Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 14° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 2
1Gesù nacque a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode. Alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano:2"Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo".3All'udire queste parole, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme.4Riuniti tutti i sommi sacerdoti e gli scribi del popolo, s'informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Messia.5Gli risposero: "A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta:
6'E tu, Betlemme', terra di Giuda,
'non sei' davvero 'il più piccolo capoluogo di Giuda:
da te uscirà infatti un capo
che pascerà il mio popolo, Israele.'
7Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire con esattezza da loro il tempo in cui era apparsa la stella8e li inviò a Betlemme esortandoli: "Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo".
9Udite le parole del re, essi partirono. Ed ecco la stella, che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.10Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia.11Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.12Avvertiti poi in sogno di non tornare da Erode, per un'altra strada fecero ritorno al loro paese.
13Essi erano appena partiti, quando un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo".
14Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto,15dove rimase fino alla morte di Erode, perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta:
'Dall'Egitto ho chiamato il mio figlio.'
16Erode, accortosi che i Magi si erano presi gioco di lui, s'infuriò e mandò ad uccidere tutti i bambini di Betlemme e del suo territorio dai due anni in giù, corrispondenti al tempo su cui era stato informato dai Magi.17Allora si adempì quel che era stato detto per mezzo del profeta Geremia:
18'Un grido è stato udito in Rama,
un pianto e un lamento grande;
Rachele piange i suoi figli
e non vuole essere consolata, perché non sono più.'
19Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto20e gli disse: "Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va' nel paese d'Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino".21Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d'Israele.22Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea23e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nàzaret, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: "Sarà chiamato Nazareno".
Numeri 9
1Il Signore parlò ancora a Mosè nel deserto del Sinai, il primo mese del secondo anno, da quando uscirono dal paese d'Egitto, dicendo:2"Gli Israeliti celebreranno la pasqua nel tempo stabilito.3La celebrerete nel tempo stabilito, il quattordici di questo mese tra le due sere; la celebrerete secondo tutte le leggi e secondo tutte le prescrizioni e le usanze".4Mosè parlò agli Israeliti perché celebrassero la pasqua.5Essi celebrarono la pasqua il quattordici del mese al tramonto, nel deserto del Sinai; gli Israeliti agirono secondo tutti gli ordini che il Signore aveva dato a Mosè.
6Ora vi erano alcuni uomini che essendo immondi per aver toccato un morto, non potevano celebrare la pasqua in quel giorno. Si presentarono in quello stesso giorno davanti a Mosè e davanti ad Aronne;7quegli uomini dissero a Mosè: "Noi siamo immondi per aver toccato un cadavere; perché dovremo essere impediti di presentare l'offerta del Signore, al tempo stabilito, in mezzo agli Israeliti?".8Mosè rispose loro: "Aspettate e sentirò quello che il Signore ordinerà a vostro riguardo".9Il Signore disse a Mosè:10"Parla agli Israeliti e ordina loro: Se uno di voi o dei vostri discendenti sarà immondo per il contatto con un cadavere o sarà lontano in viaggio, potrà ugualmente celebrare la pasqua in onore del Signore.11La celebreranno il quattordici del secondo mese al tramonto; mangeranno la vittima pasquale con pane azzimo e con erbe amare;12non ne serberanno alcun resto fino al mattino e non ne spezzeranno alcun osso. La celebreranno secondo tutte le leggi della pasqua.13Ma chi è mondo e non è in viaggio, se si astiene dal celebrare la pasqua, sarà eliminato dal suo popolo; perché non ha presentato l'offerta al Signore nel tempo stabilito, quell'uomo porterà la pena del suo peccato.14Se uno straniero che soggiorna in mezzo a voi celebra la pasqua del Signore, si conformerà alle leggi e alle prescrizioni della pasqua. Avrete un'unica legge per lo straniero e per il nativo del paese".
15Nel giorno in cui la Dimora fu eretta, la nube coprì la Dimora, ossia la tenda della testimonianza; alla sera essa aveva sulla Dimora l'aspetto di un fuoco che durava fino alla mattina.16Così avveniva sempre: la nube copriva la Dimora e di notte aveva l'aspetto del fuoco.17Tutte le volte che la nube si alzava sopra la tenda, gli Israeliti si mettevano in cammino; dove la nuvola si fermava, in quel luogo gli Israeliti si accampavano.18Gli Israeliti si mettevano in cammino per ordine del Signore e per ordine del Signore si accampavano; rimanevano accampati finché la nube restava sulla Dimora.19Quando la nube rimaneva per molti giorni sulla Dimora, gli Israeliti osservavano la prescrizione del Signore e non partivano.20Se la nube rimaneva pochi giorni sulla Dimora, per ordine del Signore rimanevano accampati e per ordine del Signore levavano il campo.21Se la nube si fermava dalla sera alla mattina e si alzava la mattina, subito riprendevano il cammino; o se dopo un giorno e una notte la nube si alzava, allora riprendevano il cammino.22Se la nube rimaneva ferma sulla Dimora due giorni o un mese o un anno, gli Israeliti rimanevano accampati e non partivano: ma quando si alzava, levavano il campo.23Per ordine del Signore si accampavano e per ordine del Signore levavano il campo; osservavano le prescrizioni del Signore, secondo l'ordine dato dal Signore per mezzo di Mosè.
Salmi 119
1Alleluia.
Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.
17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.
33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.
41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.
49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.
65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.
73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.
81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?
85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.
89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.
97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.
105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.
113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.
121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.
125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.
129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.
137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.
145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.
153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.
161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.
169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.
Salmi 119
1Alleluia.
Alef. Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
2Beato chi è fedele ai suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
3Non commette ingiustizie,
cammina per le sue vie.
4Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
5Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti.
6Allora non dovrò arrossire
se avrò obbedito ai tuoi comandi.
7Ti loderò con cuore sincero
quando avrò appreso le tue giuste sentenze.
8Voglio osservare i tuoi decreti:
non abbandonarmi mai.
9Bet. Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Custodendo le tue parole.
10Con tutto il cuore ti cerco:
non farmi deviare dai tuoi precetti.
11Conservo nel cuore le tue parole
per non offenderti con il peccato.
12Benedetto sei tu, Signore;
mostrami il tuo volere.
13Con le mie labbra ho enumerato
tutti i giudizi della tua bocca.
14Nel seguire i tuoi ordini è la mia gioia
più che in ogni altro bene.
15Voglio meditare i tuoi comandamenti,
considerare le tue vie.
16Nella tua volontà è la mia gioia;
mai dimenticherò la tua parola.
17Ghimel. Sii buono con il tuo servo e avrò vita,
custodirò la tua parola.
18Aprimi gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge.
19Io sono straniero sulla terra,
non nascondermi i tuoi comandi.
20Io mi consumo nel desiderio
dei tuoi precetti in ogni tempo.
21Tu minacci gli orgogliosi;
maledetto chi devìa dai tuoi decreti.
22Allontana da me vergogna e disprezzo,
perché ho osservato le tue leggi.
23Siedono i potenti, mi calunniano,
ma il tuo servo medita i tuoi decreti.
24Anche i tuoi ordini sono la mia gioia,
miei consiglieri i tuoi precetti.
25Dalet. Io sono prostrato nella polvere;
dammi vita secondo la tua parola.
26Ti ho manifestato le mie vie e mi hai risposto;
insegnami i tuoi voleri.
27Fammi conoscere la via dei tuoi precetti
e mediterò i tuoi prodigi.
28Io piango nella tristezza;
sollevami secondo la tua promessa.
29Tieni lontana da me la via della menzogna,
fammi dono della tua legge.
30Ho scelto la via della giustizia,
mi sono proposto i tuoi giudizi.
31Ho aderito ai tuoi insegnamenti, Signore,
che io non resti confuso.
32Corro per la via dei tuoi comandamenti,
perché hai dilatato il mio cuore.
33He. Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la seguirò sino alla fine.
34Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore.
35Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
perché in esso è la mia gioia.
36Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
e non verso la sete del guadagno.
37Distogli i miei occhi dalle cose vane,
fammi vivere sulla tua via.
38Con il tuo servo sii fedele alla parola
che hai data, perché ti si tema.
39Allontana l'insulto che mi sgomenta,
poiché i tuoi giudizi sono buoni.
40Ecco, desidero i tuoi comandamenti;
per la tua giustizia fammi vivere.
41Vau. Venga a me, Signore, la tua grazia,
la tua salvezza secondo la tua promessa;
42a chi mi insulta darò una risposta,
perché ho fiducia nella tua parola.
43Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera,
perché confido nei tuoi giudizi.
44Custodirò la tua legge per sempre,
nei secoli, in eterno.
45Sarò sicuro nel mio cammino,
perché ho ricercato i tuoi voleri.
46Davanti ai re parlerò della tua alleanza
senza temere la vergogna.
47Gioirò per i tuoi comandi
che ho amati.
48Alzerò le mani ai tuoi precetti che amo,
mediterò le tue leggi.
49Zain. Ricorda la promessa fatta al tuo servo,
con la quale mi hai dato speranza.
50Questo mi consola nella miseria:
la tua parola mi fa vivere.
51I superbi mi insultano aspramente,
ma non devìo dalla tua legge.
52Ricordo i tuoi giudizi di un tempo, Signore,
e ne sono consolato.
53M'ha preso lo sdegno contro gli empi
che abbandonano la tua legge.
54Sono canti per me i tuoi precetti,
nella terra del mio pellegrinaggio.
55Ricordo il tuo nome lungo la notte
e osservo la tua legge, Signore.
56Tutto questo mi accade
perché ho custodito i tuoi precetti.
57Het. La mia sorte, ho detto, Signore,
è custodire le tue parole.
58Con tutto il cuore ti ho supplicato,
fammi grazia secondo la tua promessa.
59Ho scrutato le mie vie,
ho rivolto i miei passi verso i tuoi comandamenti.
60Sono pronto e non voglio tardare
a custodire i tuoi decreti.
61I lacci degli empi mi hanno avvinto,
ma non ho dimenticato la tua legge.
62Nel cuore della notte mi alzo a renderti lode
per i tuoi giusti decreti.
63Sono amico di coloro che ti sono fedeli
e osservano i tuoi precetti.
64Del tuo amore, Signore, è piena la terra;
insegnami il tuo volere.
65Tet. Hai fatto il bene al tuo servo, Signore,
secondo la tua parola.
66Insegnami il senno e la saggezza,
perché ho fiducia nei tuoi comandamenti.
67Prima di essere umiliato andavo errando,
ma ora osservo la tua parola.
68Tu sei buono e fai il bene,
insegnami i tuoi decreti.
69Mi hanno calunniato gli insolenti,
ma io con tutto il cuore osservo i tuoi precetti.
70Torpido come il grasso è il loro cuore,
ma io mi diletto della tua legge.
71Bene per me se sono stato umiliato,
perché impari ad obbedirti.
72La legge della tua bocca mi è preziosa
più di mille pezzi d'oro e d'argento.
73Iod. Le tue mani mi hanno fatto e plasmato;
fammi capire e imparerò i tuoi comandi.
74I tuoi fedeli al vedermi avranno gioia,
perché ho sperato nella tua parola.
75Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi
e con ragione mi hai umiliato.
76Mi consoli la tua grazia,
secondo la tua promessa al tuo servo.
77Venga su di me la tua misericordia e avrò vita,
poiché la tua legge è la mia gioia.
78Siano confusi i superbi che a torto mi opprimono;
io mediterò la tua legge.
79Si volgano a me i tuoi fedeli
e quelli che conoscono i tuoi insegnamenti.
80Sia il mio cuore integro nei tuoi precetti,
perché non resti confuso.
81Caf. Mi consumo nell'attesa della tua salvezza,
spero nella tua parola.
82Si consumano i miei occhi dietro la tua promessa,
mentre dico: "Quando mi darai conforto?".
83Io sono come un otre esposto al fumo,
ma non dimentico i tuoi insegnamenti.
84Quanti saranno i giorni del tuo servo?
Quando farai giustizia dei miei persecutori?
85Mi hanno scavato fosse gli insolenti
che non seguono la tua legge.
86Verità sono tutti i tuoi comandi;
a torto mi perseguitano: vieni in mio aiuto.
87Per poco non mi hanno bandito dalla terra,
ma io non ho abbandonato i tuoi precetti.
88Secondo il tuo amore fammi vivere
e osserverò le parole della tua bocca.
89Lamed. La tua parola, Signore,
è stabile come il cielo.
90La tua fedeltà dura per ogni generazione;
hai fondato la terra ed essa è salda.
91Per tuo decreto tutto sussiste fino ad oggi,
perché ogni cosa è al tuo servizio.
92Se la tua legge non fosse la mia gioia,
sarei perito nella mia miseria.
93Mai dimenticherò i tuoi precetti:
per essi mi fai vivere.
94Io sono tuo: salvami,
perché ho cercato il tuo volere.
95Gli empi mi insidiano per rovinarmi,
ma io medito i tuoi insegnamenti.
96Di ogni cosa perfetta ho visto il limite,
ma la tua legge non ha confini.
97Mem. Quanto amo la tua legge, Signore;
tutto il giorno la vado meditando.
98Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici,
perché sempre mi accompagna.
99Sono più saggio di tutti i miei maestri,
perché medito i tuoi insegnamenti.
100Ho più senno degli anziani,
perché osservo i tuoi precetti.
101Tengo lontano i miei passi da ogni via di male,
per custodire la tua parola.
102Non mi allontano dai tuoi giudizi,
perché sei tu ad istruirmi.
103Quanto sono dolci al mio palato le tue parole:
più del miele per la mia bocca.
104Dai tuoi decreti ricevo intelligenza,
per questo odio ogni via di menzogna.
105Nun. Lampada per i miei passi è la tua parola,
luce sul mio cammino.
106Ho giurato, e lo confermo,
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
107Sono stanco di soffrire, Signore,
dammi vita secondo la tua parola.
108Signore, gradisci le offerte delle mie labbra,
insegnami i tuoi giudizi.
109La mia vita è sempre in pericolo,
ma non dimentico la tua legge.
110Gli empi mi hanno teso i loro lacci,
ma non ho deviato dai tuoi precetti.
111Mia eredità per sempre sono i tuoi insegnamenti,
sono essi la gioia del mio cuore.
112Ho piegato il mio cuore ai tuoi comandamenti,
in essi è la mia ricompensa per sempre.
113Samech. Detesto gli animi incostanti,
io amo la tua legge.
114Tu sei mio rifugio e mio scudo,
spero nella tua parola.
115Allontanatevi da me o malvagi,
osserverò i precetti del mio Dio.
116Sostienimi secondo la tua parola e avrò vita,
non deludermi nella mia speranza.
117Sii tu il mio aiuto e sarò salvo,
gioirò sempre nei tuoi precetti.
118Tu disprezzi chi abbandona i tuoi decreti,
perché la sua astuzia è fallace.
119Consideri scorie tutti gli empi della terra,
perciò amo i tuoi insegnamenti.
120Tu fai fremere di spavento la mia carne,
io temo i tuoi giudizi.
121Ain. Ho agito secondo diritto e giustizia;
non abbandonarmi ai miei oppressori.
122Assicura il bene al tuo servo;
non mi opprimano i superbi.
123I miei occhi si consumano nell'attesa della tua salvezza
e della tua parola di giustizia.
124Agisci con il tuo servo secondo il tuo amore
e insegnami i tuoi comandamenti.
125Io sono tuo servo, fammi comprendere
e conoscerò i tuoi insegnamenti.
126È tempo che tu agisca, Signore;
hanno violato la tua legge.
127Perciò amo i tuoi comandamenti
più dell'oro, più dell'oro fino.
128Per questo tengo cari i tuoi precetti
e odio ogni via di menzogna.
129Pe. Meravigliosa è la tua alleanza,
per questo le sono fedele.
130La tua parola nel rivelarsi illumina,
dona saggezza ai semplici.
131Apro anelante la bocca,
perché desidero i tuoi comandamenti.
132Volgiti a me e abbi misericordia,
tu che sei giusto per chi ama il tuo nome.
133Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola
e su di me non prevalga il male.
134Salvami dall'oppressione dell'uomo
e obbedirò ai tuoi precetti.
135Fa' risplendere il volto sul tuo servo
e insegnami i tuoi comandamenti.
136Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi,
perché non osservano la tua legge.
137Sade. Tu sei giusto, Signore,
e retto nei tuoi giudizi.
138Con giustizia hai ordinato le tue leggi
e con fedeltà grande.
139Mi divora lo zelo della tua casa,
perché i miei nemici dimenticano le tue parole.
140Purissima è la tua parola,
il tuo servo la predilige.
141Io sono piccolo e disprezzato,
ma non trascuro i tuoi precetti.
142La tua giustizia è giustizia eterna
e verità è la tua legge.
143Angoscia e affanno mi hanno colto,
ma i tuoi comandi sono la mia gioia.
144Giusti sono i tuoi insegnamenti per sempre,
fammi comprendere e avrò la vita.
145Kof. T'invoco con tutto il cuore, Signore, rispondimi;
custodirò i tuoi precetti.
146Io ti chiamo, salvami,
e seguirò i tuoi insegnamenti.
147Precedo l'aurora e grido aiuto,
spero sulla tua parola.
148I miei occhi prevengono le veglie
per meditare sulle tue promesse.
149Ascolta la mia voce, secondo la tua grazia;
Signore, fammi vivere secondo il tuo giudizio.
150A tradimento mi assediano i miei persecutori,
sono lontani dalla tua legge.
151Ma tu, Signore, sei vicino,
tutti i tuoi precetti sono veri.
152Da tempo conosco le tue testimonianze
che hai stabilite per sempre.
153Res. Vedi la mia miseria, salvami,
perché non ho dimenticato la tua legge.
154Difendi la mia causa, riscattami,
secondo la tua parola fammi vivere.
155Lontano dagli empi è la salvezza,
perché non cercano il tuo volere.
156Le tue misericordie sono grandi, Signore,
secondo i tuoi giudizi fammi vivere.
157Sono molti i persecutori che mi assalgono,
ma io non abbandono le tue leggi.
158Ho visto i ribelli e ne ho provato ribrezzo,
perché non custodiscono la tua parola.
159Vedi che io amo i tuoi precetti,
Signore, secondo la tua grazia dammi vita.
160La verità è principio della tua parola,
resta per sempre ogni sentenza della tua giustizia.
161Sin. I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme le tue parole.
162Io gioisco per la tua promessa,
come uno che trova grande tesoro.
163Odio il falso e lo detesto,
amo la tua legge.
164Sette volte al giorno io ti lodo
per le sentenze della tua giustizia.
165Grande pace per chi ama la tua legge,
nel suo cammino non trova inciampo.
166Aspetto da te la salvezza, Signore,
e obbedisco ai tuoi comandi.
167Io custodisco i tuoi insegnamenti
e li amo sopra ogni cosa.
168Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie.
169Tau. Giunga il mio grido fino a te, Signore,
fammi comprendere secondo la tua parola.
170Venga al tuo volto la mia supplica,
salvami secondo la tua promessa.
171Scaturisca dalle mie labbra la tua lode,
poiché mi insegni i tuoi voleri.
172La mia lingua canti le tue parole,
perché sono giusti tutti i tuoi comandamenti.
173Mi venga in aiuto la tua mano,
poiché ho scelto i tuoi precetti.
174Desidero la tua salvezza, Signore,
e la tua legge è tutta la mia gioia.
175Possa io vivere e darti lode,
mi aiutino i tuoi giudizi.
176Come pecora smarrita vado errando;
cerca il tuo servo,
perché non ho dimenticato i tuoi comandamenti.
Osea 4
1Ascoltate la parola del Signore, o Israeliti,
poiché il Signore ha un processo
con gli abitanti del paese.
Non c'è infatti sincerità né amore del prossimo,
né conoscenza di Dio nel paese.
2Si giura, si mentisce, si uccide,
si ruba, si commette adulterio,
si fa strage e si versa sangue su sangue.
3Per questo è in lutto il paese
e chiunque vi abita langue
insieme con gli animali della terra
e con gli uccelli del cielo;
perfino i pesci del mare periranno.
4Ma nessuno accusi, nessuno contesti;
contro di te, sacerdote, muovo l'accusa.
5Tu inciampi di giorno
e il profeta con te inciampa di notte
e fai perire tua madre.
6Perisce il mio popolo per mancanza di conoscenza.
Poiché tu rifiuti la conoscenza,
rifiuterò te come mio sacerdote;
hai dimenticato la legge del tuo Dio
e io dimenticherò i tuoi figli.
7Tutti hanno peccato contro di me;
cambierò la loro gloria in vituperio.
8Essi si nutrono del peccato del mio popolo
e sono avidi della sua iniquità.
9Il popolo e il sacerdote avranno la stessa sorte;
li punirò per la loro condotta,
e li retribuirò dei loro misfatti.
10Mangeranno, ma non si sazieranno,
si prostituiranno, ma non avranno prole,
perché hanno abbandonato il Signore
per darsi alla prostituzione.
11Il vino e il mosto tolgono il senno.
12Il mio popolo consulta il suo pezzo di legno
e il suo bastone gli dà il responso,
poiché uno spirito di prostituzione li svia
e si prostituiscono, allontanandosi dal loro Dio.
13Sulla cima dei monti fanno sacrifici
e sui colli bruciano incensi
sotto la quercia, i pioppi e i terebinti,
perché buona è la loro ombra.
Perciò si prostituiscono le vostre figlie
e le vostre nuore commettono adulterio.
14Non punirò le vostre figlie se si prostituiscono,
né le vostre nuore se commettono adulterio;
poiché essi stessi si appartano con le prostitute
e con le prostitute sacre offrono sacrifici;
un popolo, che non comprende, va a precipizio.
15Se ti prostituisci tu, Israele,
non si renda colpevole Giuda.
Non andate a Gàlgala,
non salite a Bet-Avèn,
non giurate per il Signore vivente.
16E poiché come giovenca ribelle si ribella Israele,
forse potrà pascolarlo il Signore
come agnello in luoghi aperti?
17Si è alleato agli idoli Èfraim,
18si accompagna ai beoni;
si son dati alla prostituzione,
han preferito il disonore alla loro gloria.
19Un vento li travolgerà con le sue ali
e si vergogneranno dei loro sacrifici.
Seconda lettera ai Tessalonicesi 3
1Per il resto, fratelli, pregate per noi, perché la parola del Signore si diffonda e sia glorificata come lo è anche tra voi2e veniamo liberati dagli uomini perversi e malvagi. Non di tutti infatti è la fede.3Ma il Signore è fedele; egli vi confermerà e vi custodirà dal maligno.
4E riguardo a voi, abbiamo questa fiducia nel Signore, che quanto vi ordiniamo già lo facciate e continuiate a farlo.5Il Signore diriga i vostri cuori nell'amore di Dio e nella pazienza di Cristo.
6Vi ordiniamo pertanto, fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, di tenervi lontani da ogni fratello che si comporta in maniera indisciplinata e non secondo la tradizione che ha ricevuto da noi.7Sapete infatti come dovete imitarci: poiché noi non abbiamo vissuto oziosamente fra voi,8né abbiamo mangiato gratuitamente il pane di alcuno, ma abbiamo lavorato con fatica e sforzo notte e giorno per non essere di peso ad alcuno di voi.9Non che non ne avessimo diritto, ma per darvi noi stessi come esempio da imitare.10E infatti quando eravamo presso di voi, vi demmo questa regola: chi non vuol lavorare neppure mangi.11Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione.12A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace.13Voi, fratelli, non lasciatevi scoraggiare nel fare il bene.14Se qualcuno non obbedisce a quanto diciamo per lettera, prendete nota di lui e interrompete i rapporti, perché si vergogni;15non trattatelo però come un nemico, ma ammonitelo come un fratello.
16Il Signore della pace vi dia egli stesso la pace sempre e in ogni modo. Il Signore sia con tutti voi.
17Questo saluto è di mia mano, di Paolo; ciò serve come segno di autenticazione per ogni lettera; io scrivo così.18La grazia del Signore nostro Gesù Cristo sia con tutti voi.
Capitolo XXIX: Invocare e benedire Dio nella tribolazione
Leggilo nella Biblioteca"Sia sempre benedetto il tuo nome" (Tb 3,23), o Signore; tu che hai disposto che venisse su di me questa tormentosa tentazione. Sfuggire ad essa non posso; devo invece rifugiarmi in te, perché tu mi aiuti, mutandomela in bene.
Signore, ecco io sono nella tribolazione: non ha pace il mio cuore, anzi è assai tormentato da questa passione.
Che dirò, allora, o Padre diletto? Sono stretto tra queste angustie; "fammi uscire salvo da un tale momento. Ma a tale momento io giunsi" (Gv 12,27) perché, dopo essere stato fortemente abbattuto e poi liberato per merito tuo, tu ne fossi glorificato. "Ti piaccia, o Signore, di salvarmi tu" (Sal 39,14); infatti che cosa posso fare io nella mia miseria; dove andrò, senza di te? Anche in questo momento di pericolo dammi di saper sopportare; aiutami tu, o mio Dio: non avrò timore di nulla, per quanto grande sia il peso che graverà su di me. E frattanto che dirò? O Signore, "che sia fatta la tua volontà" (Mt 26,42). Bene le ho meritate, la tribolazione e l'oppressione; e ora debbo invero saperle sopportare, - e, volesse il cielo, sopportare con pazienza - finché la tempesta sia passata e torni la bonaccia.
La tua mano onnipotente può fare anche questo, togliere da me questa tentazione o mitigarne la violenza, affinché io non perisca del tutto: così hai già fatto più volte con me, "o mio Dio e mia misericordia" (Sal 58,17). Quanto è a me più difficile, tanto è più facile a te "questo cambiamento della destra dell'Altissimo" (Sal 76,11).
LIBRO SECONDO: RAZIONALITÀ CHE DIPENDE DALL'UOMO
L'ordine - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa razionalità nella vita (1, 1-8, 25)
a) Razionalità nella vita del saggio (1, 1 - 3, 10)
Riprende la disputa ed è presente la madre.
1. 1. Dopo pochi giorni tornò Alipio. S'era levato un sole splendente. La serenità del cielo e la mite temperatura, quale poteva darsi d'inverno in quei luoghi, ci invitò a scendere nel prato. Lo facevamo assai spesso quasi per abitudine. C'era anche mia madre. Ne avevo già notato, a causa della lunga convivenza e di una continua attenzione, le belle doti e l'anima ardente per le cose di Dio. Ma durante una disputa importante che ebbi con i miei commensali nel mio genetliaco e che ho raccolto in un opuscolo mi si manifestò la sua intelligenza in maniera tale da farmi ritenere che non ve n'era altra più idonea al vero filosofare. E poiché non aveva preoccupazioni avevo fatto in maniera che non mancasse al nostro colloquio. D'altronde ne sei già stato informato nel primo libro di quest'opera.
La legge razionale è da Dio...
