Liturgia delle Ore - Letture
Martedi della 14° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 8
1Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi.2Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.3Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo,4gli dicono: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio.5Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?".6Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra.7E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei".8E chinatosi di nuovo, scriveva per terra.9Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo.10Alzatosi allora Gesù le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?".11Ed essa rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù le disse: "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più".
12Di nuovo Gesù parlò loro: "Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita".
13Gli dissero allora i farisei: "Tu dai testimonianza di te stesso; la tua testimonianza non è vera".14Gesù rispose: "Anche se io rendo testimonianza di me stesso, la mia testimonianza è vera, perché so da dove vengo e dove vado. Voi invece non sapete da dove vengo o dove vado.15Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno.16E anche se giudico, il mio giudizio è vero, perché non sono solo, ma io e il Padre che mi ha mandato.17Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due persone è vera:18orbene, sono io che do testimonianza di me stesso, ma anche il Padre, che mi ha mandato, mi dà testimonianza".19Gli dissero allora: "Dov'è tuo padre?". Rispose Gesù: "Voi non conoscete né me né il Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio".20Queste parole Gesù le pronunziò nel luogo del tesoro mentre insegnava nel tempio. E nessuno lo arrestò, perché non era ancora giunta la sua ora.
21Di nuovo Gesù disse loro: "Io vado e voi mi cercherete, ma morirete nel vostro peccato. Dove vado io, voi non potete venire".22Dicevano allora i Giudei: "Forse si ucciderà, dal momento che dice: Dove vado io, voi non potete venire?".23E diceva loro: "Voi siete di quaggiù, io sono di lassù; voi siete di questo mondo, io non sono di questo mondo.24Vi ho detto che morirete nei vostri peccati; se infatti non credete che io sono, morirete nei vostri peccati".25Gli dissero allora: "Tu chi sei?". Gesù disse loro: "Proprio ciò che vi dico.26Avrei molte cose da dire e da giudicare sul vostro conto; ma colui che mi ha mandato è veritiero, ed io dico al mondo le cose che ho udito da lui".27Non capirono che egli parlava loro del Padre.28Disse allora Gesù: "Quando avrete innalzato il Figlio dell'uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre, così io parlo.29Colui che mi ha mandato è con me e non mi ha lasciato solo perché io faccio sempre le cose che gli sono gradite".30A queste sue parole, molti credettero in lui.
31Gesù allora disse a quei Giudei che avevano creduto in lui: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli;32conoscerete la verità e la verità vi farà liberi".33Gli risposero: "Noi siamo discendenza di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi tu dire: Diventerete liberi?".34Gesù rispose: "In verità, in verità vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato.35Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre;36se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero.37So che siete discendenza di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova posto in voi.38Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro!".39Gli risposero: "Il nostro padre è Abramo". Rispose Gesù: "Se siete figli di Abramo, fate le opere di Abramo!40Ora invece cercate di uccidere me, che vi ho detto la verità udita da Dio; questo, Abramo non l'ha fatto.41Voi fate le opere del padre vostro". Gli risposero: "Noi non siamo nati da prostituzione, noi abbiamo un solo Padre, Dio!".42Disse loro Gesù: "Se Dio fosse vostro Padre, certo mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato.43Perché non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alle mie parole,44voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna.45A me, invece, voi non credete, perché dico la verità.46Chi di voi può convincermi di peccato? Se dico la verità, perché non mi credete?47Chi è da Dio ascolta le parole di Dio: per questo voi non le ascoltate, perché non siete da Dio".
48Gli risposero i Giudei: "Non diciamo con ragione noi che sei un Samaritano e hai un demonio?".49Rispose Gesù: "Io non ho un demonio, ma onoro il Padre mio e voi mi disonorate.50Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca e giudica.51In verità, in verità vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà mai la morte".52Gli dissero i Giudei: "Ora sappiamo che hai un demonio. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: "Chi osserva la mia parola non conoscerà mai la morte".53Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti; chi pretendi di essere?".54Rispose Gesù: "Se io glorificassi me stesso, la mia gloria non sarebbe nulla; chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: "È nostro Dio!",55e non lo conoscete. Io invece lo conosco. E se dicessi che non lo conosco, sarei come voi, un mentitore; ma lo conosco e osservo la sua parola.56Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e se ne rallegrò".57Gli dissero allora i Giudei: "Non hai ancora cinquant'anni e hai visto Abramo?".58Rispose loro Gesù: "In verità, in verità vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono".59Allora raccolsero pietre per scagliarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Esodo 5
1Dopo, Mosè e Aronne vennero dal Faraone e gli annunziarono: "Dice il Signore, il Dio d'Israele: Lascia partire il mio popolo perché mi celebri una festa nel deserto!".2Il faraone rispose: "Chi è il Signore, perché io debba ascoltare la sua voce per lasciar partire Israele? Non conosco il Signore e neppure lascerò partire Israele!".3Ripresero: "Il Dio degli Ebrei si è presentato a noi. Ci sia dunque concesso di partire per un viaggio di tre giorni nel deserto e celebrare un sacrificio al Signore, nostro Dio, perché non ci colpisca di peste o di spada!".4Il re di Egitto disse loro: "Perché, Mosè e Aronne, distogliete il popolo dai suoi lavori? Tornate ai vostri lavori!".5Il faraone aggiunse: "Ecco, ora sono numerosi più del popolo del paese, voi li vorreste far cessare dai lavori forzati!".
6In quel giorno il faraone diede questi ordini ai sorveglianti del popolo e ai suoi scribi: "7Non darete più la paglia al popolo per fabbricare i mattoni come facevate prima. Si procureranno da sé la paglia.8Però voi dovete esigere il numero di mattoni che facevano prima, senza ridurlo. Perché sono fannulloni; per questo protestano: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al nostro Dio!9Pesi dunque il lavoro su questi uomini e vi si trovino impegnati; non diano retta a parole false!".
10I sorveglianti del popolo e gli scribi uscirono e parlarono al popolo: "Ha ordinato il faraone: Io non vi dò più paglia.11Voi stessi andate a procurarvela dove ne troverete, ma non diminuisca il vostro lavoro".
12Il popolo si disperse in tutto il paese d'Egitto a raccattare stoppie da usare come paglia.13Ma i sorveglianti li sollecitavano dicendo: "Porterete a termine il vostro lavoro; ogni giorno il quantitativo giornaliero, come quando vi era la paglia".14Bastonarono gli scribi degli Israeliti, quelli che i sorveglianti del faraone avevano costituiti loro capi, dicendo: "Perché non avete portato a termine anche ieri e oggi, come prima, il vostro numero di mattoni?".
15Allora gli scribi degli Israeliti vennero dal faraone a reclamare, dicendo: "Perché tratti così i tuoi servi?16Paglia non vien data ai tuoi servi, ma i mattoni - ci si dice - fateli! Ed ecco i tuoi servi sono bastonati e la colpa è del tuo popolo!".17Rispose: "Fannulloni siete, fannulloni! Per questo dite: Vogliamo partire, dobbiamo sacrificare al Signore.18Ora andate, lavorate! Non vi sarà data paglia, ma voi darete lo stesso numero di mattoni".
19Gli scribi degli Israeliti si videro ridotti a mal partito, quando fu loro detto: "Non diminuirete affatto il numero giornaliero dei mattoni".20Quando, uscendo dalla presenza del faraone, incontrarono Mosè e Aronne che stavano ad aspettarli,21dissero loro: "Il Signore proceda contro di voi e giudichi; perché ci avete resi odiosi agli occhi del faraone e agli occhi dei suoi ministri, mettendo loro in mano la spada per ucciderci!".
22Allora Mosè si rivolse al Signore e disse: "Mio Signore, perché hai maltrattato questo popolo? Perché dunque mi hai inviato?23Da quando sono venuto dal faraone per parlargli in tuo nome, egli ha fatto del male a questo popolo e tu non hai per nulla liberato il tuo popolo!".
Siracide 41
1O morte, come è amaro il tuo pensiero
per l'uomo che vive sereno nella sua agiatezza,
per l'uomo senza assilli e fortunato in tutto,
ancora in grado di gustare il cibo!
2O morte, è gradita la tua sentenza
all'uomo indigente e privo di forze,
vecchio decrepito e preoccupato di tutto,
al ribelle che ha perduto la pazienza!
3Non temere la sentenza della morte,
ricòrdati dei tuoi predecessori e successori.
4Questo è il decreto del Signore per ogni uomo;
perché ribellarsi al volere dell'Altissimo?
Siano dieci, cento, mille anni;
negli inferi non ci sono recriminazioni sulla vita.
