Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 14° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 20
1Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".3Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.6Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,7e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.9Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.10I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto".14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.15Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo".16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro!17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro".18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto.
19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo;23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.25Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò".
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!".28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".
30Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.31Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Genesi 29
1Poi Giacobbe si mise in cammino e andò nel paese degli orientali.2Vide nella campagna un pozzo e tre greggi di piccolo bestiame, accovacciati vicino, perché a quel pozzo si abbeveravano i greggi, ma la pietra sulla bocca del pozzo era grande.3Quando tutti i greggi si erano radunati là, i pastori rotolavano la pietra dalla bocca del pozzo e abbeveravano il bestiame; poi rimettevano la pietra al posto sulla bocca del pozzo.4Giacobbe disse loro: "Fratelli miei, di dove siete?". Risposero: "Siamo di Carran".5Disse loro: "Conoscete Làbano, figlio di Nacor?". Risposero: "Lo conosciamo".6Disse loro: "Sta bene?". Risposero: "Sì; ecco la figlia Rachele che viene con il gregge".7Riprese: "Eccoci ancora in pieno giorno: non è tempo di radunare il bestiame. Date da bere al bestiame e andate a pascolare!".8Risposero: "Non possiamo, finché non siano radunati tutti i greggi e si rotoli la pietra dalla bocca del pozzo; allora faremo bere il gregge".
9Egli stava ancora parlando con loro, quando arrivò Rachele con il bestiame del padre, perché era una pastorella.10Quando Giacobbe vide Rachele, figlia di Làbano, fratello di sua madre, insieme con il bestiame di Làbano, fratello di sua madre, Giacobbe, fattosi avanti, rotolò la pietra dalla bocca del pozzo e fece bere le pecore di Làbano, fratello di sua madre.11Poi Giacobbe baciò Rachele e pianse ad alta voce.12Giacobbe rivelò a Rachele che egli era parente del padre di lei, perché figlio di Rebecca. Allora essa corse a riferirlo al padre.13Quando Làbano seppe che era Giacobbe, il figlio di sua sorella, gli corse incontro, lo abbracciò, lo baciò e lo condusse nella sua casa. Ed egli raccontò a Làbano tutte le sue vicende.14Allora Làbano gli disse: "Davvero tu sei mio osso e mia carne!". Così dimorò presso di lui per un mese.
15Poi Làbano disse a Giacobbe: "Poiché sei mio parente, mi dovrai forse servire gratuitamente? Indicami quale deve essere il tuo salario".16Ora Làbano aveva due figlie; la maggiore si chiamava Lia e la più piccola si chiamava Rachele.17Lia aveva gli occhi smorti, mentre Rachele era bella di forme e avvenente di aspetto,18perciò Giacobbe amava Rachele. Disse dunque: "Io ti servirò sette anni per Rachele, tua figlia minore".19Rispose Làbano: "Preferisco darla a te piuttosto che a un estraneo. Rimani con me".20Così Giacobbe servì sette anni per Rachele: gli sembrarono pochi giorni tanto era il suo amore per lei.21Poi Giacobbe disse a Làbano: "Dammi la mia sposa, perché il mio tempo è compiuto e voglio unirmi a lei".22Allora Làbano radunò tutti gli uomini del luogo e diede un banchetto.23Ma quando fu sera, egli prese la figlia Lia e la condusse da lui ed egli si unì a lei.24Làbano diede la propria schiava Zilpa alla figlia Lia, come schiava.25Quando fu mattina... ecco era Lia! Allora Giacobbe disse a Làbano: "Che mi hai fatto? Non è forse per Rachele che sono stato al tuo servizio? Perché mi hai ingannato?".26Rispose Làbano: "Non si usa far così nel nostro paese, dare, cioè, la più piccola prima della maggiore.27Finisci questa settimana nuziale, poi ti darò anche quest'altra per il servizio che tu presterai presso di me per altri sette anni".28Giacobbe fece così: terminò la settimana nuziale e allora Làbano gli diede in moglie la figlia Rachele.29Làbano diede alla figlia Rachele la propria schiava Bila, come schiava.30Egli si unì anche a Rachele e amò Rachele più di Lia. Fu ancora al servizio di lui per altri sette anni.
31Ora il Signore, vedendo che Lia veniva trascurata, la rese feconda, mentre Rachele rimaneva sterile.32Così Lia concepì e partorì un figlio e lo chiamò Ruben, perché disse: "Il Signore ha visto la mia umiliazione; certo, ora mio marito mi amerà".33Poi concepì ancora un figlio e disse: "Il Signore ha udito che io ero trascurata e mi ha dato anche questo". E lo chiamò Simeone.34Poi concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta mio marito mi si affezionerà, perché gli ho partorito tre figli". Per questo lo chiamò Levi.35Concepì ancora e partorì un figlio e disse: "Questa volta loderò il Signore". Per questo lo chiamò Giuda. Poi cessò di avere figli.
Giobbe 12
1Giobbe allora rispose:
2È vero, sì, che voi siete la voce del popolo
e la sapienza morirà con voi!
3Anch'io però ho senno come voi,
e non sono da meno di voi;
chi non sa cose simili?
4Ludibrio del suo amico è diventato
chi grida a Dio perché gli risponda;
ludibrio il giusto, l'integro!
5"Per la sventura, disprezzo", pensa la gente
prosperosa,
"spinte, a colui che ha il piede tremante".
6Le tende dei ladri sono tranquille,
c'è sicurezza per chi provoca Dio,
per chi vuol ridurre Dio in suo potere.
7Ma interroga pure le bestie, perché ti
ammaestrino,
gli uccelli del cielo, perché ti informino,
8o i rettili della terra, perché ti istruiscano
o i pesci del mare perché te lo faccian sapere.
9Chi non sa, fra tutti questi esseri,
che la mano del Signore ha fatto questo?
10Egli ha in mano l'anima di ogni vivente
e il soffio d'ogni carne umana.
11L'orecchio non distingue forse le parole
e il palato non assapora i cibi?
12Nei canuti sta la saggezza
e nella vita lunga la prudenza.
13In lui risiede la sapienza e la forza,
a lui appartiene il consiglio e la prudenza!
14Ecco, se egli demolisce, non si può ricostruire,
se imprigiona uno, non si può liberare.
15Se trattiene le acque, tutto si secca,
se le lascia andare, devastano la terra.
16Da lui viene potenza e sagacia,
a lui appartiene l'ingannato e l'ingannatore.
17Rende stolti i consiglieri della terra,
priva i giudici di senno;
18scioglie la cintura dei re
e cinge i loro fianchi d'una corda.
19Fa andare scalzi i sacerdoti
e rovescia i potenti.
20Toglie la favella ai più veraci
e priva del senno i vegliardi.
21Sui nobili spande il disprezzo
e allenta la cintura ai forti.
22Strappa dalle tenebre i segreti
e porta alla luce le cose oscure.
23Fa grandi i popoli e li lascia perire,
estende le nazioni e le abbandona.
24Toglie il senno ai capi del paese
e li fa vagare per solitudini senza strade,
25vanno a tastoni per le tenebre, senza luce,
e barcollano come ubriachi.
Salmi 99
1Il Signore regna, tremino i popoli;
siede sui cherubini, si scuota la terra.
2Grande è il Signore in Sion,
eccelso sopra tutti i popoli.
3Lodino il tuo nome grande e terribile,
perché è santo.
4Re potente che ami la giustizia,
tu hai stabilito ciò che è retto,
diritto e giustizia tu eserciti in Giacobbe.
5Esaltate il Signore nostro Dio,
prostratevi allo sgabello dei suoi piedi,
perché è santo.
6Mosè e Aronne tra i suoi sacerdoti,
Samuele tra quanti invocano il suo nome:
invocavano il Signore ed egli rispondeva.
7Parlava loro da una colonna di nubi:
obbedivano ai suoi comandi
e alla legge che aveva loro dato.
8Signore, Dio nostro, tu li esaudivi,
eri per loro un Dio paziente,
pur castigando i loro peccati.
9Esaltate il Signore nostro Dio,
prostratevi davanti al suo monte santo,
perché santo è il Signore, nostro Dio.
Geremia 44
1Questa parola fu rivolta a Geremia per tutti i Giudei che abitavano nel paese d'Egitto, a Migdòl, a Tafni, a Menfi e nella regione di Patròs.2"Così dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Voi avete visto tutte le sventure che ho mandate su Gerusalemme e su tutte le città di Giuda; eccole oggi una desolazione, senza abitanti,3a causa delle iniquità che commisero per provocarmi, andando a offrire incenso e a venerare altri dèi, che né loro conoscevano né voi né i vostri padri conoscevate.4Eppure, io vi avevo premurosamente inviato tutti i miei servi, i profeti, con l'incarico di dirvi: Non fate questa cosa abominevole che io ho in odio!5Ma essi non mi ascoltarono e non prestarono orecchio in modo da abbandonare la loro iniquità cessando dall'offrire incenso ad altri dèi.6Perciò la mia ira e il mio furore divamparono come fuoco nelle città di Giuda e nelle strade di Gerusalemme ed esse divennero un deserto e una desolazione, come sono ancor oggi.
7Dice dunque il Signore, Dio degli eserciti, Dio di Israele: Perché voi fate un male così grave contro voi stessi tanto da farvi sterminare di mezzo a Giuda uomini e donne, bambini e lattanti, in modo che non rimanga di voi neppure un resto?8Perché mi provocate con l'opera delle vostre mani, offrendo incenso a divinità straniere nel paese d'Egitto dove siete venuti a dimorare, in modo da farvi sterminare e da divenire oggetto di esecrazione e di obbrobrio tra tutte le nazioni della terra?9Avete forse dimenticato le iniquità dei vostri padri, le iniquità dei re di Giuda, le iniquità dei vostri capi, le vostre iniquità e quelle delle vostre mogli, compiute nel paese di Giuda e per le strade di Gerusalemme?10Fino ad oggi essi non ne hanno sentito rimorso, non hanno provato timore e non hanno agito secondo la legge e i decreti che io ho posto davanti a voi e ai vostri padri".
11Perciò dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: "Ecco, io rivolgo la faccia verso di voi a vostra sventura e per distruggere tutto Giuda.12Abbatterò il resto di Giuda, che ha deciso di andare a dimorare nel paese d'Egitto; essi periranno tutti nel paese d'Egitto; cadranno di spada e periranno di fame, dal più piccolo al più grande; moriranno di spada e di fame e saranno oggetto di maledizione e di orrore, di esecrazione e di obbrobrio.13 Punirò coloro che dimorano nel paese d'Egitto come ho punito Gerusalemme con la spada, la fame e la peste.14Nessuno scamperà né sfuggirà fra il resto di Giuda che è venuto a dimorare qui nel paese d'Egitto con la speranza di tornare nella terra di Giuda, dove essi desiderano ritornare ad abitare; essi non vi ritorneranno mai, eccettuati pochi fuggiaschi".
15Allora tutti gli uomini che sapevano che le loro donne avevano bruciato incenso a divinità straniere, e tutte le donne che erano presenti, una grande folla, e tutto il popolo che dimorava nel paese d'Egitto e in Patros, risposero a Geremia:16"Quanto all'ordine che ci hai comunicato in nome del Signore, noi non ti vogliamo dare ascolto;17anzi decisamente eseguiremo tutto ciò che abbiamo promesso, cioè bruceremo incenso alla Regina del cielo e le offriremo libazioni come abbiamo già fatto noi, i nostri padri, i nostri re e i nostri capi nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme. Allora avevamo pane in abbondanza, eravamo felici e non vedemmo alcuna sventura;18ma da quando abbiamo cessato di bruciare incenso alla Regina del cielo e di offrirle libazioni, abbiamo sofferto carestia di tutto e siamo stati sterminati dalla spada e dalla fame".19E le donne aggiunsero: "Quando noi donne bruciamo incenso alla Regina del cielo e le offriamo libazioni, forse che senza il consenso dei nostri mariti prepariamo per lei focacce con la sua immagine e le offriamo libazioni?".
20Allora così parlò Geremia a tutto il popolo, agli uomini e alle donne e a tutta la gente che gli avevano risposto in quel modo:21"Forse che il Signore non si ricorda e non ha più in mente l'incenso che voi bruciavate nelle città di Giuda e per le strade di Gerusalemme, voi e i vostri padri, i vostri re e i vostri capi e il popolo del paese?22Il Signore non ha più potuto sopportare la malvagità delle vostre azioni né le cose abominevoli che avete commesse. Per questo il vostro paese è divenuto un deserto, oggetto di orrore e di esecrazione, senza abitanti, come oggi si vede.23Per il fatto che voi avete bruciato incenso e avete peccato contro il Signore, non avete ascoltato la voce del Signore e non avete camminato secondo la sua legge, i suoi decreti e i suoi statuti, per questo vi è capitata questa sventura, come oggi si vede".
24Geremia disse a tutto il popolo e a tutte le donne: "Ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che siete nel paese d'Egitto.25Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Voi donne lo avete affermato con la bocca e messo in atto con le vostre mani, affermando: Noi adempiremo tutti i voti che abbiamo fatto di offrire incenso alla Regina del cielo e di offrirle libazioni! Adempite pure i vostri voti e fate pure le vostre libazioni.
26Tuttavia ascoltate la parola del Signore, voi tutti di Giuda che abitate nel paese di Egitto. Ecco, io giuro per il mio grande nome - dice il Signore - che mai più il mio nome sarà pronunciato in tutto il paese d'Egitto dalla bocca di un uomo di Giuda che possa dire: Per la vita del Signore Dio!27Ecco, veglierò su di essi per loro disgrazia e non per loro bene. Tutti gli uomini di Giuda che si trovano nel paese d'Egitto periranno di spada e di fame fino al loro sterminio.28Gli scampati dalla spada torneranno dal paese d'Egitto nella terra di Giuda molto scarsi di numero. Tutto il resto di Giuda, coloro che sono andati a dimorare nel paese d'Egitto, sapranno quale parola si avvererà, se la mia o la loro.29Questo sarà per voi il segno - dice il Signore - che io vi punirò in questo luogo, perché sappiate che le mie parole si avverano sul serio contro di voi, per vostra disgrazia.
30Così dice il Signore: Ecco io metterò il faraone Cofrà re di Egitto in mano ai suoi nemici e a coloro che attentano alla sua vita, come ho messo Sedecìa re di Giuda in mano a Nabucodònosor re di Babilonia, suo nemico, che attentava alla sua vita".
Prima lettera ai Corinzi 7
1Quanto poi alle cose di cui mi avete scritto, è cosa buona per l'uomo non toccare donna;2tuttavia, per il pericolo dell'incontinenza, ciascuno abbia la propria moglie e ogni donna il proprio marito.
3Il marito compia il suo dovere verso la moglie; ugualmente anche la moglie verso il marito.4La moglie non è arbitra del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è arbitro del proprio corpo, ma lo è la moglie.5Non astenetevi tra voi se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi ritornate a stare insieme, perché satana non vi tenti nei momenti di passione.6Questo però vi dico per concessione, non per comando.7Vorrei che tutti fossero come me; ma ciascuno ha il proprio dono da Dio, chi in un modo, chi in un altro.
8Ai non sposati e alle vedove dico: è cosa buona per loro rimanere come sono io;9ma se non sanno vivere in continenza, si sposino; è meglio sposarsi che ardere.
10Agli sposati poi ordino, non io, ma il Signore: la moglie non si separi dal marito -11e qualora si separi, rimanga senza sposarsi o si riconcili con il marito - e il marito non ripudi la moglie.
12Agli altri dico io, non il Signore: se un nostro fratello ha la moglie non credente e questa consente a rimanere con lui, non la ripudi;13e una donna che abbia il marito non credente, se questi consente a rimanere con lei, non lo ripudi:14perché il marito non credente viene reso santo dalla moglie credente e la moglie non credente viene resa santa dal marito credente; altrimenti i vostri figli sarebbero impuri, mentre invece sono santi.15Ma se il non credente vuol separarsi, si separi; in queste circostanze il fratello o la sorella non sono soggetti a servitù; Dio vi ha chiamati alla pace!16E che sai tu, donna, se salverai il marito? O che ne sai tu, uomo, se salverai la moglie?
17Fuori di questi casi, ciascuno continui a vivere secondo la condizione che gli ha assegnato il Signore, così come Dio lo ha chiamato; così dispongo in tutte le chiese.18Qualcuno è stato chiamato quando era circonciso? Non lo nasconda! È stato chiamato quando non era ancora circonciso? Non si faccia circoncidere!19La circoncisione non conta nulla, e la non circoncisione non conta nulla; conta invece l'osservanza dei comandamenti di Dio.20Ciascuno rimanga nella condizione in cui era quando fu chiamato.21Sei stato chiamato da schiavo? Non ti preoccupare; ma anche se puoi diventare libero, profitta piuttosto della tua condizione!22Perché lo schiavo che è stato chiamato nel Signore, è un liberto affrancato del Signore! Similmente chi è stato chiamato da libero, è schiavo di Cristo.23Siete stati comprati a caro prezzo: non fatevi schiavi degli uomini!24Ciascuno, fratelli, rimanga davanti a Dio in quella condizione in cui era quando è stato chiamato.
25Quanto alle vergini, non ho alcun comando dal Signore, ma do un consiglio, come uno che ha ottenuto misericordia dal Signore e merita fiducia.26Penso dunque che sia bene per l'uomo, a causa della presente necessità, di rimanere così.27Ti trovi legato a una donna? Non cercare di scioglierti. Sei sciolto da donna? Non andare a cercarla.28Però se ti sposi non fai peccato; e se la giovane prende marito, non fa peccato. Tuttavia costoro avranno tribolazioni nella carne, e io vorrei risparmiarvele.
29Questo vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve; d'ora innanzi, quelli che hanno moglie, vivano come se non l'avessero;30coloro che piangono, come se non piangessero e quelli che godono come se non godessero; quelli che comprano, come se non possedessero;31quelli che usano del mondo, come se non ne usassero appieno: perché passa la scena di questo mondo!32Io vorrei vedervi senza preoccupazioni: chi non è sposato si preoccupa delle cose del Signore, come possa piacere al Signore;33chi è sposato invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere alla moglie,34e si trova diviso! Così la donna non sposata, come la vergine, si preoccupa delle cose del Signore, per essere santa nel corpo e nello spirito; la donna sposata invece si preoccupa delle cose del mondo, come possa piacere al marito.35Questo poi lo dico per il vostro bene, non per gettarvi un laccio, ma per indirizzarvi a ciò che è degno e vi tiene uniti al Signore senza distrazioni.
36Se però qualcuno ritiene di non regolarsi convenientemente nei riguardi della sua vergine, qualora essa sia oltre il fiore dell'età, e conviene che accada così, faccia ciò che vuole: non pecca. Si sposino pure!37Chi invece è fermamente deciso in cuor suo, non avendo nessuna necessità, ma è arbitro della propria volontà, ed ha deliberato in cuor suo di conservare la sua vergine, fa bene.38In conclusione, colui che sposa la sua vergine fa bene e chi non la sposa fa meglio.
39La moglie è vincolata per tutto il tempo in cui vive il marito; ma se il marito muore è libera di sposare chi vuole, purché ciò avvenga nel Signore.40Ma se rimane così, a mio parere è meglio; credo infatti di avere anch'io lo Spirito di Dio.
Capitolo XLVIII: La vita eterna e le angustie della vita presente
Leggilo nella Biblioteca1. O beata dimora della città suprema, o giorno spendente dell'eternità, che la notte non offusca; giorno perennemente irradiato dalla somma verità; giorno sempre gioioso e sereno; giorno, per sua essenza, immutabile! Volesse il cielo che tutte queste cose temporali finissero e che sopra di noi brillasse quel giorno; il quale già illumina per sempre, di splendida luce, i santi, mentre, per coloro che sono pellegrini su questa terra, esso splende soltanto da lontano e di riflesso! Ben sanno i cittadini del cielo quanto sia piena di gioia quell'età; lamentano gli esuli figli di Eva quanto, invece, sia grave e pesante l'età presente. Invero, brevi e duri, pieni di dolori e di angustie, sono i giorni di questo nostro tempo, durante i quali l'uomo è insozzato da molti peccati e irretito da molte passioni, oppresso da molte paure, schiacciato da molti affanni, distratto da molte curiosità, impicciato in molte cose vane, circondato da molti errori, atterrito da molte fatiche, appesantito dalle tentazioni, snervato dai piaceri, afflitto dal bisogno. Oh!, quando finiranno questi mali; quando mi libererò dalla miserevole schiavitù dei vizi; quando, nella mia mente avrò soltanto te, o Signore, e in te troverò tutta la mia gioia; quando godrò di libertà vera, senza alcun legame, senza alcun gravame della mente e del corpo; quando avrò pace stabile e sicura, da nulla turbata, pace interiore ed esteriore, pace non minacciata da alcuna parte? O buon Gesù, quando ti vedrò faccia a faccia; quando contemplerò la gloria del tuo regno; quando sarai il tutto per me (1Cor 15,28); quando sarò con te nel tuo regno, da te preparato dall'eternità per i tuoi diletti? Sono qui abbandonato, povero ed esule in terra nemica, ove ci sono continue lotte e immani disgrazie. Consola tu il mio esilio, lenisci il mio dolore, perché ogni mio desiderio si volge a te con sospiri. Infatti qualunque cosa il mondo mi offra come sollievo, essa mi è invece di peso. Desidero l'intimo godimento di te, ma non mi è dato di raggiungerlo; desidero star saldo alle cose celesti, ma le cose temporali e le passioni non mortificate mi tirano in basso; nello spirito, voglio pormi al di sopra di tutte le cose, ma, nella carne, sono costretto a subirle, contro mia voglia. E così, uomo infelice, combatto con me stesso e divento un peso per me stesso (Gb 7,20), ché lo spirito tende all'alto e la carne al basso.
