Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Nudo, spiritualmente, è colui che nulla attribuisce a se stesso, ma tutto a Dio, e che non si nasconde come Adamo dietro alle foglie di fico; è colui che non si copre con il mantello della scusa di sé e dell'accusa degli altri. Parimenti, vive nascosto colui che dimora tranquillo nel segreto della sua coscienza, lontano dal chiasso delle cose temporali e dei cattivi pensieri. È colui che sopporta con pazienza le ingiurie, non si lamenta nelle avversità  e non si vanta quando le cose vanno bene. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 14° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 3

1C'era tra i farisei un uomo chiamato Nicodèmo, un capo dei Giudei.2Egli andò da Gesù, di notte, e gli disse: "Rabbì, sappiamo che sei un maestro venuto da Dio; nessuno infatti può fare i segni che tu fai, se Dio non è con lui".3Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio".4Gli disse Nicodèmo: "Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?".5Gli rispose Gesù: "In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio.6Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito.7Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto.8Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito".9Replicò Nicodèmo: "Come può accadere questo?".10Gli rispose Gesù: "Tu sei maestro in Israele e non sai queste cose?11In verità, in verità ti dico, noi parliamo di quel che sappiamo e testimoniamo quel che abbiamo veduto; ma voi non accogliete la nostra testimonianza.12Se vi ho parlato di cose della terra e non credete, come crederete se vi parlerò di cose del cielo?13Eppure nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell'uomo che è disceso dal cielo.14E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo,15perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna".
16Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.17Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui.18Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio.19E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno preferito le tenebre alla luce, perché le loro opere erano malvagie.20Chiunque infatti fa il male, odia la luce e non viene alla luce perché non siano svelate le sue opere.21Ma chi opera la verità viene alla luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio.

22Dopo queste cose, Gesù andò con i suoi discepoli nella regione della Giudea; e là si trattenne con loro, e battezzava.23Anche Giovanni battezzava a Ennòn, vicino a Salìm, perché c'era là molta acqua; e la gente andava a farsi battezzare.24Giovanni, infatti, non era stato ancora imprigionato.
25Nacque allora una discussione tra i discepoli di Giovanni e un Giudeo riguardo la purificazione.26Andarono perciò da Giovanni e gli dissero: "Rabbì, colui che era con te dall'altra parte del Giordano, e al quale hai reso testimonianza, ecco sta battezzando e tutti accorrono a lui".27Giovanni rispose: "Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stato dato dal cielo.28Voi stessi mi siete testimoni che ho detto: Non sono io il Cristo, ma io sono stato mandato innanzi a lui.29Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta.30Egli deve crescere e io invece diminuire.
31Chi viene dall'alto è al di sopra di tutti; ma chi viene dalla terra, appartiene alla terra e parla della terra. Chi viene dal cielo è al di sopra di tutti.32Egli attesta ciò che ha visto e udito, eppure nessuno accetta la sua testimonianza;33chi però ne accetta la testimonianza, certifica che Dio è veritiero.34Infatti colui che Dio ha mandato proferisce le parole di Dio e dà lo Spirito senza misura.35Il Padre ama il Figlio e gli ha dato in mano ogni cosa.36Chi crede nel Figlio ha la vita eterna; chi non obbedisce al Figlio non vedrà la vita, ma l'ira di Dio incombe su di lui".


Neemia 5

1Si alzò un gran lamento da parte della gente del popolo e delle loro mogli contro i loro fratelli Giudei.2Alcuni dicevano: "Noi, i nostri figli e le nostre figlie siamo numerosi; ci si dia il grano perché possiamo mangiare e vivere!".3Altri dicevano: "Dobbiamo impegnare i nostri campi, le nostre vigne e le nostre case per assicurarci il grano durante la carestia!".4Altri ancora dicevano: "Abbiamo preso denaro a prestito sui nostri campi e sulle nostre vigne per pagare il tributo del re.5La nostra carne è come la carne dei nostri fratelli, i nostri figli sono come i loro figli; ecco dobbiamo sottoporre i nostri figli e le nostre figlie alla schiavitù e alcune delle nostre figlie sono già state ridotte schiave; noi non abbiamo via d'uscita, perché i nostri campi e le nostre vigne sono in mano d'altri".6Quando udii i loro lamenti e queste parole, ne fui molto indignato.7Dopo aver riflettuto dentro di me, ripresi duramente i notabili e i magistrati e dissi loro: "Dunque voi esigete un interesse da usuraio dai nostri fratelli?". Convocai contro di loro una grande assemblea8e dissi loro: "Noi, secondo la nostra possibilità, abbiamo riscattato i nostri fratelli Giudei che si erano venduti agli stranieri e voi stessi vendereste i vostri fratelli ed essi si venderebbero a noi?". Allora quelli tacquero e non seppero che rispondere.9Io dissi: "Quello che voi fate non è ben fatto. Non dovreste voi camminare nel timore del nostro Dio per non essere scherniti dagli stranieri nostri nemici?10Anch'io, i miei fratelli e i miei servi abbiamo dato loro in prestito denaro e grano. Ebbene, condoniamo loro questo debito!11Rendete loro oggi stesso i loro campi, le loro vigne, i loro oliveti e le loro case e l'interesse del denaro del grano, del vino e dell'olio di cui siete creditori nei loro riguardi".12Quelli risposero: "Restituiremo e non esigeremo più nulla da loro; faremo come tu dici". Allora chiamai i sacerdoti e in loro presenza li feci giurare che avrebbero mantenuto la promessa.13Poi scossi la piega anteriore del mio mantello e dissi: "Così Dio scuota dalla sua casa e dai suoi beni chiunque non avrà mantenuto questa promessa e così sia egli scosso e vuotato di tutto!". Tutta l'assemblea disse: "Amen" e lodarono il Signore. Il popolo mantenne la promessa.
14Di più, da quando il re mi aveva stabilito loro governatore nel paese di Giuda, dal ventesimo anno fino al trentaduesimo anno del re Artaserse, durante dodici anni, né io né i miei fratelli mangiammo la provvista assegnata al governatore.15I governatori che mi avevano preceduto, avevano gravato il popolo, ricevendone pane e vino, oltre a quaranta sicli d'argento; perfino i loro servi angariavano il popolo, ma io non ho fatto così, poiché ho avuto timore di Dio.16Anzi ho messo mano ai lavori di queste mura e non abbiamo comperato alcun podere. Tutti i miei giovani erano raccolti là a lavorare.17Avevo alla mia tavola centocinquanta uomini, Giudei e magistrati, oltre a quelli che venivano a noi dalle nazioni vicine.18Quel che si preparava a mie spese ogni giorno era un bue, sei capi scelti di bestiame minuto e cacciagione; ogni dieci giorni vino per tutti in abbondanza. Tuttavia non ho mai chiesto la provvista assegnata al governatore, perché il popolo era già gravato abbastanza a causa dei lavori.19Mio Dio, ricordati in mio favore per quanto ho fatto a questo popolo.


