Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

La perfezione non consiste nelle cose esteriori, come in piangere ed altre cose simili, e le lacrime non sono segno che l'uomo sia in grazia di Dio. (San Filippo Neri)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 15° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 2

1Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.3Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino".4E Gesù rispose: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora".5La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà".
6Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.7E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le giare"; e le riempirono fino all'orlo.8Disse loro di nuovo: "Ora attingete e portatene al maestro di tavola". Ed essi gliene portarono.9E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo10e gli disse: "Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono".11Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
12Dopo questo fatto, discese a Cafàrnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono colà solo pochi giorni.

13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco.15Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi,16e ai venditori di colombe disse: "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato".17I discepoli si ricordarono che sta scritto: 'Lo zelo per la tua casa mi divora'.18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?".19Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere".20Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?".21Ma egli parlava del tempio del suo corpo.22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.

23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome.24Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti25e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo.


Genesi 8

1Dio si ricordò di Noè, di tutte le fiere e di tutti gli animali domestici che erano con lui nell'arca. Dio fece passare un vento sulla terra e le acque si abbassarono.2Le fonti dell'abisso e le cateratte del cielo furono chiuse e fu trattenuta la pioggia dal cielo;3le acque andarono via via ritirandosi dalla terra e calarono dopo centocinquanta giorni.4Nel settimo mese, il diciassette del mese, l'arca si posò sui monti dell'Ararat.5Le acque andarono via via diminuendo fino al decimo mese. Nel decimo mese, il primo giorno del mese, apparvero le cime dei monti.
6Trascorsi quaranta giorni, Noè aprì la finestra che aveva fatta nell'arca e fece uscire un corvo per vedere se le acque si fossero ritirate.7Esso uscì andando e tornando finché si prosciugarono le acque sulla terra.8Noè poi fece uscire una colomba, per vedere se le acque si fossero ritirate dal suolo;9ma la colomba, non trovando dove posare la pianta del piede, tornò a lui nell'arca, perché c'era ancora l'acqua su tutta la terra. Egli stese la mano, la prese e la fece rientrare presso di sé nell'arca.10Attese altri sette giorni e di nuovo fece uscire la colomba dall'arca11e la colomba tornò a lui sul far della sera; ecco, essa aveva nel becco un ramoscello di ulivo. Noè comprese che le acque si erano ritirate dalla terra.12Aspettò altri sette giorni, poi lasciò andare la colomba; essa non tornò più da lui.
13L'anno seicentouno della vita di Noè, il primo mese, il primo giorno del mese, le acque si erano prosciugate sulla terra; Noè tolse la copertura dell'arca ed ecco la superficie del suolo era asciutta.14Nel secondo mese, il ventisette del mese, tutta la terra fu asciutta.
15Dio ordinò a Noè:16"Esci dall'arca tu e tua moglie, i tuoi figli e le mogli dei tuoi figli con te.17Tutti gli animali d'ogni specie che hai con te, uccelli, bestiame e tutti i rettili che strisciano sulla terra, falli uscire con te, perché possano diffondersi sulla terra, siano fecondi e si moltiplichino su di essa".
18Noè uscì con i figli, la moglie e le mogli dei figli.19Tutti i viventi e tutto il bestiame e tutti gli uccelli e tutti i rettili che strisciano sulla terra, secondo la loro specie, uscirono dall'arca.20Allora Noè edificò un altare al Signore; prese ogni sorta di animali mondi e di uccelli mondi e offrì olocausti sull'altare.21Il Signore ne odorò la soave fragranza e pensò: "Non maledirò più il suolo a causa dell'uomo, perché l'istinto del cuore umano è incline al male fin dalla adolescenza; né colpirò più ogni essere vivente come ho fatto.

22 Finché durerà la terra,
seme e messe,
freddo e caldo,
estate e inverno,
giorno e notte
non cesseranno".


Salmi 42

1'Al maestro del coro. Maskil. Dei figli di Core.'

2Come la cerva anela ai corsi d'acqua,
così l'anima mia anela a te, o Dio.
3L'anima mia ha sete di Dio, del Dio vivente:
quando verrò e vedrò il volto di Dio?

4Le lacrime sono mio pane giorno e notte,
mentre mi dicono sempre: "Dov'è il tuo Dio?".
5Questo io ricordo, e il mio cuore si strugge:
attraverso la folla avanzavo tra i primi
fino alla casa di Dio,
in mezzo ai canti di gioia
di una moltitudine in festa.

6Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.
7In me si abbatte l'anima mia;
perciò di te mi ricordo
dal paese del Giordano e dell'Ermon, dal monte Misar.
8Un abisso chiama l'abisso al fragore delle tue cascate;
tutti i tuoi flutti e le tue onde
sopra di me sono passati.

9Di giorno il Signore mi dona la sua grazia
di notte per lui innalzo il mio canto:
la mia preghiera al Dio vivente.
10Dirò a Dio, mia difesa:
"Perché mi hai dimenticato?
Perché triste me ne vado, oppresso dal nemico?".
11Per l'insulto dei miei avversari
sono infrante le mie ossa;
essi dicono a me tutto il giorno: "Dov'è il tuo Dio?".

12Perché ti rattristi, anima mia,
perché su di me gemi?
Spera in Dio: ancora potrò lodarlo,
lui, salvezza del mio volto e mio Dio.


Salmi 58

1'Al maestro del coro. Su "Non distruggere".'
'Di Davide. Miktam.'

2Rendete veramente giustizia o potenti,
giudicate con rettitudine gli uomini?
3Voi tramate iniquità con il cuore,
sulla terra le vostre mani preparano violenze.

4Sono traviati gli empi fin dal seno materno,
si pervertono fin dal grembo gli operatori di menzogna.
5Sono velenosi come il serpente,
come vipera sorda che si tura le orecchie
6per non udire la voce dell'incantatore,
del mago che incanta abilmente.

7Spezzagli, o Dio, i denti nella bocca,
rompi, o Signore, le mascelle dei leoni.
8Si dissolvano come acqua che si disperde,
come erba calpestata inaridiscano.

9Passino come lumaca che si discioglie,
come aborto di donna che non vede il sole.
10Prima che le vostre caldaie sentano i pruni,
vivi li travolga il turbine.
11Il giusto godrà nel vedere la vendetta,
laverà i piedi nel sangue degli empi.
12Gli uomini diranno: "C'è un premio per il giusto,
c'è Dio che fa giustizia sulla terra!".