2. Oh!, quale è l'intima mia sofferenza, quando, dentro di me, sto pensando alle cose del cielo e, mentre prego, di colpo, mi balza davanti la turba delle cose carnali. Dio mio, "non stare lontano da me" (Sal 70,12) e "non allontanarti in collera dal tuo servo" (Sal 26,9). "Lancia i tuoi fulmini", disperdi questa turba; "lancia le tue saette e saranno sconvolte le macchinazioni del nemico" (Sal 143,6). Fa' che i miei sentimenti siano concentrati in te; fa' che io dimentichi tutto ciò che appartiene al mondo; fa' che io cacci via e disprezzi le ingannevoli immagini con le quali ci appare il vizio. Vieni in mio aiuto, o eterna verità, cosicché nessuna cosa vana abbia potere di smuovermi; vieni, o celeste soavità; cosicché ogni cosa non pura fugga davanti al tuo volto. Ancora, perdonami e assolvimi, nella tua misericordia, ogni volta che, nella preghiera, vado pensando ad altro fuori che a te. In verità, confesso sinceramente di essere solitamente molto distratto; ché, ben spesso, io non sono là dove materialmente sto e seggo, ma sono invece là dove vengo portato dalla mente. Là dove è il mio pensiero, io sono; il mio pensiero solitamente è là dove sta ciò che io amo; è quello che fa piacere alla nostra natura, o ci è caro per abitudine, che mi viene d'un tratto alla mente. Per questo tu, che sei la verità, dicesti chiaramente: "dove è il tuo tesoro là è il tuo cuore" (Mt 6,21). Se amo il cielo, volentieri penso alle cose del cielo; se amo il mondo, mi rallegro delle gioie e mi rattristo delle avversità del mondo; se amo le cose carnali, di esse sovente vado. Fantasticando; se amo ciò che è spirito, trovo diletto nel pensare alle cose dello spirito. Qualunque siano le cose che io amo, di queste parlo e sento parlare volentieri; di queste riporto a casa il ricordo. Beato invece colui che, per te, o Signore, lascia andare tutto ciò che è creato, e che, facendo violenza alla natura, crocifigge i desideri della carne col fervore dello Spirito: così da poterti offrire, a coscienza tranquilla, una orazione pura; così da essere degno di prendere parte ai cori celesti, rifiutando, dentro e fuori di sé, ogni cosa terrena.
Contro il Manicheo Secondino - libro secondo
Contro il manicheo Secondino - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella BibliotecaCONTRO IL MANICHEO SECONDINO
La buona coscienza di Agostino.
1. La benevolenza che traspare dalla tua lettera mi è gradita. Ma se devo ricambiare il tuo affetto, sono triste perché sei rimasto tenacemente legato a falsi sospetti, in parte riguardo me, in parte contro la stessa verità che non può essere cambiata. Ma ciò che di non vero attribuisci al mio animo, facilmente trascuro. Infatti mi attribuisci ciò che, sebbene non riconosca in me, potrebbe tuttavia esserci in un uomo. Quindi sebbene sbagli sul mio conto, non sbagli nell’inserirmi nel numero degli uomini, poiché ciò che reputi essere in me, potrebbe essere comunque nell’animo umano, sebbene non ci sia nel mio. Quindi non c’è bisogno che mi sforzi a levarti questa idea. Infatti la tua speranza non dipende da me, e nulla impedisce che tu possa essere buono prima che lo diventi io. Pensa di Agostino ciò che vuoi: la sola coscienza non mi accusi agli occhi di Dio. Come dice l’Apostolo: A me interessa poco essere giudicato da voi, o da un tribunale terrestre 1. Io non ti darò il contraccambio, per non osar pensare male in qualche cosa della tua mente, che non posso capire. E non dico che tu mi abbia voluto offendere subdolamente, ma di te penso tutto ciò che tu stesso scrivi di te nella tua lettera. Perciò non importa che tu non abbia pensato bene sul mio conto, ritenendo che io abbia lasciato l’eresia dei Manichei per paura di qualche scomodità materiale che mi sarebbe potuta venire dall’aderire alla vostra comunità, o per il desiderio di onore che mi sarebbe potuto derivare dalla Chiesa cattolica. Tuttavia, per quanto mi riguarda, non pensando male di te, credo che il tuo sospetto sia benevolo e ritengo che tu mi abbia scritto non per accusarmi, ma per correggermi. Se poi avessi la bontà di credermi, tu che attacchi i segreti del mio animo, che non posso tirar fuori e mostrare ai tuoi occhi, facilmente cambieresti idea e non vorresti più affermare temerariamente ciò che non sai.
Perché Agostino ha lasciato i Manichei.
2. Lo ammetto, ho lasciato i Manichei per paura, ma per paura di quelle parole che ha detto l’apostolo Paolo: Lo Spirito dice chiaramente che nei tempi a venire alcuni abbandoneranno la fede, dando ascolto agli spiriti seduttori e alle dottrine dei demoni impartite da ipocriti impostori, che hanno la coscienza bruciata, che proibiscono le nozze ed il cibo che Dio ha creato, per azione di grazia, perché se ne sfamassero i fedeli e coloro che conobbero la verità. Ogni creatura di Dio è infatti buona, e non deve essere respinto nulla di ciò che può essere percepito per opera di grazia 2. Sebbene con queste parole l’Apostolo abbia voluto descrivere forse altri eretici, tuttavia brevemente e chiaramente ha descritto soprattutto i Manichei. Per questa paura, pur avendo solo la saggezza di un ragazzo, me ne andai da quella comunità. Ammetto anche di aver desiderato ardentemente l’onore, per allontanarmi da lì, ma quell’onore di cui parla l’Apostolo: Gloria, onore e pace a chi opera il bene 3. Ora chi tenterà di operare il bene, se riterrà che il male non sia nella volontà mutevole, ma nella natura immutabile? Da cui viene che lo stesso Signore, a coloro che pur essendo malvagi pensavano di dire cose buone, disse: O fate albero e frutti buoni, o albero e frutti malvagi 4. Ma ai malvagi mutati in buoni, l’Apostolo dice: Siete stati una volta oscurità, adesso siete luce nel Signore 5. Ma se non vuoi credermi sui sentimenti che nutre il mio animo, pensa ciò che vuoi, bada solo a ciò che pensi della stessa verità. Non ti prenda nessuna tentazione che non sia umana 6. Umano infatti è l’errore che tu credi essere nel mio animo, che potrebbe esserci anche se non c’è. Credi essere verità la sacrilega favola persiana, che è assolutamente falsa e del tutto ingannevole riguardo non solo ad un uomo qualsiasi, ma anche riguardo al sommo Dio, ed è intrecciata ed inchiodata a terribili menzogne. Non posso lasciar correre, né trascurare simile morte dell’anima. Infatti è ciò di cui posso discutere con te. Infatti non solo riguardo al mio animo, di cui non posso dire niente di più se non di credermi, ma se non lo vuoi fare, non so che fare.Sbagli anche riguardo alla luce dell’anima che le menti razionali, quanto più pure tanto più serenamente vedranno. Se mi ascoltassi con pazienza, ti dimostrerei quanto è lontano dalla verità ciò che pensi. Come infatti non posso percepire le sensazioni che provano i tuoi occhi, né tu quelle dei miei, ma riguardo ad esse possiamo credere o non credere, mentre entrambi possiamo indicare l’immagine che è visibile ai nostri occhi, così è anche riguardo alle emozioni delle nostre anime, che sono solo le nostre, se ci piace ci crediamo, se non ci piace non ci crediamo. Allo stesso modo osserviamo con menti serene la ragione della verità, che non è mia né tua, ma per entrambi è posta per essere osservata, senza la nebbia dell’ostinazione.
Gesù primogenito e re di tutte le luci.
3. Non ti porterò altri documenti, per dimostrare l’errore di Mani, se non la stessa tua lettera. Scrivi infatti: Ringrazio l’ineffabile e santissima Maestà di Dio, ed il suo primogenito sovrano di tutte le luci, Gesù Cristo. Dimmi di quali luci sia re Gesù Cristo, di quelle che ha creato o di quelle che ha generato? Noi infatti diciamo che Dio Padre ha generato un Figlio uguale a lui, per mezzo di lui ha poi creato, cioè ha stabilito e fatto le creature inferiori, che evidentemente non possono essere quel che è colui che fece e per cui fece. Così poiché per mezzo di lui fece i secoli, giustamente è detto dall’Apostolo re dei secoli 7, come chi sta in alto per chi sta in basso, e forte nel governare, governando chi necessita di un governo. Ma tu, quando chiami Gesù Cristo re di tutte le luci, se le ha generate, dimmi perché non sono uguali a chi le ha generate? Se poi le consideri uguali, come mai lo definisci sovrano di esse, dato che il re deve governare, e in nessun modo quelli che sono governati possono essere uguali a colui che li governa? Ma se poi queste luci non le ha generate, ma le ha create, da dove le creò? Se le propagò da se stesso, perché sono inferiori? Perché degenerarono? Se non da se stesso dimmi da dove? O forse non generò né creò i lumi su cui regna? Hanno origine e natura propria, ma sicuramente sono meno forti, poiché si aspettano o desiderano essere governati dal vicino più potente. Non capisci che se è così, oltre al popolo delle tenebre, ci sono altre due nature, e che l’una ha bisogno dell’altra, ma nessuna delle due dipende dallo stesso principio dell’altra? Tu di certo rifiuterai questa opinione, perché del tutto contraria a quella di Mani, che tenta di affermare che non costituiscono due nature il re dei lumi e i lumi che sono governati, ma ci sono il regno delle luci e quello delle tenebre. Ti rifugerai nel dire che i lumi sono generati e quando domanderò perché siano inferiori, probabilmente tenterai di dire che sono uguali. Ma se nuovamente ti domandassi perché siano governati e tu negassi che lo siano, allora ti chiederò perché abbiano un re. Ove non vedo altra soluzione per la tua ingenuità, se non di pentirti dell’entrata che hai messo nella tua lettera, attraverso cui tu stesso non riesci ad uscire. Ma anche se ti dovessi pentire e dicessi che non bisogna considerare sconfitto Mani perché nella tua lettera hai commesso qualche imprudenza, citerò innumerevoli passi dai libri di Mani, dove parla del regno della luce che per natura è opposto al regno delle tenebre, e dove parla non di un regno, ma di regni. Perché nella stessa lettera del rovinoso Fondamento, parlando di Dio Padre, dice: Non essendoci nei suoi regni nulla di mancante o di malfermo. Dove poi esistono regni, chi è tanto cieco da non capire che non possono esserci re in tutto uguali a coloro su cui regnano? Se vuoi riflettere, chi è tanto vicino e tanto conveniente all’onestà del tuo cuore da farti pentire di aver scritto queste cose nella tua lettera? Senza dubbio Gesù Cristo è re dei lumi che non sono in alcun modo uguali a lui, ma sottomessi, ed è rettore di loro beati. Pentiti piuttosto d’essere stato di Mani, di cui la fronte veritiera della tua lettera con un solo colpo ha abbattuto le ingannevoli macchinazioni. Poiché infatti Cristo è re dei lumi, né creò da se stesso creature inferiori su cui regnare, né li prese vicino a sé per regnare su di essi, lui che non li generò né li creò, perché non ci fossero due generi di bene, indipendenti l’uno dall’altro, senza bisogno l’uno dell’altro, cosa che è contraria all’ordine della verità. Resta che non generò quei lumi su cui regna, che sono buoni, poiché sono inferiori, né li ha usurpati, poiché sono suoi, ma Dio li ha fatti e li ha stabiliti.
Omogeneità di natura fra Dio e i suoi prodotti.
4. Se volessi chiedere da dove Dio creò i lumi, e cominciassi ad immaginare il soccorso di una materia che Dio stesso non fece, perché non sembri che l’onnipotente non possa fare ciò che vuole senza l’aiuto di un qualcosa che non ha fatto, di nuovo così subiresti le inesplicabili ombre dell’errore. Ma aggiungendo per un colpo di genio i detti profetici riguardo alla sublime ed ineffabile Maestà: Disse e le cose sono state fatte; comandò e furono create 8. In questo modo vedrai in che senso nella religione cattolica si dica che Dio fece dal nulla tutte le cose molto buone 9. Se infatti le avesse create da qualcosa, le avrebbe create o da se stesso, o da altro. Ma se da se stesso, Dio le ha generate e non le ha create. Ma perché dunque ha generato esseri inferiori? Se infatti non fossero inferiori, Dio non potrebbe essere loro re. Se non le ha generate da se stesso, non le ha create nemmeno da altro che non ha fatto. Se infatti le avesse fatte da altro, esisteva già un qualche bene che lui non aveva fatto, da cui avrebbe stabilito il regno per sé. Se è così, Dio non è più il creatore delle cose buone, poiché esisteva un bene che non aveva creato (infatti non dal male aveva fatto i lumi su cui regnare). Resta perciò che se li fece da qualcosa, li fece da qualcosa che aveva già fatto.
La primogenitura di Cristo.
5. Da ciò viene che dobbiamo ammettere che Dio abbia creato dal nulla le prime origini delle cose che voleva stabilire. Altrimenti, quando hai detto che Gesù Cristo è primogenito dell’ineffabile e santissima Maestà di Dio, vuoi che s’intenda non secondo la concezione umana, per la quale Cristo si è degnato, come dice l’Apostolo e come crede la fede cattolica, di avere fratelli per adozione rispetto ai quali è primogenito 10, ma vuoi piuttosto che s’intenda secondo la stessa eccellenza della divinità, così che i lumi su cui governa siano suoi fratelli, non fatti dal Padre per lui, ma generati dal Padre dopo di lui e, dato che sono stati generati dopo, lui è primogenito, ma tutti sono della stessa sostanza del Padre? Se credi che sia così, per prima cosa vai contro il Vangelo, dove Gesù Cristo è anche detto unigenito: E abbiamo visto, dice, la sua gloria che come quella di un unigenito proviene dal Padre. Non avrebbe assolutamente detto la verità se l’eterna virtù e santità del Figlio, che è della stessa sostanza del Padre ed è prima di tutte le creature, avesse fratelli della stessa sostanza. Poiché i testi sacri parlano di un Figlio unigenito e primogenito: unigenito perché non ha fratelli, primogenito perché li ha, non riusciresti in nessun modo a comprendere come le due cose si accordino al Figlio, secondo la stessa natura della divinità. Ma la fede cattolica, che distingue tra Creatore e creatura, non ha alcuna difficoltà nel comprendere questi due termini, accogliendo unigenito secondo ciò che è scritto: In principio c’era il Verbo, ed il Verbo era in Dio, e Dio era il Verbo 11, primogenito di tutte le creature secondo quanto dice l"Apostolo: Così è primogenito di molti fratelli 12, che il padre generò per una fraterna società, non della stessa sostanza, ma per adozione di grazia. Leggi così le scritture: non troverai mai che Cristo è figlio di Dio per adozione. Di noi poi molto spesso è detto: Avete ricevuto lo spirito di adozione dei figli, aspettando l’adozione, la redenzione del nostro corpo 13; Per ricevere l’adozione dei figli 14; Ci ha predestinato ad essere figli adottivi 15; Gente santa, popolo destinato all’adozione 16; Vi ha chiamato per mezzo del nostro Vangelo all’adozione della gloria del nostro Signore Gesù Cristo 17, e tutti gli altri passi del genere che possono venire incontro nel ricordarli o nel leggerli. Infatti una cosa è che per l’eccellenza del padre sia l’unico Figlio di Dio, altra che per una grazia misericordiosa ricevano il potere di diventare figli di Dio credendo in lui. Diede loro la possibilità - dice san Giovanni - di diventare figli di Dio 18. Quindi non lo erano per natura, ma ebbero la possibilità di esserlo credendo nel suo unico figlio, che non ha risparmiato, ma a noi tutti lo ha consegnato 19, per renderlo in rapporto a lui unigenito, in rapporto a noi primogenito. Quindi da quello è unigenito, non dalla carne, dal sangue, o dalla volontà dell’uomo, né dalla volontà della carne, ma da Dio, per lui diviene primogenito dei fratelli nella Chiesa: Il Verbo divenne carne, e abitò tra noi 20. Noi in quanto siamo stati per natura figli dell’ira 21 e della vendetta, legati al vincolo della mortalità, pur essendo lui il creatore, che senza alcun dubbio dall’alto al basso dispone ogni cosa per misura, numero e peso 22, tuttavia noi siamo nati dalla carne, dal sangue e dalla volontà dell’uomo o dalla volontà della carne, ma dopo che abbiamo ricevuto il potere di diventare figli di Dio, noi siamo nati non dalla carne, dal sangue, o dalla volontà dell’uomo, o dalla volontà della carne, ma da Dio, non con uguale natura, ma per la grazia dell’adozione.
Cristo e i suoi fratelli.
6. Quindi se ti concedessi che Gesù Cristo non sia l’unico figlio del Padre, secondo la stessa divina sostanza, ma che abbia fratelli nati dopo di lui, nei confronti dei quali è primogenito, come potrebbe essere loro re? Te lo chiedo, oppure oseresti dire che è più forte perché nato per primo? Ti dovresti vergognare di credere che sia così. Se non è ciò che pensi, cos’è che pensi? Addolcisci il tuo animo e rendilo mite nel considerare la verità senza ostinazione. Vorrei chiederti anche in che modo intendi che Gesù Cristo sia primogenito in quella divina, ottima ed eterna sostanza: perché nato per primo nel tempo, così da considerarlo primogenito rispetto a quelli che sono nati dopo in quel regno (né possiamo dire di quante ore, giorni, mesi, o anni sia più anziano chi è nato per primo, ma tuttavia pensiamo che per un certo intervallo e spazio temporale queste generazioni si siano succedute), o forse non nel tempo, ma per la stessa eccellenza di una divinità più alta, per la quale meritò di essere re sui suoi fratelli lumi, e lo consideriamo primogenito, come nato in un principato? Se risponderai che nel tempo è il primo e maggiore dei fratelli, e per questo gli è stato dato il regno sui fratelli, perché nascendo li ha preceduti, e perché egli c’era quando quelli non c’erano ancora, perché lo chiami fratello? Perché vuoi fare precipitare il tuo cuore in un precipizio di empietà, ritenendo che quella divina e somma natura possa cadere nella mutabilità del tempo, e che possa esistere qualcosa che non ci fu prima? O forse, poiché occorreva che di là si facessero avanzare delle luci contro la stirpe delle tenebre, chiami generazioni queste stesse manifestazioni che pensi essere state fatte nel tempo per combattere nel tempo? Quindi non bastava una luce, perché tutta quella guerra la faceva per virtù divina. Ma se c’era bisogno di molti, l’ordine spirituale permette di pensare che l’ingresso è stato troppo stretto, perché potessero uscire insieme allo stesso tempo e che quello che dei fratelli fosse uscito per primo fosse detto primogenito e meritasse di divenire re sugli altri? Non voglio affrontare minuziosamente ogni argomento, per non essere prolisso, per il tuo ingegno capace di cogliere tutto da poche cose. Eleva dunque lo spirito, sgombra la nebbia della contesa. Vedo che né secondo i luoghi, né secondo i tempi, i moti, i progressi, l’origine, il tramonto ci possano essere cambiamenti, se non in una natura mutevole, che tuttavia se non venisse da Dio artefice e creatore, l’Apostolo non avrebbe detto: E onorarono e riverirono le creature piuttosto che il Creatore, che è benedetto nei secoli 23.
Differenza fra Creatore e creatura.
7. In questo passo, due sono le cose assolutamente importanti, che ti prego di considerare con me. La prima è che se si trattasse di una creatura estranea a Dio, l’Apostolo non avrebbe parlato di Dio come di un creatore; la seconda è che se il Creatore e la creatura fossero della stessa sostanza, l’Apostolo non avrebbe sottolineato che: Servirono la creatura piuttosto che il Creatore, poiché chiunque avesse servito non avrebbe smesso di onorare quella stessa sostanza. Come infatti nessuno può servire il Figlio senza servire anche il Padre, perché sono entrambi della stessa sostanza, così nessuno potrebbe servire la creatura senza servire il Creatore, se fossero entrambi della stessa sostanza. Quindi se tu distinguessi e capissi, comprenderesti che c’è molta differenza tra Creatore e creatura e dovresti comprendere come la creatura non sia la prole del Creatore. Se lo fosse non sarebbe inferiore, ma uguale e della stessa sostanza, e per questo chiunque servisse e onorasse la creatura, nello stesso tempo servirebbe e onorerebbe il suo Creatore e Padre. Ma per lo stesso fatto che sono stati ripresi e considerati detestabili dall’Apostolo coloro i quali hanno onorato e servito la creatura piuttosto che il Creatore, è dimostrato chiaramente che le loro sostanze siano diverse. Allo stesso modo infatti non può essere visto e compreso il Figlio, se nello stesso non è compreso il Padre. Lo stesso Figlio infatti dice: Chi vede me vede anche il Padre 24, e così non può essere onorato il Figlio senza che si onori il Padre. E perciò se il Figlio è una creatura, e non può essere onorato senza che sia onorato anche il Creatore, non sono dannati coloro i quali onorano la creatura piuttosto che il Creatore. Credo che tu capisca in questo modo che non ti conviene dire che Gesù Cristo è primogenito della segretissima ed ineffabile Maestà e re di tutte le luci, a meno che la smetti di essere un manicheo così da non distinguere tra creatura e Creatore. Così Gesù Cristo è unigenito perché è Verbo di Dio, Dio in Dio 25, allo stesso modo immutabile ed eterno, non pensando di essere uguale a Dio per usurpazione 26. Allo stesso modo è primogenito di tutte le creature, perché in lui tutte le cose sono state create, nei cieli e sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili. Conosci infatti la lettera dell’Apostolo ai Colossesi 27.
I gradi della creazione.
8. Perciò quando ti domando da dove vengano tutte le creature che, per quanto buone nel loro genere, sono comunque inferiori al Creatore e a lui che è immutabile corrispondono loro che sono mutabili, tu non saprai rispondere altro se non che la creatura è stata fatta dal nulla. E perciò quando pecca, quella creatura e la parte di lei che pecca può tendere al nulla, non perché lo sia, ma perché ha meno vigore ed è meno forte. Infatti se tu spingessi fino al limite estremo di questa diminuzione di vigore e forza, non rimarrebbe nulla. La creatura ama di sua volontà la vanità quando, abbandonata la stabilità della verità, segue le cose opinabili, cioè che mutano. Mentre quando sconta la giusta punizione, non di sua volontà soggiace alla vanità, com’è sottomessa nell’uomo che pecca. Infatti questo dice l’Apostolo: Ogni creatura è sottomessa alla vanità non per propria volontà 28. Infatti l’uomo riassume in sé tutto. C’è qualcosa nell’uomo che è invisibile in rapporto all’anima, e visibile in rapporto al corpo. Ogni creatura poi è in parte visibile, in parte invisibile, ma non tutte le creature possono riassumersi negli animali, in cui non c’è niente di intellettuale. L’Apostolo dice che la creatura è sottomessa nella speranza, per la misericordia del Liberatore, per la remissione dei peccati e l’adozione di grazia. Se non volessi ammettere che la creatura è stata fatta dal Padre per mezzo del Figlio nella bontà dello Spirito Santo, Trinità che rimane sempre consustanziale, eterna e immutabile, e che è stata fatta dal nulla, non uguale al Creatore e mutabile, sarei costretto a dire in maniera sacrilega che Dio abbia generato da se stesso qualcosa che non è uguale al generante, e che possa essere sottomessa alla vanità. Ma se dicessi che sono uguali, sarebbero entrambi mutabili. Quale peggiore empietà che questa di credere, dire e preferire per una perversa convinzione un Dio che muta in peggio, piuttosto che con giusta convinzione mutare se stessi in meglio? Se avrai paura di dire che Dio sia mutevole, poiché grande ed evidentissima sarebbe l’empietà, dirai allora che la creatura sia immutabile, così da renderla uguale al Creatore e di una stessa sostanza, ma a questo punto la tua stessa lettera di nuovo ti risponderà. Onde viene quell’anima che poni in mezzo agli spiriti e della quale dici che dal principio la sua stessa natura diede la vittoria, ma ad essa imponi una legge ed una condizione che se essa agirà concordemente allo spirito delle virtù, avrà con quello vita eterna e possiederà quel regno verso cui ci invita ad andare nostro Dio, ma se dallo spirito dei vizi comincia ad essere tratta, e dopo il consenso si pente, troverà la fonte del perdono di tali sozzure. Di certo ti sei reso conto che queste parole provengono dalla tua stessa lettera e ti accorgi anche di aver stabilito che la natura dell’anima sia mutevole. Infatti acconsentire allo spirito dei vizi e di nuovo pentirsi, che altro è se non mutare ora in meglio, ora in peggio? E questo ti spinge a dire un’evidentissima verità. La tua stessa anima, anche se tu volessi dissimulare, ti spingerebbe a prestare attenzione alla sua mutabilità, e di tutte le volte che da quando sei nato hai cambiato volontà, dottrine, dimenticanze e consensi, l’anima stessa sarebbe testimone dei suoi cambiamenti, e non ci sarebbe bisogno di addurre altre prove.