Giobbe 31

1Avevo stretto con gli occhi un patto
di non fissare neppure una vergine.
2Che parte mi assegna Dio di lassù
e che porzione mi assegna l'Onnipotente dall'alto?
3Non è forse la rovina riservata all'iniquo
e la sventura per chi compie il male?
4Non vede egli la mia condotta
e non conta tutti i miei passi?
5Se ho agito con falsità
e il mio piede si è affrettato verso la frode,
6mi pesi pure sulla bilancia della giustizia
e Dio riconoscerà la mia integrità.
7Se il mio passo è andato fuori strada
e il mio cuore ha seguito i miei occhi,
se alla mia mano si è attaccata sozzura,
8io semini e un altro ne mangi il frutto
e siano sradicati i miei germogli.
9Se il mio cuore fu sedotto da una donna
e ho spiato alla porta del mio prossimo,
10mia moglie macini per un altro
e altri ne abusino;
11difatti quello è uno scandalo,
un delitto da deferire ai giudici,
12quello è un fuoco che divora fino alla
distruzione
e avrebbe consumato tutto il mio raccolto.
13Se ho negato i diritti del mio schiavo
e della schiava in lite con me,
14che farei, quando Dio si alzerà,
e, quando farà l'inchiesta, che risponderei?
15Chi ha fatto me nel seno materno, non ha fatto
anche lui?
Non fu lo stesso a formarci nel seno?
16Mai ho rifiutato quanto brama il povero,
né ho lasciato languire gli occhi della vedova;
17mai da solo ho mangiato il mio tozzo di pane,
senza che ne mangiasse l'orfano,
18poiché Dio, come un padre, mi ha allevato fin
dall'infanzia
e fin dal ventre di mia madre mi ha guidato.
19Se mai ho visto un misero privo di vesti
o un povero che non aveva di che coprirsi,
20se non hanno dovuto benedirmi i suoi fianchi,
o con la lana dei miei agnelli non si è riscaldato;
21se contro un innocente ho alzato la mano,
perché vedevo alla porta chi mi spalleggiava,
22mi si stacchi la spalla dalla nuca
e si rompa al gomito il mio braccio,
23perché mi incute timore la mano di Dio
e davanti alla sua maestà non posso resistere.
24Se ho riposto la mia speranza nell'oro
e all'oro fino ho detto: "Tu sei la mia fiducia";
25se godevo perché grandi erano i miei beni
e guadagnava molto la mia mano;
26se vedendo il sole risplendere
e la luna chiara avanzare,
27si è lasciato sedurre in segreto il mio cuore
e con la mano alla bocca ho mandato un bacio,
28anche questo sarebbe stato un delitto da tribunale,
perché avrei rinnegato Dio che sta in alto.
29Ho gioito forse della disgrazia del mio nemico
e ho esultato perché lo colpiva la sventura,
30io che non ho permesso alla mia lingua di peccare,
augurando la sua morte con imprecazioni?
31Non diceva forse la gente della mia tenda:
"A chi non ha dato delle sue carni per saziarsi?".
32All'aperto non passava la notte lo straniero
e al viandante aprivo le mie porte.
33Non ho nascosto, alla maniera degli uomini, la mia
colpa,
tenendo celato il mio delitto in petto,
34come se temessi molto la folla,
e il disprezzo delle tribù mi spaventasse,
sì da starmene zitto senza uscire di casa.
35Oh, avessi uno che mi ascoltasse!
Ecco qui la mia firma! L'Onnipotente mi risponda!
Il documento scritto dal mio avversario
36vorrei certo portarlo sulle mie spalle
e cingerlo come mio diadema!
37Il numero dei miei passi gli manifesterei
e mi presenterei a lui come sovrano.
38Se contro di me grida la mia terra
e i suoi solchi piangono con essa;
39se ho mangiato il suo frutto senza pagare
e ho fatto sospirare dalla fame i suoi coltivatori,
40in luogo di frumento, getti spine,
ed erbaccia al posto dell'orzo.


Salmi 108

1'Canto. Salmo. Di Davide.'

2Saldo è il mio cuore, Dio,
saldo è il mio cuore:
voglio cantare inni, anima mia.
3Svegliatevi, arpa e cetra,
voglio svegliare l'aurora.

4Ti loderò tra i popoli, Signore,
a te canterò inni tra le genti,
5perché la tua bontà è grande fino ai cieli
e la tua verità fino alle nubi.
6Innàlzati, Dio, sopra i cieli,
su tutta la terra la tua gloria.

7Perché siano liberati i tuoi amici,

8Dio ha parlato nel suo santuario:
"Esulterò, voglio dividere Sichem
e misurare la valle di Succot;
9mio è Gàlaad, mio Manasse,
Èfraim è l'elmo del mio capo,
Giuda il mio scettro.
10Moab è il catino per lavarmi,
sull'Idumea getterò i miei sandali,
sulla Filistea canterò vittoria".

11Chi mi guiderà alla città fortificata,
chi mi condurrà fino all'Idumea?
12Non forse tu, Dio, che ci hai respinti
e più non esci, Dio, con i nostri eserciti?
13Contro il nemico portaci soccorso,
poiché vana è la salvezza dell'uomo.
14Con Dio noi faremo cose grandi
ed egli annienterà chi ci opprime.


Geremia 15

1Il Signore mi disse: "Anche se Mosè e Samuele si presentassero davanti a me, io non mi piegherei verso questo popolo. Allontanali da me, se ne vadano!"2Se ti domanderanno: "Dove andremo?" dirai loro: Così dice il Signore:

Chi è destinato alla peste, alla peste,
Chi alla spada, alla spada,
chi alla fame, alla fame,
chi alla schiavitù, alla schiavitù.

