servitù, al marito che governa la sua donna, al padre che regge i suoi figli, al magistrato che è a capo della provincia, al re che governa la sua nazione. Tutti costoro, quando sono buoni, desiderano senz'altro il bene di coloro che reggono e, secondo il potere partecipato dal Signore dell'universo, che governa anche i reggitori, si adoperano affinché proprio quelli che reggono si conservino in quanto uomini e periscano in quanto peccatori 8. In tal modo adempiono ciò che è stato scritto: Usa misericordia, ma non accogliere il peccatore, per non consentire che perduri in lui la condizione di peccatore; e agli empi e ai peccatori infliggi una punizione; indicando con questo che sia distrutto in loro appunto quello per cui sono empi e peccatori. Benefica il misero, per il fatto che è misero, e non dare all'empio, per il fatto che è empio, poiché anche l'Altissimo ha in odio i peccatori e castiga gli empi 9; tuttavia, dato che essi non sono soltanto peccatori ed empi ma anche uomini, fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti 10. In conseguenza, a nessuno degli uomini si deve precludere la misericordia, a nessun peccato si deve aprire la via all'impunità.
Non si deve chiudere la porta della misericordia neppure ai peccatori perché anch'essi sono uomini.
4. Da qui, pertanto, si deve comprendere soprattutto come non si debba trascurare l'elemosina, che per diritto di natura si elargisce a tutti i poveri indistintamente, dal momento che il Signore stesso soccorreva l'indigenza dei poveri, attingendo anche a quelle borse che riempiva di ciò che altri offrivano 11. Poiché se qualcuno dirà: Né quegli infelici e quei miseri che il Signore comandò d'invitare di preferenza 12, né quelli che era solito soccorrere attingendo dalle borse, furono dei peccatori non ne consegue che, per queste testimonianze evangeliche, i misericordiosi abbiano anche il dovere di agitare o nutrire i peccatori; faccia attenzione costui a quanto ho già ricordato prima. Indubbiamente sono peccatori e di una malvagità estrema quelli che odiano e perseguitano la Chiesa, eppure è detto riguardo ad essi: Beneficate coloro che vi odiano 13. E ciò è sostenuto dall'esempio di Dio Padre che fa sorgere il suo sole sui buoni e sui cattivi, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti 14. Pertanto non accogliamo i peccatori in quanto sono peccatori, ma tuttavia riguardiamoli con benevolenza perché questi stessi sono in quanto sono anche uomini. Non desistiamo dal rimproverare ad essi la propria cattiveria, commiseriamo la comune condizione. E così non stanchiamoci di fare il bene, poiché abbiamo l'occasione, operiamo il bene verso tutti, ma soprattutto verso i fratelli nella fede 15.
1 - Sir 12, 4. 6-7.
2 - Gal 6, 10.
3 - Eb 10, 38.
4 - Mt 5, 44.
5 - Prv 25, 21.
6 - Rm 12, 20.
7 - Sir 12, 4.
8 - Cf. Sal 67, 3.
9 - Sir 12, 4. 6.
10 - Mt 5, 45.
11 - Cf. Gv 13, 29.
12 - Cf. Lc 14, 13.
13 - Mt 5, 44.
14 - Mt 5, 45.
15 - Gal 6, 10.