Geremia 36

1Nel quarto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, questa parola fu rivolta a Geremia da parte del Signore:2"Prendi un rotolo da scrivere e scrivici tutte le cose che ti ho detto riguardo a Gerusalemme, a Giuda e a tutte le nazioni, da quando cominciai a parlarti dal tempo di Giosia fino ad oggi.3Forse quelli della casa di Giuda, sentendo tutto il male che mi propongo di fare loro, abbandoneranno ciascuno la sua condotta perversa e allora perdonerò le loro iniquità e i loro peccati".
4Geremia chiamò Baruc figlio di Neria e Baruc scrisse, sotto la dettatura di Geremia, tutte le cose che il Signore gli aveva detto su un rotolo per scrivere.5Quindi Geremia ordinò a Baruc: "Io ne sono impedito e non posso andare nel tempio del Signore.6Andrai dunque tu a leggere, nel rotolo che hai scritto sotto la mia dettatura, le parole del Signore, facendole udire al popolo nel tempio del Signore in un giorno di digiuno; le leggerai anche ad alta voce a tutti quelli di Giuda che vengono dalle loro città.7Forse si umilieranno con suppliche dinanzi al Signore e abbandoneranno ciascuno la sua condotta perversa, perché grande è l'ira e il furore che il Signore ha espresso verso questo popolo".
8Baruc figlio di Neria fece quanto gli aveva comandato il profeta Geremia, leggendo sul rotolo le parole del Signore nel tempio.
9Nel quinto anno di Ioiakìm figlio di Giosia, re di Giuda, nel nono mese, fu indetto un digiuno davanti al Signore per tutto il popolo di Gerusalemme e per tutto il popolo che era venuto dalle città di Giuda a Gerusalemme.10Baruc dunque lesse nel libro facendo udire a tutto il popolo le parole di Geremia, nel tempio del Signore, nella stanza di Ghemarià, figlio di Safàn lo scriba, nel cortile superiore presso l'ingresso della Porta Nuova del tempio del Signore.11Michea figlio di Ghemarià, figlio di Safàn, udite tutte le parole del Signore lette dal libro,12scese alla reggia nella stanza dello scriba; ed ecco là si trovavano in seduta tutti i capi dignitari: Elisamà lo scriba e Delaià figlio di Semaià, Elnatàn figlio di Acbòr, Ghemarià figlio di Safàn, e Sedecìa figlio di Anania, insieme con tutti i capi.13Michea riferì loro tutte le parole che aveva udite quando Baruc leggeva nel libro al popolo in ascolto.
14Allora tutti i capi inviarono da Baruc Iudi figlio di Natania, figlio di Selemia, figlio dell'Etiope, per dirgli: "Prendi nelle mani il rotolo che leggevi ad alta voce al popolo e vieni".
Baruc figlio di Neria prese il rotolo in mano e si recò da loro.15Ed essi gli dissero: "Siedi e leggi davanti a noi". Baruc lesse davanti a loro.
16Allora, quando udirono tutte quelle parole, ebbero paura e si dissero l'un l'altro: "Dobbiamo senz'altro riferire al re tutte queste parole".17Poi interrogarono Baruc: "Dicci come hai fatto a scrivere tutte queste parole".18Baruc rispose: "Di sua bocca Geremia mi dettava tutte queste parole e io le scrivevo nel libro con l'inchiostro".
19I capi dissero a Baruc: "Va' e nasconditi insieme con Geremia; nessuno sappia dove siete".20Essi poi si recarono dal re nell'appartamento interno, dopo aver riposto il rotolo nella stanza di Elisamà lo scriba, e riferirono al re tutte queste cose.

21Allora il re mandò Iudi a prendere il rotolo. Iudi lo prese dalla stanza di Elisamà lo scriba e lo lesse davanti al re e a tutti i capi che stavano presso il re.22Il re sedeva nel palazzo d'inverno - si era al nono mese - con un braciere acceso davanti.
23Ora, quando Iudi aveva letto tre o quattro colonne, il re le lacerava con il temperino da scriba e le gettava nel fuoco sul braciere, finché non fu distrutto l'intero rotolo nel fuoco che era sul braciere.24Il re e tutti i suoi ministri non tremarono né si strapparono le vesti all'udire tutte quelle cose.25Eppure Elnatàn, Delaià e Ghemarià avevano supplicato il re di non bruciare il rotolo, ma egli non diede loro ascolto.26Anzi ordinò a Ieracmeèl, un principe regale, a Seraià figlio di Azrièl e a Selemia figlio di Abdeèl, di arrestare Baruc lo scriba e il profeta Geremia, ma il Signore li aveva nascosti.
27Questa parola del Signore fu rivolta a Geremia dopo che il re ebbe bruciato il rotolo con le parole che Baruc aveva scritte sotto la dettatura di Geremia:28Prendi di nuovo un rotolo e scrivici tutte le parole di prima, che erano nel primo rotolo bruciato da Ioiakìm re di Giuda.29Contro Ioiakìm re di Giuda dichiarerai: "Dice il Signore: Hai bruciato quel rotolo, dicendo: Perché vi hai scritto queste parole: Certo verrà il re di Babilonia e devasterà questo paese e farà scomparire da esso uomini e bestie?30Per questo dice il Signore contro Ioiakìm re di Giuda: Egli non avrà un erede sul trono di Davide; il suo cadavere sarà esposto al calore del giorno e al freddo della notte.31Io punirò lui, la sua discendenza e i suoi ministri per le loro iniquità e manderò su di loro, sugli abitanti di Gerusalemme e sugli uomini di Giuda, tutto il male che ho minacciato, senza che mi abbiano dato ascolto".
32Geremia prese un altro rotolo e lo consegnò a Baruc figlio di Neria, lo scriba, il quale vi scrisse, sotto la dettatura di Geremia, tutte le parole del libro che Ioiakìm re di Giuda aveva bruciato nel fuoco; inoltre vi furono aggiunte molte parole simili a quelle.


Lettera agli Ebrei 7

1Questo 'Melchìsedek' infatti, 're di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dalla sconfitta dei re' e 'lo benedisse';2'a lui Abramo' diede 'la decima di ogni cosa'; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche 're di Salem', cioè re di pace.3Egli è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno.

4Considerate pertanto quanto sia grande costui, al quale Abramo, il patriarca, diede la decima del suo bottino.5In verità anche quelli dei figli di Levi, che assumono il sacerdozio, hanno il mandato di riscuotere, secondo la legge, la decima dal popolo, cioè dai loro fratelli, essi pure discendenti da Abramo.6Egli invece, che non era della loro stirpe, prese la decima da Abramo e benedisse colui che era depositario della promessa.7Ora, senza dubbio, è l'inferiore che è benedetto dal superiore.8Inoltre, qui riscuotono le decime uomini mortali; là invece le riscuote uno di cui si attesta che vive.9Anzi si può dire che lo stesso Levi, che pur riceve le decime, ha versato la sua decima in Abramo:10egli si trovava infatti ancora nei lombi del suo antenato quando 'gli venne incontro Melchìsedek'.

11Or dunque, se la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico - sotto di esso il popolo ha ricevuto la legge - che bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote 'alla maniera di Melchìsedek', e non invece 'alla maniera' di Aronne?12Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge.13Questo si dice di chi è appartenuto a un'altra tribù, della quale nessuno mai fu addetto all'altare.14È noto infatti che il Signore nostro è germogliato da Giuda e di questa tribù Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio.

