Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Come parla teneramente Gesù quando dà  se stes­so nella Santa Comunione. « La mia carne è veramen­te cibo e il mio sangue veramente bevanda. Chi man­gia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui.» Oh, cosa potrebbe fare di più il mio Gesù che darmi la sua carne come cibo? No, neppure Dio potrebbe fare di più né mostrarmi un amore più grande. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 14° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 17

1Disse ancora ai suoi discepoli: "È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono.2È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli.3State attenti a voi stessi!

Se un tuo fratello pecca, rimproveralo; ma se si pente, perdonagli.4E se pecca sette volte al giorno contro di te e sette volte ti dice: Mi pento, tu gli perdonerai".

5Gli apostoli dissero al Signore:6"Aumenta la nostra fede!". Il Signore rispose: "Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe.

7Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà quando rientra dal campo: Vieni subito e mettiti a tavola?8Non gli dirà piuttosto: Preparami da mangiare, rimboccati la veste e servimi, finché io abbia mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai anche tu?9Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?10Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare".

11Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samarìa e la Galilea.12Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza,13alzarono la voce, dicendo: "Gesù maestro, abbi pietà di noi!".14Appena li vide, Gesù disse: "Andate a presentarvi ai sacerdoti". E mentre essi andavano, furono sanati.15Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce;16e si gettò ai piedi di Gesù per ringraziarlo. Era un Samaritano.17Ma Gesù osservò: "Non sono stati guariti tutti e dieci? E gli altri nove dove sono?18Non si è trovato chi tornasse a render gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?". E gli disse:19"Alzati e va'; la tua fede ti ha salvato!".

20Interrogato dai farisei: "Quando verrà il regno di Dio?", rispose:21"Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: Eccolo qui, o: eccolo là. Perché il regno di Dio è in mezzo a voi!".

22Disse ancora ai discepoli: "Verrà un tempo in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete.23Vi diranno: Eccolo là, o: eccolo qua; non andateci, non seguiteli.24Perché come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno.25Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione.26Come avvenne al tempo di Noè, così sarà nei giorni del Figlio dell'uomo:27mangiavano, bevevano, si ammogliavano e si maritavano, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca e venne il diluvio e li fece perire tutti.28Come avvenne anche al tempo di Lot: mangiavano, bevevano, compravano, vendevano, piantavano, costruivano;29ma nel giorno in cui Lot uscì da Sòdoma piovve fuoco e zolfo dal cielo e li fece perire tutti.30Così sarà nel giorno in cui il Figlio dell'uomo si rivelerà.31In quel giorno, chi si troverà sulla terrazza, se le sue cose sono in casa, non scenda a prenderle; così chi si troverà nel campo, non torni indietro.32Ricordatevi della moglie di Lot.33Chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà.34Vi dico: in quella notte due si troveranno in un letto: l'uno verrà preso e l'altro lasciato;35due donne staranno a macinare nello stesso luogo: l'una verrà presa e l'altra lasciata".36.37Allora i discepoli gli chiesero: "Dove, Signore?". Ed egli disse loro: "Dove sarà il cadavere, là si raduneranno anche gli avvoltoi".


Ester 1

1a(a)Nel secondo anno del regno del gran re Assuero, il giorno primo di Nisan, Mardocheo figlio di Iair, figlio di Simei, figlio di Kis, della tribù di Beniamino ebbe un sogno.1b(b)Era un Giudeo che abitava nella città di Susa, uomo grande, che prestava servizio alla corte del re1c(c)e proveniva dal gruppo degli esuli che Nabucodònosor re di Babilonia aveva deportato da Gerusalemme con Ieconìa re della Giudea.1d(d)Questo era il suo sogno: ecco grida e tumulto, tuoni e terremoto, agitazione sulla terra.1e(e)Ecco due enormi draghi avanzarono, pronti tutti e due alla lotta, e risuonò potente il loro sibilo.1f(f)Al loro sibilo ogni nazione si preparò alla guerra, per combattere contro il popolo dei giusti.1g(g)Ecco un giorno di tenebre e di caligine, di tribolazione e angustia, di malessere e grande agitazione sulla terra.1h(h)Tutta la nazione dei giusti fu agitata: essi temevano la propria rovina, si prepararono a perire e gridarono a Dio.1i(i)Ma dal loro grido sorse, come da una piccola fonte, un grande fiume, acque copiose.1k(k)Spuntò la luce e il sole: gli umili furono esaltati e divorarono i superbi.1l(l)Mardocheo allora si svegliò: aveva visto questo sogno e che cosa Dio aveva deciso di fare; continuava a ripensarvi entro il suo cuore e cercava di comprenderlo, in ogni suo particolare, fino a notte.
1m(m)Mardocheo alloggiava alla corte con Bigtàn e Tères, i due eunuchi del re che custodivano la corte,1n(n)quando udì i loro ragionamenti e, indagando sui loro disegni, venne a sapere che quelli si preparavano a mettere le mani sul re Assuero. Allora ne avvertì il re.1o(o)Il re sottopose i due eunuchi a un interrogatorio: essi confessarono e furono tolti di mezzo.1p(p)Poi il re fece scrivere queste cose nelle cronache e anche Mardocheo le mise in iscritto.1q(q)Il re costituì Mardocheo funzionario della corte e gli fece regali in compenso di queste cose.1r(r)Ma vi era anche Amàn figlio di Hammedàta, l'Agaghita, che era potente davanti al re e cercò il modo di far del male a Mardocheo e al suo popolo per l'affare dei due eunuchi del re.

1Al tempo di Assuero, di quell'Assuero che regnava dall'India fino all'Etiopia sopra centoventisette province,2in quel tempo, dunque, il re Assuero che sedeva sul trono del suo regno nella cittadella di Susa,3l'anno terzo del suo regno fece un banchetto a tutti i suoi principi e ai suoi ministri. I capi dell'esercito di Persia e di Media, i nobili e i governatori delle province furono riuniti alla sua presenza.4Dopo aver così mostrato loro le ricchezze e la gloria del suo regno e il fasto magnifico della sua grandezza per molti giorni, per centottanta giorni,5passati questi giorni il re fece un altro banchetto di sette giorni, nel cortile del giardino della reggia, per tutto il popolo che si trovava nella cittadella di Susa, dal più grande al più piccolo.6Vi erano cortine di lino fine e di porpora viola, sospese con cordoni di bisso e di porpora rossa ad anelli d'argento e a colonne di marmo bianco; divani d'oro e d'argento sopra un pavimento di marmo verde, bianco e di madreperla e di pietre a colori.7Si porgeva da bere in vasi d'oro di forme svariate e il vino del re era abbondante, grazie alla liberalità del re.8Era dato l'ordine di non forzare alcuno a bere, poiché il re aveva prescritto a tutti i maggiordomi che lasciassero fare a ciascuno secondo la propria volontà.
9Anche la regina Vasti offrì un banchetto alle donne nella reggia del re Assuero.
10Il settimo giorno, il re che aveva il cuore allegro per il vino, ordinò a Meumàn, a Bizzetà, a Carbonà, a Bigtà, ad Abagtà, a Zetàr e a Carcàs, i sette eunuchi che servivano alla presenza del re Assuero,11che conducessero davanti a lui la regina Vasti con la corona reale, per mostrare al popolo e ai capi la sua bellezza; essa infatti era di aspetto avvenente.12Ma la regina Vasti rifiutò di venire, contro l'ordine che il re aveva dato per mezzo degli eunuchi; il re ne fu assai irritato e la collera si accese dentro di lui.13Allora il re interrogò i sapienti, conoscitori dei tempi. - Poiché gli affari del re si trattavano così, alla presenza di quanti conoscevano la legge e il diritto,14e i più vicini a lui erano Carsenà, Setàr, Admàta, Tarsìs, Mères, Marsenà e Memucàn, sette capi della Persia e della Media che erano suoi consiglieri e sedevano ai primi posti nel regno. -15Domandò dunque: "Secondo la legge, che cosa si deve fare alla regina Vasti che non ha eseguito l'ordine datole dal re Assuero per mezzo degli eunuchi?".16Memucàn rispose alla presenza del re e dei principi: "La regina Vasti ha mancato non solo verso il re, ma anche verso tutti i capi e tutti i popoli che sono nelle province del re Assuero.17Perché quello che la regina ha fatto si saprà da tutte le donne e le indurrà a disprezzare i propri mariti; esse diranno: Il re Assuero aveva ordinato che si conducesse alla sua presenza la regina Vasti ed essa non vi è andata.18Da ora innanzi le principesse di Persia e di Media che sapranno il fatto della regina ne parleranno a tutti i principi del re e ne verranno insolenze e irritazioni all'eccesso.19Se così sembra bene al re, venga da lui emanato un editto reale da scriversi fra le leggi di Persia e di Media, sicché diventi irrevocabile, per il quale Vasti non potrà più comparire alla presenza del re Assuero e il re conferisca la dignità di regina ad un'altra migliore di lei.20Quando l'editto emanato dal re sarà conosciuto nell'intero suo regno per quanto è vasto, tutte le donne renderanno onore ai loro mariti dal più grande al più piccolo".21La cosa parve buona al re e ai principi. Il re fece come aveva detto Memucàn:22mandò lettere a tutte le province del regno, a ogni provincia secondo il suo modo di scrivere e ad ogni popolo secondo la sua lingua; perché ogni marito fosse padrone in casa sua e potesse parlare a suo arbitrio.


Salmi 21

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'

2Signore, il re gioisce della tua potenza,
quanto esulta per la tua salvezza!
3Hai soddisfatto il desiderio del suo cuore,
non hai respinto il voto delle sue labbra.
4Gli vieni incontro con larghe benedizioni;
gli poni sul capo una corona di oro fino.
5Vita ti ha chiesto, a lui l'hai concessa,
lunghi giorni in eterno, senza fine.