1. 2. Seduti che fummo nel luogo suddetto, più comodamente che potemmo, mi rivolsi ai due giovanetti: "Mi sono adirato con voi che avete trattato argomenti importanti con fanciullesca immaturità. Tuttavia mi pare che col favore divino il fatto non è avvenuto casualmente. Col discorso di rimprovero alla vostra leggerezza è stato impiegato del tempo sicché sembra quasi che un argomento tanto importante sia stato differito proprio per il ritorno di Alipio. Gli ho già esposto la discussione avuta e i risultati da noi conseguiti. Quindi, o Licenzio, sei pronto a difendere la causa che hai cominciato a patrocinare con la tua definizione? Per quanto mi pare di ricordare, hai detto che razionalità è il principio secondo cui Dio muove l'universo". "Son pronto secondo le mie forze", rispose. "In qual maniera, chiesi, Dio muove l'universo? Anche egli si muove secondo razionalità ovvero secondo razionalità muove tutti gli altri esseri fuor di se stesso?". "Dove si ha pienezza di bene, rispose, non c'è legge. V'è infatti somma eguaglianza che non esige affatto ordinamento razionale". "Non neghi, chiesi, che in Dio c'è pienezza di bene?". "No", rispose. "Ne consegue, incalzai, che né Dio né i suoi attributi rientrano nella legge razionale". Lo ammise. "E riterresti forse, soggiunsi, che la totalità del bene sia da considerarsi un nulla?". "Anzi, rispose, essa soltanto è fuori del divenire". "Quale senso ha allora, chiesi, che l'universo è mosso al fine e che nulla v'è che sia fuori dell'ordinamento?". "Ma si dà, rispose, anche il male e per esso avviene che l'ordinamento includa anche il bene. Il bene come tale non soggiace a legge, ma insieme il bene e il male. Quando diciamo l'universo, non intendiamo soltanto il bene. Ne consegue che l'universo intiero che Dio dirige al fine è diretto al fine mediante legge razionale".
... quindi l'uomo è nella razionalità se è con Dio.
1. 3. Gli chiesi: "Ritieni che gli esseri diretti e mossi al fine sono soggetti ovvero non soggetti a divenire?". "Ritengo, rispose, che gli esseri generati in questo mondo sono soggetti a divenire". "Il resto no?" chiesi. Gli esseri che sono con Dio non sono nel divenire, mi rispose; tutto il resto, penso, è soggetto a divenire". "Allora, obiettai, ritieni che gli esseri che sono con Dio non son soggetti a divenire e ammetti che il resto diviene. Così stai affermando che tutti gli esseri soggetti a divenire non sono con Dio". "Ripeti, mi pregò, lo stesso concetto in forma più comprensibile". Ebbi l'impressione che esprimesse il suo desiderio non perché mosso dall'esigenza di capire ma di prender tempo per trovare la risposta. "Hai detto, ripetei, che gli esseri con Dio non son soggetti a divenire e che il resto diviene. Dunque gli esseri divenienti non sarebbero tali se fossero con Dio. E poiché affermi che gli esseri con Dio non son soggetti a divenire, ne consegue che gli esseri divenienti sono fuori di Dio". Dopo queste parole continuò a tacere. Alfine disse: "Ritengo che, se in questo mondo si diano esseri non soggetti a divenire, essi sono con Dio". "Non m'interessa, risposi. Vuoi ritenere, a mio avviso, che alcuni esseri di questo mondo non son soggetti a divenire. Ne consegue che non tutti gli esseri di questo mondo sono con Dio". "Lo ammetto, non tutti", rispose. Dunque v'è qualche cosa fuori di Dio", obiettai. "No", protestò. Dunque tutto è con Dio". Un po' perplesso replicò: "Scusa, non ho inteso dir questo poiché nulla è fuori di Dio". "Dunque, obiettai, il cielo visibile è fuori di Dio dal momento che nessuno dubita del suo muoversi". "Il cielo, rispose, non è fuori di Dio". "Dunque qualche cosa soggetto al divenire è con Dio". "Non posso spiegare, protestò, il mio pensiero come vorrei. Chiedo tuttavia che comprendiate, con la maggiore intelligenza possibile, i concetti che intendo esprimervi senza soffermarvi sulle parole. Opino che nulla è fuori di Dio e nello stesso tempo ritengo che non soggiace a cangiamento ciò che è con Dio. Non posso affermare che il cielo è fuori di Dio non solo perché ritengo che nulla è fuori di Dio, ma anche perché sono d'avviso che il cielo ha una parte fuori del divenire che forse è Dio stesso, o per lo meno è con Dio, sebbene non ho dubbi nell'ammettere i giri e i movimenti del cielo".
Essere con Dio e conoscere Dio.
2. 4. "Definisci allora, gli dissi, per favore che cosa significa essere con Dio e che cosa non essere fuori di Dio. Se il nostro dissenso dipende dalle parole, sarà facilmente superato, purché possiamo comprendere il tuo concetto". "Son contrario a far definizioni", mi disse. "Che fare allora?" replicai. "Definisci tu, te ne prego, mi disse. È più facile per me rilevare nella definizione di un altro motivi che non approvo anziché chiarire il mio concetto con una buona definizione". "Farò come vuoi, dissi. Ritieni che è con Dio tutto ciò che è da lui mosso e diretto al fine?". "Non intendevo dir questo, mi rispose, quando affermavo che gli esseri non soggetti a divenire sono con Dio". "E adesso dimmi, soggiunsi, se ti va a genio questa definizione: è con Dio ogni essere che lo conosce". "D'accordo", mi rispose. "E allora, replicai, non ritieni che il filosofo conosce Dio?". "Si", ammise. "Quando allora i filosofi si muovono non solo entro una casa o una città, ma viaggiano per terra o per mare in regioni molto estese, in qual senso è vero che l'essere con Dio non si muove?". "Mi fai ridere, motteggiò, quasi avessi detto che sono con Dio le azioni del filosofo. È con Dio soltanto il contenuto del suo pensiero". "Allora il filosofo, soggiunsi, non conosce il suo libro, il mantello, la tunica, la suppellettile, se la possiede, e altre cose del genere che anche gli indotti conoscono bene?". "Ma io ritengo che la conoscenza della tunica e del mantello non è con Dio".
L'interiorità e l'essere con Dio del filosofo-saggio.
2. 5. "In definitiva, spiegai, tu vuoi dire che non ogni pensiero del filosofo è con Dio, ma che oggetto del pensiero del filosofo è tutto ciò che del filosofo è con Dio". "Giusto, rispose; infatti tutto ciò che conosce col senso non è con Dio, ma soltanto ciò che si rappresenta col pensiero. Forse sarò audace nel mio dire, ma lo dirò egualmente. Con voi quali giudici o contribuirò ad accertare il tema o imparerò. Ritengo che l'individuo il quale conosce soltanto i sensibili non solo non è con Dio, ma neanche con la propria interiorità". Mi accorsi che Trigezio aveva un'espressione, dalla quale mostrava di voler dire non saprei che cosa, ma era trattenuto dal timore d'entrare, per così dire, in casa d'altri. Lo autorizzai, poiché Licenzio aveva finito di parlare, a manifestare il proprio pensiero. "Sarei d'opinione, disse, che non si ha conoscenza dell'oggetto sensibile. Altro è avere sensazione e altro avere conoscenza. Pertanto se abbiamo conoscenza di un oggetto, penso che è contenuto del solo pensiero e che soltanto da esso può essere rappresentato. Ne consegue che se è con Dio l'oggetto che il filosofo conosce mediante pensiero, tutto ciò che il filosofo conosce possa essere con Dio". Licenzio approvò ed aggiunse un altro motivo che per nessuna ragione potrei riprovare. "Il filosofo, soggiunse, è con Dio poiché ha coscienza della propria interiorità. Risulta dal motivo da te espresso che l'essere il quale conosce Dio è con Dio, e dall'altro motivo accertato da noi due risulta che è con Dio l'oggetto di cui il filosofo ha pensiero. Per la parte poi della sua natura per cui soggiace al sensibile non so nulla e non saprei proprio che cosa pensare. Ritengo comunque che non va presa in considerazione quando parliamo del filosofo".
Senso, pensiero e memoria nel filosofo.
2. 6. "Tu dunque verresti a negare, intervenni io, che il filosofo non solo è composto di anima e di corpo, ma anche dell'anima con tutte le sue funzioni. Sarebbe infatti da pazzi negare che è dell'anima la parte per cui egli è capace di sensazione. Non l'udito e la vista sono soggetti senzienti, ma non saprei quale principio è soggetto senziente mediante la vista. E se non riferiamo la sensazione alla facoltà di pensare, rischiamo d'escluderla dall'anima. Rimarrebbe d'attribuirla al corpo, ma ritengo che non si dia affermazione più assurda". "L'anima del filosofo, intervenne Licenzio, resa pura per la presenza della virtù e unita a Dio, è anche degna di essere considerata come filosofante, e non v'è altro di lui che si è convinti di considerare filosofante. Ma il filosofo si è liberato, per così dire, come di spoglie e di scorie e si è ritirato nella propria interiorità. Ed esse sono soggette all'anima o, se sono da considerare parti integranti dell'anima, sono soggette e sottomesse a quella parte dell'anima che sola si può considerare come filosofante. Alla parte soggetta, a mio parere, appartiene anche la memoria. Difatti il filosofo se ne serve come di uno schiavo, le impartisce ordini e, considerandola sottomessa, le impone i limiti della legge. E quando essa si serve dei sensi per esigenze proprie e non per quelle del filosofo, non deve osare d'innalzarsi e inorgoglirsi contro chi ha il dominio né usare a caso e senza moderazione di quegli stessi poteri che le competono. Alla parte più bassa appartengono le cose che sono nel divenire. E la memoria appunto serve soltanto alle cose mutevoli, anzi fuggevoli. Il filosofo dunque si unisce a Dio e si sente felice in lui che è immutabile, di cui non si attende l'apparire, non si teme lo scomparire, che è sempre presente per il fatto stesso che è fuori del divenire. E il filosofo, quieto nella sua interiorità, amministra, per così dire, il peculio del suo schiavo affinché come servo moderato e diligente ne usi bene e lo conservi per l'opportunità".
La memoria come rimembranza nella missione del filosofo.
2. 7. Prestai attenzione all'esposizione di Licenzio con meraviglia perché mi ricordai di avere, tempo addietro, esposto brevemente gli stessi concetti alla sua presenza. Dissi ridendo: "O Licenzio, ringrazia questo tuo schiavo perché se non ti avesse rifornito del suo peculio, ora forse non avresti nulla da darci. Infatti se la memoria appartiene a quella parte che si lascia dirigere come serva da retta ragione, adesso proprio da essa, credimi, sei stato aiutato a dire quel che hai detto. Dunque prima di tornare all'ordine, non ti pare che la memoria è indispensabile al filosofo anche per le discipline liberali e professionali?". "Perché, rispose, gli sarebbe indispensabile la memoria se ha in atto e tiene presenti tutte le sue idee? Non chiamiamo in aiuto la memoria neanche nella sensazione per l'oggetto che è davanti ai nostri occhi. Ora il filosofo ha tutto davanti agli occhi interiori della mente, ha cioè visione sempre in atto e immutabile di Dio, nel quale risiede la totalità dell'intelligibile. Come dunque, scusa, gli è indispensabile la memoria? A me è stata necessaria per ritenere le parole udite da te perché non sono ancora padrone di un tale servo, ma ora sono io a servirla, ora m'impegno a non servirla e oso talora quasi affermare la mia piena autonomia. Talvolta riesco anche a dominarla ed essa mi obbedisce e mi fa spesso credere che l'ho vinta. Ma di nuovo in altre circostanze si ribella ed io giaccio vinto sotto i suoi piedi. E per questo desidero che tu, quando indaghiamo sul filosofo, non mi chiami in causa". "Me neanche, risposi. Ma il filosofo può trascurare i suoi amici ovvero, mentre è in questo corpo, in cui tiene legato con la legge della ragione questo suo servo, può trascurare il dovere di aiutare quanti gli è possibile e soprattutto d'insegnare a filosofare? È l'opera appunto che massimamente da lui ci si aspetta. E quando la compie, per insegnar bene e non apparire un incapace, dispone volta per volta dei pensieri da esporre e trattare con ordine. E se non li affida alla memoria, è ineluttabile che vadano perduti. Quindi o affermi che non spettano al filosofo i doveri d'umanità o dovrai ammettere che alcune nozioni dovranno essere ritenute nella memoria del filosofo. E forse affida al servo parte dei suoi pensamenti, non per una sua esigenza ma perché gli sono indispensabili per i suoi alunni. E quegli sottomesso, anche a causa dell'autorità ottimamente esercitata dal padrone, custodirà, se non altro per indurre gli ignoranti al filosofare, ciò che comunque il padrone gli ordinerà di tenere in serbo". "Il filosofo, contestò Licenzio, non gli affiderà nulla perché è sempre fisso in Dio tanto nella solitudine che nel colloquio con gli altri uomini. Ma lo schiavo ormai bene istruito tiene in serbo qualche elemento da suggerire al padrone che disputa e per render gradito il proprio dovere a lui, giusto padrone, poiché si accorge che vive in virtù del suo potere. Tuttavia non compie tale funzione con procedimento razionale proprio, ma in forza delle disposizioni di una legge e ragione sovrana". "Per adesso, conclusi, non ribatto i tuoi ragionamenti perché si deve continuare l'argomento iniziato. In altra occasione, quando Dio ci concederà un momento propizio, esamineremo i termini di tale problema. Non è infatti un problema di poco conto da trattarsi in così brevi parole.
È in Dio il non pensato? Impossibilità di concettualizzare l'ignoranza. L'ignoranza è il non pensiero.
3. 8. È stato definito che significa essere con Dio. Da me è stato detto che è con Dio l'essere che ne ha conoscenza. Voi avete aggiunto che vi è anche l'oggetto della conoscenza del filosofo. Ed in proposito mi pare assurda l'affermazione con cui, senza avvedervene, avete posto in Dio anche l'ignoranza. Difatti se in Dio sono i contenuti del pensiero del filosofo e questi non può sfuggire all'ignoranza se non la conosce, ne consegue che in Dio v'è un simile limite. Ed è bestemmia a dirlo". Preoccupati della conclusione se ne stettero un po' in silenzio. Poi Trigezio disse: "Partecipi al dialogo anche quegli del cui arrivo a questa disputa noi, come penso, ci siamo rallegrati". "Dio mi aiuti, disse Alipio. Il mio lungo silenzio doveva aspettarsi un simile risultato. Ma ormai la tregua è rotta. Comunque ora mi sforzerò di rispondere in qualche maniera a questa domanda dopo essermi assicurato in precedenza almeno per il futuro e dopo avere ottenuto da voi che da me esigiate soltanto questa risposta". "Non conviene, o Alipio, gli dissi, alla tua benevolenza e cortesia rifiutare la tua parola in questa nostra discussione anche perché è richiesta. Ma ora comincia e dì ciò che hai stabilito. Il resto seguirà nei termini preordinati dalla legge razionale". "Per giustizia, rispose, dalla legge razionale mi sarei aspettato un trattamento migliore. Al contrario avete deciso che frattanto io vi sostituisca nell'esporla. Salvo errore, hai affermato con questa tua dimostrazione che costoro abbiano associata a Dio l'ignoranza con l'affermazione che tutti i contenuti del pensiero del filosofo sono con Dio. Per ora passo sopra all'interpretazione da darsi a tale affermazione. Piuttosto considera alquanto la tua dimostrazione. Hai detto: Nell'ipotesi che con Dio sia l'oggetto del pensiero del filosofo e che questi non possa sfuggire all'ignoranza se non la conosce. Al contrario è evidente che non si può onorare del nome di filosofante l'individuo prima che abbia superato l'ignoranza. È stato inoltre detto che l'oggetto della conoscenza del filosofo è con Dio. Dunque, quando uno ha coscienza d'ignoranza al fine di superarla, ancora non è filosofo. Quando sarà divenuto filosofo, l'ignoranza non deve essere annoverata fra i contenuti del suo pensiero. E poiché il già pensato dal filosofo è congiunto a Dio, giustamente la privazione di scienza non viene attribuita a Dio".
3. 9. "O Alipio, gli dissi, hai risposto con acutezza come al solito, ma alla stregua di chi s'è cacciato nelle difficoltà altrui. Penso tuttavia che ancora non disdegni di essere come me fra gli ignoranti. E allora perché non trovare un filosofo che, insegnando e disputando, con umanità ci liberi da tanto male? Non gli chiederò altro dapprima, come suppongo, se non che mi mostri l'entità, la natura e le proprietà dell'ignoranza. Su di te non mi pronuncerei tanto facilmente. In quanto a me, essa mi trattiene tanto e da tanto, quanto e da quanto io non riesco a capire. Tu interpellerai quel filosofo ed egli dirà: "Perché vi potessi insegnare, dovevate venire da me quando ero ancora ignorante. Ora dovete essere maestri di voi stessi perché non so più che cos'è ignoranza". Se udissi tali parole, non mi periterei d'avvertire simile individuo a farsi nostro compagno e a cercare insieme un altro maestro. Anche se non so chiaramente che cos'è ignoranza, comprendo che tale risposta è indice della massima ignoranza. Ma forse si vergognerà tanto di abbandonarci quanto di seguirci. Allora comincerà ad esporre e accumulerà in abbondanza i mali dell'ignoranza. E noi preoccupati per noi stessi, o ascolteremo attentamente un individuo che non sa quel che dice, o crederemo che egli ha scienza di qualche cosa che non è oggetto del suo pensiero, o infine, secondo la dimostrazione dei tuoi patrocinati, che l'ignoranza è congiunta a Dio. Nessuna delle prime due affermazioni può essere sostenuta. Rimane l'ultima che a voi non piace". "Non mi sono mai accorto, rispose, che sei invidioso. Se infatti, secondo l'uso, avessi ricevuto da costoro, che tu definisci patrocinati, il dovuto onorario, sarei costretto a renderlo subito poiché tu insisti eccessivamente nel ribattermi. Quindi si contentino del fatto che discutendo con te ho accordato loro parecchio tempo a riflettere. Se poi vogliono ascoltare il consiglio del loro avvocato sconfitto senza sua colpa, si arrendano a te anche su questo argomento, e siano più cauti negli altri".
3. 10. "Non trascurerò, risposi, il non so che Trigezio, durante la tua arringa, mostrava di voler dire perfino agitandosi. Cercherò di ascoltarli pazientemente, come avevo cominciato, mentre senza difensore sosterranno la propria causa. Te ne chiedo licenza poiché tu, che da poco hai preso parte alla discussione, non ne sei informato". Licenzio era completamente distratto. Intervenne allora Trigezio: "Prendetevela come volete e fatevi pure gioco della mia ignoranza. Ritengo che non si deve considerar pensiero l'atto con cui si pensa l'ignoranza. Essa è appunto la sola o per lo meno la più grande responsabile del non pensare". "Non m'è facile, io risposi, rifiutarmi di prendere in considerazione codesta affermazione. Mi convince la tesi di Alipio sull'impossibilità che un individuo possa insegnare le proprietà d'un concetto che non è oggetto del suo pensiero. Infatti quel qualcosa che non è oggetto del suo pensiero è negazione del suo pensare. Anche Alipio, tenendo presente il motivo, non ha osato esporre la tesi da te sostenuta sebbene gli fosse nota dai libri dei filosofi. Prendo l'esempio dal senso poiché è strumento dell'anima ed in essa, unico soggetto, ha una certa analogia col pensiero. Dico dunque che è impossibile vedere le tenebre. Ora il pensare è per l'intelligenza ciò che il vedere per la vista. Ma è impossibile vedere le tenebre anche se si hanno gli occhi aperti, sani e limpidi. Quindi non è assurdo dire che l'ignoranza non si può pensare poiché non v'è altro che noi possiamo denominare tenebre dell'intelligenza. Ed ora non mi preoccupa più la possibilità d'evitare l'ignoranza anche se non è oggetto di pensiero. Per quanto riguarda la vista, evitiamo le tenebre per il fatto stesso che vogliamo vedere. Allo stesso modo chi vorrà evitare l'ignoranza non si sforzi di farla oggetto di pensiero, ma si dolga che, per causa sua, non pensa ciò che può pensare e si renda cosciente che essa gli è presente non perché la pensa di più, ma perché pensa di meno.
b) La vita dell'insipiente e altri irrazionali ricondotti a razionalità (4, 11 - 5, 17)
Anche la vita dell'insipiente rientra nella razionalità.
4. 11. Ma torniamo alla razionalità con la speranza che Licenzio torni in mezzo a noi. Vi chiedo adesso se ritenete che le azioni dell'insipiente siano compiute secondo una legge razionale. Ma badate che la domanda è insidiosa. Se risponderete affermativamente e cioè che le azioni dello stolto son compiute secondo razionalità, a che serve la definizione che razionalità è il principio per cui Dio dirige tutti gli esseri? Se poi non c'è razionalità nelle azioni dello stolto, vi sarà qualche cosa che non rientra nella legge razionale. Voi non ammettete né l'una né l'altra tesi. State attenti, vi prego, a non irrazionalizzare tutto nel tentativo di difendere la razionalità". Intervenne ancora Trigezio. L'altro era tuttora distratto. "È facile, disse, rispondere al tuo dilemma, ma per il momento mi manca la similitudine con cui noto che la mia teoria dovrebbe essere chiaramente esposta. Dirò egualmente il mio pensiero. Tu in seguito completerai come hai fatto dianzi. L'analogia delle tenebre ci ha chiarito non poco quanto era stato da me esposto in forma confusa. La vita degli insipienti non è resa coerente e razionalizzata da loro stessi. Tuttavia dalla divina provvidenza viene fatta rientrare nell'inderogabile ragione sufficiente e, per così dire, mediante disposizione di determinate situazioni dovute a una legge ineffabile ed eterna, in nessuna maniera le si permette di essere dove non deve essere. Avviene così che chi unilateralmente la considera isolata, come respinto da una visione orrida, ne ha ribrezzo. Ma se, alzando gli occhi e facendoli spaziare, ha uno sguardo d'insieme dell'universo, troverà tutto razionale, distribuito e ordinato al dovuto posto".
Altri irrazionali della vita.
4. 12. "Quante grandezze, dissi, quante meraviglie Dio e la stessa, non saprei quale, occulta legge razionale dell'universo mi manifesta per vostro mezzo! Sono indotto ormai a credervi sempre di più. Esprimete infatti certi pensieri ed io non saprei proprio come possiate esprimerli senza intuizione né come possiate averne intuizione, tanto, come suppongo, sono veri e sublimi. Tu richiedevi, mi pare, una similitudine in prova di codesta tua teoria. Me ne vengono in mente molte che mi convincono ad accettarla. Che cosa v'è di più cupo di un carnefice? Che cosa di più truce ed efferato della sua mentalità? Tuttavia ha un posto indispensabile fra le leggi e rientra nell'ordinamento di uno Stato ben governato. E sebbene nel proprio animo faccia del male, è tuttavia la pena dei malfattori per ordinamento a lui estraneo. Che cosa di più sconcio, di più vuoto di dignità, di più colmo d'oscenità delle meretrici, dei ruffiani e simile genia? Eppure togli via le meretrici dalla vita umana e guasterai tutto col malcostume. Mettile al posto delle donne oneste e disonorerai tutto con la colpa e la vergogna. E così tale genia di persone, a causa dei propri costumi, è la più laida nella vita, per disposizione di legge la più bassa di condizione. Non avviene che se consideri a parte certi organi nel corpo degli animali, ti rifiuti quasi di guardarli? Tuttavia la legge naturale ha disposto che non manchino perché sono necessari, ma non ha permesso che apparissero di troppo perché non sono belli a vedersi. E queste parti deformi, occupando il posto competente, hanno lasciato il migliore alle parti più degne. Quale fenomeno più bello, quale spettacolo più conveniente alla vita in campagna fu per noi di quello della zuffa e della lotta dei galli? Ne abbiamo parlato nel primo libro. E che cosa abbiamo osservato di più avvilito della difformità del vinto? Ma per suo mezzo s'era ottenuta la perfetta armonia della zuffa stessa.
Significato dell'irrazionale nel discorso.
4. 13. Così son tutte le cose, a mio avviso. Bisogna saperle osservare. I poeti hanno usato solecismi e barbarismi e hanno preferito, cambiando i nomi, denominarli figure e trasformazioni anziché evitarli come difetti evidenti. Tuttavia levali dalla poesia e noi risentiremmo della mancanza di suggestive eleganze. Imbastiscine in abbondanza in un solo discorso ed io avrò in uggia l'intera composizione perché immatura, frivola e affettata. Trasportali nella prosa forense e chi non le ordinerà di fuggire e di rifugiarsi in teatro? La legge razionale, che ne regola e modera l'uso, non ne permette né la ridondanza in sé né l'impiego in qualsiasi discorso. Un certo linguaggio dimesso e vicino al trasandato, avvicendandosi, pone in evidenza le espressioni sublimi e i passi leggiadri. Se è soltanto dimesso, lo butti via perché trascurato. Se manca, le parti belle non sono poste in evidenza, non signoreggiano, per così dire, nei rispettivi posti e competenze, si contrastano a vicenda col proprio splendore e rendono l'insieme disarmonico.
5. 13. All'armonia si è debitori in un altro punto. Chi non teme, chi non detesta i paralogismi e sofismi che per eccesso o per difetto inducono all'errore? Ma, durante le dispute, collocati nei posti convenienti e propri hanno tanta validità che, non so come, l'inganno stesso ne assume leggiadria. Ed anche qui è l'ordine che si fa ammirare.
Dall'insipienza si emerge con le discipline...
5. 14. Nella musica poi, nella geometria, nell'astronomia, nelle leggi aritmetiche l'armonia è sovrana. E se qualcuno ne vuol vedere, per così dire, la sorgente e il recesso o li trova in esse o, mediante esse, senza errore v'è condotto. Tale cultura, se si usa nella giusta misura, poiché anche qui il troppo si deve evitare, nutrisce un gregario, anzi un condottiero del filosofare. Ed egli potrà elevarsi liberamente e giungere alla misura ideale, al di là della quale non può, non deve, non desidera ricercare altro. E a molti farà da guida. Quindi, anche se è preso dalle preoccupazioni della vita, le disprezza e dà ad ogni cosa il giusto posto e non lo turba affatto se uno desidera aver figli e non li ha, mentre un altro è preoccupato dalla eccessiva fecondità della moglie; se manca di denaro chi è pronto a dare con liberalità, mentre l'usuraio lo sotterra e vi dorme sopra macilento e cupo; se il libertinaggio dissipa e scialacqua ingenti patrimoni, mentre il poverello riesce appena ad ottenere una moneta dopo aver supplicato tutto il giorno; se la fama esalta un individuo indegno, mentre gli onesti costumi si perdono nella massa.
... ovvero mediante la fede.
5. 15. Questi e altri fatti nella vita umana spingono spesso gli uomini a credere empiamente che noi non siamo governati dalla legge della divina provvidenza. Al contrario gli uomini religiosi, onesti e veramente intelligenti non possono convincersi che noi siamo abbandonati dal sommo Dio. Tuttavia turbati dalla foschia, per così dire, e dalla disarmonia del mondo, non riescono a intuirne l'armonia, ma nel tentativo di scoprirne l'occulta ragione sufficiente, lamentano spesso anche con carmi i propri errori. Ma chi potrebbe dare una risposta a coloro che chiedessero perché gli italiani invochino inverni sereni (Virgilio, Georg. 1, 100) mentre la nostra povera Getulia è in continua siccità? E come nel nostro pensiero si potrà ricercare una pur vaga ragione di un tale ordine di cose? Io, se posso dare un consiglio ai miei secondo il mio pensiero e il mio sentimento, ritengo che essi devono essere formati alla pienezza del sapere. Altrimenti è assolutamente impossibile che si abbia vera intelligenza del problema. Eppure potrebbe essere più luminoso del giorno. Ma se sono piuttosto pigri o presi dagli affari o duri ad apprendere, si accaparrino la difesa della fede affinché colui che non permette la rovina di chi esprime bene la fede nella pratica religiosa, mediante questo legame, li tragga a sé e li liberi da questi mali temibili e oscuri.
Ragione e fede in ordine a Dio...