3Io manderò contro di loro quattro specie di mali - parola del Signore -: la spada per ucciderli, i cani per sbranarli, gli uccelli dell'aria e le bestie selvatiche per divorarli e distruggerli.4Li renderò oggetto di spavento per tutti i regni della terra a causa di Manàsse figlio di Ezechia, re di Giuda, per ciò che egli ha fatto in Gerusalemme.

5Chi avrà pietà di te, Gerusalemme,
chi ti compiangerà?
Chi si volterà
per domandarti come stai?
6Tu mi hai respinto,
dice il Signore,
mi hai voltato le spalle
e io ho steso la mano su di te per annientarti;
sono stanco di avere pietà.
7Io li ho dispersi al vento con la pala
nelle città della contrada.
Ho reso senza figli e ho fatto perire il mio popolo,
perché non abbandonarono le loro abitudini.
8Le loro vedove sono diventate
più numerose della sabbia del mare.
Ho mandato sulle madri e sui giovani
un devastatore in pieno giorno;
d'un tratto ho fatto piombare su di loro
turbamento e spavento.
9È abbattuta la madre di sette figli,
esala il suo respiro;
il suo sole tramonta quando è ancor giorno,
è coperta di vergogna e confusa.
Io consegnerò i loro superstiti alla spada,
in preda ai loro nemici". Oracolo del Signore.

10Me infelice, madre mia, che mi hai partorito
oggetto di litigio e di contrasto per tutto il paese!
Non ho preso prestiti, non ho prestato a nessuno,
eppure tutti mi maledicono.
11Forse, Signore, non ti ho servito del mio meglio,
non mi sono rivolto a te con preghiere per il mio nemico,
nel tempo della sventura e nel tempo dell'angoscia?
12Potrà forse il ferro spezzare
il ferro del settentrione e il bronzo?
13"I tuoi averi e i tuoi tesori
li abbandonerò al saccheggio,
non come pagamento, per tutti i peccati
che hai commessi in tutti i tuoi territori.
14Ti renderò schiavo dei tuoi nemici
in una terra che non conosci,
perché si è acceso il fuoco della mia ira,
che arderà contro di voi".
15Tu lo sai, Signore,
ricordati di me e aiutami,
vendicati per me dei miei persecutori.
Nella tua clemenza non lasciarmi perire,
sappi che io sopporto insulti per te.
16Quando le tue parole mi vennero incontro,
le divorai con avidità;
la tua parola fu la gioia e la letizia del mio cuore,
perché io portavo il tuo nome,
Signore, Dio degli eserciti.
17Non mi sono seduto per divertirmi
nelle brigate di buontemponi,
ma spinto dalla tua mano sedevo solitario,
poiché mi avevi riempito di sdegno.
18Perché il mio dolore è senza fine
e la mia piaga incurabile non vuol guarire?
Tu sei diventato per me un torrente infido,
dalle acque incostanti.
19Ha risposto allora il Signore:
"Se tu ritornerai a me, io ti riprenderò
e starai alla mia presenza;
se saprai distinguere ciò che è prezioso
da ciò che è vile,
sarai come la mia bocca.
Essi torneranno a te,
mentre tu non dovrai tornare a loro,
20ed io, per questo popolo, ti renderò
come un muro durissimo di bronzo;
combatteranno contro di te
ma non potranno prevalere,
perché io sarò con te
per salvarti e per liberarti.
Oracolo del Signore.
21Ti libererò dalle mani dei malvagi
e ti riscatterò dalle mani dei violenti".


Atti degli Apostoli 15

1Ora alcuni, venuti dalla Giudea, insegnavano ai fratelli questa dottrina: "Se non vi fate circoncidere secondo l'uso di Mosè, non potete esser salvi".2Poiché Paolo e Bàrnaba si opponevano risolutamente e discutevano animatamente contro costoro, fu stabilito che Paolo e Bàrnaba e alcuni altri di loro andassero a Gerusalemme dagli apostoli e dagli anziani per tale questione.3Essi dunque, scortati per un tratto dalla comunità, attraversarono la Fenicia e la Samarìa raccontando la conversione dei pagani e suscitando grande gioia in tutti i fratelli.4Giunti poi a Gerusalemme, furono ricevuti dalla Chiesa, dagli apostoli e dagli anziani e riferirono tutto ciò che Dio aveva compiuto per mezzo loro.

5Ma si alzarono alcuni della setta dei farisei, che erano diventati credenti, affermando: è necessario circonciderli e ordinar loro di osservare la legge di Mosè.
6Allora si riunirono gli apostoli e gli anziani per esaminare questo problema.7Dopo lunga discussione, Pietro si alzò e disse:

"Fratelli, voi sapete che già da molto tempo Dio ha fatto una scelta fra voi, perché i pagani ascoltassero per bocca mia la parola del vangelo e venissero alla fede.8E Dio, che conosce i cuori, ha reso testimonianza in loro favore concedendo anche a loro lo Spirito Santo, come a noi;9e non ha fatto nessuna discriminazione tra noi e loro, purificandone i cuori con la fede.10Or dunque, perché continuate a tentare Dio, imponendo sul collo dei discepoli un giogo che né i nostri padri, né noi siamo stati in grado di portare?11Noi crediamo che per la grazia del Signore Gesù siamo salvati e nello stesso modo anche loro".
12Tutta l'assemblea tacque e stettero ad ascoltare Bàrnaba e Paolo che riferivano quanti miracoli e prodigi Dio aveva compiuto tra i pagani per mezzo loro.

13Quand'essi ebbero finito di parlare, Giacomo aggiunse:14"Fratelli, ascoltatemi. Simone ha riferito come fin da principio Dio ha voluto scegliere tra i pagani un popolo per consacrarlo al suo nome.15Con questo si accordano le parole dei profeti, come sta scritto:

16'Dopo queste cose ritornerò e riedificherò la
tenda di
Davide che era caduta; ne riparerò le rovine e la
rialzerò,'
17'perché anche gli altri uomini cerchino il Signore
e tutte le genti sulle quali è stato invocato il mio
nome,'
18'dice il Signore che fa queste cose da lui
conosciute dall'eternità'.