6Grande è la sua gloria per la tua salvezza,
lo avvolgi di maestà e di onore;
7lo fai oggetto di benedizione per sempre,
lo inondi di gioia dinanzi al tuo volto.
8Perché il re confida nel Signore:
per la fedeltà dell'Altissimo non sarà mai scosso.

9La tua mano raggiungerà ogni tuo nemico,
la tua destra raggiungerà chiunque ti odia.
10Ne farai una fornace ardente,
nel giorno in cui ti mostrerai:
il Signore li consumerà nella sua ira,
li divorerà il fuoco.
11Sterminerai dalla terra la loro prole,
la loro stirpe di mezzo agli uomini.

12Perché hanno ordito contro di te il male,
hanno tramato insidie, non avranno successo.
13Hai fatto loro voltare le spalle,
contro di essi punterai il tuo arco.
14Alzati, Signore, in tutta la tua forza;
canteremo inni alla tua potenza.


Salmi 39

1'Al maestro del coro, Iditun. Salmo. Di Davide.'

2Ho detto: "Veglierò sulla mia condotta
per non peccare con la mia lingua;
porrò un freno alla mia bocca
mentre l'empio mi sta dinanzi".
3Sono rimasto quieto in silenzio: tacevo privo di bene,
la sua fortuna ha esasperato il mio dolore.
4Ardeva il cuore nel mio petto,
al ripensarci è divampato il fuoco;
allora ho parlato:
5"Rivelami, Signore, la mia fine;
quale sia la misura dei miei giorni
e saprò quanto è breve la mia vita".

6Vedi, in pochi palmi hai misurato i miei giorni
e la mia esistenza davanti a te è un nulla.
Solo un soffio è ogni uomo che vive,
7come ombra è l'uomo che passa;
solo un soffio che si agita,
accumula ricchezze e non sa chi le raccolga.

8Ora, che attendo, Signore?
In te la mia speranza.
9Liberami da tutte le mie colpe,
non rendermi scherno dello stolto.
10Sto in silenzio, non apro bocca,
perché sei tu che agisci.

11Allontana da me i tuoi colpi:
sono distrutto sotto il peso della tua mano.
12Castigando il suo peccato tu correggi l'uomo,
corrodi come tarlo i suoi tesori.
Ogni uomo non è che un soffio.

13Ascolta la mia preghiera, Signore,
porgi l'orecchio al mio grido,
non essere sordo alle mie lacrime,
poiché io sono un forestiero,
uno straniero come tutti i miei padri.
14Distogli il tuo sguardo, che io respiri,
prima che me ne vada e più non sia.


Daniele 5

1Il re Baldassàr imbandì un gran banchetto a mille dei suoi dignitari e insieme con loro si diede a bere vino.2Quando Baldassàr ebbe molto bevuto comandò che fossero portati i vasi d'oro e d'argento che Nabucodònosor suo padre aveva asportati dal tempio, che era in Gerusalemme, perché vi bevessero il re e i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine.3Furono quindi portati i vasi d'oro, che erano stati asportati dal tempio di Gerusalemme, e il re, i suoi grandi, le sue mogli e le sue concubine li usarono per bere;4mentre bevevano il vino, lodavano gli dèi d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro, di legno e di pietra.5In quel momento apparvero le dita di una mano d'uomo, le quali scrivevano sulla parete della sala reale, di fronte al candelabro. Nel vedere quelle dita che scrivevano,6il re cambiò d'aspetto: spaventosi pensieri lo assalirono, le giunture dei suoi fianchi si allentarono, i ginocchi gli battevano l'uno contro l'altro.
7Allora il re si mise a gridare, ordinando che si convocassero gli astrologi, i caldei e gli indovini. Appena vennero, il re disse ai saggi di Babilonia: "Chiunque leggerà quella scrittura e me ne darà la spiegazione sarà vestito di porpora, porterà una collana d'oro al collo e sarà il terzo signore del regno".
8Allora entrarono nella sala tutti i saggi del re, ma non poterono leggere quella scrittura né darne al re la spiegazione.
9Il re Baldassàr rimase molto turbato e cambiò colore; anche i suoi grandi restarono sconcertati.
10La regina, alle parole del re e dei suoi grandi, entrò nella sala del banchetto e, rivolta al re, gli disse: "Re, vivi per sempre! I tuoi pensieri non ti spaventino né si cambi il colore del tuo volto.11C'è nel tuo regno un uomo, in cui è lo spirito degli dèi santi. Al tempo di tuo padre si trovò in lui luce, intelligenza e sapienza pari alla sapienza degli dèi. Il re Nabucodònosor tuo padre lo aveva fatto capo dei maghi, degli astrologi, dei caldei e degli indovini.12Fu riscontrato in questo Daniele, che il re aveva chiamato Baltazzàr, uno spirito superiore e tanto accorgimento da interpretare sogni, spiegare detti oscuri, sciogliere enigmi. Si convochi dunque Daniele ed egli darà la spiegazione".
13Fu quindi introdotto Daniele alla presenza del re ed egli gli disse: "Sei tu Daniele un deportato dei Giudei, che il re mio padre ha condotto qua dalla Giudea?14Ho inteso dire che tu possiedi lo spirito degli dèi santi e che si trova in te luce, intelligenza e sapienza straordinaria.15Poco fa sono stati condotti alla mia presenza i saggi e gli astrologi per leggere questa scrittura e darmene la spiegazione, ma non sono stati capaci.16Ora, mi è stato detto che tu sei esperto nel dare spiegazioni e sciogliere enigmi. Se quindi potrai leggermi questa scrittura e darmene la spiegazione, tu sarai vestito di porpora, porterai al collo una collana d'oro e sarai il terzo signore del regno".
17Daniele rispose al re: "Tieni pure i tuoi doni per te e da' ad altri i tuoi regali: tuttavia io leggerò la scrittura al re e gliene darò la spiegazione.
18O re, il Dio altissimo aveva dato a Nabucodònosor tuo padre regno, grandezza, gloria e magnificenza.19Per questa grandezza che aveva ricevuto, tutti i popoli, nazioni e lingue lo temevano e tremavano davanti a lui: egli uccideva chi voleva, innalzava chi gli piaceva e abbassava chi gli pareva.
20Ma, quando il suo cuore si insuperbì e il suo spirito si ostinò nell'alterigia, fu deposto dal trono e gli fu tolta la sua gloria.
21Fu cacciato dal consorzio umano e il suo cuore divenne simile a quello delle bestie; la sua dimora fu con gli ònagri e mangiò l'erba come i buoi; il suo corpo fu bagnato dalla rugiada del cielo, finché riconobbe che il Dio altissimo domina sul regno degli uomini, sul quale innalza chi gli piace.22Tu, Baldassàr suo figlio, non hai umiliato il tuo cuore, sebbene tu fossi a conoscenza di tutto questo.23Anzi tu hai insolentito contro il Signore del cielo e sono stati portati davanti a te i vasi del suo tempio e in essi avete bevuto tu, i tuoi dignitari, le tue mogli, le tue concubine: tu hai reso lode agli dèi d'oro, d'argento, di bronzo, di ferro, di legno, di pietra, i quali non vedono, non odono e non comprendono e non hai glorificato Dio, nelle cui mani è la tua vita e a cui appartengono tutte le tue vie.24Da lui fu allora mandata quella mano che ha tracciato quello scritto,25di cui questa è la lettura: MENE, TEKEL, PERES,26e questa ne è l'interpretazione: 'Mene': Dio ha computato il tuo regno e gli ha posto fine.27'Tekel': tu sei stato pesato sulle bilance e sei stato trovato mancante.28'Peres': il tuo regno è diviso e dato ai Medi e ai Persiani".29Allora, per ordine di Baldassàr, Daniele fu vestito di porpora, ebbe una collana d'oro al collo e con bando pubblico fu dichiarato terzo signore del regno.
30In quella stessa notte Baldassàr re dei Caldei fu ucciso:31Dario il Medo ricevette il regno, all'età di circa sessantadue anni.


Lettera ai Romani 2

1Sei dunque inescusabile, chiunque tu sia, o uomo che giudichi; perché mentre giudichi gli altri, condanni te stesso; infatti, tu che giudichi, fai le medesime cose.2Eppure noi sappiamo che il giudizio di Dio è secondo verità contro quelli che commettono tali cose.3Pensi forse, o uomo che giudichi quelli che commettono tali azioni e intanto le fai tu stesso, di sfuggire al giudizio di Dio?4O ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?5Tu, però, con la tua durezza e il tuo cuore impenitente accumuli collera su di te per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio,6il quale renderà a ciascuno secondo le sue opere:7la vita eterna a coloro che perseverando nelle opere di bene cercano gloria, onore e incorruttibilità;8sdegno ed ira contro coloro che per ribellione resistono alla verità e obbediscono all'ingiustizia.9Tribolazione e angoscia per ogni uomo che opera il male, per il Giudeo prima e poi per il Greco;10gloria invece, onore e pace per chi opera il bene, per il Giudeo prima e poi per il Greco,11perché presso Dio non c'è parzialità.