8 - Viene pubblicato l'editto dell'imperatore Cesare Augusto per censire la popolazione di tutto l'impero.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca448. Fu stabilito dalla volontà immutabile dell'Altissimo che il suo Figlio unigenito dovesse nascere nella città di Betlemme. Questo decreto divino era stato predetto, molto tempo prima di adempirsi, dai Santi e dai Profeti dell'Antico Testamento; poiché la volontà del Signore è sempre infallibile. Passeranno i cieli e la terra prima che possa aver compimento, giacché nessuno può opporvisi. Il Signore dispose l'esecuzione di questo decreto per mezzo di un editto pubblicato dall'imperatore Cesare Augusto nell'impero romano, affinché, come riferisce san Luca, fosse enumerata e registrata tutta la popolazione del mondo. Si estendeva, allora, l'impero romano per gran parte della terra conosciuta, e perciò i suoi principi si chiamavano signori di tutto il mondo, non tenendo conto del resto. Tutti gli abitanti dovevano ritenersi vassalli dell'imperatore, e tributargli un determinato censo, dovuto al naturale signore del potere temporale. E ciascuno si recava ad iscriversi nel registro comune della propria città. Giunse questo editto a Nazaret; ed arrivò la notizia anche a san Giuseppe, il quale tornando a casa - perché l'aveva intesa mentre era fuori - afflitto e mesto diede spiegazione alla divina sposa sul contenuto e la novità dell'editto. La prudentissima Vergine rispose: «Non vi turbi, signore e sposo mio, l'editto dell'imperatore terreno, perché tutti i nostri eventi stanno a cuore al Signore, re del cielo e della terra; e la sua provvidenza ci sosterrà e ci verrà incontro in ogni circostanza. Rimettiamoci dunque a lui, pieni di confidenza, e vedrete che non saremo delusi».
449. A Maria santissima erano noti tutti i misteri del figlio, e conosceva inoltre le profezie e il loro compimento: l'Unigenito del Padre e suo doveva nascere a Betlemme come povero pellegrino e straniero. Nulla, comunque, di tutto questo ella manifestò a san Giuseppe, perché senza l'ordine del Signore non avrebbe mai svelato il suo segreto. E su tutto ciò che non le veniva comandato di dire taceva assennatamente, perché, nonostante nutrisse il desiderio di consolare il suo fedelissimo e santo sposo Giuseppe, voleva abbandonarsi obbediente alla guida di Dio, e comportarsi così come donna prudente e saggia. Discussero subito su ciò che dovevano fare, perché già si approssimava il parto della divina Signora, essendo inoltrata la sua gravidanza. San Giuseppe le disse: «Signora mia, regina del cielo e della terra, se non avete ordini diversi dall'Altissimo, mi pare opportuno che io vada ad adempire questo editto dell'imperatore. Potrei, anche, andarvi da solo - perché l'esecuzione di tale dovere compete ai capi delle famiglie - tuttavia non ho il coraggio di lasciarvi senza assistenza; né io posso vivere senza la vostra presenza e avere un momento di quiete standovi lontano, perché non è possibile che il mio cuore stia tranquillo senza vedervi. D'altra parte mi sembra impossibile che voi possiate venire con me a Betlemme per eseguire l'ordine dell'imperatore, essendo molto vicino il tempo del vostro divin parto. E proprio per questo motivo e per la mia povertà non oso esporvi ad un rischio tanto evidente. Il mio dolore e la mia afflizione sarebbero così indicibilmente grandi, se qualche disagio vi accadesse durante il viaggio, ed io non fossi in grado di soccorrervi. Questo pensiero mi tormenta. Vi supplico, Signora mia, di presentare ciò al cospetto dell'Altissimo e di pregarlo che ascolti il desiderio di non separarmi da voi».
450. L'umile sposa accondiscese a ciò che san Giuseppe le chiedeva. E benché non ignorasse la volontà divina, accettò di obbedire a questa richiesta. Presentò al Signore la volontà e i desideri del suo fedelissimo sposo e sua Maestà le rispose: «Amica e colomba mia, obbedisci al mio servo Giuseppe in quello che desidera. Accompagnalo nel viaggio. Io sarò con te, e ti assisterò con paterno amore nei travagli e nelle tribolazioni che per me soffrirai. Saranno molto grandi, ma il mio braccio onnipotente ti aiuterà a venirne fuori in modo glorioso. I tuoi passi saranno belli agli occhi miei. Non temere, mettiti in cammino, perché questa è la mia volontà». Immediatamente il Signore davanti agli occhi della divina Madre intimò ed ordinò ai santi angeli protettori che la servissero in quel viaggio con speciale assistenza e diligente sollecitudine, conformemente a quanto di mirabile e misterioso sarebbe potuto accadere. Oltre ai mille angeli, che abitualmente la custodivano, il Signore comandò ad altri novemila di assistere la loro Regina e signora, e di servirla, in modo che, fin dall'inizio del viaggio, l'accompagnassero tutti e diecimila assieme. Così avvenne, e tutti, come fedelissimi servi e ministri del Signore, la servivano, come dirò in seguito. La celeste Regina fu preparata e corroborata da una nuova luce divina, in cui conobbe i misteri dei travagli che l'attendevano, dopo la nascita del bambino divino, a causa della persecuzione di Erode e di altre preoccupazioni e tribolazioni che sarebbero sopravvenute. Ed ella offrì, per tutto ciò, il suo invitto cuore, senza alcun turbamento, e rese grazie al Signore per le meraviglie che in lei operava e disponeva.
