Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Non fate né il pazzo né il saggio: non il saggio, per mantenere l'umiltà ,; non il pazzo, per non offendere la semplicità  che odia le simulazioni. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 14° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 4

1Quando il Signore venne a sapere che i farisei avevan sentito dire: Gesù fa più discepoli e battezza più di Giovanni2- sebbene non fosse Gesù in persona che battezzava, ma i suoi discepoli -,3lasciò la Giudea e si diresse di nuovo verso la Galilea.4Doveva perciò attraversare la Samarìa.5Giunse pertanto ad una città della Samarìa chiamata Sicàr, vicina al terreno che Giacobbe aveva dato a Giuseppe suo figlio:6qui c'era il pozzo di Giacobbe. Gesù dunque, stanco del viaggio, sedeva presso il pozzo. Era verso mezzogiorno.7Arrivò intanto una donna di Samarìa ad attingere acqua. Le disse Gesù: "Dammi da bere".8I suoi discepoli infatti erano andati in città a far provvista di cibi.9Ma la Samaritana gli disse: "Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me, che sono una donna samaritana?". I Giudei infatti non mantengono buone relazioni con i Samaritani.10Gesù le rispose: "Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: "Dammi da bere!", tu stesso gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva".11Gli disse la donna: "Signore, tu non hai un mezzo per attingere e il pozzo è profondo; da dove hai dunque quest'acqua viva?12Sei tu forse più grande del nostro padre Giacobbe, che ci diede questo pozzo e ne bevve lui con i suoi figli e il suo gregge?".13Rispose Gesù: "Chiunque beve di quest'acqua avrà di nuovo sete;14ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete, anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna".15"Signore, gli disse la donna, dammi di quest'acqua, perché non abbia più sete e non continui a venire qui ad attingere acqua".16Le disse: "Va' a chiamare tuo marito e poi ritorna qui".17Rispose la donna: "Non ho marito". Le disse Gesù: "Hai detto bene "non ho marito";18infatti hai avuto cinque mariti e quello che hai ora non è tuo marito; in questo hai detto il vero".19Gli replicò la donna: "Signore, vedo che tu sei un profeta.20I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bisogna adorare".21Gesù le dice: "Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre.22Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.23Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori.24Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità".25Gli rispose la donna: "So che deve venire il Messia (cioè il Cristo): quando egli verrà, ci annunzierà ogni cosa".26Le disse Gesù: "Sono io, che ti parlo".
27In quel momento giunsero i suoi discepoli e si meravigliarono che stesse a discorrere con una donna. Nessuno tuttavia gli disse: "Che desideri?", o: "Perché parli con lei?".28La donna intanto lasciò la brocca, andò in città e disse alla gente:29"Venite a vedere un uomo che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Messia?".30Uscirono allora dalla città e andavano da lui.
31Intanto i discepoli lo pregavano: "Rabbì, mangia".32Ma egli rispose: "Ho da mangiare un cibo che voi non conoscete".33E i discepoli si domandavano l'un l'altro: "Qualcuno forse gli ha portato da mangiare?".34Gesù disse loro: "Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato e compiere la sua opera.35Non dite voi: Ci sono ancora quattro mesi e poi viene la mietitura? Ecco, io vi dico: Levate i vostri occhi e guardate i campi che già biondeggiano per la mietitura.36E chi miete riceve salario e raccoglie frutto per la vita eterna, perché ne goda insieme chi semina e chi miete.37Qui infatti si realizza il detto: uno semina e uno miete.38Io vi ho mandati a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro".
39Molti Samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che dichiarava: "Mi ha detto tutto quello che ho fatto".40E quando i Samaritani giunsero da lui, lo pregarono di fermarsi con loro ed egli vi rimase due giorni.41Molti di più credettero per la sua parola42e dicevano alla donna: "Non è più per la tua parola che noi crediamo; ma perché noi stessi abbiamo udito e sappiamo che questi è veramente il salvatore del mondo".

43Trascorsi due giorni, partì di là per andare in Galilea.44Ma Gesù stesso aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella sua patria.45Quando però giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero con gioia, poiché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme durante la festa; anch'essi infatti erano andati alla festa.

46Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l'acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao.47Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e lo pregò di scendere a guarire suo figlio poiché stava per morire.48Gesù gli disse: "Se non vedete segni e prodigi, voi non credete".49Ma il funzionario del re insistette: "Signore, scendi prima che il mio bambino muoia".50Gesù gli risponde: "Va', tuo figlio vive". Quell'uomo credette alla parola che gli aveva detto Gesù e si mise in cammino.51Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i servi a dirgli: "Tuo figlio vive!".52S'informò poi a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: "Ieri, un'ora dopo mezzogiorno la febbre lo ha lasciato".53Il padre riconobbe che proprio in quell'ora Gesù gli aveva detto: "Tuo figlio vive" e credette lui con tutta la sua famiglia.54Questo fu il secondo miracolo che Gesù fece tornando dalla Giudea in Galilea.


Primo libro di Samuele 9

1C'era un uomo di Beniamino, chiamato Kis - figlio di Abièl, figlio di Zeròr, figlio di Becoràt, figlio di Afìach, figlio di un Beniaminita -, un prode.2Costui aveva un figlio chiamato Saul, alto e bello: non c'era nessuno più bello di lui tra gli Israeliti; superava dalla spalla in su chiunque altro del popolo.3Ora le asine di Kis, padre di Saul, si smarrirono e Kis disse al figlio Saul: "Su, prendi con te uno dei servi e parti subito in cerca delle asine".4I due attraversarono le montagne di Efraim, passarono al paese di Salisa, ma non le trovarono. Si recarono allora nel paese di Saàlim, ma non c'erano; poi percorsero il territorio di Beniamino e anche qui non le trovarono.5Quando arrivarono nel paese di Zuf, Saul disse al compagno che era con lui: "Su, torniamo indietro, perché non vorrei che mio padre avesse smesso di pensare alle asine e ora fosse preoccupato di noi".
6Gli rispose: "Ecco in questa città c'è un uomo di Dio, tenuto in molta considerazione: quanto egli dice, di certo si avvera. Ebbene, andiamoci! Forse ci indicherà la via che dobbiamo battere".7Rispose Saul: "Sì, andiamo! Ma che daremo a quell'uomo? Il pane nelle nostre sporte è finito e non abbiamo alcun dono da portare all'uomo di Dio; infatti che abbiamo?".8Ma il servo rispondendo a Saul soggiunse: "Guarda: mi son trovato in mano un quarto di siclo d'argento. Dallo all'uomo di Dio e ci indicherà la nostra via".9In passato in Israele, quando uno andava a consultare Dio, diceva: "Su, andiamo dal veggente", perché quello che oggi si dice profeta allora si diceva veggente.10Disse dunque Saul al servo: "Hai detto bene; su, andiamo" e si diressero alla città dove era l'uomo di Dio.
11Mentre essi salivano il pendio della città, trovarono ragazze che uscivano ad attingere acqua e chiesero loro: "È qui il veggente?".12Quelle risposero dicendo: "Sì, c'è; ecco, vi ha preceduto di poco: ora, proprio ora è rientrato in città, perché oggi il popolo celebra un sacrificio sull'altura.13Entrando in città lo troverete subito, prima che salga all'altura per il banchetto, perché il popolo non si mette a mangiare, finché egli non sia arrivato; egli infatti deve benedire la vittima, e dopo gli invitati mangiano. Presto, salite e lo troverete subito".14Salirono dunque alla città. Mentre essi giungevano in mezzo alla porta, ecco, Samuele usciva in direzione opposta per salire all'altura.15Il Signore aveva detto all'orecchio di Samuele, un giorno prima che giungesse Saul:16"Domani a quest'ora ti manderò un uomo della terra di Beniamino e tu lo ungerai come capo del mio popolo Israele. Egli libererà il mio popolo dalle mani dei Filistei, perché io ho guardato il mio popolo, essendo giunto fino a me il suo grido".17Quando Samuele vide Saul, il Signore gli rivelò: "Ecco l'uomo di cui ti ho parlato; costui avrà potere sul mio popolo".18Saul si accostò a Samuele in mezzo alla porta e gli chiese: "Vuoi indicarmi la casa del veggente?".19Samuele rispose a Saul: "Sono io il veggente. Precedimi su all'altura. Oggi voi due mangerete con me. Ti congederò domani mattina e ti manifesterò quanto pensi;20riguardo poi alle tue asine smarrite tre giorni fa, non stare in pensiero, perché sono state ritrovate. A chi del resto appartiene il meglio d'Israele, se non a te e a tutta la casa di tuo padre?".21Rispose Saul: "Non sono io forse un Beniaminita, della più piccola tribù d'Israele? E la mia famiglia non è forse la più piccola fra tutte le famiglie della tribù di Beniamino? Perché hai voluto farmi questo discorso?".22Ma Samuele prese Saul e il suo servo e li fece entrare nella sala e assegnò loro il posto a capo degli invitati che erano una trentina.23Quindi Samuele disse al cuoco: "Portami la porzione che ti avevo dato dicendoti: Conservala presso di te".24Il cuoco portò la coscia e la coda e le pose davanti a Saul, mentre Saul diceva: "Ecco, ciò che è avanzato ti è posto davanti, mangia, perché proprio per te è stato serbato, perché lo mangiassi con gli invitati". Così quel giorno Saul mangiò con Samuele.
25Scesero poi dall'altura in città; fu allestito un giaciglio per Saul sulla terrazza26ed egli vi si coricò.
Al sorgere dell'aurora Samuele chiamò Saul che era sulla terrazza, dicendo: "Alzati, perché devo congedarti". Saul si alzò e i due, cioè lui e Samuele, uscirono.27Quando furono scesi alla periferia della città, Samuele disse a Saul: "Ordina al servo che ci oltrepassi e vada avanti" e il servo passò oltre. "Tu fermati un momento, perché io ti faccia intendere la parola di Dio".