12Tutti quelli che hanno peccato senza la legge, periranno anche senza la legge; quanti invece hanno peccato sotto la legge, saranno giudicati con la legge.13Perché non coloro che ascoltano la legge sono giusti davanti a Dio, ma quelli che mettono in pratica la legge saranno giustificati.14Quando i pagani, che non hanno la legge, per natura agiscono secondo la legge, essi, pur non avendo legge, sono legge a se stessi;15essi dimostrano che quanto la legge esige è scritto nei loro cuori come risulta dalla testimonianza della loro coscienza e dai loro stessi ragionamenti, che ora li accusano ora li difendono.16Così avverrà nel giorno in cui Dio giudicherà i segreti degli uomini per mezzo di Gesù Cristo, secondo il mio vangelo.
17Ora, se tu ti vanti di portare il nome di Giudeo e ti riposi sicuro sulla legge, e ti glori di Dio,18del quale conosci la volontà e, istruito come sei dalla legge, sai discernere ciò che è meglio,19e sei convinto di esser guida dei ciechi, luce di coloro che sono nelle tenebre,20educatore degli ignoranti, maestro dei semplici, perché possiedi nella legge l'espressione della sapienza e della verità...21ebbene, come mai tu, che insegni agli altri, non insegni a te stesso? Tu che predichi di non rubare, rubi?22Tu che proibisci l'adulterio, sei adùltero? Tu che detesti gli idoli, ne derubi i templi?23Tu che ti glori della legge, offendi Dio trasgredendo la legge?24Infatti 'il nome di Dio è bestemmiato per causa vostra tra i pagani', come sta scritto.

25La circoncisione è utile, sì, se osservi la legge; ma se trasgredisci la legge, con la tua circoncisione sei come uno non circonciso.26Se dunque chi non è circonciso osserva le prescrizioni della legge, la sua non circoncisione non gli verrà forse contata come circoncisione?27E così, chi non è circonciso fisicamente, ma osserva la legge, giudicherà te che, nonostante la lettera della legge e la circoncisione, sei un trasgressore della legge.28Infatti, Giudeo non è chi appare tale all'esterno, e la circoncisione non è quella visibile nella carne;29ma Giudeo è colui che lo è interiormente e la circoncisione è quella del cuore, nello spirito e non nella lettera; la sua gloria non viene dagli uomini ma da Dio.


Capitolo LIII: La grazia di Dio non si confonde con ciò che ha sapore di cose terrene

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1. Preziosa, o figlio, è la mia grazia; essa non tollera di essere mescolata a cose esteriori e a consolazioni terrene. Perciò devi buttar via tutto ciò che ostacola la grazia, se vuoi che questa sia infusa in te. Procurati un luogo appartato, compiaciti di stare solo con te stesso, non andare cercando di chiacchierare con nessuno; effondi, invece, la tua devota preghiera a Dio, per conservare compunzione d'animo e purezza di coscienza. Il mondo intero, consideralo un nulla; alle cose esteriori anteponi l'occuparti di Dio. Ché non potresti attendere a me, e nello stesso tempo trovare godimento nelle cose passeggere. Occorre allontanarsi dalle persone che si conoscono e alle quali si vuole bene; occorre tenere l'animo sgombro da ogni conforto temporale. Ecco ciò che il santo apostolo Pietro chiede, in nome di Dio: che i seguaci di Cristo si conservino in questo mondo "come forestieri e pellegrini" (1Pt 2,11). Quanta sicurezza in colui che muore, senza essere legato alla terra dall'attaccamento per alcuna cosa. Uno spirito debole, invece, non riesce a mantenere il cuore tanto distaccato: l'uomo materiale non conosce la libertà dell'uomo interiore. Che se uno vuole veramente essere uomo spirituale, egli deve rinunciare a tutti, ai lontani e ai vicini; e guardarsi da se stesso più ancora che dagli altri. Se avrai vinto pienamente te stesso, facilmente soggiogherai tutto il resto. Trionfare di se medesimi è vittoria perfetta; giacché colui che domina se stesso - facendo sì che i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca in tutto e per tutto a Dio - questi è, in verità il vincitore di sé e signore del mondo.

2. Se brami elevarti a questa somma altezza, è necessario che tu cominci con coraggio, mettendo la scure alla radice, per poter estirpare totalmente la tua segreta inclinazione, contraria al volere di Dio e volta a te stesso e a tutto ciò che è tuo utile materiale. Da questo vizio, dall'amore di sé, contrarissimo alla volontà divina, deriva, si può dire, tutto quanto deve essere stroncato radicalmente. Domato e superato questo vizio, si farà stabilmente una grande pace e una grande serenità. Ma sono pochi quelli che si adoprano per morire del tutto a se stessi, e per uscire pienamente da se stessi. I più restano avviluppati, né sanno innalzarsi spiritualmente sopra di sé. Coloro che desiderano camminare con me senza impacci debbono mortificare tutti i loro affetti perversi e contrari all'ordine voluto da Dio, senza restare attaccati di cupido amore personale ad alcuna creatura.


Omelia 25: Sono disceso per fare la volontà di colui che mi ha mandato.

Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona

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1. La lezione che oggi dobbiamo commentare è la continuazione della lezione evangelica di ieri. Compiuto il miracolo con cui Gesù nutrì cinquemila persone con cinque pani, le turbe si entusiasmarono e cominciarono a dire che quello era il grande profeta che doveva venire nel mondo. E l'evangelista così prosegue: Ma Gesù, saputo che stavano per venire a rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo solo, sul monte (Gv 6, 15). Questo ci fa capire che il Signore, che stava seduto sul monte con i suoi discepoli, vedendo le turbe che venivano a lui era disceso dal monte e aveva nutrito le turbe giù in basso. Come avrebbe potuto, infatti, ritirarsi di nuovo sul monte se prima non ne fosse disceso? C'è un significato nel fatto che il Signore scese dal monte per nutrire le turbe. Le nutre e poi risale.

2. Ma perché si ritirò sul monte quando si accorse che lo volevano rapire per farlo re? E come? non era già re, lui che temeva di diventarlo? Sì, era re: ma non di quelli che vengono proclamati dagli uomini, bensì tale da elargire il regno agli uomini. Non ci suggerisce anche qui qualcosa Gesù, le cui azioni sono parole? Il fatto che volevano rapirlo per farlo re, e che, perciò, egli, tutto solo, si ritirò sul monte; questo fatto non ci dice nulla, non ci suggerisce nulla, non ha nessun significato per noi? Rapirlo, significava forse voler prevenire il tempo del suo regno? Egli non era venuto, per regnare subito: regnerà in futuro; ed è per questo che noi diciamo: Venga il tuo regno (Mt 6, 10). Certo, da sempre egli regna insieme con il Padre in quanto è Figlio di Dio, Verbo di Dio, Verbo per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose. Ma i profeti avevano predetto il suo regno anche in quanto è Cristo fattosi uomo, e in quanto ha dato ai suoi fedeli di essere cristiani. Ci sarà dunque un regno dei cristiani, che è in formazione, che ora si prepara, e viene acquistato dal sangue di Cristo. E un giorno avverrà la manifestazione del suo regno, allorché apparirà lo splendore dei suoi santi, dopo il giudizio che egli compirà: quel giudizio che, lo ha predetto egli stesso, sarà fatto dal Figlio dell'uomo (cf. Gv 5, 22). Di questo regno l'Apostolo dice: Quando consegnerà il regno a Dio Padre (1 Cor 15, 24). E il Signore stesso, riferendosi a questo regno, dice così: Venite, benedetti del Padre mio, a prender possesso del regno che è stato preparato per voi fin dall'inizio del mondo (Mt 25, 34). Ma i discepoli e le turbe che credevano in lui, pensarono che egli fosse già venuto per regnare. Volerlo rapire per farlo re, significava voler anticipare il suo tempo, che egli teneva nascosto, per manifestarlo al momento opportuno, e opportunamente proclamarlo alla fine del mondo.

3. Come vedete, volevano farlo re, cioè anticipare e inaugurare anzitempo la manifestazione del regno di Cristo, il quale prima doveva essere giudicato, e poi avrebbe giudicato. Quando fu crocifisso, anche quelli che avevano sperato in lui, perdettero la speranza nella sua risurrezione. Risorto da morte, ne trovò due che, sfiduciati, parlavano tra di loro, commentando con pena quanto era accaduto. Egli apparve ad essi come in incognito e, siccome i loro occhi erano come velati per poterlo riconoscere, s'introdusse nella loro conversazione. Essi, mettendolo a parte dei loro discorsi, dissero che quel profeta potente in opere e parole era stato ucciso dai capi dei sacerdoti. E noi - dissero - speravamo che egli fosse colui che deve liberare Israele (Lc 24, 21). Sì, la vostra speranza era fondata, la vostra speranza era autentica: in lui è la redenzione d'Israele. Ma perché tanta fretta? Voi volete rapirlo. Anche un altro passo ci indica questo significato. Quando i discepoli lo interrogarono sulla sorte finale del regno: E' questo il tempo e il momento in cui manifesterai il regno d'Israele? Avevano fretta, pretendevano che fosse già arrivato il momento. Era come volerlo rapire per farlo re. Ma egli rispose ai discepoli che per il momento egli solo ascendeva: Il Padre con la sua autorità ha stabilito tempi e momenti che non spetta a voi conoscere. L'importante per voi è che, con la discesa dello Spirito Santo, riceverete un potere divino e sarete miei testimoni a Gerusalemme, in Giudea e Samaria e fino ai confini del mondo (At 1, 6-8). Voi volete già una dimostrazione del regno; prima però io devo raccoglierlo. Voi amate l'altezza e volete raggiungerla; ma dovete seguirmi per la strada dell'umiltà. E' in questo senso che era stato predetto: Ti circonderà l'assemblea dei popoli, e tu per essa ritorna in alto (Sal 7, 8); cioè, affinché ti circondi l'assemblea dei popoli, affinché tu possa raccogliere la moltitudine, ritorna in alto. E così fece: nutrì la moltitudine, e risalì in alto, sul monte.