5Figli abominevoli sono i figli dei peccatori,
una stirpe empia è nella dimora dei malvagi.
6L'eredità dei figli dei peccatori andrà in rovina,
con la loro discendenza continuerà il disonore.
7Contro un padre empio imprecano i figli,
perché sono disprezzati a causa sua.
8Guai a voi, uomini empi,
che avete abbandonato la legge di Dio altissimo!
9Quando nascete, nascete per la maledizione;
quando morite, erediterete la maledizione.
10Quanto è dalla terra ritornerà alla terra,
così gli empi dalla maledizione alla distruzione.
11Il lutto degli uomini riguarda i loro cadaveri,
il nome non buono dei peccatori sarà cancellato.
12Abbi cura del nome, perché esso ti resterà
più di mille grandi tesori d'oro.
13I giorni di una vita felice sono contati,
ma un buon nome dura sempre.
14Figli, custodite l'istruzione in pace;
ma sapienza nascosta e tesoro invisibile,
l'una e l'altro a che servono?
15Meglio chi nasconde la sua stoltezza
di chi nasconde la sua sapienza.
16Pertanto provate vergogna in vista della mia parola,
perché non è bene arrossire per qualsiasi vergogna;
non tutti stimano secondo verità tutte le cose.
17Vergognatevi della prostituzione davanti al padre e
alla madre
della menzogna davanti a un capo e a un potente,
18del delitto davanti a un giudice e a un magistrato,
dell'empietà davanti all'assemblea del popolo,
19della slealtà davanti al compagno e all'amico,
del furto nell'ambiente in cui ti trovi,
20di venir meno al giuramento e all'alleanza,
di piegare i gomiti sul pane,
21del disprezzo di ciò che prendi o che ti è dato,
di non rispondere a quanti salutano,
22dello sguardo su una donna scostumata,
del rifiuto fatto a un parente,
23dell'appropriazione di eredità o donazione,
del desiderio per una donna sposata,
24della relazione con la sua schiava,
- non accostarti al suo letto -
25delle parole ingiuriose davanti agli amici
- dopo aver donato, non offendere -
26della ripetizione di quanto hai udito
e della rivelazione di notizie segrete.
27Allora sarai veramente pudico
e troverai grazia presso chiunque.
Salmi 147
1Alleluia.
Lodate il Signore:
è bello cantare al nostro Dio,
dolce è lodarlo come a lui conviene.
2Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.
3Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite;
4egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
5Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.
6Il Signore sostiene gli umili
ma abbassa fino a terra gli empi.
7Cantate al Signore un canto di grazie,
intonate sulla cetra inni al nostro Dio.
8Egli copre il cielo di nubi,
prepara la pioggia per la terra,
fa germogliare l'erba sui monti.
9Provvede il cibo al bestiame,
ai piccoli del corvo che gridano a lui.
10Non fa conto del vigore del cavallo,
non apprezza l'agile corsa dell'uomo.
11Il Signore si compiace di chi lo teme,
di chi spera nella sua grazia.
12Alleluia.
Glorifica il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion.
13Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
14Egli ha messo pace nei tuoi confini
e ti sazia con fior di frumento.
15Manda sulla terra la sua parola,
il suo messaggio corre veloce.
16Fa scendere la neve come lana,
come polvere sparge la brina.
17Getta come briciole la grandine,
di fronte al suo gelo chi resiste?
18Manda una sua parola ed ecco si scioglie,
fa soffiare il vento e scorrono le acque.
19Annunzia a Giacobbe la sua parola,
le sue leggi e i suoi decreti a Israele.
20Così non ha fatto con nessun altro popolo,
non ha manifestato ad altri i suoi precetti.
Alleluia.
Geremia 4
1"Se vuoi ritornare, o Israele - dice il Signore -
a me dovrai ritornare.
Se rigetterai i tuoi abomini,
non dovrai più vagare lontano da me.
2Il tuo giuramento sarà: Per la vita del Signore,
con verità, rettitudine e giustizia.
Allora i popoli si diranno benedetti da te
e di te si vanteranno".
3Dice il Signore
agli uomini di Giuda e a Gerusalemme:
"Dissodatevi un terreno incolto
e non seminate fra le spine.
4Circoncidetevi per il Signore,
circoncidete il vostro cuore,
uomini di Giuda e abitanti di Gerusalemme,
perché la mia ira non divampi come fuoco
e non bruci senza che alcuno la possa spegnere,
a causa delle vostre azioni perverse.
5Annunziatelo in Giuda,
fatelo udire a Gerusalemme;
suonate la tromba nel paese,
gridate a piena voce e dite:
Radunatevi ed entriamo
nelle città fortificate.
6Alzate un segnale verso Sion;
fuggite, non indugiate,
perché io mando da settentrione una sventura
e una grande rovina.
7Il leone è balzato dalla boscaglia,
il distruttore di nazioni
si è mosso dalla sua dimora
per ridurre la tua terra a una desolazione:
le tue città saranno distrutte,
non vi rimarranno abitanti.
8Per questo vestitevi di sacco,
lamentatevi e alzate grida,
perché non si è allontanata
l'ira ardente del Signore da noi.
9E in quel giorno
- dice il Signore -
verrà meno il coraggio del re
e il coraggio dei capi;
i sacerdoti saranno costernati
e i profeti resteranno stupiti.
10Essi diranno: Ah, Signore Dio,
hai dunque del tutto ingannato
questo popolo e Gerusalemme,
quando dicevi: Voi avrete pace,
mentre una spada giunge fino alla gola".
11In quel tempo si dirà:
a questo popolo e a Gerusalemme:
"Il vento ardente delle dune soffia dal deserto
verso la figlia del mio popolo,
non per vagliare, né per mondare il grano.
12Un vento minaccioso si alza al mio ordine.
Ora, anch'io voglio pronunziare
contro di essi la condanna".
13Ecco, egli sale come nubi
e come un turbine sono i suoi carri,
i suoi cavalli sono più veloci delle aquile.
Guai a noi che siamo perduti!
14Purifica il tuo cuore dalla malvagità, Gerusalemme,
perché possa uscirne salva.
Fino a quando albergheranno in te
pensieri d'iniquità?
15Ecco, una voce reca la notizia da Dan,
si annunzia la sventura dalle montagne di Efraim.
16Annunziatelo alle genti,
fatelo sapere a Gerusalemme.
Gli assedianti vengono da una terra lontana,
mandano urla contro le città di Giuda.
17Come custodi d'un campo l'anno circondata,
perché si è ribellata contro di me. Oracolo del Signore.
18La tua condotta e le tue azioni
ti hanno causato tutto ciò.
Questo il guadagno della tua malvagità; com'è amaro!
Ora ti penetra fino al cuore.
19Le mie viscere, le mie viscere! Sono straziato.
Le pareti del mio cuore!
Il cuore mi batte forte;
non riesco a tacere,
perché ho udito uno squillo di tromba,
un fragore di guerra.
20Si annunzia rovina sopra rovina:
tutto il paese è devastato.
A un tratto sono distrutte le mie tende,
in un attimo i miei padiglioni.
21Fino a quando dovrò vedere segnali
e udire squilli di tromba?
22"Stolto è il mio popolo:
non mi conoscono,
sono figli insipienti,
senza intelligenza;
sono esperti nel fare il male,
ma non sanno compiere il bene".
23Guardai la terra ed ecco solitudine e vuoto,
i cieli, e non v'era luce.
24Guardai i monti ed ecco tremavano
e tutti i colli ondeggiavano.
25Guardai ed ecco non c'era nessuno
e tutti gli uccelli dell'aria erano volati via.
26Guardai ed ecco la terra fertile era un deserto
e tutte le sue città erano state distrutte
dal Signore e dalla sua ira ardente.
27Poiché dice il Signore:
"Devastato sarà tutto il paese;
io compirò uno sterminio.
28Pertanto la terra sarà in lutto
e i cieli lassù si oscureranno,
perché io l'ho detto e non me ne pento,
l'ho stabilito e non ritratterò".
29Per lo strepito di cavalieri e di arcieri
ogni città è in fuga,
vanno nella folta boscaglia
e salgono sulle rupi.
Ogni città è abbandonata,
non c'è rimasto un sol uomo.
30E tu, devastata, che farai?
Anche se ti vestissi di scarlatto,
ti adornassi di fregi d'oro
e ti facessi gli occhi grandi con il bistro,
invano ti faresti bella.
I tuoi amanti ti disprezzano;
essi vogliono la tua vita.
31Sento un grido come di donna nei dolori,
un urlo come di donna al primo parto,
è il grido della figlia di Sion,
che spasima e tende le mani:
"Guai a me! Sono affranta,
affranta per tutti gli uccisi".