19Per questo io ritengo che non si debba importunare quelli che si convertono a Dio tra i pagani,20ma solo si ordini loro di astenersi dalle sozzure degli idoli, dalla impudicizia, dagli animali soffocati e dal sangue.21Mosè infatti, fin dai tempi antichi, ha chi lo predica in ogni città, poiché viene letto ogni sabato nelle sinagoghe".

22Allora gli apostoli, gli anziani e tutta la Chiesa decisero di eleggere alcuni di loro e di inviarli ad Antiòchia insieme a Paolo e Bàrnaba: Giuda chiamato Barsabba e Sila, uomini tenuti in grande considerazione tra i fratelli.23E consegnarono loro la seguente lettera: "Gli apostoli e gli anziani ai fratelli di Antiòchia, di Siria e di Cilicia che provengono dai pagani, salute!24Abbiamo saputo che alcuni da parte nostra, ai quali non avevamo dato nessun incarico, sono venuti a turbarvi con i loro discorsi sconvolgendo i vostri animi.25Abbiamo perciò deciso tutti d'accordo di eleggere alcune persone e inviarle a voi insieme ai nostri carissimi Bàrnaba e Paolo,26uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo.27Abbiamo mandato dunque Giuda e Sila, che vi riferiranno anch'essi queste stesse cose a voce.28Abbiamo deciso, lo Spirito Santo e noi, di non imporvi nessun altro obbligo al di fuori di queste cose necessarie:29astenervi dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, dagli animali soffocati e dalla impudicizia. Farete cosa buona perciò a guardarvi da queste cose. State bene".

30Essi allora, congedatisi, discesero ad Antiòchia e riunita la comunità consegnarono la lettera.31Quando l'ebbero letta, si rallegrarono per l'incoraggiamento che infondeva.32Giuda e Sila, essendo anch'essi profeti, parlarono molto per incoraggiare i fratelli e li fortificarono.33Dopo un certo tempo furono congedati con auguri di pace dai fratelli, per tornare da quelli che li avevano inviati.34.35Paolo invece e Bàrnaba rimasero ad Antiòchia, insegnando e annunziando, insieme a molti altri, la parola del Signore.

36Dopo alcuni giorni Paolo disse a Bàrnaba: "Ritorniamo a far visita ai fratelli in tutte le città nelle quali abbiamo annunziato la parola del Signore, per vedere come stanno".37Bàrnaba voleva prendere insieme anche Giovanni, detto Marco,38ma Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro nella Panfilia e non aveva voluto partecipare alla loro opera.39Il dissenso fu tale che si separarono l'uno dall'altro; Bàrnaba, prendendo con sé Marco, s'imbarcò per Cipro.40Paolo invece scelse Sila e partì, raccomandato dai fratelli alla grazia del Signore.

41E attraversando la Siria e la Cilicia, dava nuova forza alle comunità.


Capitolo LIII: La grazia di Dio non si confonde con ciò che ha sapore di cose terrene

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1. Preziosa, o figlio, è la mia grazia; essa non tollera di essere mescolata a cose esteriori e a consolazioni terrene. Perciò devi buttar via tutto ciò che ostacola la grazia, se vuoi che questa sia infusa in te. Procurati un luogo appartato, compiaciti di stare solo con te stesso, non andare cercando di chiacchierare con nessuno; effondi, invece, la tua devota preghiera a Dio, per conservare compunzione d'animo e purezza di coscienza. Il mondo intero, consideralo un nulla; alle cose esteriori anteponi l'occuparti di Dio. Ché non potresti attendere a me, e nello stesso tempo trovare godimento nelle cose passeggere. Occorre allontanarsi dalle persone che si conoscono e alle quali si vuole bene; occorre tenere l'animo sgombro da ogni conforto temporale. Ecco ciò che il santo apostolo Pietro chiede, in nome di Dio: che i seguaci di Cristo si conservino in questo mondo "come forestieri e pellegrini" (1Pt 2,11). Quanta sicurezza in colui che muore, senza essere legato alla terra dall'attaccamento per alcuna cosa. Uno spirito debole, invece, non riesce a mantenere il cuore tanto distaccato: l'uomo materiale non conosce la libertà dell'uomo interiore. Che se uno vuole veramente essere uomo spirituale, egli deve rinunciare a tutti, ai lontani e ai vicini; e guardarsi da se stesso più ancora che dagli altri. Se avrai vinto pienamente te stesso, facilmente soggiogherai tutto il resto. Trionfare di se medesimi è vittoria perfetta; giacché colui che domina se stesso - facendo sì che i sensi obbediscano alla ragione, e la ragione obbedisca in tutto e per tutto a Dio - questi è, in verità il vincitore di sé e signore del mondo.

2. Se brami elevarti a questa somma altezza, è necessario che tu cominci con coraggio, mettendo la scure alla radice, per poter estirpare totalmente la tua segreta inclinazione, contraria al volere di Dio e volta a te stesso e a tutto ciò che è tuo utile materiale. Da questo vizio, dall'amore di sé, contrarissimo alla volontà divina, deriva, si può dire, tutto quanto deve essere stroncato radicalmente. Domato e superato questo vizio, si farà stabilmente una grande pace e una grande serenità. Ma sono pochi quelli che si adoprano per morire del tutto a se stessi, e per uscire pienamente da se stessi. I più restano avviluppati, né sanno innalzarsi spiritualmente sopra di sé. Coloro che desiderano camminare con me senza impacci debbono mortificare tutti i loro affetti perversi e contrari all'ordine voluto da Dio, senza restare attaccati di cupido amore personale ad alcuna creatura.


LETTERA 191: Agostino si congratula col prete Sisto, poi Vescovo di Roma, d'aver difeso la grazia contro i Pelagiani.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta forse alla fine del 418.

Agostino si congratula col prete Sisto, poi Vescovo di Roma, d'aver difeso la grazia contro i Pelagiani, ai quali si diceva fosse stato favorevole (n. 1), esortandolo a continuare a porre un freno agl'impudenti, a guarire i dissimulanti (n. 2).

AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE IL SUO VENERABILE SIGNORE SISTO, SUO SANTO FRATELLO, STIMATISSIMO NELL'AMORE DI CRISTO E SUO COLLEGA DI SACERDOZIO

Si rallegra con Sisto, difensore della grazia.