4. Ma perché l'evangelista dice che fuggì? Infatti, se proprio non voleva, non l'avrebbero preso né l'avrebbero rapito; poiché se non voleva, neppure si sarebbe fatto riconoscere. Ora, affinché sappiate che questo è avvenuto non senza un motivo misterioso, non per una necessità, ma secondo una disposizione piena di significato, lo vedrete adesso in quel che segue; giacché apparve a quelle medesime turbe che lo cercavano, e, intrattenendosi con esse, trattò a lungo del pane celeste. Non trattò forse del pane celeste con quelle medesime turbe, alle quali si era sottratto per non essere rapito? Non poteva allora impedire che lo prendessero, come fece poi quando parlava con loro? Aveva, dunque, un significato la sua fuga. Che vuol dire: fuggì? Vuol dire: non poteva essere capita la sua altezza. Quando non capisci una cosa, dici che ti sfugge. Ecco perché fuggì di nuovo, solo, sul monte (Gv 6, 15). E' il primogenito dei morti che ascende sopra tutti i cieli, e che intercede per noi (cf. Col 1, 18; Rm 8, 34).

[Gesù tarda a venire.]

5. Mentre stava lassù in alto, egli che è l'unico sacerdote che penetrò nel santuario al di là della tenda, il popolo rimaneva fuori ad aspettare. Era infatti figura di questo sacerdote, il sacerdote dell'antica alleanza che entrava, una volta l'anno, nel Santo dei Santi (cf. Eb 9, 12). Mentre, dunque, egli stava lassù in alto, in quale situazione si trovavano i discepoli nella barca? Egli stava lassù in alto; in basso la barca raffigurava la Chiesa. Se nella vicenda della barca non ravvisiamo subito la Chiesa, tutto ci sembrerà senza significato e puramente occasionale; ma se vediamo espressa nella Chiesa la realtà di quelle figure, allora le azioni di Cristo diventano per noi un linguaggio ben preciso. Fattasi sera - continua l'evangelista - i suoi discepoli discesero al mare e, montati su una barca, arrivarono all'altra riva del mare, verso Cafarnao. L'evangelista considera come già avvenuto ciò che invece accadrà più tardi. Arrivarono all'altra riva del mare, a Cafarnao. E torna indietro a raccontare in che modo ci arrivarono. Attraversarono il lago remando. E mentre essi remavano in direzione di quel luogo dove prima diceva che erano già arrivati, ricapitolando ci racconta che cosa accadde: S'era già fatto buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti (Gv 6, 16-17). Era buio perché non era ancora sorta la luce: S'era già fatto buio e Gesù non li aveva ancora raggiunti. Avvicinandosi la fine del mondo, crescono gli errori, sovrabbondano i terrori, dilaga l'iniquità, si moltiplica l'infedeltà. E la luce, che l'evangelista Giovanni chiaramente identifica con la carità - tanto che egli dice: Chi odia il proprio fratello, è nelle tenebre (1 Io 2, 11) -, rapidamente va estinguendosi. Crescono le tenebre dell'odio fraterno, crescono ogni giorno più, e Gesù ancora non viene. Da che cosa si vede che crescono queste tenebre? Siccome abbonderà l'iniquità, si raffredderà la carità di molti (Mt 24, 12). Crescono le tenebre, e Gesù tarda a venire. Le tenebre che vanno crescendo, la carità che va raffreddandosi, l'iniquità che va moltiplicandosi, questi sono i flutti che agitano la barca. Le tempeste e i venti sono le grida che alzano i malvagi. Raffreddandosi la carità di molti, si levano minacciosi i flutti che agitano la barca.

6. Per il gran vento che soffiava, il mare si agitava. Le tenebre crescevano, la comprensione diminuiva, l'iniquità aumentava. Avevano remato per circa venticinque o trenta stadi (Gv 6, 18-19). I discepoli frattanto avanzavano decisamente, né quei venti, né la tempesta, né i flutti, né le tenebre impedivano alla barca di avanzare e di tenere il mare. In mezzo a tutti quegli ostacoli, la barca andava avanti. Perché l'iniquità che va moltiplicandosi e la carità di molti che si raffredda, sono come i flutti che vanno crescendo, come le tenebre che infittiscono, come il vento che infuria. Con tutto ciò la barca camminava. Chi - infatti - avrà perseverato sino alla fine, questi sarà salvo (Mt 24, 13). Né dobbiamo trascurare il numero degli stadi. Non può essere senza significato il particolare: Essi avevano remato per circa venticinque o trenta stadi, quando Gesù li raggiunse. Bastava dire venticinque oppure trenta, dato che si trattava di un calcolo approssimativo, non di una affermazione precisa. Sarebbe stata forse compromessa la verità se l'evangelista, nel fare il suo calcolo, avesse detto "circa trenta stadi", oppure "circa venticinque stadi"? Da venticinque è passato a trenta. Esaminiamo il numero venticinque. Come si compone, con quale numero si forma? Si forma con il cinque. E il numero cinque si riferisce alla legge. Cinque sono i libri di Mosè, cinque sono i portici che raccoglievano gli infermi e cinque i pani che hanno nutrito cinquemila persone. Dunque il numero venticinque è simbolo della legge: perché cinque per cinque fa venticinque, il quadrato di cinque. Ma alla legge prima che venisse il Vangelo, mancava la perfezione. E la perfezione è racchiusa nel numero sei. In sei giorni Dio completò, cioè portò a perfezione il mondo (cf. Gn 1): moltiplicando cinque per sei si ha trenta, il che vuol dire che la legge si compie, cioè raggiunge la sua perfezione, nel Vangelo. Gesù raggiunge coloro che compiono la legge. E come li raggiunge? Calcando i flutti, calpestando l'orgoglio del mondo, passando sopra tutte le grandezze del secolo. E ciò tanto più avviene quanto più il tempo passa e l'età del mondo cresce. Aumentano in questo mondo le tribolazioni, aumentano i mali, aumentano i crolli, si arriva al colmo: Gesù avanza, calcando i flutti.

7. E sono tali le tribolazioni, che anche quelli che hanno creduto in Gesù, che si sforzano di perseverare sino alla fine, si spaventano e temono di venir meno. Cristo viene calcando i flutti, calpestando le ambizioni e le alterigie del mondo, e il cristiano si spaventa. Forse che questo non gli è stato predetto? E' comprensibile che i discepoli, vedendo Gesù camminare sui flutti, abbiano avuto paura (Gv 6, 19); così come i cristiani, nonostante la loro speranza nel secolo futuro, quando vedono umiliata la grandezza di questo mondo, sono colti da turbamento per il crollo delle cose umane. Se aprono il Vangelo, se aprono le Scritture, vedono che tutto ciò è stato predetto: che, cioè, il Signore si comporta così. Egli abbassa l'alterigia del mondo per essere glorificato dagli umili. A proposito di questa alterigia è stato predetto: Distruggerai città solidissime; i nemici sono disfatti, sono rovine eterne, e ne hai distrutto le città (Sal 9, 7). Perché temete, o cristiani? Cristo vi dice: Sono io, non temete. Di che cosa vi spaventate, di che avete paura? Sono io che vi ho predetto tutto questo, sono io che lo compio, ed è necessario che avvenga così: Sono io, non temete! Volevano allora prenderlo nella barca; lo avevano riconosciuto, erano felici e ormai rassicurati. E subito la barca raggiunse la terra verso la quale erano diretti (Gv 6, 20-21). Raggiunta finalmente la riva, dall'acqua passano alla terra ferma, dal mare agitato al porto sicuro, dal cammino alla meta.

8. L'indomani la folla che era rimasta sull'altra riva (dalla quale erano partiti), notò che c'era una sola barca e che Gesù non era salito nella barca con i suoi discepoli, ma questi se n'erano andati soli. Altre barche vennero da Tiberiade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane ringraziandone il Signore. Quando, dunque, la folla vide che Gesù non era là, e nemmeno i suoi discepoli, salì nelle barche e si recò a Cafarnao in cerca di Gesù (Gv 6, 22-24). C'è il presentimento di un grande miracolo. Videro, infatti, che soltanto i discepoli erano saliti nella barca e che lì non c'era altra barca. Vennero poi anche delle barche da Tiberiade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, per mezzo delle quali le turbe lo avevano seguito. Siccome, dunque, non era salito con i suoi discepoli e non c'era là altra barca, in qual modo Gesù aveva attraversato così rapidamente il mare, se non camminando sulle onde, per mostrare la sua prodigiosa potenza?

9. E quando le turbe lo trovarono ... Ecco che egli si presenta alla folla alla quale si era sottratto, rifugiandosi sul monte, per paura che lo rapissero. Abbiamo la conferma che questo vien detto con riferimento ad un mistero, e che si compie non senza adombrare un grande significato. Ecco, colui che si è sottratto alle turbe rifugiandosi sul monte, s'intrattiene ora con le turbe. Adesso potrebbero prenderlo, adesso potrebbero farlo re. E, trovatolo sull'altra riva, gli dissero: Rabbi, quando sei venuto qui? (Gv 6, 25).

[Cercare Gesù per Gesù.]