Sapienza 7

1Anch'io sono un uomo mortale come tutti,
discendente del primo essere plasmato di creta.
Fui formato di carne nel seno di una madre,
2durante dieci mesi consolidato nel sangue,
frutto del seme d'un uomo e del piacere compagno del sonno.
3Anch'io appena nato ho respirato l'aria comune
e sono caduto su una terra uguale per tutti,
levando nel pianto uguale a tutti il mio primo grido.
4E fui allevato in fasce e circondato di cure;
5nessun re iniziò in modo diverso l'esistenza.
6Si entra nella vita e se ne esce alla stessa maniera.

7Per questo pregai e mi fu elargita la prudenza;
implorai e venne in me lo spirito della sapienza.
8La preferii a scettri e a troni,
stimai un nulla la ricchezza al suo confronto;
9non la paragonai neppure a una gemma inestimabile,
perché tutto l'oro al suo confronto è un Po' di sabbia
e come fango sarà valutato di fronte ad essa l'argento.
10L'amai più della salute e della bellezza,
preferii il suo possesso alla stessa luce,
perché non tramonta lo splendore che ne promana.
11Insieme con essa mi sono venuti tutti i beni;
nelle sue mani è una ricchezza incalcolabile.
12Godetti di tutti questi beni, perché la sapienza li guida,
ma ignoravo che di tutti essa è madre.
13Senza frode imparai e senza invidia io dono,
non nascondo le sue ricchezze.
14Essa è un tesoro inesauribile per gli uomini;
quanti se lo procurano si attirano l'amicizia di Dio,
sono a lui raccomandati per i doni del suo insegnamento

15Mi conceda Dio di parlare secondo conoscenza
e di pensare in modo degno dei doni ricevuti,
perché egli è guida della sapienza
e i saggi ricevono da lui orientamento.
16In suo potere siamo noi e le nostre parole,
ogni intelligenza e ogni nostra abilità.
17Egli mi ha concesso la conoscenza infallibile delle cose,
per comprender la struttura del mondo
e la forza degli elementi,
18il principio, la fine e il mezzo dei tempi,
l'alternarsi dei solstizi e il susseguirsi delle stagioni,
19il ciclo degli anni e la posizione degli astri,
20la natura degli animali e l'istinto delle fiere,
i poteri degli spiriti e i ragionamenti degli uomini,
la varietà delle piante e le proprietà delle radici.
21Tutto ciò che è nascosto e ciò che è palese io lo so,
poiché mi ha istruito la sapienza,
artefice di tutte le cose.

22In essa c'è uno spirito intelligente, santo,
unico, molteplice, sottile,
mobile, penetrante, senza macchia,
terso, inoffensivo, amante del bene, acuto,
23libero, benefico, amico dell'uomo,
stabile, sicuro, senz'affanni,
onnipotente, onniveggente
e che pervade tutti gli spiriti
intelligenti, puri, sottilissimi.
24La sapienza è il più agile di tutti i moti;
per la sua purezza si diffonde e penetra in ogni cosa.
25È un'emanazione della potenza di Dio,
un effluvio genuino della gloria dell'Onnipotente,
per questo nulla di contaminato in essa s'infiltra.
26È un riflesso della luce perenne,
uno specchio senza macchia dell'attività di Dio
e un'immagine della sua bontà.
27Sebbene unica, essa può tutto;
pur rimanendo in se stessa, tutto rinnova
e attraverso le età entrando nelle anime sante,
forma amici di Dio e profeti.
28Nulla infatti Dio ama se non chi vive con la sapienza.
29Essa in realtà è più bella del sole
e supera ogni costellazione di astri;
paragonata alla luce, risulta superiore;
30a questa, infatti, succede la notte,
ma contro la sapienza la malvagità non può prevalere.


Salmi 120

1'Canto delle ascensioni.'

Nella mia angoscia ho gridato al Signore
ed egli mi ha risposto.
2Signore, libera la mia vita
dalle labbra di menzogna,
dalla lingua ingannatrice.
3Che ti posso dare, come ripagarti,
lingua ingannatrice?
4Frecce acute di un prode,
con carboni di ginepro.

5Me infelice: abito straniero in Mosoch,
dimoro fra le tende di Cedar!
6Troppo io ho dimorato
con chi detesta la pace.
7Io sono per la pace, ma quando ne parlo,
essi vogliono la guerra.