Mutabilità delle creature.
9. Ma se non ritieni di trovare alcun soccorso dall’affermare che l’anima sia mutevole, perché hai aggiunto: Non ha peccato di sua volontà, ma sotto la spinta di un altro, è spinta infatti dalla mescolanza della carne, non dalla sua volontà? Forse vuoi che si intenda in questa frase che l’anima sia immutabile nella sua natura, mutabile per la mescolanza ad una natura diversa. È come se si volesse sapere perché è così e non se è così. Perché in questo modo i corpi di Ettore e Aiace e di tutti gli uomini e animali sarebbero detti invulnerabili, se non ci fossero il colpo e la caduta, con i quali potrebbe essere loro inflitta una ferita. Ma in verità il corpo del solo Achille, o per finzione poetica e per qualche forza occulta, fu detto invulnerabile, poiché pur essendo colpito dai dardi non veniva trafitto, ma da quella parte da cui poté essere trafitto, da quella non fu invulnerabile. Come il corpo che è invulnerabile non è reso vulnerabile dal tocco e dall’impeto di nessuna cosa, così l’anima se fosse stata immutabile, non sarebbe stata mutata dalla mescolanza di nessuna natura. Ecco perché noi che diciamo che il Verbo di Dio sia immutabile, anche se ha assunto la carne mortale e vulnerabile per insegnarci a disprezzare la morte e tutti i mali del corpo, non esitiamo a crederlo nato da vergine; voi invece, poiché credete con empia perversità che il Figlio di Dio sia vulnerabile, temete di consegnarlo alla carne. Però dicendo che la sua sostanza sia come quella dell’anima, affermate che sia unito alla carne, tanto da non esitare a crederlo mutato in peggio. Scegli dunque di dire e di credere ciò che vuoi: che Dio sia mutevole, così da credere che dalla sostanza di un Padre mutevole sia nata una prole mutevole, ma di certo comprendi quanto grande sia l’empietà; oppure che Dio sia immutabile, ma la prole generata dalla sua sostanza sia mutevole, ma ti accorgi come anche questa asserzione sia empia e assurda. Oppure ammetti che Dio sia immutabile e così anche ciò che è nato dalla sua sostanza ugualmente non muta, ed è allo stesso modo sommo e grandissimo bene, e lo riterrai di un’immutabilità inviolabile. Mentre gli altri beni, che sono inferiori e che noi chiamiamo creature, non li ha fatti da se stesso, altrimenti sarebbero uguali, ma tuttavia in quanto beni, lui stesso li ha fatti dal nulla poiché non sono uguali. Se crederai a questo non sarai empio, dimenticherai i Persiani e sarai nostro.
La lotta contro le potenze malvage.
10. 1. Infatti l’Apostolo dice: Non abbiamo una lotta contro la carne ed il sangue, ma contro i principati e le potestà 29 che, deviando per empia volontà verso la propria gloria e verso il proprio onore, invidiano alle anime pie il ritorno al cielo. Ma questa è la differenza tra la vostra opinione e la nostra fede, poiché voi credete che quei principi, nati dalla loro stessa natura, che Dio non generò né fece, ma ebbe prossimi ed in eterna vicinanza, abbiano mosso guerra a Dio, e l’abbiano fatto prima della commistione tra bene e male. Il grande male consiste nella necessità da parte di Dio di dover mescolare con i principi la sua sostanza che deve essere afflitta, turbata, mutata in errore ed immersa nell’oblio di se stessa, al punto di aver bisogno di un liberatore, un correttore, un emendatore, un maestro. Ti accorgi quanto stoltamente e fantasticamente venga detto ciò, a quanto grande delitto di empietà costringa? Noi per la fede cristiana siamo convinti che sia contrario al sommo Dio solo ciò che non esiste. Tutto ciò che in qualche modo è, deriva da colui che è in alto, e nel suo genere è bene, ma alcune cose di più, altre di meno. E crediamo che tutte le cose buone che sono state create da Dio creatore sono ordinate in certi e distinti gradi, parte per intervalli di luoghi e sedi, come tutte le cose materiali; parte per effetto di premi o castighi, come l’anima o si eleva al riposo o è sottomessa alle sofferenze. E per questo quei principi, contro i quali l’Apostolo dice che dobbiamo lottare, sono i primi che sopportano le pene dei loro peccati prima di fare il male. Infatti nessun invidioso per ledere un altro, non è di tormento prima a se stesso. Poi i più forti fanno del male ai più deboli, nessuno infatti supera un altro se non è più potente. Ma comunque i principi malvagi sono più deboli adesso, che se fossero rimasti nello stadio originario e nella giustizia. Interessa sapere poi in che cosa uno sia più forte di un altro, se nel corpo, come i cavalli rispetto agli uomini, o per la natura dell’anima, come ciò che è razionale rispetto a ciò che non lo è; o per disposizione dell’anima, come chi è giusto rispetto a chi non lo è; o nell’ordine del potere, come il comandante rispetto al soldato o al provinciale. Il potere si crede che venga da quello sommo di Dio, spesso anche quello dei peggiori sui migliori, cioè dei cattivi sui giusti, che o possiedono già la giustizia o si sforzano a possederla; per questo è dato che messi alla prova attraverso la loro costanza siano messi in evidenza 30, o per la loro speranza, o come esempio agli altri. Dice l’Apostolo: Sappiamo che la sofferenza produce la costanza, la costanza l’approvazione, e l’approvazione la speranza 31. Da queste cose nasce il combattimento, quando l’uomo fedele è costretto a lottare contro i principi e le potestà di angeli prevaricatori, e contro gli spiriti del male, quando essi ricevono il potere di tentare e l’uomo fedele l’ordine di sopportare. Per questo accade che vincano su un essere inferiore e siano vinti da uno più potente. Vincono soprattutto un corpo più debole e sono vinti da una mente più forte. Si combatte con la costanza contro la loro forza, con la prudenza contro le insidie, perché non ci costringano a piegarci ad un pericoloso consenso, e non ci portino a sbagliare. Poiché la virtù e la sapienza sono di Dio, e per mezzo di esse tutte le cose sono state create; poiché nelle cose che sono state fatte, quando quelle alte declinano verso quelle basse, dove c’è ogni peccato e ogni sorta di male, la potenza imita la virtù e la furbizia imita la sapienza. Quando allontanatesi ritornano, la magnanimità imita la potenza, la dottrina la sapienza. Anche i peccatori imitano lo stesso Dio Padre con empia superbia, i giusti con pia liberalità. Infine la cupidigia degli empi imita lo Spirito Santo, ma lo imita anche la carità dei retti. Però, restare lontano dall’imitazione di Dio, da cui, per cui ed in cui le stesse nature sono state fatte, per l’una è cosa cattiva, per l’altra buona. Non è strano se quando entrano in conflitto quelli che fanno il bene e quelli che fanno il male l’imitazione dei peccatori è superata dall’imitazione di quelli che fanno il bene. I cattivi infatti vengono precipitati per la loro superbia, i buoni esaltati per la loro umiltà.
La mutazione del corpo risorto.
10. 2. Se poi sembra strano che i più forti nello spirito siano i più deboli nel corpo, non c’è da stupirsi che, liberati dalla remissione dei peccati, siano provati dalla mortalità del corpo coloro che saranno incoronati dall’immortalità. Infatti non è facile evitare la sofferenza, se non per colui che, liberato dal corpo, abbia vinto per meriti. Ecco perché l’Apostolo dice: Se poi Cristo è in voi, il corpo è morto per il peccato, ma lo spirito è vita per la giustizia. Se poi il suo spirito, che ha fatto resuscitare Gesù Cristo dalla morte, abita in voi, colui che ha fatto resuscitare Gesù Cristo farà resuscitare anche i vostri corpi mortali attraverso il suo spirito che abita in voi 32. Dunque l’anima che porta la carne mortale per la pena del peccato, se muterà in meglio vivrà non secondo la carne mortale, e cambierà in meglio e meriterà di avere un corpo immortale. Ma alla fine, quando la morte ultima nemica sarà distrutta, questo corpo corruttibile vestirà l’incorruttibilità, non in quel globo vostro fantastico, ma per effetto di quel cambiamento di cui l’Apostolo dice: Tutti risorgeremo, ma non tutti cambieremo. Infatti dopo aver detto: I morti resusciteranno incorruttibili e noi cambieremo, aggiunse spiegando di quale cambiamento parlava: È necessario infatti che ciò che è corruttibile si vesta dell’incorruttibilità e ciò che è mortale dell’immortalità. Paolo trattava la questione del corpo di quelli che risorgono, che aveva posto così: Ma qualcuno chiederà in che modo risorgeranno i morti e con quale corpo ritorneranno 33. Leggi con pia attenzione e con concentrazione questo passo senza essere turbato da un’ostinata tensione ed il tuo ingegno, con l’aiuto di Dio e senza avere bisogno di nessun interprete, non troverà altro se non ciò che dico. E adesso riporta l’attenzione su ciò di cui avevamo deciso di discutere, e vedi già, se puoi, che io non dico che i giusti non combattano contro nulla, ma contro quelle sostanze che vennero meno perché non rimasero nella verità.
Declinazione verso il male e perdita dell’essere.
11. Venir meno del resto non è certo nulla, ma tendere verso il nulla. Quando infatti quelle cose che sono superiori piegano verso quelle che sono inferiori, a ribellarsi non sono quelle verso cui deviano, ma quelle che deviano e che cominciano ad essere meno di quanto erano, non rispetto a ciò verso cui inclinano, ma rispetto alla loro stessa natura. Infatti l’anima che inclina verso il corpo non diventa corpo, tuttavia a causa di un manchevole desiderio in un certo modo si materializza. Così anche una qualche sublimità angelica che, allettata di più da quella che era la sua grandezza, ha deviato il suo affetto verso ciò che è meno, comincia ad essere meno di quanto era, e per il cammino intrapreso si volge verso ciò che è nulla. Infatti quanto una cosa è meno, tanto più è vicina al niente. Quando poi queste defezioni sono volontarie, giustamente vengono riprese e sono chiamate peccati. Quando poi vengono dietro a queste defezioni volontarie disagi, dolori e avversità, che sopportiamo contro la nostra volontà, giustamente i peccati o vengono puniti con supplizi, o lavati via attraverso delle prove. Se vuoi esaminare ogni cosa con animo sereno, smetti di accusare le nature e le stesse sostanze. Se poi vuoi qualcosa di più ampio e descrittivo riguardo questi argomenti, leggi i miei tre volumi che s’intitolano De Libero Arbitrio, che puoi trovare in Campania a Nola, presso il nobile servo di Dio Paolino.
Il peccato dell’anima.
12. Adesso però mi devo ricordare di rispondere alla tua lettera con una mia, sebbene molto più lunga. Perciò ho trattato diversi argomenti, per non essere costretto a ripetere su ogni punto le stesse cose. Ma ti avevo promesso che con la tua stessa lettera ti avrei convinto di quanto false fossero le cose in cui credi, e quanto veritiera fosse la religione cattolica. Certamente la grande differenza tra noi e voi è che voi pensate che il male sia sostanza, noi invece neghiamo che lo sia, e lo intendiamo come allontanamento da ciò che è più grande, verso ciò che è meno. Adesso dunque ascoltami. Affermi infatti nella lettera a proposito dell’anima che essa sia condotta al peccato per colpa della mescolanza con la carne, non per la sua volontà. Se è così, Dio onnipotente deve venire in aiuto di ogni anima e nessuna deve essere condannata, perché non ha peccato di sua volontà. Stabilito questo, crollerebbe quell’opinione terribile che Mani pronuncia riguardo ai supplizi delle anime, pure quelle che provengono dal regno della luce. Tu opportunamente l’hai sottolineata dicendo: Ma se, dopo aver conosciuto se stessa, acconsentirà al male, e non si armerà contro il nemico, per la sua volontà peccherà. Giustamente ammetti che possa accadere che l’anima pecchi di sua volontà, ma dimmi a quale male deve acconsentire per peccare di sua volontà? Certamente quello a cui attribuisci una sostanza.
Il consenso al male e la salvezza dell’anima.
13. Ma mi accorgo che ci sono già tre realtà e credo che anche tu con me te ne sia accorto. L’anima che acconsente al male, lo stesso male a cui acconsente, sono due poi terzo lo stesso consenso. Infatti dici che tale consenso non sia l’anima, ma dell’anima. Dunque di queste tre cose, l’anima è una sostanza; il male, acconsentendo al quale l’anima pecca volontariamente secondo la vostra opinione è anch’esso una sostanza. Quindi vi chiedo che pensate che sia il consenso medesimo: una sostanza o nella sostanza? Se tu rispondessi che fosse una sostanza, ammetteresti che esistano non due, ma tre sostanze. Oppure soltanto due, perché il consenso dell’anima che acconsente al male è della stessa sostanza dell’anima? Adesso ti chiedo se questo consenso sia cattivo o buono. Se è buono, l’anima non pecca quando acconsente al male. Non solo lo dichiara la verità, ma lo scrivi tu stesso: " L’anima pecca di sua volontà ". Perciò è cattivo questo consenso, e per questo anche la sostanza dell’anima; e se questo consenso è la stessa sostanza dell’anima, entrambi sono della stessa sostanza. Non vedi cosa sei costretto ad ammettere: che l’anima ed il male non siano una sostanza buona e l’altra cattiva, ma tutte e due cattive. A questo punto potresti provare ad attribuire il consenso colpevole non all’anima che acconsente al male, ma allo stesso male a cui acconsente, così possano esserci due sostanze, una buona l’altra cattiva: si dice pertanto che l’anima viene dalla parte del bene, mentre il consenso dell’anima, che acconsente al male, ed il male stesso a cui acconsente, provengono insieme da un’altra parte, e attribuiti entrambi dall’anima alla natura malvagia. Ma chi ha mai detto simili assurdità? Infatti l’anima non acconsente, se non è suo il consenso, ma se è lei che acconsente, allora è suo il consenso. Ancora, se è dell’anima il consenso ed esso è male, è dell’anima questo male. Infatti se anche questo male provenisse da quel male a cui l’anima acconsente, l’anima necessariamente non aveva il male prima di acconsentire. Perciò che genere di bene è l’anima se al suo arrivo quel male è raddoppiato, o per dirlo più dolcemente è aumentato?
Il consenso è anch’esso una sostanza?
14. Quindi se è sostanza questo consenso che risulta essere cattivo, scopriamo che è nel potere dell’anima che una sostanza cattiva ci sia o non ci sia, dato che questo consenso dipende dall’anima. Se non dipendesse da lei, l’anima non acconsentirebbe di sua volontà. Tu stesso hai detto che pecca di sua volontà per questo consenso. Dunque, come ho detto, l’anima ha il potere che una sostanza cattiva ci sia o non ci sia. Che altro è una sostanza, se non una natura? Ci sarà dunque una natura tale che non sia naturale né all’anima, perché se non vuole non esiste, né a quel male a cui l’anima acconsente di sua volontà; non potete infatti dire che il male sia naturale al popolo delle tenebre, perché esso è stabilito tramite una volontà estranea, cioè la volontà dell’anima. Dunque a quale natura lo attribuiremo, cioè questo consenso, se la sua natura è tale che non può essere attribuita come naturale né all’anima, né alla nazione delle tenebre, a meno che non si vada contro Mani, affermando che ci sono non due, ma tre nature? Perché anche se un tempo esse furono due, adesso pero che è sorto tale consenso sono diventate tre. E la terza, che è nata dall’anima che acconsente e dal male a cui l’anima ha acconsentito, devi quasi considerarla come una figlia di questi due. Ma questo consenso essendo nato da due nature, delle quali una è buona e l’altra è cattiva, ti chiedo perché tale consenso non sia neutro. Come infatti ciò che è nato da un cavallo e da un asino, non è né cavallo né asino, così ciò che è nato da una natura buona e da una cattiva, non dovrebbe essere né buono né cattivo. Tu invece dici che il consenso sia cattivo, dici infatti che l’anima pecchi di sua volontà quando acconsente al male. Oppure potresti supporre che la natura buona e quella cattiva siano come i due sessi, maschile e femminile, e come dal maschio e dalla femmina non nasce un essere neutro, ma o un maschio o una femmina, così dal bene e dal male non nasce una terza natura, che non sia né bene e né male, ma un altro male? Se fosse così, dov’è quella natura vittoriosa dell’anima? È tanto separata che non può nascere piuttosto un altro bene? Non ti accorgi dunque che parli di sessi diversi, e non di nature? Se infatti fra bene e male ci fosse diversità di nature, da loro ne nascerebbe una terza, che non potrebbe essere né bene né male. Anzi certamente la stessa unione risulterebbe essere sterile, non nascerebbe quindi una terza natura. Se infatti dagli animali che sopra ho menzionato, quando si accoppiano, non nascono se non un mulo o una mula, che non sono né asino né cavallo, quanto è più necessario che sia così nella tanto grande ed immensa diversità che c’è tra bene e male? Oppure se dalla loro unione non nascesse nessuna nuova natura, comunque essa non sarebbe cattiva, anche se non potrebbe essere buona. Resta dunque che non possiamo evitare simili incredibili deliri, se non ammettiamo che il consenso, che risulta malvagio e colpevole, non è sostanza, ma stia in qualche sostanza.
Peccato e nullificazione della natura.
15. Cerchiamo con grande attenzione dunque in quale sostanza sia. Del resto a chi non è chiaro che, come la persuasione avviene solo in chi si persuade, così il consenso solo in una natura che è consenziente? L’anima dunque, quando acconsente al male, è essa stessa sostanza, mentre il suo consenso non è sostanza. Ormai credo che tu abbia chiaro in quale sostanza stia, vedi cioè che questo consenso sia nell’anima, e che è peccato, e sei certo che per questo esiste il male. Da ciò comprendi come in una buona sostanza, come l’anima, ci possa essere il male, che non è sostanza come il consenso, e che per colpa di questo male l’anima sia definita malvagia. L’anima peccatrice è malvagia e pecca quando acconsente al male. Quindi c’è una ed una sola cosa, cioè che l’anima in quanto sostanza è buona, in quanto possiede qualcosa di male che non è sostanza, cioè questo consenso, allora è cattiva. Non per un miglioramento, infatti, ma per difetto ha questo consenso. È in difetto quando acconsente al male, comincia ad essere e a valere di meno rispetto a quanto valeva quando, non acconsentendo a nessuno, era salda nella virtù. Essa è tanto peggiore quanto più si è allontanata da ciò che è sommo verso ciò che è minore, così che l’anima stessa sia minore. Poi quanto più è minore, tanto più si avvicina al niente. Infatti ciò che è minore tende a non essere del tutto, finché non giunga ad essere nulla, ma è chiaro che il difetto è l’inizio del perire. Apri dunque gli occhi del tuo cuore per vedere, se puoi, come ogni sostanza sia qualcosa di bene e perciò il male sia mancanza di sostanza, dato che essere sostanza è una cosa buona. Né ogni difetto è colpevole, ma solo quello volontario, per il quale l’anima razionale declina, abbandonato il suo creatore, verso creature inferiori a lei, ed è questo il peccato. Le altre mancanze che non sono volontarie, o sono conseguenza delle pene, così che i peccati siano puniti secondo l’ordine e la regola della somma giustizia, o intervengono secondo i gradi delle cose inferiori, sicché quelle che precedono cedono a quelle che vengono dopo, così che ogni bellezza temporale si realizzi a turno, ciascuna secondo il suo genere. Prendiamo come esempio il discorso: esso, in un certo modo, si realizza da sillabe che muoiono e da quelle che nascono, che sono separate da sicuri intervalli di tempo, e riempiti i loro spazi con ordinata successione di quelle che seguono, procedono finché tutto il discorso non è portato a termine. Non in base agli stessi suoni che si succedono, ma secondo l’ordine stabilito da chi parla, dipende quanto si allunga o si abbrevia la sillaba, o in quale maniera le singole lettere custodiscano il tempo dei loro luoghi, poiché l’arte che crea il discorso non schiamazza con suoni, né stravolge e cambia il discorso con le scansioni; così tuttavia la bellezza temporale è intessuta da nascita e morte, da partenze e arrivi delle cose temporali, di intervalli definiti e certi, finché non giunge al termine stabilito. Non si può considerare malvagia tale bellezza solo perché nelle creature spirituali possiamo comprendere e ammirare le cose migliori, ma anche questa nel suo genere ha un certo decoro e suggerisce a chi vive correttamente la somma sapienza di Dio, che è posta in alto, oltre ogni limite temporale, che l’ha creata e la governa.
Il male è una sostanza?