5. 16. Duplice è la via che seguiamo quando ci pone nel dubbio l'oscurità dell'oggetto: la ragione e la fede. La filosofia garantisce la ragione ma ne libera pochi assai. Tuttavia essa non solo non li induce a disdegnare le verità rivelate, ma è sola a farcene formulare, nei limiti consentiti, il puro pensiero. E la vera e genuina filosofia ha l'esclusiva funzione d'insegnare l'esistenza d'un Principio imprincipiato del mondo, l'immensità dell'intelligenza che in lui esiste e il valore che da lui dimana alla nostra salvezza senza che egli si ponga nel divenire. E le verità rivelate aggiungono che egli è un solo Dio onnipotente ed insieme tripotente, Padre e Figlio e Spirito Santo. Esse mediante la fede sincera liberano dall'errore tutti gli uomini senza confondersi con le verità razionali, come alcuni dicono, ma anche senza dissidio, come molti vorrebbero. Grande è poi il mistero che un Dio così alto ha voluto rivestire e portare per noi la forma sensibile della natura umana. Ed esso, quanto più appare umiliante, tanto più è conveniente alla sua bontà e profondamente lontano dall'orgoglio di certi uomini d'ingegno.
... e all'anima.
5. 17. E si ha, a vostro avviso, grande ragione d'indagare i problemi dell'origine dell'anima, della sua unione col corpo, dei gradi che la separano da Dio, delle funzioni che esercita nel composto umano, delle proprietà che cesseranno con la morte, delle prove della sua immortalità? Se ne ha una grande e vera ragione. Ne parleremo in seguito se ci sarà tempo. Per il momento sappiate, è mio desiderio, che se qualcuno, senza criterio e senza metodo garantito da scienza, osa irrompere nello studio di tali argomenti, diviene non studioso ma curioso, non dotto ma credulone, non critico ma incredulo. E per questo mi meraviglio da dove derivino i concetti con cui voi dianzi avete risposto tanto bene e con tanta proprietà alle mie domande. Sono costretto comunque a darvene atto. Ma vediamo fin dove può giungere questa vostra nascosta capacità d'intuizione. Ed ormai ci si faccia sentire anche la voce di Licenzio. Preso da qualche pensiero, non saprei quale, è stato estraneo a questo discorso sicché penso che, come i nostri amici assenti, dovrà leggere le nostre parole. Ma torna a noi, o Licenzio, e procura di prestare tutta l'attenzione; dico a te. Tu infatti hai approvato la mia definizione con la quale si stabilì che cosa significa essere con Dio. E mi hai voluto insegnare, per quanto riesco a capirne, che la mente del filosofo rimane immobile in lui.
c) Sintesi: i due contrari nella legge razionale eterna come giustizia e provvidenza (6, 18-8, 25)
Il filosofo fra soggezione alla sensibilità e dominio razionale.
6. 18. È assurdo affermare che finché il sapiente vive fra gli uomini non soggiace al suo corpo. Ma mi rende dubbioso la possibilità che, mentre il suo corpo si sposta da un luogo a un altro, la mente rimane immobile. Allora si potrebbe anche affermare che, muovendosi la nave, non si muovono gli uomini che stanno a bordo sebbene dobbiamo ammettere che essa è da loro dominata e guidata. Ed anche se la muovessero e guidassero alla meta col solo pensiero, tuttavia coloro che sono a bordo non possono non esser mossi col muoversi della nave". "Lo spirito, obiettò Licenzio, non è nel corpo in condizioni tali che il corpo lo domini". "Ma io non dico questo, risposi; anche chi cavalca è sopra il cavallo senza che il cavallo lo domini, tuttavia, sebbene diriga il cavallo alla meta voluta, è indispensabile che si muova col muoversi del cavallo". "Ma può sedere immobile", ribatté. "Ci costringi, dissi, a definire che cosa sia l'essere mosso. Se ti è possibile, desidero che tu stesso lo faccia". "Ti prego, mi rispose, continui la tua munificenza perché continua la mia petizione. E non domandar più se son disposto a definire. Se lo potrò fare, lo farò spontaneamente". Dopo queste parole, il servitorello della casa, cui avevamo affidato l'incarico, venne da noi e ci avvertì che era ora di pranzo. Dissi: "Questo servitorello non c'induce a definire che cos'è il muoversi, ma a chiarircelo attraverso la vista. Andiamo dunque e passiamo da questo luogo a un altro luogo. Salvo errore il muoversi è proprio questo". Essi sorrisero e ce ne andammo.
Il filosofo-saggio eticamente è nella razionalità.
6. 19. Appena refocillati ci sedemmo al luogo solito nelle terme poiché il cielo s'era coperto di nubi. Cominciai: "Ammetti dunque, o Licenzio, che il movimento non è altro che il passaggio da un luogo ad un altro?". "Si", mi rispose. "Ammetti, ripresi, che non ci si può trovare in un luogo in cui non ci si trovava senza essersi mosso". "Non capisco", disse. "Ammetti, spiegai, che se un oggetto precedentemente era in un luogo e adesso è in un altro, è stato mosso?". Fece cenno d'assenso. "Dunque, soggiunsi, il corpo vivo del sapiente potrebbe essere ora qui con noi e lo spirito esserne lontano?". "Certamente", rispose. "Anche se, replicai, parlasse con noi e ci insegnasse?". "Anche se, rispose, ci insegnasse a filosofare, non direi che è con noi, ma con la propria interiorità". "Non col corpo dunque?" chiesi. "No", mi rispose. "Ma non ammetti, gli obiettai, che il corpo privo dello spirito è morto? Io ho parlato d'un corpo vivo". "Non so spiegarmelo, rispose. Comprendo che il corpo dell'uomo non può esser vivo se in esso non esiste lo spirito. D'altra parte non posso affermare che lo spirito del filosofo non è con Dio dovunque ne sia il corpo". "Ed io, gli dissi, farò in maniera che te lo spieghi. Poiché Dio, secondo probabilità, è in ogni luogo, dovunque il sapiente vada, trova Dio con cui essere. Ci si rende possibile quindi affermare che egli passa da un luogo a un altro, che è un divenire, e che mantiene l'essere con Dio". "Ammetto, rispose, il passaggio da un luogo a un altro per il suo corpo, ma lo nego per quella coscienza cui corrisponde l'appellativo di filosofante".
L'insipiente è nella razionalità per necessità metafisica.
7. 20. "Per adesso, dissi, accetto. Il problema molto oscuro e da trattarsi a lungo e con molta diligenza potrebbe in questo momento impedire il risultato propostoci. È stato già stabilito che cosa significa essere con Dio. Esaminiamo ora, se riusciamo a comprenderlo, che cosa significa essere senza Dio. Suppongo tuttavia che sia già evidente. Infatti sei d'opinione, come penso, che siano senza Dio coloro che non sono con Dio". "Se non mi mancassero le parole, rispose, esprimerci pensieri che forse non dovresti riprovare. Ma ti chiedo di sopportare la mia immaturità e di cogliere i concetti con vivace intuizione da pari tuo. Ritengo che costoro non sono con Dio, ma che Dio li rende partecipi di sé. Non posso quindi dire che sono senza Dio coloro che Dio rende di sé partecipi. Tuttavia non dico che sono con Dio perché essi non partecipano di Dio. E già in una precedente discussione, quella assai piacevole che avemmo nel tuo genetliaco, decidemmo che avere Dio in sé significa goderlo. Ma ho timore, lo confesso, dell'antitesi del non essere senza Dio e del non essere con Dio".
Le distrazioni di Licenzio.
7. 21. "Non aver timore, dissi. Se si va d'accordo sul concetto, non teniamo conto della terminologia. Ritorniamo quindi alfine alla definizione di razionalità. Hai detto che razionalità è il principio secondo cui Dio muove il mondo al fine. Ora, come opino, Dio muove tutto al fine e per questo hai ritenuto che niente può esistere fuori dell'ordinamento". "È sempre quella la mia opinione, rispose. Ed ora so che mi chiederai se Dio governa anche le cose che, come dobbiamo ammettere, non sono ben governate". "Ottimamente, dissi. Hai proprio visto il mio pensiero. Ma come hai intuito la mia domanda, ti prego d'intuire la risposta conveniente". Ed egli scuotendo la testa e le spalle, disse: "Siamo al difficile". Per caso mia madre era sopraggiunta proprio durante la mia domanda. Ed egli, dopo un po' di silenzio, chiese che gli venisse riproposta. Non s'era accorto affatto che la risposta era già stata data da Trigezio. Gli dissi: "Che cosa e perché dovrei riproporre? Dicono gli scrittori: Non fare il già fatto (Terenzio, Phormio, 419). Ti prego piuttosto che ti prenda pensiero di leggere se non hai potuto udire. Ho permesso volentieri l'assenza del tuo pensiero dalla nostra disputa e ho sopportato che così ti comportassi per non impedire i pensieri che, concentrato in te e distratto per noi, tu rimuginavi per tuo conto. Frattanto abbiamo continuato la discussione che il nostro stilo non ti permette di perdere.
Licenzio non comprende che la giustizia come misura di distribuzione è sempre stata in Dio...
7. 22. Ora propongo l'indagine su un argomento che non abbiamo ancora provato a sottoporre a un'attenta analisi. Al principio, quando non saprei quale ordine ci ha proposto il problema dell'ordine, tu hai detto, per quanto ricordo, che la giustizia divina è l'attributo con cui egli distingue i buoni dai malvagi e distribuisce a ciascuno il suo. È, per quanto ne penso io, la più evidente definizione della giustizia. Ora vorrei che tu risponda se vi fu un tempo in cui Dio non sia stato giusto". "Sempre", rispose. "Se dunque Dio è stato sempre giusto, sempre sono esistiti il bene e il male". "A mio avviso, intervenne mia madre, è una conseguenza ineluttabile. Non s'è dato infatti atto della divina giustizia finché non è esistito il male. E non si può ritenere che sia giusto se non distribuisce ai buoni e ai malvagi quanto loro spetta". Le obiettò Licenzio: "Pensi dunque debba dirsi che sempre v'è stato il male". "Non intendo dir questo", si scusò lei. "Dunque, intervenni, nell'ipotesi che Dio sia giusto perché giudica fra buoni e malvagi, dovremmo forse dire che quando non v'era il male, non sia stato giusto?". Tutti tacquero. Ma mi accorsi che Trigezio voleva rispondere. Glielo permisi. Disse: "Dio era certamente giusto. Aveva potere di distinguere fra il bene e il male, se fossero esistiti, e in questo suo potere era giusto. Noi infatti diciamo che Cicerone con prudenza svelò la congiura di Catilina, con temperanza non si lasciò corrompere da doni per risparmiare i malvagi, con giustizia li fece condannare a morte mediante decreto del senato, con fortezza sopportò le frecce dei nemici e, come egli stesso ha detto, il peso dell'invidia (Cicerone, In Cat. 1, 9, 23). Ma non intendiamo dire che in lui non vi fossero tali virtù se Catilina non avesse preparato tanta rovina allo Stato. La virtù va considerata in se stessa e non tanto in una sua eventuale manifestazione, sia nell'uomo e a più forte ragione in Dio, se ci è permesso, data la limitatezza dei concetti e delle parole, congiungere i due termini. Infatti per farci comprendere che è stato sempre giusto, Dio non differì a distribuire a ciascuno il suo quando si verificò il male da distinguersi dal bene. Non dové infatti apprendere la giustizia ma usarla giacché sempre l'ha avuta".
... ma il male non ha origine dal razionale ed è quindi irrazionale e irreale.
7. 23. Licenzio e mia madre, afferrata l'evidenza, approvarono. "Che ne dici, o Licenzio? dissi io. Dov'è andata a finire la tua insistente affermazione che niente avviene fuori dell'ordine? Il fatto dell'origine del male non è derivato dall'ordinamento di Dio, ma essendosi verificato è stato incluso nell'ordinamento divino". Egli si meravigliò e mal sopportò che la sua buona causa gli fosse tolta di mano così all'improvviso. "Ma io dico, ribatté, che l'ordinamento è cominciato dal momento in cui è cominciato ad esistere il male". "Dunque, gli risposi, l'inizio dell'esistenza del male non fu prodotto da una ragione sufficiente, ma dopo che il male ebbe inizio, cominciò ad esisterne la ragione sufficiente. [La ragione sufficiente fu sempre in Dio. Inoltre quel nulla che si denomina il male o è sempre esistito o si suppone che sia cominciato nel tempo. In tale ipotesi, poiché la ragione sufficiente è bene e deriva dal bene, non v'è mai stato né vi sarà nel futuro un essere che sia senza ragione sufficiente. M'era venuto in mente non saprei quale altro pensiero più opportuno, ma m'è sfuggito a causa della solita smemoratezza. E penso che è avvenuto con ragione sufficiente a norma del merito, della dignità e della disciplina della mia vita"]. "Non so, disse Licenzio, come mi sia potuta sfuggire la teoria che ora rifiuto. Non avrei dovuto dire che la ragione sufficiente ha avuto inizio dopo l'origine del male, ma che la ragione sufficiente come la giustizia, di cui ha parlato Trigezio, fu sempre in Dio ma non fu applicata se non dopo l'origine del male". "E ci ricaschi, gli obiettai. Il principio che non vuoi accettare rimane inconcusso. Infatti sia che la ragione fu in Dio sia che cominciò ad essere da quel momento del tempo in cui ebbe origine il male, il male ha avuto comunque origine fuori della legge razionale. Se lo concedi, devi ammettere che qualche cosa può avvenire fuori della ragione sufficiente, e questo indebolisce e invalida la tua tesi. Se non lo concedi, si prospetta l'opinione che il male abbia avuto origine dalla provvidenza di Dio e dovrai ammettere che Dio è autore del male. Non mi sovviene bestemmia più esecranda". Spiegai e dilucidai più volte il concetto poiché non capiva o fingeva di non capire. Ma egli non aggiunse altro e se ne stette zitto. Intervenne mia madre: "Io penso che nulla può avvenire fuori dell'ordinamento divino. Il male stesso, in quanto all'origine, l'ha avuta fuori dell'ordinamento divino, ma la giustizia divina non ha lasciato che rimanesse fuori dell'ordinamento e l'ha ricondotto e costretto a rientrare nella legge che gli è competente".
La razionalità induce ad acquisizione di scienza.
7. 24. A questo punto osservai che tutti, con molto ardore e secondo le proprie capacità, si proponevano problemi su Dio, ma senza rispettare l'ordine di cui stavamo trattando. Eppure soltanto mediante esso si giunge alla conoscenza di quella ineffabile maestà. "Vi prego, dissi, di non essere confusionari e disordinati se, come osservo, amate molto l'ordine. L'ineffabile ragione delle cose promette di farci comprendere che nulla avviene fuori della legge razionale. Se ascoltassimo un insegnante elementare che tenta d'insegnare le sillabe a un fanciullo a cui nessuno ha insegnato le lettere, penseremmo che non solo si deve schernire come stolto, ma anche legare perché matto furioso. E l'unico motivo, come penso, sarebbe che non rispetta la norma dell'insegnamento. Ma gli ignoranti fanno delle cose biasimate e schernite dai dotti; gli imbecilli poi ne fanno di tali che non possono sfuggire neanche alla condanna degli ignoranti. In proposito non c'è dubbio. Tuttavia anche tali fatti, che riconosciamo come irrazionali, non sono fuori della ragione sufficiente. Un'altissima disciplina promette di far comprendere tale verità agli spiriti coscienti di sé e che amano soltanto Dio e lo spirito, e in maniera che le addizioni numerali non potrebbero essere più certe. La massa non ne ha neppure un vago indizio.
Educazione morale e civile dei giovani.
8. 25. Questa disciplina è la stessa legge di Dio che in lui rimane immutabile e inderogabile. Essa tuttavia è, per così dire, trascritta nelle anime filosofanti in maniera che esse sanno di vivere tanto meglio e tanto più dignitosamente quanto più perfettamente la meditano con l'intelligenza e quanto più diligentemente l'osservano nella vita. Questa disciplina propone quindi a coloro che vi si applicano un duplice procedimento da seguire, quello della pratica e quello della cultura. I giovanetti che vi si applicano devono vivere in maniera da astenersi dalla libidine, dalle lusinghe del ventre e della gola, dall'esagerata cura e ornamento della persona, dalle frivole occupazioni nei giuochi, dal torpore dell'accidia e della pigrizia, dall'emulazione, maldicenza e invidia, dall'ambizione agli onori e ai poteri e perfino dal desiderio smoderato della fama. Siano convinti che l'amore al denaro è sicuro veleno di ogni loro nobile aspirazione. Non agiscano né da codardi né da temerari. Nei confronti delle colpe dei soggetti cerchino di superare l'ira o la frenino in maniera da poterla considerare superata. Non portino odio ad alcuno. Trovino rimedio ad ogni vizio. Si guardino, nell'usare la sanzione, da ogni eccesso e, nel perdonare, da ogni difetto. Non puniscano se non giova al meglio, non siano indulgenti se può volgere al peggio. Considerino come famigliari coloro su cui è dato loro il potere. Considerino di essere a loro servizio in maniera di vergognarsi di aver potere su di loro ed usino il potere in maniera d'aver piacere di servirli. Nei torti ricevuti da estranei non siano molesti a chi non li riconosce. Evitino con molta circospezione gli odi, li tollerino con molta liberalità, li facciano cessare quanto prima è possibile. In ogni rapporto e relazione con le persone basta tener presente il detto popolare: Non facciano ad altri ciò che non vogliono sopportare. Non entrino nell'amministrazione dello Stato se non hanno raggiunto la piena formazione e si adoperino per raggiungerla nell'età in cui possono esser senatori o meglio in gioventù. E se qualcuno ha avuto una vocazione tardiva, non s'illuda che questi consigli non lo riguardano poiché li osserverà più facilmente in età avanzata. In ogni genere di vita, luogo e tempo abbiano degli amici o si adoperino per averli. Rendano omaggio ai degni anche se non lo sollecitano. Non si preoccupino dei superbi e non lo siano. Vivano nei limiti della possibilità e convenienza. Onorino, meditino e cerchino Dio fondati sulla fede, la speranza e la carità. Procurino la serenità e un effettivo svolgimento del proprio impegno e di quello degli amici e, per sé e per quanti possono, coscienza tranquilla e vita serena.
Razionalità come cultura (9, 26-15, 43)
a) Teoria di autorità e ragione (9, 26-11, 34)
Concetto di autorità e ragione.
9. 26. Ora devo esporre come devono essere istruiti coloro che si dedicano agli studi e hanno iniziato a vivere come è stato detto. All'apprendimento siamo condotti necessariamente da un duplice principio: l'autorità e la ragione. In ordine di tempo viene prima l'autorità, idealmente la ragione. Una cosa infatti è il principio che si suppone come stimolo all'attività ed altra ciò che si valuta come fine. L'autorità dei dotti è ritenuta più efficace per una massa ancora non istruita e la ragione più conveniente per le persone colte. Ma la persona colta non è stata sempre tale e chi non è istruito non sa in quali condizioni si deve presentare agli insegnanti e con quale metodo di vita può apprendere. Ne consegue che soltanto l'autorità può aprire la porta a tutti coloro che aspirano ad apprendere la morale, la fisica e la metafisica. Chi è entrato segue senza incertezze le regole della vita razionale. Reso da esse idoneo all'apprendimento, imparerà alfine di quanta razionalità fossero dotate le nozioni che ha conseguito prima del procedimento razionale, che cos'è la stessa ragione che egli ormai con costanza e capacità segue e intende dopo la culla dell'autorità, che cos'è il puro pensiero in cui esiste l'universale, che è anzi lo stesso universale, e che cos'è il trascendente principio degli universali. Pochi in questa vita possono giungere a una conoscenza di tal genere e nessuno, anche dopo questa vita, può superarla. Vi sono poi coloro che, contenti della sola autorità, danno atto con fermezza ai buoni costumi e agli onesti desideri, ma trascurano o non possono essere istruiti nelle discipline liberali e nobili. Non saprei come considerare felici costoro, poiché sono ancora nella vita terrena. Tuttavia credo fermamente che, dopo la loro morte, raggiungeranno la redenzione più o meno facilmente secondo che son vissuti più o meno bene.
Autorità magisteriale divina e umana.
9. 27. Il potere d'insegnare si divide in divino e umano. Soltanto quello divino è vero, certo e sommamente autorevole. In tale settore bisogna temere il mirabile potere di manifestarsi degli spiriti dell'aria. Essi, mediante magici segni nel mondo sensibile e con responsi, di solito facilmente ingannano le anime o curiose del loro destino terreno o desiderose di caduchi poteri o paurose di vani presagi. Si deve considerare divino l'insegnamento che non solo supera ogni umana facoltà nel produrre segni sensibili, ma influendo direttamente anche sull'uomo, gli mostra fino a qual punto si è abbassato per lui. Ordina inoltre a coloro, cui appaiono i suddetti segni straordinari, di non attenersi ai sensi, ma di ricorrere all'intelligenza. Fa loro comprendere nello stesso tempo la grandezza del proprio potere sul mondo, il fine per cui l'ha creato e il dominio che su di esso esercita. È necessario che faccia apparire nell'opera il proprio potere, nell'abbassarsi la propria clemenza, nel modo d'insegnare la propria essenza. Le stesse verità sono insegnate in forma più ineffabile ma con maggiore certezza nelle Sacre Scritture cui siamo iniziati. Con esse la vita dei buoni raggiunge la sicurezza non mediante discutibili opinioni ma con l'autorità dei dommi. L'insegnamento umano spesso è ingannevole. Appare tuttavia meritamente eccellente in quegli uomini i quali, per quanto può comprendere l'intendimento degli indotti, danno molte garanzie della loro dottrina e non vivono diversamente da come insegnano. E supponiamo che vi si aggiungano anche alcuni doni di fortuna e che essi appaiano nell'usarli grandi e più grandi nel disprezzarli. Allora è assai difficile che si possa biasimare chi crede alle norme di vita che impartiscono".
Il fondamento autorevole dell'insegnamento di Agostino.
10. 28. A questo punto intervenne Alipio: "È stato da te presentato davanti ai nostri occhi, in maniera esauriente e concisa ad un tempo, un nobile sistema di vita. E sebbene, secondo i tuoi consigli, continuamente ad esso aspiriamo, oggi tuttavia ci hai reso più desiderosi e fervorosi. Desidererei anche che non solo noi ma tutti gli uomini lo conoscano ed accettino, se è così attuabile nella pratica come è nobile nella teoria. In verità non so perché, e mi auguro che così non sia per noi, lo spirito umano, quando si sente esporre tali norme, le riconosce altissime, eterne e assolutamente vere, ma in quanto a farne oggetto del volere si comporta diversamente. Ritengo quindi che possono seguire un tal sistema di vita o uomini vicini a Dio o per lo meno non senza un particolare aiuto divino". Gli risposi: "Queste norme che a te, o Alipio, come sempre, assai piacciono, sebbene in questo momento sono state da me esposte, tuttavia non sono state da me inventate. E tu lo sai bene. Di esse sono pieni i libri di uomini eccellenti e assai vicini a Dio. E ho pensato di doverlo ammettere non per te ma per questi giovani affinché, nell'udire tali norme, non abbiano motivo per disprezzare la mia autorità. Non desidero affatto che mi credano se non in quanto dimostro e adduco ragioni. E penso che hai profferito quelle parole per stimolarli data l'importanza del problema. Difatti la pratica di tali norme per te non è difficile. Le hai accettate con tanto entusiasmo e le hai seguite con tale generosità della tua ammirevole indole che se io ti sono stato maestro nell'insegnamento, tu lo sei stato per me con l'esempio. Non ho motivo alcuno o per lo meno un pretesto per mentire. Non penso infatti di renderti più interessato allo studio con un falso elogio. D'altra parte i presenti ci conoscono entrambi e sarà destinatario di questo discorso un individuo, al quale né io né tu siamo sconosciuti.
Continuità della tradizione classica al tempo di Agostino.
10. 29. Per quanto ho potuto comprendere, se hai espresso bene il tuo pensiero, tu ritieni che gli uomini eccellenti e degni per nobiltà dei costumi sono in minor numero di quanto ritengo io. Molti tuttavia ti sono sconosciuti e di molti che ti sono noti ti è nascosta la dignità morale. Essa è nello spirito che non può apparire al senso. E il saggio, nell'intento di stabilire il dialogo con individui viziosi, propone tesi che potrebbero sembrare opinioni e propositi personali. Compie molte azioni non di propria scelta, ma o per evitare l'odio degli uomini o per non apparire stravagante. Noi, sentendone parlare o direttamente osservando, difficilmente possiamo supporre che le cose potrebbero star diversamente di come l'immediata esperienza ci attesta. Quindi di molti pensiamo che non siano tali quali essi stessi o i loro intimi li hanno descritti. Vorrei che te ne persuadessi dall'esempio di alcune degnissime personalità fra i nostri amici che noi soli conosciamo. L'errore si fonda su questo non trascurabile motivo che non pochi si convertono all'improvviso alla vita saggia e ammirevole e sono giudicati per quel che erano prima finché non si manifestano con qualche opera illustre. Ma non andiamo lontano. Qualsiasi persona, che prima conosceva questi giovanetti, non potrebbe credere che essi con tanto interesse compiono indagini su problemi importanti e all'improvviso in tale età fanno tanta lotta contro i piaceri. Rimuoviamo quindi dalla mente un tale pregiudizio anche perché l'aiuto divino che tu piamente, come conveniva, hai posto a conclusione del tuo discorso, esercita su tutti gli uomini la propria clemenza molto più largamente di quanto alcuni possono credere. Ma riprendiamo le fila del nostro discorso. E poiché abbastanza è stato detto dell'autorità, esaminiamo che cosa significa ragione.
Concetto di ragione.
11. 30. La ragione è l'atto della mente che ha il potere d'operare le analisi e le sintesi dei concetti. L'uomo può difficilmente valersi della sua guida per conoscere Dio e l'anima individuale e cosmica. Unico motivo è che è difficile per l'individuo condizionato dal mondo della sensibilità rientrare nel proprio Io. E poiché gli uomini s'impegnano di trattare il tutto col pensiero, pur attraverso gli oggetti sensibili, ne ignorano, salvo pochissimi, l'essenza e le proprietà. Sembra strano ma è così. Basta per il momento quanto ho detto poiché se volessi ora esporvi un sì grande argomento come deve essere compreso, sarei sciocco e pretenzioso ad un tempo perché presumerei di averne una conoscenza certa. Tuttavia, se c'è possibile, esaminiamo la ragione, come la discussione iniziata esige, nei limiti con cui essa ha potuto manifestarsi all'indagine nelle nozioni che riteniamo d'avere finora accertate.
L'essere ragionevole e l'essere razionale.
11. 31. E prima di tutto esaminiamo in qual senso viene usato di solito il termine di ragione. Ci deve soprattutto spingere all'indagine il motivo che l'uomo stesso fu dai filosofi classici definito: L'uomo è un animale ragionevole mortale (Aristotile, Top. 132b2; Sesto Emp., Pyrr. Hyp. 2, 25; Cicerone, Lucullus 7, 21). Vediamo che nella definizione, posto il genere il quale è determinato in animale, sono aggiunte due differenze. E con queste, come penso, si doveva ammonire l'uomo dove deve ritornare e da dove deve fuggire. Infatti come l'allontanamento dell'anima ha raggiunto la soggezione alla morte, così il ritorno deve essere verso la ragione. In una parola, in quanto ragionevole si differenzia dalle bestie, in quanto mortale dai valori. Se non conserverà il primo, diverrà bestia, se non si allontanerà dall'altro, non diverrà valore. E poiché gli uomini dotti sogliono con acume e perspicacia determinare la distinzione che esiste fra ragionevole e razionale, la distinzione non può essere trascurata ai sensi dei risultati che intendiamo raggiungere. Essi han detto che ragionevole è l'essere che usa la ragione o la può usare e che razionale è un prodotto della ragione nell'ordine dell'azione e del linguaggio. Possiamo quindi denominare razionali queste terme e il nostro discorso e ragionevoli il loro costruttore e noi che stiamo parlando. Quindi la ragione si produce dall'anima ragionevole nell'ordine dell'azione e del linguaggio.