Ezechiele 20

1Il dieci del quinto mese, anno settimo, alcuni anziani d'Israele vennero a consultare il Signore e sedettero davanti a me.2Mi fu rivolta questa parola del Signore:3"Figlio dell'uomo, parla agli anziani d'Israele e di' loro: Dice il Signore Dio: Venite voi per consultarmi? Com'è vero ch'io vivo, non mi lascerò consultare da voi. Oracolo del Signore Dio.4Vuoi giudicarli? Li vuoi giudicare, figlio dell'uomo? Mostra loro gli abomini dei loro padri.5Di' loro: Dice il Signore Dio: Quando io scelsi Israele e alzai la mano e giurai per la stirpe della casa di Giacobbe, apparvi loro nel paese d'Egitto e giurai per loro dicendo: Io, il Signore, sono vostro Dio.6Allora alzai la mano e giurai di farli uscire dal paese d'Egitto e condurli in una terra scelta per loro, stillante latte e miele, che è la più bella fra tutte le terre.7Dissi loro: Ognuno getti via gli abomini dei propri occhi e non vi contaminate con gl'idoli d'Egitto: sono io il vostro Dio.
8Ma essi mi si ribellarono e non mi vollero ascoltare: non gettarono via gli abomini dei propri occhi e non abbandonarono gli idoli d'Egitto. Allora io decisi di riversare sopra di loro il mio furore e di sfogare contro di loro la mia ira, in mezzo al paese d'Egitto.9Ma feci diversamente per riguardo al mio nome, perché non fosse profanato agli occhi delle genti in mezzo alle quali si trovavano, poiché avevo dichiarato che li avrei fatti uscire dal paese d'Egitto sotto i loro occhi.10Così li feci uscire dall'Egitto e li condussi nel deserto;11diedi loro i miei statuti e feci loro conoscere le mie leggi, perché colui che le osserva viva per esse.12Diedi loro anche i miei sabati come un segno fra me e loro, perché sapessero che sono io, il Signore, che li santifico.
13Ma gli Israeliti si ribellarono contro di me nel deserto: essi non camminarono secondo i miei decreti, disprezzarono le mie leggi, che bisogna osservare perché l'uomo viva, e violarono sempre i miei sabati. Allora io decisi di riversare su di loro il mio sdegno nel deserto e di sterminarli.
14Ma agii diversamente per il mio nome, perché non fosse profanato agli occhi delle genti di fronte alle quali io li avevo fatti uscire.15Avevo giurato su di loro nel deserto che non li avrei più condotti nella terra che io avevo loro assegnato, terra stillante latte e miele, la più bella fra tutte le terre,16perché avevano disprezzato i miei comandamenti, non avevano seguito i miei statuti e avevano profanato i miei sabati, mentre il loro cuore si era attaccato ai loro idoli.17Tuttavia il mio occhio ebbe pietà di loro e non li distrussi, non li sterminai tutti nel deserto.
18Dissi ai loro figli nel deserto: Non seguite le regole dei vostri padri, non osservate le loro leggi, non vi contaminate con i loro idoli:19sono io, il Signore, il vostro Dio. Camminate secondo i miei decreti, osservate le mie leggi e mettetele in pratica.20Santificate i miei sabati e siano un segno fra me e voi, perché si sappia che sono io, il Signore vostro Dio.
21Ma anche i figli mi si ribellarono, non camminarono secondo i miei decreti, non osservarono e non misero in pratica le mie leggi, che danno la vita a chi le osserva; profanarono i miei sabati. Allora io decisi di riversare il mio sdegno su di loro e di sfogare contro di essi l'ira nel deserto.
22Ma ritirai la mano e feci diversamente per riguardo al mio nome, perché non fosse profanato agli occhi delle genti, alla cui presenza io li avevo fatti uscire.23E nel deserto giurai loro, alzando la mia mano, che li avrei dispersi fra le genti e disseminati in paesi stranieri,24perché non avevano praticato le mie leggi, anzi, avevano disprezzato i miei decreti, profanato i miei sabati e i loro occhi erano sempre rivolti agli idoli dei loro padri.
25Allora io diedi loro perfino statuti non buoni e leggi per le quali non potevano vivere.26Feci sì che si contaminassero nelle loro offerte facendo passare per il fuoco ogni loro primogenito, per atterrirli, perché riconoscessero che io sono il Signore.27Parla dunque agli Israeliti, figlio dell'uomo, e di' loro: Dice il Signore Dio: Ancora in questo mi offesero i vostri padri agendo con infedeltà verso di me:28dopo che io li ebbi introdotti nel paese che, levando la mia mano, avevo giurato di dare loro, essi guardarono ogni colle elevato, ogni albero verde e là fecero i sacrifici e portarono le loro offerte provocatrici: là depositarono i loro profumi soavi e versarono le loro libazioni.29Io dissi loro: Che cos'è quest'altura alla quale voi andate? Il nome altura è rimasto fino ai nostri giorni.
30Ebbene, di' agli Israeliti: Così dice il Signore Dio: Vi contaminate secondo il costume dei vostri padri, vi prostituite secondo i loro abomini,31vi contaminate con tutti i vostri idoli fino ad oggi, facendo le vostre offerte e facendo passare per il fuoco i vostri figli e io mi dovrei lasciare consultare da voi, uomini d'Israele? Com'è vero ch'io vivo - parola del Signore Dio - non mi lascerò consultare da voi.32E ciò che v'immaginate in cuor vostro non avverrà, mentre voi andate dicendo: Saremo come le genti, come le tribù degli altri paesi che prestano culto al legno e alla pietra.33Com'è vero ch'io vivo - parola del Signore Dio - io regnerò su di voi con mano forte, con braccio possente e rovesciando la mia ira.34Poi vi farò uscire di mezzo ai popoli e vi radunerò da quei territori dove foste dispersi con mano forte, con braccio possente e con la mia ira traboccante35e vi condurrò nel deserto dei popoli e lì a faccia a faccia vi giudicherò.36Come giudicai i vostri padri nel deserto del paese di Egitto così giudicherò voi, dice il Signore Dio.37Vi farò passare sotto il mio bastone e vi condurrò sotto il giogo dell'alleanza.38Separerò da voi i ribelli e quelli che si sono staccati da me; li farò uscire dal paese in cui dimorano, ma non entreranno nel paese d'Israele: così saprete che io sono il Signore.39A voi, uomini d'Israele, così dice il Signore Dio: Andate, servite pure ognuno i vostri idoli, ma infine mi ascolterete e il mio santo nome non profanerete più con le vostre offerte, con i vostri idoli;40poiché sul mio monte santo, sull'alto monte d'Israele - oracolo del Signore Dio - mi servirà tutta la casa d'Israele, tutta riunita in quel paese; là mi saranno graditi e là richiederò le vostre offerte, le primizie dei vostri doni in qualunque forma me li consacrerete.41Io vi accetterò come soave profumo, quando vi avrò liberati dai popoli e vi avrò radunati dai paesi nei quali foste dispersi: mi mostrerò santo in voi agli occhi delle genti.
42Allora voi saprete che io sono il Signore, quando vi condurrò nel paese d'Israele, nel paese che alzando la mia mano giurai di dare ai vostri padri.43Là vi ricorderete della vostra condotta, di tutti i misfatti dei quali vi siete macchiati, e proverete disgusto di voi stessi, per tutte le malvagità che avete commesse.44Allora saprete che io sono il Signore, quando agirò con voi per l'onore del mio nome e non secondo la vostra malvagia condotta e i vostri costumi corrotti, uomini d'Israele". Parola del Signore Dio.


Prima lettera a Timoteo 1

1Paolo, apostolo di Cristo Gesù, per comando di Dio nostro salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza,2a Timòteo, mio vero figlio nella fede: grazia, misericordia e pace da Dio Padre e da Cristo Gesù Signore nostro.

3Partendo per la Macedonia, ti raccomandai di rimanere in Èfeso, perché tu invitassi alcuni a non insegnare dottrine diverse4e a non badare più a favole e a genealogie interminabili, che servono più a vane discussioni che al disegno divino manifestato nella fede.5Il fine di questo richiamo è però la carità, che sgorga da un cuore puro, da una buona coscienza e da una fede sincera.6Proprio deviando da questa linea, alcuni si sono volti a fatue verbosità,7pretendendo di essere dottori della legge mentre non capiscono né quello che dicono, né alcuna di quelle cose che dànno per sicure.

8Certo, noi sappiamo che la legge è buona, se uno ne usa legalmente;9sono convinto che la legge non è fatta per il giusto, ma per gli iniqui e i ribelli, per gli empi e i peccatori, per i sacrileghi e i profanatori, per i parricidi e i matricidi, per gli assassini,10i fornicatori, i pervertiti, i trafficanti di uomini, i falsi, gli spergiuri e per ogni altra cosa che è contraria alla sana dottrina,11secondo il vangelo della gloria del beato Dio che mi è stato affidato.

12Rendo grazie a colui che mi ha dato la forza, Cristo Gesù Signore nostro, perché mi ha giudicato degno di fiducia chiamandomi al mistero:13io che per l'innanzi ero stato un bestemmiatore, un persecutore e un violento. Ma mi è stata usata misericordia, perché agivo senza saperlo, lontano dalla fede;14così la grazia del Signore nostro ha sovrabbondato insieme alla fede e alla carità che è in Cristo Gesù.
15Questa parola è sicura e degna di essere da tutti accolta: Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io.16Ma appunto per questo ho ottenuto misericordia, perché Gesù Cristo ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui per avere la vita eterna.
17Al Re dei secoli incorruttibile, invisibile e unico Dio, onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.

18Questo è l'avvertimento che ti do, figlio mio Timòteo, in accordo con le profezie che sono state fatte a tuo riguardo, perché, fondato su di esse, tu combatta la buona battaglia19con fede e buona coscienza, poiché alcuni che l'hanno ripudiata hanno fatto naufragio nella fede;20tra essi Imenèo e Alessandro, che ho consegnato a satana perché imparino a non più bestemmiare.


Capitolo XLII: La nostra pace non dobbiamo porla negli uomini

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1. O figlio, se la tua pace l'attendi da qualcuno, secondo il tuo sentimento e il piacere di stare con lui, avrai sempre incertezza ed impacci. Se, invece, tu ricorrerai alla verità, sempre viva e stabile, non sarai contristato per l'abbandono da parte di un amico; neppure per la sua morte. Su di me deve essere fondato l'amore per l'amico; in me deve essere amato chi ti appare degno e ti è particolarmente caro in questa vita; senza di me non regge e non dura l'amicizia; non c'è legame d'amicizia veramente puro, se non sono io ad annodarlo. Perciò tu devi essere totalmente morto ad ogni attaccamento verso persone che ti siano care così da preferire, per quanto sta in te, di essere privo di ogni umana amicizia.