10. A conclusione del miracolo misterioso, il Signore pronuncia un discorso con l'intenzione di nutrire quei medesimi che già ha nutrito; di saziare con le sue parole le intelligenze di coloro dei quali ha saziato lo stomaco con i pani. Ma saranno essi in grado di comprendere? Se quelli non comprenderanno si raccoglierà il discorso perché non vada perduto neppure un frammento. Ci parli, dunque, e noi lo ascolteremo. Gesù rispose loro: In verità, in verità vi dico: voi mi cercate non perché avete veduto segni ma perché avete mangiato quei pani. Voi mi cercate per la carne, non per lo spirito. Quanti cercano Gesù solo per i vantaggi temporali! C'è chi ricorre ai preti per riuscire in un affare; c'è chi si rifugia nella Chiesa perché oppresso da un potente; c'è chi vuole s'intervenga presso un tale su cui egli ha scarsa influenza. Chi per una cosa, chi per un'altra, la Chiesa è sempre piena di gente siffatta. E' difficile che si cerchi Gesù per Gesù. Voi mi cercate non perché avete veduto dei segni, ma perché avete mangiato quei pani. Procuratevi non il nutrimento che perisce, ma il nutrimento che resta per la vita eterna. Voi mi cercate per qualche altra cosa, dovete invece cercare me per me. Già comincia a suggerire l'idea che questo nutrimento è lui stesso, come apparirà chiaro da quel che segue: e che il Figlio dell'uomo vi darà (Gv 6, 26-27). Forse ti aspettavi di mangiare ancora dei pani, di poterti mettere nuovamente a tavola, d'impinguarti ancora. Ma egli parla di nutrimento che non perisce, che resta per la vita eterna, come prima aveva detto alla Samaritana: Se tu sapessi chi è colui che ti chiede da bere, forse ne avresti chiesto a lui, ed egli ti darebbe acqua viva. E all'osservazione di quella: Come fai se non hai neppure un recipiente e il pozzo è profondo?, egli aveva risposto: Se tu sapessi chi è colui che ti chiede da bere, tu ne avresti chiesto a lui, e lui ti darebbe acqua viva, che chi ne beve non avrà più sete; mentre chi beve di quest'acqua avrà sete ancora (Gv 4, 10 13). E quella donna, che era stanca di andare ad attingere, si rallegrò ed espresse il desiderio di ricevere quel dono, sperando che così non avrebbe più patito la sete del corpo. E così, attraverso quel dialogo, pervenne alla bevanda spirituale. Il Signore usa qui lo stesso metodo.

[L'umiltà del Verbo di Dio.]

11. Procuratevi - dunque - questo nutrimento che non perisce, ma che resta per la vita eterna, che il Figlio dell'uomo vi darà; poiché Iddio Padre lo ha segnato col suo sigillo (Gv 6, 27). Non considerate questo Figlio dell'uomo come gli altri figli degli uomini, dei quali è detto: i figli degli uomini spereranno nella protezione delle tue ali (Sal 35, 8). Questo Figlio dell'uomo, prescelto per singolare grazia dello Spirito Santo, secondo la carne è Figlio dell'uomo; sebbene sia distinto dalla massa degli uomini, è tuttavia Figlio dell'uomo. Questo Figlio dell'uomo è anche Figlio di Dio; questo uomo è anche Dio. Altrove, egli così interroga i discepoli: Che dice la gente che sia il Figlio dell'uomo? Quelli risposero: Alcuni Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti. E lui: Ma voi, chi dite che io sia? Rispose allora Pietro: Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente (Mt 16, 13-16). Egli si era chiamato Figlio dell'uomo, e Pietro lo chiama Figlio del Dio vivente. Cristo evidentemente si riferisce alla natura che egli nella sua misericordia ha assunto, mentre Pietro si riferisce alla gloria eterna di Cristo. Il Verbo di Dio ci richiama al suo abbassamento, l'uomo riconosce la gloria del suo Signore. E davvero, o fratelli, io credo che ciò sia giusto. Egli si è umiliato per noi, e noi lo glorifichiamo. Non è infatti Figlio dell'uomo per sé, ma per noi. Era dunque Figlio dell'uomo in quanto il Verbo si è fatto carne e abitò fra noi (Gv 1, 14). Ecco perché su di lui Iddio Padre ha impresso il suo sigillo. Che vuol dire infatti segnare, se non imprimere su di uno qualcosa di proprio? Segnare è imprimere un segno sopra una cosa per distinguerla dalle altre. Segnare è imprimere un sigillo sopra una cosa. Imprimi un sigillo sopra una determinata cosa perché non si confonda con le altre, sicché tu possa riconoscerla. Il Padre - dunque - ha impresso su di lui il suo sigillo. Che vuol dire ha impresso su di lui il suo sigillo? Vuol dire che gli ha comunicato qualcosa di proprio per distinguerlo dagli altri uomini. Perciò di lui è stato detto: Ti ha unto Dio, il tuo Dio, con olio di esultanza, sopra i tuoi compagni (Sal 44, 8). Quindi cosa vuol dire segnare? Vuol dire distinguere dagli altri: per questo dice sopra i tuoi compagni. Guardatevi dunque, egli dice, dal disprezzarmi perché sono Figlio dell'uomo: e cercate da me non il cibo che perisce, ma che dura per la vita eterna. Se infatti sono Figlio dell'uomo, non sono però uno di voi: sono Figlio dell'uomo, ma Dio Padre mi ha segnato col suo sigillo. Che cosa vuol dire mi ha segnato col suo sigillo? che mi ha comunicato qualcosa di suo, per cui non sarò confuso con il resto del genere umano, ma per mezzo mio il genere umano sarà liberato.

12. Gli dissero allora: Che dobbiamo fare per compiere le opere di Dio? Egli li aveva esortati: Procuratevi il nutrimento che non perisce, ma che dura per la vita eterna. Ed essi rispondono: Che cosa dobbiamo fare?, cioè con quali opere possiamo adempiere a questo precetto? Rispose loro Gesù: Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato (Gv 6, 28). Questo, dunque, significa mangiare non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna. A che serve preparare i denti e lo stomaco? Credi, e mangerai. La fede si distingue dalle opere, come dice l'Apostolo: L'uomo viene giustificato dalla fede, senza le opere (Rm 3, 28-29). Esistono opere prive della fede in Cristo, che apparentemente sono buone: in realtà non lo sono perché non sono riferite a quel fine che le rende buone: Il fine della legge è Cristo, per la giustizia di ognuno che crede (Rm 10, 4). Il Signore non ha voluto distinguere la fede dalle opere, ma ha definito la fede stessa un'opera. E' fede, infatti, quella che opera mediante l'amore (cf. Gal 5, 6). E non ha detto: Questa è l'opera vostra, ma ha detto: Questa è l'opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato: in modo che colui che si gloria si glori nel Signore (1 Cor 1, 31). Ora, siccome egli li invitava a credere, essi cercavano ancora dei segni per credere. Guarda se non è vero che i Giudei cercano dei segni. Gli dissero: Quale segno dunque fai tu perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi (Gv 6, 30)? Era dunque poco essere stati nutriti con cinque pani? Essi apprezzavano questo, ma essi a quel nutrimento preferivano la manna discesa dal cielo. Eppure il Signore si dichiarava apertamente superiore a Mosè. Mosè non aveva mai osato promettere un nutrimento che non perisce, ma che dura per la vita eterna. Il Signore promette qualcosa di più di Mosè. Sì, per mezzo di Mosè era stato promesso un regno, una terra in cui scorreva latte e miele, una pace temporale, abbondanza di figli, la salute del corpo e tutti gli altri beni temporali. Ma tutti questi beni temporali erano figura dei beni spirituali. Ed erano questi, in definitiva, i beni che il Vecchio Testamento prometteva all'uomo vecchio. I Giudei dunque consideravano le promesse di Mosè e quelle di Gesù. Mosè prometteva lo stomaco pieno qui in terra, ma pieno di cibo che perisce; Cristo prometteva il cibo che non perisce, ma che dura per la vita eterna. Vedevano che egli prometteva di più, ma erano tuttora incapaci di vedere che stava compiendo opere maggiori. Pensavano alle opere che Mosè aveva compiuto e pretendevano opere ancora maggiori da colui che faceva delle promesse così grandiose. Che opere fai perché ti crediamo? Se vuoi renderti conto che essi confrontavano i miracoli di Mosè con quelli di Gesù, e, al confronto, consideravano inferiori le opere di Gesù, ascolta che cosa gli dicono: I nostri padri nel deserto mangiarono la manna. Ma che cos'è la manna? Forse non ne avete la stima che merita: ... come sta scritto: Ha dato loro da mangiare un pane del cielo (Gv 6, 31; Sal 77, 24). Per mezzo di Mosè i nostri padri hanno ricevuto un pane venuto dal cielo, e Mosè non ha detto loro: Procuratevi un pane che non perisce. Tu prometti un cibo che non perisce ma che dura per la vita eterna, e non compi opere simili a quelle di Mosè. Egli non ha dato pani di orzo, ma ha dato un pane venuto dal cielo.

13. Rispose loro Gesù: In verità, in verità vi dico: non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dà il vero pane che viene dal cielo. Vero pane, infatti, è quello che discende dal cielo e dà la vita al mondo (Gv 6, 32-33). Vero pane è dunque quello che dà la vita al mondo; ed è quel cibo di cui poco prima ho parlato: Procuratevi il cibo che non perisce, ma che dura per la vita eterna. La manna era simbolo di questo cibo, e tutte quelle cose erano segni che si riferivano a me. Vi siete attaccati ai segni che si riferivano a me, e rifiutate me che quei segni annunciavano? Non fu Mosè a dare il pane del cielo: è Dio che lo dà. Ma quale pane? Forse la manna? No, ma il pane di cui la manna era un segno, cioè lo stesso Signore Gesù. Il Padre mio vi dà il vero pane, perché il pane di Dio è quello che discende dal cielo e dà la vita al mondo. Allora gli dissero: Signore, donaci sempre di questo pane (Gv 6, 32-34). Come la Samaritana, alla quale Gesù aveva detto: Chi beve di quest'acqua, non avrà più sete, lì per lì aveva preso la frase in senso materiale, ma desiderosa di soddisfare un bisogno, aveva risposto: Dammi, o Signore, di quest'acqua (Gv 4, 13-15), così anche questi dicono: Donaci, o Signore, di questo pane che ci ristori, e non ci manchi mai.