15Ciò risulta ancor più evidente dal momento che, 'a somiglianza di Melchìsedek', sorge un altro 'sacerdote',16che non è diventato tale per ragione di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile.17Gli è resa infatti questa testimonianza:

'Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchìsedek'.

18Si ha così l'abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità -19la legge infatti non ha portato nulla alla perfezione - e si ha invece l'introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale ci avviciniamo a Dio.

20Inoltre ciò non avvenne senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento;21 costui al contrario con un giuramento di colui che gli ha detto:

'Il Signore ha giurato e non si pentirà:
tu sei sacerdote per sempre'.

22Per questo, Gesù è diventato garante di un'alleanza migliore.
23Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo;24egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.25Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore.

26Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli;27egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso.28La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti all'umana debolezza, ma la parola del giuramento, posteriore alla legge, costituisce il Figlio che è stato reso perfetto in eterno.


Capitolo VIII: L’offerta di Cristo sulla croce e la donazione di noi stessi

Leggilo nella Biblioteca

Parola del Diletto

Con le braccia stese sulla croce, tutto nudo il corpo, io offersi liberamente me stesso a Dio Padre, per i tuoi peccati, cosicché nulla fosse in me che non si trasformasse in sacrificio, per placare Iddio. Allo stesso modo anche tu devi offrire a me volontariamente te stesso, con tutte le tue forze e con tutto il tuo slancio, dal più profondo del cuore, in oblazione pura e santa. Che cosa posso io desiderare da te più di questo, che tu cerchi di offrirti a me interamente? Qualunque cosa tu mi dia, fuor che te stesso, l'ho per un nulla, perché io non cerco il tuo dono, ma te. Come non ti basterebbe avere tutto, all'infuori di me, così neppure a me potrebbe piacere qualunque cosa tu mi dessi, senza l'offerta di te. Offriti a me; da te stesso totalmente a Dio: così l'oblazione sarà gradita. Ecco, io mi offersi tutto al Padre, per te; diedi persino tutto il mio corpo e il mio sangue in cibo, perché io potessi essere tutto tuo e perché tu fossi sempre con me. Se tu, invece, resterai chiuso in te, senza offrire volontariamente te stesso secondo la mia volontà, l'offerta non sarebbe piena e la nostra unione non sarebbe perfetta. Perché, se vuoi giungere alla vera libertà e avere la mia grazia, ogni tuo atto deve essere preceduto dalla piena offerta di te stesso nelle mani di Dio. Proprio per questo sono così pochi coloro che raggiungono la luce e l'interiore libertà, perché non sanno rinnegare totalmente se stessi. Immutabili sono le mie parole: se uno non avrà rinunciato a "tutto, non potrà essere mio discepolo" (Lc 14,33). Tu, dunque, se vuoi essere mio discepolo, offriti a me con tutto il cuore.


DISCORSO 145 SULLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (16, 24): " FINORA NON AVETE CHIESTO NULLA NEL MIO NOME " E DALLE PAROLE DI LUCA (10, 17. 20): " SIGNORE, ANCHE I DEMONI SI SOTTOMETTONO A NOI NEL TUO NOME "

Discorsi - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca

Il passo di Giovanni come va collegato con le parole di Luca.

1. Durante la lettura del Vangelo abbiamo ascoltato qualcosa che in qualche modo debba veramente determinare ogni anima a farsi zelante nel cercare di ottenere, non a venir meno. Infatti chi non riceve incitamento, neppure si cambia. Ma c'è un muoversi che comporta pericolo; di esso è stato scritto: Non permettere passi falsi ai miei piedi 1. Ma ben altra è la motivazione di chi domanda, di chi bussa, di chi chiede. Tutti, quindi, abbiamo ascoltato ciò che è stato letto: ritengo però che non tutti abbiamo capito. Richiama alla memoria quello che insieme a me dovete domandare, che, insieme a me, dovete chiedere, per cui insieme a me dovete bussare per ottenerlo. Intervenga infatti, come speriamo, la grazia del Signore, perché anch'io meriti di ricevere mentre sono intento a provvedere a voi. Che significa ciò che ora abbiamo ascoltato detto dal Signore ai suoi discepoli: Finora non avete chiesto nulla nel mio nome? 2 Non si rivolga a quei discepoli che aveva inviato con il potere da lui conferito di predicare il Vangelo e di compiere miracoli, e se ne ritornarono pieni di gioia e gli dissero: Signore, anche i dèmoni si sottomettono a noi nel mio nome? 3 Voi riconoscete, voi ricordate quanto ho ripresentato dal Vangelo verace in ogni passo e in ogni affermazione, in nessun caso falso, in nessun caso fallace. Come può essere vero allora sia: Finora non avete chiesto nulla nel mio nome, e sia: Signore, anche i dèmoni si sottomettono a noi nel tuo nome? Sollecita certo lo spirito alla conoscenza del misterioso significato di tale questione. Perciò, chiediamo, domandiamo, bussiamo. Solleciti questo, in noi, una pietà piena di fede, non l'irrequietezza della carne, ma la sottomissione della mente, così che ci apra colui che ci vede intenti a bussare.

A chi è portato dal timore si cela la bontà di Dio che si rivela a coloro che hanno speranza.

2. Perciò, state pronti, cioè, sospinti dal vivo desiderio, a ricevere quello che Dio concede da somministrarvi; senza dubbio gusterete con il palato sano del cuore quello che avrò detto, che vi si presenta dalla dispensa divina. Il Signore Gesù sapeva di che potesse essere appagata l'anima dell'uomo, vale a dire l'anima razionale, fatta ad immagine di Dio, come di lui stesso essa si sazi. Conosceva questo, e sapeva che quella era ancora priva di tale pienezza. Conosceva di essere attingibile, conosceva di essere inafferrabile. Sapeva che cosa in lui si manifestasse, che cosa fosse imperscrutabile. Gli era noto: Quanto è grande - dice il Salmo - la profusione della tua bontà, o Signore; tu l'hai nascosta a quanti sono portati dal timore, ma ne hai ricolmato coloro che si rifugiano in te 4. A quanti sono portati dal timore hai nascosto la tua bontà che è grande e si effonde largamente. Se a questi timorosi ti nascondi, a chi apri? Hai ricolmato coloro che si rifugiano in te. La questione nel suo affacciarsi presenta due applicazioni diverse, ma l'una delle due ha soluzione dall'altra. La seconda se alcuno vuol saperlo; che significa questo: L'hai nascosta a quanti sono portati dal timore, ma ne hai ricolmato coloro che si rifugiano in te? Alcuni temono, altri sperano? I timorati di Dio non sono quelli stessi che sperano in lui? Chi è che spera in lui, chi non lo teme? Chi è nel santo timore di Dio che, ad un tempo, non abbia speranza in lui? Perciò sia risolta primamente questa applicazione. Voglio dire qualcosa a proposito di chi spera e di chi teme.