2. Tanto più ci si avvicina a Dio, quanto più ci si ritira lontano da ogni conforto terreno. Tanto più si ascende in alto, a Dio, quanto più si entra nel profondo di noi stessi, persuadendosi di non valere proprio nulla. Che se uno, invece, attribuisce a sé qualcosa di buono, questi ostacola la venuta della grazia divina il lui; giacché la grazia dello Spirito Santo cerca sempre un cuore umile. Se tu sapessi annichilirti e uscire da ogni affetto di quaggiù, liberandoti da ogni attaccamento di questo mondo, allora, certamente, io verrei a te, con larghezza di grazia; infatti, quando guardi alle creature, ti si sottrae la vista del Creatore. Per amore del Creatore, dunque, vinci te stesso, in tutte le cose; così potrai giungere a conoscere Dio. Se una cosa, per quanto piccola sia, la si ama e ad essa si guarda non rettamente, questa ti ostacola la via verso il sommo Dio, e ti corrompe.


DISCORSO 19 DISCORSO DI S. AGOSTINO TENUTO NELLA BASILICA RESTITUTA IN GIORNO DI MUNERA

Discorsi - Sant'Agostino

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Dio distolga il suo sguardo dai nostri peccati, ma non da noi.

1. Cantando, abbiamo supplicato il Signore che distolga lo sguardo dai nostri peccati e cancelli tutte le nostre colpe 1. Ma voi, fratelli, potete ben osservare come in questo medesimo salmo si dice: Poiché riconosco la mia colpa e il mio peccato mi sta sempre dinanzi 2. E in un altro salmo, a quel Dio cui abbiamo detto: Distogli lo sguardo dai miei peccati 3, veniamo a dire: Non distogliere il tuo sguardo da me 4. E dato che l'uomo e il peccatore costituiscono un'unica persona, chi dice: Non distogliere il tuo sguardo da me è l'uomo, mentre è il peccatore che dice: Distogli lo sguardo dai miei peccati. Questo dunque è il senso: Non distogliere il tuo sguardo da colui che hai fatto tu, distogli invece lo sguardo da quello che ho fatto io. Cioè l'occhio tuo distingua le due cose, affinché, a motivo del vizio, non sia la natura a perire. Tu hai fatto qualcosa e qualcosa ho fatto anch'io. Quello che hai fatto tu si chiama natura; quello che ho fatto io si chiama vizio. Che il vizio sia sanato, perché la natura sia conservata.

Perché Dio perdoni, tu riconosci e punisci il tuo peccato.

2. La mia colpa, dice, io la riconosco 5. Se io la riconosco, tu perdona. Cerchiamo di viver bene, ma, pur vivendo bene, non possiamo avere la presunzione di essere senza peccato. Per quanto una vita possa esser degna di lode, si ha sempre bisogno di chiedere perdono. Gli uomini senza speranza quanto meno badano ai propri peccati, tanto più ficcano il naso su quelli degli altri; e li indagano non per correggerli, ma per criticarli. E dato che non possono scusare se stessi, son sempre pronti ad accusare gli altri. Costui invece, dicendo: Poiché la mia colpa io la riconosco e il mio peccato mi sta sempre dinanzi 6, ci ha mostrato un esempio ben diverso di pregare e di dar soddisfazione a Dio. Egli non ha badato ai peccati altrui. Citava in giudizio se stesso, e non si accarezzava la pelle, ma si scavava dentro e penetrava in se stesso in profondità. Non perdonava a se stesso e perciò non era presunzione se pregava che gli venisse perdonato. Perché il peccato, o fratelli, non può restare impunito. Se il peccato restasse impunito, sarebbe un'ingiustizia: perciò senza dubbio deve essere punito. Questo ti dice il tuo Dio: "Il peccato deve essere punito o da te, oppure da me". Il peccato perciò viene punito o dall'uomo quando si pente, oppure da Dio quando giudica. Viene perciò punito o da te senza di te, oppure da Dio insieme a te. Che cos'è infatti la penitenza se non l'ira contro se stesso? Chi si pente, si adira con se stesso. E lo stesso battersi il petto, se si fa sinceramente, da che cosa proviene? Perché ti batti, se non sei adirato? Quando perciò ti batti il petto, è perché sei adirato col tuo cuore e vuoi dar soddisfazione al tuo Signore. E potrebbe essere interpretato anche in questo senso il passo della Scrittura: Adiratevi e non vogliate peccare 7. Adirati perché hai peccato e, punendo te stesso, non voler più peccare. Risuscita il cuore con la penitenza e questo sarà il sacrificio al Signore 8.

Il cuore contrito ed umiliato è il sacrificio che placa Dio.

3. Vuoi metterti in pace con Dio? Impara quel che devi fare con te stesso, perché Dio si metta in pace con te. Osserva cosa si legge nel medesimo salmo: Perché se tu avessi gradito il sacrificio, l'avrei offerto volentieri; ma tu non accetti olocausti 9. E allora non hai un sacrificio da offrire? Non potrai offrir nulla, non potrai placare Dio con nessuna offerta? Che cosa hai detto? Se tu avessi gradito il sacrificio, l'avrei offerto volentieri; ma tu non accetti olocausti. Continua, ascolta, ripeti: Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato Dio non lo disprezza 10. Rifiutato ciò che tu volevi offrire, ecco ora che cosa puoi offrire. Tu volevi offrire le tradizionali vittime di pecore; questi eran chiamati sacrifici. Se avessi gradito il sacrificio, l'avrei offerto volentieri. Ma tu queste cose non le accetti, e tuttavia un sacrificio lo vuoi. E il tuo popolo ti chiede: "Che cosa potrò offrire, non potendo più offrire quello che offrivo prima?". Perché è sempre lo stesso popolo: alcuni muoiono, altri nascono, ma è sempre lo stesso popolo. Son mutati i sacramenti, ma non la fede. Son mutati i segni coi quali veniva significato qualcosa, ma non la cosa che veniva significata. In luogo di Cristo l'ariete, in luogo di Cristo l'agnello, in luogo di Cristo il vitello, in luogo di Cristo il caprone, ma è sempre il Cristo. L'ariete, perché va avanti al gregge: esso fu trovato tra gli spini 11, quando al padre Abramo fu ordinato, sì, di risparmiare il figlio, ma di non andarsene senza aver offerto un sacrificio 12. E Isacco era il Cristo, e l'ariete era il Cristo. Isacco portava la legna per sé 13, Cristo si era caricato il peso della propria croce 14. In luogo di Isacco ci fu l'ariete; ma non fu Cristo in luogo di Cristo. Ma Cristo fu sia in Isacco che nell'ariete. L'ariete era impigliato con le corna tra gli spini 15; chiedi un po' ai giudei con che cosa abbiano coronato il Signore 16. Cristo è l'agnello: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie i peccati del mondo 17. Egli è il toro: pensa ai corni della croce. Egli è il capro per la somiglianza della carne del peccato 18. Tutte queste cose sono come velate fino a che non salga il giorno e si dissolvano le ombre 19. Perciò in questo medesimo Cristo Signore, non solo in quanto Verbo, ma anche in quanto mediatore fra Dio e gli uomini, l'uomo Cristo Gesù 20, credettero anche gli antichi padri e questa medesima fede, predicando e profetando, trasmisero a noi. È per questo che l'Apostolo dice: Animati dallo stesso spirito di fede per il quale è stato scritto: Ho creduto e per questo ho parlato... 21 Siamo animati da quello stesso spirito che ebbero coloro che scrissero: Ho creduto e per questo ho parlato. Perciò avendo noi lo stesso spirito di fede, dice, per il quale è stato scritto dagli antichi: Ho creduto e per questo ho parlato, noi pure crediamo e per questo parliamo 22. Quando, dunque il santo Davide diceva: Perché se tu avessi gradito il sacrificio, l'avrei offerto volentieri; ma tu non accetti olocausti 23, a quel tempo si offrivano a Dio quei sacrifici che adesso non si offrono più. Perciò così cantando, profetava, trascendeva il presente e prevedeva il futuro. Ma tu, dice, non accetti olocausti. E allora, dato che non accetti olocausti, dovrai restare senza sacrificio? Questo no. Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato Dio non lo disprezza 24. Ecco dunque che hai che cosa offrire. Non girare lo sguardo in cerca del gregge, non preparare navigli per recarti in lontane regioni onde apportarne aromi. Cerca dentro al tuo cuore cosa ci può essere di gradito a Dio. È il cuore che si deve spezzare. Temi forse che, spezzato, abbia a perire? Ma nello stesso salmo trovi: Crea in me, o Dio, un cuore puro 25. Affinché dunque possa esser creato un cuore puro, bisogna che venga spezzato quello impuro.