Vista e udito come strumenti della ragione in quanto arte.
11. 32. Noto quindi due settori in cui possono apparire anche ai sensi il potere e la facoltà della ragione: le opere umane che si vedono e le parole che si odono. In entrambi la mente usa di due organi soggetti al meccanismo corporeo: di uno che è proprio della vista e di un altro che è proprio dell'udito. Quindi quando osserviamo un oggetto composto di parti raccordate fra di loro, giustamente diciamo che ci si presenta razionalmente. Allo stesso modo quando udiamo parole organicamente disposte, non esitiamo a dire che sono profferite razionalmente. Ma chiunque sarebbe schernito se dicesse: " Ha un odore razionale ", ovvero: "Ha un sapore razionale", ovvero: " Ha una morbidezza razionale". Si fa eccezione per gli oggetti che sono stati trattati dagli uomini per uno scopo in maniera che abbiano quell'odore, quel sapore o quel calore e così via. Ad esempio, qualcuno, comprendendo il motivo per cui è stato fatto, può dire che razionalmente odora un luogo, dal quale si fugano i serpenti con odori acri; ovvero può dire che la bevanda preparata dal medico è razionalmente amara o dolce o anche che il letto, fatto da lui riscaldare per l'ammalato, razionalmente è caldo e tiepido. Ma un individuo, entrando in un giardino e portando una rosa alle narici, non può vantarla: "Ma che fragranza razionale ha" neanche se il medico ha ordinato di sentirne l'odore. Nella fattispecie si dice che l'ordine è stato dato razionalmente, ma non che l'odore è razionale appunto perché esso è naturale. Allo stesso modo possiamo dire che una vivanda condita dal cuoco è razionalmente condita. Ma nel comune modo di parlare non si dice che ha un sapore razionale poiché non interviene una causa dal di fuori, ma si soddisfa ad un bisogno del momento. E se si esamina il vero motivo della dolcezza della pozione data dal medico all'ammalato, ne risulterebbe uno estraneo dovuto alla realtà delle cose, cioè al genere di malattia che non riguarda appunto il senso del gusto, ma in altro modo lo stato fisico. Supponiamo di chiedere a un tale che sta assaporando ghiottamente una vivanda il motivo della sua dolcezza e che egli risponda: "Perché mi piace", ovvero: "Perché ne ricevo piacere". Nessuno potrebbe dire che essa ha una dolcezza razionale a meno che il piacere sia riferito ad uno scopo e la vivanda gustata sia a tale scopo ammannita.
Vista e udito sensi estetici.
11. 33. Siamo in possesso, nei limiti della nostra indagine, di alcune orme della ragione nei sensi e per quanto riguarda la vista e l'udito nello stesso sentimento estetico che si ha. Gli altri sensi di solito non raggiungono razionalità in virtù della loro esteticità, ma per un motivo estraneo che è appunto un prodotto dell'animale ragionevole in vista del fine. Ciò che è di competenza della vista, in relazione alla quale si dice razionale la proporzione delle parti, si denomina bello. Ciò che è di competenza dell'udito, nell'atto che notiamo un razionale raccordo di suoni ovvero osserviamo che un canto ritmico è stato razionalmente composto, ormai con nome appropriato si denomina armonia. Tuttavia di solito non diciamo razionale l'effetto che si ha nelle cose belle per il diletto immediato e nell'armonia per le vibrazioni ritmiche e pure dell'arpa. Rimane quindi da ammettere che nell'esteticità di questi sensi è di pertinenza della ragione quell'effetto in cui si hanno proporzione e misura.
Proporzione e misura nelle arti visive e uditive.
11. 34. Allo scopo esaminiamo bene in questo edificio i particolari. Non possiamo non essere contrariati nel vedere una porta da un lato e l'altra posta vicino al centro, ma non proprio al centro della facciata. Infatti nelle strutture architettoniche, se non ve n'è necessità, la sproporzione delle masse sembra quasi contrariare la vista. Invece il fatto che tre finestre, una in mezzo e due ai lati, diffondono a spazi eguali luce nella stanza, se osserviamo bene, ci piace e attira a sé l'attenzione. Ed è cosa evidente che non deve essere esposta a voi con molte parole. Pertanto gli stessi architetti con termine tecnico definiscono ragione la proporzione e affermano che le masse disposte asimmetricamente non hanno una ragione. Il principio si estende largamente e si applica a quasi tutte le opere e le arti umane. Chi non comprende che nella poesia, in cui diciamo che si ha ragione spettante all'esteticità uditiva, la proporzione è operatrice di tutta l'armonia? Così, quando un mimo danza, per chi sa bene osservare, ogni gesto sta ad indicare una vicenda. E sebbene la mimica ritmica, mediante la proporzione, diletta direttamente la vista, tuttavia si deve dire che la pantomima è razionale perché, al di là del diletto sensibile, significa e manifesta chiaramente qualche cosa. Ma supponiamo che rappresenti, sia pure con armonici movimenti e atteggiamenti delle membra, Venere con le piume e Cupido col pallio. In tal caso non si può ritenere che contrari la vista, quanto piuttosto, mediante la vista, il sentimento al quale si propone la vicenda con tali segni. La vista sarebbe contrariata se il mimo non si muovesse armonicamente. Tale percezione appunto è funzione del senso ed in esso l'anima avverte l'effetto estetico per il fatto che è unita al corpo. Un conto è quindi il senso ed un altro è ciò che si avverte mediante il senso. Infatti il senso è dilettato dalla mimica ritmica, ma soltanto il sentimento, per la mediazione del senso, è dilettato dal contenuto estetico della mimica. Il fatto si avverte più facilmente nell'udito. Infatti ogni raccordo armonioso di suoni diletta e attira l'udito. Ma il contenuto, espresso adeguatamente dai suoni, sia pure per la mediazione dell'udito, si riferisce esclusivamente al sentimento. Così, quando udiamo i versi: Perché il sole invernale si affretta a tuffarsi nell'oceano e quale ostacolo ritarda le notti estive? (Virgilio, Georg. 2, 480-481), per un aspetto giudichiamo il ritmo e per un altro il pensiero. Non è il medesimo criterio per cui diciamo che è razionalmente ritmato e che è razionalmente espresso.
b) Le arti formali o della parola (12, 35 - 13, 38)
L'istruzione di primo grado e i mezzi espressivi.
12. 35. Si danno dunque tre settori in cui si manifesta la razionalità. Il primo è dell'etica, il secondo delle arti formali, il terzo dell'armonia. Il primo ci stimola a non compiere azioni irrazionalmente, il secondo a insegnare con metodo, il terzo a contemplare felicemente. Il primo riguarda i costumi, gli altri due le discipline di cui stiamo per trattare. Ora il potere razionale che è in noi, quel potere cioè che usa la ragione ed opera e scopre il razionale, per un certo vincolo naturale tende a far comunicare fra di loro gli individui che hanno in comune la ragione. D'altronde l'uomo non avrebbe potuto attuare rapporti validi col proprio simile se non mediante il colloquio e, per così dire, lo scambio di concetti e di pensieri. Allora la ragione scoprì che si dovevano imporre alle cose nomi, cioè suoni significativi, in maniera che gli uomini, i quali non possono intuire l'animo degli altri, per stringere vincoli sociali usassero del senso come mezzo di comunicazione. Ma non si potevano ascoltare le parole degli assenti, quindi la ragione scoprì i segni dell'alfabeto con la determinazione e distinzione di tutti i suoni vocalici e consonantici. Non poteva ottenere un tale risultato se la serie delle cose si poteva prolungare all'infinito senza un determinato limite. Data dunque l'impellente necessità fu avvertita l'utilità del numerare. Con la duplice invenzione sorse la professione degli insegnanti di lettere e di calcolo. Fu l'infanzia della grammatica che Varrone definisce esercizio alfabetico. Sul momento non ricordo bene come si dice in greco.
L'istruzione di secondo grado mediante grammatica e prosodia...
12. 36. La ragione, gradualmente evolvendosi, avvertì che fra i suoni articolati, già determinati in lettere, alcuni, con varia apertura di bocca, uscivano semplici e spontanei dalle labbra senza contatto degli organi vocali; che altri, nonostante il contatto degli organi, avevano un proprio suono; che altri infine non potevano essere profferiti senza essere associati ai primi. Quindi denominò le lettere, nell'ordine con cui sono state elencate, in vocali, semivocali e consonanti. Quindi considerò le sillabe. Poi le parole furono distribuite in otto generi formali e furono determinate con competenza e perspicacia l'etimologia, la morfologia e la sintassi. Non dimenticandosi del ritmo e della durata, pose attenzione alla varia lunghezza delle parole e delle sillabe e scoprì che la durata può essere doppia o semplice e che per la sua funzione le sillabe si pronunciano lunghe o brevi. Considerò tali proprietà e le sistemò in regole fisse.
... e letteratura.
12. 37. Poteva con ciò la grammatica avere la sua completezza. Ma col nome stesso essa dichiara di attendere alle lettere e per questo in latino si denomina anche letteratura. Avvenne dunque che quanto di degno di ricordo si consegnò alle lettere divenisse di sua competenza. Così a questa disciplina si associò la storia che come concetto è unitaria, ma come argomento è senza limiti, molteplice, piena più di ricerche affannose che di pregio letterario e di verità. E fu compito ingrato non tanto degli storici quanto dei grammatici. Non si può infatti sopportare che si reputi analfabeta chi non ha sentito parlare del volo di Dedalo, creatore di finzione chi lo ha inventato, imbecille chi vi crede e sfrontato chi ne discutesse la credibilità. Per questo io son solito compatire i nostri amici quando considero che son tacciati d'ignoranza se non rispondono come si chiamava la madre di Eurialo mentre essi non osano restituire a coloro che li interrogano la taccia di frivolezza, futilità e d'inabilità all'insegnamento.
Il terzo grado d 'istruzione mediante dialettica e retorica.
13. 38. La ragione dunque, dopo aver prodotto e ordinato la grammatica, avvertì di dover ricercare e configurare il potere con cui aveva creato la disciplina grammaticale. Difatti con le definizioni, le analisi e le sintesi non solo l'aveva attuata e organizzata, ma l'aveva anche garantita dall'errore. Non avrebbe potuto passare ad altre produzioni senza aver prima discriminato, configurato, espresso e manifestato i propri procedimenti e la propria tecnica nella disciplina delle discipline che denominano dialettica. Essa insegna ad insegnare, essa insegna ad apprendere. In essa la ragione stessa mostra con evidenza la propria natura, i propri intenti, i propri poteri. Essa ha scienza di avere scienza. Ed essa soltanto non ha solo la funzione ma anche la validità di creare scienza. Ma spesso gli ignoranti, per raggiungere la persuasione su problemi riguardanti il vero, l'utile e l'onesto, non seguono la verità raggiungibile da pochi spiriti eletti, ma piuttosto le proprie esperienze e disposizioni individuali. Si rese quindi indispensabile non solo istruirli secondo le loro capacità, ma spesso e soprattutto suscitare il loro interesse. La ragione chiamò retorica questa sua parte destinata a tale funzione. Essa, a causa della pienezza di ornamenti letterari da versare sul popolo perché si lasci guidare al proprio benessere, ha valore più tecnico che liberale. Fin qui è stata distribuita negli studi e discipline liberali quella parte del razionale che riguarda la parola.
c) Le arti reali ovvero del numero e dell'armonia (14, 39 - 15, 43)
L'armonia uditiva nei cori, auletica, citaristica;
14. 39. Dopo ciò la ragione ha voluto elevarsi alla beatificante visione del mondo ideale. Ma per non precipitare dall'alto cercò gli scalini e si costruì lo stesso procedimento di ascensione nel dominio già acquisito. Desiderava la bellezza da potere intuire direttamente e svelatamente senza la mediazione degli occhi. Ne era impedita dai sensi. Quindi volse per un po' lo sguardo ad essi che, affermando di possedere la verità, la ritraevano con importuno strepito mentre si accingeva a passare avanti. Cominciò dall'udito poiché esso affermava che le parole gli appartengono. Per esse aveva già creato la grammatica, la dialettica e la retorica. Ma lei, nel suo grande potere di discriminare, si accorse subito della differenza esistente fra il suono e ciò di cui esso è segno. Comprese che è di competenza dell'udito soltanto il suono e che esso è triplice: quello della voce articolata, quello prodotto da strumenti a fiato e quello prodotto da strumenti a percussione. Al primo si assegnano i tragici, i comici, cori del genere e tutti coloro che comunque cantano con la voce umana; il secondo è attribuito ai flauti e strumenti del genere; nel terzo si includono le cetre, le lire, i cembali e ogni strumento che si rende sonoro con la percussione.
nella poesia;
14. 40. Si accorgeva inoltre che questo mezzo sensibile non aveva valore se i suoni non venivano regolati dalla durata e da una proporzionata varietà di acuti e di gravi. Riconobbe allora che le basi erano quei valori che in grammatica, mentre valutava attentamente le sillabe, aveva definito piedi e accenti. Le fu facile notare dalle parole stesse che le sillabe brevi e le lunghe sono diffuse in un discorso pressappoco in quantità rispettivamente eguale. Si propose allora di disporre e unire i piedi in determinate strutture. Seguendo, in questa prima operazione, l'udito, articolò le strutture mediante commi e cola. Così li denominano. E affinché la sequenza dei piedi non si prolungasse al di là di quanto il suo criterio esigeva, stabilì una misura per il ritorno. E da esso appunto diede nome al verso. Denominò poi ritmi le strutture che non avevano misura mediante un limite ben definito, ma che comunque si svolgevano secondo una regola in determinate disposizioni di piedi. In latino non s'è potuto definirle altrimenti che prosa numerosa. Così diede vita ai poeti. E poiché in essi scorgeva non solo l'attenzione ai suoni, ma anche alla forma e ai contenuti, li onorò molto e diede loro il potere di costruire secondo il loro genio la favola poetica. E poiché essi traevano origine dalla prima disciplina formale, permise che i grammatici fossero i loro giudici.
nella musica come idea.
14. 41. In questo quarto scalino si accorgeva che tanto nella prosa ritmica come nei versi si ha il dominio dei numeri, e che essi sono una dimensione dell'universo. Ne considerò attentamente la natura. Trovò che hanno valore ideale e universale soprattutto perché con la loro mediazione aveva dato sistematicità a tutte le discipline suddette. E già cominciava a sopportare malvolentieri che la loro intelligibilità e purità fossero offuscate dal dato sensibile della parola. Ciò che la mente intuisce è sempre presente e perennemente immutabile ed anche i numeri appartengono a quest'ordine. Il suono al contrario è un dato sensibile, defluisce nel passato e si fissa nella memoria. Quindi, poiché ormai la ragione favoriva i poeti, con un mito razionale si favoleggiò che le Muse fossero figlie di Giove e di Memoria. (Ci dobbiamo proprio chiedere quale somiglianza ci sia fra generanti e generati?). L'altra disciplina pertanto, in quanto partecipe di senso e d'intelligenza, ebbe il nome di musica.
L'armonia visiva nello spazio (geometria) e nello spazio tempo (astronomia)...
15. 42. Passò quindi nel dominio degli occhi e percorse la terra e il cielo. Avvertì che per lei non aveva valore se non l'armonia e nell'armonia le figure, nelle figure le misure e nelle misure i numeri. E rifletté in se stessa se questa linea o questo cerchio o qualsiasi altra forma o figura sensibile è simile a quella che è oggetto dell'intelligenza. Trovò che sono molto più imperfetti e che non si può assolutamente paragonare l'oggetto visibile con l'oggetto dell'intuizione della mente. Analizzò e sistemò tutte queste nozioni, le raccolse in una scienza e la definì geometria. L'attraeva assai il movimento del cielo e la stimolava a considerarlo attentamente. Comprese che anche qui, attraverso le successioni uniformi dei tempi, il corso fisso e definito degli astri e le distanze esattamente stabilite, valeva l'esclusivo dominio della misura e dei numeri. E riducendo anche queste nozioni a sintesi mediante definizioni e analisi generò l'astronomia che è valida dimostrazione per gli spiriti religiosi e causa d'affanno per i superstiziosi.
... e nel numero puro (aritmologia).
15. 43. Nelle discipline elencate le si presentavano tutte nozioni riducibili al numero. Ed esse tuttavia apparivano di più alto valore in quelle misure che ella intuiva nella loro pura intelligibilità pensando e meditando in se stessa. Nelle cose sensibili al contrario ne ravvisava piuttosto un'ombra o un'orma. A questo punto si esaltò ed ebbe una grande presunzione. Osò dimostrare l'immortalità dell'anima. Esaminò tutto diligentemente, avvertì il proprio stragrande potere e che esso si confondeva con la legge aritmetica. La colpì un pensiero meraviglioso. Cominciò a ritener probabile che lei stessa fosse numero, quello ideale per cui l'universo è nel numero e, se non lo era, che esso fosse in quel mondo ideale che voleva raggiungere. Lo afferrò con tutte le forze in quanto esso poteva svelarle l'interezza della verità. È lo stesso di cui ha parlato Alipio nella indagine sugli accademici ed è come il Proteo fra le mani. I fenomeni che ci rappresentiamo nel succedersi dei numeri, nel loro fluire dal metempirico numero ideale, trascinano con sé la serie delle rappresentazioni e spesso fanno svanire il numero nell'atto stesso che viene afferrato.
Sapere e filosofare (16, 44-20, 54)
a) Scienza come unità delle discipline (16, 44-17, 46)
Scienza proveniente dalle discipline.
16. 44. Chi non si arresta ai fenomeni e sistema in unità scientifica tutte le nozioni diffusamente e variamente formulate in tante discipline è degno del nome di uomo colto. Egli ormai può criticamente indagare sul mondo intelligibile che deve accettare non soltanto per fede, ma intuire, spiegare ed averne certezza. Ma v'è chi è schiavo del sensibile e anela alle cose caduche ovvero chi le fugge e vive nella temperanza, ma non ha scienza della quiddità del non essere, della materia informe, della sostanza inorganica, del corpo e di ciò che è inorganico nel corpo, dello spazio del tempo e dell'essere nello spazio e nel tempo, del moto locale del divenire, del divenire fuori tempo, della durata, dell'essere fuori dello spazio e d'ogni sua parte e dell'essere fuori del tempo e nell'eternità, del non essere nello spazio e del non essere fuori dello spazio, del non essere nel tempo e del non essere fuori del tempo. Chi dunque non ha scienza di queste nozioni e vorrà indagare e disputare non dico di Dio, di cui si ha meglio scienza con scienza negativa, ma della propria anima, cadrà in ogni errore possibile. Avrà conoscenza di tali oggetti chi comprenderà i numeri puri e intelligibili. E lì comprenderà certamente chi, e per capacità di mente e per maturità di pensiero e per libertà spirituale e per costante applicazione nello studio, avrà seguito, per quanto è richiesto, il suddetto metodo d'apprendimento del sapere. E poiché tutte le discipline liberali si apprendono parte per la vita pratica e parte per l'attività teoretica e speculativa, è assai difficile averne il possesso. Si eccettua il caso di chi, fin dall'infanzia, essendo di pronto ingegno, vi si sia applicato con tenacia e perseveranza.
Scienza, saggezza e moderazione.
17. 45. Ma per quanto se ne richiede alla nostra indagine ti prego, o madre, non ti spaventi questa immensa selva di nozioni. Se ne sceglieranno soltanto alcune assai limitate nel numero, assai efficienti allo scopo, ma piuttosto difficili per molti a comprendersi. Ma la tua mente si rinnova di giorno in giorno. Mi accorgo inoltre che il tuo spirito, o per maturità o per l'ammirevole moderazione, tenendosi lontano da ogni banalità e distaccandosi dalla passione, s'è levato a grande dignità interiore. Per te quindi saranno tanto facili quanto sono difficili per gli ingegni torpidi e per coloro che vivono nella passione. Mentirei se dicessi che tu raggiungerai un modo di parlare privo di difetti di forma e d'espressione. Io ho dovuto apprendere tali nozioni per esigenza di professione. Eppure gli italiani ancora mi scherniscono per la pronuncia di molte parole e per ricambio sono da me rimproverati sempre per questioni di pronuncia. Un conto è aver garanzie dalla cultura e un conto è averle dall'appartenenza ad una nazione. Un uomo dotto, se mi segue attentamente, potrà scoprire nel mio modo di dire quelli che chiamano solecismi. Ma c'è stato un individuo il quale con dimostrazione eruditissima m'ha convinto che perfino Cicerone ha commesso simili peccati di forma. È stata poi rilevata in lui ai nostri giorni tale abbondanza di barbarismi da far sembrare barbaro perfino il discorso con cui fu salvata Roma. Ma tu, disprezzati questi problemi come puerili ovvero come non di tua competenza, conosci così bene la forza e la natura quasi divina dell'arte dell'esprimersi che ne hai ritenuto lo spirito e ne hai lasciato il corpo agli eruditi.
Scienza che dispone al filosofare.
17. 46. Direi altrettanto delle altre arti. Ma se tu le disprezzi per quanto posso osare come figlio e per quanto lo permetti, ti raccomando di conservare con fermezza e prudenza la tua fede che hai attinto dalle sacre Scritture e di rimanere con perseveranza e vigilanza nella vita e costumi attuali. Sono oscuri e tuttavia d'ordine intelligibile i seguenti problemi. Come si concilia che Dio non opera il male, sia onnipotente e avvengano tanti mali? A quale fine ha creato il mondo, egli che non aveva bisogno? Il male è sempre esistito o ha avuto inizio nel tempo? Nell'ipotesi che sempre sia esistito, è dipeso dalla legge divina? In tal caso anche il mondo sensibile è sempre esistito perché il male dipendesse dalla disposizione divina? Nell'ipotesi che il mondo abbia avuto inizio e prima che lo avesse, come il male era frenato dalla potenza divina? E che bisogno v'era di creare il mondo in cui, per pena delle anime, rientrasse il male che la potenza divina frenava? Se poi vi fu un tempo in cui il male non rientrava nel governo di Dio, a parte che è stolto, per non dire empio, affermare che in Dio sia sorta una nuova disposizione, quale improvviso mutamento avvenne che fino a quel momento era stato escluso dall'essere eterno? Se poi affermiamo che il male non fu subordinato a Dio e gli si oppose, come alcuni affermano, ogni uomo di scienza ci schernirà e chi non è di scienza si sdegnerà. Come infatti questa inconcepibile idea del male poté ribellarsi a Dio? Se rispondono che non lo poté, non vi fu ragione della creazione del mondo. Se affermano che lo poté, è imperdonabile errore ritenere Dio violabile almeno nel senso da non concedergli di provvedersi con la propria potenza contro la violazione dal proprio essere. Essi infatti affermano che l'anima è una particella dell'essere divino posta in questo mondo a scontare una pena. Sarebbe poi da empi e misconoscenti ammettere che il mondo non è stato prodotto, perché ne conseguirebbe che Dio non l'ha creato. Quindi circa tali problemi o s'indaga sulla base della suddetta formazione culturale o non si deve indagare affatto.
b) Il filosofare che giustifica per riduzione all'unità (18, 47 - 19, 51)
Il filosofare mediante la ragione matematica tende all'uno...
18. 47. E poiché non si pensi che abbiamo svolto largamente l'argomento, ripeterò più chiaramente e brevemente che alla conoscenza di simili oggetti non si può aspirare senza il duplice fondamento scientifico della vera dialettica e della validità della matematica. Se qualcuno pensa che questo è troppo, conosca bene o la sola matematica o la sola dialettica. Se anche questo non sembra un limite, sappia soltanto che cos'è l'unità numerica e quale la sua validità non ancora nella sovrana struttura universale e ragione ideale dell'universo, ma nei dati immediati della nostra quotidiana esperienza conoscitiva e pratica. Il pensiero filosofico implica questa iniziale formazione al sapere e lo studioso in essa non troverà altro che la definizione dell'uno, ma posto in un ordine superiore e intelligibile. E duplice è il problema della filosofia, l'uno riguardante l'anima, l'altro Dio. Il primo c'induce a conoscere noi stessi, l'altro il principio del nostro essere. L'uno è per noi più dilettevole, l'altro più prezioso. Quello ci rende degni della felicità, questo felici. Il primo spetta a coloro che ancora apprendono, questo a coloro che hanno appreso. Questo è il procedimento razionale del filosofare. Con esso l'uomo si rende idoneo a comprendere il principio razionale dell'universo, cioè a distinguere due mondi e lo stesso creatore dell'universo. Di lui nella mente non v'è altra scienza che avere scienza dell'impossibilità di averne scienza.
... mediante la forza dialettica del pensiero.
18. 48. La mente applicatasi al filosofare, conservando tale procedimento, dapprima prende coscienza di sé. E la mente già formata al sapere ritiene che la ragione o è sua o è lei stessa, che nella ragione nulla v'è di più valido e funzionale del procedimento matematico o che la ragione stessa è procedimento matematico. Quindi dirà a se stessa: Io per un mio potere interiore e occulto posso operare analisi ovvero sintesi sugli oggetti da apprendere e questo mio potere si chiama ragione. E la sintesi si deve operare sull'oggetto che si presenta come uno e non lo è, ovvero non è tanto uno come si manifesta. Così, perché operare la sintesi su un oggetto se non perché diventi uno quanto è possibile? Quindi tanto nelle analisi come nelle sintesi voglio l'uno, tendo all'uno. Ma quando opero l'analisi, lo voglio nella sua distinzione e quando opero la sintesi, lo voglio nella sua totalità. Con la prima operazione si eliminano le note non pertinenti, con la seconda si aggiungono quelle pertinenti perché si abbia l'uno nella sua interezza. Tutte le parti e tutte le proprietà della pietra, perché sia pietra, si sono composte nell'uno. E l'albero ci sarebbe se non fosse uno? E le membra di qualsiasi animale e le viscere e tutte le parti che lo compongono? Se rimanessero separate, non vi sarebbe l'animale. E gli amici non aspirano ad essere uno? E quanto più sono uno, tanto più sono amici. I cittadini costituiscono un solo Stato. Ad esso è dannoso il dissenso. E che cos'è il dissentire se non il non sentimento dell'unità? Di molti soldati si compone un solo esercito. Ed ogni moltitudine tanto meno facilmente viene dispersa quanto maggiormente aderisce all'unità. Ed appunto lo strumento che congiunge nell'uno è stato chiamato cuneo, come a dire "insieme nell'uno". E l'amore nei suoi vari aspetti? Chi ama vuol divenire una sola cosa con l'oggetto amato e, se gli è dato, con esso unificarsi. La passione stessa genera un forte godimento perché i corpi che si amano si uniscono. E il dolore perché ci contraria? Perché tende a dissociare ciò che era uno. Quindi è spiacevole e svantaggioso farsi uno con un oggetto da cui si può esser separati.
Pensiero-ragione che trascende la natura...