Seconda lettera ai Corinzi 6
1E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.2Egli dice infatti:
'Al momento favorevole ti ho esaudito
e nel giorno della salvezza ti ho soccorso'.
Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
3Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga biasimato il nostro ministero;4ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce,5nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni;6con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero;7con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra;8nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri;9sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte;10afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!
11La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi.12Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto.13Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!
14Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre?15Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele?16Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
'Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò
e sarò il loro Dio,
ed essi saranno il mio popolo.'
17Perciò 'uscite di mezzo a loro
e riparatevi, dice il Signore,
non toccate nulla d'impuro.
E io vi accoglierò',
18e 'sarò' per voi 'come un padre,
e' voi 'mi' sarete 'come figli' e figlie,
'dice il Signore onnipotente'.
Capitolo VII: Proteggere la grazia sotto la salvaguardia dell’umiltà
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, è per te cosa assai utile e sicura tenere nascosta la grazia della devozione; non insuperbirne, non continuare a parlarne e neppure a ripensarci molto. Disprezza, invece, temendo questa grazia come data a uno che non ne era degno. Non devi attaccarti troppo forte a un tale slancio devoto, che subitamente può trasformarsi in un sentimento contrario. Nel tempo della grazia ripensa a quanto, di solito, sei misero e povero senza la grazia. Un progresso nella vita spirituale non lo avrai raggiunto quando avrai avuto la grazia della consolazione, ma quando, con umiltà, abnegazione e pazienza, avrai saputo sopportare che essa ti sia tolta. Cosicché, neppure allora, tu sia pigro nell'amore alla preghiera o lasci cadere del tutto le abituali opere di pietà; anzi, tu faccia volenterosamente tutto quanto è in te, come meglio potrai e saprai, senza lasciarti andare del tutto a causa dell'aridità e dell'ansietà spirituale che senti.
2. Molti, non appena accade qualcosa di male, si fanno tosto impazienti e perdono la buona volontà. Ma le vie dell'uomo non dipendono sempre da lui. E' Dio che può dare e consolare, quando vuole e quanto vuole e a chi egli vuole; nella misura che gli piacerà e non di più. Molti, poi, fattisi arditi per il fatto che sentivano la grazia della devozione, procurarono la loro rovina: essi vollero fare di più di quanto era nelle loro possibilità, non considerando la propria pochezza e seguendo l'impulso del cuore piuttosto che il giudizio della ragione. Presunsero di poter fare più di quello che era nella volontà di Dio; perciò d'un tratto persero la grazia. Essi, che avevano posto il loro nido nel cielo, restarono a mani vuote, abbandonati alla loro miseria; cosicché, umiliati e spogliati, imparassero, a non volare con le loro ali, ma a star sotto le mie ali, nella speranza. Coloro che sono ancora novellini e inesperti nella via del Signore facilmente si ingannano e cadono, se non si attaccano al consiglio di persone elette. E se vogliono seguire quello che loro sembra giusto, anziché affidarsi ad altri più esperti, finiranno male, a meno che non vogliano ritrarsi dal proprio interno. Coloro che si credono sapienti di per sé, di rado si lasciano umilmente guidare da altri. Sennonché uno scarso sapere e una modesta capacità di comprendere, accompagnati dall'umiltà, valgono di più di un gran tesoro di scienza, accompagnato dal vuoto compiacimento di sé. E' meglio per te avere poco, piuttosto che molto; del molto potresti insuperbire.
Non agisce con sufficiente saggezza colui che, avendo la grazia, si dà interamente alla gioia, senza pensare alla sua miseria di prima e alla purezza che si deve aver nel timore di Dio; timore cioè di perdere quella grazia che gli era stata data. Così non dimostra di avere sufficiente virtù colui che, al momento dell'avversità o in altra circostanza che lo opprima, si dispera eccessivamente e concepisce, nei confronti, pensieri e sentimenti di fiducia meno piena di quanto mi si dovrebbe. Al momento della lotta, si troverà spesso estremamente abbattuto e pieno di paura proprio colui che, in tempo di quiete, avrà voluto essere troppo sicuro. Se tu, invece, riuscissi a restare umile e piccolo in te stesso, e a ben governare e dirigere il tuo spirito non cadresti così facilmente nel pericolo e nel peccato. Un buon consiglio è questo, che, quando hai nell'animo uno speciale ardore spirituale, tu consideri bene quello che potrà accadere se verrà meno tale luce interiore. Quando poi ciò accadesse, pensa che poi di nuovo possa tornare quella luce che per un certo tempo ti ha tolta, per tua sicurezza e per la mia gloria. Infatti, subire una simile prova è spesso a te più utile che godere stabilmente di una situazione tranquilla, secondo il tuo piacere. In verità i meriti non si valutano secondo questo criterio, che uno abbia frequenti visioni, o riceva particolari gioie interiori, o sia posto in un grado più alto. Ma piuttosto secondo questo criterio, che uno sia radicato nella vera umiltà e ripieno dell'amore divino; che ricerchi sempre soltanto e interamente di rendere gloria a Dio; che consideri se stesso un nulla; che si disprezzi veramente e preferisca perfino essere disprezzato ed umiliato dagli altri, anziché essere onorato.
Omelia 121: Non mi toccare!
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Maria Maddalena era andata a dire ai discepoli Pietro e Giovanni che il Signore era stato tolto dal sepolcro. Recatisi al sepolcro, essi avevano trovato soltanto le bende con le quali era stato avvolto il corpo di Gesù; e che altro essi poterono credere se non quanto Maria aveva detto ed essa stessa aveva creduto? I discepoli poi rientrarono a casa; cioè tornarono dove abitavano e da dove erano corsi al sepolcro. Maria invece si fermò vicino al sepolcro, fuori, in pianto. Tornati via gli uomini, il sesso più debole rimase legato a quel luogo da un affetto più forte. Gli occhi che avevano cercato il Signore e non lo avevano trovato, si empirono di lacrime, dolenti più per il fatto che il Signore era stato portato via dal sepolcro, che per essere stato ucciso sulla croce, perché ora di un tal maestro, la cui vita era stata loro sottratta, non rimaneva neppure la memoria. Era il dolore che teneva la donna avvinta al sepolcro. E mentre piangeva, si chinò e guardò dentro al sepolcro. Non so perché abbia fatto questo. Sapeva infatti che non c'era più quello che cercava, in quanto essa stessa era andata ad informare i discepoli che era stato portato via; ed essi erano venuti e, non solo guardando, ma anche entrando avevano cercato il corpo del Signore e non lo avevano trovato. Che cosa cerca dunque piangendo Maria Maddalena, chinandosi per guardare di nuovo nel sepolcro? Forse il troppo dolore le impediva di credere ai suoi occhi e a quelli degli altri? O non fu piuttosto una ispirazione divina che la spinse a guardare di nuovo? Essa dunque guardò, e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno al capo e l'altro ai piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Perché uno sedeva al capo e l'altro ai piedi? Forse, dato che angeli vuol dire messaggeri, volevano indicare, in questo modo, che il Vangelo di Cristo deve essere annunziato come da capo a piedi, dal principio alla fine? Ed essi le dicono: Donna, perché piangi? Risponde loro: Perché hanno portato via il mio Signore e non so dove l'hanno deposto (Gv 20, 10-13). Gli angeli non volevano che piangesse; e in questo modo, che altro annunziavano se non il gaudio futuro? Dicendo: Perché piangi?, era infatti come se volessero dire: Non piangere! Ma essa spiega il motivo delle sue lacrime, credendo che quelli non lo conoscessero. Hanno portato via - risponde - il mio Signore. Chiama suo Signore il corpo esanime del suo Signore, richiamandosi a tutto per indicare una parte, così come noi tutti confessiamo che Gesù Cristo unigenito di Dio e nostro Signore, che è Verbo e anima e corpo, fu crocifisso e fu sepolto, sebbene sia stato sepolto soltanto il suo corpo. E non so dove l'hanno deposto. Era questo per lei il motivo più grande di dolore: il non saper dove trovare conforto al suo dolore. Ma ormai era venuta l'ora in cui il pianto si sarebbe tramutato in gaudio, come in qualche modo le avevano annunziato gli angeli, dicendole di non piangere.
[La Chiesa proveniente dalle genti.]