1. La lettera della tua Benignità inviata ad Ippona per mezzo del presbitero Firmo, nostro santo fratello, giunse durante la mia assenza. Al mio ritorno il latore di essa era, purtroppo, già partito. Da quando mi fu possibile leggerla, mi si presenta solo adesso la prima ed assai gradita occasione di farti recapitare la risposta per mano dell'accolito Albino, nostro carissimo figlio. Ma poiché in quel momento non eravamo insieme noi due ai quali era indirizzata la lettera, è successo che tu ricevessi una lettera da ciascuno di noi e non un'unica lettera di ambedue. Infatti il latore di questa mia è partito da me allo scopo di recarsi dal venerabile Alipio, fratello e collega mio nell'episcopato, al quale ha portato anche l'originale della tua lettera, già da me letta, affinché ne scrivesse un'altra in risposta alla Santità tua. Di quanta gioia ci abbia riempiti la tua lettera, come potrebbe uno sforzarsi di dirlo dal momento che è impossibile esprimerlo a parole? Penso che non sappia nemmeno tu stesso quanto bene ci hai fatto con l'inviarci quella lettera, ma credi a noi, poiché, allo stesso modo che dei tuoi sentimenti sei testimonio tu solo, così noi soli possiamo testimoniare quali sentimenti abbia provato il nostro animo a causa della luminosa sincerità che traspariva dalla tua lettera. Noi infatti con vivo piacere ci siamo affrettati a far copiare e abbiamo messo tutto l'impegno per far leggere a quanti era possibile la tua brevissima lettera scritta sulla medesima questione e da te inviata al santo primate Aurelio per mezzo dell'accolito Leone, lettera in cui ci esponi cosa pensi riguardo alla nota funestissima dottrina e che cosa, al contrario, pensi della grazia di Dio largita ai bambini e agli adulti, alla quale è del tutto avversa quella dottrina; dati siffatti nostri sentimenti, con quanto vivo piacere pensi tu che noi abbiamo letto questa tua lettera più prolissa e con quanta maggiore premura l'abbiamo data a leggere e ci adoperiamo ancora a farla leggere a quanti è possibile? Che cosa, infatti, si potrebbe leggere o ascoltare di più gradito che una difesa tanto ortodossa della grazia di Dio contro i suoi nemici, dalla bocca di chi per l'innanzi veniva additato come un autorevole protettore degli stessi nemici della grazia? Oppure qual motivo possiamo avere di rendere maggiori grazie a Dio se non per il fatto che la sua grazia è così ben difesa da coloro ai quali egli la concede contro coloro ai quali egli non la concede o non è gradito il dono concesso, poiché, in virtù d'un occulto e giusto decreto di Dio, non è loro concesso che il dono sia gradito?

Sisto freni gli impudenti, risani i dissimulatori.

2. Sebbene quindi, o mio venerabile signore e fratello stimatissimo nell'amore di Cristo, tu faccia benissimo a scrivere su tale questione ai fratelli, presso i quali gli eretici sono soliti vantarsi della tua amicizia, devi tuttavia preoccuparti ancor più che non solo siano colpiti con salutare severità tutti quelli che osano spacciare senz'alcun ritegno il loro errore estremamente dannoso alla religione cristiana, ma altresì che a causa delle pecorelle del Signore più deboli e più semplici vengano evitati con ogni diligenza e vigilanza pastorale coloro che, sia pure alquanto cautamente e timidamente, non cessano tuttavia di bisbigliare tale errore alle orecchie dei fedeli, penetrando nelle case, come dice l'Apostolo, e facendo con l'empietà a cui sono assuefatti tutto ciò che ricorda l'Apostolo subito dopo 1. Non sono da trascurare nemmeno coloro che per paura soffocano le loro idee nel più profondo silenzio, senza cessare per altro di condividere la medesima errata opinione. Alcuni di tali individui avete potuto conoscerli voi stessi prima che tale funesto errore fosse condannato con sentenza inequivocabile della Sede Apostolica, mentre adesso voi li vedete in modo palese starsene chiusi tutt'a un tratto nel loro mutismo; d'altronde non si può nemmeno sapere se si siano ravveduti se non quando non solo non manifestano le loro false idee, ma difendono anche le verità ad esse contrarie col medesimo zelo con cui erano soliti difendere quelle false; essi tuttavia devono essere trattati certamente con particolare dolcezza. Che bisogno ci sarebbe infatti di atterrirli, dal momento che il loro stesso silenzio dimostra quanto siano abbastanza atterriti? Non per questo però bisogna trascurare verso di loro la cura scrupolosa della medicina come se fossero già guariti, poiché la loro piaga è nascosta. Sebbene infatti non si debbano atterrire, si devono però istruire. A mio modesto parere poi, possono venire istruiti più facilmente mentre in loro il timore della severità è d'aiuto al maestro della verità, in modo che avendo, con l'aiuto di Dio, compreso e amato la sua grazia, possano combattere anche, col parlare, l'errore di cui non osano più parlare.

 

1 - 2 Tm 3, 6-8.


16 - I tre re Magi vengono dall'oriente ed adorano il Verbo incarnato a Betlemme.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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552. I tre re Magi, che vennero in cerca del bambino Gesù, erano nativi della Persia, dell'Arabia e di Saba, regioni che si trovano ad oriente della Palestina. La loro venuta fu profetizzata specialmente da Davide e prima di lui da Balaam, quando questi per volontà divina benedisse il popolo di Israele, mentre Balak, re dei moabiti, lo aveva condotto perché lo maledicesse. In queste benedizioni, Balaam disse di sé che egli avrebbe visto il re, Cristo, ma non subito, e che lo avrebbe contemplato, ma non da vicino; infatti, non lo vide di persona, ma per mezzo dei Magi suoi discendenti, e ciò non avvenne immediatamente, ma dopo molti secoli. Disse anche che sarebbe spuntata una stella da Giacobbe, perché doveva servire ad indicare colui che nasceva per regnare eternamente sulla casa di Giacobbe.