Se sei retto di cuore, ti dispiacerà quello che dispiace a Dio. Esegesi del salmo 72. La felicità non si può cercare in questa terra.

4. Dispiacciamo a noi stessi, quando pecchiamo, perché i peccati dispiacciono a Dio. E dato che senza peccati non siamo 26, almeno in questo cerchiamo di somigliare a Dio, nel dispiacerci di quello che dispiace a lui. In un certo senso anche così ti congiungi con la volontà di Dio, in quanto in te stesso ti dispiace una cosa che odia anche lui che ha fatto te. Il tuo artefice è lui; tu dunque esamina te stesso e distruggi in te quel che non è della sua officina. Sta scritto infatti che Dio ha creato l'uomo retto 27. Quanto è buono il Dio di Israele per i retti di cuore 28. Se tu dunque sei retto di cuore, Dio non ti dispiacerà, Dio sarà per te buono, e tu loderai Dio. In tutto, sia in ciò che ti elargisce, sia in ciò in cui ti castiga, tu [sempre] loderai Dio. D'altronde quegli stesso che disse: Quanto è buono il Dio di Israele per i retti di cuore, aveva esaminato se stesso, lui che prima non era stato retto di cuore e a cui Dio non era piaciuto. Ma poi si ricredette e si rese conto che non Dio era ingiusto, ma lui era non retto. E ripensando al tempo del suo errore e al suo ravvedimento presente, esclamò: Quanto è buono il Dio di Israele! Ma per chi? Per i retti di cuore. E tu personalmente? A me, risponde, per poco non mi si inciampavano i piedi, per un nulla vacillavano i miei passi 29; in altre parole, per poco non sono caduto. E come mai? Perché ho provato invidia per i peccatori, nel vedere la prosperità dei peccatori 30. Ecco allora che, non avendo nascosto l'ostacolo dove i piedi gli si stavano per inciampare e i passi stavano per vacillare, ci ha dato un avvertimento perché l'evitassimo noi. Secondo la mentalità del Vecchio Testamento, non sapendo che in esso erano i segni delle cose future, si aspettava da Dio la felicità nella vita presente e cercava in questa terra quello che invece Dio teneva in serbo per i suoi nel cielo. Egli voleva essere felice quaggiù: ma la felicità non è di quaggiù. Buona cosa, grande cosa è la felicità! Essa però ha la sua regione. Cristo è venuto dalla regione della felicità, quaggiù però non l'ha trovata neanche lui. Fu schernito, fu insultato, fu imprigionato, fu flagellato, fu legato, fu preso a schiaffi, fu oggetto dello schifo degli sputi, fu coronato con le spine, fu appeso su un palo. E in ultimo, la fine del Signore, la morte 31. Sì, è scritto nel salmo: [A QUESTO PUNTO GLI ASCOLTATORI HANNO APPLAUDITO]. La fine del Signore, la morte. Come puoi, o servo, cercare la felicità quaggiù, dove anche per il Signore la fine è la morte? In un luogo non suo dunque cercava la felicità colui di cui stiamo parlando e, proprio per raggiungerla in questa vita, era attaccato a Dio, e lo serviva, e obbediva come poteva ai suoi precetti. E invece ebbe questa grossa sorpresa (o che gli parve grossa), che cioè quello che si aspettava da Dio e che era il motivo per cui serviva Dio, ce l'avevano proprio coloro che non rispettavano Dio, che adoravano i demoni, che bestemmiavano il Dio vero. Vide e ci rimase male, come uno che abbia perso il frutto della sua fatica. E questo è quel che invidiò nei peccatori, nel vedere la prosperità dei peccatori 32. E infatti continua: Ecco, questi sono gli empi: sempre tranquilli, ammassano ricchezze in questo mondo. E allora io a che scopo ho diretto il mio cuore verso la giustizia e ho tenuto pulite le mie mani con gli innocenti, se vengo flagellato tutto il giorno? 33. Io onoro Dio, essi lo bestemmiano; essi però hanno la prosperità, io le sventure. È giustizia questa? Per questo gli si inciampavano i piedi, per questo quasi vacillavano i suoi passi, per questo fu sul punto di cadere 34. E guardate a che punto arrivò: egli soggiunge: Ed esclamai: Iddio ne sa forse qualcosa? C'è forse consapevolezza nell'Altissimo? 35. Vedete a qual punto arrivò nell'aspettarsi da Dio, come massima ricompensa, la felicità su questa terra. E allora, o carissimi, se voi la possedete [la felicità], imparate a non farci conto e a non dire nei vostri cuori: "È perché onoro Dio che le cose mi vanno bene". Potresti accorgerti infatti che, come le cose par che vadano bene a te, così van bene anche a chi non onora Dio, e allora i tuoi passi potrebbero vacillare. Perché questa felicità, tu che onori Dio, o ce l'hai, ma potresti accorgerti che ce l'ha anche chi non lo onora, e allora potresti concludere che è inutile onorare Dio, dato che ce l'ha anche chi non l'onora: oppure non ce l'hai, e a maggior ragione allora potresti accusare Dio che la dà a chi lo bestemmia e non la dà a chi l'onora. Imparate perciò a non far conto delle cose della terra, se volete servire a Dio con cuore fedele. Sei tu felice? Non tirare la conclusione da questo che tu sei buono, ma per questo renditi buono. Non sei felice? Non tirare la conclusione da questo che tu sei malvagio; però fuggi il male, a causa del quale non viene colui che è il buono.

La felicità va cercata solo nel Signore.