2. Finalmente, detto questo si volta indietro e vede Gesù in piedi; ma non sapeva che era Gesù. Le dice Gesù: Donna, perché piangi? Chi cerchi? Ella, pensando che fosse il giardiniere, gli dice: Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove l'hai deposto ed io andrò a prenderlo. Gesù le dice: Maria! Voltandosi essa gli dice: Rabboni! che significa Maestro (Gv 20, 14-16). Non si rimproveri la donna per aver chiamato signore il giardiniere, e Maestro Gesù. Nel primo caso chiede un favore, nel secondo caso riconosce una persona; nel primo caso si mostra gentile con un uomo al quale chiede un favore; nel secondo caso esprime la sua devozione al Maestro che le ha insegnato a discernere le cose umane e quelle divine. Chiama signore uno di cui non è serva, intendendo arrivare, per suo mezzo, a colui che è veramente il suo Signore. Dicendo: Hanno portato via il mio Signore, usa il termine Signore in senso diverso da quello che usa quando dice: Signore, se l'hai portato via tu. Anche i profeti chiamavano signori quelli che erano soltanto degli uomini; ma ben altro era il senso che essi davano a questo termine quando dicevano: Signore è il suo nome (Sal 67, 5). Ma perché questa donna, che già si era voltata per guardare Gesù quando credeva che egli fosse il giardiniere e per parlare con lui, di nuovo, secondo il racconto dell'evangelista, si volta indietro per dirgli: Rabboni? Non è perché prima si era voltata soltanto col corpo e quindi lo aveva preso per quel che non era, mentre dopo si volta col cuore, e lo riconosce qual è in realtà?
3. Le dice Gesù: Non mi toccare, perché non sono ancora asceso al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Ascendo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro (Gv 20, 17). C'è in queste parole qualcosa che dobbiamo considerare, sia pur brevemente, con molta attenzione. Sì perché, con questa risposta, Gesù voleva insegnare la fede a quella donna che lo aveva riconosciuto e chiamato Maestro: voleva, da buon giardiniere, seminare nel cuore di lei, come in un campo, il granello di senape. Ma perché le dice: Non mi toccare e, quasi adducendo il motivo di questa proibizione, aggiunge: perché non sono ancora asceso al Padre? Che vuol dire? Se non lo si può toccare mentre sta ancora in terra, come sarà possibile quando egli sarà assiso in cielo? E, del resto, prima di ascendere al cielo, egli stesso invitò i suoi discepoli a toccarlo, come attesta l'evangelista Luca: Toccatemi e constatate: uno spirito non ha carne ed ossa, come vedete che ho io (Lc 24, 39), o quando disse al discepolo Tommaso: Poni qui il tuo dito, e vedi le mie mani; porgi la tua mano, e mettila sul mio costato (Gv 20, 27). Chi potrebbe poi essere tanto assurdo da sostenere che il Signore volle, sì, essere toccato dai discepoli prima di ascendere al Padre, ma non volle essere toccato dalle donne se non dopo essere asceso al Padre? Per quanto uno faccia, non riuscirà a provare simile cosa. Si legge infatti nel Vangelo che anche le donne, dopo la risurrezione, prima che egli ascendesse al Padre, toccarono Gesù, e tra queste donne era la stessa Maria Maddalena. E' Matteo che lo racconta: Ed ecco che Gesù venne loro incontro dicendo: Salute! Esse si avvicinarono, gli strinsero i piedi e si prostrarono dinanzi a lui (Mt 28, 9). Questo episodio è stato omesso da Giovanni, ma è attestato da Matteo. Non ci resta che ammettere che si nasconde qui un mistero; lo si scopra o no, è sicuro che c'è. Penso quindi che il Signore abbia detto a Maria Maddalena: Non mi toccare, perché non sono ancora asceso al Padre, o perché in quella donna era raffigurata la Chiesa proveniente dai gentili, che non credette in Cristo se non dopo che egli era asceso al Padre; o perché voleva che si credesse in lui, cioè che lo si toccasse spiritualmente, convinti che egli e il Padre sono una cosa sola. Di uno che ha progredito nella fede si può dire che nell'intimo del suo spirito egli è asceso al Padre, in quanto è giunto a riconoscere che il Figlio è uguale al Padre. Chi invece non è ancora arrivato a questo, non lo tocca in modo autentico, in quanto non crede in lui come dovrebbe. Maria forse credeva in lui, ritenendo tuttavia che egli non fosse uguale al Padre, e per questo egli la richiama dicendole: Non mi toccare, cioè non credere in me secondo l'idea che ancora hai di me; non limitarti a fermare la tua attenzione su ciò che io sono diventato per te, trascurando la mia natura divina per mezzo di cui tu sei stata fatta. Come si può dire che ella non era più attaccata a lui sensibilmente se ancora lo piangeva come fosse stato soltanto un uomo? Non sono ancora asceso - dice - al Padre mio: allora veramente mi toccherai quando avrai creduto che, come Dio, io non sono inferiore al Padre. Ma va' dai miei fratelli e di' loro: Ascendo al Padre mio e Padre vostro. Non dice: Ascendo al Padre nostro, volendo far notare che è suo Padre in un senso e nostro in un altro: suo per natura, nostro per grazia. Dio mio e Dio vostro. Anche qui non dice: Dio nostro, perché anche in questo caso Dio è mio in un senso e vostro in un altro: è Dio mio perché come uomo io sono soggetto a lui, è Dio vostro per cui io sono mediatore tra voi e lui.
4. Maria Maddalena va ad annunziare ai discepoli: Ho visto il Signore, e mi ha detto queste cose. La sera di quello stesso giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli, per paura dei Giudei, venne Gesù e si fermò in mezzo e disse loro: Pace a voi! E detto questo, mostrò le mani e il costato. I chiodi avevano trafitto le sue mani, la lancia gli aveva aperto il costato, ed erano rimaste le tracce delle ferite per guarire il cuore dei dubbiosi. E le porte chiuse non impedirono l'entrata di quel corpo in cui abitava la divinità. Colui che nascendo aveva lasciato intatta la verginità della madre, poté entrare nel cenacolo a porte chiuse. E i discepoli gioirono nel vedere il Signore. E Gesù disse loro di nuovo: Pace a voi (Gv 20, 18-21)! Rinnovando il saluto conferma il suo dono: cioè egli dona pace su pace, come era stato promesso per mezzo del profeta (Is 26, 3). Come il Padre ha mandato me, - aggiunge - così io mando voi. Già sapevamo che il Figlio è uguale al Padre; ma qui noi riconosciamo le parole del mediatore. Egli si presenta, infatti, come mediatore, in quanto dice: Egli ha mandato me e io mando voi. E detto questo, alitò su di loro e disse: Ricevete lo Spirito Santo. Alitando su di loro, vuol significare che lo Spirito Santo non è soltanto del Padre, ma anche suo. A chi rimetterete i peccati saranno rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti (Gv 20, 21-23). La carità, che per mezzo dello Spirito Santo viene riversata nei nostri cuori, rimette i peccati di coloro che fanno parte della comunità ecclesiale; ritiene invece i peccati di coloro che non ne fanno parte. E' per questo che conferì il potere di rimettere o di ritenere i peccati subito dopo aver detto: Ricevete lo Spirito Santo.
5. Tommaso, uno dei dodici, detto Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: Abbiamo veduto il Signore! Ma egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani il foro dei chiodi, e non metto la mia mano nel suo costato, non credo. Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa, e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, e si fermò nel mezzo, e disse: Pace a Voi! Poi dice a Tommaso: Poni qui il tuo dito, e vedi le mie mani; e porgi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere incredulo ma credente! Gli rispose Tommaso: Signore mio e Dio mio! Vedeva e toccava l'uomo, ma confessava Dio che non vedeva né toccava. Attraverso ciò che vedeva e toccava, rimosso ormai ogni dubbio, credette in ciò che non vedeva. Gesù gli dice: Hai creduto, perché mi hai veduto. Non gli dice: perché mi hai toccato, ma perché mi hai veduto; poiché la vista è come un senso che riassume tutti gli altri. Infatti nominando la vista siamo soliti intendere anche gli altri quattro sensi, come quando diciamo: Ascolta e vedi che soave melodia, aspira e vedi che buon odore, gusta e vedi che buon sapore, tocca e vedi come è caldo. Sempre si dice "vedi", anche se vedere è proprio degli occhi. E' così che il Signore stesso dice a Tommaso: Poni qui il tuo dito e vedi le mie mani. Gli dice: Tocca e vedi, anche se Tommaso non aveva certo gli occhi nelle dita. Dicendo: Hai creduto perché hai veduto, il Signore si riferisce sia al vedere che al toccare. Si potrebbe anche dire che il discepolo non osò toccarlo, sebbene il Signore lo invitasse a farlo. L'evangelista infatti non dice che Tommaso lo abbia toccato. Sia che lo abbia soltanto guardato, sia che lo abbia anche toccato, ha creduto perché ha veduto; e perciò il Signore esalta e loda, a preferenza, la fede dei popoli, dicendo: Beati quelli che pur non vedendo, avranno creduto! (Gv 20, 24-29). Usa il tempo passato, in quanto egli considera, nella predestinazione, come già avvenuto ciò che sarebbe avvenuto nel futuro. Ma questo discorso si è già prolungato abbastanza; il Signore ci concederà di commentare il seguito in altra occasione.