Il timore sotto la Legge, la speranza sotto la grazia.

3. La legge esige il timore, la speranza si deve alla grazia. Ma che differenza c'è fra la legge e la grazia dal momento che è unico il datore e della legge e della grazia? La legge incute timore in chi presume di se stesso, la grazia sostiene chi ripone la speranza in Dio. La legge, ripeto, incute timore; non trascurare l'asserto perché è breve; soppesatelo, e risulta di grande importanza. Fate attenzione a quello che ho detto, prendete ciò che vi presentiamo, riconoscete da chi lo assumiamo. La legge incute timore in chi presume di se stesso, la grazia sostiene chi ripone la speranza in Dio. Che dispone la legge? Molti precetti, e chi può enumerarli? Ne ripresento un solo precetto, piccolo e discreto, quello che ha ricordato l'Apostolo, insignificante; vediamo chi ce la fa a sostenerlo. Non desiderare. Come va, fratelli? Abbiamo ascoltato la legge; se non interviene la grazia, hai udito la tua condanna. Perché mi ti fai vanto, chiunque sei in ascolto di questo e presumi di te, perché mi vanti la tua innocenza? Come ti puoi lusingare di essa? Puoi dire: Non porto via la roba agli altri; lo sento, lo credo, fors'anche lo vedo pure, ma tu hai ascoltato: Non desiderare. Non mi unisco alla moglie altrui: anche questo sento, lo credo, me ne accorgo. Ma tu hai ascoltato: Non desiderare. Com'è che vai guardando in giro al di fuori di te e non ti osservi dentro? Affonda il tuo sguardo e avvertirai un'altra legge nelle tue membra. E' dentro di te che devi scrutare; perché ti sfuggi? Scendi all'interno di te. Scorgerai un'altra legge nelle tue membra che si oppone alla legge della tua mente e ti rende schiavo della legge del peccato che è nelle tue membra. A ragione ti si nasconde la bontà di Dio. Ti rende schiavo la legge posta nelle tue membra, inconciliabile con la legge della tua mente. A quella bontà che ti è nascosta attingono i santi angeli: da schiavo non puoi assuefarti alla bontà e goderne. Non conoscevi la concupiscenza se la legge non avesse detto: Non desiderare. Hai ascoltato, sei stato preso dal timore; hai provato a reagire, non sei riuscito a prevalere. Infatti, presa occasione dal comandamento, il peccato ha procurato la morte. Sono parole dell'Apostolo, lo riconoscete di certo: Presa occasione dal comandamento, il peccato ha suscitato in me ogni sorta di desideri 5. Di che menavi vanto in superbia? Ecco, l'avversario ti vince con le tue stesse armi. Tu certamente desideravi un comandamento che consolidasse la tua posizione; ecco che nel comandamento il nemico ha trovato occasione per inserirsi. Infatti, presa occasione del comandamento, il peccato - dice - mi ha tratto in inganno e, per mezzo di esso, mi ha ucciso. Che vuol dire ciò che è detto: Il nemico ti vince con le tue stesse armi? Ascolta il medesimo Apostolo che prosegue dicendo: Pertanto la legge è certamente santa e santo e giusto e buono il comandamento. Rispondi ora ai riformatori della legge; rispondi con l'autorità dell'Apostolo: La legge è santa e il comandamento è santo, è giusto, è buono. Allora ciò che è bene è diventato morte per me? No davvero; ma il peccato, per rivelarsi peccato, mi ha dato la morte servendosi del bene 6. Da che questo, se non dal fatto che, ricevuto il comandamento, è subentrato in te il timore, ti sei chiuso all'amore. Ti ha spaventato la sanzione, ti è mancato l'amore alla giustizia. Chi teme il castigo non si aspetta altro, se possibile, che di fare a suo piacere e di essere libero da timori. Dio proibisce l'adulterio; hai desiderato la moglie altrui, non l'avvicini, eviti l'adulterio; ne è data l'occasione, hai il tempo, il luogo, nessuno che sia testimone, tu nondimeno ti astieni; perché? Perché temi il castigo. Ma nessuno verrà a saperlo. Neppure Dio, forse? Proprio così, perché Dio sa che cosa hai intenzione di fare, tu non lo fai; davanti a Dio che appunto minaccia tremi, non hai amore per lui che ti dà i suoi precetti. Perché non commetti adulterio? Perché se lo avrai fatto sarai condannato all'inferno. Tu temi il fuoco. O se amassi la castità, non lo faresti, benché dovessi restare comunque impunito. Se Dio ti dicesse: Ecco, fa' pure, non ti condannerò, non ti manderò all'inferno, però non vedrai mai il mio volto. Se non lo facessi a motivo di tale minaccia, è per amore di Dio che non lo faresti, non per timore della condanna. Ma lo faresti, nel caso faresti appunto così, non spetta a me giudicare infatti. Interviene il soccorso della grazia, che fa i santi; se non lo fai, perché detesti la macchia dell'adulterio, perché ami chi comanda per ottenere chi promette, non perché temi chi condanna; è già frutto della grazia non farlo tuo, non attribuirlo alle tue forze. Ti astieni con soddisfazione, bene; lo fai per amore, bene; approvo, consento. La carità agisce in te quando operi di tua volontà. Se speri nel Signore, già assapori la bontà.

La carità non è da noi, ma da Dio.

4. Ma da che ti viene codesta carità? Ammesso che tu l'abbia! Io temo infatti che tu eviti il peccato perché sei tuttora nel timore, e che tu ti veda superiore. Ora, se è per amore che ti astieni, sei veramente grande. Hai la carità? La possiedo, rispondi tu. Da che cosa ti viene? Da me stesso. Se l'hai da te stesso sei lontano dal gustare la bontà. Amerai te stesso, perché amerai la fonte dalla quale ti viene. Ma io ti provo che non la possiedi. In quanto ritieni infatti che da te stesso ti viene un bene così grande, per questo non credo che la possiedi. E' certo che se tu l'avessi, sapresti da chi ti debba venire. Ti deriva da te la carità, come un qualcosa di breve durata? Se parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, saresti come un cembalo che tintinna e un bronzo che risuona. Se conoscessi tutti i misteri e avessi tutta la scienza, la pienezza della profezia e la pienezza della fede, così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, tutte queste qualità non ti potrebbero giovare. Se distribuissi tutti i tuoi averi ai poveri e dessi il tuo corpo ad essere bruciato, ma non avessi la carità, saresti un nulla 7. Quanto è grande il valore di questa carità se, nel caso sia venuta meno, a nulla giovano tutte le cose? Paragonala non alla tua fede, non alla tua scienza, non alla tua lingua; paragona la carità ai termini di confronto minori, all'occhio del tuo corpo, alla mano, al piede, al ventre, ad un qualche infimo membro; forse che ad un certo punto queste minime cose sono paragonabili alla carità? Ebbene, ricevi da Dio l'occhio e il naso, ma la carità sei tu a dartela? Se ti sei dato la carità che supera ogni cosa ti sei fatto di Dio un dappoco. Che ti può dare di più Dio? Qualsiasi cosa ti avrà dato, vale di meno. Supera tutto la carità che ti sei dato da te. Ma se la possiedi, non te la sei data da te. Che cos'hai infatti che tu non abbia ricevuto 8? Chi ha dato a me, chi ha dato a te? Dio. Riconosci chi dona perché tu non avverta chi dà la condanna. Per la fede, secondo le Scritture, Dio ci ha dato la carità, grande bene, la carità che supera tutte le cose. Dio ti ha dato: perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori; forse da te? No davvero: per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato 9.