5. Difatti costui, rinsavendo e rimproverandosi di aver cominciato a pensar male di Dio come un peccatore invidioso e bramoso della prosperità dei peccatori, rimproverando dunque se stesso, disse: Ma chi avrò per me in cielo? E fuori di te che cosa ho bramato sulla terra? 36. Ormai rinsavito, ormai col cuore convertito, riconobbe quanto valga onorare Dio, quell'onore cui aveva collegato un prezzo così volgare, quando con esso aveva cercato di raggiungere la felicità sulla terra. Riconobbe che cosa è riservato in alto a chi onora Dio, lassù dove ci vien raccomandato di tenere i nostri cuori e noi rispondiamo che sono rivolti al Signore. E Dio voglia che non mentiamo almeno in quell'ora, almeno in quel momento, almeno in quell'attimo di tempo, quando così rispondiamo. Riprendendosi dunque e correggendo il suo cuore, egli si rimprovera di aver cercato sulla terra la felicità terrena, come se fosse quella la ricompensa di chi onora Dio. E rimproverandosi, dice: Ma chi avrò per me in cielo? Che c'è per me lassù? La vita eterna, l'incorruzione, il regno con Cristo, la società con gli Angeli, dove non sarà nessun turbamento, nessuna ignoranza, nessun pericolo, nessuna tentazione; ci sarà invece la vera, sicura, stabile tranquillità. Ecco che avrò per me in cielo. E fuori di te che cosa ho bramato sulla terra? Che cosa ho bramato? Che cosa? Ricchezze fluide, caduche, instabili. Che cosa ho bramato? L'oro che è pallida terra, l'argento che è livida terra, l'onore, che è fumo temporaneo. Ecco che cosa ho bramato fuori di te sulla terra. E poiché ho visto che queste cose le avevano i peccatori, mi si sono inciampati i piedi e poco è mancato che i miei passi vacillassero 37. Oh, quanto egli è buono per i retti di cuore! 38. Che cosa cerchi dunque, o profeta fedele? L'oro, l'argento, le ricchezze della terra? Ma allora la fede di una donna fedele varrà come ciò che ha anche una meretrice? O la fede di un uomo fedele varrà come ciò che ha anche un mimo, un auriga, un predatore, un ladro? Ah, no, fratelli miei, non è questo il valore della vostra fede! Il Signore ve lo tolga dal cuore. Non è questo il valore. Volete sapere quale ne è il valore? Per essa è morto Cristo. Come puoi pensare a un equivalente terreno, se tu sei legato all'oro e al denaro? Così tu svilisci quella fede per la quale è morto Cristo. "Ma allora che cos'è? si dirà, quanto vale?". Ascolta bene colui che ha detto: Chi avrò per me in cielo? Egli non dà risposta, però soggiunge: E fuori di te che cosa ho bramato sulla terra? 39 E quindi, lodando la prima cosa e disprezzando la seconda, risponde a tutte e due. Che cos'è la prima? Cosa che occhio mai vide 40. E la seconda? Cosa di cui l'occhio [del] fedele non ha desiderio. Cos'è la prima? Quel che raggiunse Lazzaro pieno di piaghe. E la seconda? Quel che toccò al ricco borioso 41. Cos'è la prima? Cosa che non potrà mai perire. E la seconda? Cosa che non potrà durare. Cos'è la prima? Dove non sarà più fatica. E la seconda? Cosa che la paura non lascia mai. Che cosa avrò per me in cielo? 42. Che cosa? Quegli stesso che ha fatto il cielo. Premio della tua fede è il tuo Dio stesso. Lui stesso possederai; egli si dona in premio a coloro che l'onorano. Considerate, o carissimi, tutto il creato, il cielo, la terra, il mare, e tutte le cose del cielo, della terra e del mare, quanto son belle, quanto meravigliose, con quanta dignità e ordine sono disposte. Non vi stupiscono? Ma certo che vi stupiscono. E perché? Perché son belle. E che cosa sarà chi le ha fatte? Io credo che restereste di stucco se poteste vedere la bellezza degli angeli. Ma che cosa sarà il Creatore degli angeli? E lui è la ricompensa della vostra fede. Avari, che cosa potrà mai bastarvi, se Dio stesso non vi basta?.

Il mondo è un torchio: ora ne aumenta la pressione. Siate olio e non morchia.

6. Perciò viviamo bene e, perché questo ci sia possibile, chiediamolo a colui che ce l'ha comandato. E per la nostra vita buona non aspettiamoci dal Signore una ricompensa terrena. Spingiamo la nostra attesa a ciò che ci viene promesso. A questo attacchiamo il nostro cuore, così esso non si potrà incancrenire per le preoccupazioni temporali. Passano queste cose che incatenano gli uomini, volano via, la vita umana sulla terra è un fumo 43. A questa vita poi così fragile si aggiungono i gravi e così frequenti pericoli. Si ha notizia dall'Oriente di immani terremoti. Alcune grandi città sono crollate in un momento. A Gerusalemme, presi dallo spavento, giudei, pagani e catecumeni, quanti ce n'erano, sono stati battezzati. Si dice che i battezzati sono stati attorno ai settemila. Nelle vesti dei giudei battezzati è apparso il segno di Cristo. Son cose queste che ci vengono testimoniate dai continui rapporti dei fratelli nella fede. Anche la città di Sitifis è stata scossa da un terremoto così violento, che tutti si sono rifugiati in campagna per circa cinque giorni, e lì si dice che siano state battezzate un duemila persone. Da ogni parte Iddio si fa sentire, perché non vuol trovar nessuno da condannare. Qualcosa sta succedendo in questo torchio. Il mondo è un torchio; ora vi aumenta la pressione. Siate olio, e non morchia. Ognuno si converta a Dio e cambi vita. L'olio ha dei passaggi segreti, arriva per sentieri nascosti. Altri si fa beffe, deride, bestemmia, schiamazza per le piazze: questa è la morchia che defluisce. Intanto il padrone del torchio non smette di lavorare attraverso i suoi operai, ossia attraverso i suoi angeli santi. Egli conosce il suo olio, conosce che cosa deve raccogliere, quale pressione occorre perché defluisca. Il Signore infatti conosce quei che son suoi 44. Tenetevi lontani dalla morchia; essa si vede bene, è scura. Il Signore conosce quei che son suoi. Siate olio, tenetevi lontani dalla morchia. Si allontanino da ogni malvagità tutti coloro che invocano il nome del Signore. Non concepite odii, oppure finiteli subito. Non sono le predette sventure che fanno paura. Tu hai paura del terremoto? Hai paura del fremito del cielo? Hai paura della guerra? Però dovresti aver paura anche della febbre. Per solito, quando di quelle cose grandi si ha paura, esse non vengono, e da un fianco invece scappa fuori una febbriciattola, e ti porta via. E dopo, se quel giudice ti vede come uno che egli non conosce, come uno di quelli cui dovrà dire: Non vi conosco, andate via da me 45, dopo che si fa? Dove si andrà? Dove si batterà la testa? Dove si troverà modo per riparare l'esistenza? Chi ci permetterà di vivere ancora e di rattoppare il male che si è fatto? È finito. Siete venuti veramente in pochi, però, se avete capito tutti, siete già molti. Non vi induca a sbagliare chi sbaglia, perché non vi inganna colui che mai sbaglia.

 

1 - Cf. Sal 50, 11.

2 - Sal 50, 5

3 - Sal 26, 9.

4 - Sal 50, 11.

5 - Sal 50, 5.

6 - Sal 50, 5.

7 - Sal 4, 5.

8 - Cf. Sal 50, 19.

9 - Sal 50, 18.

10 - Sal 50, 19.

11 - Cf. Gn 32, 13.

12 - Cf. Gn 22, 12.

13 - Cf. Gn 22, 6.

14 - Cf. Gv 19, 17.

15 - Cf. Gn 22, 13.

16 - Cf. Mt 27, 29; Mc 15, 17; Gv 19, 2.

17 - Gv 1, 29.

18 - Cf. Rm 8, 3.

19 - Ct 2, 17.

20 - 1 Tm 2, 5.

21 - 2 Cor 4, 13; Sal 115, 10.

22 - Sal 115, 10.

23 - Sal 50, 18.

24 - Sal 50, 19.

25 - Sal 50, 12.

26 - Cf. 1 Gv 1, 8.

27 - Cf. Qo 7, 30.

28 - Sal 72, 1.

29 - Sal 72, 2.

30 - Sal 72, 3.

31 - Sal 67, 21.

32 - Cf. Sal 72, 3.

33 - Sal 72, 12-14.

34 - Cf. Sal 72, 2.

35 - Sal 72, 11.

36 - Sal 72, 25.

37 - Cf. Sal 72, 2.

38 - Cf. Sal 72, 1.

39 - Sal 72, 25.

40 - Is 64, 4.

41 - Cf. Lc 16, 22.

42 - Sal 72, 25.

43 - Cf. Gc 4, 15.

44 - 2 Tm 2, 19.

45 - Mt 25, 12; Lc 13, 27.


12 - Con lo sviluppo del genere umano si moltiplicarono sia le preghiere dei giusti per la venuta del Messia sia i peccati.

La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda

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163. Mentre aumentava di gran numero la discendenza e la stirpe di Adamo, si moltiplicavano i giusti e gli ingiusti, le preghiere dei santi per il Redentore e i delitti dei peccatori immeritevoli di questo beneficio. Il popolo di Dio e la gloria del Verbo che doveva incarnarsi erano già deliberati e la divina volontà operava per la venuta del Messia. Il regno del peccato, nei figli della perdizione, aveva esteso la sua malizia quasi completamente, ma era giunto il tempo opportuno del rimedio. Erano aumentati la gloria e i meriti dei giusti: i Profeti e i santi Padri, illuminati dalla luce divina, ravvisavano la salvezza e la presenza del loro Redentore. Per questo moltiplicavano le loro preghiere, chiedendo a Dio che finalmente si adempissero le profezie e le promesse fatte al suo popolo. Al trono della divina misericordia mostravano la tediosa e lunga notte trascorsa nelle tenebre del peccato dopo la creazione del primo uomo, oltre alla cecità causata dall'idolatria in cui era sprofondato tutto il resto del genere umano.