13 - La cattura e la consegna del nostro Salvatore, dovute al tradimento di Giuda.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1223. Mentre il nostro salvatore Gesù si trovava presso l'orto degli
Ulivi, pregando il suo eterno Padre e sollecitando la salvezza di tutto
il genere umano, Giuda si affrettava a farlo catturare e a consegnarlo
ai sommi sacerdoti ed ai farisei. E poiché Lucifero con i suoi demoni
non poté dissuadere la perversa volontà del malvagio discepolo e degli
altri dall'intento di togliere la vita al loro Creatore e maestro, la
sua antica superbia mutò disegno, ed agendo con nuova malizia infuse
empie suggestioni nei giudei, affinché con maggior crudeltà e con
atrocissime ingiurie tormentassero Cristo. Il dragone - come si è detto
finora - già nutriva il pieno sospetto che quell'uomo così eccezionale
fosse il Messia e vero Dio. Per non rimanere in questo dubbio, cercava
allora nuove prove contro il Signore per mezzo di violenti insulti, che
riversò nell'immaginazione dei giudei e dei loro ministri, comunicando
ad essi la sua indicibile invidia. In quest'occasione tutto si adempì
conformemente a quanto lasciò scritto Salomone nel libro della Sapienza.
Il demonio, infatti, pensò che se Cristo non era Dio, ma semplice uomo,
avrebbe ceduto alla persecuzione ed ai tormenti, ed egli così lo
avrebbe vinto; se invece lo era, avrebbe manifestato la sua identità
liberandosi e operando nuovi prodigi.
1224. L'empia temerarietà di Lucifero accese ardentemente
l'invidia dei sommi sacerdoti e degli scribi. Essi adunarono rapidamente
una turba di gente e designando Giuda come capo condottiero lo
fornirono di un distaccamento di soldati gentili, di un tribuno e di
molti altri giudei, affinché tutti quanti andassero a prendere
l'innocentissimo Agnello. Sua Maestà stava proprio attendendo
quell'evento, leggendo i pensieri ed osservando i disegni dei sacrileghi
sommi sacerdoti, come aveva espressamente profetizzato Geremia. Quegli
esemplari di malvagità uscirono allora dalla città e si avviarono verso
il monte degli Ulivi con fiaccole accese e lanterne, armati e muniti di
funi e catene, come l'ideatore del tradimento aveva consigliato loro,
temendo nella perfidia e nella slealtà di cui era intriso che il suo
mansuetissimo Maestro, da lui reputato stregone e mago, operasse qualche
miracolo per sfuggirgli dalle mani. Di certo, contro la divina potenza
non sarebbero stati efficaci le armi e i preparativi degli uomini,
qualora il Signore avesse voluto far uso di essa, come avrebbe potuto e
come aveva fatto in altre occasioni prima di giungere a quell'ora
stabilita per consegnarsi di propria volontà alla passione, alle
ignominie ed alla morte di croce.
1225. Mentre quelli si avvicinavano, sua Maestà ritornò per
la terza volta dai suoi discepoli e, trovandoli di nuovo addormentati,
disse loro: «Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il
Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori. Alzatevi,
andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». Il Maestro della santità
disse queste parole ai tre apostoli prediletti, con somma pazienza,
mansuetudine e dolcezza. E quelli, trovandosi confusi, come dice il
sacro testo, non sapevano che cosa rispondergli. Subito si alzarono ed
il Salvatore con loro tre tornò ad unirsi agli altri otto, nel luogo
dove li aveva lasciati; ma trovò pure loro addormentati, vinti ed
oppressi dal sonno per la grande tristezza che soffrivano. Comandò
allora che tutti uniti sotto il loro Capo, in forma di congregazione e
di corpo mistico, andassero incontro ai nemici. In questo modo insegnava
loro la virtù che deve esercitare una comunità perfetta per vincere il
demonio e i suoi seguaci e non essere sopraffatta; difatti, una
cordicella a tre capi, come dice il libro del Qoèlet, non si rompe tanto
presto ed a colui che contro di uno è potente due potranno resistere:
questo è il vantaggio del vivere in compagnia di altri. Il Signore
ammonì di nuovo tutti gli apostoli e li avvertì su quanto stava per
accadere. E subito si sentì lo strepito dei soldati e degli anziani che
venivano a prenderlo. Sua Maestà avanzò di alcuni passi per andare loro
incontro, ed iniziando un intimo monologo con ammirevole affetto,
maestoso valore e suprema pietà disse: «Passione desiderata dall'anima
mia, dolori, piaghe, obbrobri, pene, afflizioni ed ignominiosa morte
venite ormai! Venite, venite presto, perché l'ardente amore che porto
agli uomini, per la loro salvezza, vi attende. Avvicinatevi
all'innocente fra tutte le creature, a chi conosce il vostro valore e vi
ha tanto cercato, desiderato e sollecitato, e vi riceve con gaudio e di
propria volontà: vi ho comprato con le mie brame di possedervi e vi
apprezzo per quanto meritate. Voglio riparare al disprezzo che di voi si
ha e nobilitarvi, elevandovi a dignità molto eminente. Venga la morte,
affinché io, accettandola senza meritarla, riporti il trionfo su di essa
e meriti la vita a coloro ai quali fu data per castigo del peccato.
Permetto che mi abbandonino i miei amici, perché io solo voglio e posso
entrare in battaglia, per guadagnare a tutti il trionfo e la vittoria».
1226. Mentre Gesù diceva queste ed altre parole, gli si
accostò per primo Giuda, dando a tutti quelli che lo avevano seguito il
segnale prestabilito: il Maestro era colui al quale si sarebbe
avvicinato per salutarlo, dandogli il finto bacio di pace, come era
solito fare. Quindi avrebbero potuto catturarlo subito, senza scambiarlo
per un altro. L'infelice discepolo prese tutte queste precauzioni non
solo per l'avidità del denaro e per l'odio che nutriva verso sua Maestà,
ma anche per il timore che aveva. Lo sciagurato reputò, infatti, che,
se Cristo non fosse morto, per lui sarebbe stato impossibile ritornare
alla sua presenza e stargli dinanzi. Temendo allora questa confusione
più della morte della sua anima e del suo divin Maestro, per non vedersi
in quello stato vergognoso, bramava di portare subito a compimento il
suo tradimento e far morire l'Autore della vita per mano dei suoi
nemici. Si avvicinò, dunque, il traditore al mansuetissimo Signore e,
come insigne artefice d'ipocrisia, dissimulando l'inimicizia, gli diede
un bacio sul viso e gli disse: «Dio ti salvi, Maestro». E con questo
perfido atto terminò l'istruzione del processo della perdizione di Giuda
che si giustificò senza più l'intervento di Dio, perché d'allora in poi
gli venissero sempre meno la grazia e gli aiuti divini. La sfrontatezza
e la temerarietà del malvagio discepolo giunsero fino al sommo grado
della malizia, perché egli negando interiormente, anzi misconoscendo, la
sapienza increata di Cristo nostro Signore riguardo alla conoscenza del
suo tradimento, e il potere che aveva di annichilirlo, pretese di
nascondere la sua malvagità con la finta amicizia di vero discepolo: e
ciò al fine di consegnare ad una morte tanto vergognosa e crudele il suo
Creatore e maestro, da cui aveva ricevuto grandi benefici e verso il
quale si trovava tanto obbligato. Questo tradimento fu il compendio di
tanti gravi peccati scaturiti da una malizia di calibro ineguagliabile:
egli fu infedele, omicida, sacrilego, ingrato, disumano, disubbidiente,
falso, mendace, avido, empio, antesignano di tutti gli ipocriti, e come
tale si comportò verso la persona del Dio incarnato.