16. Suvvia, rifletti adesso su ciò che dicevi essere il male, acconsentendo al quale l’anima pecca volontariamente, se ha una qualche sostanzialità oppure non gli puoi attribuire sostanza. Infatti ti chiedo che cosa attiri il consenso dell’anima: forse irrompe invano, e perciò si dice che acconsenta, perché è mossa a godere da qualche piacere suo? Se è così, non è giusto che venga detto malvagio, solo perché lo si ama in maniera non giusta. Se infatti dimostro che qualcosa sia amata in modo non giusto, la colpa non è dell’amato, ma di chi ama. Certo ammetterai che la natura di una cosa non sia sempre viziosa per il solo fatto che il consenso di chi la desidera viziosamente si riversa in lei. Quanto ciò mi aiuti, lo dimostrerò poi. Ma per dimostrare ciò che ho promesso, che cosa scelgo tra le tante cose che mi vengono in mente? Che cosa scelgo se non che noi lodiamo come celeste la creatura, voi invece l’adorate come parte dello stesso Creatore? Che cosa c’è infatti tra tutte le cose visibili di più luminoso di questo sole? Ma se qualcuno desiderasse immoderatamente la sua luce genererebbe liti e battaglie tra vicini se, trovato un qualche potere con il quale possa raggiungere ciò che desidera, vedesse che le loro case, davanti alle sue finestre aperte, impediscono al sole di penetrare dappertutto. Forse è colpa del sole che quello preferì la sua luce, tanto da osare di anteporla alla luce della giustizia, e volendo ricevere con più abbondanza nella casa del corpo la luce della vista carnale, chiuse la porta del cuore e gli occhi della sua mente alla luce della giustizia? Vedi come una cosa buona possa essere amata di un amore non buono. Ecco perché ciò che tu dici essere il male, acconsentendo al quale l’anima pecca, io dico che è buono nel suo genere, ma bene a cui sarebbe meglio che l’anima non acconsentisse. Essendo infatti superiore al corpo, ed avendo Dio superiore a lei, sebbene nel suo genere la natura del corpo sia buona, tuttavia l’anima pecca e peccando diventa cattiva, se accorda al corpo, ossia all’inferiore, il consenso di un amore che deve a Dio, ossia al superiore.
Il male come defectus di una sostanza.
17. Dirai che non consideri essere colpevole il consenso, quando la cosa amata non agisce per attirare il consenso a sé, ma che allora l’anima acconsente, quando ciò a cui ha acconsentito la seduce o la costringe a qualcosa, e perciò è male, perché l’ha persuasa e convinta a commettere un’azione malvagia? È una seconda questione, che deve essere trattata a suo tempo secondo il suo ordine. Ma riprendiamo prima il concetto di peccato, di cui credo che si sia discusso abbastanza: ormai risulta chiaro che possa succedere che una cosa buona nel suo genere sia amata male, e che essa non debba essere biasimata per colpa di chi la ama in maniera non giusta. E se un’anima che pecca per tale amore ed è diventata malvagia, persuade un’altra a tale peccato, forse non è anche quella che acconsente a chi la persuade a tale peccato, corrotta per lo stesso peccato per il quale è corrotta quella a cui presta ascolto? Dunque il primo peccato è anteporre per amore la creatura, per quanto buona, al Creatore; il secondo è spingere un altro a fare qualcosa con la persuasione o con la costrizione. Nessuno infatti può voler condurre alla depravazione un altro se non è lui per primo depravato. Peccano di loro volontà coloro i quali desiderano condurre al peccato gli altri, o per stolta benevolenza, o per maliziosa invidia. Infatti chi, se non amasse i propri figli di un amore perverso, li convincerebbe a non stimare turpe ogni guadagno, ma di conquistare una grande ricchezza con qualsiasi mezzo? Certo non li odia, però gli dà consigli pericolosi. E lo stesso genitore è corrotto dall’amore di tali cose, pur non essendo male l’oro e l’argento, come anche il sole di cui sopra ho detto, ma la colpa è dell’amante smodato di una cosa buona. Quando per invidia qualcuno vuole che un altro pecchi, ama con smoderata superbia l’onore, ed in quello desidera eccellere e superare gli altri: vedendo che l’onore, il più grande ed il più vero, si accorda alla virtù, per non essere superato desidera che gli altri precipitino dalla sommità della giustizia alla voragine dell’ingiustizia. In questo modo il diavolo si affatica a convincere e costringere al peccato. O forse la colpa è dell’onore, perché il diavolo amandolo in maniera smodata ed empia, divenne lui stesso empio? Oppure è cattiva la stessa sostanza angelica del diavolo che Dio ha creato, perché è una sostanza? Ma quando, abbandonato l’amore di Dio e rivoltosi all’eccessivo amore di se stesso, desiderò apparire uguale a lui, fu precipitato dal gonfiarsi della sua stessa superbia. Dunque il diavolo non è malvagio in quanto sostanza, ma in quanto sostanza divenuta malvagia perché ha preferito se stesso a chi l’ha creato; e perciò è cattivo, perché è meno di quanto sarebbe se avesse amato colui che è l'essere per eccellenza. Dunque male è la mancanza. Anzi ogni venir meno da ciò che è tende al nulla, come ogni progresso da ciò che è meno tende ad essere di più. L’onore supremo, quale la pietà degli uomini religiosi manifesta, lo si deve a Dio. Dunque chi ama l’onore imita Dio. Ma mentre le anime umili vogliono essere onorate in lui, i superbi invece senza di lui. Gli umili che tendono a Dio si elevano più degli ingiusti. Mentre coloro che si elevano contro Dio, divengono inferiori ai giusti. Tutto ciò dipende in conformità alla distribuzione dei premi e delle pene, perché gli uni amarono Dio sopra se stessi, gli altri amarono se stessi al posto di Dio.
La natura buona dell’anima.
18. Credo che per te sia facile comprendere dalle parole della tua stessa lettera, con le quali hai detto: L’anima quando acconsente al male, pecca di sua volontà, che non esiste nessuna cattiva natura, o amore di una cattiva natura ma, essendo tutte le nature nel loro genere buone, il male è il peccato che ha luogo per volontà dell’anima, quando preferisce la creatura allo stesso Creatore, o per sua volontà, quando è malvagia, o per il consiglio di un altro, quando acconsente al male. E neanche così diviene cattiva, con i conseguenti castighi, perché tutto sia disposto secondo i meriti dal Creatore massimamente buono nella creatura buona, ma non massimamente buona, poiché Dio non la fece da se stesso, ma dal nulla. Tu hai poi posto due nature, delle quali una vuoi che sia buona, l’altra cattiva; piuttosto una del bene, l’altra del male, infatti la natura anche peccando da buona diventa cattiva. Ammetti tuttavia che quella natura che dici buona, acconsentendo al male, faccia male, cioè pecchi di sua volontà. Io invece le considero entrambe buone, ma una delle due fa il male persuadendo, l’altra acconsentendo. Così come il consenso di una non è sostanza, nemmeno il cattivo consiglio dell’altra lo è. E come questa, se non acconsentirà, rimarrà buona, conservando l’integrità della sua natura, così l’altra se non persuaderà sarà migliore. Infatti se una non commettesse il peccato di persuadere, sarebbero entrambe integre e nel loro genere lodevoli. Se infatti due volte pecca quella che commette il male e persuade al male, una sola volta pecca quella che soltanto acconsente a fare il male. Tuttavia entrambe diventano cattive per i peccati, loro che non sono cattive per natura. Se questa natura è malvagia per il cattivo consiglio così anche l’altra lo è per il consenso. Forse però credi che sia peggio persuadere, piuttosto che acconsentire, e che una sia cattiva, l’altra peggiore. Tuttavia non deve essere tanto grande la preferenza delle persone, né tanto ingiusto il gusto di giudicare, da dire una volta che peccano entrambe, sebbene una più gravemente dell’altra, che una sia la natura del male, l’altra natura del bene. E non piuttosto si dicano o entrambe buone, e migliore quella che pecca di meno, o entrambe cattive, e peggiore quella che pecca di più.
Origine del peccato.
19. 1. Ma da dove viene il male che è chiamato peccato, se non esiste una natura del male? Dimmi da dove abbia origine quel cattivo consenso in quella natura che ammetti e dichiari essere buona. Infatti tutto ciò che subisce di acconsentire al male, non lo subirebbe, se non potesse subirlo. Ti chiedo da dove derivi questa possibilità di subire. Sarebbe infatti meglio se non l’avesse. Dunque non è la natura del sommo bene, della quale ci possa essere niente di migliore. Perciò se questa natura ha la facoltà di acconsentire o non acconsentire, non pecca perché vinta. Ti chiedo ancora da dove venga questo cattivo consenso, poiché nessuna natura contraria la obbliga. Se poi è costretta ad acconsentire perché non può fare altrimenti, non pecca di sua volontà, come dicevi, quando non acconsente di sua volontà. Ma di nuovo ti chiedo da dove venga la possibilità che lei sia ingannata, se è ingannata. Infatti prima che lo sia, non potrebbe mai subire un inganno se non ci fosse in lei la possibilità di subirlo. In nessun modo può acconsentire se non con la volontà, se poi è costretta, bisogna dire che cede piuttosto che acconsente. Ma in qualunque modo tu lo chiami, chiedo a te, acuto e solerte uomo, ed al tuo ingegno romano di cui ti vanti, donde ricavi questa natura del bene la possibilità di subire ciò che subisce quando acconsente al male. Come infatti nel legno, prima che venga spezzato, c’è la fragilità, perché il legno non è infrangibile solo perché non c’è nessuno che lo rompa, allo stesso modo ti domando da dove abbiano origine, in questa natura, la fragilità e la flessibilità, prima che ad un cattivo consenso, o con la forza venga rotta, o con la persuasione piegata. Se per la vicinanza del male c’era già una qualche fragilità, come sono soliti essere corrotti i corpi per l’esalazione dalla vicina palude, era già dunque corruttibile, se l’ha potuta corrompere il contagio pestifero di quella vicinanza. Ti chiedo dunque da dove venga quella corruttibilità.
Corruzione e corruttibilità.
19. 2. Ti prego di fare attenzione a quello che dico e di cedere all’evidenza della verità. Non ti chiedo infatti donde venga la corruzione: mi risponderesti infatti che viene dal corruttore, e so già che intendi che il corruttore sia un non so quale principe della stirpe delle tenebre, che a stento avvolto in coltri di nebbia può essere tirato fuori e trattenuto. Ma ti chiedo da dove venga la corruttibilità, anche prima che arrivi il corruttore. Se non ci fosse la corruttibilità o non esisterebbe nessun corruttore, oppure l’aggressione di un qualsivoglia corruttore non nuocerebbe affatto. Dunque quando avrai trovato da dove venga nella natura buona questa corruttibilità, prima che essa venga corrotta da una natura contraria, o se non vuoi dire che essa venga corrotta, da dove viene certo questa mutabilità, prima che essa sia mutata dall’ostilità dell’avversario; infatti non si può dire che non muti in peggio una natura che da saggia diviene stolta, e che si dimentica di se stessa, tu infatti hai usato queste parole dicendo: Se dopo aver conosciuto se stessa acconsentirà al male, dunque cambia in peggio quando si dimentica di se stessa, così che ricordatasi di se stessa, si riconosca di nuovo; in nessun modo sarebbe potuta cambiare se non fosse stata mutabile prima di essere mutata. Quando dunque avrai trovato da dove venga questa mutabilità nella sostanza del sommo bene prima che fosse avvenuta alcuna mescolanza tra bene e male, di certo smetterai di voler sapere da me da dove venga il male. Se ci pensi bene, nessuna mutabilità temporale può esserci nella natura del sommo bene, né che proviene da lei stessa né per l’azione di qualche altro, contrariamente a quella natura che Mani immagina e che considera essere assolutamente buona, e di cui convince i suoi credenti. Cerca e rispondi, se puoi, da dove venga questa mutabilità, che non viene all’improvviso ma che si manifesta al momento opportuno. Infatti la natura non potrebbe essere mutata dal nemico se non potesse essere affatto mutata. Avendolo potuto, ha dimostrato di non essere immutabile. Dunque quando si ritiene che questa mutabilità sia nella sostanza del sommo bene, cioè nella sostanza di Dio, se non ti ostini, ti accorgi con quanta follia lo si bestemmi. Quando si parla di una creatura che Dio non generò né produsse dalla sua sostanza, ma fece dal nulla, non si parla del sommo bene ma comunque di un bene che non potrebbe esistere se non venisse da quello sommo, che è Dio. Infatti Dio, che è sommo ed immutabile bene, ha creato tutte le cose buone, ma non sommamente e immutabilmente buone, dagli Angeli dei cieli fino alle ultime bestie e piante della terra, ciascuna secondo la propria dignità di natura, tutte ordinate nei luoghi opportuni. Ma tra queste, la creatura razionale, attaccandosi al suo Creatore, cioè Dio che l’ha fatta e l’ha stabilita per l’obbedienza dell’amore, conserva la sua natura nell’eternità, nella verità e nella carità di lui. Quando però l’abbandona per arrogante disubbidienza, si immerge nel peccato per il suo libero arbitrio, e misera subisce un supplizio secondo un giusto giudizio. E questo è tutto il male che consiste in parte nell’agire male, in parte nel soffrire giustamente. Non mi domanderai più da dove venga il male, dato che tu stesso ti sei dato una risposta dicendo che l’anima quando avrà conosciuto se stessa, se acconsente al male, pecca di sua volontà. Ecco da dove viene il male: dalla volontà stessa dell’anima. Questa volontà non è una natura, ma una colpa e per questo contraria alla natura a cui nuoce privandola del bene, in cui sarebbe beata se non avesse voluto peccare. Tu non ritieni che questa volontà di peccare si agiti nell’anima, se non per azione di un altro male che credi essere una natura, una natura che Dio non ha creato, e affermi che l’anima stessa sia la natura di Dio. Ne segue che questa non so che natura del male, quando determina nell’anima, con la sua persuasione, la volontà del peccato, spinge nel peccato Dio sconfitto.
Mutabilità e origine del male.
20. 1. Ecco di quale empietà, di quali nefande e orribili bestemmie non vuoi liberarti, attribuendo la vita, la sensibilità, la parola, la misura, la bellezza, l’ordine e tanti altri beni alla natura che non è stata creata da Dio, ammettendo invece nella stessa natura di Dio, prima di qualsiasi mescolanza col male, la stessa mutabilità per la quale diveniva vulnerabile e per la quale era costretto a temere vedendo che una grande rovina e devastazione minacciava i suoi santi secoli, a meno che non opponesse un nume eccellente, illustre e potente per virtù. E perché tutto questo, se non perché quella natura e sostanza di Dio tiene così legato e sottomesso il nemico da subirlo peccando anche se è legato, né esca del tutto purificata da questo già sconfitto e perché dannata lo custodisca racchiuso? Quale magnifica scusa della necessità della guerra avete trovato nel vostro Dio, per rispondere a ciò che vi viene opposto, quando vi si domanda che cosa avrebbe fatto il popolo delle tenebre a Dio se egli non avesse voluto combattere contro esse. Se diceste che quella guerra gli sarebbe stata di qualche danno, allora ammettereste che Dio sia corruttibile e vulnerabile. Se poi diceste che non avrebbe potuto nuocergli, vi si domanderà: " Perché dunque ha combattuto? perché ha consegnato ai nemici la sua sostanza da corrompere, da violare, da costringere a tutti i peccati? ". Non vi siete mai tirati fuori da questo dilemma.
Rispondete: che cosa avrebbe fatto il popolo delle tenebre a Dio se egli non avesse voluto combattere contro esse?
20. 2. Credete di aver trovato una buona e sicura risposta per dire: " È grande iniquità desiderare le cose degli altri, iniquità alla quale Dio avrebbe dato il suo assenso se non avesse voluto combattere contro quella gente che aveva osato commettere tale iniquità ". Questa risposta avrebbe una qualche apparenza di giustizia se la natura del vostro Dio si fosse almeno mantenuta integra e non corrotta in questa guerra, e se non avesse fatto alcun male unita alle membra nemiche né costretta né sedotta. ma quando dite che, divenuta prigioniera, acconsente a tanti delitti ed infamie, quando infine dite che non possa purificarsi del tutto da quell’immane empietà, per la quale è diventata nemica della santa luce di cui è parte, donde credete che giustamente subisca gli eterni supplizi di quell’enorme globo, chi non si rende conto quanto sarebbe stato meglio lasciare il nemico nella sua malvagità ed alle sue vane macchinazioni, piuttosto che consegnargli una parte di quel Dio, della cui potenza si nutrisse e la cui gloria corrotta associasse alla propria malvagità? Chi è accecato da tanta ostinazione da non comprendere e non vedere con quanta minore iniquità il popolo delle tenebre tenterebbe invano di invadere una natura estranea, di quanto non abbia fatto Dio nel consegnare la sua natura da invadere, da costringere al peccato e da condannare alla pena anche se solo in parte? Questo significa non aver voluto acconsentire alla malvagità e senza alcuna necessità aver creato tanta malvagità? Oppure c’era la necessità, come lo stesso Mani non si vergognò di dire, e voi vi vergognate? Egli disse: Dio ha visto una grande rovina e distruzione minacciare i suoi santi secoli, a meno che non opponesse ad esse una divinità eccellente, illustre e potente per virtù. Ma voi ragionate in maniera più acuta, se dite che Dio abbia combattuto per quel motivo perché non gli nuocesse il popolo delle tenebre, dite che Dio sia violabile e corruttibile, che qualcosa avrebbe potuto nuocergli se non avesse voluto combattere. Allontanate ed espellete dai vostri cuori e dalla vostra fede anche questa battaglia ed alla fine maledite e condannate tutta quella favola, intessuta dell’orrore di quelle empie ed immonde bestemmie. Ti chiedo infatti, come prima, come mai non temete di dire che sia violabile la buona natura e corruttibile Dio, sicché la natura del vostro Dio, se non ha potuto esercitare la sua forza per non essere catturata, prigioniera non ha potuto almeno conservare la giustizia, quando invece lo poté fare Daniele, lui che osò ridere dei leoni, lui che per niente scosso dal terrore, per la sua pietà non cedette all’iniquità di coloro che l’avevano fatto prigioniero, né perse in condizione di schiavitù fisica la giustizia e la liberalità dell’animo paziente e saggio 34. Ma voi dite che la natura di Dio fu fatta prigioniera, e divenne malvagia, né può essere del tutto purificata ed è costretta alla fine a dannarsi. Ma se conosceva dall’eternità il male che le doveva venire, non doveva concedere a quello nessuna parte della sua divinità. Tu poi hai detto essere inenarrabile la questione riguardo alla vicinanza di terre e regioni contigue al regno della luce e al popolo delle tenebre (il discorso che fa Mani è ridicolo per tutti gli uomini intelligenti) e che queste cose sono chiamate da Cristo " destra " e " sinistra "; noi sappiamo che vuole che siano intesi non come luoghi fisici, ma come felicità e miseria secondo i meriti di ciascuno. Ma il vostro pensiero carnale rimane talmente attaccato a luoghi fisici che dite il sole visibile, e di conseguenza corporeo, che non può che essere contenuto in un luogo fisico, è Dio e parte di Dio. Ma è stupido discutere con voi di queste cose, come potreste comprendere una cosa immateriale quando ancora non ammettete che Dio sia incorruttibile?
Le Scritture dei Giudei: la critica manichea.
21. Ma come un buon amico benevolmente mi rimproveri che lasciai Mani e sono passato ai Libri dei Giudei. Essi sono coloro che soffocano il vostro errore e le vostre menzogne, in essi infatti fu profetizzato il Cristo, quale la verità di Dio l’ha fatto e non quale la vanità di Mani l’ha immaginato. Ma tu che sei un uomo molto cortese attacchi l’Antico Testamento, perché c’è scritto nel profeta: Va’, prendi una prostituta e fa’ figli di prostituta, perché grazie alla prostituzione il paese si allontanerà da Dio 35, pur leggendo nel Vangelo: Le meretrici e i pubblicani vi precederanno nel regno dei cieli 36. So da dove viene la tua indignazione: non ti dispiace tanto della meretrice che si prostituisce quanto che la prostituzione sia cambiata nel matrimonio e convertita alla castità coniugale. Voi credete che il vostro Dio nel procreare i figli venga legato a più forti vincoli carnali e credete che le meretrici possano essere perdonate perché stanno attente a non rimanere incinte, e così libere dal dover partorire possano servire la lussuria. perché il frutto del concepimento della donna da voi è inteso come carcere e vincolo di Dio. Anche questo vi dispiace: Saranno due in una sola carne, quando l’Apostolo spiega il grande mistero di Cristo e della santa Chiesa 37. Vi dispiace: Crescete e moltiplicatevi 38, perché non si moltiplichino le carceri del vostro Dio. Confesso di aver appreso nella Chiesa cattolica che come l’anima così il corpo, dei quali una è la reggitrice, l’altro è il suddito, allo stesso modo il bene dell’anima e il bene del corpo vengano dal sommo bene, dal quale viene ogni cosa buona, sia grande che piccola, sia celeste che terrestre, sia spirituale che materiale, sia temporale che eterna. E per questo non devono essere rimproverate le une, perché le altre sono da preferire.
Il rifiuto manicheo delle carni e delle nozze.
22. Quanto all’affermazione che poni tra le cose riprovevoli, ossia: Scanna e mangia 39, c’è anche negli Atti degli Apostoli, da intendere in senso spirituale. In realtà anche in senso materiale non deve essere disprezzato il cibo ma l’eccesso. Specialmente a voi l’espressione di astenersi dalla carne dovrebbe piacere anche in senso materiale, perché voi immoliate le carni, spezzando così le catene, ed il vostro Dio possa fuggire da una misera prigione. E se lì rimanesse qualcosa di lui, mangiandola la purifichereste nell’officina dello stomaco. Mi attacchi anche sul fatto che mi sia dispiaciuto della sterilità di Sara. In realtà non mi sono precisamente dispiaciuto di ciò, perché anche questa sterilità fu profetizzata. Invece alle vostre sacrileghe favole si adatta il dolersi, non della sterilità di Sara ma della fecondità, poiché per voi ogni fecondità di donna è una dura calamità di Dio. Non è incredibile, perché in voi del tutto si compie ciò che è stato predetto: Proibiscono le nozze 40. Infatti non detestate tanto l’unione carnale quanto le nozze, poiché in esse l’unione carnale serve a procreare e non è vizio, ma dovere. Da questo dovere è esente la continenza degli uomini e delle sante donne, non perché così hanno evitato un male, ma perché così hanno scelto una condizione migliore. Ma bisogna comprendere che lo stesso dovere coniugale dei padri e delle madri, come furono Abramo e Sara, derivi non dalla società umana, ma da un dono divino. Infatti poiché era necessario che Cristo venisse nella carne, per trasmettere quella carne era necessario il matrimonio di Sara e la verginità di Maria.
Gesto e parole di Abramo, quando ha chiesto al servo il giuramento di fedeltà.