164. L'antico serpente aveva contagiato tutta la terra e sembrava godere tranquillamente del possesso degli esseri umani. Gli uomini, allontanando lo sguardo dalla luce della stessa ragione naturale o da quella derivante dall'antica legge scritta, invece di cercare il Dio vero, se ne creavano molti falsi, ciascuno a proprio gusto, senza accorgersi di quanto la confusione di tante divinità ripugnava alla perfezione, all'ordine, alla quiete. Questi errori erano diventati un tutt'uno con la malizia, l'ignoranza e la dimenticanza del Dio vero e nessuno rifletteva sull'infermità e sul torpore mortale che si pativa nel mondo, tanto che neppure i poveri afflitti supplicavano per chiedere rimedio a tutto ciò. Regnava la superbia, il numero degli stolti era incalcolabile e l'arroganza di Lucifero pretendeva di ingoiare le acque pure del Giordano.

A causa di queste ingiurie, Dio si vedeva più offeso e meno legato agli uomini, e la giustizia, sua prerogativa, avvallava i motivi per cui annientare tutto il creato facendolo ritornare al suo antico non essere.

165. Allora l'Altissimo, parlando in termini umani, si ricordò della sua misericordia: inclinando il piatto della bilancia della sua incomprensibile giustizia con la legge della clemenza, volle dare maggior peso alla sua bontà, alle suppliche e alle opere dei giusti e dei Profeti del suo popolo, che alla malvagità e alle offese di tutto il resto dei peccatori. Così in quella ingrata e noiosa notte della legge antica deliberò di dare sicure garanzie col giorno della grazia, inviando nel mondo due fulgide luci che annunciassero lo splendore, già vicino, del sole di giustizia, Cristo nostra salvezza. Queste furono san Gioacchino e sant'Anna, pensati e creati dalla divina volontà affinché fossero secondo il suo cuore. San Gioacchino aveva una casa, una famiglia e dei parenti a Nazaret, città della Galilea. Egli fu sempre uomo giusto e santo, illuminato con particolare grazia e luce. Comprendeva molti misteri delle Scritture e degli antichi Profeti; con incessante e fervorosa preghiera chiedeva a Dio l'adempimento delle sue promesse. La sua fede e la sua carità penetravano i cieli. Era uomo molto umile e puro, di santa condotta e grande sincerità, ma assai forte e severo, di incomparabile dignità e onestà.

166. Sant'Anna aveva la sua casa a Betlemme. Era una giovane innocente, umile e bella, e, fin dalla sua fanciullezza, santa, composta e ricolma di ogni virtù. Godeva di grandi e continue mamfestazioni dell'Altissimo e abbandonava il suo cuore alla contemplazione. Era, nello stesso tempo, orante e laboriosa, così che giunse alla pienezza della perfezione delle due forme di vita: attiva e contemplativa. Conosceva le divine Scritture per scienza infusa, comprendendo profondamente i loro misteri nascosti; fu. anche incomparabile nelle virtù della fede, della speranza e della carità. Favorita da questi doni, pregava incessantemente per la venuta del Messia e le sue preghiere furono accette al Signore, tanto che, in modo singolare, egli le rispose che gli aveva rapito il cuore. Con ciò è fuori dubbio che i meriti di sant'Anna, tra i santi dell'Antico Testamento, furono determinanti per accelerare la venuta del Verbo.

167. Questa donna pregò con grande fervore affinché l'Altissimo le desse uno sposo che la aiutasse nell'osservanza della divina legge per essere perfetta nell'adempimento dei suoi precetti. Nel momento in cui sant'Anna chiedeva questo al Signore, egli dispose che anche san Gioacchino facesse la stessa preghiera, cosicché queste due richieste fossero presentate al tribunale della beatissima Trinità, dove furono ascoltate ed esaudite. Per ordine divino si stabilì che Gioacchino ed Anna si sposassero e fossero i genitori di colei che doveva essere la Madre di Dio. Fu inviato l'arcangelo Gabriele affinché manifestasse ad entrambi la volontà divina. A sant'Anna apparve corporalmente, mentre pregava con grande fervore, chiedendo la venuta del Salvatore del mondo e la liberazione degli uomini. Ella vide l'angelo d'immensa bellezza e fulgore, tanto che causò in lei timore e tremore con gioia interiore e luce dello spirito. Sant'Anna si prostrò con profonda umiltà in rispetto al messaggero del cielo, ma egli la trattenne e la confortò, perché doveva generare l'arca della vera manna, Maria santissima, Madre del Verbo eterno. L'arcangelo Gabriele, quando fu inviato a portare questo annuncio, conosceva già il mistero del Signore e la grazia in esso contenuta, benché gli altri angeli del cielo lo ignorassero, perché solo a lui fu fatta questa rivelazione direttamente dal Signore. Non rivelò, però, completamente, a sant'Anna questo grande mistero, ma le chiese attenzione dicendole:

«L'Altissimo ti benedica, o sua serva, e sia la tua salvezza. Dio ha udito le tue preghiere e desidera che tu perseveri in esse chiedendo la venuta dei Salvatore. È suo volere, anche, che tu prenda come sposo Gioacchino, uomo retto di cuore e gradito ai suoi occhi; con lui potrai perseverare nell'osservanza della legge divina e nel suo servizio. Continua le tue preghiere e suppliche, senz'altra preoccupazione, perché il Signore stesso disporrà poi come avverrà tutto questo. Tu intanto cammina per i retti sentieri della giustizia: il tuo cuore sia sempre rivolto al cielo e rimani in attesa della venuta del Messia; rallegrati nel Signore che è la tua salvezza». Detto ciò, l'angelo si sottrasse alla sua vista lasciandola nella luce di molti misteri delle Scritture, confortata e rinnovata nello spirito.

168. A Gioacchino l'angelo non apparve e non parlò di persona come a sant'Anna, ma l'uomo di Dio udì in sogno queste parole: «Gioacchino, sii benedetto dalla divina destra dell'Altissimo, persevera nei tuoi desideri, vivi con rettitudine e cammina verso la perfezione. Il Signore vuole che tu prenda come tua sposa Anna, alla quale egli ha dato la sua benedizione. Abbi cura di lei, stimala come pegno dell'Altissimo e ringrazialo per averla affidata a te». Dopo questo fatto Gioacchino chiese immediatamente in sposa la giovane Anna. Uniti in matrimonio, ubbidirono alla disposizione divina, senza che l'uno manifestasse all'altra il segreto se non dopo che furono trascorsi alcuni anni; ma di questo parlerò in seguito. I due santi sposi vissero a Nazaret procedendo custoditi dal Signore. Le loro opere furono pienezza di virtù perché compiute con rettitudine e sincerità; per questo si resero assai graditi e accetti all'Altissimo senza timore. Dei guadagni e dei profitti dei loro averi ogni anno facevano tre parti. La prima era l'offerta per il Signore nel tempio di Gerusalemme, la seconda veniva distribuita ai poveri, la terza serviva per il mantenimento della vita familiare. Dio accresceva loro i beni temporali, perché li distribuivano con tanta generosità e carità.

169. Essi vivevano senza violare la pace, nella concordia, senza accuse e litigi di sorta. Anna, donna umile, era in tutto soggetta e abbandonata alla volontà di Gioacchino; l'uomo di Dio, da parte sua, imitando devotamente l'umiltà della sua sposa, si preoccupava di prevenire e indovinare le sue intenzioni e, confidando in lei, non fu mai deluso. Vissero in perfetto amore tanto che in tutta la loro vita non ebbero mai un dissenso, poiché vollero sempre venirsi incontro nei loro desideri. Poiché erano uniti nel nome del Signore, l'Altissimo stava in mezzo a loro con il suo amore premuroso. San Gioacchino poi adempì il comandamento dell'angelo di rispettare la sua sposa e di avere cura di lei.

170. Il Signore favorì sant'Anna con larghe benedizioni, concedendole dei doni altissimi di grazia e di scienza infusa che la disponessero alla felice sorte che l'attendeva, cioè esser madre della Madre di Dio. Essendo le opere dell'Altissimo compiutamente perfette, fu conseguente il fatto che egli la rendesse degna di diventare la madre di quella creatura che, in purezza e santità, doveva essere superiore a tutto il creato e inferiore solo a Dio.