1227. Da parte del Signore restarono sempre giustificate la
sua ineffabile misericordia e l'equità della sua giustizia, con cui
adempì eminentemente le parole di Davide: Troppo io ho dimorato con chi
detesta la pace. Io sono per la pace, ma quando ne parlo, essi vogliono
la guerra. Sua Maestà espletò ciò in modo così eccelso che
all'avvicinarsi di Giuda, con la dolcissima risposta che gli diede -
«Amico, per questo sei qui!» - e per intercessione della sua santissima
Madre, inviò al suo cuore una nuova illuminazione. Egli ebbe modo così
di conoscere l'atrocissima perversità del suo tradimento e le pene che
per essa lo aspettavano, se non si fosse ravveduto con una vera
penitenza che - se avesse voluto farla - gli avrebbe fatto ritrovare
misericordia e perdono nella divina clemenza. Queste parole di Cristo,
nostro bene, risuonarono nel cuore di Giuda come un'ammonizione che
possiamo formulare con l'espressione: «Amico, riconosci che ti perdi e
ti rendi inutile, con questo tradimento, la mia liberale mansuetudine.
Se vuoi la mia amicizia non te la negherò, appena sentirai il dolore del
tuo peccato. Considera la tua temerarietà nel tradirmi con un finto
gesto di pace, e con un bacio di falsa amicizia. Ricordati dei benefici
ricevuti dal mio amore; ricordati che sono figlio della Vergine, dalla
quale sei stato tanto vezzeggiato ed aiutato, durante il mio apostolato,
con gli avvertimenti e i consigli di madre amorosa. Per lei sola non
avresti dovuto commettere un tradimento tale qual è quello di vendere e
consegnare il Figlio suo: ella non ti offese mai, e la sua dolcissima
carità e la sua mansuetudine non meritano che tu commetta un oltraggio
così enorme. E sebbene tu lo abbia fatto, non disprezzare la sua
intercessione, poiché questa sola sarà potente presso di me, e per lei
io ti offro il perdono e la vita che per te molte volte ella mi ha
chiesto. Persuaditi che ti amiamo, e sappi che ti trovi ancora in un
luogo di speranza e che non ti negheremo la nostra amicizia, se tu lo
vorrai. Altrimenti meriterai il nostro disprezzo, il tuo castigo e la
tua eterna pena». Queste parole così sublimi non fecero presa sullo
sciagurato cuore dell'infelice discepolo, più duro di un diamante e più
disumano di una belva; egli opponendo resistenza alla divina clemenza
giunse a quella disperazione di cui parlerò nel capitolo seguente.
1228. Quando l'Autore della vita, che si trovava con i suoi
discepoli, fu baciato da Giuda, la truppa dei soldati, avuto il segno di
riconoscimento, si mosse per arrestarlo. Vennero a trovarsi faccia a
faccia, gli uni dirimpetto agli altri, come i due squadroni più opposti e
contrari che mai vi siano stati al mondo. Da una parte vi era Cristo,
nostro Signore, vero Dio e vero uomo, come capo di tutti i giusti,
accompagnato dagli undici apostoli, che erano e dovevano essere gli
uomini migliori e più valorosi della sua Chiesa; era assistito anche da
una innumerevole schiera di spiriti angelici che, meravigliati dello
spettacolo, lo benedivano ed adoravano. Dall'altra parte si faceva
avanti, seguito da molti gentili e dagli anziani giudei, Giuda, autore
del tradimento, armato d'ipocrisia e di ogni malvagità, pronto a
metterle in atto con ferocia. In questo squadrone avanzava anche, con un
gran numero di demoni, Lucifero, incitando ed addestrando Giuda e i
suoi alleati, perché intrepidi mettessero le sacrileghe mani addosso al
loro Creatore. Sua Maestà parlò ai soldati con grande coraggio ed
autorità e con una incredibile propensione al patire dicendo: «Chi
cercate?». Gli risposero: «Gesù, il Nazareno». Disse loro Gesù: «Sono
io!». In questa risposta d'incomparabile valore e felicità per il genere
umano, Cristo si dichiarò nostro salvatore, dandoci il pegno sicuro
della nostra redenzione e la ferma speranza dell'eterna salvezza, la
quale dipendeva solamente dall'offrirsi di propria volontà alla passione
e alla morte di croce.
1229. I nemici non poterono intendere tale mistero, né
capire il legittimo senso delle sue parole, ma lo compresero la sua
beatissima Madre, gli angeli e in gran parte anche gli apostoli. E fu
come quando l'Onnipotente disse al profeta Mosè: «Io sono colui che
sono!, perché sono da me stesso, e tutte le creature ricevono da me il
loro essere e la loro esistenza. Sono eterno, immenso, infinito, uno
nella sostanza e negli attributi, e mi sono fatto uomo nascondendo la
mia gloria per operare, per mezzo della passione e morte che mi volete
dare, la redenzione del mondo». Quando il Signore pronunziò quella
parola in virtù della sua divinità, i nemici non gli poterono resistere.
Entrata nelle loro orecchie, caddero tutti con la testa e col dorso a
terra; e non solo furono scaraventati i soldati, ma anche i cani che
conducevano ed alcuni cavalli che montavano: tutti caddero a terra,
restando immobili come pietre. Lucifero e i suoi demoni furono anch'essi
atterrati e rovesciati, patendo nuovamente confusione e tormento. In
questo stato rimasero quasi mezzo quarto d'ora, senza segno di vita,
come se fossero stati morti. Oh, misteriosa parola della sapienza
divina, più che invincibile nella potenza! Non si vanti alla tua
presenza il saggio della sua saggezza e della sua astuzia, e non si
vanti il forte della sua forza; si umilii la vanità e l'arroganza dei
figli di Babilonia, poiché una sola parola della bocca del Signore,
proferita con tanta mansuetudine ed umiltà, confonde, annienta e
distrugge tutto il potere degli uomini e dell'inferno. Comprendiamo,
figli della Chiesa, che le vittorie di Cristo si ottengono confessando
la verità, bandendo l'ira, praticando la sua mitezza e la sua umiltà di
cuore e vincendo con l'essere vinti, con semplicità di colombe, con la
quiete e la sottomissione delle pecorelle, senza la resistenza dei lupi
rabbiosi e sanguinari.
1230. Il nostro Salvatore, con gli undici apostoli, rimase
ad osservare l'effetto della sua divina parola nella rovina di quegli
uomini, esemplari di malvagità. Sua Maestà con viso addolorato vide
riflesso in essi il castigo dei reprobi, ed ascoltando l'intercessione
della sua dolcissima Madre li lasciò rialzare, poiché tutto questo aveva
disposto l'eterna volontà. E quando quelli ritornarono in sé, egli
pregò l'onnipotente Dio e disse: «Padre mio, nelle mie mani avete posto
tutte le cose, e nella mia volontà la redenzione umana che la vostra
giustizia vuole. Io intendo soddisfarla pienamente con tutto me stesso, e
consegnarmi alla morte per guadagnare ai miei fratelli la
partecipazione dei vostri tesori e l'eterna felicità che avete preparato
per loro». Con la forza di questa volontà l'Altissimo lasciò che tutta
quella canaglia di uomini, demoni ed altri animali si alzasse per
ritornare nello stato in cui si trovava prima di cascare a terra. E il
nostro Salvatore domandò loro per la seconda volta: «Chi cercate?».
Risposero: «Gesù, il Nazareno». Gesù replicò: «Vi ho detto che sono io.
Se dunque cercate me, lasciate che questi se ne vadano». Con queste
parole permise ai soldati che lo prendessero, ed eseguissero il suo
volere, incomprensibile ad essi: caricare sulla sua divina persona tutti
i nostri dolori e tutte le nostre sofferenze.
1231. Il primo uomo che villanamente avanzò per mettere le
mani addosso all'Autore della vita e catturarlo fu un servo dei sommi
sacerdoti, chiamato Malco. E benché tutti gli altri apostoli fossero
turbati ed afflitti dal timore, ciò non impedì a san Pietro di
accendersi tutto di zelo per onorare e difendere il suo divin Maestro.
Sfoderando una spada, tirò un colpo a Malco e gli recise un orecchio
troncandoglielo del tutto. La sferzata avrebbe causato una maggior
ferita se la provvidenza divina - del Maestro della pazienza e della
mansuetudine non l'avesse deviata. Sua Maestà non permise però che in
quell'occasione subentrassero la sofferenza o la morte di qualcun'altro
all'infuori delle sue, delle sue piaghe e del suo sangue, poiché egli
veniva a redimere tutto il genere umano, dando a tutti la vita eterna se
avessero voluto accettarla. Non rientrava, infatti, nella sua volontà e
nella sua dottrina che la sua persona fosse difesa con armi offensive, e
che restasse questo esempio nella sua Chiesa come modo primario per
difenderla. A conferma di tutto ciò e di quanto aveva insegnato, prese
l'orecchio reciso e lo restituì al servo Malco, rimettendoglielo al suo
posto perfettamente sano, anzi ancor meglio di prima. Gesù allora si
volse a riprendere san Pietro dicendogli: «Rimetti la tua spada nel
fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada per ferire
periranno di spada. Non vuoi che io beva il calice che mi ha dato mio
Padre? Pensi forse che io non gli possa domandare molte legioni di
angeli in mia difesa, e che egli non me le invierebbe subito? Ma come si
adempirebbero allora le Scritture e le profezie?».