23. Da dove viene anche ciò che con incredibile incomprensione deridendo hai ricordato: Poni la mano sotto la mia coscia. Questo è ciò che Abramo disse al suo servo, chiedendo che giurasse fedeltà. Poni la mano sotto la mia coscia - disse - e giura per il Dio del cielo 41. Allora quel servo ubbidendo giurava, ma Abramo ordinandoglielo profetizzava che il Dio del cielo sarebbe venuto in quella carne che sarebbe stata generata da quella coscia. Ma voi, uomini casti e puri, questo disprezzate, detestate, aborrite, perché temete per il Figlio di Dio, che nessun contatto con la carne avrebbe potuto mutare, il solo utero della vergine, ma non esitate ad immergere la natura mutata e alterata del Dio vivente nell’utero di ogni femmina, non solo degli uomini ma anche delle bestie. E per questo inorridite di una coscia del Patriarca proprio voi che, dovunque trovate cosce non dico di profeti, ma di qualsiasi prostituta, dovreste giurare per il vostro dio, che vi è tanto turpemente imprigionato? Vi ripugna toccare castamente una parte del corpo umano, ma non vi vergognate di giurare su un Dio tanto turpemente legato. Inveite contro l’Arca di Noè 42, che rappresentava la Chiesa e tutti i popoli di cui doveva essere formata attraverso ogni animale, e per ridicolizzarla la chiamate a causa delle bestie di ogni specie che c’erano dentro. Ma qui mi congratulo con te che, senza accorgertene o per ignoranza, hai usato un termine giusto: " pancarpo " infatti significa " ogni frutto ", che della Chiesa è spiritualmente vero. Solo non ti accorgi che Noè è entrato sano nell’arca con i suoi parenti tra quelle bestie, ed è uscito sano, ed è stato più fortunato del vostro Dio, che dalla ferina rabbia del popolo delle tenebre fu dilaniato e divorato. Così lui non fu " pancarpo ", ma è divenuto proprio " camparcus ", poiché è stato fatto a pezzi con ogni ferocia. Ti prenderai gioco della lotta di Giacobbe con l’angelo 43, dov’è prefigurata profeticamente la lotta del popolo di Israele con la carne di Cristo. Ma in qualunque modo la intendi, quanto meglio sarebbe stato se il vostro Dio avesse combattuto con l’uomo piuttosto che essere vinto e fatto prigioniero dal popolo dei demoni. A torto accusi Abramo di aver venduto il pudore della moglie, perché senza mentire ha detto che fosse sua sorella, ma per umana prudenza ha taciuto che fosse sua moglie 44, affidando al suo Dio il compito di custodire la sua castità. Se non avesse fatto ciò che poteva fare, avrebbe dimostrato di non avere fede in Dio, ma di tentare Dio. Tuttavia non vedi che il vostro Dio non vendette ma regalò, non una moglie ma le sue stesse membra, ai nemici perché le contaminassero, le corrompessero, le deturpassero. Certo desidereresti, se si potesse, che la natura del vostro Dio ritornasse splendida dai suoi nemici, così come intatta Sara fu restituita allo sposo.
Perché Agostino ha lasciato l’errore manicheo per farsi cattolico.
24. Lodi quelli che un tempo furono i miei costumi ed i miei studi, e chiedi chi li abbia all’improvviso cambiati. Quindi facendo delle perifrasi ricordi l’antico nemico di tutti i fedeli e dei santi e dello stesso Signore Gesù Cristo, e vuoi fare intendere che sia il diavolo che li ha cambiati. Che cosa potrei risponderti del mio cambiamento se non che in quel modo ho pensato di divenire migliore, se avessi abbandonato e ripudiato il vostro errore per convertirmi alla Chiesa cattolica e alla fede? E ho fatto bene, poiché dal male mi sono rivolto al bene, ma tu stesso risolvi per me la questione con il termine che hai usato per indicare il mio " cambiamento ". Infatti se la mia anima, come dite voi, fosse la natura di Dio non potrebbe essere mutata né in meglio - come io ritengo - né in peggio, come intendi tu, né da se stessa né per lo stimolo di qualche altra cosa. Così quando ho lasciato questo errore e scelsi quella fede in cui si crede piamente che la natura di Dio sia immutabile, perché s’intende sapientemente, il mio mutamento non dispiace se non a coloro a cui dispiace un Dio immutabile. Poi il diavolo è nemico dei santi non perché si levi contro di loro quale nemico da un avverso principio di una natura contraria, ma perché invidia loro l’onore celeste, dal quale egli stesso è stato allontanato. Infatti lui mutato, tenta di mutare gli altri. Del resto, come avete abbondantemente detto nella favola persiana di quel Mani, se lui muta gli altri senza mutare egli stesso, certo è più grande e vincitore. Ma se, come voi affermate, non è nemico di Dio, ma è amico della santa luce e migliore di quelli che inganna, chi li fece diventare nemici del santo lume, a cui lui stesso è amico? Per questo Mani dice che le anime furono condannate a quell’eterno supplizio dell’orribile ammasso, perché sopportarono di vagare lontano dalla loro primitiva luminosa natura e allora divennero nemiche della luce. Mentre Mani vuole che la stessa mente del popolo delle tenebre creò i corpi degli animali, bruciando dal desiderio di trattenere presso di sé la luce. Cerca di allontanarti da queste finzioni così vane e sacrileghe, cambiando in meglio con l’aiuto di colui che non cambia né in meglio, né in peggio.
Il Salvatore spirituale.
25. Dici: Siamo sfuggiti perché abbiamo seguito un Salvatore spirituale. Infatti la sua audacia è arrivata a tal punto che, se il nostro Signore fosse stato di carne, ci sarebbe stata rescissa ogni speranza. Se la ragione per cui dite questo è che non credete che Cristo abbia avuto un corpo di carne, non dovete porre la speranza in Mani, che è nato da un uomo e da una donna come tutti gli altri uomini. Perché dunque riponete tanta speranza in lui? Infatti in questa tua stessa lettera, per impaurirmi, tu stesso hai detto: Chi ti farà da avvocato davanti al giusto tribunale del giudice, quando per tua stessa testimonianza sarai accusato riguardo alle parole e alle azioni? Il Persiano che hai accusato non si presenterà. Eccetto lui chi ti consolerà mentre piangi? Chi salverà il Punico? Tu hai detto che, escluso Mani, nessuno potrà essere consolatore e salvatore. Quindi come hai fatto a dire, trattando delle passioni di Cristo, che siete sfuggiti [al demonio] perché avete seguito un salvatore spirituale, cosicché il nemico non lo potesse uccidere come se avesse un corpo di carne? Se dunque il nemico uccide il vostro Mani, che è fatto di carne perché possa essere il vostro salvatore, come fai a dire: Escluso lui chi ti consolerà mentre piangi? Chi salverà il Punico? Vedi cosa ci sia nell’eresia e nella dottrina dei demoni, nell’ipocrisia degli impostori 45. Vuoi che Mani dica la verità di un falso Cristo. Infatti se Cristo nel mostrare ai discepoli che dubitavano 46 la carne, la morte, la risurrezione ed infine i punti delle ferite e dei chiodi, è stato del tutto falso e bugiardo, allora Mani riguardo al Cristo ha detto il vero. Ma se Cristo mostrò vera carne, vera morte, vera risurrezione, vere cicatrici, allora Mani ha mentito riguardo a Cristo. E questa è la differenza che ci separa in questo dibattito, perché hai scelto di credere che Mani dica la verità, mentre credi che Cristo dica il falso. Io credo invece che Mani abbia mentito su Cristo come su altre cose, piuttosto che Cristo su qualche cosa (soprattutto riguardo a ciò su cui pose la speranza dei credenti, cioè sulla passione e risurrezione). Infatti colui che dice che quando Cristo, dopo quella che è considerata la sua morte, apparve ai suoi discepoli che dubitavano e che credevano di vedere uno spirito dicendo: Toccate le mie mani ed i piedi; e guardate, perché lo spirito non ha carne né ossa, mentre io le ho 47, quando ad uno di essi che non credeva disse: Metti le mani sul mio costato e non essere incredulo, ma credente 48, tutto questo non lo mostrava realmente, ma in maniera ingannevole. Dico che chi dice ciò non è uno che predica Cristo ma che lo accusa. Ma dici che Mani predica il Cristo e si dice suo apostolo. Questa è una ragione in più perché sia detestato ed evitato. Se infatti parlasse di Cristo accusandolo, lui a sua volta potrebbe vantarsi di essere amante della verità, denunciando la falsità di un altro. Ma adesso inconsapevole ed incauto si tradisce, e lodando e predicando uno che mente, mostra chiaramente a chi osserva con attenzione che cosa faccia lui stesso e che cosa ami. Fuggi dunque, amico, questa peste, perché Mani non ti renda (cosa impossibile) un fedele con inganno, come quel discepolo che vogliono che Cristo abbia reso fedele, quando a lui disse: Metti le mani sul mio costato e non essere incredulo, ma credente. Come infatti intende la dolcissima verità, che cos’è che Cristo disse al discepolo se non: " Tocca ciò che porto, tocca ciò che ho portato, tocca la vera carne, tocca i segni delle vere ferite, tocca i veri buchi dei chiodi e credendo alle cose vere, non essere più incredulo, ma credente "? Ma secondo le vane e sacrileghe assurdità di Mani, che cos’è che ha detto Cristo al discepolo, se non: " Tocca ciò che simulo di essere, tocca ciò che fingo ", se non: " Tocca la falsa carne, tocca i falsi luoghi delle false ferite, e non essere incredulo delle mie bugiarde membra, sicché tu possa essere fedele credendo il falso "? Tali fedeli ha Mani, tutti della dottrina dei demoni e degli impostori.
Gli eletti.
26. 1. Fuggi, ti prego, non ti fare ingannare dal pretesto del piccolo numero, poiché lo stesso Signore ha detto che la via stretta è per pochi 49. Vuoi essere tra i pochi, ma sono i peggiori. Infatti è vero che ci sono pochi del tutto innocenti, ma tra gli stessi peccatori, gli assassini sono meno dei ladri, gli incestuosi meno degli adulteri, infine le favole o le storie degli antichi hanno meno Medee e Fedra, che donne colpevoli di altre empietà e delitti, meno Oco e Busiride che uomini colpevoli di altre colpe e crimini. Vedi dunque che presso di voi l’eccessivo orrore dell’empietà non renda merito alla minore quantità. Tali cose vengono lette, dette e credute, ed incredibile che in quell’errore cadano e vi rimangano molti invece che pochi. L’esiguo numero dei santi, dei quali stretta è la via, viene messa a confronto con il gran numero dei peccatori. Questa esiguità si nasconde nel numero molto più grande della paglia. Ma nello stesso granaio della Chiesa cattolica ora deve essere riunita, triturata, ed alla fine ventilata e purificata 50. Ed è necessario che ti unisca ad essa, se sinceramente desideri essere un fedele, e perché fidandoti della falsità, così come è stato scritto, non diventi pasto dei venti 51, cioè esca degli spiriti immondi. Infatti se l’apostolo Paolo, che citi, stimò danno e sterco, per guadagnarsi Cristo 52, non le scritture dei saggi dell’Antico Testamento e tutto quel patrimonio profetico di parole e fatti, ma l’eccellenza carnale della stirpe giudaica e lo zelo di perseguitare i Cristiani (che lo accendeva come se fosse una cosa lodevole) a favore delle Sinagoghe erranti del popolo paterno, che non riconoscono il Cristo, ma la giustizia che viene dalla Legge della quale i Giudei, non avendo compreso la grazia di Dio, superbamente si gloriano. A maggior ragione devi rigettare queste scritture che sono piene di nefandezze e di bestemmie, dove la natura della verità, la natura del sommo bene, la natura di Dio è descritta tante volte mutabile, tante volte vinta, corrotta, ed inspiegabilmente inquinata da una parte e condannata alla fine dalla stessa verità. Le devi rigettare e non come sterco, ma come veleno, e dovrai passare, finita la contesa, alla Chiesa cattolica e alla fede, che come è stata profetizzata molto tempo prima, così è stata rivelata a suo tempo.
Esortazione alla conversione al bene.
26. 2. E ti dico ciò perché la tua mente non è natura del male, che non esiste, né la natura di Dio, altrimenti invano avrei parlato con una natura immutabile. Ma poiché è mutata abbandonando Dio, e lo stesso suo cambiamento è male, si muti ancora rivolgendosi al bene immutabile, con l’aiuto dello stesso bene immutabile; e tale suo cambiamento sarà la liberazione dal male. Se disprezzi questo ammonimento, credendo ancora che ci siano due nature, una mutevole del bene che mescolata al male poté acconsentire all’ingiustizia, l’altra immutabile del male che unita al bene non poté acconsentire alla giustizia, allora ripeti quella vergognosa favola, che sparge esecrabili e turpi bestemmie ad orecchie che prudono di fornicazione, perché sei nel gregge di cui è stato predetto: Ci sarà un tempo in cui non sopporteranno la sana dottrina, ma secondo i loro desideri, si accumuleranno maestri per farsi solleticare le orecchie, distogliendo il proprio udito dalla verità, lo rivolgeranno alle favole 53. Se poi accogli prudentemente questa ammonizione, rivolto all’immutabile Dio con lodevole cambiamento, ti troverai tra quelli di cui l’Apostolo dice: Siete stati un tempo tenebra, adesso luce nel Signore 54. Ciò non potrà essere detto della natura di Dio, poiché non fu mai malvagia e degna del nome delle tenebre, né riguardo alla natura del male, che se esistesse, mai potrebbe mutare e diventare luce. Ma giustamente e correttamente si è detto di quella natura che non è immutabile, ma abbandonata quella luce immutabile dalla quale è stata fatta, si ottenebra in sé, ma che se si converte alla luce immutabile, diventa luce non in se stessa, ma nel Signore. Infatti non risplende da se stessa, poiché non è vera luce, ma illuminata da colui di cui è detto: Era la luce vera, che illumina ogni uomo che viene in questo mondo 55. Ecco ciò che devi credere, devi comprendere, devi tenere, se vuoi essere buono nella partecipazione al Bene immutabile, perché tu non puoi esistere per te stesso: bene che non potresti perdere se tu fossi immutabile, né ricevere se non fossi immutabile.
Note:
1 - 1 Cor 4, 3.
2 - 1 Tm 4, 1-4.
3 - Rm 2, 10.
4 - Mt 12, 33.
5 - Ef 5, 8.
6 - Cf. 1 Cor 10, 13.
7 - Cf. 1 Tm 1, 17.
8 - Sal 148, 5.
9 - Cf. Gn 1, 31.
10 - Cf. Rm 8, 29.
11 - Gv 1, 14. 1.
12 - Col 1, 18.
13 - Rm 8, 15. 23.
14 - Gal 4, 5.
15 - Ef 1, 5.
16 - 1 Pt 2, 9.
17 - 2 Ts 2, 12-13.
18 - Gv 1, 12.
19 - Rm 8, 32.
20 - Gv 1, 14.
21 - Cf. Ef 2, 3.
22 - Cf. Sap 11, 21.
23 - Rm 1, 25.
24 - Gv 14, 9.
25 - Cf. Gv 1, 1.
26 - Cf. Fil 2, 6.
27 - Cf. Col 1, 15-16.
28 - Rm 8, 20.
29 - Ef 6, 12.
30 - Cf. 1 Cor 11, 19.
31 - Rm 5, 3-4.
32 - Rm 8, 10-11.
33 - 1 Cor 15, 26. 51-53. 35.
34 - Cf. Dn 6; 14.
35 - Os 1, 2.
36 - Mt 21, 31.
37 - Cf. Gn 2, 24; Ef 5, 31-32.
38 - Gn 1, 28.
39 - At 10, 13.
40 - 1 Tm 4, 3.
41 - Gn 24, 2-3.
42 - Cf. Gn 7.
43 - Cf. Gn 32, 24-25.
44 - Cf. Gn 12, 20.
45 - Cf. 1 Tm 4, 1-2.
46 - Cf. Gv 20, 20.
47 - Lc 24, 39.
48 - Gv 20, 27.
49 - Cf. Mt 7, 14.
50 - Cf. Mt 3, 12.
51 - Cf. Os 12, 1.
52 - Cf. Fil 3, 8.
53 - 2 Tm 4, 3-4.
54 - Ef 5, 8.
55 - Gv 1, 9.
La Passione di Gesù
Beata Alexandrina Maria da Costa - Beata Alexandrina Costa
Leggilo nella Bibliotecaal lettore con l'augurio che, leggendo e meditando, ascenda a tal punto, da sentirsi dire da Gesù:
« Tu mi ami quando piangi e quando sorridi; mi ami nel dolore e nella gioia; mi ami nel silenzio e parlando: mi ami in tutto »
Il tribunale ecclesiastico della diocesi di Braga iniziò il processo sulle virtù e fama di santità della serva di Dio Alexandrina Maria da Costa il 14.1.1967. Interrogati 48 testimoni ed approvati gli scritti, fu chiuso felicemente il 10.4.1973. Nel maggio seguente tutta la documentazione passò alle Congregazioni romane. Nel dicembre 1975 i teologi specializzati in dogma, morale e mistica diedero il loro voto positivo sugli scritti della Serva di Dio.
Presentazione
LA VOCAZIONE DEL CRISTIANO E’ DI PARTECIPARE ALLA PASSIONE DI CRISTO
L'invito di Gesù all'uomo perché divenga suo discepolo comporta la partecipazione e la conformazione alla sua Passione (Mt 10,16), per stabilire una relazione di somiglianza tra il Maestro e il discepolo (Gv 10,4 ss). L’inserimento in Lui come tralci nella vite (Gv 10,17), come pure la necessità di rimanere nel suo amore, significa osservare la sua parola, come per Lui rimanere nella parola del Padre significa attuare la sua parola, cioè quella volontà che Gli impone di offrire la propria vita per il gregge (Gv 10,17). Secondo l'insegnamento di Cristo, dunque, vero discepolo è colui che rivive il suo mistero di morte, o meglio colui che accoglie in sé Cristo per rivivere la sua Passione. Così l'apostolo Paolo ha capito e vissuto il mistero di Cristo. Il Vangelo è tutto qui: « Noi predichiamo Cristo crocifisso » (1 Cor 1,23). La vita di Paolo è una riproduzione viva della vita di Cristo. « Io voglio vantarmi soltanto di questo: della croce del nostro Signor Gesù Cristo: perché Egli è morto in croce, il mondo è morto per me e io sono morto per il mondo » (Gal 6,14); « Portiamo sempre e dovunque nel nostro corpo le sofferenze di Gesù morente, affinché anche la vita di Gesù si manifesti nel nostro corpo » (2 Cor 4,10). E l'apostolo si sente confitto in croce: « Sono stato crocifisso per sempre con Cristo... dunque non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. E pur continuando a vivere nella carne, io ormai vivo per la fede nel Figlio di Dio, il quale mi ha amato e ha sacrificato se stesso per me » (Gal 2,19 ss). Il desiderio di Paolo, nello slancio verso la perfezione, è di conoscere la forza della sua Passione, come della sua Risurrezione e di rimanere configurato alla sua Morte (Fil 3,8-11). « Mediante il battesimo che ci ha uniti alla Sua morte, siamo dunque stati sepolti con Lui, affinché, come Cristo è risuscitato dai morti mediante la potenza gloriosa del Padre, così anche noi vivessimo una nuova vita » (Rm 6,4), cioè: « Siamo stati totalmente uniti a Lui con una morte simile alla sua »(Rm 6,5). Quindi nella vita cristiana, quando raggiunge il suo vigore, la sua fioritura, dovrà necessariamente manifestarsi anche questa assimilazione alla Passione di Cristo, con la stessa chiarezza con la quale si manifesta la vita della Grazia, la presenza del Cristo nell'anima. Perciò, se tale pienezza porta con sé per una certa connaturalità l'esperienza, anche Cristo crocifisso sarà la grande realtà dell'esperienza cristiana. Gesù stesso ha parlato della presenza del suo Spirito, quando i discepoli saranno chiamati a rendergli testimonianza attraverso la passione e la morte (Mt 10,20). La parola di Gesù trova conferma in tutta la tradizione cristiana. Ignazio di Antiochia scrive: « Per mezzo della croce il Cristo, nella sua Passione, invita voi tutti che siete sue membra. Il capo non può esistere a parte senza le sue membra » (Trall 11,2). L'agiografia cristiana è ricca di testimonianze di questa presenza di Cristo nella vita dei fedeli, soprattutto come trionfatore sul dolore e sulla morte. Nella ricca schiera dei mistici cristiani non sono pochi coloro che hanno rivissuto in modo estremamente realistico il dramma della Passione di Cristo, nel loro corpo e nel loro spirito. Ed è grazie alla loro esperienza della presenza di Dio e della sua azione nelle anime mistiche, che la teologia conosce le relazioni intime tra le Persone divine della Trinità e la loro opera nelle anime.
LA PASSIONE IN ALEXANDRINA
Il fenomeno della Passione di Gesù in Alexandrina si verificò durante l'arco di 17 anni: dal 1938 al 1955. In questo lungo intervallo di tempo bisogna distinguere due periodi, nei quali il fenomeno si è manifestato con caratteristiche diverse; indicheremo rispettivamente con « partecipazione fisica » e « partecipazione interiore » queste due forme o modi di manifestarsi del fenomeno, per comodità di denominazione; facciamo però ben presente che la Passione è unica sostanzialmente, essendoci contemporaneamente sofferenze del corpo e dell'anima, fisiche, morali e spirituali, inscindibili.
1. Partecipazione fisica
Nel 1° periodo, dal 3 ottobre 1938 al 20 marzo 1942, il fenomeno avveniva in giorni ed ore determinate: dalle 12 alle 15 del venerdì. Alexandrina riviveva ordinatamente le varie fasi della Passione dall'agonia nell'Orto alla morte, in stato di estasi. I suoi sentimenti e le sue reazioni ai dolori erano rese manifeste da atteggiamenti, gesti, espressioni del viso e di tutto il corpo, facilmente interpretabili da chi vi poteva assistere.2 Padre Pinho ha scritto al riguardo: « Noi abbiamo veduto svolgersi al vivo il dramma della Passione, anche se non apparirono le stigmate, perché Alexandrina aveva chiesto che nulla apparisse all'esterno. La Passione fu violentissima ed i presenti piangevano singhiozzando a quello spettacolo di dolore visibilissimo » (cf Cristo Gesù in Alexandrina, p. 730). Il professore di mistica, Mendes do Carmo, ha affermato: « E’ un angelo crocifisso! ». La maestra del paese, Saòzinha, ed altri hanno testimoniato: « Eravamo trasportati in spirito nei vari luoghi della Passione di Gesù. Nessuno poteva seguire quelle scene senza piangere ». La sorella Diolinda, in una lettera a p. Pinho parla del fenomeno Passione rivissuto il 7.4.1939: « Padre mio, cosa fu mai il venerdì santo: fu davvero giorno di Passione! Prima di iniziare, che volto di afflizione aveva! Temeva il trascorrere di quel giorno e diceva: "Vorrei che fosse già passato ".