451. La gran Regina del cielo ritornò con la risposta a san Giuseppe, e gli rivelò che era volontà dell'Altissimo che ella gli prestasse obbedienza e l'accompagnasse nel suo viaggio a Betlemme. Il santo sposo rimase pieno di nuovo giubilo e consolazione; e riconoscendo questo gran favore dalla mano del Signore, lo ringraziò con profondi atti di umiltà e riverenza. Quindi, parlando alla sua sposa disse: «Signora mia e causa della mia gioia, della mia felicità e della mia fortuna, mi rimane solo la sofferenza dei travagli che in questo viaggio dovete patire, dal momento che non ho i mezzi per eliminarli e rendervi il viaggio comodo ed agiato. A Betlemme, però, troveremo parenti, conoscenti ed amici della nostra famiglia; spero che saremo accolti con carità, cosicché là possiate ristorarvi della fatica del viaggio - se l'Altissimo così dispone - come io vostro servo desidero». Il santo sposo Giuseppe in cuor suo si augurava che le sue attese si avverassero, ma il Signore aveva già disposto diversamente. E proprio perché rimasero frustrati i suoi desideri, provò poi maggiore amarezza, come si narrerà. Maria santissima non palesò a Giuseppe quello che ella, illuminata dal Signore, aveva previsto riguardo il mistero del suo divin parto, benché fosse a conoscenza che nulla di quanto egli pensava sarebbe accaduto. Ed infondendogli coraggio, disse: «Sposo e signore mio, io verrò volentieri in compagnia vostra. Faremo il viaggio come poveri in nome dell'Altissimo, poiché il Signore non disprezza quella povertà che viene a cercare con tanto amore. E dal momento che la sua protezione e difesa ci saranno assicurate nella necessità e nel travaglio, riponiamo in lui la nostra confidenza. E voi signor mio gettate su di lui tutte le vostre preoccupazioni ed affanni».
452. Stabilirono, subito, il giorno della partenza; ed il santo sposo andò per Nazaret a cercare qualche bestia da soma, su cui trasportare la Signora del mondo; ma non poté facilmente trovarla, perché tanta gente stava recandosi in diverse città al fine di eseguire l'ordinanza dell'imperatore. Dopo molte accurate e penose ricerche, san Giuseppe trovò un umile asinello, che potremmo chiamare veramente fortunato. E lo fu di certo, fra tutti gli animali privi di ragione, perché non solo portò la Regina di ogni cosa creata, e con lei il Re dei re, ma anche si trovò presente alla nascita del bambino e rese al suo creatore l'ossequio che gli uomini gli negarono, come si dirà in seguito. Prepararono così il necessario per il viaggio, che durò cinque giorni. I celesti viandanti portarono le stesse cose che avevano disposto nel primo viaggio alla casa di Zaccaria, come si è già detto nel libro terzo, capitolo quinto: solamente pane, frutta ed alcuni pesci, che costituivano il cibo ordinario, anzi il più squisito di cui facevano uso. E siccome la prudentissima Vergine sapeva, per luce divina, che avrebbe fatto ritorno a casa sua dopo lungo tempo, non solo portò i panni e le fasce per il suo divin parto, ma, passando inosservata, dispose le cose in maniera tale che servissero al compimento del volere del Signore. Lasciarono così la loro casa in custodia ad una persona, perché ne avesse cura fino al loro ritorno.