1232. Da questa dolce correzione san Pietro fu illuminato
ed istruito per fondare e difendere la Chiesa, di cui era capo, con le
armi spirituali, poiché la legge del Vangelo non insegnava a combattere
né a vincere con armi materiali, ma con l'umiltà, la pazienza, la
mansuetudine e la perfetta carità, superando il demonio, il mondo e la
carne. Mediante queste vittorie la forza divina trionfa sui suoi nemici,
sulla potenza e sull'astuzia di questo mondo, dal momento che
difendersi e offendere con le armi non è dei seguaci di Cristo nostro
Signore, ma dei principi della terra bramosi di nuove conquiste: il
coltello della Chiesa deve essere quello spirituale, che tocchi le anime
anziché i corpi. Quindi Cristo nostro Signore si volse verso i suoi
nemici e i capi dei giudei e, parlando loro con grande autorevolezza,
disse: «Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per
catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare e
predicare, e non mi avete arrestato. Ma questa è la vostra ora, è
l'impero delle tenebre». Tutte le parole del nostro Salvatore,
specialmente quelle che proferì in occasione della sua passione e morte,
erano di notevole spessore per gli arcani misteri che racchiudevano, e
non è possibile comprenderle tutte né dichiararle.
1233. Questi uomini avvezzi al peccato con il rimprovero
del divin Maestro avrebbero ben potuto addolcirsi e confondersi, ma non
lo fecero, perché erano terra maledetta e sterile, priva della rugiada
delle virtù e della vera pietà. Tuttavia l'Autore della vita volle
riprenderli ed insegnar ad essi la verità, perché la loro perfidia fosse
meno scusabile, e alla presenza della somma santità e giustizia quel
peccato ed altri commessi non restassero senza ammonimento ed essi non
andassero via senza quella benefica medicina, se fossero stati disposti
ad accettarla. Inoltre questa riprensione sarebbe servita a far
conoscere che egli sapeva tutto quanto doveva succedere e che di sua
spontanea volontà si abbandonava alla morte, consegnandosi liberamente
nelle mani di coloro che gliela procuravano. Per tutto questo e per
altri altissimi fini, sua Maestà pronunciò quelle parole, parlando al
cuore di quegli uomini malvagi come colui che aveva la capacità di
penetrarlo e di scovare la loro malizia, l'odio che contro di lui
avevano concepito e la causa della loro invidia. Questa era stata
particolarmente scatenata dall'aver ripreso i vizi dei sacerdoti e dei
farisei, dall'aver insegnato al popolo la verità e il cammino della vita
eterna, dall'aver attirato con la sua dottrina, con il suo esempio e
con i suoi miracoli la volontà di tutti gli uomini umili e pii, e
dall'aver ricondotto molti peccatori alla sua amicizia e alla sua
grazia. Quindi era chiaro che colui che aveva il potere di operare
queste cose in pubblico l'avrebbe avuto anche per far sì che senza la
sua volontà non lo potessero prendere nel Getsèmani. Egli, infatti, non
aveva lasciato che lo prendessero nel tempio e nella città dove
predicava, non essendo arrivata l'ora stabilita dalla sua volontà per
dare il permesso agli uomini ed ai demoni. E proprio perché aveva loro
concesso in quel preciso momento di essere catturato, disprezzato,
afflitto e maltrattato disse: «Questa è la vostra ora, è l'impero delle
tenebre». E fu come se avesse detto loro: «Sinora è stato necessario che
io dimorassi con voi come maestro per vostro insegnamento, e perciò non
ho consentito che mi toglieste la vita. Ma ora voglio compiere con la
mia morte l'opera della redenzione umana, che il mio eterno Padre mi ha
commissionato; e perciò vi permetto di catturarmi e di eseguire su di me
la vostra volontà». Così presero il mansuetissimo agnello e,
assalendolo come tigri feroci, lo legarono, lo strinsero con funi e
catene e lo condussero alla casa del sommo sacerdote, come dirò in
seguito.
1234. La purissima Madre era attentissima a quello che
succedeva nella cattura di Cristo nostro bene, mediante la chiara
visione che le rendeva tutto manifesto come se fosse stata presente con
il corpo. Ella per la sapienza infusa penetrava tutti i misteri
racchiusi nelle parole del suo santissimo Figlio e le opere che egli
eseguiva. Quando vide che quello squadrone di soldati, seguito dalla
folla, si era diretto verso la casa del sommo sacerdote, la
prudentissima Signora, prevedendo le irriverenze e gli oltraggi che
tutti costoro avrebbero compiuto verso il Creatore e redentore, invitò i
suoi e molti altri angeli affinché assieme a lei rendessero culto di
adorazione e di lode al Signore delle creature, per riparare le ingiurie
e le offese con cui avrebbe dovuto essere trattato da quegli uomini
malvagi, principi delle tenebre. Diede lo stesso avviso alle donne che
con lei stavano pregando, e manifestò loro come appunto in quell'ora il
suo santissimo Figlio consentisse ai suoi nemici che lo prendessero e lo
maltrattassero, eseguendo tutto ciò con deplorevole empietà e crudeltà
di peccatori. Con l'assistenza dei santi angeli e delle pie donne, la
religiosa Regina fece mirabili atti di fede, di amore e di devozione
internamente ed esternamente, confessando, lodando, adorando e
magnificando la divinità infinita e l'umanità santissima di Gesù. E così
le sante donne la imitavano nelle genuflessioni e prostrazioni che
faceva, e gli spiriti celesti rispondevano ai cantici con i quali ella
onorava il suo amantissimo Figlio. E mentre da un lato i figli della
malvagità offendevano sua Maestà con ingiurie ed irriverenze, dall'altro
la pietosa Madre lo ripagava con lodi e venerazione. Nello stesso tempo
ella placava anche la divina giustizia, affinché non si accendesse di
sdegno e d'ira contro i persecutori di Cristo, e non li distruggesse;
difatti, solamente Maria santissima poté trattenere il castigo di quelle
offese.
1235. La gran Signora con la sua intercessione non solo
poté spegnere lo sdegno del giusto giudice, ma riuscì ad ottenere anche
favori e privilegi per quegli uomini che lo irritavano, e a far sì che
la divina clemenza rendesse loro bene per male, mentre essi recavano a
Cristo nostro Signore male per bene, in retribuzione della sua dottrina e
dei suoi benefici. Questa misericordia giunse al sommo grado per lo
sleale ed ostinato Giuda. Difatti, vedendo la divina Madre che egli lo
tradiva con il bacio di finta amicizia e che con la sua immondissima
bocca, dove poco prima era stato lo stesso Signore sacramentato, si
permetteva di toccare il venerabile volto di Gesù, trapassata dal dolore
e vinta dalla carità pregò il medesimo Signore di dare un nuovo aiuto a
Giuda. E così, se lo avesse accettato, non si sarebbe perduto chi era
arrivato a tale felicità, qual era quella di toccare in quel modo il
viso che desiderano guardare perfino gli angeli. Alla richiesta di Maria
santissima, suo Figlio inviò grandi benefici al discepolo traditore che
- come già si è detto - li ricevette al momento della consegna del
Maestro. E se lo sciagurato li avesse accolti ed avesse incominciato a
corrispondervi, questa Madre di misericordia gliene avrebbe ottenuti
molti di più, e infine anche il perdono della sua malvagità, come fa con
altri grandi peccatori che a lei desiderano dare questa gloria e
guadagnare per sé quella eterna. Ma Giuda non giunse a questa sapienza e
perse tutto, come dirò nel capitolo seguente.