La confortavo come potevo e l'accarezzavo, nonostante che anch'io fossi satura di paura e di afflizione. Durante la Passione non potei non piangere e vidi che quasi tutti gli altri presenti piangevano. Che spettacolo commovente! L'agonia nell'Orto fu lunga ed afflittiva. Si udivano gemiti molto profondi e talora singhiozzava. Non Le parlo della flagellazione e della coronazione di spine! I colpi di flagello li prese in ginocchio e come se avesse le mani legate. Le avvicinai un cuscino alle ginocchia, ma lei cambiò posto, non lo volle. Ha le ginocchia in misero stato. Le battiture non si contarono: durarono molto a lungo... La si vedeva svenire. Anche i colpi di canna sulla testa coronata di spine furono innumerevoli. Durante la Passione vomitò due volte: soltanto acqua perché non aveva nulla nello stomaco. Il sudore era tanto che i capelli erano impastati; le passai la mano sui vestiti e la ritrassi bagnata. Alla fine della coronazione di spine pareva un cadavere. Vennero ad assistere il canonico Borlido (di Viana do Castelo) e due persone; così pure il dott. Almiro de Vasconcelos (di Penafiel) e la sua sposa con la sorella Giuditta ». A proposito del peso della croce che gravava sulle spalle di Alexandriina durante la fase della salita sul Calvario, ricordiamo questo episodio. Durante la Passione rivissuta il giorno 29.8.1941, il dott. Azevedo invita uno dei sacerdoti presenti ad alzare dal pavimento la veggente caduta sotto il peso della croce (mistica). Viene scelto il più robusto; la prende sotto le ascelle, ma tutti i suoi sforzi sono inutili. Spiega: « Con tutta la mia forza, non riesco! ». Alexandrina pesava allora circa 40 kg! Dopo che il Cireneo ha preso su di sé la croce, il dott. Azevedo invita lo stesso sacerdote ad alzare Alexandrina; questi vi riesce senza sforzo. La spiegazione è evidente: la prima volta vi erano due pesi; la seconda volta vi era il solo peso della veggente. In altra occasione, durante il fenomeno in stato di estasi, P. Pinho le aveva imposto di dirgli quale il peso della croce. E Alexandrina in atteggiamento molto grave: « La mia croce ha un peso mondiale! ».
2. Partecipazione interiore
Nel 2° periodo, dal 27 marzo 1942 sino alla morte, Alexandrina riviveva la Passione fuori dell'estasi e non più in giorni determinati, soffrendo intimamente in modo che nulla trapelasse all'esterno, anzi talvolta coprendo il dramma profondo con un dolce sorriso. Il 19 giugno 1946 diceva al suo secondo direttore: « In altri tempi questi sentimenti e sofferenze li provavo specialmente durante le tre ore del venerdì tra le 12 e le 15; i dolori della Passione si susseguivano con ordine; oggi no. Lo sgomento per questi dolori perdura quasi sempre, al martedì, mercoledì, giovedì oppure al venerdì; in ore non fisse provo ora questo, ora quell'altro tormento della Passione ». Gesù, durante la Passione, ha sofferto i tormenti inflittigli dagli uomini e contemporaneamente quelli che si è inflitto Lui stesso, in quanto volontariamente ha fatto propri i peccati del mondo (1 Pt 2,24; Is 53,4). Abbandonato alla giustizia di Dio, si è trovato totalmente solo, non soltanto a patire la sua agonia, ma anche a conoscerla. E così pure Alexandrina. P. Corne non chiama forse Gesù « il peccatore universale, il peccatore di tutti i tempi e di tutti i luoghi, sul quale Dio fa pesare tutto il rigore della sua giustizia »? E p. Monsabré « l'incontro di tutti gli oltraggi e di tutte le piaghe »? Mons. Gay da parte sua scrive: « E’ la verità che Gesù, la benedizione vivente ed infinita, essendosi fatto peccatore per tutti, deve essere maledetto per tutti ». La morte fisica è così la conseguenza di quella morte spirituale che è la separazione dell'uomo da Dio. Secondo Cullmann, sarebbe questa morte totale nemica di Dio, la causa della angoscia di Gesù nell'Orto del Getsemani, più che la crocifissione e le sue circostanze... No, Egli non può vincere la morte che morendo realmente, arrendendosi allo stesso dominio della morte, la grande distruggitrice della vita, della unione con Dio. Granfield commenta il grido di Cristo crocifisso: « Mio Dio! mio Dio, perché mi hai abbandonato? », affermando: « Il peso del peccato del mondo, l'identificazione completa di Gesù con i peccatori implicano un abbandono non solamente sentito, ma reale da parte del Padre. In questo grido di abbandono è rivelato il pieno orrore del peccato dell'uomo ». Solo l'amore può ispirare a svolgere un ruolo simile. Il Cristo sofferente non è soltanto una manifestazione folgorante della misericordia divina; ma è anche una rivelazione non meno folgorante della malizia del peccato e della spaventosa catastrofe in cui si precipitano i peccatori, per il fatto stesso che si allontanano da Colui senza il quale sono un nulla e che è la sorgente unica di ogni vita e felicità. Tutte queste verità non vengono esplicitate nel Vangelo, ma da maestri in scienze teologiche ed in sede sperimentale nelle pagine del diario di Alexandrina, la mistica, quasi analfabeta secondo la cultura umana, e da altre anime mistiche cristiane. Ben a ragione Gesù le diceva: « La crocifissione che tu hai è delle più dolorose che la storia può registrare ». Meditandola si riesce veramente ad approfondire la nostra conoscenza dell'amore del Cristo sofferente e redentore. Ci si renderà conto anche dell'opera che svolse nella redenzione la Madre di Gesù e nostra, come anche del valore salvifico della sofferenza di qualsiasi anima che sappia accettarla con amore in unione con Gesù.
3. Gli effetti dell'esperienza dei mistici
Una sicura garanzia dell'autentico carisma mistico è un vigoroso dinamismo ecclesiale ed apostolico, in perfetta sintonia con il magistero della Chiesa. L'obbedienza perfetta ed eroica all'autorità ecclesiastica, praticata da Alexandrina, fu riconosciuta ufficialmente dal Tribunale diocesano che ne svolse il processo sulle virtù eccezionali e ne approvò gli scritti. Tutti gli scritti di Alexandrina sono ormai convalidati anche dal voto positivo degli specializzati in dogma, morale, mistica delle Congregazioni romane. Questo ci invita a considerare i principali effetti che nascono dall'esperienza mistica della serva di Dio: a. Una conoscenza non comune né facile dei fatti, sentimenti e circostanze della Passione di Cristo, che non si trovano esplicitati nei Vangeli, o vi sono appena accennati. b. Una conoscenza particolarmente profonda e intensa dei dolori intimi e spirituali del Salvatore, al di là dei suoi dolori fisici. Un vero contributo alla penetrazione della psicologia di Gesù. c. La rivelazione dell'amore indicibile, misterioso e quasi « assurdo » di Cristo per l'uomo. Amore che, nella Passione e morte di Gesù, trova la sua espressione più alta. « Nessuno ha un amore più grande di questo: morire per i propri amici » (Gv 15,13). Ovviamente è questo l'aspetto più toccante, perché l'anima viene condotta verso l'abisso di quella carità di Cristo che qui Alexandrina, con S. Paolo, sente sperimentalmente « come superiore ad ogni conoscimento umano » (Ef 3,19). In questa esperienza dell'unica oblazione redentiva di Cristo, fatta una volta per sempre (Eb 10,10) l'anima mistica sente più che mai che la Passione « è la più grande e stupenda opera del divino amore ed insieme che è un mare di amore e di dolore ». S. Giovanni della Croce, parlando delle grandi comunicazioni che il Signore fa all'anima negli alti gradi della esperienza mistica, afferma che « le comunica specialmente i dolci misteri della sua incarnazione e i modi e le vie della umana redenzione »; altrove dice che « l'anima si riveste e si trasforma negli stessi splendori del Verbo incarnato e gode delle gioie più pure dello spirito anche se questo itinerario spirituale è accompagnato dal puro patire ».
MOTIVAZIONI E ORIGINE DI QUESTO LAVORO
« Il mondo non comprende ciò che soffrì Gesù »(Diario, 25.10.1945). « Io vorrei disegnare in un quadro tutte le sofferenze di Gesù che sento nella mia anima e poter stamparle in tutti i cuori affinché sentano e comprendano ciò che soffrì Gesù; e così non pecchino più, non Lo offendano più, Lo amino solamente, perché solo l'amore divino sia il fuoco per i cuori di tutta l'umanità » (Diario, 18.10.1945). Questo ardente desiderio di Alexandrina ha preso noi pure e abbiamo sentito l'urgenza di soddisfarlo. Particolarmente vicini ad Alexandrina (in qualità di direttore spirituale) abbiamo sentito anche il dovere di diffondere i tesori di cui il Signore l'ha ricolmata, per il bene delle anime. Già nel nostro volume Cristo Gesù in Alexandrina si trovano descritti molti momenti della Passione ma sono così frammentati e distanziati nei vari stralci per una sommaria autobiografia, che non presentano quel quadro desiderato da Alexandrina. Scavando nella profonda e vasta miniera di materiale prezioso di cui siamo in possesso, abbiamo tratto alla luce i brani più significativi e li abbiamo composti in un insieme, il più organico che ci è stato possibile. Il quadro elaborato non riesce certo a dare una visione completa per due motivi: 1. L'esperienza insegna quanto sia difficile esprimere con la parola i moti dell'anima, soprattutto quando il linguaggio umano deve tradurre realtà ed operazioni divine. Molte volte Alexandrina esprime la sua sofferenza nel dover dettare, per obbedienza, quanto avviene nella sua anima. Sono frequenti nel Diario queste sue parole: « Se la mia ignoranza sapesse esprimere... »; « Seppi sentire, ma non so dire... 2. Per la sovrabbondanza di materiale. Alexandrina rivisse la Passione di Cristo, nella seconda forma (periodo dal 27 marzo 1942 sino alla morte), soffrendo settimanalmente ora un aspetto, ora un altro, del martirio di Gesù. Abbiamo scelto i brani più significativi per offrire al lettore un quadro sintetico. Confessiamo che ci siamo accinti al non facile lavoro, pur consapevoli di inevitabili manchevolezze, perché ci piangeva il cuore di lasciare sepolte perle così preziose. Siano dunque bene utilizzate! Siano feconde in tante anime! Con questo auspicio abbiamo fatto la dedica al lettore, con segreto ma caloroso voto che, conoscendo di più riesca ad amare di più; e amando di più riesca a conoscere sempre più profondamente Cristo Gesù, per lasciarlo vivere e crescere in sé quanto più possibile.
LA SUA STRUTTURA
Il lavoro è stato diviso in sette « momenti »; ognuno di essi è costituito da vari quadri, coordinati tra loro cronologicamente e psicologicamente; ciascuno di essi è abbastanza compiuto in sé e sufficientemente indipendente dagli altri per essere oggetto di meditazione. Il contenuto di ogni quadro è espresso dal relativo sottotitolo da noi aggiunto. Ogni quadro è composto di vari frammenti; a fianco di ciascuno di essi è collocato un numero; esso viene riportato alla fine del libro, insieme alla data corrispondente al dettato da cui è stato tolto. Fra i molti frammenti somiglianti ne abbiamo scelto uno solo: quello che ci è parso più espressivo e anche più consono al contesto e lo abbiamo inserito accanto agli altri in modo da formare come un grande intarsio. Abbiamo escluso ripetizioni, nel senso che ogni frammento è riportato una sola volta. Il lettore vi trova invece ripetizioni sostanziali di concetti, di sentimenti, di patimenti, sotto forme sempre diverse, con sfumature diverse: questo « ripetersi » è avvenuto nella realtà; per esempio, alcuni tormenti sono già presentiti nel giovedì, poi anche durante l'agonia nell'Orto e infine vissùti sulla cima del Calvario. Ricorre sovente anche la dolorosa amarezza di vedere che molti, troppi non traggono profitto dal Sacrificio. Ritorna poi insistente, in un crescente continuo il motivo dell'intrecciarsi del dolore con l'amore, della loro complementarità e il trionfo dell'amore ad ogni costo. Sono i temi fondamentali, essenziali del Cristianesimo e non sono ripetuti mai abbastanza: mettono in evidenza una introspezione singolare del doloroso Calvario sofferto da Cristo e rivissuto da Alexandrina. E’ vero che la connessione dei « frammenti dell'intarsio » non è sempre perfetta. Ma abbiamo preferito questo inconveniente, alla introduzione di frasi non appartenenti al testo di Alexandrina. La traduzione è sempre aderente all'originale. Abbiamo trascurato volutamente eleganze letterarie e linguistiche. Talvolta però abbiamo dovuto cambiare il tempo di qualche verbo per uniformità di esposizione, entro uno stesso quadro. Inoltre, per aderenza al modo attuale di sentire, qui in Italia, abbiamo sostituito il « Tu » al « Voi »nei colloqui tra l'anima e Gesù. Ringraziamo alcuni cari amici per la collaborazione che ci hanno dato.
Leumann, 2.2.1977 Festa della presentazione del Signore
D. UMBERTO M. PASQUALE, S.D.B.
TUTTA LA VITA DI CRISTO FU CROCE E MARTIRIO
1 Quanto costò o Gesù la sua vita sulla Terra! 2 Non fu, l'Orto con il Calvario, sofferenza di alcune ore: tutta la vita fu Orto e Calvario. 3 Egli cresceva in età e sapienza e in Lui e con Lui cresceva la croce. Non se ne separò un solo istante: in essa cresceva, in essa soffriva; ma sempre con sorriso e bontà, con i suoi sguardi pieni di fascino e di attrattiva. Così Lo vidi e sentii dentro di me, a soffrire in me e con me. 4 Fu un essere umano che soffrì; una Vita divina che vinse.
«PADRE L’ORA E’ VENUTA» (Gv 17, 1)
«E’ stato messo nel numero dei malfattori » (Lc 22,36)
5 Oggi, giovedì, fin dal mattino presto, mi sentivo molto addolorata: al vedere che tutto il popolo stava in attesa di nuovi avvenimenti, provavo una ripugnanza molto grande e insieme vergogna. Mi pareva di vedere gruppi qua e là intenti a fare commenti. Mio Dio, mi attende il venerdì! che paura! I miei sguardi sembrano penetrare nell'intimo di tutta la moltitudine che occupa le strade: la mia anima sente tutto. Sulla costa di un'altura, presso l'entrata della città, il fico maledetto. Più in basso, un uomo porta sul capo una brocca d'acqua. Si intrecciano abboccamenti... 6 Con gli occhi dell'anima vedo gesti di rancore contro di me; vedo persone che camminano in fretta qua e là a prepararmi il tradimento, la congiura per catturarmi. 7 Oh, come io vedo il tradimento che mi preparano! 8 Cade sopra di me il peso di tutte le umiliazioni: non vi è alcun male che non dicano contro di me. 9 Da lontano, molto lontano, si fanno commenti; il mio nome corre su tante bocche: è diffamato, è avvolto nel fango come foglia che in esso marcisce. La mia anima sente tutto e si disfa nel dolore. 10 Tutto questo che io sento e vedo, è avvenuto in Te, o Gesù! Sono sofferenze tue; e tutte le hai sofferte per amor mio!
« Parto ma resto con voi »
11 Mi si impresse nell'anima la visione di Gesù con gli apostoli. Gesù vedeva approssimarsi la morte e, quasi senza forze per affrontare la separazione da loro, diceva: « E’ giunta la mia ora: vado a morire. Parto, ma resto con voi ». E il Cuore divino di Gesù ardeva di amore. Passavano le ore. L'orrore della sofferenza aumentava, ma anche l'amore cresceva. Io sentivo il mio petto come una fornace e il cuore in essa, come un recipiente sul fuoco, era in continua ebollizione: quanto più bolliva, più traboccava; quanto più traboccava, più si riempiva. Gesù fissava la Mamma; tornava a fissare gli apostoli. In un dolore molto profondo mormorava: « Devo lasciarvi, ma non posso separarmi da voi. Io vado, ma resto: mi lega a voi il mio amore ». I legami d'amore di Gesù si avvolgevano sempre più al Cuore santissimo della Madre e degli apostoli
« Devo dare il Cielo al mondo »
12 Corre verso di me la morte. Il sepolcro è pronto. 13 La mia anima vede che tutti già si preparano per catturarmi e togliermi la vita ad ogni costo. 14 Vede tutto ciò che strapperà la vita al corpo. 15 Mi sento consumare dalla visione dell'agonia nell'Orto e della morte. 16 Sento nel cuore le corde che domani legheranno il corpo; sento gli schiaffi e gli sputi che dovranno cadere sul volto. 17 Vedo la grande corona di spine che, in forma di casco, dovrà avvolgere il mio capo. 18 La mia anima geme e agonizza. Triste giovedì! che cosa mi aspetta mai! Sento e vedo che il mio sangue tra poco scorrerà dal corpo. 19 Sento che le anime ne dovranno essere bagnate. 20 Già vedo la croce! 21 Sono di scandalo in mezzo alla moltitudine. L'anima piange; il corpo trema. 22 O Orto, o Calvario, o morte, o orrore, o sgomento! 23 Il mio spirito si mantiene fisso nel Signore. In silenzio, vado esclamando: « Mio Dio, mio Dio! Padre mio, Padre mio! ». 24 Fisso i miei occhi al Cielo: « Avvenga ciò che deve avvenire! Devo dare il Cielo al mondo. Devo comprarlo con la moneta della mia soflerenza ».
« Una tristezza mortale mi opprime » (Mt 26,38)
25 Nel pomeriggio avevo l'impressione di percorrere delle strade. Camminavo, ed ero schernita da quanti mi vedevano e additata come rea di tutte le colpe, come la più grande criminale. 26 Vidi la terra dell'Orto, il luogo che sarebbe stato irrorato con il mio sangue. In un impulso di amore volevo baciare ed abbracciare quel terreno. 27 Più di una volta venne verso il mio cuore l'immagine della montagna del Calvario, grande come il cielo. La mia anima vedeva sulla sua cima, presso la croce, la Mamma piangente in grande agonia, attorniata da alcune anime care. Vedevo la Maddalena sciolta in lacrime. 28 Il mio cuore ripeteva: « L'anima mia è triste fino a morirne ». 29 Io mi interessavo di tutte le cose e il mio pensiero stava sempre nell'Orto. Camminavo per diverse strade e il cuore viveva sempre là. Non valeva la pena parlare anticipatamente di quelle sofferenze: non sarei stata compresa.
Due mari immensi: uno di dolore, l'altro di amore
30 Il dolore, lo sgomento schiacciavano il cuore: lo distruggevano. L'amore lo ricreava. E così ripetute volte. 31 Il mio cuore volava verso l'Orto a bere alla fonte di ogni dolore. Portava con sé un'altra fonte, più ricca ancora: quella dell'amore. Questo mi obbligava a bere nell'altra. 32 Sentivo in me due mari immensi: uno di dolore, l'altro di amore. Quello di amore stava sopra il suolo dell'Orto; e in esso sfociava, ma senza esaurirsi, il mare di dolore. L'amore tutto assorbiva. 33 Un fuoco divoratore bruciava tutto il mio intimo giungeva fino alle labbra secche e aride: era fuoco di amore, era fuoco di consegna totale, era fuoco di vita. 34 L'amore vibrava; l'amore cresceva, vinceva, copriva il dolore. Che cuore grande, io avevo! Grande come Dio. Oh, quanto è grande, grande, infinitamente grande l'amore di Dio!
« Per eliminare il peccato offre se stesso in sacrificio » (Eb 9,26)
35 Il mondo era tutto tenebre e guerra: era come un mare immenso scatenato contro di me. Io mi sentivo assalita e ferita da tutti. Ma il cuore amava; e amava tanto che, per liberare dalle tenebre quanti mi ferivano, andavo a dare la vita. 36 Per tutto il giorno non potei distogliere il mio spirito dall'Orto. Ma una Vita suprema, che era in me, leniva il mio dolore. Questa Vita aveva in sé la visione e il ricordo di essere discesa sulla Terra, inviata dall'Eterno Padre. 37 Mi offersi, per Suo amore, a pagare tutto il debito dell'umanità intera. Soltanto la sua divina Volontà era la mia; mia era la sua Vita; mio era il suo Amore. 38 La volontà ferma e totale di compiere la Volontà dell'Altissimo, fu ciò che rese soave il dolore di questa giornata; dolore che non mi pareva di un giorno, bensì di molti anni. Parlavo, camminavo, lavoravo, con il mondo nel cuore.
« Gerusalemme! Gerusalemme! Tu metti a morte i profeti » (Mt 23,37)
39 Da me partivano, verso la città di Gerusalemme, i più dolci e teneri sguardi: erano sguardi di invito, sguardi di compassione. Ma oh, che cosa io vedevo uscire di là, quale rivolta contro di me! 40 Piansi, o meglio, pianse la mia anima. Le mie lacrime erano lacrime di Padre: erano un incessante invito al pentimento. Era l'ora della Grazia, che non sarebbe più tornata! 41 Io vedevo ciò che la Città era e ciò che sarebbe stata verso di me. E piangevo per quanto le sarebbe accaduto e perché non approfittava dell'ora di Grazia che le era data. La mia anima piangeva e fissava l'umanità intera. Penetrava tutto e in tutti i cuori che sarebbero esistiti.
«Giuda si mette d'accordo per aiutare a impadronirsi di Gesù» (Lc 22,4)
42 La mia anima soffrì molto nel vedere Giuda contrattare, di porta in porta, la vendita di Gesù. I suoi occhi e i suoi capelli parevano essere già quelli del maligno. Dentro di me vi erano gli occhi divini di Gesù, che seguivano Giuda ovunque. Tutti i passi, uno per uno, che egli faceva verso un così crudele tradimento, erano come pugnali che si configgevano nel Cuore divino e rudi e nere corde che lo stringevano crudelmente. 43 Mi sentivo disperare. La disperazione era in me, ma credo non fosse mia; infatti la mia anima si manteneva in pace. Il mio Gesù mi fece comprendere che tale disperazione era quella di Giuda. Essa rese più intense tutte le sofferenze della sua santa Passione.