19. 49. Da molti elementi sparsi disordinatamente e poi radunati secondo una struttura unitaria io costruisco una casa. Io valgo di più perché la faccio ed essa è fatta. E valgo di più appunto perché faccio. Non v'è dubbio che proprio per tale motivo valgo più della casa. Ma non per lo stesso motivo valgo di più della rondine e dell'ape poiché la prima tanto ingegnosamente costruisce i nidi e la seconda i favi. Valgo di più perché sono un animale dotato di ragione. Ma se la ragione consiste nelle misure razionalmente disposte, forseché la costruzione degli uccelli non è misurata proporzionatamente e convenientemente? Anzi ha esattezza matematica. Quindi valgo di più non perché eseguisco opere matematicamente esatte ma perché conosco l'esattezza matematica. Ma allora? Gli uccelli possono realizzare cose matematicamente esatte pur non avendone scienza? Lo possono certamente. Da dove l'hanno appreso? Da quello stesso principio per cui anche noi adattiamo in determinate proporzioni la lingua ai denti e al palato perché ne escano lettere e parole. Non pensiamo tuttavia nel parlare con quale movimento della bocca lo facciamo. Inoltre chi ha una bella voce, anche se non conosce la musica, per dote naturale ritiene nel cantare il ritmo e la melodia conservate nella memoria. E che cosa vi è di più aritmeticamente esatto? L'uomo ignorante non ne ha scienza, ma li eseguisce per dono di natura. Quando dunque vale di più e deve essere anteposto alle bestie? Quando sa quel che fa. Ma soltanto il fatto che sono animale dotato di ragione mi antepone alla bestia.
... ed è quindi indefettibile;
19. 50. Com'è dunque possibile che la ragione sia immortale ed io per definizione un essere insieme ragionevole e mortale? Forse la ragione non è immortale? Ma che il rapporto fra uno e due è il medesimo che fra due e quattro è un principio razionale assolutamente vero. E questo principio non fu più vero ieri che oggi e non sarà maggiormente vero domani o fra un anno. E anche se il mondo venisse a mancare, è impossibile che tale principio razionale cessi. Esso è sempre identico a sé; al contrario il mondo sensibile ieri non ha avuto e domani non avrà ciò che ha oggi. Oggi stesso, nell'intervallo di un'ora, non ha avuto il sole nel medesimo punto dello spazio. E poiché nel mondo non v'è nulla d'immutabile, non v'è, anche in un piccolo intervallo di tempo, qualche cosa che non soggiaccia al divenire. Quindi se il pensiero è immortale ed io che sto facendo analisi e sintesi sono pensiero, la parte per cui sono considerato mortale non è il mio Io. Allo stesso modo se l'anima non è il medesimo che il pensiero e tuttavia io uso il pensiero e mediante il pensiero valgo di più, dobbiamo elevarci dalla parte peggiore alla migliore, dal mortale all'immortale. L'anima istruita riflette e medita su questi e molti altri problemi. Non voglio esporli per non oltrepassare, mentre v'insegno il principio razionale, la misura che è generatrice del principio razionale. Gradualmente l'anima si lascia guidare non solo dalla fede ma anche da una valida ragione alla nobiltà dei costumi e della vita. E se ella avrà vera visione del valore e dell'esattezza delle proporzioni numeriche, le sembrerà assai indegno e motivo di pianto che in virtù del suo sapere un verso procede bene e la cetra è in accordo col canto mentre la sua vita ed ella stessa, che è anima, procede fuori sentiero e, a causa del dominio della passione e il turpe frastuono dei vizi, è in disaccordo con se stessa.
e induce alla contemplazione dell'armonia sovrana.
19. 51. E quando avrà attuato in sé l'unità, l'ordine, l'armonia e la bellezza, potrà aver visione di Dio e della sorgente stessa da cui deriva ogni vero e dello stesso Generatore di verità. O grande Dio, come saranno quegli occhi! Quanto sani, quanto belli, quanto penetranti, quanto intenti, quanto sereni, quanto beatificati! E che cosa veggono? Che cosa, prego? Che cosa possiamo ritenere, giudicare o esprimere? Ci si presentano le parole del nostro comune linguaggio, ma esse sono rese profane perché adatte soltanto ad esprimere cose banali. Non posso dir di più se non che si promette la visione dell'armonia, dalla cui partecipazione il mondo sensibile è bello, al cui paragone è deforme. C'è chi può vederla. E la vedrà chi bene vive, chi bene prega, chi bene attende al filosofare. E non lo potrà turbare il fatto che qualcuno, desideroso di aver figli, non li ha, che un altro li esponga perché ne ha in abbondanza, che un altro, mentre stanno per nascere, non vorrebbe averli, ma una volta nati li ama. Comprenderà non essere assurdo che nulla avviene che non sia in Dio, da cui ogni cosa ha la sua necessaria ragion d'essere e che Dio tuttavia non si prega invano. Infine in che maniera le difficoltà, i pericoli, le sofferenze o le lusinghe della fortuna possono turbare quell'uomo? Dobbiamo infatti attentamente considerare la funzione di tempo e di spazio in questo mondo sensibile. Se è nell'armonia ciò che è posto in una porzione di spazio e di tempo, si deve comprendere che molto più valore ha il tutto in cui rientra quella porzione. Al contrario se è disarmonico ciò che è posto in una porzione, deve esser chiaro all'uomo di scienza che appare disarmonico soltanto perché non si ha la visione del tutto, cui quella porzione mirabilmente si adatta e che nel mondo intelligibile qualsiasi parte è bella e perfetta come il tutto. Questi concetti saranno esposti più largamente se i vostri studi cominceranno a tenere e, con matura perseveranza, conserveranno o il procedimento da me indicato o forse un altro più breve e adatto, comunque un razionale procedimento. Così esorto e spero.
c) Conclusione e congedo (20, 52-54)
Esorta la madre alla fede, Alipio allo studio.
20. 52. Ma affinché lo possiamo, ci si deve impegnare seriamente alla dignità morale. Diversamente Dio non potrà esaudirci. Esaudisce invece largamente chi vive bene. Preghiamo dunque non perché ci siano date ricchezze, onori e simili beni caduchi, incerti, malgrado qualsiasi sforzo, ma quelli che ci rendono buoni e felici. A te, soprattutto, o madre, affidiamo il ruolo che i nostri desideri si adempiano nella fede. Io credo senza incertezze e affermo che per le tue preghiere Dio mi ha concesso l'intenzione di non preporre, non volere, non pensare, non amare altro che il raggiungimento della verità. E continuo a credere che per le tue richieste conseguiremo un bene tanto grande cui abbiamo per i tuoi meriti aspirato. E perché dovrei esortare e consigliare te, o Alipio? Comunque non hai ecceduto perché di certe cose si può giustamente dire che sempre poco e mai troppo si amano".
Agostino e le dottrine esoteriche di Pitagora nel complimento finale dell'uditore anziano.
20. 53. Mi rispose: "La dottrina di uomini assai colti e insigni ci sembrava, per l'altezza del pensiero, inaccessibile. Ma tu hai ottenuto che su di essa, mediante la quotidiana meditazione e l'autorità che ti riconosciamo, non rimangano incertezze. Possiamo anzi, se fosse necessario, affermarlo con giuramento. Non è stata oggi sotto i nostri occhi dischiusa la veneranda e quasi divina dottrina che a diritto è stata ritenuta e riconosciuta di Pitagora? Hai infatti brevemente e chiaramente indicato le norme di vita e non tanto i sentieri quanto anche i terreni senza traccia e il fluido mare del sapere e perfino, ed era questo un valore custodito con disciplina esoterica dal grande filosofo, il luogo, le caratteristiche e gli eletti del santuario di verità. E sebbene noi abbiamo motivo di supporre e di credere che hai verità ancora più esoteriche, pensiamo che mancheremmo di delicatezza se volessimo chiedere ancora qualche cosa".
La risposta al complimento ed esortazione per i non eletti al filosofare.
20. 54. Risposi: "Accetto volentieri quanto hai detto. Non mi danno infatti piacere o mi confortano le tue parole che non sono vere ma l'animo sincero nelle parole. Ed è proprio bene che abbiamo stabilito d'inviare questi scritti al nostro amico che è solito dire apertamente molte bugie sul mio conto. Se per caso altri li leggeranno, non temo che si sdegnino contro di te. Chi infatti non perdona con magnanimità ad un errore di valutazione fatto da una persona che ama? Hai ricordato Pitagora. Non so per quale occulta disposizione divina, come credo, ti sia venuto in mente. M'era sfuggito del tutto un motivo molto importante che io nell'insigne filosofo approvo completamente e che, come sai, inculco quasi ogni giorno. Do per ipotesi che si debba credere agli scritti degli storici. Ma a Varrone chi non crederebbe? Pitagora dunque, secondo costui, comunicava per ultimo la teoria sull'amministrazione dello Stato ai suoi uditori ormai istruiti, perfetti, saggi e felici. Vi vedeva infatti tante tempeste da voler abbandonare ad esse soltanto un uomo che nel governo potesse evitare quasi per divino istinto gli scogli e, se gli fossero mancate tutte le difese, divenisse egli stesso scoglio alle onde. Soltanto del saggio in definitiva si può dire con verità: Egli ha resistito come un incrollabile scoglio nel mare (Virgilio, Aen. 7, 586) e i concetti che seguono, espressi in questo senso da versi assai belli". Qui si pose fine alla discussione. Sciogliemmo la seduta con piena soddisfazione ed entusiasmo di tutti. Era stato già portato il lume della notte.
Parte 2
Quaderno I - Santa Faustina Kowalska
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I° Quaderno - Parte 2
UNA PIÙ APPROFONDITA CONOSCENZA DI DIO ED IL TERRORE DELL'ANIMA.
In principio Iddio si fa conoscere come santità, giustizia, bontà, cioè Misericordia. L'anima non conosce tutto ciò ad un tratto, ma in singoli momenti fra i lampi, cioè negli incontri con Dio. E questi non durano a lungo, poiché non sopporterebbe quella luce. Durante la preghiera l'anima percepisce un lampo di tale luce, che le rende impossibile pregare come ha fatto fino ad allora. Può sforzarsi quanto vuole ed imporsi di pregare come faceva prima; sarà tutto inutile. Diviene assolutamente impossibile continuare a pregare come faceva prima di aver ottenuto quella luce. Tale luce che ha colpito l'anima è viva in lei e nulla può né soffocarla, né parzialmente oscurarla. Questo lampo di conoscenza di Dio trascina la sua anima e l'infiamma d'amore per Lui. Ma contemporaneamente quello stesso lampo fa conoscere all'anima chi essa è e vede tutto il suo intimo in una luce superiore e si alza inorridita e spaventata. Non rimane però in quello spavento, ma incomincia a purificarsi, a umiliarsi, ad abbassarsi davanti al Signore e quelle luci sono più forti e più frequenti; quanto più l'anima diventa limpida come il cristallo, tanto più quelle luci sono penetranti. Tuttavia se l'anima ha risposto fedelmente e con decisione a queste prime grazie, Iddio ricolma l'anima con le Sue consolazioni, si dona a lei in modo sensibile.
L'anima a momenti entra quasi in rapporti di intimità con Dio e gioisce enormemente; ritiene di aver già raggiunto il grado stabilito di perfezione, poiché gli errori ed i difetti sono assopiti in lei, ed essa pensa che non ci siano più. Niente le sembra difficile, è preparata a tutto. Comincia ad immergersi in Dio ed a gustare le delizie del Signore. E trascinata dalla grazia, e non si rende affatto conto di ciò, del fatto che può arrivare il tempo della prova e della lotta. Ed in realtà questo stato non dura a lungo. Verranno altri momenti, ma debbo ricordare che l'anima risponde più fedelmente alla grazia di Dio, se ha un confessore illuminato ed al quale confida tutto. Prove inviate da Dio ad un'anima a Lui particolarmente cara. Tentazioni e tenebre. Satana. L'amore di quell'anima non è ancora tale quale lo desidera Iddio. L'anima improvvisamente perde la presenza di Dio. Si manifestano in essa diversi errori e difetti, coi quali deve ingaggiare una lotta accanita. Tutti gli errori sollevano il capo, ma la sua vigilanza è grande. Al posto della precedente presenza di Dio è subentrata l'aridità e la siccità spirituale: non prova gusto nelle pratiche di pietà; non può pregare, né come prima, né come prega adesso. Si butta da ogni parte e non trova soddisfazione. Dio si è nascosto a lei ed essa non trova soddisfazione nelle creature e nessuna creatura sa confortarla. L'anima desidera Iddio appassionatamente, ma vede la propria miseria, comincia a sentire la giustizia di Dio. Vede come se avesse perso tutti i doni di Dio: la sua mente è come annebbiata; il buio investe tutta la sua anima; comincia un tormento inconcepibile. L'anima ha cercato di descrivere lo stato della propria anima al confessore, ma non è stata compresa. Sprofonda in un'inquietudine ancora maggiore. Satana dà inizio alla sua opera. La fede rimane esposta al fuoco. La battaglia qui è accanita. L'anima compie sforzi; persevera accanto a Dio con l'impegno della volontà. Satana, col permesso di Dio, si spinge ancora più avanti; la speranza e l'amore sono alla prova. Queste tentazioni sono tremende! Dio sostiene l'anima come di nascosto - questo lei non lo sa - poiché diversamente non potrebbe resistere. E Dio sa quello che può inviare ad un'anima. L'anima è tentata di incredulità riguardo alle verità rivelate, di insincerità di fronte al confessore.
Satana le dice: « Guarda, nessuno ti capirà; a che scopo parlare di tutto questo? ». Nelle sue orecchie risuonano parole, da cui essa è terrorizzata e le sembra di pronunciarle contro Dio. Vede cose che non vorrebbe vedere. Sente cose che non vorrebbe sentire. Ed è una cosa tremenda in quei momenti non avere un confessore esperto; sopporta da sola tutto il peso. Ma per quanto è in suo potere dovrebbe procurarsi un confessore illuminato, poiché può spezzarsi sotto tale peso e spesso si trova sull'orlo dell'abisso! Tutte queste prove sono pesanti e difficili, ed Iddio non le manda ad un anima che in precedenza non sia stata ammessa ad un più profondo rapporto con Lui e che non abbia gustato le dolcezze del Signore, ed anche in questo Dio ha i suoi scopi insondabili per noi. Spesso Iddio in modo analogo prepara le anime per scopi futuri, per grandi imprese, e le vuole provare come oro puro. Ma questa non è ancora la fine della prova. C'è ancora la prova delle prove, cioè il rigetto totale da parte di Dio.
LA PROVA DELLE PROVE, L'ABBANDONO ASSOLUTO, LA DISPERAZIONE.
Quando l'anima esce vittoriosa dalle prove precedenti e, sebbene forse incespicando, continua a combattere valorosamente, e con profonda umiltà grida al Signore: « Salvami, che perisco! », ed è ancora abile alla lotta, allora un buio tremendo avvolge l'anima. L'anima vede dentro di sé soltanto peccati. Ciò che prova è tremendo. Si vede abbandonata completamente da Dio; sente come se fosse oggetto del Suo odio ed è ad un passo dalla disperazione. Si difende come può; tenta di risvegliare la fiducia, ma la preghiera è per lei un tormento ancora maggiore: le sembra di spingere Dio ad adirarsi di più. E come se fosse posta su di un'altissima vetta che si trova sopra un precipizio: l'anima anela fervidamente verso Dio, ma si sente respinta. Tutti i tormenti ed i supplizi del mondo sono nulla in confronto alla sensazione in cui è completamente immersa, cioè il rigetto da parte di Dio. Nessuno le può arrecare sollievo. Vede che è tutta sola; non c'è nessuno in sua difesa. Alza gli occhi al cielo, ma sa che non è per lei; tutto, per lei, è perduto. Dalle tenebre cade in tenebre ancora più fitte. Le sembra di aver perduto Dio per sempre, quel Dio che amava tanto. Questo pensiero le procura un tormento indescrivibile; ma essa non si rassegna a ciò. Prova a guardare verso il cielo - ma invano - ciò le procura un tormento ancora più grande.
Nessuno può illuminare una tale anima, se Iddio vuole tenerla nelle tenebre. il rigetto da parte di Dio lo sente in modo vivamente terrificante. Erompono dal suo cuore gemiti dolorosi, così dolorosi, che nessun ecclesiastico confessore li comprende, se non c'è passato lui stesso. Allora l'anima subisce ancora sofferenze da parte dello spirito maligno. Satana la schernisce: « Vedi come sei ridotta? Continuerai ad essere fedele? Eccoti la ricompensa: sei in nostro potere ». (Però Satana ha tanto potere su quell'anima, quanto Iddio gliene permette. Dio sa quanto possiamo resistere). « E cosa hai guadagnato per esserti mortificata? E che ricavi ad esser fedele alla regola? A che scopo tutti questi sforzi? Sei respinta da Dio! ». Quella parola « respinta » diviene un fuoco che penetra in ogni nervo fino al midollo delle ossa, trapassa da parte a parte tutto il suo essere. Giunge ora il momento supremo della prova. L'anima non cerca più aiuto; si chiude in se stessa e perde di vista tutto ed è quasi come se si rassegnasse al tormento di essere respinta. E un momento questo che non so definire. E l'agonia dell'anima. Quando quel momento cominciò ad avvicinarsi a me la prima volta, ne fui liberata in virtù della santa obbedienza. Fu la Maestra che vedendomi si spaventò e mi mandò a confessarmi. Il confessore però non mi comprese; non provai nemmeno un'ombra di sollievo. O Gesù, dacci dei sacerdoti esperti! Quando gli dissi che stavo passando nell'anima le pene infernali, mi rispose che era tranquillo per la mia anima, poiché vedeva nella mia anima una grande grazia di Dio. Io però di questo non capii nulla e nemmeno un piccolo raggio di luce penetrò nella mia anima.
Ormai comincio a sentire la mancanza delle forze fisiche e non riesco più a far fronte ai miei doveri. Non posso più nascondere le sofferenze, benché non dica nemmeno una parola su quello che soffro; il dolore tuttavia che si riflette sul mio volto mi tradisce e la Superiora mi ha detto che le suore vanno da lei e dicono che quando in cappella mi guardano provano compassione per me, dato che ho un aspetto così spaventoso. Tuttavia, nonostante gli sforzi, l'anima non è in grado di nascondere tale sofferenza. Gesù, Tu solo sai come l'anima gema in questi tormenti, immersa nelle tenebre; e tuttavia ha fame e sete di Dio, come le labbra infuocate hanno sete di acqua. Muore e inaridisce; muore di una morte che non fa morire, cioè non può morire. I suoi sforzi non sono nulla. Essa sta in balia di una mano potente. Ora la sua anima passa sotto il potere del Giusto. Cessano tutte le tentazioni esterne, tace tutto ciò che la circonda, come un agonizzante non ha più la percezione di quello che gli sta attorno: tutta la sua anima è raccolta sotto la potenza del Giusto e tre volte santo Iddio. Respinta per l'eternità.
Questo è il momento più teso e soltanto Iddio può provare un'anima in questo modo, poiché Lui solo sa che l'anima può sopportarlo. Quando l'anima è stata compenetrata da parte a parte da quel fuoco infernale, precipita quasi nella disperazione. La mia anima sperimentò questo momento quando ero in cella tutta sola. Quando l'anima cominciò a sprofondare nella disperazione, sentii che stava giungendo la mia agonia. Allora afferrai un piccolo crocifisso e lo strinsi spasmodicamente in mano. Sentii che il mio corpo si distaccava dall'anima e, sebbene desiderassi andare dai Superiori, non avevo più le forze fisiche. Pronunciai le ultime parole: « Confido nella Tua Misericordia», e mi sembrò quasi di aver spinto Iddio ad un'ira ancora più grande e sprofondai proprio nella disperazione e solo di tanto in tanto erompeva dall'anima mia un lamento doloroso, un lamento inconsolabile. L'agonia dell'anima. E mi sembrava che ormai sarei rimasta in quello stato, dato che con le mie forze non avrei potuto uscirne. Ogni ricordo di Dio è un mare indescrivibile di sofferenze, eppure c'è qualcosa nella mia anima che anela fervidamente a Dio; ma a lei sembra che abbia solo lo scopo di farla soffrire di più. Il ricordo del precedente amore, che Dio le aveva elargito, è per lei un tormento di nuovo genere. I Suoi occhi l'han trapassata da parte a parte e tutto è stato bruciato nell'anima dallo sguardo di Lui. Fu un lungo momento finché entrò nella cella una delle suore e mi trovò quasi morta. Si spaventò e andò dalla Maestra, che in virtù della santa obbedienza mi ordinò di alzarmi da terra ed all'istante sentii le forze fisiche e mi sollevai da terra tutta tremante. La Maestra conobbe subito in pieno lo stato della mia anima. Mi parlò dell'insondabile Misericordia di Dio e disse: « Non si preoccupi affatto, sorella; glielo ordino in virtù dell'obbedienza ». E mi disse ancora: « Ora vedo che Iddio la chiama ad una grande santità. Il Signore vuole averla vicino a Sé, dato che permette queste cose e così presto. Sia fedele a Dio, sorella, poiché questo è un segno che la vuole in alto nel cielo ». Io però non capii nulla di quelle parole.
Quando entrai in cappella sentii come se tutto si fosse staccato dalla mia anima, come se fossi appena uscita dalle mani di Dio. Sentii l'inafferrabilità della mia anima. Sentii che ero una piccola bimba. All'improvviso vidi interiormente il Signore, il quale mi disse: « Non temere, figlia Mia, Io sono con te ». In quello stesso momento svanirono tutte le tenebre e le angosce, i sensi furono inondati da una gioia indescrivibile, le facoltà dell'anima ripiene di luce. Voglio ricordare ancora che, sebbene la mia anima fosse già sotto i raggi del Suo amore, le tracce del supplizio passato rimasero ancora per due giorni nel mio corpo. Il volto pallido come quello di una morta, gli occhi iniettati di sangue. Solo Gesù sa quello che ho sofferto. In confronto alla realtà, è sbiadito quello che ho scritto. Non so come esprimermi. Mi sembra di essere tornata dall'aldilà. Provo disgusto per tutto ciò che è creato. Mi stringo al Cuore del Signore come un lattante al petto della madre. Guardo alle cose con occhi diversi. Sono consapevole di quello che ha fatto il Signore con una parola nella mia anima; di questo vivo. Al solo ricordo del martirio passato, mi vengono i brividi. Non avrei creduto che si potesse soffrire così, se io stessa non l'avessi passato. E una sofferenza completamente spirituale. Tuttavia in tutte queste sofferenze e battaglie non ho mai tralasciato la S. Comunione. Quando mi sembrava che non avrei dovuto comunicarmi, prima della S. Comunione andavo dalla Maestra e le dicevo: « Non posso andare alla S. Comunione; mi sembra che non dovrei andarci ». Essa però non mi permetteva di tralasciare la S. Comunione e io andavo e mi sono resa conto che solo l'obbedienza mi ha salvato. La Maestra stessa, in seguito, mi disse che quelle mie esperienze erano finite presto, « soltanto perché lei è stata obbediente. È dovuto solo alla potenza dell'obbedienza che lei ne è uscita così valorosamente ». E vero che il Signore stesso mi ha tirato fuori da quel supplizio, ma la fedeltà all'obbedienza Gli era piaciuta.
Benché queste siano cose spaventose, tuttavia nessun'anima dovrebbe spaventarsene eccessivamente, poiché Dio non dà prove al di sopra di quello che possiamo. E d'altronde forse mai permetterà su di noi simili tormenti. Ma lo scrivo perché se al Signore dovesse piacere condurre qualche anima attraverso simili tormenti, non si spaventi, ma sia in tutto, per quanto dipende da lei, fedele a Dio. Iddio non fa torto all'anima, poiché è l'amore stesso, e per questo amore incomprensibile ci ha chiamato all'esistenza. Però quando mi son trovata in quella tremenda afflizione, questo non lo comprendevo. O Dio mio, ho conosciuto che non sono di questa terra; me l'ha impresso nell'anima in modo energico il Signore. I miei rapporti di familiarità sono più col cielo che con la terra, benché non trascuri in nulla i miei doveri. In quei momenti non avevo un direttore spirituale e non conoscevo nessuna direzione. Pregavo il Signore e non mi dava un direttore. Gesù stesso è stato il mio Maestro dall'infanzia fino ad ora; mi ha condotto attraverso tutte le foreste ed i pericoli. Vedo chiaramente che soltanto Iddio poteva condurmi attraverso così grandi pericoli senza alcun danno, senza discapito; per questo l'anima mia è rimasta intatta ed ho vinto sempre. Da tutte le difficoltà, che sono state inimmaginabili, uscì. Tuttavia il Signore mi diede un direttore spirituale, ma più tardi.
Dopo quelle sofferenze l'anima è di una grande limpidezza di spirito ed in una grande vicinanza con Dio, benché debba ancora ricordare che in quei tormenti spirituali essa è vicina a Dio, ma è cieca. Lo sguardo della sua anima è avvolto dalle tenebre, ma Dio è più vicino ad una tale anima sofferente, solo che tutto il segreto sta proprio in questo, che essa non lo sa. Essa afferma non solo che Dio l'ha abbandonata, ma che essa è oggetto del Suo odio. Che grave malattia della vista dell'anima che, abbagliata dalla luce di Dio, afferma che Dio è assente, mentre è così forte che la rende cieca. In seguito però ho conosciuto che Dio le è più vicino in quei momenti che in qualsiasi altra circostanza, poiché con l'aiuto normale della grazia non potrebbe superare quelle prove. Qui opera l'onnipotenza divina ed una grazia straordinaria, perché diversamente si spezzerebbe al primo urto. O Divino Maestro, questo è soltanto opera Tua nella mia anima. Tu, o Signore, non hai paura di mettere un'anima sull'orlo di una spaventosa voragine, dove essa è spaventata e terrorizzata e la richiami nuovamente a Te.
Questi sono i Tuoi incomprensibili misteri. Quando durante quei supplizi dell'anima cercavo di accusarmi nella santa confessione delle più piccole inezie, quel sacerdote si meravigliò che non commettessi mancanze più gravi e mi disse queste parole: « Se lei, sorella, in questi tormenti è così fedele a Dio, la cosa in sé mi dà la prova che Iddio la sostiene con la Sua grazia particolare ed il fatto che lei non comprenda questo è anche bene ». Strano però che i confessori non abbiano potuto né capirmi, né tranquillizzarmi in quelle cose fino all'incontro con P. Andrasz ed in seguito con Don Sopocko. Alcune parole sulla confessione e sui confessori. Ricorderò soltanto ciò che ho sperimentato e vissuto nella mia anima. Ci sono tre cose per cui l'anima non ricava profitto dalla confessione in quei momenti eccezionali. La prima è che il confessore conosce poco le vie straordinarie e mostra meraviglia se un'anima gli svela i grandi misteri che Dio compie nell'anima. Questa sua meraviglia già mette in allarme un'anima delicata: essa nota che il confessore è indeciso nell'esprimere il suo parere e non si rassicura, ma ha ancora più dubbi dopo la confessione di quanti ne avesse prima, poiché essa sente che il confessore la tranquillizza ma lui stesso non è sicuro.