1236. Quando la Regina dei cieli vide che in forza della
parola divina caddero a terra tutti gli anziani e i soldati, venuti a
prendere Gesù, compose con gli angeli un altro maestoso cantico, in cui
esaltava la potenza infinita e le virtù della santissima umanità di
Cristo. In questo inno elogiava la vittoria riportata dall'Altissimo
quando aveva sommerso nel Mar Rosso il faraone con tutte le sue truppe, e
lodava il proprio figlio e vero Dio, che come Signore degli eserciti e
delle vittorie voleva darsi in preda ai patimenti ed alla morte per
redimere nel più mirabile modo il genere umano dalla schiavitù di
Lucifero. Maria poi elevò una preghiera al Signore, chiedendogli di
rialzare e far ritornare in sé tutti coloro che erano stati rovesciati
ed atterrati. Ella lo fece in primo luogo perché mossa dalla sua
liberalissima pietà e dalla fervorosa compassione per quegli uomini, che
il Signore aveva creato a propria immagine e somiglianza;
secondariamente perché avrebbe adempiuto la legge della carità insegnata
e praticata dal suo Figlio e maestro: perdonare ai nemici e fare del
bene ai persecutori; infine perché si dovevano compiere le profezie e le
scritture relative al mistero della redenzione umana. E benché tutto
questo fosse infallibile, non vi è alcuna contraddizione nel fatto che
Maria santissima lo chiedesse e che per le sue preghiere l'Altissimo si
sentisse sollecitato a dispensare questi benefici: nella sapienza
infinita e nei decreti della sua eterna volontà tutto era previsto ed
ordinato per tali mezzi e suppliche. Non è necessario che io mi
trattenga ancora a dare ulteriori spiegazioni, perché certo non vi
sarebbe stato un modo più conveniente per ottenere l'intervento della
divina provvidenza. Nel momento in cui i soldati presero e legarono il
nostro Salvatore, la purissima Madre sentì nelle sue mani i dolori delle
corde e delle catene, come se fosse stata legata e stretta anch'ella; e
lo stesso accadde riguardo ai colpi ed ai tormenti che andava ricevendo
il Signore. Questa pena che avvertiva nel corpo, concessale in forma di
privilegio - come è stato detto sopra e come si vedrà nel corso della
passione -, le fu in parte di sollievo, perché l'amore gliene avrebbe
arrecato una più grande nell'anima, se ella non avesse patito assieme al
proprio Figlio in quel modo.
Insegnamento della Regina del cielo
1237. Figlia mia, con tutto quello che vai scrivendo e
comprendendo per mezzo del mio insegnamento, ti appresti ad istruire il
processo contro tutti i mortali, e contro di te se come loro non ti
spoglierai della rozzezza e della villania, e non supererai
l'ingratitudine, meditando giorno e notte la passione, i dolori e la
morte di Gesù crocifisso. Questa è la sapienza dei santi, ignorata dagli
uomini del mondo; questo è il pane della vita e dell'intelletto, che
sazia i piccoli e dà loro scienza, lasciando vuoti e famelici i superbi
amatori del secolo. In tale dottrina desidero che tu sia sollecita e
sapiente, poiché da essa ti verranno tutti i beni. Il mio figlio e
Signore insegnò l'ordine di questo arcano mistero quando disse: «lo sono
la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di
me». Dimmi ora, o carissima: se il mio divin Maestro si fece via e vita
degli uomini, per mezzo della passione e morte che patì per loro, non è
forse necessario che, per seguire il suo stesso cammino e professare la
sua verità, tutti passino per Cristo crocifisso, afflitto, flagellato e
disonorato? Considera, dunque, l'ignoranza dei mortali: vogliono
giungere al Padre senza passare per il suo Unigenito; vogliono regnare
con sua Maestà senza aver patito e aver preso parte alle sue pene, e
senza neppure ricordare la sua passione e morte, provandola in qualche
modo o mostrandone una vera gratitudine. E vorrebbero allora che essa
giovasse loro per poter godere, nella vita presente ed in quella eterna,
i piaceri e la gloria, mentre il Creatore ha patito fortissimi dolori e
atroci sofferenze per entrarvi ed ha lasciato questo esempio per aprire
ad essi la strada della luce.
1238. Il riposo non è compatibile con la vergogna di non
aver lavorato, per chi avrebbe dovuto acquistarlo solo con questo mezzo.
Non è vero figlio colui che non imita il proprio padre, né servo fedele
chi non obbedisce al proprio padrone, né discepolo chi non segue il
proprio maestro, né io reputo come mio devoto colui che non prende parte
a quanto abbiamo sofferto mio Figlio ed io. Anzi l'amore con cui noi
procuriamo la salvezza eterna agli uomini ci obbliga, vedendoli così
dimentichi di questa verità e tanto avversi al patire, ad inviare loro
tribolazioni e pene, affinché se non le amano spontaneamente, almeno le
accettino e soffrano forzatamente: solamente per questa via entreranno
nel cammino sicuro di quel riposo eterno che tanto desiderano. Eppure
ciò non basta: l'inclinazione e l'amore cieco per le cose visibili e
terrene trattengono i mortali, li ostacolano e li rendono tardi e duri
di cuore, assopendo in essi la memoria, l'attenzione e gli affetti, e
impedendo che si innalzino al di sopra di se stessi e di tutto ciò che è
transeunte. Da qui scaturisce la motivazione per cui non trovano
serenità nelle tribolazioni, né sollievo nei travagli, né consolazione
nelle pene, né quiete nelle avversità, perché aborriscono tutto ciò e
non cercano niente che sia penoso, come invece bramavano i santi, che si
gloriavano nelle tribolazioni come chi arrivasse al coronamento dei
propri desideri. In molti fedeli questa insipienza va anche oltre,
perché alcuni chiedono di essere infiammati dell'amore di Dio, altri che
siano loro perdonate molte colpe, altri ancora che vengano loro
concessi grandi benefici: richieste che non possono essere esaudite
perché non le domandano nel nome di Cristo mio Signore, imitandolo ed
accompagnandolo nella sua passione.
1239. Abbraccia dunque, figlia mia, la croce, e senza di
essa non accettare alcuna consolazione nella tua vita mortale. Imitami,
secondo la luce che hai e l'obbligo in cui ti pongo di sentire e
meditare la passione del Signore: per tale via ascenderai alla vetta
della perfezione e guadagnerai l'amore di sposa. Benedici e magnifica il
mio santissimo Figlio per l'amore con cui si consegnò per la salvezza
dell'umanità. I mortali riflettono poco su questo mistero, ma io come
testimone ti avverto che il mio santissimo Figlio, se tralasci il suo
ardente desiderio di salire alla destra dell'eterno Padre, nessuna cosa
gradiva e bramava tanto quanto quella di offrirsi ai patimenti della
morte di croce, dandosi a tal fine in potere dei nemici. Voglio anche
che deplori, con intimo dolore, che Giuda nelle sue scelleratezze e
perfidie abbia più seguaci di Cristo. Molti sono gli infedeli, molti i
cattivi cattolici, molti gli ipocriti che con il nome di cristiani
vendono e tradiscono, e nuovamente vogliono crocifiggere il mio
santissimo Figlio. Piangi per tutti questi mali che senti e conosci,
affinché anche in ciò tu mi possa imitare e seguire.
7-70 Dicembre 3, 1906 La dolcezza e la pace nell’anima.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Non venendo il benedetto Gesù, sentivo tale amarezza, non solo, ma come un intoppo nel mio interno, da rendermi quasi irrequieta. Oh! Dio, che pena, che paragonata a tutte le altre pene, non sono altro che ombre, anzi refrigerio; è solo la tua privazione che deve darsi il nome di pena. Ora mentre smaniavo, alla sfuggita è uscito da dentro il mio interno, e mi ha detto:
(2) “Che hai? Quietati, quietati; eccomi, non solo sono con te, ma in te; e poi non voglio quest’animo inquieto, tutto dev’essere in te dolcezza e pace, in modo da potersi dire di te quello che si dice di Me: Che non vi scorre altro che miele e latte, figurato il miele nella dolcezza, il latte nella pace, Io ne sono tanto pieno ed inzuppato che vi scorre fuori dai miei occhi, dalla mia bocca, e in tutto il mio operato, e se tu non sei così, Io mi sento disonorato da te, ché mentre abita in te Colui che è tutto pace e dolcezza, tu non mi onori, mostrando fosse anche l’ombra minima d’un animo risentito ed inquieto. Io amo tanto questa dolcezza e pace, che ad onta che si trattasse di cosa grande, di mio onore e gloria, non voglio, non approvo mai quei modi risentiti, violenti, focosi, ma quei modi dolci, pacifici, perché la sola dolcezza è quella che come catena incatena i cuori, in modo da non potersi sciogliere, è come pece che si attacca e non si possono liberare, e sono costretto a dire: “In quest’anima c’è il dito di Dio, ché non possiamo agire diversamente”. E poi se non piace a Me il modo risentito, non piacerà neppure alle creature. Uno che parla, che tratta di cose anche di Dio con modi non dolci e pacifici, è segno che non tiene le sue passioni ordinate, e chi non tiene sé stesso ordinato, non può ordinare gli altri. Perciò attenta tu a tutto ciò che non sia dolcezza e pace, se non vuoi disonorarmi.