La presunzione dell'uomo è stata annullata per mezzo della Legge, la condizione di servitù per mezzo della grazia.

5. Tornate con me a quel tale schiavo, riferiamoci insieme al mio asserto,. La legge incute timore in chi presume di se stesso, la grazia sostiene chi ripone la speranza in Dio. Osserva dunque quello schiavo. Constata nelle sue membra un'altra legge che si oppone alla legge del peccato che è nelle membra di lui. Ecco è vinto, ecco è trascinato, ecco è fatto prigioniero, ecco è assoggettato. A che gli giova: Non desiderare? Ha ascoltato: Non desiderare, perché conoscesse il nemico, non perché lo vincesse. Non conosceva infatti la concupiscenza, cioè il proprio nemico, se la legge non avesse detto: Non desiderare 10. Ora hai riconosciuto il nemico, lìberati, rivendica per te la libertà; si respinga la suggestione gradita, si soffochi il piacere illecito. Armati, hai la legge; va' avanti, vinci, se puoi. Com'è che già per un minimo di grazia di Dio ti compiaci della legge di Dio secondo l'uomo interiore? Ma avverti nelle tue membra un'altra legge che si oppone alla legge della tua mente 11; non è che si opponga e risulti impotente, ma ti rende schiavo della legge del peccato. Ecco perché a te, fondato nel timore, si nasconde quel confluire di soavi attrattive; a chi teme si nasconde, in chi ha speranza come si avvera pienamente? Oppresso dal nemico, tu grida; perché puoi contare su chi ribatte contro, hai anche chi ti assiste e ti osserva mentre reagisci agli attacchi e, fiaccato, ti sostiene, purché egli trovi chi è animato dalla speranza; infatti detesta chi è portato dalla superbia. In servitù, che gridi allora? Sono uno sventurato. Già per aver gridato qualcosa vi si mostra. Questo sia il vostro grido, quando durante la fatica in servitù, dite, dite nel profondo del cuore, dite con retta fede: Sono uno sventurato. Io sventurato, sventurato per essere io. Sono uno sventurato, e per essere uomo, e per essere io. Si turba invano infatti. Sebbene l'uomo sia appunto come ombra che passa 12. Sono uno sventurato; chi mi libererà da questo corpo di morte? 13 Tu, forse? Dove sono le tue forze, dov'è la tua presunzione? E' certo che gridi e ti astieni [dal male]; ti astieni, ma ti astieni dall'esaltare te, non dall'invocare da Dio. Astieniti e grida. Perché anche Dio stesso si astiene e grida; si astiene, in quanto giudice, dal giudizio, non si astiene, in quanto datore della legge; anche tu così: astieniti dall'orgoglio, non dalla supplica, perché Dio non ti dica: Ho taciuto, tacerò forse sempre? 14 Perciò grida forte: Sono uno sventurato. Riconosciti vinto, mortifica le tue forze e di': Sono uno sventurato. Chi mi libererà da questo corpo di morte? Che cosa aveva esposto? La legge incute timore in chi presume di se stesso. Ecco l'uomo che presumeva di sé, ha provato a lottare, non è riuscito a vincere; è stato vinto, è stato atterrato, è stato soggiogato, è stato reso schiavo. Ha imparato ad attenersi a Dio e chi dalla legge attinse timore e si credeva sicuro delle proprie forze, si recupera all'aiuto della grazia collocando la sua speranza in Dio. Lo dice con ferma convinzione: Chi mi libererà da questo corpo di morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo Signore nostro 15. Senti ormai la soave attrattiva: gustala, ti sia saporosa; ascolta il Salmo: Gustate e vedete come è buono il Signore 16. Ti è divenuto dolcezza perché ti ha liberato. Quando eri sicuro di te sei stato amaro a te stesso. Bevi la dolcezza, ricevi il pegno di una smisurata riserva.

I discepoli sotto la Legge non sono ancora liberi da desideri. Un nulla chiedono se si attendono beni temporali.

6. Così i discepoli del Signore nostro Gesù Cristo avevano ancora bisogno, sotto la legge, di essere purificati, di essere nutriti, di essere corretti, di essere guidati. Avevano ancora desideri infatti, quantunque la legge dica: Non desiderare 17. Sia detto con licenza loro, dei santi arieti, guide del gregge; sia detto con licenza loro, perché dico la verità; parla il Vangelo. Mettevano in discussione chi di loro fosse il maggiore 18; e, quando ancora il Signore dimorava sulla terra, si agitavano disputandosi il primo posto. Da che questo, se non dal vecchio lievito? Da che questo, se non dalla legge che è nelle membra e che si oppone alla legge della mente? Aspiravano al primo posto. In realtà avevano ambizione; pensavano chi fosse il più grande; per quanto il loro desiderio di dominio è smontato dall'esempio del bambino. Gesù chiama a sé chi ha un'età senza importanza per reprimere una boriosa ambizione 19. A ragione perciò, anche quando furono di ritorno e dissero: Signore, ecco i dèmoni si sottomettono a noi nel tuo nome. (Si rallegravano di un nulla: per quanto fosse, che era in paragone a quello che Dio prometteva?). Allora il Signore, il Maestro buono, quietando il timore, assicurando una base alla fermezza morale, replicò loro: Non rallegratevi del fatto che i dèmoni vi sono soggetti 20. Perché questo? Perché molti verranno nel mio nome e diranno: Ecco, abbiamo cacciato dèmoni nel tuo nome; e io dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti 21. Non rallegratevi di questo, ma rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli 22. Non potete ancora trovarvi là, e tuttavia già vi siete scritti. Rallegratevi, dunque. E quel detto: Finora non avete chiesto nulla nel mio nome 23. Ciò che avete chiesto è infatti un nulla a paragone di ciò che voglio dare. Che avete chiesto appunto nel mio nome? Che i dèmoni vi fossero sottomessi? Non rallegratevi di questo, cioè: Ciò che avete chiesto è un nulla; infatti, se fosse qualcosa, vi comanderebbe di goderne. Giacché non era un nulla assoluto, ma perché era insignificante a paragone di quella magnificenza di premi da parte di Dio. L'apostolo Paolo infatti era certamente qualcosa, eppure, a paragone di Dio: Né chi pianta, né chi irriga è qualche cosa 24. E diciamo a voi, e diciamo a noi, e a noi e voi diciamo, quanto chiediamo nel nome di Cristo di tali cose temporali. Infatti avete chiesto di certo. Giacché chi è che non chieda? Uno, se malato, chiede la salute; un altro, se è stato posto in carcere, chiede la liberazione; un altro, sulla nave si sente sbattuto e domanda il porto; un altro domanda la vittoria se è in conflitto con l'avversario; ma domanda tutto in nome di Cristo e quello che domanda è una nullità. Come bisogna pregare allora? Chiedete nel mio nome. E non ha detto che cosa, ma dalle parole veniamo a conoscere che dobbiamo chiedere. Chiedete e riceverete così che la vostra gioia sia piena 25. Chiedete e riceverete nel mio nome. Ma che cosa? Non un nulla: che cosa invece? Che la vostra gioia sia piena; cioè chiedete quello che vi possa appagare. Poiché quando chiedete beni temporali, chiedete un nulla; chi beve di quest'acqua ha di nuovo sete 26. Fa scendere la brocca nel pozzo dell'avidità, tira su di che bere per aver sete di nuovo. Chiedete perché la vostra gioia sia piena, cioè per essere saziati, non perché ne godiate temporaneamente. Chiedete ciò che vi basti; ripetete l'espressione di Filippo: Signore, mostraci il Padre e ci basta 27. Vi risponde il Signore: Da tanto tempo sono con voi e non mi conoscete? Filippo, chi vede me vede anche il Padre 28. Pertanto rendete grazie a Cristo che si dà pensiero di voi deboli, e disponete il palato ad essere saziato della divinità di Cristo. Rivolti al Signore...