[Intimità senza tedio.]

14. Gesù disse loro: Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame, e chi crede in me non avrà mai sete (Gv 6, 35). Chi viene a me è lo stesso che chi crede in me; e la promessa: non avrà più fame corrisponde all'altra: non avrà mai sete. Ambedue annunciano quella sazietà eterna, dove non esiste alcun bisogno. Volete il pane del cielo? Lo avete davanti e non lo mangiate. Vi ho detto però che mi avete veduto e non avete creduto (Gv 6, 36). Ma io non ho per questo abbandonato il mio popolo. Forse che la vostra infedeltà ha compromesso la fedeltà di Dio (cf. Rm 3, 3)? Ascoltate ciò che segue: Tutto quello che il Padre mi dà verrà a me; e colui che viene a me, non lo caccerò fuori (Gv 6, 37). Quale intimo segreto è mai questo dal quale mai si è allontanati? Mirabile intimità e dolce solitudine! O segreto senza tedio, non amareggiato da pensieri inopportuni, non turbato da tentazioni e da dolori! Non è forse quell'intimo segreto dove entrerà colui al quale il Signore dirà, come a servo benemerito: Entra nel gaudio del tuo Signore (Mt 25, 23)?

15. E colui che viene a me non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato (Gv 6, 38). Dunque, non caccerai fuori chi viene a te, perché sei disceso dal cielo non per fare la tua volontà, ma la volontà di colui che ti ha mandato? Grande mistero! Bussiamo insieme, ve ne scongiuro: venga fuori per noi qualcosa che ci nutra, proporzionato al gaudio che abbiamo provato. Un grande e dolce segreto è racchiuso in queste parole: Chi viene a me. Fermati, fa' attenzione, pondera le parole: Chi viene a me io non lo caccerò fuori. Dunque: Chi viene a me - dice - io non lo caccerò fuori. Perché? Perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Questo è dunque il motivo per cui non cacci fuori chi viene a te: perché sei disceso dal cielo non per fare la tua volontà, ma la volontà di colui che ti ha mandato? Sì, è questo il motivo. Cosa stiamo ancora a chiedere se è questo il motivo? E' questo. Egli stesso lo afferma. Non dobbiamo andare a cercare altro motivo diverso da quello che egli dichiara: Chi viene a me, io non lo caccerò fuori. E, come se noi avessimo chiesto il perché, aggiunge: Perché non sono disceso dal cielo per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Temo che l'anima si sia allontanata da Dio per questo motivo: perché era superba; anzi ne sono certo, poiché sta scritto: L'inizio di ogni peccato è la superbia; e: l'inizio della superbia dell'uomo è apostatare da Dio (Sir 10, 15 14). Sta scritto: è ben sicuro, è vero. Che cosa dice, inoltre, la Scrittura al mortale superbo, rivestito dei panni di carne e oppresso dal peso del corpo corruttibile e che, tuttavia, s'inorgoglisce dimenticando di quale pelle è rivestito, cosa gli dice la Scrittura? Perché t'insuperbisci, terra e cenere, perché t'insuperbisci? Su, risponda, di che cosa s'insuperbisce? Poiché nella sua vita ha proiettato le sue cose intime (Sir 10, 9-10). Che cosa vuol dire ha proiettato? Che ha gettato lontano da sé. Vuol dire che è uscita fuori da sé. Entrare dentro è desiderare le cose intime; uscire fuori significa gettarle fuori. Il superbo getta fuori le cose intime, chi è umile ricerca le cose intime. Se a causa della superbia veniamo cacciati fuori, grazie all'umiltà rientriamo dentro.

[La superbia principio di tutti i mali.]

16. La superbia è l'origine di tutti i mali, perché è la causa di tutti i peccati. Quando un medico vuol debellare una malattia, se si limita a curare gli effetti trascurando la causa, procura soltanto una guarigione temporanea, perché, rimanendo la causa, il male si riproduce. Mi spiego meglio con un esempio. Un umore produce nel corpo un erpete o un'ulcera, con febbre alta e dolori acuti. Che si fa? Si applicano medicamenti contro l'erpete e per calmare i bruciori dell'ulcera ottenendo benefici effetti: colui che era colpito dall'erpete e dalle ulceri, prova sollievo. Ma siccome non è stato eliminato quell'umore, i mali si riproducono. Il medico, che se ne rende conto, disintossica il sangue, elimina la causa, e così non ci saranno più ulceri. Perché abbonda l'iniquità? Per la superbia. Cura la superbia e sarà eliminata ogni iniquità. Appunto per guarire la causa di tutti i mali, cioè la superbia, il Figlio di Dio è disceso e si è fatto umile. Perché t'insuperbisci, o uomo? Dio per te si è umiliato. Forse ti saresti vergognato d'imitare un uomo umile, imita almeno Dio umile. E' venuto il Figlio di Dio nella natura umana e s'è fatto umile. A te si comanda di essere umile, non di diventare da uomo una bestia. Lui, Dio, si è fatto uomo; tu, uomo, riconosci che sei uomo; tutta la tua umiltà consiste nel riconoscere che sei uomo. Ora, poiché Dio insegna l'umiltà ha detto: Non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. In questo modo loda e raccomanda l'umiltà. Chi è superbo fa la propria volontà, chi è umile fa la volontà di Dio. Perciò chi viene a me non lo caccerò fuori. Perché? Perché non sono venuto per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. Son venuto umile, son venuto a insegnare l'umiltà, sono venuto come maestro di umiltà. Chi viene a me, è incorporato a me; chi viene a me, diventa umile; chi è unito a me, sarà umile: perché non fa la propria volontà, ma quella di Dio. Perciò non sarà cacciato fuori, mentre, per essere stato superbo fu cacciato fuori.

17. Vedi come nel salmo si raccomanda l'interiorità: I figli degli uomini spereranno nella protezione delle tue ali. Vedi che cosa significa entrare dentro, che cos'è rifugiarsi sotto la protezione di Dio, che cos'è anche correre a farsi colpire dal padre: poiché Dio colpisce ogni figlio che accoglie. I figli degli uomini spereranno all'ombra delle tue ali. E che significa dentro? Saranno inebriati dalla opulenza della tua casa. Quando tu li avrai introdotti, entrando nel gaudio del loro Signore, saranno inebriati dall'opulenza della tua casa, e li disseterai col torrente delle tue delizie. Poiché presso di te è la fonte della vita. Non fuori, lontano da te; ma dentro, presso di te; ivi è la fonte della vita. E nella tua luce vedremo la luce. Estendi la tua misericordia a quelli che ti riconoscono, e la tua giustizia ai retti di cuore (Sal 35, 8-11). Quelli che seguono la volontà del loro Signore, e non cercano i propri interessi ma quelli del Signore Gesù Cristo, questi sono retti di cuore, e i loro piedi non vacillano. Buono - infatti - è il Dio d'Israele verso i retti di cuore. Però i miei piedi sono stati lì per vacillare, dice il salmista. Per qual motivo? Perché ho invidiato i peccatori, vedendo prosperare i malvagi (Sal 72, 1-3). Con chi è buono quindi Iddio, se non con i retti di cuore? Poiché se io non ho il cuore retto, Dio non mi piace. Perché non mi piace? Perché ha concesso la felicità ai cattivi; e perciò hanno vacillato i miei piedi, come se avessi servito Dio invano. Ma appunto perché non ero retto di cuore, hanno vacillato i miei piedi. Che cosa vuol dire dunque essere retti di cuore? Seguire la volontà di Dio. Uno è fortunato, l'altro è tribolato; il primo vive male ed è fortunato, il secondo vive degnamente ed è tribolato. Non perda la pace chi vive degnamente ed è tribolato; possiede dentro di sé ciò che quell'altro, pur fortunato, non possiede; non si affligga dunque, non si crucci, non si perda d'animo. Quello che è fortunato, potrà possedere dell'oro nello scrigno, questo possiede Dio nella coscienza. Confronta, adesso, l'oro con Dio, lo scrigno con la coscienza. Quello ha qualcosa che si perde e per cui potrebbe perdersi; questi ha Dio che non può perire, ed ha qualcosa che non gli può esser tolto, se davvero è retto di cuore; allora egli entra, e non esce. Che cosa diceva perciò il salmista? Poiché presso di te è la fonte della vita; non presso di noi. Perciò dobbiamo entrare, se vogliamo vivere. Non dobbiamo illuderci di essere autosufficienti, se non vogliamo perderci; non dobbiamo pretendere di saziarci del nostro, se non vogliamo inaridire; ma dobbiamo accostare la bocca alla fonte stessa, dove l'acqua non può venir meno. Proprio perché pretese di essere autonomo, cadde Adamo per inganno di colui che dianzi era caduto per superbia e che gli aveva propinato il calice della superbia stessa. Siccome, dunque, presso di Te è la fonte della vita, e nella tua luce vedremo la luce, entriamo per bere, entriamo per vedere. Per qual motivo infatti si esce fuori? Ascolta per qual motivo: Non mi venga il piede della superbia. Esce colui al quale viene il piede della superbia. Dimostrami che è uscito per questo motivo. E le mani dei peccatori non mi muovano, a causa del piede della superbia. Perché dici questo? Lì sono caduti tutti quelli che commettono l'iniquità. Dove son caduti? Nella superbia stessa. Sono stati cacciati fuori, e non hanno più potuto rialzarsi (Sal 35, 10 12-13). Ora, se la superbia ha cacciato fuori quelli che poi non han più potuto rialzarsi, l'umiltà li riporta dentro, affinché possano stare in piedi per sempre. E perciò colui che ha detto: Esulteranno le ossa umiliate, prima ha detto: Darai al mio udito esultanza e letizia (Sal 50, 10). Che significa: al mio udito? Che ascoltando te sono felice, al sentir la tua voce sono felice; bevendo dentro sono felice. Perciò non cado, perciò esulteranno le ossa umiliate; perciò l'amico dello sposo sta lì e lo ascolta (Gv 3, 29). Sta in piedi perché ascolta. Rimane in piedi perché beve alla fonte che è dentro. Quelli che non han voluto bere alla fonte che è dentro, lì sono caduti, sono stati cacciati fuori, e non hanno più potuto rialzarsi.