553. Questi tre re erano molto sapienti nelle scienze naturali ed istruiti nelle Scritture del popolo di Dio; per la loro sapienza furono chiamati Magi. Per la conoscenza dei testi sacri e per i colloqui avuti con alcuni ebrei, giunsero a credere nella venuta del Messia, che Israele aspettava. Erano inoltre uomini retti, sinceri e molto giusti nel dirigere i loro stati; e poiché questi non erano tanto estesi come i regni dei nostri tempi, li governavano con facilità essi stessi ed amministravano la giustizia come re saggi e prudenti, dato che questo è l'ufficio che compete al re. Perciò, lo Spirito Santo dice che Dio tiene il suo cuore in mano per dirigerlo, come un canale d'acqua, dovunque egli vuole. Avevano anche cuori grandi e magnanimi, senza avarizia né cupidigia, la quale opprime, avvilisce e restringe gli animi dei principi. Poiché questi Magi vivevano in stati non lontani tra loro, si conoscevano, comunicavano tra loro circa le virtù morali che avevano e le scienze che praticavano e si davano notizia delle cose più grandi e rilevanti che giungevano a penetrare. Erano, insomma, amici e corrispondenti fedelissimi in tutto.

554. Già si è detto come nella medesima notte in cui nacque il Verbo incarnato essi furono avvisati della sua nascita nel tempo per ministero dei santi angeli. Accadde in questa maniera: uno degli angeli della scorta della nostra Regina, superiore a quelli dei Magi, fu inviato dalla grotta e illuminò i tre angeli custodi dei tre re, dichiarando loro la volontà e il messaggio del Signore, affinché ciascuno di essi manifestasse a quello a lui affidato il mistero dell'incarnazione e della nascita di Cristo nostro redentore. Subito ciascuno dei tre angeli parlò in sogno al re di cui era custode, alla stessa ora. Questo è l'ordine comune delle rivelazioni angeliche: passare dal Signore alle anime attraverso la gerarchia degli angeli. Questa illuminazione dei re fu molto abbondante e chiara circa i misteri dell'incarnazione, perché seppero che era nato il re dei giudei, vero Dio e vero uomo, che era il Messia e redentore promesso nelle Scritture e profezie, e che sarebbe stata data loro come guida, per poterlo cercare, quella stella che Balaam aveva profetizzato. I tre re compresero anche, ciascuno da sé, che lo stesso avviso veniva dato agli altri due e che questo non era beneficio né prodigio concesso loro per rimanere ozioso, ma affinché operassero con la luce divina quello che questa avrebbe loro insegnato. Furono elevati ed accesi di grande amore e desiderio di conoscere Dio fatto uomo, di adorarlo come loro creatore e redentore, di servirlo con più sublime perfezione; li aiutavano molto per tutto questo le eccellenti virtù morali che avevano acquisito, perché con esse si trovavano ben disposti a ricevere la luce divina.

555. Dopo questa rivelazione del cielo ricevuta in sogno, i tre re si svegliarono; subito si prostrarono a terra tutti e tre alla stessa ora e adorarono in spirito l'essere immutabile di Dio. Magnificarono la sua misericordia e la sua bontà infinita per l'incarnazione del Verbo in una vergine per la redenzione del mondo e la salvezza eterna degli uomini. Immediatamente tutti e tre, guidati singolarmente da un medesimo spirito, determinarono di partire senza indugio per la Giudea in cerca del bambino Dio per adorarlo. Prepararono i tre doni da portargli: oro, incenso e mirra in quantità uguale, perché in tutto erano misteriosamente guidati; e, senza avere parlato fra sé, si trovarono concordi nelle determinazioni e nelle disposizioni. Per partire con prontezza e speditamente, approntarono in quello stesso giorno tutto il necessario: cammelli, equipaggio e servitori per il viaggio. Anziché preoccuparsi dello stupore che ciò avrebbe causato nel popolo o del fatto che andavano in un regno straniero, e con potere limitato e scarso apparato, senza avere notizie precise circa il luogo né segni per riconoscere il bambino, decisero con fervoroso zelo ed ardente amore di partire subito per cercarlo.

556. Nel medesimo tempo il santo angelo, che partito da Betlemme si era recato dai re, formò dall'etere una stella luminosissima, benché non grande come quelle del firmamento, perché bastava che fosse visibile da tale distanza, tanto da indirizzare e guidare i santi re fino alla grotta dove stava il bambino Dio. Aveva, però, un chiarore nuovo e diverso da quello del sole e con bellissima radiosità riluceva di notte come torcia luminosissima e di giorno si manifestava tra lo splendore del sole con straordinaria attività. All'uscire dalla propria casa questi re, benché ciascuno da un luogo diverso, videro la nuova stella, anche se era una sola, perché fu collocata a distanza ed altezza tali da poter essere vista da tutti allo stesso tempo. Incamminandosi tutti e tre dove li invitava la miracolosa stella, si vennero a riunire in breve tempo. Allora la stella si avvicinò molto di più a loro, abbassandosi e discendendo di molti gradi, cosicché essi potevano godere maggiormente del suo splendore. Parlarono insieme delle rivelazioni che avevano ricevuto e dell'intento di ciascuno, che era lo stesso. In tale colloquio s'infiammarono maggiormente nella devozione e nel desiderio di adorare il neonato. Restarono, inoltre, meravigliati e magnificarono l'Onnipotente per le sue opere e per i suoi sublimi misteri.

557. I Magi proseguirono il loro viaggio guidati dalla stella, senza perderla di vista finché giunsero a Gerusalemme. Per questo, come anche perché quella era la città più grande e la capitale dei giudei, stimarono che essa fosse la patria dove era nato il loro legittimo e vero re. Entrarono nella città e domandarono pubblicamente di lui, dicendo: «Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo». Questa novità giunse all'orecchio di Erode, che in quel tempo, benché ingiustamente, regnava in Giudea e dimorava in Gerusalemme. L'iniquo re, spaventato all'udire che era nato un altro re più legittimo, restò turbato e si rattristò molto; con lui tutta la città s'inquietò, alcuni per adularlo ed altri per timore della novità. Come riferisce san Matteo, Erode comandò subito che si riunissero i sommi sacerdoti e gli scribi, ai quali domandò dove doveva nascere il Cristo, che essi secondo la loro fede e le loro Scritture aspettavano. Gli risposero che, secondo il vaticinio del profeta Michea, doveva nascere a Betlemme, perché questi aveva lasciato scritto che da quel luogo sarebbe uscito il capo che avrebbe retto il popolo d'Israele.