453. Giunse il giorno e l'ora di partire per Betlemme. Il fedelissimo e fortunato Giuseppe trattava già con straordinaria e somma riverenza la sua sovrana sposa; e come vigilante e premuroso servo cercava di accontentarla e servirla. La pregò, allora, con grande affetto, di fargli presente tutto ciò che desiderava, per soddisfare tutti i suoi bisogni, quali il riposo e il sollievo, e per il compiacimento del Signore che portava nel suo seno verginale. L'umile Regina gradì l'espressione di queste cortesie, e la riferì, dedicandola, alla gloria ed all'ossequio del suo santissimo Figlio. Maria santissima consolò ed incoraggiò il suo sposo ad affrontare le asperità del viaggio, mentre continuamente lo assicurava della benevolenza che sua Maestà nutriva verso di lui per tutte le sue premure e la fortezza e la gioia con cui entrambi, poveri e pellegrini, avrebbero via via accettato i disagi del cammino. E prima di partire, la Regina del cielo si mise in ginocchio e pregò san Giuseppe di darle la benedizione. L'uomo di Dio oppose resistenza, provando tanta difficoltà a farlo, per la dignità della sua sposa; ma ella vinse in umiltà e dolcemente l'obbligò a dargliela. San Giuseppe lo fece con gran timore e riverenza; subito con abbondanti lacrime si prostrò a terra e la pregò di offrirlo nuovamente al suo santissimo Figlio, e di ottenergli il perdono e la divina grazia. Dopo questa preparazione partirono da Nazaret per Betlemme nel cuore dell'inverno, circostanza, questa, che rendeva il viaggio più scomodo e penoso; ma la Madre che portava nel suo seno la vita, pensava solo a conversare santamente con il bambino divino, rimirandolo sempre nel suo talamo verginale, imitandolo nei movimenti ed attribuendogli onore e gloria più di tutte le altre creature insieme.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
454. Figlia mia, in ciascuno dei capitoli, sulla storia della mia vita e sui misteri divini, che vai descrivendo, conoscerai l'ammirabile provvidenza dell'Altissimo ed il suo paterno amore verso di me, sua umile serva. Certamente, il pensiero umano non può degnamente comprendere e ponderare questi prodigi di sublime sapienza, e quindi deve venerarli con tutte le forze ed essere pronto ad imitarmi, nonché a rendersi partecipe delle grazie che il Signore mi elargì. I mortali, infatti; non devono credere che solo verso di me e per me Dio abbia voluto mostrarsi santo, onnipotente ed infinitamente buono, poiché è certo che, se un'anima anzi tutte le anime si abbandonassero completamente al volere e alla guida del Signore, subito conoscerebbero, per esperienza, quella stessa fedeltà, attenzione e amorevole forza con cui sua Maestà disponeva, tramite me, tutte le cose che riguardavano la sua gloria ed il suo servizio. Ed ancora, avvertirebbero quelle dolcissime e divine mozioni che io sentivo abbandonandomi alla sua santissima volontà; e riceverebbero anche la sovrabbondanza dei suoi doni che come in un pelago infinito stanno rinchiusi nella sua divinità. E come le acque del mare traboccherebbero con impeto invincibile, se si potesse aprire un canale verso cui defluire per naturale inclinazione, a tal guisa si riverserebbero le grazie e i benefici del Signore sopra le creature razionali, se queste aprissero il loro cuore, lasciando spazio e non ostacolando la corrente divina. Gli uomini, purtroppo, ignorano questa verità, perché non si fermano a riflettere ed a considerare le opere dell'Altissimo.
455. Quanto a te desidero che studi questa scienza e la imprimi nel tuo cuore, e che, ancora, impari dalle mie opere a tener celato ciò che serbi nel tuo intimo. Voglio poi che tu viva obbediente e sottomessa a tutti, preferendo sempre l'altrui opinione al tuo giudizio. Per obbedire ai tuoi superiori ed ai padri spirituali tu devi chiudere gli occhi, anche se pensi che succederà il contrario di quello che ti comandano: anch'io del resto sapevo che non si sarebbe mai avverato quello che il mio santo sposo sperava che accadesse nel viaggio verso Betlemme. E se un ordine ti fosse dato da una persona inferiore o uguale a te, taci e dissimula; eseguilo se non c'è peccato o imperfezione. Ascolta tutti con silenzio ed attenzione. Nel parlare sii parsimoniosa e moderata: ciò è da persona prudente ed accorta. Ti ricordo nuovamente, per tutto quello che farai; di pregare il Signore e di chiedergli la sua benedizione, affinché non ti allontani dalla sua divina benevolenza. E se ne avrai l'opportunità, chiedi anche il permesso e la benedizione al tuo padre spirituale e maestro, perché nelle tue azioni non ti manchi il merito e la perfezione, e tu possa accontentarmi in ciò che desidero da te.