[Cristo maestro di umiltà.]

18. E così il Maestro di umiltà è venuto non per fare la sua volontà, ma la volontà di colui che lo ha mandato. Andiamo a lui, entriamo in lui, incorporiamoci a lui, per fare, anche noi, non la nostra volontà ma la volontà di Dio; e così non ci caccerà fuori, perché siamo sue membra avendo egli voluto essere il nostro capo insegnandoci l'umiltà. Ascoltate, almeno, il suo caloroso invito: Venite a me, voi che siete stanchi e aggravati; prendete il mio giogo sopra di voi, e imparate da me, che sono mite ed umile di cuore; e quando avrete imparato questo, troverete riposo per le anime vostre (Mt 11, 28-29), e così non sarete cacciati fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato (Gv 6, 38); io insegno l'umiltà, soltanto chi è umile può venire a me. Se soltanto a causa della superbia si è cacciati fuori, come potrebbe uscir fuori chi custodisce l'umiltà e non si allontana dalla verità? Si è cercato di dire il possibile, o fratelli, nonostante il senso nascosto. Qui il senso è molto nascosto e non so se sono riuscito a tirarlo fuori e ad esprimere in modo adeguato il fatto che egli non caccia fuori chi va a lui, perché non è venuto per fare la sua volontà, ma la volontà di colui che lo ha mandato.

19. Ora, la volontà di colui che mi ha mandato, del Padre, è che io non perda nulla di quanto mi ha dato (Gv 6, 39). A lui è stato dato chi si mantiene nell'umiltà; questi lui accoglie. Chi, invece, non si mantiene nell'umiltà è lontano dal maestro di umiltà. E' sua volontà che io non perda nulla di quanto mi ha dato. E' volontà del Padre vostro che è nei cieli che nessuno di questi piccoli vada perduto. I superbi possono andar perduti; dei piccoli nessuno va perduto: infatti se non sarete come questo piccolo bambino non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18, 14 3)! E' volontà del Padre che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno (Gv 6, 39). Guardate come anche qui ritorna sul tema della duplice risurrezione. Chi viene a me, risorge adesso facendo parte, per la sua umiltà, delle mie membra e poi, secondo la carne, lo risusciterò nell'ultimo giorno. Perché la volontà del Padre mio è che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna, e lo risusciti io nell'ultimo giorno (Gv 6, 40). Prima ha detto: Chi ascolta la mia parola e crede a colui che mi ha mandato (Gv 5, 24); adesso dice: Chi vede il Figlio e crede in lui. Non dice: Vede il Figlio e crede nel Padre; e questo perché credere nel Figlio è lo stesso che credere nel Padre. Come il Padre ha in se stesso la vita, così ha dato al Figlio d'aver la vita in se stesso (Gv 5, 26). Così che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna. Credere e passare alla vita, questa è la prima risurrezione; e siccome non c'è soltanto questa, prosegue dicendo: ed io lo risusciterò nell'ultimo giorno.


21 - Si narra come san Giovanni, avendo ricevuto grandi favori da Maria beatissima, per ispirazione dello Spirito Santo inizia la sua predicazione.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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942. Nella seconda parte cominciai a raccontare alcuni favori che Maria beatissima, durante il periodo trascorso in Egitto e anche successivamente, fece alla cugina Elisabetta e a Giovanni, specialmente quando Erode prese la decisione di assassinare i bambini innocenti; dissi anche che il futuro precursore di Cristo, morta sua madre, rimase nel deserto, senza uscirne sino al momento stabilito dalla somma sapienza, ed ivi condusse una vita più angelica che terrena. Conversava con i ministri celesti e con il Signore e poiché questa era la sua consueta occupazione, praticando l'amore e l'esercizio delle virtù eroiche fin dal grembo materno, giammai cadde nel pericolo dell'ozio né la grazia fu mai in lui sterile o inoperosa, né le sue azioni furono mai prive della pienezza di eccellenza che egli col massimo sforzo poté dare ad esse. E tantomeno furono un ostacolo i sensi, sempre lontani dalle cose mondane che sogliono essere le finestre attraverso le quali la morte penetra nell'anima, nascosta sotto le immagini della bellezza fallace delle creature. Fu fortunato perché in lui l'illuminazione della luce divina precedette quella del sole materiale: con la prima egli pose in oblio ciò che la seconda gli rappresentava, e la sua vista interiore rimase immobile e fissa sull'oggetto nobilissimo dell'essenza del Padre e della sua infinita perfezione.

943. Le straordinarie elargizioni che furono concesse da Dio al felicissimo anacoreta nel silenzio e nel ritiro sorpassano di gran lunga ogni umano pensiero: la sua santità e i suoi grandissimi meriti si conosceranno dal premio che ottenne solo quando godremo della vista dell'Eterno e non prima. In questa Storia non devo distrarmi, giacché non è mio compito riferire ciò che mi è stato rivelato sulla sua vita, sulle sue doti e prerogative, avendolo già fatto i beati dottori e altri autori. Mi limito solo a comunicare quello che reputo necessario riguardo alla Regina, per mano ed intercessione della quale egli ricevette immensi benefici. Fintanto che il fanciullo non ebbe raggiunto i sette anni, per molti giorni gli fece arrivare il nutrimento attraverso gli esseri superni; da questa età in poi gli mandò solo il pane e, compiuti i nove anni, cessò tale privilegio: ella infatti capì che era volontà dell'Altissimo, nonché desiderio dello stesso Giovanni, che mangiasse solo radici, miele selvatico e locuste. Questo fu il pasto con cui si sostentò fino al tempo della predicazione. Gli mancò, è vero, il dono del cibo da parte della Vergine, ma ella continuò una volta alla settimana ad inviargli i suoi custodi affinché lo consolassero e lo mettessero al corrente delle arcane opere di sua Maestà.

944. Tale favore tra gli altri fini gli fu necessario per sopportare il peso della solitudine, non perché l'orrore di essa e la sua penitenza gli procurassero noia, dato che era sufficiente il suo ammirevole comportamento, ma affinché il ferventissimo amore verso Gesù e sua Madre non facesse risultare tanto molesta la lontananza e la privazione della loro conversazione e vista, da lui bramate come uomo santo e riconoscente. Non vi è dubbio che gli sarebbe stato di maggiore mortificazione e dolore reprimere questo anelito che soffrire le inclemenze del tempo, i digiuni, le penitenze, l'asperità delle montagne, se la cugina, attenta e sollecita, non avesse compensato tale rinuncia facendogli pervenire gli angeli a dargli notizia del suo amato. Egli li interrogava sul Salvatore e la Signora con la nostalgia della sposa; per mezzo di essi inviava ad entrambi gli intimi sospiri del cuore ferito dal loro affetto e dal loro distacco, e chiedeva alla Principessa che in suo nome supplicasse il Figlio di impartirgli la benedizione, lo adorasse e gli rendesse umile venerazione: egli stesso faceva ciò in spirito e verità dalla solitudine in cui si trovava e la stessa cosa domandava agli ambasciatori celesti che lo visitavano e agli altri che lo assistevano. Con queste ordinarie occupazioni arrivò all'età perfetta di trent'anni mentre l'Onnipotente lo preparava al ministero per il quale era stato scelto.

945. Nell'anno decimoquinto dell'impero di Tiberio Cesare (...), sotto i sommi sacerdoti Anna e Caifa, la parola di Dio scese su Giovanni, figlio di Zaccaria, nel deserto. Ed egli percorse tutta la regione del Giordano, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati. Era giunto il tempo favorevole stabilito dall'eterna sapienza perché si udisse la voce del Verbo incarnato, Giovanni, gridare nel deserto al fine di disporre tutti ad accogliere il Messia promesso ed atteso da tanti secoli, e di indicarlo affinché tutti potessero conoscerlo. Questo comando fu da lui sentito e compreso durante un'estasi in cui, per speciale virtù e potere superno, fu illuminato e riempito di nuovi doni di luce, grazia e scienza dello Spirito. In tale esperienza penetrò più profondamente i misteri della redenzione ed ebbe una visione astrattiva del Signore così mirabile che tutto il suo essere fu completamente trasformato e rinnovato, e in essa gli fu ordinato di preparare le vie all'annuncio della buona novella di Cristo, e inoltre di esercitare il ministero di precursore: di tutto fu istruito e per tutto gli furono dati abbondantissimi aiuti.