1 - Sal 65, 9.

2 - Gv 16, 24.

3 - Lc 10, 17.

4 - Sal 30, 20.

5 - Gv 7, 11.

6 - Rm 7, 7-13. 23.

7 - Cf. 1 Cor 13, 1-3.

8 - 1 Cor 4, 7.

9 - Rm 5, 5.

10 - Gv 7, 7.

11 - Gv 7, 23.

12 - Cf. Sal 38, 7.

13 - Gv 7, 22.

14 - Is 42, 14.

15 - Rm 7, 22-25.

16 - Sal 33, 9.

17 - Es 20, 17.

18 - Cf. Lc 22, 24.

19 - Mc 9, 33-36.

20 - Lc 10, 17.

21 - Mt 7, 22-23.

22 - Lc 10, 20.

23 - Gv 16, 24.

24 - 1 Cor 3, 7.

25 - Gv 16, 24.

26 - Cf. Gv 4, 13.

27 - Gv 14, 8.

28 - Gv 14, 9.


19 - Si narra il felicissimo e glorioso transito di Maria santissi­ma.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

732. Già si avvicinava il giorno stabilito perché la viva e vera arca dell'alleanza fosse collocata nel tempio della celeste Gerusalemme, con maggior splendore e giubilo di quello con cui la sua figura era stata fatta introdurre da Salomone nel santuario, sotto le ali dei cherubini. Tre gior­ni prima del felicissimo transito, gli apostoli e i discepoli si trovarono riuniti nella casa del cenacolo. Arrivò innan­zitutto Pietro, trasportato da un angelo che gli era appar­so a Roma e, annunciandogli che era ormai imminente la dipartita di Maria beatissima, gli aveva comandato da par­te del Salvatore di esservi presente. La sovrana del mondo stava ritirata nel suo oratorio, con le energie corporali al­quanto abbandonate a quelle dell'amore dell'Altissimo, poi­ché, essendo tanto prossima all'ultimo fine, partecipava con più efficacia delle sue qualità.

733. Ella gli andò incontro sulla porta della propria stanza e, postasi ai suoi piedi, gli domandò la benedizio­ne e proclamò: «Ringrazio e lodo l'Onnipotente per aver­mi condotto qui il mio Santo Padre, affinché mi assista nell'ora della morte». Entrò poi Paolo, e anch'egli ebbe la medesima dimostrazione di rispetto e del piacere che ave­va di vederlo. La salutarono come Madre di Dio, loro re­gina e signora di ogni realtà creata, con non meno soffe­renza che venerazione, sapendo di essere accorsi al suo fortunato trapasso. Fecero lo stesso gli altri, che giunsero dopo di loro e furono accolti con profonda sottomissione, riverenza e dolcezza. Per ordine di lei, Giovanni e Giaco­mo il Minore provvidero ad alloggiarli tutti comodamente.

734. Alcuni di essi, che erano stati accompagnati dai ministri superni ed informati del motivo della loro venu­ta, si infervorarono con immensa tenerezza considerando che sarebbero stati privati della loro unica difesa e conso­lazione, e sparsero abbondanti lacrime. Altri, invece, erano all'oscuro di tutto, giacché non avevano ricevuto un av­viso esteriore, ma solo ispirazioni interiori con un soave e forte impulso, grazie al quale avevano conosciuto che era volontà divina che si recassero immediatamente là; subito interrogarono il capo della Chiesa per essere rischiarati su quanto stava accadendo, perché giudicavano concorde­mente che se non ci fosse stata una novità non avrebbero avvertito una simile spinta, ed egli li radunò e parlò: «Miei figli e fratelli, sua Maestà ci ha chiamato e raccolto da luo­ghi così remoti per una causa grande e di nostro sommo dolore. Intende portare senza più indugio al trono della sua gloria colei che è nostra guida, nostra protezione e no­stro conforto, e ha determinato che le stiamo accanto in questo momento. Quando ascese alla destra dell'Eterno, pur restando orfani della sua adorabile vicinanza, ci fu la­sciata la Vergine come nostro rifugio e ristoro nell'esisten­za terrena; ma adesso che la nostra luce si allontana, che cosa faremo? Quale sollievo avremo? E quale speranza, che ci rincuori nel nostro pellegrinaggio? Non ne scopro altra se non quella che certamente un giorno la raggiungeremo».

735. Non riuscì a continuare, impedito dai gemiti e dai singhiozzi che non fu in grado di trattenere, e nessuno poté aprir bocca per un buono spazio di tempo, durante il qua­le tutti piansero copiosamente. Appena si fu fatto animo per riprendere il discorso, soggiunse: «Affrettiamoci ad en­trare al suo cospetto: stiamo con lei nel breve tratto di cammino che le rimane e chiediamole di concederci la sua benedizione». Lo seguirono dalla loro Maestra, che era in ginocchio su una piccola predella che teneva per reclinar­si allorché riposava un po', e la scorsero bellissima, piena di fulgore e scortata dai mille custodi.