25-11 Dicembre 5, 1928 Chi fa e vive nel Voler Divino, è come se facesse scendere il sole in terra. Differenza.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mi sentivo tutta immersa nel Voler Divino, la mia povera e piccola mente me la sento legata ad un punto altissimo di luce, che non ha confini e non si può vedere né dove giunge la sua altezza, né dove finisce la sua profondità. E mentre la mente si riempie di luce, è circondata dalla luce, tanto, che non vede che luce, vede che poco prende di questa luce perché ce ne é tanta, ma la sua capacità è tanto piccola che le sembra di prendere qualche gocciolina appena. Oh! come si sta bene in mezzo a questa luce, perché Essa è vita, è parola, è felicità, l’anima si sente tutti i riflessi del suo Creatore, e si sente partorire nel suo seno la Vita Divina. Oh! Volontà Divina, quanto sei ammirabile, tu sola sei la fecondatrice, la conservatrice e la bilocatrice della Vita di Dio nella creatura. Ma mentre la mia mente si sperdeva nella luce del Fiat Supremo, il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, l’anima che vive nella mia Volontà Divina è più che se facessi scendere il sole in terra; che succederebbe allora? La notte sarebbe sbandita dalla terra, sarebbe sempre pieno giorno. E con l’avere sempre contatto col sole, non sarebbe più corpo oscuro, ma luminoso, e la terra non mendicherebbe gli effetti del sole, ma riceverebbe in sé stessa la sostanza degli effetti della luce, perché sole e terra farebbero vita comune e formerebbero una sol vita. Qual differenza non c’è, che il sole sta nell’altezza della sua sfera e la terra nella sua bassezza? La povera terra è soggetta alla notte, alle stagioni e a chiedere dal sole di formare le belle fioriture, i colori, la dolcezza, la maturità ai suoi frutti. Ed il sole non è libero di poter sfoggiare tutti i suoi effetti sopra la terra se la terra non vorrebbe prestarsi a riceverli, tanto, che in certi punti della terra il sole non sempre giunge, altri punti sono aridi e senza piante. Questo non è altro che similitudine di chi fa e vive nella mia Divina Volontà e di chi vive nella terra del suo volere umano. La prima fa scendere non solo il Sole della mia Divina Volontà nell’anima sua, ma tutto il Cielo; quindi, con questo Sole possiede il giorno perenne, giorno che mai tramonta, perché la luce tiene virtù di mettere in fuga le tenebre. Onde con questo Sole non può stare la notte delle passioni, la notte delle debolezze, delle miserie, delle freddezze, delle tentazioni, e se si volessero avvicinare per formare le stagioni dell’anima, questo Sole batte i suoi raggi e mette tutte le notti in precipitosa fuga, e dice: “Ci son’Io, e basta, le mie stagioni sono stagioni di luce, di pace, di felicità e di fioritura perenne”. Essa è la portatrice del Cielo in terra. Invece per chi non fa la mia Divina Volontà e non vive in Essa, è più notte che giorno nell’anima sua, è soggetta alle stagioni e a lunghi tempi piovosi che la rendono sempre turbata e affannata, o pure a lunghe siccità che giunge a mancargli gli umori vitali per amare il suo Creatore, e lo stesso Sole della mia Divina Volontà, stando che non vive in lei, non è libero di poter darle tutto il bene che possiede. Vedi che significa possedere il mio Voler Divino? E’ possedere la sorgente della vita, della luce, e di tutti i beni. Invece chi non lo possiede è come terra che gode gli effetti della luce, e certe terre che stentatamente restano illuminate ma senza effetti”.