Oppure, cosa che mi è capitata, il confessore, non riuscendo a penetrare alcuni misteri di un'anima, le rifiuta la confessione, mostra un certo timore all'avvicinarsi di quell'anima alla grata. Come può un'anima in tale stato attingere tranquillità nel confessionale, dato che essa è così sensibile ad ogni parola del sacerdote? A mio parere in tali momenti di speciali visite di Dio ad un'anima, se il sacerdote non la comprende dovrebbe indicarle un confessore esperto ed illuminato, od attingere egli stesso lumi, in modo che possa dare all'anima ciò di cui ha bisogno, e non addirittura rifiutarle la confessione, poiché in questo modo l'espone ad un grande pericolo e più di un'anima può abbandonare la strada sulla quale il Signore voleva averla in modo particolare. Questa è una cosa di grande importanza, poiché io stessa ne ho fatto l'esperienza, cioè che già cominciavo a barcollare, nonostante questi straordinari doni di Dio. E sebbene Dio stesso mi tranquillizzasse, tuttavia desideravo sempre avere il sigillo della Chiesa. La seconda cosa è il fatto che il confessore non permetta di svelare tutto sinceramente, che dimostri impazienza. L'anima allora ammutolisce e non dice tutto e per ciò stesso non ricava profitto, e tanto meno ricava profitto, quando capita che il confessore cominci a sottoporre a prove l'anima; e, siccome non la conosce, invece di giovarle, le arreca danno. E questo perché essa sa che il confessore non la conosce, dato che non le ha permesso di svelargli completamente, sia per quanto concerne le grazie, sia per quanto concerne la sua miseria. E per questo motivo la prova non è appropriata. Ho avuto alcune prove, che mi hanno fatto ridere. Esprimerò meglio lo stesso concetto con queste parole: il confessore è il medico dell'anima; pertanto come può un medico che non conosce la malattia prescrivere una medicina appropriata? Nemmeno a pensarci; poiché o non avrà alcun risultato positivo, oppure la darà troppo forte ed aggraverà la malattia e talvolta - Dio ce ne scampi - può procurare la morte, appunto perché troppo forte.
Parlo per esperienza, dato che in certi casi mi ha trattenuto addirittura il Signore stesso. La terza cosa è questa: capita che il confessore talvolta faccia poco conto delle piccole cose. Non c'è nulla di piccolo nella vita spirituale. Talvolta una cosa piccola in apparenza fa scoprire una cosa di grande importanza, e per il confessore è un fascio di luce per la conoscenza di un'anima. Molte sfumature spirituali si nascondono nelle piccole cose. Non sorgerà mai un fabbricato magnifico, se gettiamo via i mattoni piccoli. Iddio da qualche anima esige una grande purezza; per questo le invia una più profonda conoscenza della propria miseria. Illuminata dalla luce che viene dall'alto conosce meglio ciò che piace a Dio, e ciò che non piace. Il peccato è secondo la conoscenza e la luce dell'anima; lo stesso anche le imperfezioni, benché essa sappia che ciò che riguarda strettamente il sacramento è il peccato... ma queste piccole cose hanno una grande importanza per chi tende alla santità e non può un confessore tener poco conto di questo. La pazienza e la mitezza del confessore aprono la via ai più profondi segreti di un'anima: l'anima quasi senza accorgersene svela la sua abissale profondità. E si sente più forte e più resistente. Ora lotta più valorosamente; si dà maggiormente da fare, poiché sa che deve renderne conto. Ricorderò ancora una cosa per quanto riguarda il confessore. Egli deve talvolta sperimentare, deve mettere alla prova, deve esercitare, deve conoscere se ha a che fare con della paglia, o con del ferro, o con dell' oro puro.
Ognuna di queste tre anime ha bisogno di esercitarsi in modo particolare. Il confessore deve necessariamente formarsi un'opinione chiara su ognuna, in modo che sappia quello che può sopportare in determinati momenti, circostanze e casi. Per quanto mi riguarda, in seguito, dopo molta esperienza, quando mi resi conto di non essere compresa, non svelai più la mia anima e non mi guastai la tranquillità. Questo però avvenne solo quando tutte queste grazie furono sotto il giudizio di un saggio, istruito ed esperto confessore. Ora so come comportarmi in certi casi. E desidero nuovamente dire alcune parole all'anima che vuole tendere decisamente alla santità e riportare frutto cioè vantaggio della confessione. La prima, totale sincerità e apertura. Il più santo ed il più saggio dei confessori non può infondere a viva forza in un'anima ciò che desidera, se l'anima non è sincera ed aperta. Un'anima insincera, chiusa, si espone a grandi pericoli nella vita spirituale e lo stesso Gesù non si dona ad una tale anima in modo superiore, perché sa che essa non ricaverebbe vantaggi da queste grazie speciali.
La seconda parola, l'umiltà. Un'anima non ricava adeguati vantaggi dal sacramento della confessione, se non è umile. La superbia tiene l'anima nelle tenebre. Essa non sa e non vuole penetrare esattamente nel profondo della sua miseria: si maschera e fugge da tutto ciò che dovrebbe guarirla. La terza parola è l'obbedienza. Un'anima disobbediente non riporterà alcuna vittoria, anche se fosse Gesù stesso a confessarla direttamente. Il confessore più esperto non può essere di alcun aiuto ad una tale anima. Un'anima disobbediente si espone a grandi sventure e non progredirà affatto nella perfezione e non se la caverà nella vita spirituale. Iddio ricolma di grazia nel modo più abbondante le anime, ma le anime obbedienti. Oh! quanto sono graditi gl'inni che sgorgano da un'anima che soffre! Tutto il cielo rimane estasiato di fronte ad una tale anima, specialmente quando è provata da Dio. Essa indirizza verso di Lui i suoi nostalgici lamenti. La sua bellezza è grande, perché proviene da Dio. Va attraverso il deserto della vita ferita d'amore divino. Essa tocca la terra con un piede solo. Un'anima che è uscita da quei tormenti è profondamente umile. La limpidezza della sua anima è grande. Essa, senza bisogno di rifletterci in certo modo, conosce meglio che cosa in un dato momento occorra fare e che cosa tralasciare. Avverte il più piccolo tocco della grazia ed è molto fedele a Dio. Essa riconosce Iddio da lontano e gode di Dio ininterrottamente. Essa in pochissimo tempo scopre Iddio nelle anime degli altri, in genere in quanti le stanno attorno.
L'anima viene purificata da Dio stesso. Dio come puro Spirito introduce l'anima in una vita puramente spirituale. Iddio stesso aveva preparato quest'anima in precedenza e l'aveva purificata, cioè l'aveva resa idonea ad uno stretto rapporto di intimità con Sé. Secondo un modo spirituale essa ha rapporti di intimità col Signore in un riposo amoroso. Si rivolge a Lui senza l'uso dei sensi. Iddio riempie l'anima con la Sua luce. La sua mente illuminata vede chiaramente e distingue i gradi in questa vita spirituale. Vede quando si univa a Dio in modo imperfetto, quando vi prendevano parte i sensi e lo spirito era unito ai sensi, sebbene già in maniera superiore e speciale, però imperfetta. Vi è un'unione col Signore superiore e più perfetta: è quella intellettuale. Qui l'anima è più riparata dalle illusioni; la sua spiritualità è più profonda e più pura. In una vita, in cui ci sono i sensi, li si è più esposti alle illusioni. L'accortezza sia dell'anima stessa che dei confessori dovrebbe essere maggiore. Vi sono momenti nei quali Iddio introduce l'anima in uno stato puramente spirituale. I sensi si spengono e sono come morti. L'anima è unita a Dio nella maniera più stretta: è immersa nella Divinità. La sua conoscenza è totale e perfetta; non dettagliata, come prima, ma generale e completa. Gioisce per questo. Ma ora voglio parlare ancora dei momenti della prova. In quei momenti è necessario che i confessori abbiano pazienza con tale anima provata. Ma la più grande pazienza deve averla l'anima con se stessa. O mio Gesù, Tu sai quello che prova la mia anima al ricordo di quelle sofferenze. Talvolta mi son meravigliata che gli angeli ed i santi restino silenziosi mentre un'anima sopporta simili sofferenze. Tuttavia essi ci amano in modo particolare in quei momenti. L'anima mia certe volte ha gridato verso Dio, come un bambino quando la madre nasconde il suo volto ed egli non può riconoscerla e grida con quante forze ha. O Gesù mio, per queste prove d'amore sia onore e gloria a Te. Grande ed insondabile è la Tua Misericordia! O Signore, tutto quello che hai progettato nei riguardi della mia anima, è pervaso della Tua Misericordia.
Ricordo questa cosa: coloro che vivono insieme non dovrebbero aggiungere sofferenze esterne, poiché in verità quando un'anima ha il calice pieno fino all'orlo, talvolta proprio la goccia che gettiamo noi nel suo calice sarà esattamente quel di più, che farà traboccare il calice dell'amarezza. E chi risponde per quell'anima? Guardiamoci bene dall'aggiungere sofferenze agli altri, poiché questo non piace al Signore. Se le suore oppure i superiori sapessero o supponessero che una certa anima sta attraversando tali prove e, ciò nonostante, da parte loro le aggiungessero altre sofferenze, peccherebbero mortalmente e Dio stesso rivendicherebbe quell'anima. Non parlo qui di casi che per loro natura costituiscono peccato, ma parlo di una cosa che in un altro momento non sarebbe peccato. Stiamo attenti a non avere quelle anime sulla coscienza. E un grave difetto della vita religiosa e della vita in genere, che quando si vede un'anima che è nella sofferenza, si tende sempre ad aggiungerne ancora di più. Non parlo di tutti, ma ci sono persone che si comportano così.
Ci permettiamo di esprimere giudizi di ogni genere e parliamo là dove non avremmo mai dovuto dire quello che abbiamo detto. La lingua è un organo piccolo, ma provoca cose grosse. La religiosa che non rispetta il silenzio, non giungerà mai alla santità, cioè non diventerà santa. Non s'illuda. Se per caso accade che per suo mezzo parla lo Spirito di Dio, allora non è lecito tacere. Ma per poter ascoltare la voce di Dio bisogna avere la quiete nell'anima ed osservare il silenzio: non un silenzio tetro, ma il silenzio interiore, cioè il raccoglimento in Dio. Si possono dire molte cose e non interrompere il silenzio, ed al contrario si può parlar poco ed infrangere continuamente il silenzio. Oh! che danni irreparabili provoca l'inosservanza del silenzio! Si fanno molti torti al prossimo, ma soprattutto alla propria anima. Secondo il mio pensiero e la mia esperienza, la regola del silenzio dovrebbe essere al primo posto. Iddio non si dona ad un anima ciarliera che come un fuco nell'alveare ronza molto, ma non produce miele. Un'anima che chiacchiera molto è vuota nel suo interno. Non ha né virtù fondamentali, né intimità con Dio.
Non è il caso di parlare di una vita più profonda, della soave pace e tranquillità nella quale abita Iddio. Un'anima che non ha gustato la dolcezza della quiete interiore, è uno spirito inquieto, e turba la tranquillità degli altri. Ho visto molte anime negli abissi infernali per non aver osservato il silenzio. Loro stesse me l'hanno detto, quando ho chiesto loro quale era stata la causa della loro rovina. Erano anime consacrate. O mio Dio, quale dolore! Eppure avrebbero potuto non solo essere in paradiso, ma essere perfino sante. O Gesù, Misericordia, tremo quando penso che debbo rendere conto della mia lingua. Nella lingua c'è la vita, ma anche la morte. E talvolta con la lingua uccidiamo, commettiamo dei veri omicidi; e possiamo ancora considerare ciò una piccola cosa? Per la verità non riesco a comprendere tali coscienze. Ho conosciuto una persona, che avendo saputo da un'altra una certa cosa che si diceva di lei... si ammalò gravemente e di conseguenza versò molto sangue e molte lacrime e poi avvenne la dolorosa conclusione che fu causata quindi non dalla spada, ma dalla lingua.
O mio Gesù silenzioso, abbi misericordia di noi. Sono passata al tema del silenzio, ma non voglio parlare di questo, bensì della vita dell'anima con Dio e della sua risposta alla grazia. Dopo che l'anima è stata purificata ed il Signore ha rapporti di intimità con lei, ora con tutte le forze tende verso Dio. Però essa da sola non può niente. Qui soltanto Iddio dispone tutto; l'anima lo sa; ne è consapevole. Essa vive ancora in esilio e sa molto bene che possono esserci ancora giornate nuvolose e piovose; ma essa guarda a tutto ciò con un atteggiamento diverso da quello tenuto finora. Non si rifugia in una pace falsa, ma si slancia nella lotta. Essa sa di essere di una progenie cavalleresca. Ora si rende conto meglio di tutto. Essa sa di essere di stirpe regale: tutto ciò che è grande e santo la riguarda. Una serie di grazie che Dio riversa sull'anima dopo quelle prove di fuoco. Gode di una stretta unione con Dio. Ha molte visioni sensibili ed intellettuali. Sente molte parole soprannaturali e talvolta degli ordini precisi. Ma nonostante queste grazie, non basta a se stessa.
Proprio in quanto Iddio la visita con queste grazie, è esposta a diversi pericoli e può facilmente cadere nella illusione. Ora dovrebbe pregare Dio perché le mandi una guida spirituale; e non solo pregare per la guida, ma bisogna darsi da fare e cercare un tale condottiero, che conosce le cose, come il condottiero deve conoscere le strade, attraverso le quali deve condurre i suoi soldati in battaglia. Un'anima che è unita a Dio, bisogna prepararla a grandi ed accaniti combattimenti. Dopo questa purificazione e queste prove, Iddio tratta con l'anima in modo particolare, ma l'anima non collabora sempre con queste grazie. Non perché essa stessa non voglia collaborare, ma perché incontra così grandi difficoltà esterne ed interne, che ci vuole veramente un miracolo, perché quell'anima si mantenga su quelle altezze. Ora ha necessariamente bisogno di un direttore spirituale. Queste difficoltà spesso riempirono la mia anima di dubbi e talvolta anch'io ero spaventata poiché pensavo fra me: « Dopo tutto sono una povera ignorante: molte cose non le conosco, e tanto meno le cose spirituali ». Però se i dubbi aumentavano, cercavo luce presso un confessore o presso le Superiore. Ma non ottenevo quello che desideravo. Quando mi aprii alle Superiore, una di esse conobbe la mia anima e la via attraverso la quale il Signore mi vuole condurre.
Quando mi uniformai alle sue indicazioni cominciai a progredire rapidamente sulla via della perfezione. Purtroppo però la cosa non durò a lungo. quando aprII più a fondo la mia anima, non ottenni quello che desideravo; ed alla Superiora quelle grazie sembrarono inverosimili, quindi non potei attingere più nulla da lei. Mi disse che non era possibile che Dio avesse rapporti di tale intimità con una creatura. « Io ho paura per lei, sorella, che si tratti di un'illusione. Si consigli con un sacerdote ». Ma il confessore non mi capì e disse: « È meglio che lei parli di queste cose con le Superiore ». E così andavo dalle Superiore al confessore e dal confessore alle Superiore e non trovavo pace. Queste grazie divine cominciarono a essere per me una grande sofferenza. Dicevo talvolta direttamente al Signore: « Gesù, io ho paura di Te. Non sei per caso un fantasma? ». Gesù mi tranquillizzava sempre, ma io non sempre mi fidavo. La cosa strana era che più io non mi fidavo, e più Gesù dava dimostrazione di essere Lui l'artefice di queste cose. Quando mi resi conto che non ottenevo alcuna tranquillità dalle Superiore, decisi di non parlare più con loro di queste cose puramente interiori. Per l'esterno cercai, da buona religiosa, di parlare di tutto con le Superiore; ma per quanto riguarda la necessità dell'anima, d'ora in poi parlerò solo in confessione. Per molti ed assai ragionevoli motivi ho capito che una donna non è portata a discernere questi misteri.
Mi sono esposta a tante sofferenze che avrei potuto evitare. Per molto tempo sono stata ritenuta invasata dallo spirito maligno e venivo guardata con commiserazione. La Superiora poi aveva messo in atto certi accorgimenti cautelativi nei miei confronti. Era giunto alle mie orecchie che le suore mi tenevano d'occhio come tale, come indemoniata. E tutt'attorno mi si oscurò l'orizzonte. Cominciai ad evitare quelle grazie divine, ma che potevo fare? Dopotutto non era in mio potere. Improvvisamente fui presa da un così profondo raccoglimento che, malgrado la mia volontà, sprofondai in Dio ed il Signore mi trattenne presso di Sé. Nei primi momenti la mia anima è sempre un po' spaventata, ma poi viene riempita da una calma e da una forza singolare. Tutto ancora era da sopportare. Infatti quando il Signore chiese che dipingessi quell'immagine, allora cominciavano veramente a parlare di me ed a guardarmi come se fossi un'isterica od un'esaltata e la cosa cominciò a propagarsi un po' di più. Una delle suore venne da me, per parlarmi in confidenza. E cominciò a commiserarmi. Mi dice: « Sento che dicono di lei che è un'esaltata, che ha delle visioni. Povera sorella, si difenda da ciò ». Era sincera quell'anima e mi disse sinceramente quello che aveva sentito dire. Ma cose simili dovetti ascoltarle ogni giorno. Che tormento sia stato per me, Dio solo lo sa. Decisi però di sopportare tutto in silenzio e di non dare spiegazioni quando mi venivano rivolte domande.
Alcune suore erano irritate dal mio silenzio, specialmente le più curiose; le altre, più riflessive, dicevano: « Di certo Suor Faustina dev'essere molto vicino a Dio, dato che ha la forza di sopportare tante sofferenze ». E vedevo davanti a me quasi due ifie di giudici. Mi preoccupai di avere il silenzio interno ed esterno. Non dicevo nulla che riguardasse la mia persona, sebbene venissi interrogata direttamente da alcune suore. La mia bocca si chiuse. Soffril come una colomba senza lamentarmi. Alcune suore però provavano quasi piacere nel darmi fastidio in qualsiasi modo. Le irritava la mia pazienza, ma Dio mi diede tanta forza interiore, che sopportai tutto ciò con serenità. Mi ero resa conto che in quei momenti non potevo essere aiutata da nessuno e cominciai a pregare ed a chiedere al Signore un confessore. Desideravo ardentemente che un sacerdote mi dicesse quest'unica parola: « Stai tranquilla, sei sulla buona strada ». Oppure « Butta via tutto, perché non viene da Dio ». Purtroppo però un sacerdote così deciso, che mi dicesse quelle parole chiare in nome del Signore, non riuscivo a trovano. Perciò andavo avanti nell'incertezza. O Gesù, se è la Tua volontà che io viva in tale incertezza, sia benedetto il Tuo Nome. Ti prego, Signore, dirigi Tu stesso la mia anima e resta con me, perché da sola sono nulla. Ecco, sono già stata giudicata da ogni lato: non c'è più nulla in me che sia sfuggito al giudizio delle suore. Ma ormai tutto in un certo senso si è esaurito ed hanno cominciato a lasciarmi in pace; la mia anima martoriata ha potuto prendersi un po' di riposo. Ma ho constatato che proprio durante quella tribolazione il Signore mi è stato quanto mai vicino. La tregua però è durata pochino. È scoppiata di nuovo una violenta tempesta.
Adesso i sospetti di un tempo, son diventati per loro, a quanto pare, certezza e bisogna ascoltare di nuovo la stessa musica di prima. Così piace al Signore. La cosa strana però è che anche diverse faccende esterne han cominciato ad andare per traverso. Ciò ha provocato molte svariate sofferenze, note soltanto a Dio. Ad ogni modo ho cercato, come ho potuto, di fare ogni cosa con l'intenzione più pura. Ora m'accorgo di essere sorvegliata come una ladra ovunque: in cappella, quando svolgo il mio lavoro, in cella. Ora so che, oltre alla presenza di Dio, ho la continua presenza umana, che francamente qualche volta mi mette in grave imbarazzo. Ci sono stati dei momenti in cui sono rimasta indecisa se spogliarmi o meno, per potermi lavare. A proposito, anche il mio misero letto è stato controllato parecchie volte. Qualche volta m'è venuto da ridere, quando son venuta a sapere che non lasciavano in pace nemmeno il letto. Una suora mi ha detto lei stessa, che ogni sera mi sorvegliava dentro la cella, per vedere come mi comportavo. Tuttavia i Superiori son sempre i Superiori. E sebbene mi abbiano personalmente umiliata e talvolta imbottita di numerosi dubbi, tuttavia mi hanno sempre permesso quello che voleva il Signore, quantunque non come avevo chiesto, ma in altro modo hanno aderito alle richieste del Signore e mi hanno autorizzata a fare certe penitenze e mortificazioni. Un giorno una delle Madri si adirò contro di me e mi umiliò talmente, che pensavo proprio non l'avrei sopportato. Mi disse: « Stravagante, isterica, visionaria, vattene dalla mia stanza, non voglio conoscerti! ». Una gragnola di rimproveri si scaricò sul mio capo. Quando arrivai nella mia cella, caddi con la faccia a terra davanti al crocifisso e guardai Gesù; non ero in grado di pronunciare nemmeno una parola.
E tuttavia nascosi il fatto agli altri e feci finta che non fosse successo nulla fra di noi. Satana però approfitta sempre di queste circostanze. Cominciarono a venirmi pensieri di scoraggiamento: « Ecco la ricompensa per la tua fedeltà e sincerità! Val la pena esser sincera, quando si è capiti a questo modo? ». « Gesù, Gesù, sono sfinita! ». E caddi nuovamente a terra sotto quel peso; cominciai a sudare ed una certa paura cominciò ad impadronirsi di me. E pensavo: « Non ho nessuno che mi dia un appoggio morale ». E subito sentii una voce nell'anima: « Non temere, Io sono con te »; ed una singolare luce illuminò la mia mente e compresi che non dovevo arrendermi a quelle malinconie e mi sentii piena di forza ed uscii dalla cella con rinnovato coraggio per andare incontro ai patimenti. Tuttavia cominciai a lasciarmi un po' andare. Non facevo caso a quelle ispirazioni interiori; cercavo di distrarmi. Però, nonostante il chiasso e le distrazioni, vedevo quello che avveniva nella mia anima. La parola divina è eloquente e nulla può soffocarla. Cominciai ad evitare l'incontro del Signore con la mia anima, perché non volevo essere vittima di illusioni. Ma il Signore in certo qual modo m'insegui con i Suoi doni ed in verità ho provato a turno sofferenze e gioie. Non ricordo qui le varie visioni e grazie, che Dio mi ha concesso in quel tempo, perché le ho annotate altrove; ma ricorderò che quelle mie molteplici sofferenze avevano ormai raggiunto il colmo e io decisi di farla finita con questi dubbi prima dei voti perpetui. Durante tutto il tempo della probazione pregai perché venissero concessi lumi al sacerdote, al quale dovevo svelare completamente tutta la mia anima. E pregai Iddio, perché Lui stesso mi aiutasse in questo e mi facesse la grazia di poter raccontare le cose più segrete che ci sono fra me ed il Signore e di rendermi così disponibile che, qualunque cosa quel sacerdote decidesse, l'avrei considerata come decisa da Gesù stesso.
Non importa quale giudizio darà su di me. Io desidero soltanto la verità ed una risposta precisa a certe mie domande. Mi sono rimessa a Dio completamente e l'anima mia desidera la verità. Non posso più continuare a vivere nel dubbio, benché nell'anima abbia una così grande certezza che queste cose provengono da Dio, che darei la mia vita per esse. Ma al di sopra di tutto questo ho posto l'opinione del confessore ed ho deciso di comportarmi secondo quanto egli riterrà giusto indicarmi. Vedo il dato momento come quello che deciderà il mio comportamento per tutta la vita. So che dipenderà tutto da esso. Non ha importanza se si pronuncerà secondo le mie ispirazioni oppure in modo del tutto opposto: questo ormai non m'importa. Io desidero conoscere la verità e seguirla. O Gesù, Tu puoi aiutarmi. E già da qui ho cominciato: nascondo [sic!] tutte le grazie nell'anima ed aspetto colui che il Signore mi manderà.
Senza alcun dubbio nel mio cuore, ho pregato il Signore, perché Egli si degni di aiutarmi in questi momenti ed un certo coraggio è entrato nella mia anima. Debbo ancora ricordare che ci sono alcuni confessori che aiutano l'anima e sono, per quanto ciò può apparire, dei veri padri spirituali, ma fino ad un certo punto: fino a che tutto va bene; ma quando un'anima si trova in più gravi difficoltà, allora sono indecisi e non possono, oppure non vogliono capire quell'anima; cercano di liberarsene al più presto. Tuttavia se l'anima è umile, ne ha pur sempre qualche piccolo vantaggio. Dio stesso talvolta invia un raggio di luce nel profondo dell'anima, per la sua umiltà e fiducia. Talvolta il confessore dice cose che non intendeva affatto dire ed egli stesso non se ne rende conto. L'anima crede realmente che queste sono parole del Signore stesso, sebbene dobbiamo credere che ogni parola in confessionale proviene da Dio, ma quello che ho ricordato sopra, è qualcosa che viene proprio direttamente da Dio. E l'anima sente che il sacerdote non dipende da se stesso: dice cose che non vorrebbe dire. Ecco, in questo modo Dio ricompensa la fede. L'ho sperimentato parecchie volte su me stessa. Un certo sacerdote molto istruito e grandemente stimato - m'è capitato qualche volta d'andare a confessarmi da lui - era sempre stato severo e contrario a me in queste cose, ma una volta mi disse: « Sappia, sorella, che se Iddio vuole che lei faccia questo, non bisogna opporvisi. Iddio talvolta vuoi essere lodato in questo modo. Stia tranquilla. Iddio, come ha cominciato, così, terminerà. Ma le dico, fedeltà a Dio e umiltà e ancor una volta umiltà. Ricordi quello che le ho detto oggi ».
Mi rallegrai pensando che forse quel sacerdote mi aveva capita. Però le circostanze furono tali, che non ebbi più occasione di confessarmi da lui. Una volta mi chiamò una delle Madri anziane e furono fulmini e saette a ciel sereno, senza che mi rendessi conto di cosa si trattasse. Ma poco dopo capii che si trattava di cosa che non dipendeva affatto da me. Mi disse: « Lei, sorella, si levi bene dalla testa che Gesù tratti così familiarmente con lei, con una persona così misera e così imperfetta. Gesù ha rapporti di confidenza solo con anime sante, ricordatelo [sic!] bene ». Riconobbi che aveva pienamente ragione dicendo che sono misera, ma confido nella Misericordia divina. Quando m'incontrai col Signore, mi umiliai davanti a Lui e dissi: « Gesù, a quanto si dice, Tu non tratti con persone misere ». Mi rispose: « Sta' tranquilla, figlia Mia; proprio per mezzo di una simile miseria voglio mostrare la potenza della Mia Misericordia». Compresi che la Madre aveva inteso soltanto umiliarmi. O mio Gesù, mi hai sottoposta a molte prove in questa mia breve vita. Molte cose le ho capite, alcune delle quali ora mi lasciano meravigliata. Oh! quanto è bene affidarsi in tutto a Dio e permettere a Dio di agire pienamente nella nostra anima. Durante la terza probazione il Signore mi fece capire che dovevo offrirmi a Lui, in modo che potesse fare di me quello che Gli piaceva. Debbo stare sempre davanti a Lui come vittima. In un primo momento mi spaventai sentendomi infinitamente misera e conoscendo bene me stessa. Risposi al Signore ancora una volta: « Sono la miseria personificata; come posso essere una vittima? ». « Oggi questo non lo comprendi. Domani te lo farò comprendere durante l'adorazione». Il cuore mi tremò e l'anima.