736. Dall'età di trentatré anni non aveva subito cambia­menti nel suo corpo e nel suo volto, sacri e castissimi, né aveva sentito gli effetti della vecchiaia, né aveva avuto mai rughe, né era divenuta più debole, né era dimagrita, come suole avvenire agli altri discendenti di Adamo, che perdono vigore e si sfigurano rispetto a come erano nella gioventù o nella maturità. Questa immutabilità fu un suo privilegio sin­golare, sia perché corrispondeva alla stabilità della sua pu­rissima anima, sia perché derivò dalla sua immunità dal pec­cato originale, le cui conseguenze non arrivarono a sfiorar­la. Tutti si posero con ordine presso di lei, e Pietro e Gio­vanni si misero al capezzale. Maria, osservandoli con la sua consueta modestia e deferenza, si rivolse loro così: «Caris­simi, date licenza alla vostra ancella di manifestarvi i suoi desideri». Il principe del collegio apostolico affermò che le avrebbero prestato ogni attenzione e avrebbero adempiuto ogni suo comando, ma la invitava a sedersi; gli pareva, in­fatti, che dovesse essere assai affaticata per essere stata tan­to a lungo in tale posizione, che, se era opportuna per pre­gare, non lo era per conversare con loro.

737. Ella, che era Regina dell'umiltà e dell'obbedienza, decisa a praticare queste virtù fino alla morte e anche in quell'ora, asserì che li avrebbe ascoltati in quanto le do­mandavano e li implorò di benedirla. Con il consenso del vicario di Cristo, si genuflesse davanti a lui e dichiarò: «Si­gnore, in qualità di pastore universale, vi supplico di im­partirmi la benedizione a nome vostro e della Chiesa e di perdonarmi se vi ho poco servito nella mia vita, affinché salga a quella imperitura. Qualora sia di vostro gradimen­to, permettete che Giovanni disponga delle mie vesti, che consistono in due tuniche, donandole a delle donne pove­re che mi hanno costantemente legato a sé con la loro bontà». Quindi, prona ai suoi piedi, li baciò con fiumi di lacrime e con non minore meraviglia che commozione di tutti. Passò al prediletto e, stando abbassata, gli disse: «Scu­satemi se non ho esercitato come avrei dovuto l'incarico che il mio Unigenito mi affidò quando dalla croce nominò voi mio figlio e me vostra madre. Con ossequio e gratitu­dine vi rendo grazie per la pietà con la quale mi avete as-

sistito. Beneditemi per la mia partenza verso colui che mi ha creata, per gioire perennemente della sua compagnia».

738. Si accomiatò allo stesso modo da ciascuno degli apostoli e da alcuni discepoli, e successivamente dai nu­merosi circostanti insieme. Terminato ciò, si alzò e pro­clamò: «Siete stati ininterrotamente incisi nel mio intimo e vi ho voluto teneramente bene con l'ardore comunicato­mi dal mio Gesù, che ho sempre visto in voi come in suoi eletti e amici. Per suo beneplacito vado alle dimore cele­sti, dove vi prometto di avervi presenti nel nitidissimo chia­rore dell'Onnipotente, la cui contemplazione bramo ed at­tendo con sicurezza. Vi raccomando la comunità ecclesia­le, l'esaltazione dell'Altissimo, la propagazione del Vange­lo, la stima e l'apprezzamento degli insegnamenti del Re­dentore, la memoria delle sue opere e della sua passione e l'attuazione dei suoi precetti. Amate la Chiesa e amatevi gli uni gli altri con quel vincolo di carità e di pace che ave­te appreso dal vostro Maestro. E nelle vostre mani, o pon­tefice, rimetto Giovanni e gli altri».

739. Tacque e le sue espressioni, come dardi di fuoco di­vino, penetrarono nei cuori liquefacendoli; tutti, prorom­pendo in dimostrazioni di incontenibile dolore, si prostra­rono al suolo e con i loro singhiozzi toccarono profonda­mente la dolcissima Vergine. Anch'ella pianse, non impo­nendosi di resistere a così amari e appropriati gemiti, e poi li esortò a raccogliersi silenziosamente in orazione con lei e per lei. In tale placida quiete venne il Verbo incarnato su un trono d'ineffabile splendore, scortato da tutti i santi di natura umana e da tantissimi angeli di ogni coro, riem­piendo di luce la casa del cenacolo. L'innocentissima so­vrana delle altezze lo adorò, gli baciò i piedi e, stesa al suo cospetto, compì l'estremo atto di riconoscenza e di umiliazione della sua esistenza terrena, annientandosi e piegan­dosi sino alla polvere più quanto non abbiano mai fatto né faranno mai tutti gli uomini dopo aver peccato. Egli la be­nedisse e le parlò: «Mia carissima, che ho scelto come mia abitazione, è giunta per voi l'ora di essere introdotta nella gloria del Padre e mia, dove è preparata alla mia destra la sede di cui godrete per l'eternità. Poiché come Madre mia vi feci entrare nel mondo libera ed esente dalla colpa, nep­pure adesso che ne uscite la morte ha diritti su di voi: se non volete passare per essa, venite con me a prendere pos­sesso di quello che avete largamente meritato».

740. Con volto lieto gli rispose: «Mio Signore, vi scon­giuro che la vostra ancella acceda alla vita beata attraver­sando la porta comune della morte come gli altri discen­denti di Adamo. Voi che siete mio vero Dio la soffriste sen­za esservi obbligato ed è giusto che, come ho cercato di seguirvi nella vita, vi segua anche nella morte». Il Salva­tore approvò il suo sacrificio e affermò che si sarebbe adempiuto ciò che desiderava. Subito i ministri superni co­minciarono a intonare con sublime armonia qualche ver­setto del Cantico dei cantici e altri nuovi. Sia gli Undici e i discepoli sia molti devoti li percepirono con i sensi, ben­ché soltanto alcuni apostoli, tra i quali Giovanni, fossero illuminati in maniera singolare sulla presenza di Cristo, mentre gli altri avvertivano dentro di sé straordinari ed ef­ficaci effetti. Si diffuse una fragranza inebriante, che as­sieme alla musica si sentiva fin dalla strada; inoltre, tutti videro il mirabile fulgore che avvolgeva quel luogo e sua Maestà dispose che, affinché fosse testimone di una simi­le meraviglia, accorresse tanta gente da occupare le vie.

741. Quando udì la melodia, Maria si reclinò sulla sua predella, con la tunica come unita alla sua persona, con le mani giunte e lo sguardo fisso su suo Figlio, e completa­mente accesa nel suo fervore. Alle parole ?Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Perché, ecco, l'inverno è passato, è cessata la pioggia, se n'è andata?, ella pronunciò quelle del suo Unigenito sul duro legno: «Padre, nelle tue mani con­segno il mio spirito». Quindi, chiuse i suoi purissimi oc­chi e spirò. La malattia che le fu fatale fu l'amore, senza indisposizioni o malesseri, e il suo transito avvenne allor­ché il potere del Creatore sospese l'intervento miracoloso con cui conservava le sue forze in modo che non fossero dissolte dalle fiamme provocate dal suo ardore, permet­tendo a queste di consumare la linfa del cuore.