946. Il Battista lasciò il luogo del suo ritiro vestito di alcune pelli di cammello, con una cintura anch'essa di pelle, scalzo, a piedi nudi sulla terra, con il volto macilento ed estenuato, l'aspetto serissimo e meraviglioso, con incomparabile modestia e severa umiltà, con animo grande ed invincibile e infiammato di carità verso l'Altissimo e verso il prossimo. Le sue parole erano vive, gravi e brucianti come scintille di un raggio scagliato dal braccio del supremo sovrano e dal suo essere divino ed immutabile. Egli si mostrava affabile con i mansueti, amabile con gli umili, terribile con i superbi, spettacolo eccezionale per gli angeli e per gli uomini, spaventoso per i peccatori, orribile per i demoni; in breve, proprio il tipo di predicatore che conveniva che fosse in quanto strumento di sua Maestà, e nella misura che si richiedeva per quel popolo ebreo, duro, ingrato e testardo, che aveva governatori idolatri, sacerdoti avari e orgogliosi, ed era senza luce, senza profeti, senza pietà, senza timor di Dio, dopo tanti castighi e tante calamità a cui le sue colpe lo avevano condotto, affinché in così miserabile stato gli si aprissero gli occhi ed il cuore per conoscere e ricevere il suo Salvatore.

947. L 'anacoreta aveva costruito molti anni prima una croce, che teneva al suo capezzale e sulla quale praticava alcuni esercizi di penitenza ed elevava suppliche steso in forma di crocifisso. Non volendo abbandonare tale tesoro nel deserto, prima di andarsene la inviò alla Vergine per mano dei ministri celesti che in suo nome lo visitavano. Li implorò poi di dirle che la stessa era stata la compagnia più gradevole e di maggior conforto che avesse avuto nella sua vita, e che gliela consegnava come gioiello prezioso per ciò che su di essa si sarebbe dovuto compiere; egli l'aveva fatta proprio per questo ed anche perché gli era stato riferito che l'Unigenito pregava molte volte su un'altra croce, che conservava a questo scopo. Gli artefici erano stati i custodi, che per sua richiesta l'avevano forgiata da un albero di quel posto, poiché egli non aveva forze e strumenti per farla, né essi ne avevano bisogno per il potere conferito loro sulle cose corporali. I messaggeri tornarono da lei con questa ambasciata e con questo dono; ella lo accettò con dolcissimo dolore e con amara dolcezza, meditando nel suo intimo i misteri che presto si sarebbero dovuti realizzare su quel durissimo legno. Rivolgendosi teneramente ad esso lo collocò nel suo oratorio, dove lo custodì per sempre insieme a quello di suo Figlio. In seguito lasciò in eredità inestimabile questo ed altri pegni agli apostoli, che li portarono nelle province in cui proclamarono il Vangelo.

948. Riguardo a tale evento arcano mi venne un dubbio che io proposi alla Regina della sapienza, dicendole: «Mia Signora, santissima fra i santi ed eletta fra tutte le creature per madre del medesimo Dio, in ciò che lascio scritto mi si presenta una difficoltà, come a donna ignorante e rozza. Se mi date licenza, la proporrò a voi che siete maestra della prudenza e per vostra benignità avete voluto esercitare nei miei confronti l'ufficio e il magistero di illuminare le mie tenebre e regalarmi parole di salvezza e di vita eterna. Il mio dubbio nasce dall'aver inteso che non solo il precursore ma anche voi tenevate in venerazione la croce prima che Cristo vi morisse, mentre ho sempre pensato che sino ad allora servisse come patibolo per castigare i delinquenti, e per questo motivo fosse ritenuta scandalosa e vile. La Chiesa poi ci insegna che tutto il valore e la dignità le derivò dal contatto che con essa ebbe il nostro Salvatore e dal mistero della redenzione umana che vi si operò».

Risposta della Regina del cielo

949. Carissima, volentieri soddisferò il tuo desiderio e ti risponderò. È giusto quello che proponi, cioè che la croce era ignominiosa - prima che Gesù la santificasse con la sua passione e che per questo le si deve ora l'onore che le viene dato. Se qualcuno, non essendo al corrente delle ragioni che avevamo io e san Giovanni, avesse preteso di dar culto ad essa prima della redenzione umana, avrebbe commesso errore e idolatria, perché avrebbe adorato ciò che non meritava vera adorazione; noi due però avevamo diversi motivi per farlo: anzitutto, perché possedevamo la certezza infallibile di quello che vi avrebbe dovuto compiere sua Maestà; inoltre perché egli, prima di arrivare a tale momento, aveva cominciato a consacrare quel segno col suo contatto, mettendosi a pregare su di esso e offrendosi alla morte volontariamente. II Padre aveva accettato tutto questo con immutabile disposizione e approvazione. Quando io e il Battista ci accostavamo alla croce tenevamo presente tale verità e non la veneravamo per se stessa, né per il materiale, perché non le era dovuto culto di latria finché la redenzione non fosse stata portata a compimento; tuttavia ne valutavamo e rispettavamo la rappresentazione formale: il Verbo incarnato era il termine a cui mirava e per il quale aveva senso l'ossequio tributatole.

950. In considerazione di questo pondera ora il tuo obbligo e quello di tutti gli uomini di tenerla in grande stima. Infatti, se prima che il nostro Salvatore morisse su di essa io e il suo precursore lo imitammo nell'amore e negli esercizi che vi eseguivamo, che cosa dovrebbero fare i credenti ora che nella luce della fede lo vedono già crocifisso e hanno la sua immagine davanti agli occhi? Voglio perciò che tu ti stringa al duro legno con incomparabile riverenza, che te lo applichi come gioiello preziosissimo e che ti abitui talmente a quanto compi su di esso, che mai di tua volontà smetta o te ne dimentichi, se l'obbedienza non te lo impedisce. Quando ti accingerai a fare azioni tanto venerabili, ciò avvenga con profonda devozione e meditazione del martirio dell'amato del tuo cuore. Procura d'introdurre la stessa consuetudine fra le tue religiose consigliandola loro, perché nessun'altra è più legittima tra le spose di Cristo; questo gli sarà di sommo compiacimento, ove sia fatto con pietà. Similmente voglio che tu, ad emulazione di Giovanni, prepari il tuo intimo per ciò che lo Spirito vorrà operare in te a sua gloria e a beneficio altrui. Inoltre, per quanto dipende da te, ama la solitudine e ritira le tue facoltà dalla confusione. Nelle cose poi in cui il Signore ti obbligherà a trattare con gli altri, cerca il tuo proprio merito e l'edificazione del prossimo, in modo che nelle tue conversazioni risplendano lo zelo e lo spirito che sono dentro di te. Le eminentissime virtù che hai conosciuto ti servano da stimolo e modello: impegnati, come un'ape diligente, a fabbricare il favo dolcissimo della perfezione e purezza, che brama in te il nostro Maestro. Sappi distinguere tra l'ufficio di questo piccolo volatile e quello del ragno, poiché il primo converte il suo alimento in soavità e utilità e l'altro in veleno. Raccogli dai fiori e dalla santità dei beati, nel giardino della Chiesa, quanto con le tue deboli forze, aiutate dalla grazia, potrai imitare: sollecita e laboriosa, fa' in modo che risulti a favore dei vivi e dei defunti, e fuggi dal veleno della colpa, dannosa per tutti.


4-125 Aprile 4, 1902 Distruggendo i beni morali, si distrugge anche i beni fisici e temporali.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando il mio solito stato il mio adorabile Gesù viene, ma quasi sempre in silenzio, ossia mi dice qualche cosa appartenente alla verità, e succede che fin quando sta il Signore la comprendo e mi pare che saprò ridire, ma scomparendo mi sento tirare quella luce di verità infusami e non so ridirne niente. Questa mattina poi, ho dovuto molto stentare nell’aspettarlo, e nel venire mi ha trasportato fuori di me stessa, facendosi vedere molto sdegnato. Onde io per placarlo ho fatto vari atti di pentimento, ma a Gesù pareva che non li piaceva nessuno; io tutta mi affannavo nel variare gli atti di pentimento, chi sa potesse qualcuno piacergli, alla fine gli ho detto:

(2) “Signore, mi pento delle offese fatte da me e da tutte le creature della terra, e mi pento e mi dispiace per il solo fine che abbiamo offeso voi, sommo bene, che mentre meritate amore, noi abbiamo ardito di darvi offese”.

(3) Con questa ultima parve il Signore compiaciuto e mitigato. Dopo ciò mi ha trasporto in mezzo ad una via dove stavano due uomini in forma di bestie, tutti intenti a distruggere ogni sorte di bene morale. Parevano forti come leoni, ed ubriachi di passione, al solo vederli mettevano terrore e spavento. Il benedetto Gesù mi ha detto:

(4) “Se vuoi un poco placarmi, va a passare da mezzo a quegli uomini, a convincerli del male che fanno, affrontando il loro furore”.

(5) Sebbene un po’ timida, pur sono andata ed appena vistami mi volevano ingoiare, io però gli ho detto: “Permettete che parli e poi fatemi quel che volete, dovete sapere che se giungerete al vostro intento di distruggere qualunque bene morale appartenente a religione, virtù, dipendenza e benessere sociale, voi senza avvedervi dell’errore verrete a distruggere insieme tutti i beni fisici e temporali, perché per quanto si toglie ai beni morali, altrettanto si raddoppiano i mali fisici; quindi senza avvedervi andate contro voi stessi, distruggendo tutti quei beni caduchi e passeggeri che tanto amate, non solo, ma andate cercando chi distrugge la vostra stessa vita, e sarete causa di far versare lacrime amare ai vostri superstiti”.

(6) Poi ho fatto un’atto grandissimo d’umiltà, che non lo so neppure ridire, e quelli sono restati come uno che le passa lo stato di pazzia, e tanto deboli, che non avevano forza neppure di toccarmi; così sono passata libera e comprendevo che non c’è forza che può resistere alla forza della ragione e dell’umiltà.