171. Questi santi coniugi trascorsero venti anni senza poter avere figli, cosa che, a quel tempo e secondo la cultura di quel popolo, era considerata una sventura. Da parte dei vicini e conoscenti dovettero patire vergogna e disprezzo, considerandosi esclusi dal partecipare alla venuta del Messia che speravano. Ma l'Altissimo, che permise questa umiliazione come prova per predisporli alla grazia che aveva preparato, concesse loro pazienza e fedeltà, affinché seminassero, con lacrime e preghiere, il felice frutto che avrebbero poi raccolto. Fecero grandi suppliche dal profondo del loro cuore, secondo quanto era stato loro comandato dall'alto; al Signore espressero il voto che, se avesse dato loro dei figli, avrebbero consacrato al suo servizio, nel tempio, il frutto della benedizione ricevuta.

172. Questo voto fu espletato sotto uno speciale impulso dello Spirito Santo. Così egli dispose che colei la quale doveva essere la dimora dell'unigenito Figlio di Dio, prima ancora di essere concepita, fosse offerta e affidata dai suoi genitori allo stesso Signore. Se loro prima di conoscerla e crescerla non si fossero impegnati con speciale voto di offrirla al tempio, notando poi la sua amabilità e dolcezza, non avrebbero potuto espletarlo con tanta sollecitudine per il grande amore che le avrebbero portato. A nostro modo di intendere, fu grazie a questo voto che il Signore placò la sua gelosia dovuta al fatto che la sua Madre santissima sarebbe nata da altri, consolandosi, in vista di tale offerta, nell'attesa di crearla.

173. Per un anno intero, da quando il Signore comandò loro di invocarlo, perseverarono con appassionate preghiere, finché avvenne che san Gioacchino, per ispirazione divina, andò al tempio di Gerusalemme per offrire suppliche e sacrifici per la venuta del Messia e perché venissero esauditi i suoi desideri. Trovandosi l'anziano e venerabile Gioacchino con altri del suo popolo ad offrire i soliti doni e le offerte dinanzi al sommo sacerdote, Isaccar, altro ministro del culto di rango inferiore, lo riprese aspramente, perché, essendo sterile, faceva la sua offerta insieme agli altri. Tra le altre cose gli disse:

«Tu, o Gioacchino, cosa ti preoccupi di offrire essendo un uomo inutile? Allontanati da tutti e non irritare Dio con le tue offerte e i tuoi sacrifici, perché non sono a lui graditi». Il sant'uomo, offeso e confuso, con umiltà e amore si rivolse al Signore e gli disse: «Altissimo Signore e Dio eterno, per vostro ordine e volere io venni al tempio; ora chi sta nel vostro luogo mi disprezza. Sono i miei peccati che meritano questa ignominia, ma se da una parte l'accolgo per volere vostro, dall'altra non disprezzate l'opera delle vostre mani». San Gioacchino uscì dal tempio rattristato, sebbene interiormente nella pace e nella tranquillità, e si recò verso una casa di campagna che possedeva. Vi rimase alcuni giorni in solitudine e supplicò il Signore con questa preghiera:

174. «Altissimo Dio eterno, da cui dipende tutta la vita e la salvezza dell'uomo, prostrato al vostro cospetto vi supplico affinché voi, bontà infinita, possiate guardare la pena della mia anima e ascoltare le mie richieste e quelle della vostra serva Anna. Ai vostri occhi i nostri desideri sono palesi: se io non merito di essere esaudito, non vogliate disdegnare l'umile mia sposa. Signore, Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, antichi padri nostri, non nascondeteci la vostra pietà; non permettete, voi che siete padre, che io sia tra gli empi e tra coloro dei quali voi respingete le offerte, considerandomi inutile per il fatto che non mi concedete discendenti. Ricordatevi, o Signore, dei sacrifici e delle offerte dei vostri servi e Profeti, miei antichi padri; ricordatevi delle loro opere che furono gradite ai vostri occhi. Dal momento che volete che io, con fede, mi rivolga a voi, che siete potente e ricco di misericordia, concedetemi quello che desidero e chiedo per voi, dato che nel mio domandare vi obbedisco e compio la vostra santa volontà. Se le mie colpe ritardano la vostra misericordia, allontanate da me ciò che non vi è gradito e vi trattiene. Voi siete potente, o Dio d'Israele, tutto quello che volete lo compite senza impedimento. Giungano ai vostri orecchi le mie preghiere: se io sono povero e misero, voi siete infinito e sempre pronto ad usare misericordia verso gli umiliati. E dove me ne andrò lontano da voi, che siete il Re dei re, il Signore dei signori, l'Onnipotente? Avete ricolmato di doni e benedizioni, per generazioni, i vostri figli e servi; a me insegnate a desiderare e attendere dalla vostra generosità quello che avete operato verso i miei fratelli. Se a voi piacerà concedermi ciò che vi domando, offrirò e consacrerò al servizio del vostro santo tempio il frutto della mia discendenza che riceverò dalla vostra mano. Ho affidato il mio cuore e la mia mente alla vostra volontà desiderando allontanare sempre i miei occhi dalla vanità. Fate di me, o Signore, ciò che a voi piace e rallegrate il nostro spirito esaudendo la nostra speranza. Guardate dal vostro trono questa umile polvere, che sono io, e sollevatela, affinché vi glorifichi, vi adori; in tutto io compia la vostra volontà e non la mia».

175. Questa fu la richiesta che Gioacchino fece nel luogo appartato. Nello stesso tempo l'angelo Gabriele rivelò a sant'Anna che sarebbe stata preghiera gradita all'Altissimo, se gli avesse richiesto una discendenza nei figli, con lo stesso amore e la stessa tensione con i quali li desiderava. Quando la santa donna seppe che questa era la volontà divina, e nel medesimo tempo quella del suo sposo, con umile disponibilità e fede si presentò al Signore, pregandolo come le era stato ordinato e disse: «Dio Altissimo, Signor mio, creatore e custode universale di tutte le cose, che la mia anima onora e adora come Dio vero, infinito, santo ed eterno, prostrata davanti a voi desidero parlarvi, benché sia polvere e cenere, per manifestarvi la mia necessità e afflizione. Signore Dio, voi che siete da sempre, fateci degni della vostra benedizione donandoci il frutto santo da offrire al vostro servizio nel tempio. Ricordatevi, o mio Signore, che la vostra serva Anna, madre di Samuele, era sterile, ma per la vostra grande misericordia il suo desiderio fu esaudito. Io sento nel mio cuore una forza che mi dà vigore e mi incoraggia a chiedervi di usare anche con me questa misericordia. Ascoltate, dunque, la mia umile preghiera, dolcissimo Signore e mio sovrano; ricordatevi dei favori, dei doni e dei sacrifici dei miei antichi Padri e dei prodigi che voi operaste in essi con la potenza del vostro braccio. Io, Signore, vorrei offrire un'oblazione a voi gradita e accetta, ma la più grande e la sola che è in mio potere è la mia anima, la forza e i sentimenti ricevuti da voi e tutto ciò che sono. Se guardandomi dal vostro trono mi vorrete donare dei figli, fin da ora li consacro e li offro perché vi servano nel tempio. Signore, Dio d'Israele, se è vostra volontà e beneplacito volgere lo sguardo a questa vile e povera creatura e consolare il vostro servo Gioacchino, concedetemi di farvi questa domanda; in tutto si compia la vostra volontà santa ed eterna».

176. Queste furono le richieste che fecero san Gioacchino e sant'Anna. Pur essendo stata illuminata su di esse e sull'incomparabile santità di questi felici padri, non posso, per mia grande inadeguatezza e incapacità, esprimere tutto quello che ho appreso e sentito, né posso riferire tutto. Non è necessario del resto, essendo già sufficiente per il mio scopo quello che ho detto. Per avere un ampio concetto di questi santi conviene confrontarli col nobile fine per cui furono scelti da Dio, che fu quello di essere progenitori diretti di Cristo Signore nostro e genitori della sua Madre santissima.


AMATE MIA MADRE A.N.A. 130

Catalina Rivas


Gesù
Ama Mia Madre, parola dolcissima, gioia ineffabile nel cuore umano, deliziosa ambrosia sulle labbra, armonia graditissima per le orecchie di chi La segue. Benedetti voi, che siete stati costituiti figli della Regina dei cieli e della terra: Mia Madre.