558. Erode, conosciuto il luogo in cui era nato il nuovo re d'Israele e meditando da quel momento di ucciderlo, licenziò i sacerdoti e chiamò segretamente i Magi per informarsi circa il tempo in cui avevano visto la stella che annunciava la sua nascita. Siccome essi glielo manifestarono con sincerità, disse loro con nascosta malizia: «Andate e informatevi accuratamente del bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». I Magi partirono e l'ipocrita re restò perplesso ed angosciato per i segni tanto certi della nascita nel mondo del legittimo Signore dei giudei. Anche se avrebbe potuto placarlo, quanto alla sicurezza di non perdere il suo potere, il sapere che non poteva regnare così presto un neonato, la prosperità umana è così debole e fallace che un bambino o un segno minaccioso, sebbene lontano, bastano a farla precipitare; e la sola immaginazione impedisce tutto il piacere e la consolazione che essa ingannevolmente offre a chi la possiede.

559. Quando uscirono da Gerusalemme, i Magi ritrovarono la stella che avevano perso al loro ingresso in città. Con la sua luce giunsero a Betlemme, alla grotta della nascita. La stella trattenne su di essa il suo corso e si abbassò entrando per la porta e, diminuendo la sua dimensione, non sparì se non dopo essersi posta sopra il capo del bambino Gesù; allora lo circondò tutto con la sua luce e subito la materia di cui era formata si dissolse. La nostra grande Regina era già stata avvisata dal Signore dell'arrivo dei re e, quando intuì che si avvicinavano alla grotta, ne diede notizia al santo sposo Giuseppe, non perché si appartasse, ma perché fosse presente al suo fianco. Anche se il sacro testo del Vangelo non lo esprime - perché ciò non è necessario per la comprensione del mistero, come non lo sono neanche altre cose che gli Evangelisti hanno passato sotto silenzio -, è certo che san Giuseppe fu presente quando i re adorarono il bambino Gesù. In ciò non era richiesta cautela, perché i Magi sapevano già per illuminazione divina che la Madre del neonato era vergine e che egli era Dio vero, non figlio di san Giuseppe. Dio non avrebbe condotto i re ad adorarlo, se fossero stati così poco istruiti da mancare in cosa tanto essenziale come il giudicarlo figlio di Giuseppe e nato da madre non vergine. Essi giungevano illuminati in tutto e con profondissima penetrazione di quanto apparteneva a così magnifici e sublimi misteri.

560. La divina Madre, con il neonato Dio tra le braccia, attendeva i devoti re; aveva incomparabile modestia e bellezza, e lo splendore del suo volto rivelava in quell'umile povertà indizi di maestà più che umana. Il bambino Dio spargeva un fulgore ancora più intenso, per cui tutta quella grotta era divenuta un cielo. I tre re orientali entrarono in essa ed alla prima vista del Figlio e della Madre rimasero a lungo meravigliati e pieni di stupore. Si prostrarono poi a terra ed in tale posizione riverirono ed adorarono il bambino, riconoscendolo come vero Dio e vero uomo e come redentore del genere umano. Alla vista e alla presenza del dolcissimo Gesù furono di nuovo illuminati interiormente dal potere divino. Conobbero la moltitudine degli spiriti angelici, che come servi e ministri del grande Re dei re e Signore dei signori` assistevano con tremore e riverenza. Quindi, si alzarono in piedi e subito si congratularono con la loro e nostra Regina per essere madre del Figlio dell'eterno Padre, arrivando a venerarla genuflessi. Le domandarono la mano per baciargliela, come nei loro regni si era soliti fare con le regine. La prudentissima Signora ritirò la sua ed offrì loro quella del redentore del mondo, dicendo: «Il mio spirito gioisce nel Signore e l'anima mia lo benedice e lo loda, perché tra tutte le nazioni vi ha chiamati e scelti per arrivare a vedere con i vostri occhi ed a conoscere colui che molti profeti e re hanno desiderato vedere, ma non hanno visto, cioè il Verbo eterno incarnato. Magnifichiamo e lodiamo il suo nome per i suoi misteri e per la misericordia che usa verso il suo popolo. Baciamo la terra, che egli santifica con la sua presenza regale».

561. A queste parole di Maria santissima i tre re si umiliarono di nuovo, adorarono il bambino Gesù e riconobbero il grande beneficio della nascita del sole di giustizia per illuminare le loro tenebre. Fatto questo, parlarono a san Giuseppe, esaltando la sua felicità nell'essere sposo della Madre di Dio, e per lei si congratularono con lui, compassionando tanta povertà ed ammirando che in Maria fossero racchiusi i maggiori misteri del cielo e della terra. Trascorsero in questo tre ore; poi, i re domandarono licenza a Maria santissima di andare in città a prendere alloggio, non essendovi posto per trattenersi nella grotta e stare con lei. Li seguivano molti, ma solo i Magi ricevettero gli effetti della luce e della grazia. Gli altri, che ponevano gli occhi e l'attenzione soltanto sull'esteriore e guardavano lo stato povero e spregevole della Madre e del suo sposo, anche se sentirono qualche meraviglia per la novità, non compresero il mistero. 1 re si licenziarono e partirono, mentre Maria santissima e Giuseppe rimasero soli con il bambino, dando gloria a sua Maestà con nuovi cantici di lode, perché il suo nome cominciava ad essere conosciuto ed adorato dalle genti. Quello che fecero dopo i re si dirà nel capitolo seguente.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

562. Figlia mia, gli avvenimenti contenuti in questo capitolo potrebbero istruire i re, i principi e gli altri figli della santa Chiesa riguardo alla pronta devozione ed umiltà dei Magi per imitarla, e alla durezza iniqua di Erode per temerla. Ciascuno raccolse il frutto delle sue opere: i re, quello della loro segnalata virtù e giustizia; Erode, quello della cieca ambizione e superbia con cui ingiustamente regnava e di altri peccati a cui lo portò la sua tendenza all'eccesso. Per quelli che vivono nel mondo basta questo, con tutte le altre forme d'istruzione che ricevono nella santa Chiesa. Quanto a te, applica a te stessa l'insegnamento di ciò che hai scritto, considerando che tutta la perfezione della vita cristiana si deve fondare sulle verità cattoliche e sulla conoscenza costante e ferma di esse, come le insegna la santa fede della Chiesa. Per imprimerle maggiormente nel tuo cuore, devi trarre profitto da tutto quello che udrai e leggerai nelle divine Scritture ed in altri libri di devozione intorno alle virtù. Questa fede santa deve tradursi in abbondanza di buone opere, attendendo sempre la visita e la venuta dell'Altissimo.