Queste parole mi s'impressero profondamente nell'anima. La parola divina è viva. Quando giunsi all'adorazione, sentii nell'anima che ero entrata nel tempio del Dio vivente, la cui Maestà è grande ed insondabile. Ed il Signore mi fece conoscere quello che sono anche i più puri spiriti di fronte a Lui. Benché all'esterno non vedessi nulla, la presenza di Dio mi trapassò da parte a parte. In quel momento la mia mente venne illuminata in maniera singolare. Davanti agli occhi della mia anima passò una visione, come quella di Gesù nell'Orto degli Ulivi. All'inizio le sofferenze fisiche e tutte le circostanze che le aumentano; le sofferenze morali in tutta la loro estensione e quelle di cui nessuno saprà mai nulla. In questa visione entra tutto: sospetti ingiusti, perdita del proprio buon nome. Ho descritto questa cosa in modo molto succinto, ma la conoscenza che ne ebbi fu talmente chiara che quello che in seguito sopportai non fu per nulla diverso da quello che avevo conosciuto in quel momento. il mio nome deve essere: « vittima ». Quando la visione terminò un sudore freddo mi scendeva dalla fronte. Gesù mi fece conoscere che, anche se non avessi dato il mio consenso per tutto ciò, avrei potuto egualmente salvarmi e non avrebbe diminuito le grazie che mi aveva concesso e che avrebbe continuato a rimanere con me negli stessi rapporti di intimità; insomma che, anche se non avessi consentito a quel sacrificio, la generosità di Dio non sarebbe diminuita per questo.
Ed il Signore mi fece capire che tutto il mistero dipendeva da me, dal mio consenso volontario a tale sacrificio con piena consapevolezza della mia mente. In quest'atto volontario e consapevole c'è tutta la sua potenza ed il suo valore di fronte alla Sua Maestà. Anche se non mi capitasse nulla di quello a cui mi sono offerta, davanti al Signore è come se tutto fosse già avvenuto. In quel momento compresi che entravo in unione con la Maestà incomprensibile. Sentii che Dio attendeva una mia parola, il mio consenso. Ad un tratto il mio spirito sprofondò in Dio e dissi: « Fa' di me quello che Ti piace: mi sottometto alla Tua volontà. Da oggi la Tua santa volontà è il mio cibo. Con l'aiuto della Tua grazia, sarò fedele alle Tue richieste. Fa' di me quello che Ti piace. Ti scongiuro, Signore, resta con me in ogni momento della mia vita». All'improvviso, dopo che avevo dato il consenso a quel sacrificio con la volontà e col cuore, la presenza di Dio penetrò in me da parte a parte. La mia anima venne immersa in Dio ed inondata da una felicità così grande, che non riesco a descriverla nemmeno parzialmente. Sentivo che la Sua Maestà mi fondeva in modo mirabile con Sé. Vidi la grande compiacenza di Dio verso di me ed a mia volta il mio spirito s'immerse in Lui. Consapevole di questa unione con Dio, sento di essere amata in modo particolare ed a mia volta amo con tutte le forze della mia anima. Un grande mistero è avvenuto durante quell'adorazione: un mistero fra me ed il Signore; e mi sembrava di dover morire d'amore mentre mi guardava. Ho parlato a lungo col Signore, ma senza nemmeno una parola. E il Signore mi disse: « Sei la delizia del Mio Cuore. Da oggi ogni più piccola azione trova compiacenza dinanzi ai Miei occhi, qualunque cosa farai».
In quel momento mi sentii consacrata. L'involucro del corpo è lo stesso, ma l'anima e un altra: in essa dimora Iddio con tutta la Sua predilezione; non un sentimento, ma una consapevole realtà, che niente mi può offuscare. Un grande mistero si è intrecciato fra di me e Dio. Nella mia anima sono rimasti il coraggio e la forza. Quando sono uscita dall'adorazione, ho guardato negli occhi con serenità a tutto ciò che prima mi faceva tanta paura. Quando uscii nel corridoio, mi toccò subito una grande sofferenza ed umiliazione da parte di una certa persona. L'accettai con rassegnazione alla volontà del cielo e mi strinsi profondamente al Sacr.mo Cuore di Gesù, il Signore, dimostrando di essere pronta a quello per cui mi ero offerta. La sofferenza spuntò quasi da sotto terra; la stessa Madre Margherita se ne meravigliò. Alle altre passano lisce molte cose, ed in verità non vale la pena farci caso; ma a me non se ne salva una: ogni parola è analizzata, ogni passo controllato. Una suora mi disse: « Si prepari, sorella, ad accettare una piccola croce che l'attende da parte della Madre Superiora. Quanto mi dispiace per lei! ». Ed io nel mio intimo sono contenta di questo e vi sono preparata già da parecchio tempo. Quando vide il mio coraggio, rimase stupita per questo. Adesso vedo che l'anima da sola può ben poco, ma con Iddio può tutto. Ecco quello che può la grazia di Dio!
Sono poche le anime sempre attente alle ispirazioni di Dio, ma ancora di meno sono quelle che eseguono fedelmente le ispirazioni divine. Un'anima fedele a Dio però non può da sola prendere decisioni sulle sue ispirazioni: deve sottoporle al controllo di un sacerdote molto colto e saggio e, finché non ha la certezza, deve mantenere un atteggiamento d'incredulità. Non dia di propria iniziativa la sua fiducia a queste ispirazioni ed a tutte le grazie superiori, poiché può esporsi a molti danni. Sebbene l'anima distingua subito le false ispirazioni da quelle che provengono da Dio, tuttavia sia prudente perché ci sono molte cose dubbie. Dio è contento e si rallegra quando l'anima non presta fede a Lui Stesso, per Lui Stesso: perché Lo ama, è prudente ed interroga, e chiede aiuto per accertare che chi opera in lei è veramente Dio. E dopo averne avuta la conferma tramite un confessore illuminato, stia tranquilla; si metta nelle mani di Dio secondo le Sue indicazioni, cioè secondo le indicazioni del confessore. L'amore puro è capace di grandi imprese e non l'annientano né le difficoltà, né le contrarietà. Come l'amore è forte nelle grandi difficoltà, così è perseverante nella grigia, noiosa vita quotidiana. Essa sa che, per piacere a Dio, una cosa è necessaria: fare con grande amore le cose più piccole. Amore e sempre amore. L'amore puro non sbaglia; esso ha singolarmente molta luce e non fa nulla che non debba piacere a Dio. E attento nel prevedere ciò che è più caro a Dio e non c'è nulla che lo eguagli; è felice quando può annientarsi ed ardere come un sacrificio puro. Quanto più dà di sé, tanto più è felice. Inoltre nessuno meglio di lui riesce ad avvertire i pericoli da tanto lontano; ha il fiuto per togliere la maschera e sa con chi tratta.
I miei tormenti giungono ormai alla fine. Il Signore mi dà l'aiuto promesso. Lo vedo in due sacerdoti, cioè in Padre Andrasz e in Don Sopocko. Nel corso degli esercizi spirituali prima dei voti perpetui, per la prima volta venni tranquillizzata completamente ed in seguito venni guidata nella stessa direzione da Don Sopocko. Così si realizzò la promessa del Signore. Dopo che fui tranquillizzata ed istruita sul modo di procedere sulle vie di Dio, il mio spirito si rallegrò nel Signore e mi sembrò non di camminare, ma di correre. Mi erano state sciolte le ali per il volo e cominciai a volteggiare verso l'ardore del sole e non tornerò in basso fino a quando riposerò in Colui, nel Quale è annegata la mia anima per l'eternità. E mi abbandonai completamente all'influsso della grazia. Grandiosi sono gli abbassamenti divini alla mia anima! Da parte mia non mi ritiro, né mi rifiuto, ma m'immergo in Lui, come nell'unico mio Tesoro. Sono una cosa sola col Signore: in un certo modo scompare l'abisso che c'è fra noi, il Creatore e la creatura. Per alcuni giorni la mia anima è stata quasi continuamente in estasi: la presenza di Dio non mi ha abbandonato nemmeno per un istante, e la mia anima ha perseverato in una continua amorosa unione col Signore. Ciò tuttavia non mi ha impedito di adempire i miei doveri.
Sentivo che ero stata trasformata in amore; ardevo tutta, ma senza riportare danni. M'immergevo continuamente in Dio. Iddio mi attirava a Sé con tale forza e potenza che in certi momenti non mi rendevo nemmeno conto di essere sulla terra. Per tanto tempo avevo ostacolato la grazia di Dio e ne avevo avuto paura. Adesso Iddio Stesso tramite Padre Andrasz aveva tolto ogni difficoltà. Il mio spirito era stato indirizzato verso il sole e sbocciò ai suoi raggi per Lui Stesso. Già non capì [qui la frase è interrotta e non è stata completata]. Nonostante Iddio mi attirasse a Sé con tale veemenza che spesso non ero in grado di oppormi alla Sua grazia, sprecavo molte grazie di Dio perché avevo sempre paura delle illusioni. Quando all'improvviso venivo immersa in Lui, in quei momenti Gesù mi riempiva della Sua pace in maniera che, in seguito, anche se avessi voluto allarmarmi, non avrei potuto. Ad un tratto sentii nel mio intimo queste parole: « Perché tu sia tranquilla, che sono Io l'autore di tutte le richieste fatte a te, ti darò una tranquillità così profonda che, se anche volessi inquietarti ed allarmarti, ciò oggi non sarà in tuo potere, ma l'amore inonderà la tua anima fino a farti dimenticare te stessa ».
In seguito Gesù mi diede un altro sacerdote, al quale mi ordinò di svelare la mia anima. In un primo momento lo feci con una certa esitazione; ma un severo richiamo da parte di Gesù procurò una profonda umiltà alla mia anima. Sotto la sua direzione la mia anima progredì celermente nell'amore di Dio e molte delle richieste del Signore vennero eseguite in concreto. Talvolta il suo coraggio e la sua profonda umiltà mi hanno fatto riflettere. Oh! quant'è misera la mia anima che ha dissipato tante grazie! Sfuggivo a Dio ed Egli m'inseguiva con le Sue grazie. Il più delle volte le grazie di Dio mi venivano elargite, quando meno me l'aspettavo. Dal momento in cui il Signore mi ha dato un direttore spirituale, sono più fedele alla grazia per merito dello stesso direttore e della sua vigilanza sulla mia anima. Ho conosciuto veramente quello che è una direzione spirituale e come la considera Gesù: per ogni minima mancanza Gesù mi ammoniva e mi faceva presente che le questioni, che io sottoponevo al confessore, le giudicava Lui Stesso. « Ed ogni mancanza contro di lui colpisce Me direttamente ». Quando la mia anima sotto la sua direzione cominciò a gustare profondamente il raccoglimento e la pace, udii spesso nell'anima queste parole, talora ripetute varie volte di seguito: « Fortificati per la lotta! ».
Gesù mi fa conoscere spesso quello che non Gli piace nella mia anima e qualche volta mi ha rimproverato per cose che sembravano minuzie, ma che in realtà avevano una grande importanza. Egli mi ha messo in guardia e mi ha esercitato come un Maestro. Per molti anni mi ha educata Lui Stesso, fino al momento in cui mi ha dato un direttore spirituale. In precedenza era Lui che mi faceva conoscere quello che non capivo ed ora mi ordina di chiedere tutto al confessore e spesso mi dice così: « E Io ti risponderò tramite la sua bocca; sta' tranquilla». Non mi è ancora capitato di ricevere una risposta in contrasto con ciò che il Signore mi chiedeva e che io avevo fatto presente al mio direttore spirituale. Anzi qualche volta, ma non spesso, mi è capitato che Gesù mi ha raccomandato determinate cose di cui nessuno potrebbe essere stato al corrente, ma, quando mi sono avvicinata alla grata, il confessore me le ha raccomandate anche lui. Quando l'anima ha ottenuto per lungo tempo molta luce e molte ispirazioni e dopo che i confessori le hanno assicurato sia la tranquillità sia la provenienza delle ispirazioni, se il suo amore è grande, in tal caso Gesù le fa conoscere che è tempo che metta in pratica ciò che ha ricevuto. L'anima viene a conoscere che il Signore conta su di lei e questa conoscenza le dà forza. Essa sa che per restare fedele dovrà talvolta esporsi a varie difficoltà; ma essa confida in Dio e, grazie a tale fiducia, giunge là dove Iddio la chiama. Le difficoltà non la spaventano; sono per lei come il pane quotidiano; non la spaventano affatto, né l'intimoriscono, come i colpi di cannone non spaventano il cavaliere che è continuamente sui campi di battaglia.
Essa è ben lungi dallo spaventarsi, però rimane in ascolto per capire da che parte attaccherà il nemico. Per riportare la vittoria non fa nulla alla cieca, ma indaga, riflette profondamente e, non contando su di sé, prega fervorosamente ed attinge consigli da cavalieri esperti e saggi, e comportandosi così, vince quasi sempre. Ci sono degli attacchi nei quali l'anima non ha il tempo né per riflettere, né per chiedere consigli, né per nient'altro. In quei casi bisogna combattere per la vita o per la morte. Qualche volta è bene rifugiarsi nella ferita del Cuore di Gesù, non rispondendo nemmeno una parola: per quell'atto stesso il nemico è già sconfitto. In tempo di pace l'anima si sottopone a sforzi come fa in tempo di battaglia. Deve esercitarsi e molto; diversamente nemmeno parlarne di vittoria. il tempo di pace lo considero come il tempo di preparazione alla vittoria. Deve vigilare continuamente. Vigilanza e ancora una volta vigilanza! L'anima che riflette ottiene molta luce. Un'anima dissipata si mette da sola in pericolo di cadere e non si meravigli se poi cadrà. O Spirito Divino, guida dell'anima: saggio è colui che Tu trasformi. Ma affinché lo Spirito Divino possa agire in un'anima, occorre silenzio e raccoglimento. La preghiera. Con la preghiera l'anima si prepara ad affrontare qualsiasi battaglia. In qualunque condizione si trovi un'anima, deve pregare. Deve pregare l'anima pura e bella, poiché diversamente perderebbe la sua bellezza. Deve pregare l'anima che tende alla purezza, altrimenti non vi giungerà. Deve pregare l'anima che si è appena convertita, diversamente cadrebbe di nuovo. Deve pregare l'anima peccatrice, immersa nei peccati, per poter risorgere. E non c'è anima, che non abbia il dovere di pregare, poiché ogni grazia arriva tramite la preghiera.
Ricordo che la luce l'ho ricevuta in massima parte durante l'adorazione di mezz'ora, che facevo ogni giorno durante tutta la Quaresima, stando distesa a forma di croce davanti al SS.mo Sacramento. In quel tempo conobbi più a fondo me stessa e Iddio, anche se per fare quella preghiera incontrai molti ostacoli, nonostante avessi il permesso dei superiori. L'anima deve sapere che, per pregare e perseverare nella preghiera, deve armarsi di pazienza e superare coraggiosamente le difficoltà esteriori ed interiori. Le difficoltà interiori: lo scoraggiamento, l'aridità, l'indolenza, le tentazioni. Quelle esteriori: il rispetto umano e la necessità di rispettare i momenti destinati alla preghiera. Io stessa ho sperimentato che, se non dicevo le preghiere nel tempo stabilito, dopo non le dicevo più, perché i doveri me l'impedivano; e se pure le dicevo, ciò avveniva con gran fatica, perché il pensiero andava ai doveri da compiere.
Mi è capitata anche questa difficoltà: se l'anima aveva recitato bene le preghiere e ne era uscita con un profondo raccoglimento interiore, gli altri la contrastavano per tale raccoglimento; perciò ci vuole pazienza per perseverare nella preghiera. Più di una volta mi è capitata una cosa di questo genere: quando la mia anima era più profondamente assorta in Dio ed aveva riportato maggior profitto dalla preghiera e la presenza di Dio l'aveva accompagnata durante il giorno e sul lavoro aveva dimostrato più concentrazione, più esattezza e più impegno, proprio allora ho avuto il maggior numero di rimproveri con l'accusa di essere negligente ed indifferente a tutto e questo perché le anime meno raccolte vogliono che anche le altre siano come loro, perché costituiscono per loro un rimprovero continuo. Un'anima nobile e delicata può essere anche la più semplice, ma di sentimenti delicati; una tale anima cerca di vedere Iddio in ogni cosa. Lo trova ovunque, riesce a trovare Iddio anche nelle cose più insignificanti. Tutto per lei ha un significato. Apprezza grandemente tutto. Ringrazia Dio per ogni cosa.
Da ogni cosa ricava profitto e rivolge a Dio ogni lode. Confida in Lui e non s'impressiona quando viene il tempo della prova. Essa sa che Iddio è sempre il migliore dei padri e tiene poco conto delle considerazioni umane. Segue fedelmente anche il più piccolo soffio dello Spirito Santo; gioisce per questo Ospite spirituale e si aggrappa a Lui come un bimbo alla madre. Dove le altre anime s'arrestano e si spaventano, essa va avanti senza paura e senza difficoltà. Quando il Signore stesso vuole stare accanto ad un'anima e guidarla, allontana da lei tutto ciò che c'è all'esterno. Quando mi ammalai e venni trasferita in infermeria, ebbi molti dispiaceri per questo motivo. Eravamo in due ricoverate in infermeria. Da Suor N. andavano in visita le suore; da me non s'affacciava nessuno. Per la verità l'infermeria è una sola, ma ognuna ha la propria cella. Le serate invernali erano lunghe. Suor N. aveva la luce e la cuffia per la radio ed io per mancanza della luce non potevo nemmeno preparare la meditazione. Dopo che erano passate così all'incirca due settimane, una sera mi lamentai col Signore: « Ho molti dispiaceri e non posso nemmeno preparare la meditazione, dato che non ho la luce ». Ed il Signore mi disse che sarebbe venuto Lui ogni sera e mi avrebbe dato i punti per la meditazione dell'indomani. I punti si riferivano sempre alla Sua dolorosa Passione. Mi disse: « Medita la Mia Passione davanti a Pilato ». E così, punto per punto, per un'intera settimana meditai la Sua dolorosa Passione.
Da quel momento una grande gioia entrò nella mia anima e non desiderai più né visite, né luce; mi bastava Gesù per ogni cosa. Per la verità l'interessamento delle Superiore per le ammalate era notevole; tuttavia il Signore dispose in modo tale che mi sentii abbandonata. Egli, il migliore dei Maestri, per poter agire direttamente su un'anima allontana da lei tutto ciò che è creato. Più di una volta fui bersaglio di così numerose vessazioni e sofferenze che la stessa Madre M. mi disse: « Sulla sua strada, sorella, le sofferenze spuntano direttamente da sotto terra ». Mi disse ancora: « Io guardo a lei, sorella, come se fosse crocifissa, ma ho notato che il Signore Gesù in qualche modo c'entra in questo. Sorella, sia fedele al Signore ». Desidero annotare un sogno che feci su Santa Teresa del Bambino Gesù. Ero ancora novizia ed avevo certe difficoltà, che non mi riusciva di risolvere. Erano difficoltà interne collegate con difficoltà esterne. Avevo fatto parecchie novene a vari santi, ma la situazione diveniva sempre più pesante. Le mie sofferenze per questa ragione erano talmente grandi, che non sapevo più come continuare a vivere, ma improvvisamente mi venne l'idea di pregare Santa Teresa del Bambino Gesù. Cominciai la novena a questa santa, poiché prima di entrare in congregazione avevo molta devozione per lei. Adesso l'avevo un po' trascurata, ma trovandomi in questa necessità, di nuovo cominciai a pregarla con grande fervore. Il quinto giorno della novena sogno Santa Teresa, ma come se fosse stata ancora sulla terra. Mi nascose la consapevolezza che era santa e cominciò a dirmi parole di conforto; che non mi rattristassi a motivo di quella questione, ma avessi più fiducia in Dio. Mi disse: « Anch'io ho sofferto molto ».
Ma io non ero molto convinta che lei avesse sofferto molto e le dissi: «A me sembra che tu non soffra per niente ». Ma Santa Teresa rispose assicurandomi che aveva sofferto molto e mi disse: « Sappia, sorella, che fra tre giorni lei risolverà la sua questione nel modo migliore». Dato che io non ero molto propensa a crederle, tutto ad un tratto si fece conoscere come santa. Allora la gioia inondò la mia anima e le dissi: « Tu sei santa? ». Ed essa mi rispose: « SI, sono santa ed abbi fiducia che quella questione la risolverai fra tre giorni ». E io le dissi: « Santa Teresina, dimmi, andrò in paradiso? ». Mi rispose: « Sorella, lei andrà in paradiso ». « E sarò santa? ». Mi rispose: « Sarai santa ». « Ma, Teresina, sarò santa come te, sugli altari? ». Ed essa mi rispose: « Sì, sarai santa come me, ma devi avere molta fiducia in Gesù ». E poi le chiesi se mio padre e mia madre andranno in paradiso, se [frase non ultimata]. Mi rispose: « Ci andranno». E domandai ancora: « E le mie sorelle ed i miei fratelli andranno in paradiso? ». Mi rispose che dovevo pregare molto per loro e non mi diede una risposta precisa. Compresi che avevano bisogno di molte preghiere. Questo è un sogno e come dice un proverbio polacco « Sen mara, a Bég wiara - il sogno è una chimera, mentre Dio è certezza ». Però, come mi aveva detto, il terzo giorno risolsi quella difficile questione con grande facilità.
Per quanto concerne quella questione, si avverò tutto alla lettera come mi aveva detto. Questo è un sogno, ma ha avuto un suo significato. Mi trovavo, una volta, in cucina con suor N. e questa si adirò un poco contro di me e per penitenza mi ordinò di stare seduta su un tavolo, mentre solo lei continuò a darsi molto da fare; riassettò e strofinò ed io me ne stavo seduta sul tavolo. Le altre suore, che andavano e venivano, si stupivano nel vedermi seduta a quel modo. Ognuna diceva la sua. Una disse che ero una fannullona; un'altra, che ero stramba. A quel tempo ero postulante. Altre dicevano: « Che razza di suora sarà mai costei? ». Io però non potevo scendere dal tavolo, perché quella suora m'aveva imposto, sotto obbedienza, di restar seduta fino a che non m'avesse detto di scendere. Dio solo sa quanti atti di mortificazione feci in quell'occasione. Pensavo di prender fuoco per la vergogna. Dio Stesso talvolta così permise per la mia formazione interiore, ma il Signore poi mi ricompensò per quella umiliazione con una grande gioia. Durante la benedizione Lo vidi sotto un aspetto di grande bellezza. Gesù mi guardò amabilmente e disse: « Figlia Mia, non aver paura delle sofferenze. Io sono con te». Una notte ero di turno e soffrivo molto interiormente per il fatto di dover dipingere quell'immagine e non sapevo proprio che decisione prendere, dato che era un continuo volermi far credere che si trattava di un'illusione, mentre un sacerdote aveva detto che forse Iddio voleva essere adorato per mezzo di quella immagine; quindi bisognava darsi da fare per dipingerla.
Ma la mia anima era molto stanca. Quando entrai nella cappellina, avvicinai il capo al tabernacolo, e bussai dissi: « Vedi, Gesù, quante difficoltà ho nel dover dipingere quell'immagine ». E sentii una voce dal tabernacolo: « Figlia Mia, le tue sofferenze non dureranno a lungo ». Un giorno vidi due strade: una strada larga cosparsa di sabbia e di fiori, piena di allegria, di musica e di vari passatempi. La gente andava per quella strada ballando e divertendosi. Giungono alla fine, ma non s'accorgono che è finita. Alla fine di quella strada c'era uno spaventoso precipizio, cioè l'abisso infernale. Quelle anime cadevano alla cieca in quella voragine; man mano che arrivavano, precipitavano dentro. E ce n era un così gran numero, che era impossibile contarle. E vidi un'altra strada, o meglio un sentiero, poiché era stretto e cosparso di spine e di sassi e la gente che andava per quella strada aveva le lacrime agli occhi ed era piena di dolori. Alcuni cadevano sulle pietre, ma si alzavano subito e proseguivano. Ed alla fine della strada c'era uno stupendo giardino pieno di ogni felicità e tutte quelle anime vi entravano. Subito, fin dal primo momento, dimenticavano i loro dolori. Quando ci fu l'adorazione dalle Suore della Famiglia di Maria, di sera con una delle nostre Suore andai a quell'adorazione. Subito, appena entrai nella cappella, la presenza di Dio s'impadronì della mia anima. Pregai così, come in certi momenti, senza dire una parola. Ad un tratto vidi il Signore che mi disse: « Sappi che, se trascuri di dipingere quell'immagine e tutta l'opera della Misericordia, nel giorno del giudizio risponderai di un gran numero di anime ». Dopo queste parole del Signore, una certa apprensione entrò nella mia anima e anche timore. Non riuscivo a tranquillizzarmi da sola. Quelle parole mi risuonavano nelle orecchie. « Si, nel giorno del giudizio universale dovrò rispondere non solo di me stessa, ma anche di altre anime».
Queste parole mi erano penetrate profondamente nel cuore. Quando tornai a casa entrai nel piccolo Gesù, caddi con la faccia a terra davanti al SS.mo Sacramento e dissi al Signore: « Farò tutto quello che è in mio potere, ma Ti prego, Tu rimani sempre con me e dammi la forza di fare la Tua santa volontà, poiché Tu puoi tutto ed io da sola niente ». Da qualche tempo mi capita di sentire nell'anima quando qualcuno prega per me; lo sento immediatamente e a sua volta quando qualche anima mi chiede preghiere, sebbene non me lo dica, io lo sento egualmente nell'anima. Lo sento in questo modo: avverto un'inquietudine, come se qualcuno mi chiamasse; poi quando prego riacquisto la pace. Una volta avevo un gran desiderio di accostarmi alla S. Comunione, ma avevo un certo dubbio e non mi accostai. Per questo motivo soffrii tremendamente. Mi sembrava che il cuore mi si spezzasse dal dolore. Quando mi dedicai ai miei impegni col cuore pieno d'amarezza, Gesù apparve improvvisamente accanto a me e mi disse: « Figlia Mia, non tralasciare la S. Comunione, se non quando sei ben consapevole di essere caduta gravemente. All'infuori di ciò non ti trattenga alcun dubbio dall'unirti a Me nel Mio mistero d'amore. I tuoi piccoli difetti spariranno nel Mio amore, come una pagliuzza gettata in un grande incendio. Sappi questo, che Mi rattristi molto quando ometti di riceverMi nella S. Comutuone ». La sera, quando entrai nella piccola cappellina udii nell'anima queste parole: « Figlia Mia, medita su queste parole. “ed in preda all'angoscia, pregava più a lungo”» (cfr. Lx 22,44).
Quando cominciai a riflettere più a fondo, molta luce penetrò nella mia anima. Compresi di quanta perseveranza nella preghiera abbiamo bisogno e che da tale faticosa preghiera dipende talvolta la nostra salvezza. Quando andai a Kiekrz a sostituire per poco tempo una consorella, un pomeriggio attraversai l'orto e mi fermai sulla riva del lago e rimasi a lungo assorta pensando a questo elemento della natura. Ad un tratto vidi presso di me Gesù, che mi disse amabilmente: « Ho creato tutto questo per te, Mia sposa, e sappi che tutte le bellezze sono nulla in confronto a quello che ti ho preparato nell'eternità». L'anima mia fu inondata da una gioia così grande, che rimasi là fino alla sera e mi sembrò d'esserci rimasta solo un breve momento. Quel giorno l'avevo libero e destinato al ritiro spirituale di un giorno, perciò avevo piena libertà di dedicarmi alla preghiera. Oh! quanto è infinitamente buono Dio; c'insegue con la Sua bontà. Il più delle volte mi capita che il Signore mi concede le grazie più grandi, proprio quando io non me le aspetto affatto. O Ostia santa, Tu sei chiusa per me nel calice d'oro, affinché nel gran deserto dell'esIlio, io transiti pura, immacolata, intatta; me lo conceda la potenza del Tuo amore. O Ostia santa, dimora nell'anima mia, amore purissimo del mio cuore, la Tua luce disperda le tenebre. Tu non rifiuti le grazie ad un cuore umile. O Ostia santa, delizia del paradiso, sebbene nasconda la Tua bellezza e Ti presenti a me in una briciola di pane, la fede forte squarcia questo velo. Il giorno della crociata, il quinto di ogni mese, è capitato il primo venerdì. E il mio giorno, quello in cui debbo stare di guardia davanti a Gesù. In quel giorno ho il compito di riparare per tutti gli insulti e le mancanze di riguardo verso il Signore, di pregare perché in quel giorno non venga commesso alcun sacrilegio. Il mio spirito in quel giorno era infiammato di un amore particolare verso l'Eucaristia. Mi sembrava di essere trasformata in una fiamma.