742. La sua candida anima lasciò il castissimo corpo e in un istante fu collocata con immenso onore accanto a Gesù. Immediatamente, le note celesti iniziarono ad al­lontanarsi nell'aria, perché quella solenne processione si avviò verso l'empireo. Il sacro corpo, che era stato tempio e tabernacolo del Dio vivente, restò pieno di radiosità e profumava al punto che coloro che lo attorniavano erano colmati di soavità interiore ed esteriore. I mille custodi del­ la Regina si fermarono a proteggere tale inestimabile te­soro, mentre i fedeli, tra lacrime di afflizione e di giubilo per i prodigi che contemplavano, rimasero per un po' di tempo come assorti e poi elevarono numerosi inni e salmi in suo ossequio. Ciò accadde di venerdì, alle tre del po­meriggio, alla stessa ora in cui aveva esalato l'ultimo re­spiro il nostro Redentore. Era il tredici agosto ed ella ave­va settant'anni, meno i ventisei giorni che intercorrono tra questa data e l'otto settembre. Dopo la crocifissione del no­stro Maestro si trattenne quaggiù ventuno anni, quattro mesi e diciannove giorni, e mori cinquantacinque anni do­po il suo parto verginale. Il calcolo si fa facilmente così: aveva quindici anni, tre mesi e diciassette giorni alla na­scita del Signore, che fu ucciso a trentatré anni e tre mesi, cioè quando ella aveva quarantotto anni, sei mesi e di­ciassette giorni; se a questi si aggiungono altri ventuno an­ni, quattro mesi e diciannove giorni, si hanno i settant'anni meno venticinque o ventisei giorni.

743. In quell'occasione si verificarono grandi portenti. Il sole si eclissò e nascose la sua luce in segno di lutto per alcune ore; parecchi uccelli di diverse specie volarono al­la casa e resero alla Principessa il loro omaggio funebre con canti di lamento e con gemiti, che suscitavano il pian­to in chiunque li ascoltava; si commosse l'intera Gerusa­lemme e molti arrivavano stupiti, confessando ad alta vo­ce la potenza dell'Eterno e la magnificenza delle sue ope­re; altri apparivano attoniti e come fuori di sé, e i credenti si struggevano tra singhiozzi e sospiri; vennero anche tan­ti infermi e furono guariti; uscirono dal purgatorio quan­ti vi si trovavano. L'evento più eccezionale riguardò un uo­mo e due donne che abitavano vicino al cenacolo, che tra­passarono insieme alla nostra sovrana in stato di peccato e senza penitenza: stavano andando alla dannazione, ma, allorché la loro causa giunse al giudizio di Cristo, la dol­cissima Madre domandò misericordia, furono restituiti al­la vita e successivamente si ravvidero e si salvarono. Que­sto dono non si estese a tutti coloro che decedettero in ta­le giorno nel mondo, bensì solo a costoro, che si spense­ro al medesimo orario nella città santa. Parlerò in un al­tro capitolo della festa che ci fu in paradiso, per non me­scolarla con il nostro cordoglio.

 

Insegnamento della Regina del cielo

744. Mia diletta, oltre a quello che hai scritto sul mio glorioso transito, intendo rivelarti ancora un privilegio che mi fu concesso. Hai già dichiarato che sua Maestà rimise alla mia elezione se morire o salire senza questa sofferenza alla visione beatifica. Qualora avessi ricusato la morte, indubbiamente ciò mi sarebbe stato accordato poiché, come in me non ebbe parte la colpa, non ne avrebbe avuta nep­pure essa, che ne fu la pena. Sarebbe successo lo stesso a mio Figlio, e a maggior ragione, se non si fosse addossato il pagare per tutti alla giustizia divina per mezzo della sua passione. Io stabilii spontaneamente di morire perché aspi­ravo ad imitarlo in questo come avevo fatto nel voler pro­vare i suoi dolori; perché, avendolo osservato spirare, traen­domi indietro non avrei soddisfatto all'amore che gli dove­vo, e avrei lasciato un considerevole vuoto nella somiglian­za e conformità che desideravo avere con lui e che egli bra­mava che io avessi con la sua umanità; perché altrimenti, non avendo più modo di compensare una simile mancanza, non avrei avuto la pienezza di godimento che posseggo.

745. Perciò la mia decisione gli fu tanto gradita e la sua benignità si compiacque tanto della mia assennatezza e del mio ardore che mi premiò subito con un favore singolare per i fedeli: tutti i miei devoti che mi avessero invocato nell'agonia, interponendomi come loro avvocata per esse­re soccorsi in memoria della mia felice dipartita e della mia scelta di ricalcare le sue orme, sarebbero stati sotto la mia speciale protezione, affinché li difendessi dal demo­nio, li assistessi e quindi li presentassi al tribunale della sua clemenza e intercedessi per loro. Ebbi allora nuova po­testà e delega, e mi fu promesso che chi in precedenza si fosse rivolto a me, venerando il mistero che stai trattando, avrebbe avuto notevoli aiuti della grazia sia per morire be­ne sia per vivere con più purezza. Dunque, da oggi ricor­dalo continuamente con intimo fervore, e benedici, celebra e loda colui che compì in me prodigi così mirabili a be­neficio mio e di tutti. Con tale zelo impegnerai il Reden­tore e me a preservarti nell'ultima lotta.

746. Giacché la morte segue la vita, e questa e quella ge­neralmente si corrispondono, la garanzia più sicura della buona morte è la buona vita, e il distaccarsi nel corso del­l'esistenza dagli affetti terreni, che alla fine affliggono e op­primono l'anima, diventando per essa come forti catene che le impediscono di avere completa libertà e di sollevarsi al di sopra di ciò che ha sempre avuto caro. Gli uomini ca­piscono differentemente questa verità e operano al contra­rio! Il Signore dà loro la vita perché si svincolino dalle con­seguenze del peccato originale e non le sentano al momento della morte, e gli ignoranti e miseri discendenti di Adamo la spendono interamente nel caricarsi di ostacoli e legami per perire schiavi delle loro passioni e tiranneggiati dal ne­mico. L'antica caduta non mi toccò, né i suoi cattivi effet­ti avevano alcun diritto sulle mie facoltà; eppure, fui co­stantemente ordinatissima, povera, virtuosa, perfetta e pri­va di affezioni a realtà del mondo, e poi sperimentai que­sta suprema libertà. Tieni fissa l'attenzione sul mio model­lo e sgombra il tuo cuore ogni giorno di più, affinché con l'avanzare degli anni tu possa trovarti più sciolta, spedita e distante dalle cose materiali per quando lo sposo ti chia­merà alle nozze, e non ti sia necessario andare a cercare inutilmente in quel frangente la libertà e la prudenza.


Novembre 1938

Beata Edvige Carboni

Pregavo il buon Gesù; d'un tratto mi si presentò un angelo e mi ferì il cuore.

Detta ferita la sento tutt' ora; è una ferita che mi fa bruciare d'amore per Gesù.