« Per prendere su di sé i peccati degli uomini » (Eb 9,28)
44 Cominciai a sentire e a vedere, come luce splendente, la vita del Cielo: si macchiava immergendosi nella Terra. Era Gesù che veniva a soffrire. 45 Mi pareva venissero dal Cielo raggi di sole che davano vita alla Terra, sommersa in fitte tenebre, illuminandola. Contro questo sole avanzavano nubi nere, spaventose, per coprirlo. Mi pareva di avere Gesù in me: contemplava questo sole e fissava le nubi formate da tutte le malvagità. Egli si lanciava verso le nubi per abbracciarle, pur sentendone spavento. Il suo divin corpo si copriva di sudore. 46 Egli piangeva, gemeva. Lo sentivo curvarsi sotto il peso schiacciante dell'umanità. 47 Egli doveva diventare una massa sola con il mondo, doveva immergersi nel fango; ed aveva paura. Era come un lanciarsi nel fuoco per esserne bruciato. Il suo divino amore era molto grande: Lo obbligava ad unirsi a noi, a rivestirsi delle nostre malvagità. L'unione della Purezza somma con il fango immondo! 48 Di tanto in tanto, Gesù fissava il Cielo e lodava il suo Eterno Padre.
« Ma io sono un verme e non un uomo » (Sal 21,7)
49 Verso sera sentii come se mi togliessero un bel vestito, che mi conferiva tutta la grazia e la bellezza, e mi facessero indossare un abito mondiale, che mi fece diventare scandalo per tutta la gente: tanta era la corruzione di cui era tessuto! 50 Sentii come se assumessi tutta la malvagità umana. Tutto entrò in me: io ero il mondo. 51 Mi pareva di essere venuta dal Cielo a trasformarmi in un verme della Terra. Ero un verme nauseante, putrefatto, corroso, che avanzava scavando sempre dentro tutta la Terra immonda. 52 Ne provai tale tormento da non potere resistere. Cominciò il mio cuore ad ardere. Su questo fuoco ardente si abbatté un mondo di miserie, tutto malvagità e furore infernale. Su questo mondo venne il Cielo. Si ingaggiò una lotta, una grande guerra: il Cielo contro la Terra; la Grandezza contro il nulla; la Purezza contro il fango. 54 Il Cielo scendeva sulla Terra morta per il peccato. Pareva che il firmamento si dissolvesse in fuoco. Mio Dio, che rivolta! Sentivo che le anime non temevano Dio.
« Una nuova alleanza tra Dio e gli uomini » (Eb 9,15)
55 Tutta la giustizia del Cielo si riversò sopra di me! 56 Il Cielo pareva respingermi. Ma vi era in me una forza che non badava a ciò che dovevo soffrire. E io aprivo le braccia per abbracciare l'immensità di quel dolore; immersa in esso, volevo dare la vita alla Terra, volevo dar luce. 57 Cominciai a sentire vivamente nella mia anima l'indignazione del Cielo contro la Terra. Dovevo riconciliare il Cielo con la Terra. Dovevo essere riconciliato e, allo stesso tempo, dare una nuova vita. Ero corruzione e dovevo, con il mio sangue, cancellare la corruzione. Ero nulla e, allo stesso tempo, stavo nelle altezze: avevo la vita stessa di Dio e ne ero la giustizia stessa. 58 La malvagità del mondo saliva, saliva: giunse al Cielo. Sfidò la giustizia divina: respinse l'amore. 59 Nei miei riguardi tutto è disprezzo: dalla Terra e dal Cielo!
«Ho tanto desiderato fare questa cena pasquale con voi» (Lc 22,15)
60 La mia anima vede tutto il mio sangue scorrere per il mondo; e dal mondo tutto è disprezzato e calpestato! La mia carne è dall'umanità mangiata e subito vomitata. Che grande orrore! Meglio sarebbe essere divorata dalle belve. 61 Nuovo fuoco si accende nel mio cuore. Ho aneliti infiniti di darmi: di essere Ostia per alimento e Sangue per bevanda.
LA CENA PASQUALE
« Andate a preparare per tutti noi la cena di Pasqua » (Lc 22,8)
1 Al cadere della sera, la grande Cena dell'amore: Amore che tanta ingratitudine ricevette! 2 Vedo lo spirito e le cure con cui viene preparata: vedo che sarà la Cena dell'amore, delle meraviglie, come nessun'altra mai. Sento che Gesù sta dando gli ordini ai suoi e, fermandosi ad ogni passo, fissa con divini sguardi la Città ingrata, l'Orto della grande amarezza, il Calvario che Lo attende.
« Si mise a tavola con i suoi apostoli » (Lc 2,14)
4 Salii con Gesù e gli apostoli verso la grande sala del banchetto pasquale. Nel salire la scalinata, sentivo che Gesù era impaziente di mangiare quella Cena con i suoi apostoli. 5 Prima di cominciare la cerimonia, vidi la Mamma in lacrime e con i capelli disciolti, tutta immersa nel dolore. Gesù mi fece comprendere che, poche ore dopo, Ella sarebbe andata in quello stato ad incontrarlo lungo le strade dell'amarezza. 6 Fu grande il dolore del divin Cuore per la visione delle lacrime della Mamma! 7 Vidi Gesù sedersi a mensa con gli apostoli. Mentre si sedeva, esclamò tra sé: « Cibo divino: la Cena del mio amore! ». La sala si illuminò e tutti gli apostoli furono imbevuti di quell'amore che irradiava dagli occhi, dalle labbra, da tutto il suo Essere: Gesù era tutto amore. 8 Era amore, amore, soltanto amore; amore per affrontare malvagità e ingratitudine. Giuda, non era più Giuda: già si vedeva in lui veramente il demonio. 9 Con il demonio in sé, non accolse l'amore di Gesù.
« Ma ecco: il mio traditore è qui a tavola con me » (Lc 22,21)
10 Vidi Giuda a mensa, ma un poco discosto: mento sporgente, occhi stralunati, capelli irti. Non pareva più un uomo: si vedeva in lui soltanto una disperazione infernale. 11 Fu doloroso e raccapricciante leggere la falsità, le cattive intenzioni nel cuore di Giuda; ed essere guardato dai suoi sguardi velenosi! Giuda, imponendoselo, fissava Gesù per dissimulare, ma lo fissava con malizia. Gesù lo guardava con dolcezza e bontà, per attirarlo a Sé. 12 Gli offriva il Cuore con volontà di abbracciarlo. 13 Quanti richiami pieni di dolcezza! 14 Dolci inviti a un cuore di pietra, ad una roccia che non si lascia smuovere. 15 traditore resiste: a nulla si arrende. Ma non si trova a suo agio presso l'Agnello, vittima innocente. Due quadri tanto differenti! Un tradimento senza pari e un amore senza pari. 16 Avevo in me, bene impressi nell'anima, due sguardi: quello di Gesù e quello di Giuda. Che differenza! Quello di Gesù, tenero, diffondeva amore; quello di Giuda, stralunato, era tale da far disperare. Possedevo pure due cuori: quello di Gesù, pieno di bontà e di sante attrattive; quello di Giuda, pieno di rancore e di odio. 17 Si avvicina il tradimento: la vendita di quanto vi è di più bello ed innocente. 18 L'amarezza della mia anima non può crescere oltre.
Versò acqua in un catino e cominciò a lavare i piedi agli apostoli (Gv 3,5)
19 Vidi poi Gesù prendere nelle sue mani un grande catino, appendere al collo un asciugamano e lavare i piedi agli apostoli. 20 Sentii che uno, al quale recava molto disagio lasciarsi lavare i piedi, dopo uno sguardo e poche parole, stava già per spogliarsi per essere lavato persino in tutto il corpo, se necessario. 21 Gesù non solo lavava i piedi, ma abbassava tanto il suo divin Cuore da volerli persino baciare. Sentivo che, con il suo spirito, lo faceva. Che lezione per me! Che umiltà, quella di Gesù! 22 Là fui stimolata ad apprendere ad essere piccola: Egli, il Signore di tutto, si fece il più piccolo nel mezzo degli apostoli. Egli amava tanto, tanto. 23 Potessi esprimere qui tutto l'amore, tutta la bontà e la tenerezza di Gesù, quale bene potrei fare alle anime! Ma non so dire nulla di meglio. 24 Gesù, come sole che appare all'orizzonte, dava a ciascuno dei discepoli il suo divino amore in forma di raggi uscenti dal Cuore. Tutti lo ricevettero e se ne lasciarono illuminare. Soltanto Giuda si chiuse e ne ricusò la luce radiosa.
« Prendete e mangiate; questo è il mio corpo... Bevetene tutti perché questo è il mio sangue » (Mt 26,26-27)
25 Che notte! Che santa notte! La più grande di tutte le notti. La notte del più grande miracolo, del più grande amore di Gesù. Il suo divin Cuore era legato a coloro che gli erano tanto cari. Per poter partire, doveva rimanere tra loro; per salire al Cielo, doveva rimanere sulla Terra. Lo obbligava a questo il suo divino amore. 26 O sofferenza amata! Chi ti comprenderà? 27 Vorrei che tutti conoscessero il mistero del pane e del vino trasformati nel Corpo e nel Sangue del Signore. Miracolo prodigioso! Abisso insondabile di amore! Per quanto mi sentissi immersa in quel mistero, non lo compresi al punto da saperlo spiegare: lo seppi solo sentire e soltanto in Cielo lo comprenderò. 28 Vidi il dolce Gesù benedire il pane. 29 Vorrei saper dire, poter far vedere gli sguardi che Gesù innalzò al Cielo nel momento della benedizione. 30 Con gli occhi fissi al Cielo, in fiamme di fuoco, Gesù pregò a lungo il suo Eterno Padre. 31 Il volto era tanto infiammato che pareva avere in sé, più che una somiglianza nostra, soltanto la Vita del Cielo. Non pareva più Uomo, ma soltanto Dio: amore, solo amore. 32 Tanta luce, tanto amore, pervase tutti: Gesù, gli apostoli e me. 33 Che incanto! Con gli occhi pieni di fascino e con un sorriso dolce, benediceva il pane che poco dopo distribuiva a tutti. 34 E in quel momento di amore e di miracolo senza uguale sentii che il mondo era un altro: Gesù si dava in alimento all'umanità. Partiva per il Cielo, ma rimaneva con essa.
« Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane unito a me e io a lui » (Gv 6,56)
35 La Eucaristia, mio Dio! Che meraviglia, quando Gesù la istituì! Scena toccante, scena solo di amore. 36 Giammai sentii tanto al vivo la tenerezza, l'amore di Gesù verso i suoi apostoli. Tutti si comunicarono dalle sue mani, infiammati d'amore. Devo dire che anche Giuda si comunicò! Egli stava più appartato; Gesù stese la sua mano divina verso di lui, con il Cibo celeste. 37 Subito dopo, Giuda rimase come un dannato, tanta era la sua disperazione. 38 Gesù parlava sempre con la stessa dolcezza e con teneri sorrisi. 39 Gli apostoli, in quell'ora più che mai, si saziarono di Gesù. Si infiammarono di amore e giunsero a comprendere quanto Egli diceva loro. 40 Sperimentai, per alcuni momenti, l'immensità dell'amore di Gesù: grande come il Cielo e la Terra; grande come la grandezza di Dio. 41 Come Egli amò! Come Egli ama! Non desidera altro che viviamo di Lui e per Lui. 42 La Mamma, un po' in disparte, ma presente, partecipava a tutto.
«Appena Giuda ebbe preso quel pezzo di pane... uscì subito» (Gv 13,27-30)
43 Non so come, io ero l'alimento, io ero l'Ostia. 44 Il mio cuore era calice, era vino, era pane. Tutti venivano a mangiare e a bere a questo calice. Da allora in poi la scena si sarebbe ripetuta. Ma, che orrore! Vidi tanti Giuda mangiare e bere indegnamente: tante lingue sozze! Peggio ancora: mani tanto indegne avrebbero distribuito questo pane e questo vino, mani indegne, cuori pieni di demoni. Che orrore di morte! Provai tanto dolore, che di dolore e di orrore mi parve l'anima si lacerasse e il cuore fosse fatto a pezzi. 45 Sentii pure in me la lingua di Giuda: lingua che pareva di fuoco, dopo che ebbe mangiato il pane e bevuto il vino benedetti da Gesù. 46 Giuda uscì quasi subito con la borsa del denaro, per andare a vendere Gesù. 47 Fuggì disperato a vomitare quel Cibo che gli era stato dato. Consumò così il suo tradimento.
« Siete miei amici... vi ho fatto sapere tutto quello che ho udito dal Padre mio » (Gv 15,14-15)
48 Tutti i presenti rimasero in pace e in amore. 49 Convivio di grande intimità! Le conversazioni miravano a dare conforto. 50 Discorsi di tanta sapienza e pace! 51 Vorrei poter fare sentire a tutti i cuori ciò che è l'amore di Gesù verso l'anima che Lo ama veramente. 52 Sentii l'amore con il quale Giovanni reclinò il capo sul santissimo petto e l'amore che in quel momento Gesù gli fece sentire. 53 Quanto dolcemente si unirono il Cuore divino di Gesù e il cuore del discepolo amato! Gesù si consolava nel suo discepolo e questi nel suo Maestro. Tale unione rendeva soave il dolore angoscioso di Gesù. 54 Sentii che il dolce Amore diffondeva gioia, anche se intanto soffriva amaramente. Molto concentrato e in profondo silenzio, vide tutto l'Orto e il Calvario. E su di Lui si abbatté, come belva furiosa, tutta l'umanità.
Si congeda dalla Madre
55 Venne infine il congedo di Gesù dalla Mamma benedetta: fu l'addio più doloroso. Rimasero schiacciati di dolore i loro Cuori santissimi. 56 Sentii come se la Mamma baciasse e abbracciasse Gesù per l'ultima volta. Quale dolcezza, la sua! Quanto fu triste quel congedo! Oh, come si parlavano l'un l'altro quei due Cuori! 57 Si unirono i loro volti santissimi. Ma più uniti rimasero per il dolore i loro Cuori innocenti. 58 Si unirono i loro volti e i cuori. Si unirono i loro amori, per non separarsi più. Piangevano le loro anime. 59 Gesù La baciò; e quel bacio fu di congedo. Lasciò nel Cuore della Mamma raggi di fuoco: vincoli d'amore che li lasciarono uniti per sempre. Gesù andò verso l'Orto e rimase con la Mamma; la Mamma rimase e andò con Gesù.
«GESU’ USCI’ VERSO IL MONTE DEGLI ULIVI» (Lc 22,39)
Due Cuori uniti nell'amore e nel dolore
1 La mia anima vide Gesù discendere la scala e incamminarsi verso l'Orto. 2 Sul pianerottolo della scala stava la Mamma, avvolta in un manto, con gli occhi lacrimosi: fissava Gesù che stava allontanandosi. 3 Triste separazione! Gesù ben sapeva che poche ore più tardi Ella avrebbe voluto prenderLo tra le braccia, curargli le ferite. Ma non avrebbe potuto neppure confortarLo almeno un poco con le sue dolci parole di Madre. 4 Già un poco distanziato, Gesù si voltò a fissarLa nuovamente, come per darLe un altro addio. Ella fissava il suo Gesù dalla cima della scala. Gesù scomparve, ma rimasero sempre uniti. 5 Vidi gli sguardi addolorati della Mamma, quando già non scorgeva più Gesù; e vidi quanto il suo Cuore santissimo Lo seguiva, intuendo le sofferenze cui andava incontro. Che unione di dolore e di amore, quella di quei due Cuori!
Verso la solitudine abbracciando tutta la sofferenza
6 Sento che tutto mi fugge. E resterò completamente sola nell'Orto, nella più grande agonia! 7 Fuggo verso la solitudine, per poter piangere in silenzio. Quante lacrime di sconfitta! 8 Ad ogni passo che faccio, sono montagne che cadono su di me. 9 Ad ogni passo sento come se mi fermassi per riposare: l'anima è affaticata. 10 Tutto il cammino è spinoso: grossi rami di spine intrecciati mi feriscono. Ansie e sete di amore si estendevano a tutto il mondo; e la ricompensa a questo amore erano spine tanto vive e penetranti, che mi avvolgevano il cuore in un groviglio enorme. Le fiamme di amore che uscivano dal cuore, superavano le spine e si levavano in alto. 11 Fortificata da sforzi interiori, da sforzi dell'amima, camminavo. 12 L'anima mia avanzava verso l'Orto, trascinata dall'amore; il cuore era abbracciato strettamente a tutta la sofferenza.
«Vado a morire per te»
13 Pieno di mansuetudine, Gesù con i suoi sguardi divini seguiva da lontano Giuda, là in basso, di casa in casa, mentre concludeva la vendita; al braccio portava la borsa con il denaro. Gesù tutto vedeva, ma nulla diceva ai suoi apostoli. 14 Piangeva nascostamente. 15 Li precedeva triste e silenzioso. Io vidi che essi non si preoccupavano né soffrivano per ciò che stava per accadere: camminavano stanchi. 16 Oltremodo sazi, seguivano il loro Maestro con tutta tranquillità. 17 Erano stanchi per le grandi meraviglie e per quanto avevano visto e udito da Gesù. Il viaggio si svolgeva silenzioso; ma quanto diceva Gesù con il suo silenzio! Come li amava, come parlava loro quel Cuore divino tanto oppresso dal dolore e dalla fatica! 18 Mentre Gesù camminava ansante, per tutto il suo corpo scorrevano gocce di sudore. 19 Di tanto in tanto, si volta va a fissare la Città che restava là in fondo. I suoi sguardi divini scrutavano tutto, nonostante l'oscurità. 20 Gesù si inabissò nella sofferenza: raccolse nel suo Cuore tutta la ingratitudine e la malvagità che vedeva. Quell'abisso di odio e di dolore accompagnò Gesù all'Orto; ed Egli condusse me.
Alexandrina con Gesù partecipa ai dolori della Vergine
21 Il Cuore divino di Gesù si sentiva calpestato dall'umanità. Vicino al Suo, nella medesima sofferenza, vi era il Cuore della Mamma. Io sentivo come se il Cuore di Lei volasse verso Gesù e la violenza del dolore trascinasse insieme al cuore tutte le vene del corpo. 22 Lungo il percorso mi attraversavano il cuore i sospiri e le lacrime della Mamma. Non con gli occhi del corpo, ma con quelli dell'anima, La vedevo nell'atrio della sala della Cena, con il santissimo volto tra le mani; La vedevo piangere di dolore. 23 Sentivo come se portassi la Mamma addolorata entro il mio cuore, come un tempo Ella aveva portato Gesù nel suo grembo purissimo. Il mio cuore era il sacrario che L'accolse con tutti i suoi dolori, come Ella fu sacrario che accolse Gesù con tutta la sua vita, divina e umana. Con quale raccoglimento io La portavo! 24 Gesù stava per giungere all'Orto e la Mamma piangeva ancora. Gesù vedeva bene e sentiva le lacrime della Madre benedetta.
L’AGONIA NELL’ORTO
«Si gettò a terra e si mise a pregare» (Mc 14,35)
1 Trascinata da correnti di amore, entrai nell'Orto. 2 Vedevo i suoi ulivi. Vedevo il chiarore della luna impallidito e lo scintillìo delle stelle triste, come triste era il Cuore divino di Gesù. Tutto appariva attraverso al fogliame, ma con tale tristezza che invitava solo al dolore, al silenzio, al raccoglimento. 3 Nell'oscurità degli ulivi, Gesù affrettò il passo: andò verso un luogo appartato a pregare. 4 Vidi gli ulivi quasi a voler coprire Gesù con il loro fitto fogliame molto verde; li vidi testimoni della sua sofferenza, come se di Lui avessero compassione. 5 Gli apostoli si addormentarono. 6 Nella solitudine, io mi sentivo piegare le ginocchia per pregare.
Sperimenta in sé anche le sofferenze future
7 Orto di agonia, Orto di tristezza! 8 Un Orto, che è il mondo, lastricato di dure pietre: una roccia irriducibile. 9 Quante sofferenze vede la mia anima per sé e per il corpo! 10 Già sente il dolore del bacio ingrato che questo viso riceverà; 11 sente uno schiaffo, 12 il viso sputacchiato, gli occhi bendati. 13 Sento il rinnegamento di Pietro; vedo il braciere circondato da persone; odo il gallo cantare. Dolore indicibile, paragonabile a quello del tremendo schiaffo! 14 Mi vedo schernita, di tribunale in tribunale, tra lo schiamazzo del popolo. 15 Vedo l'anello di ferro che sta infisso nella colonna; sento nel cuore i lacci che mi legheranno ad essa. 16 Vedo i flagelli che mi colpiranno il corpo e che già mi flagellano l'anima: odo il sibilo delle corde e delle verghe; vedo il rancore con cui sarò flagellata. 17 Già soffro come se fossi lacerata dai flagelli e coronata di spine; 18 e così condotta alla balconata di Pilato, con una canna in mano 19 e con una vecchia cappa sulle spalle. Io, nel massimo abbattimento, in mezzo a tanti aguzzini! 20 Vedo la moltitudine, odo le sue esclamazioni: devo essere condannata a morte! 21 A momenti mi pare di morire, di non poter resistere a tanto dolore. 22 In direzione dell'Orto viene il Calvario! 23 Vedo il percorso lungo il quale dovrò cadere per il peso della croce. 24 Mi sgomento per la visione della salita: come dovrò affrontarla? oppressa di maltrattamenti! Comincio a tremare e tutto il suolo pare tremare con me. 25 Sento la crudeltà con la quale sarò spogliata: si staccano, con le vesti, pezzetti di pelle e di carne! 26 Sento come se mi spogliassero non soltanto il corpo, ma anche l'anima! Il dolore che la penetra è mortale. 27 Vedo i chiodi, il martello, 28 la croce eretta! mi vedo crocifissa su di essa! 29 Tutte le sofferenze mi sono anticipate. 30 Ahi, che cosa è il dolore! Che cosa sono le sofferenze dell'Orto! Il mondo non le conosce, non sa ciò che soffrì Gesù. 31 O mio Gesù, solo chi lo prova può valutare quanto Tu hai sofferto.
Incontro ad un Calvario di molti secoli
32 Fu il cuore a ricevere tutti i maltrattamenti. Mi pareva che, disfatto in sangue, strisciasse per il suolo dell'Orto, come fosse un serpe velenoso, su cui tutti scaricavano le più grandi atrocità per togliergli la vita. 33 Il cuore però amava più di quanto fosse ferito. 34 Divenne come nube che, invece di assorbire acqua, assorbiva ogni dolore e martirio; dolore e martirio che si trasformavano in sangue che avrebbe irrorato tutto il Calvario e, nel Calvario, l'umanità intera. 35 Ebbi la visione del sangue che stavo per spargere e, allo stesso tempo, dei fiori che nascevano dal sangue. Tra questi fiori si propagavano siepi di spine acutissime: la maggior parte bagnate di sangue. Vedevo il frutto e vedevo l'ingratitudine; vedevo la gloria e vedevo il male. 36 Il mio cuore era percosso dalla indifferenza generale per il mio soffrire: non vi sono parole capaci di descriverne l'agonia. Per la mia anima, per il mio dolore - o, meglio, per il dolore di Gesù - non vi era compassione. 37 Gesù non andava incontro ad un Calvario di un solo giorno, ma di molti e molti secoli.