Quando, per prendere la S. Comunione, mi avvicinai al sacerdote che mi dava Gesù, una seconda Ostia finì su di una mia manica e io non sapevo quale prendere. Essendo io rimasta un attimo sopra pensiero, il sacerdote spazientito fece un movimento con la mano perché la prendessi. Quando presi l'Ostia che mi porgeva, l'altra mi cadde nelle mani. Il sacerdote andò dall'altra parte della balaustra a distribuire la S. Comunione e io tenni Gesù nelle mie mani per tutto quel tempo. Quando il sacerdote si avvicinò di nuovo, gli diedi l'Ostia caduta perché la mettesse nella pisside, dato che in un primo momento, quando avevo preso Gesù, non avevo potuto dirgli che un'altra era caduta, prima d'aver inghiottito. Mentre tenevo l'Ostia nelle mani, sentii un tale impeto d'amore, che per tutto il giorno non potei né mangiare, né riprendere conoscenza. Dall'Ostia sentii queste parole: « Desideravo riposare nelle tue mani, non solo nel tuo cuore » e all'improvviso in quel momento vidi Gesù Bambino. Ma quando si avvicinò il sacerdote, vidi di nuovo l'Ostia. O Maria, Vergine Immacolata, Puro cristallo per il mio cuore, Tu sei la mia forza, o àncora potente, Tu sei lo scudo e la difesa dei deboli cuori. O Maria, Tu sei pura ed impareggiabile, Vergine e Madre insieme. Tu sei bella come il sole, senza alcuna macchia, Nulla è paragonabile all'immagine della Tua anima.
La Tua bellezza ha affascinato il Tre volte Santo, Sceso dal cielo, abbandonando il trono della Sua sede eterna, E prese corpo e sangue dal Tuo cuore, Nascondendosi per nove mesi nel cuore della Vergine. O Madre, o Vergine, nessuno riesce a comprendere che l'immenso Iddio diventa uomo, Solo per amore e per la Sua insondabile Misericordia. Per merito Tuo, o Madre, vivremo con Lui in eterno. O Maria, Vergine Madre e Porta del cielo, Attraverso Te ci è venuta la salvezza, Ogni grazia sgorga per noi dalle Tue mani E solo la Tua fedele imitazione mi farà santa. O Maria, o Vergine, o Giglio più bello, il Tuo Cuore è stato il primo tabernacolo per Gesù sulla terra, Perché la Tua umiltà è stata la più profonda E per questo sei stata innalzata sopra i cori degli angeli e sul santi. O Maria, dolce Madre mia, Affido a Te l'anima, il corpo ed il mio povero cuore. Sii la Guardiana della mia vita E soprattutto nell'ora della morte, nell'ultima battaglia. G.M.G. Gesù confido in Te. Anno 1937, mese I, giorno I. Annotazione per il controllo dell'anima. Esame particolare: unirmi a Cristo misericordioso. Pratica: il silenzio interiore, stretta osservanza del silenzio.
LA COSCIENZA.
Gennaio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 41, sconfitte, 4. Giaculatoria: E Gesù taceva! Febbraio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 36, sconfitte, 3. Giaculatoria: Gesù confido in Te! Marzo. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 51, sconfitte, 2. Giaculatoria: Gesù infiamma d'amore il mio cuore. Aprile. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 61, sconfitte, 4. Giaculatoria: Con Dio posso tutto. Maggio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 92, sconfitte, 3. Giaculatoria: Nel suo Nome è la mia forza. Giugno. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 64, sconfitte, 1. Giaculatoria: Tutto per Gesù! Luglio. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 62, sconfitte, 8. Giaculatoria: Riposa Gesù nel mio cuore. Agosto. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 88, sconfitte, 7. Giaculatoria: Gesù Tu sai... Settembre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 99, sconfitte, 1. Giaculatoria: Gesù nascondimi nel tuo Cuore. Ottobre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, 41, sconfitte, 3. Giaculatoria: O Maria, uniscimi a Gesù. Novembre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, sconfitte, Giaculatoria: Gesù mio, misericordia. Dicembre. Dio e l'anima, silenzio. Vittorie, sconfitte, Giaculatoria: Ti saluto, Ostia viva. G.M.G. Anno 1937
ESERCITAZIONE GENERALE: Per ogni volta che il mio petto respira, per ogni volta che batte il mio cuore, per ogni volta che pulsa il sangue nel mio organismo, per altrettante migliaia di volte desidero esaltare la Tua Misericordia, o Trinità Santissima. Desidero trasformarmi tutta nella Tua Misericordia ed essere il riflesso vivo di Te, o Signore. Che il più grande attributo di Dio, cioè la Sua incommensurabile Misericordia, giunga al mio prossimo attraverso il mio cuore e la mia anima. Aiutami, o Signore, a far si che i miei occhi siano misericordiosi, in modo che io non nutra mai sospetti e non giudichi sulla base di apparenze esteriori, ma sappia scorgere ciò che c'è di bello nell'anima del mio prossimo e gli sia di aiuto. Aiutami a far si che il mio udito sia misericordioso, che mi chini sulle necessità del mio prossimo, che le mie orecchie non siano indifferenti ai dolori ed ai gemiti del mio prossimo. Aiutami, o Signore, a far si che la mia lingua sia misericordiosa e non parli mai sfavorevolmente del prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono. Aiutami, o Signore, a far sì che le mie mani siano misericordiose e piene di buone azioni, in modo che io sappia fare unicamente del bene al prossimo e prenda su di me i lavori più pesanti e più penosi. Aiutami a far sì che i miei piedi siano misericordiosi, in modo che io accorra sempre in aiuto del prossimo, vincendo la mia indolenza e la mia stanchezza. il mio vero riposo sta nella disponibilità verso il prossimo. Aiutami, Signore, a far si che il mio cuore sia misericordioso, in modo che partecipi a tutte le sofferenze del prossimo. A nessuno rifiuterò il mio cuore. Mi comporterò sinceramente anche con coloro di cui so abuseranno della mia bontà, mentre io mi rifugerò nel Misericordiosissimo Cuore di Gesù. Non parlerò delle mie sofferenze. Alberghi in me la Tua Misericordia, o mio Signore. Tu Stesso mi ordini di esercitarmi nei tre gradi della misericordia. Primo: l'opera di misericordia di qualunque genere essa sia. Secondo: la parola misericordiosa; se non potrò con l'azione lo farò con la parola. il terzo grado è la preghiera. Se non potrò dimostrare la mia misericordia né con l'azione, né con la parola, posso sempre farlo con la preghiera. La preghiera l'estenderò anche là, dove non posso giungere fisicamente. O Gesù mio, trasformarmi in Te Stesso poiché Tu puoi fare tutto. [A questo punto nel manoscritto ci sono 4 pagine in bianco: 79-82]
G.M.G.Varsavia, anno 1933 LA PROBAZIONE PRIMA DEI VOTI PERPETUI.
Quando venni a sapere che dovevo partire per la probazione, la gioia esplose nel mio cuore di fronte ad una grazia così inesplicabile, quale è quella dei voti perpetui. Andai davanti al Santissimo Sacramento e quando m immersi nella preghiera di ringraziamento, udii nell'anima queste parole: « Bambina Mia, tu sei la Mia delizia; tu sei il refrigerio del Mio Cuore. Ti concedo tante grazie, quante riesci a reggerne. Ogni volta che vuoi procurarMi una gioia, parla al mondo della Mia grande ed incommensurabile Misericordia ». Alcune settimane prima che mi venisse annunciato che ero stata ammessa alla probazione, un giorno che entrai un momento in cappella, Gesù mi aveva detto: « In questo momento i Superiori annunciano quali Suore debbono pronunciare i voti perpetui. Non tutte otterranno questa grazia, però le escluse ne hanno esse stesse la colpa. Chi non approfitta delle piccole grazie, non ottiene le grandi. Ma a te, bambina Mia, questa grazia è stata concessa ». Un gioioso stupore s'impadronì della mia anima e questo perché alcuni giorni prima una suora mi aveva detto: « Lei, sorella, non sarà ammessa alla terza probazione. Io stessa farò in modo che lei non sia ammessa ai voti ». Non avevo risposto nulla a quella suora, ma la cosa per me era stata molto spiacevole; però cercai, nei limiti del possibile, di tener nascosto il mio dolore. O Gesù, com'è mirabile il Tuo operare! Ora vedo che gli uomini da soli valgono ben poco; infatti alla probazione sono stata ammessa, proprio come mi aveva detto Gesù. Nella preghiera trovo sempre luce e forza per lo spirito, benché talvolta ci siano dei momenti pesanti ed assai incresciosi, tanto che certe volte non si riesce a comprendere come cose di questo genere possano avvenire in un convento.
Per ragioni misteriose Iddio lo permette, ma questo avviene sempre affinché venga messa in risalto la virtù di un'anima o perché la stessa si tempri bene. Per questo ci sono i dispiaceri. Oggi novembre 1932 sono giunta a Varsavia per la terza probazione. Dopo un cordiale saluto con le care Madri, sono entrata un momento nella piccola cappellina. Ad un tratto la presenza di Dio ha investito la mia anima ed ho udito queste parole: « Figlia Mia, desidero che il tuo cuore sia modellato secondo il Mio Cuore misericordioso. Devi essere totalmente imbevuta della Mia Misericordia ». La cara Madre Maestra mi domandò subito se quest'anno avevo fatto gli esercizi spirituali. Le risposi di no. « E perciò lei deve fare prima almeno tre giorni di esercizi spirituali ». Grazie a Dio a Walendòw c'erano gli esercizi di Otto giorni, quindi potei approfittarne. Cominciarono però le difficoltà quando si trattò di andare a quegli esercizi. Una certa persona era molto contraria a questo e già non dovevo partire più. Dopo pranzo andai in cappella per una adorazione di cinque minuti. All'improvviso vidi Gesù che mi disse: « Figlia Mia, ti sto preparando molte grazie, che riceverai durante gli esercizi spirituali che comincerai domani ». Risposi: « Ma, Gesù, gli esercizi sono già cominciati e io non debbo andare ». E mi disse: « Tu preparati, perché domani comincerai gli esercizi spirituali; e in quanto alla tua partenza ci penso Io coi Superiori ». E all'improvviso Gesù scomparve. Cominciai a pensare a come ciò sarebbe avvenuto. Ma dopo un momento abbandonai ogni pensiero su ciò e dedicai quel po' di tempo alla preghiera, chiedendo luce allo Spirito Santo, per conoscere tutta la mia miseria. E dopo un momento uscii dalla cappella per riprendere le mie occupazioni.
Poco dopo la Madre Generale mi fa chiamare e mi dice: « Sorella, oggi stesso lei va a Walendow con Madre Valeria, in modo che già da domani possa cominciare gli esercizi. Si è verificata l'occasione che c'è qui Madre Valeria, quindi partite assieme ». Dopo nemmeno due ore ero già a Walendow. Riflettei un momento dentro di me e dovetti riconoscere che le faccende a questo modo le poteva risolvere soltanto Gesù. Quando mi vide quella persona, che si era così tenacemente opposta al fatto che io facessi gli esercizi spirituali, mostrò il suo stupore e la sua irritazione. Io però, come se niente fosse, la salutai inchinandomi cordialmente ed andai a far visita al Signore, per avere indicazioni su come dovevo comportarmi durante gli esercIzi spirituali. Il mio colloquio col Signore prima dell'inizio degli esercizi. Gesù mi disse che quegli esercizi sarebbero stati un po' diversi dagli altri. « Nel trattare con Me cerca di mantenere una calma profonda. Eliminerò tutte le incertezze a questo riguardo. Io so che ora sei tranquilla, mentre stoparlando con te; ma appena smetterò di parlare, comincerai a tirar fuori i dubbi; ma sappi che rafforzerò talmente la tua anima che, sebbene volessi metterti in agitazione, non sarà in tuo potere. E come prova che sono Io che ti parlo, il secondo giorno degli esercizi andrai a confessarti dal sacerdote, che tiene gli esercizi. Andrai da lui appena terminata la meditazione e gli esporrai i tuoi dubbi, quelli che hai riguardo a Me e Io ti risponderò con la bocca di lui ed allora finiranno i tuoi timori. Durante questi esercizi osserva un silenzio così rigoroso, come se attorno a te non esistesse niente. Parlerai solo con Me e col confessore; alle Superiore chiederai soltanto le penitenze ».
Mi rallegrai tanto perché il Signore Gesù mi aveva dimostrato in tal misura la sua benevolenza e si era abbassato fino a me. Primo giorno degli esercizi. Al mattino cercai di essere la prima a giungere in cappella. Prima della meditazione ebbi ancora un momento di tempo per una preghiera allo Spirito Santo ed alla Madre SS.ma. Pregai ardentemente la Madonna perché mi ottenesse la grazia di essere fedele a queste ispirazioni interiori e perché adempissi fedelmente ogni volontà di Dio. Iniziai questi esercizi con uno strano coraggio. Lotta per mantenere il silenzio. Come capita normalmente, agli esercizi vengono suore da varie case. Una di queste suore, che non avevo visto da parecchio tempo, venne nella mia cella e mi disse che aveva qualche cosa da comunicarmi. Non le risposi niente ed essa si accorse che non volevo rompere il silenzio. Mi rispose: « Non sapevo, sorella, che lei fosse un tipo tanto stravagante », e se ne andò.
Compresi che quella persona non aveva verso di me altro interesse se non l'appagamento del suo curioso amor proprio. O Dio, mantienimi fedele. Il Padre che predicava gli esercizi veniva dall'America. Era venuto in Polonia per poco tempo e le circostanze fecero sì che venisse da noi a predicare gli esercizi. Da quell'uomo emanava la sensazione di una profonda vita interiore. Il suo aspetto rivelava grandezza d'animo; la mortificazione ed il raccoglimento erano le caratteristiche di quel sacerdote. Tuttavia, nonostante le grandi virtù che quel sacerdote possedeva, provavo un'enorme difficoltà a svelargli la mia anima per quel che riguarda le grazie, poiché per quanto riguarda i peccati è sempre facile; ma per le grazie debbo veramente impormi un grande sforzo ed anche così non dico tutto. Tentazioni di satana. Durante la meditazione fui stranamente presa dalla paura che quel sacerdote non mi avrebbe capita e poi che non avrebbe avuto tempo, in modo che io gli potessi esporre tutto. « Ma come gli parlerò di tutto questo? Se si trattasse di Padre Bukowski mi sarebbe più facile, ma questo padre gesuita lo vedo per la prima volta ».
Allora mi venne in mente un consiglio di Padre Bukowski, il quale mi aveva detto che, quando facevo gli esercizi spirituali, dovevo prendere nota anche brevemente dei lumi che il Signore mi inviava e che almeno di quello dovevo rendergli conto, pur brevemente. « O mio Dio, un giorno e mezzo è passato così facilmente per me; ora invece comincia la lotta per la vita e per la morte. Fra mezz'ora ci deve essere la meditazione e poi devo andare a confessarmi. Satana mi spinge a credere che, se i Superiori hanno detto che la mia vita interiore è un'illusione, a che scopo chiedere ancora al confessore e affliggerlo per niente?». « Dopo tutto te l'ha detto M. X. che Gesù non ha rapporti di quel genere con anime così misere. La stessa cosa ti dirà il confessore. A che scopo devi parlare di queste cose? In fin dei conti non sono peccati e Madre X. d'altronde ti ha detto chiaro e tondo che tutti questi contatti con Gesù sono un sogno, un puro isterismo. Perché devi parlarne con questo confessore? Fai meglio se respingi tutto come un'illusione. Guarda quante umiliazioni hai già dovuto subire e quante ne dovrai subire ancora e anche le Suore lo sanno che sei un'isterica ». « O Gesù! » gridai con tutta la forza dell'anima.
Proprio in quel momento il Padre venne per tenere la sua conferenza. Parlò brevemente, come se avesse fretta. Terminata la conferenza, si mise in confessionale. Guardai. Nessuna suora si alzò per andare. Mi staccai decisamente dall'inginocchiatoio e in un attimo mi trovai davanti alla grata. Non ci fu tempo per nessuna riflessione. Invece di parlare al Padre dei dubbi che mi erano stati insinuati in merito ai rapporti con Gesù, cominciai a raccontare tutte le tentazioni che sono descritte sopra. Ma il confessore si rese subito conto di tutta la mia situazione e disse: « Lei non si fida di Gesù, perché con lei si comporta con tanta amabilità. Ma come sarebbe, sorella? Lei deve essere pienamente tranquilla. È Gesù il suo Maestro, sorella, ed i rapporti di familiarità che ha con Gesù non sono un isterismo, né un sogno, né un'illusione. Sappia, sorella, che è sulla buona strada. Sia fedele a queste grazie: non le è permesso sfuggirle. Non è necessario che lei parli di queste grazie interiori con le Superiore, se non per un ordine preciso di Gesù e prenda prima accordi col confessore. Ma se Gesù richiede qualche cosa che è o deve avvenire all'esterno, in tal caso, dopo aver preso accordi col confessore, lei deve fare quello che Gesù chiede, dovesse costarle qualunque prezzo. Ma d'altra parte lei, sorella, deve parlare di tutto col confessore. Non c'è assolutamente un'altra via per lei. Preghi, sorella, per ottenere un direttore spirituale, poiché diversamente sprecherebbe questi grandi doni di Dio. Le ripeto ancora una volta di stare tranquilla; lei è sulla buona strada. Non badare a niente, ma essere sempre fedele al Signore Gesù, nonostante ciò che può dire di lei questo o quello.
Proprio con tali anime misere il Signore Gesù intrattiene rapporti di familiarità e più lei si umilierà e più il Signore Gesù si unirà a lei». Quando mi allontanai dalla grata, una gioia inconcepibile aveva inondato la mia anima, tanto che mi isolai in un posto appartato dell'orto, per nascondermi di fronte alle suore e permettere al mio cuore di sfogarsi liberamente con Dio. La presenza di Dio mi investi da parte a parte e in un attimo tutto il mio nulla s'immerse in Dio e in quell'attimo sentii, cioè distinsi le tre Persone Divine che abitavano in me ed avevo nell'anima una pace così grande, che io stessa mi stupii per il fatto che m'era stato possibile essere inquieta nel passato. Proposito. Fedeltà alle ispirazioni interiori, qualunque cosa possa costarmi. Non far nulla da sola senza un accordo preventivo col confessore. Rinnovazione dei voti. Fin dal primo mattino, da quando mi sono svegliata, il mio spirito è sprofondato interamente in Dio, in un oceano d'amore.
Sentivo che ero completamente immersa in Lui. Durante la S. Messa il mio amore per Lui ha raggiunto una grande intensità. Dopo la rinnovazione dei voti e la S. Comunione ad un tratto ho visto Gesù, che mi ha detto amabilmente: « Figlia Mia, guarda il Mio Cuore misericordioso ». Quando guardai quel Cuore SS.mo uscirono gli stessi raggi che sono nell'immagine, come sangue e acqua e compresi quanto è grande la Misericordia del Signore. E di nuovo Gesù mi disse amabilmente: « Figlia Mia, parla ai Sacerdoti della Mia insondabile Misericordia. Le fiamme della Misericordia Mi bruciano: voglio riversarle sulle anime ma le anime non vogliono credere alla Mia bontà ». All'improvviso Gesù spari. Ma per tutta la giornata il mio spirito fu immerso nella sensibile presenza di Dio, nonostante il chiasso e le conversazioni, che seguono di solito dopo gli esercizi spirituali. La cosa però non mi disturbò affatto. il mio spirito era immerso in Dio, nonostante che all'esterno prendessi parte alle conversazioni è andassi perfino a visitare Derdy. Oggi cominciamo la terza probazione. Ci siamo riunite tutte e tre presso Madre Margherita, poiché le altre Suore la terza probazione l'hanno iniziata nel noviziato. Madre Margherita ha cominciato con una preghiera, ha spiegato in che cosa consiste la terza probazione ed ha ricordato quanto è grande la grazia dei voti perpetui. Tutto ad un tratto diedi in un pianto dirotto. In un momento mi erano apparse davanti agli occhi dell'anima tutte le grazie del Signore e mi ero vista tanto misera ed ingrata di fronte a Dio. Le consorelle cominciarono a rimproverarmi: « Perché s'è messa a piangere a quel modo? ». Ma la Madre Maestra mi difese e disse che non se ne meravigliava. Terminata l'ora, andai davanti al SS.mo Sacramento e, come la più grande miseria e nullità, Lo pregai di aver misericordia e di degnarsi di guarire e purificare la mia povera anima. D'un tratto udii queste parole: « Figlia Mia, tutte le tue miserie sono state bruciate nel fuoco del Mio amore, come una pagliuzza gettata in un immenso incendio. E con questo umiliarti attiri su di te e su altre anime tutto il mare della mia Misericordia ». E risposi: « Gesù, plasma il mio povero cuore secondo il Tuo Divino compiacimento». Per tutto il periodo della probazione il mio compito fu quello di aiutare la Suora responsabile del guardaroba.
Questo compito mi fornì molte occasioni di esercitarmi nelle virtù. Talvolta andai per tre volte di seguito a portare la biancheria a certe Suore e non fu sufficiente per accontentarle. Ma ebbi modo di conoscere anche la grande virtù di alcune Suore, che chiedevano sempre di dar loro I quello che c'era di più scadente nel guardaroba. Ho avuto modo di ammirare il loro spirito di umiltà e mortificazione. Durante l'Avvento si risvegliò nella mia anima un grande desiderio di Dio. Il mio spirito anelava a Dio con tutta la forza del suo essere. In quel tempo il Signore mi elargì molta luce per farmi conoscere i Suoi attributi. Il primo attributo che il Signore mi fece conoscere è la Sua Santità. Tale Santità è così grande, che davanti a Lui tremano tutte le Potenze e le Virtù. I puri spiriti nascondono il volto e si sprofondano in una incessante adorazione. E l'unica espressione della loro adorazione senza limiti è: « Santo... ».
La Santità di Dio è distribuita sulla Chiesa e su ogni suo membro, ma non in uguale misura. Ci sono delle anime completamente divinizzate, ma ci sono anche anime che vivono a malapena. Il secondo attributo che il Signore mi fece conoscere è la Sua Giustizia. La Sua Giustizia è così grande e penetrante che raggiunge fino in fondo l'essenza delle cose e tutto davanti a Lui è nella sua nuda realtà e nulla potrebbe continuare a sussistere. Il terzo attributo è l'Amore e la Misericordia. E compresi che l'Amore e la Misericordia è [sic!] l'attributo più grande. Esso unisce la creatura al Creatore. L'amore più grande e l'abisso della Misericordia li riconosco nell'Incarnazione del Verbo, nella Redenzione da Lui operata. E da ciò compresi che questo attributo è il più grande in Dio. Oggi ho riassettato la camera di una Suora. Nonostante che mi fossi impegnata a riordinarla con la massima cura, quella persona per tutto il tempo che ho impiegato a pulire, mi è venuta appresso e diceva: « Qui c'è un po' di polvere, là c'è una macchiolina sul pavimento ». Ad ogni suo cenno sono passata e ripassata anche dieci volte nello stesso punto, pur di accontentarla. Non è il lavoro che stanca, ma le chiacchiere e le pretese oltre ogni ragionevole misura. E non le è bastato il martirio a cui mi ha sottoposta per tutto il giorno, ma è andata anche a lamentarsi dalla Madre Maestra: « Non le dico, Madre, che sorta di suora è, sbadata, non si sbriga mai! ». Il giorno dopo, senza una parola di spiegazione, andai a fare lo stesso lavoro. Quando mi prese nelle sue spire, pensai fra me: « Gesù, si può essere martiri silenziosi. Le forze vengono a mancare non per il lavoro, ma per questo continuo martirio». Ho capito che certe persone hanno il dono particolare di tormentare le altre. Le tengono sotto pressione a più non posso. Povera quell'anima che capita sotto di loro. Non conta nulla; anche le cose migliori vengono giudicate a rovescio.
27 maggio 1944
Maria Valtorta
Dice Gesù:
«Maria. Di’: “Eccomi” come le stelle di cui parla la profezia [324], e piena di letizia vieni ad ascoltare Me.
È la vigilia della Pentecoste. La Sapienza non è scesa una volta sola col suo fuoco. Ella scende sempre a darvi i suoi lumi. Basta che la amiate e la cerchiate come tesoro preziosissimo. Il mondo perisce perché ha deriso e respinto la Sapienza camminando fuori delle sue vie.
Molta scienza ha messo l’uomo nella sua mente. Ma è più ignorante di quando era primitivo. Allora cercava la via del Signore e tendeva l’animo per accoglierne le parole. Ora cerca tutto fuorché ciò che dovrebbe cercare e riempie il suo essere di tutte le più inutili e pericolose parole. Ma non di quelle che sarebbero la sua vita.
“Il Signore” dice Baruch “non scelse i giganti per comunicare ad essi la parola della Sapienza”.
No. Il Signore non sceglie i giganti. Non li sceglie. Non li sceglie, uomini laici o consacrati che vi credete molto soltanto perché siete pieni di orgoglio e agli occhi miei siete meno di stridule cicale. Il Signore non guarda le vostre patenti né le vostre cariche, non la veste e non il nome che avete. Queste sono come bucce messe su quello che Dio guarda per misurarne il valore: l’animo. E se non avete animo acceso di carità, generoso nel sacrificio, umile, casto, no, che il Signore Iddio non vi sceglie per suoi prediletti, per depositari delle sue ricchezze sapienziali.
Non siete voi che potete dire a Me: “Voglio esser io colui che sa”. Io sono che posso dire: “Voglio che costui sappia”. Posso avere per voi della pietà, questa ancora, perché siete degli infelici, malati delle più brutte lebbre. Ma quanto ad avere per voi una predilezione di scelta, no. Non lo meritate.
Sappiate meritarlo con una vita retta. In tutto. Ché se conservate fede ai vostri obblighi più gravi ma mancate nelle cose meno palesi ma più profonde, non siete più retti. Non lo siete. E questo vostro livore non è che un motivo umano che si veste di una bugiarda veste di zelo. L’intenzione non è retta. Perciò non vale.
E tu vieni a conversare col Maestro tuo. Vieni, ché Io ti traggo dal sepolcro del dolore, né ti accascio con una visione, d’altronde già vista [325], di terrificante maestà. Della risurrezione dei morti osserva solo il lato spirituale applicato alla solennità attuale. È lo Spirito di Dio che infuso in voi dà la Vita. Amalo, invocalo, siigli fedele. Avrai la Vita e la Pace. Quella oltre la Terra. Questa anche sulla Terra.»
[324] profezia che è in Baruc 3, 24-38 compresa la citazione che segue più sotto.
[325] vista il 29 gennaio.