563. Con questa disposizione la tua volontà sarà pronta come io la voglio, affinché quella dell'Onnipotente trovi in te la docilità e sottomissione necessaria per non incontrare resistenza in ciò che ti manifesterà; così, al conoscerlo, tu lo potrai compiere senza altri riguardi verso le creature. Se farai ciò come devi, mi offro di essere la tua stella e di guidarti per i sentieri del Signore, affinché tu cammini velocemente sino a vedere e godere in Sion il volto del tuo Dio e sommo bene. In questo insegnamento ed in quello che accadde ai devoti re d'Oriente è racchiusa una verità essenziale per la salvezza delle anime, ma pochi sono coloro che la conoscono e ancor meno quelli che la tengono nella giusta considerazione. Tale verità è che le ispirazioni e chiamate che Dio invia alle creature regolarmente hanno questo ordine: le prime muovono ad operare alcune virtù; se l'anima corrisponde a queste, l'Altissimo ne invia altre maggiori per farla operare più eccellentemente ed essa, traendo profitto dalle une, si dispone per le altre e riceve nuovi e maggiori aiuti. I favori del Signore vanno così crescendo nella rnisura in cui la creatura corrisponde ad essi. Da ciò intenderai due cose: la prima, quanto grave danno sia disprezzare le opere di qualsiasi virtù e non compierle secondo il dettame delle divine ispirazioni; la seconda, che molte volte Dio darebbe aiuti grandi alle anime, se esse incominciassero a corrispondere a quelli minori, perché è pronto ed aspetta che gli diano modo di operare secondo l'equità dei suoi giudizi e della sua giustizia. Poiché disprezzano questo modo di procedere delle sue chiamate, egli sospende il flusso della sua Divinità e non concede ciò che desidera e che le anime riceverebbero se non frapponessero alcun ostacolo; per tale motivo, queste passano da un abisso ad un altro.

564. I Magi ed Erode presero vie contrarie. Quelli corrisposero con opere buone ai primi aiuti ed alle prime ispirazioni, disponendosi così con molte virtù ad essere chiamati e condotti dalla rivelazione divina alla conoscenza dei misteri dell'incarnazione e nascita del Verbo e della redenzione del genere umano, e da questa felicità a quella di essere santi e perfetti nel cammino del cielo. Il contrario successe ad Erode, perché la sua durezza ed il suo disprezzo del bene operare con gli aiuti del Signore lo condussero a superbia ed ambizione smisurate. E questi vizi lo portarono sino all'ultimo precipizio della crudeltà, cioè tentare di togliere la vita al Redentore del mondo prima che alcun altro uomo macchinasse ciò ed a fingersi a tal fine devoto con simulata pietà. A causa del suo furioso sdegno, per trovarlo giunse a togliere la vita a dei bambini innocenti, affinché non restassero delusi i suoi dannati e perversi disegni.


Saskatoon (Canada), 15 settembre 1994. Festa della Madonna Addolorata. L'anima trafitta.

Don Stefano Gobbi

«"Una spada trapasserà la tua anima". Queste parole, dette dal vecchio Simeone, nel momento in cui offrivo al Signore il mio piccolo Bambino, si sono avverate durante il corso di tutta la vita terrena di mio figlio Gesù. Dalla infanzia insidiata alla sua giovinezza nascosta; dalla vita pubblica contrastata alla suacondanna al patibolo; dalla salita al Calvario alla sua morte sulla Croce: tutta la vita di Gesù è stata un compiersi perenne di questa profezia. Così è stato anche per la Chiesa, corpo mistico di mio figlio Gesù. Durante il suo cammino terreno, nel corso della sua storia intessuta di dolore e di sangue, quante volte la mia anima è stata trafitta da spada! Ma sopratutto in questi ultimi tempi, la vostra Mamma Celeste ha l'anima trafitta da immensi dolori.

La mia anima è trafitta dal dolore di tutta questa povera umanità, che si è allontanata dal suo Signore, per seguire gli idoli del piacere e del benessere, dell'orgoglio e del denaro, dell'odio e della impurità. Come è grande il pericolo che essa possa giungere a distruggersi con le sue stesse mani! Allora, come Mamma preoccupata, Io intervengo per condurla sulla strada della conversione e della penitenza, del ritorno al Signore e della sua salvezza. Ma i miei straordinari interventi non sono accolti, anzi vengono spesso ostacolati ed apertamente rifiutati. La mia anima è trafitta nel vedere la mia Chiesa prostrata sotto il peso di una dolorosissima agonia. In essa si diffondono sempre più gli errori che portano alla perdita della fede; il peccato seduce le menti ed i cuori di tanti miei figli.

Molti cedono alle lusinghe dei piaceri e cadono sotto la schiavitù di Satana, che è riuscito a sedurre tutta la terra. Il mio Papa viene sempre più isolato, deriso, criticato ed abbandonato; molti fra i vescovi ed i sacerdoti percorrono la strada della infedeltà e languono, come luci ormai spente; tanti lupi rapaci, in veste di agnelli, entrano a fare strage nell'ovile di mio figlio Gesù. Ormai la Chiesa è chiamata a vivere le ore della sua passione e della sua cruenta immolazione. La mia anima è trafitta per tante anime che si perdono e ogni giorno vanno all'inferno.

Aiutatemi a salvarle. Aiutatemi con la preghiera, con la sofferenza, con il vostro amore, con la vostra fedeltà. Per questo vi domando di moltiplicare i vostri Cenacoli di preghiera nel tempo conclusivo della grande tribolazione. Così mi aiutate a salvare tanti miei poveri figli, che camminano verso la loro eterna perdizione. La mia anima è trafitta nel vedere in quale situazione è caduta questa grande Nazione in cui ti trovi. Essa è ritornata pagana, vittima del materialismo e della esasperata ricerca del piacere.

La legge di Dio viene sempre più violata e si attenta ogni giorno al dono della vita con gli innumerevoli aborti che vengono compiuti. Grida a tutti, con voce ferma, il mio immenso dolore. Annuncia, senza timore, che il grande castigo è già incominciato e che, per essere salvati, dovete entrare al più presto nel sicuro rifugio del mio Cuore Immacolato. Qui sarete da Me consolati e voi stessi darete conforto alla mia anima che, sopratutto in questi tempi, viene ancora trapassata da immensi dolori».