Il cuore della Madre già sente le sofferenze del Figlio
38 E la Mamma, dov'era a quell'ora? 39 La mia anima La vedeva e il cuore La sentiva tanto lontana, là nell'atrio, presso la discesa della scala, a fissare le strade che Gesù percorreva, i luoghi dove si trovava. Il suo Cuore, legato a quello di Gesù, presentiva quanto Egli andava a soffrire; e con Lui provava lo stesso dolore. 40 Con profondi sospiri mormorava: « Figlio mio, mio caro Figlio, quanto Tu soffri! ». Copiose lacrime scorrevano sul suo volto. 41 Passavano attraverso al mio cuore le lacrime innumerevoli da Lei versate. 42 Quanto soffriva per la Riparazione e per la dipartita di Gesù! 43 Ebbi la visione di ciò che sarebbe avvenuto dopo: una grande moltitudine seguiva Gesù e, tra la folla lungo il Calvario, la Mamma camminava con ansietà, in profondi sospiri e in lacrime. Voleva vedere e andare incontro al suo divin Figlio. 44 Gesù soffriva in grande agonia: soffriva per i patimenti che Lo aspettavano e per le sofferenze della Mamma. 45 Egli vedeva dove Ella stava: vedeva la distanaz che Li separava. Dolore senza uguale! 46 dolore mi lacerava il cuore e l'anima.
Due alberi: uno di morte e l'altro della Vita
47 Vidi la grande sala ove fu trattata la vendita di Gesù e dove Giuda, disperato, andò poi a scagliare la borsa con il prezzo del sangue innocente. 48 Vidi lontano un albero al quale stava appeso Giuda. Da esso lo vidi cadere al suolo e scoppiare: vidi spandersi sul terreno ciò che il corpo conteneva. La vendita di Gesù, la consegna, il bacio traditore lo portarono a quell'atto di disperazione. Tutto sentii nella mia anima. 49 Io mi sentivo l'unico albero del mondo che si trasformava in virgulti floridi, cui dava nuova Vita: la Vita del Cielo. Ma per questo, dovevo affrontare tutto l'Orto, tutto il Calvario e, alla fine, morire sulla croce. Non importava la morte: ciò che importava era dare nuove vite. 50 L'amore mi obbligava al dolore: ad occhi chiusi, labbra mute, mi consegnai a tutto. Andai verso la morte. 51 In me sentivo che dovevo morire. E volevo morire. Senza la morte, non avrei portato a termine la missione che dovevo compiere sulla Terra.
Abbraccia tutta l'ingratitudine
51 In questo momento culminante sentii Gesù che fissava il mondo. Con profonda tristezza nel suo Cuore diceva: « Tanta ingratitudine verso tanto amore! Non erano bene accetti: i suoi patimenti, il suo divin sangue, la sua morte! 52 Si lanciò su di me quanto di brutale ha l'umanità con il suo peso. Mi schiacciò, mi aprì il petto, mi tolse la vita. Ma un'altra Vita, superiore, sublime, molto sublime, diede entrata nel cuore a tutta l'umanità e la avvolse in un incendio di amore. Fu tale la irradiazione e la follia di amore, che fece dimenticare tutta la crudeltà umana. Trionfò della morte e abbracciò tutta l'ingratitudine. 53 Questo abbraccio fu eterno. Gesù, con la sua luce, mi fece vedere e comprendere che questo era il suo abbraccio eterno alle anime: era per loro la sua vita eterna di amore.
E’ nell'Orto che chiamai a Me il mondo
54 E’ nell'Orto che chiamai a me il mondo. 55 Sopra il suolo dell'Orto si innalzò un mare immenso, le cui onde si abbattevano contro di me. 56 Tutto intorno a me era mare: battevano contro di me le onde furiose come io fossi la banchina. 57 Travolta da queste, caddi nella terra immonda e macchiata. Tutte le macchie erano mie. Tremavo di paura e mi pareva che la terra tremasse. 58 Ero coperta delle iniquità che attiravano sopra di me la giustizia dell'Eterno Padre. 59 Quante lacrime di vergogna, nel vedermi rivestita di tutte le malvagità e nel trovarmi in tale stato alla presenza del Padre! 60 La vergogna di me stessa e il peso della giustizia divina obbligavano la terra ad aprirsi ed obbligavano me a nascondermi in essa. 61 Mi inabissai in quel suolo duro. 62 Ne rimasi avvolta come in un manto. 63 Io, tutta mondo, tutta corruzione e peccato, divenni responsabile davanti all'Eterno Padre. Ero solo io a pagargli questo ineguagliabile debito! Per un mare di peccato e di corruzione, un mare di sangue e di purificazione. 64 Tutto il mio essere rimase Orto. Tutto il mio essere rimase sangue.
Chicco di grano macinato
Grappolo d'uva torchiato
65 Fui posta su quel duro suolo, per essere responsabile di tutti e scandalo per una gran parte: questi erano ribelli, martirizzatori, assassini verso di me. 66 Il mio grido al Cielo irruppe nella solitudine, attraverso le tenebre della notte, tra il fogliame verdeggiante degli ulivi. 67 Gridavo tanto, ma quel grido rimaneva come perduto in un bosco: neppure il Cielo mi udiva. 68 Si era allontanato tanto da me il Cielo, che rimasi come se dalla terra non potessi fissare il firmamento. Tutto era sparito. Soltanto l'Orto restava. 69 L'Eterno Padre si era occultato: pareva non esistere. Ma la sua giustizia divina scendeva come in nere nubi a schiacciarmi. 70 Il suolo dell'Orto e la giustizia divina erano per me come pietre da mulino, che mi frantumavano in dolore e polvere. 71 Io ero il chicco di grano macinato, trasformato in farina; e questa continuava ad essere macinata e rimacinata, fino a scomparire. Io ero il piccolo grappolo d'uva, spremuto nel torchio. E dopo di avere dato tutto il succo, doveva sottostare ancora a nuovi torchi, i quali gli spremevano tutto, fino all'esaurimento. 72 Il sangue gocciolava mentre, stritolata, io stendevo le braccia in atto di offerta. La giustizia divina gravava su di me, ma si mitigava nei riguardi della Terra colpevole.
Abbandonato dalla Terra e dal Cielo
73 La notte oscura e serena in cui non si muoveva una sola foglia degli ulivi, se non quando il dolore faceva tremare tutto, invitava alla solitudine e faceva sentire di più tutto l'abbandono, persino quello dell'Eterno Padre. 74 Mentre gli apostoli dormivano, Gesù rimase per un po' di tempo vicino a loro. 75 Nel momento in cui Egli più aveva bisogno degli apostoli, amici e compagni suoi per tanto tempo, meno li aveva, minore era la loro preoccupazione: dormivano tranquilli, di buon sonno. Gesù soffriva per questa loro assenza. 76 Con gli occhi fissi al Cielo, parlava rivolto al suo Eterno Padre. Le stelle brillanti erano come lumi che, attraverso le fronde degli ulivi, venivano ad illuminare l'Orto oscurato. Ma per Gesù non brillavano, non davano luce: né a Lui rispondeva l'Eterno Padre. Però la sua anima parlava infinitamente e il suo Cuore infinitamente amava. 77 Il mio dolore giungeva fino a Dio. E il Suo abbandono si univa a quello dell'umanità. 78 E’ terribile l'abbandono da parte del Cielo, quando ho l'impressione di non avere per me più nessuno neppure della Terra!
« Padre, se vuoi, allontana da me questo calice... » (Lc 22,42)
79 Mi sentii in piedi. Tenevo nelle mani tremule il calice, che non cessava mai di traboccare: vi cadeva dentro sofferenza senza fine. Quel calice era come una coppa che riceve acqua da una fonte che non si secca mai. 80 Dentro di me, Gesù prendeva il calice dell'amarezza e più volte lo offriva all'Eterno Padre. Io ero Gesù e Gesù era me: eravamo la medesima offerta al Cielo. 81 Nel mio cuore sentivo Gesù ripetere: « Padre, Padre, Padre! Allontana da me questo calice, se è possibile. Ma si faccia la Tua volontà: voglio morire per dare la Vita ». 82 In questo momento, mentre chiedeva al Padre di allontanargli la sofferenza, ma allo stesso tempo voleva soltanto la volontà di Lui, il volto di Gesù era bello, molto sereno, con gli occhi fissi al Cielo:... 83 Mi sentivo nella mia anima splendere come due soli. 84 In quella dolorosa agonia con il cuore dicevo: « Gesù, se è possibile, allontana da me questa sofferenza! ». Ma subito mi gettavo verso di Lui a braccia aperte, come fossi bruciata dalle fiamme, per tuffarmi in un mare di frescura e di soavità: « Non si faccia la mia, ma la Tua volontà. O mio Dio e mio Signore! Voglio consolarTi e darTi le anime ».
Prega appoggiato a un duro masso
85 Vidi una strada interminabile coperta di robusti grovigli di spine: tutte quelle spine dovevano ferirmi! Il mio buon Gesù mi fece comprendere e vedere nell'anima, con una luce molto chiara, che quelle spine avrebbero ferito attraverso i tempi, fino a che sarebbe esistito il mondo, non il mio ma il suo divin Cuore. Vorrei sapere esprimere l'immensità di quella strada spinosa e il modo come Gesù era ferito. Ma non so. Seppi appena vedere e comprendere. E rimasi in quel dolore, in quell'angoscia spaventosa. 86 Vidi la cara Mamma in preoccupazione, in amarezza, in ansia. Dove si trovava il suo Gesù? Che cosa soffriva in quelle ore? 87 Egli pregava con il petto appoggiato a un duro masso, ed era circondato da grossi grovigli di spine, che si intrecciavano gli uni negli altri. Tanto dolore causava meraviglia e ammirazione agli angeli che dal firmamento, come stelle, Lo contemplavano. Soltanto il Cielo comprendeva il dolore di Gesù. Dopo il Cielo, era la Mamma a comprenderlo e a viverlo. Quanto si amavano Gesù e la Mamma e come si vedevano l'uno attraverso l'altro! Tutta la Terra, persino i discepoli, ignorava il dolore di Cuori tanto amanti!
« Il suo sudore cadeva a terra come gocce di sangue » (Lc 22,44)
88 Poiché l'agonia aumentava, mi buttai con il volto a terra. 89 Sul duro suolo, in una oscurità spaventosa, forti tremori mi pervasero il corpo. 90 Mi prostrai a terra in più luoghi; in uno più solitario andai di nuovo a pregare da sola. Dopo, tornai a cercare la compagnia di quelli che amavo. Che mancanza di preoccupazione, la loro! 91 Nella notte silenziosa, il calice della mia amarezza era offerto all'Eterno Padre, mentre, incuranti, gli amati del mio cuore dormivano! 92 Su quel suolo nudo e duro tremai di spavento: pareva che le mie sofferenze diventassero fuoco, formassero fiamme che mettevano in ebollizione il mio sangue. 93 Il cuore dava tali scossoni da obbligare il corpo a rotolarsi per il suolo e a sudar sangue. 94 Sentii che le mie vene si accavallavano come fili di un gomitolo. Con grande dolore si aprirono e versarono sangue che inzuppò la terra. 95 Sentii come se avessi la mia veste, bagnata di sangue, incollata al corpo. 96 O Passione di dolore e di amore di Gesù, che non sei conosciuta!
« Ci ha liberati dai nostri peccati mediante il suo Sangue » (Ap 1,5)
97 Con Gesù pregai e sudai sangue. Con Lui dentro di me, sentivo il suo Cuore aperto come fosse il mio: aprivo il cuore a tutta l'umanità e con Gesù dicevo a tutti: « Io sono la Via, la Verità, la Vita ». 98 Vedevo che dal suo divin Cuore aperto, con sofferenza anticipata, Gesù dava da bere alle anime. Alcune si allontanavano da Lui, con rifiuto e disprezzo; non volevano neppure toccare il sangue di Gesù. Altre ne bevevano con freddezza e indifferenza, come fosse cosa da poco. Altre venivano a berlo con più amore. Altre bevevano incessantemente con amore vivissimo. Venne un'altra che le superò tutte e, con una sete insaziabile, bevve, bevve; si introdusse attraverso la piaga del Cuore divino, si perdette in Lui, non ricomparve più. 99 Il sangue irrigò la Terra: rugiada feconda, rugiada d'amore. Doveva essere, nel corso dei tempi, rugiada di vita e di salvezza per le anime. 100 Sentivo che il sangue versato cancellava le macchie del peccato. Ma, nello stesso momento, sentivo e intravedevo da lontano, molto lontano, nuove macchie, nuovi vizi: non si voleva approfittare di quel mare di sangue, di quel mare di purificazione.
L'albero della croce fiorisce
101 Mi vedevo lavare il mondo con il sangue. E l'albero della croce fioriva dalla mia parte. Ma subito una sconfitta, la sconfitta causata dal male, rovinava tutto, fino al tronco. Le mie vene erano le radici di questo tronco e, perché non morisse e continuasse a dare la vita, io dovevo seguitare a soffrire e dare il mio sangue. La sconfitta, la distruzione che la mia anima vide, mi portò all'agonia. 102 Istintivamente, tra me ripetevo: « L'anima mia è triste fino a morirne». 103 Alcuni momenti dopo, mi sentii uscita dal sepolcro: la pietra che lo copriva era rimasta da un lato. Ero uscita gloriosa a trionfare su tutte le sofferenze Questa visione di gloria, avuta anticipatamente, non mi diede alcun sollievo. 104 E nuovi grovigli di spine vennero ad avvolgere il calice. Queste spine emettevano luce che lo illuminava e lo rendeva splendente. Ma tutta la luce e lo splendore salivano al Cielo. All'anima restava soltanto la notte oscura, silenziosa, triste.
« Dal cielo venne un Angelo a Gesù per confortarlo » (Lc 22,43)
105 Prostrata per terra, in un angolo isolato... 106 venne un conforto dal Cielo. 107 Non vidi nessuno, ma sentii che dal Cielo discendeva qualcuno venuto a fortificare la mia anima, a sollevarmi dalla nuda terra, a lenire la mia agonia. Ma questa doveva riprendere subito. Sentii che a portare sollievo alla mia anima fu un'inviato dall'Eterno Padre; ma il Suo abbandono continuò. 108 Il Calvario con la croce non scomparve. Il mondo con la sua malvagità continuò ad aggravare le sofferenze. 109 Mi sentii però più forte per affrontare ciò che mi aspettava. 110 Mentre la mia anima sgomenta lottava in quel martirio, sentii come se un canale discendesse dal Cielo e mi attirasse dentro di sé. Quel canale aveva la Vita divina. E tutta la mia vita terrena, tutto il mio essere di miserie fu trapassato da essa, come da raggi di sole splendenti e penetranti. Che impasto! La Terra con il Cielo! Se mi sapessi esprimere come seppi sentire, trascorrerei una vita intera a parlare soltanto di questo, senza mai finire.
« Alzatevi, andiamo! Sta arrivando colui che mi tradisce » (Mc 14,42)
111 Là nell'Orto, con Gesù agonizzante, vidi gli apostoli riuniti a dormire senza preoccupazione alcuna. 112 Gli apostoli dormivano. Giuda si approssimava. 113 Gesù, pieno di dolcezza e mansuetudine, chiamò gli apostoli per il grande avvenimento: la cattura. 114 Lo udii esclamare: « Alzatevi, venite! E giunta l'ora ». 115 Sorpresi dalla voce di Gesù, si scossero. 116 Era necessario che essi venissero a vedere tanto grande amore e tanto grande ingratitudine: l'uno di fronte all'altra.
« Giuda si avvicinò a Gesù e gli disse: Salve, Maestro! Poi lo baciò » (Mt 26,49)
117 Odo il trambusto della gente, il tintinnìo delle armi. 118 Vedo il folto gruppo dei soldati e, con loro, un maggior numero di uomini che si avvicinano a Gesù, con bastoni nelle mani alzate; portano il furore dell'inferno. 119 Sfinito, con le vesti intrise di sangue, in una tristezza profonda e quasi senza vita, Gesù attende. Vede approssimarsi la soldataglia e il traditore. 120 Odo una voce che, con tutta dolcezza, dice a colui che si avvicina: « Amico mio, per che cosa vieni? E con un bacio che consegni il tuo Signore? Che male ti ho fatto io, se non amarti? E così che corrispondi? ». E subito Giuda si fa avanti e bacia Gesù. 121 Ricevo sul mio viso quel bacio. Bacio tanto crudele! Eppure ottenne ancora dalle labbra di Gesù, traboccante di bontà, la dolce parola di « amico ». O dolcezza, o amore del Cuore divino! 122 Nello stesso momento vedo come un pugnale molto acuto che si configge nel Cuore divino di Gesù. Con questo pugnale conficcato, Egli va verso la cattura, in mezzo a maltrattamenti: non gli sarà più tolto. 123 Da quella grande ferita escono raggi luminosi che diffondono amore. 124 Vidi e sentii per molto tempo che quel bacio, quella ingratitudine, quel tradimento si sarebbero ripetuti attraverso tutti i tempi.
« Se cercate me, qui mi avete » (Gv 18,8)
125 « Chi cercate? Sono io: eccomi ». 126 Vedo i soldati cadere a terra e odo la voce di Gesù: « Già vi ho detto che sono io. Se cercate me, qui mi avete ». 127 I soldati avanzano per catturarLo. Pietro sguaina la spada e taglia un orecchio ad uno di loro. 128 Vedo l'incrociarsi delle spade, vedo le armi dei soldati. Che grande combattimento, se Gesù, con i suoi sguardi divini e con la mano alzata, non sedasse e calmasse tutto! 129 Vedo Gesù incollare l'orecchio. 130 Opera il miracolo: non rimane traccia di ferita! Con quale delicata bontà, agisce il Signore! 131 Gesù ha rimediato con tanta dolcezza al male fatto da Pietro. Con la stessa dolcezza si consegna ai malfattori e si lascia legare. Potessi mostrare la tenerezza, la mansuetudine e l'amore di Gesù verso tutti coloro che Lo offendono! Non vi è nulla sulla Terra che si possa paragonare a Lui.
DALLA CATTURA ALLA CONDANNA
«M'ha preso in mezzo una turma di iniqui» Sal 21,17)
1 Gesù uscì dall'Orto, circondato da soldati con armi e da uomini con bastoni. 2 Lo vidi camminare tra loro, ammanettato. Mio Dio, come era maltrattato! 3 Cadeva per i calci che gli venivano dati, batteva con le sue divine labbra nelle pietre, rimanendone molto ferito. 4 Sotto quella furia di percosse e crudeltà, sentii il suo divin Cuore palpitare entro il mio petto, afflitto per il dolore e la stanchezza a tal punto da sembrare che vi lasciasse la vita. 5 Con quale fatica salimmo il pendìo dopo l'Orto! 6 Caddi ripetute volte; dovetti rialzarmi e salire senza avere chi mi aiutasse. 7 Sopportai ogni tormento di quella vile plebaglia. 8 Sentivo come se la gola mi si chiudesse e le labbra si incollassero: ero muta, senza essere muta. 9 In quel triste viaggio Gesù non parlò mai, soltanto il suo divin Cuore parlò sempre: era un libro aperto, il libro dell'amore. Non lo leggevo, ma lo comprendevo. Il mio divin Maestro, in quel tragitto, mi fece comprendere tutta l'ampiezza del suo amore infinito.
«Uno dei presenti gli diede uno schiaffo» (Gv 18,22)
10 Ci accompagnarono alla presenza dei sommi sacerdoti. 11 Io sentivo le vesti incollate al corpo per il sangue già rappreso. Nella grande sala di Anna vidi dietro a Gesù gli uomini con armi e bastoni. 12 Sentii lo schiaffo crudele. 13 Vidi il grande ingrato che osò dare quello schiaffo a Gesù ed il rancore con cui glielo diede. Glielo diede nel mio cuore. Quell'uomo era alto, magro, bruno, di brutto aspetto. 14 Furono molte le sghignazzate e i battimani, come avesse fatto la più bella delle azioni! 15 Gesù ricevette l'affronto con estrema calma e mansuetudine. 16 Come si faceva piccolo, Gesù! E come se ne stava umiliato! Anna invece, nella sua vanagloria, se ne stava impettito, vedendosi come adorato da quanti lo circondavano. 17 Il dolore della guancia non può affatto paragonarsi a quello del cuore. Ah, mio Dio! Potessi mostrare il dolore che Ti causarono!
«Le guardie del tempio portarono Gesù nella casa del sommo sacerdote» (Lc 22,54)
18 Salii, dopo, un'altra scalinata, a mani legate, quasi del tutto sfinita. Salivo senza tregua, percossa da bastonate e da calci; avevo il viso coperto di sputi. 19 Vidi il braciere presso cui stava Pietro con coloro che si riscaldavano. 20 Fui portata alla presenza di uomini severi, di cattivo carattere, seduti in trono come re. 21 Ancor prima che fosse elaborata la sentenza contro l'Agnello innocente, sentii quella autorità orgogliosa strapparsi da cima a fondo le vesti, con un furore diabolico. 22 Sentii tutto quell'orgoglio e quella falsa grandezza. Il Signore di tutto era, fra tutti, il più piccolo! Che confusione, la mia! 23 Vidi tanto al vivo i maltrattamenti al mio amatissimo Signore. Egli mi fece comprendere che, senza la Vita divina che aveva in sé, non avrebbe potuto essere condotto vivo al carcere. Per mia maggiore confusione compresi a fondo che io ero nel numero degli aguzzini che maltrattavano il Signore!
« Figli miei, son qui soltanto per amore »
24 Sentii la mia anima andare al carcere incontro a Gesù. 25 Aveva un aspetto tristissimo, sfigurato; era gelido: già pareva un cadavere. 26 Tremava di freddo: aveva perso tanto sangue! Com'era sfinito! 27 Io sentivo la sua tristezza, la sua sfinitezza ed i sudori che gli bagnavano il corpo. 28 Mi associai al suo dolore, alla sua tristezza e, come Lui, rimasi esausta. 29 Stava a mani legate, per quanto in carcere! 30 Molto triste mi disse: « Vedi, figlia mia; non si accontentarono di catturarmi:mi lasciarono pure ammanettato! Come è grande la ingratitudine degli uomini! ». 31 E, sotto il peso del dolore, aggiunse: « Figli, figli miei! Sono vostro padre; mi trattate così? Sono qui soltanto per amore verso di voi ». 32 Il vederLo così, a mani legate, fatto un criminale, quanto costò al mio duro cuore! 33 Udii la Sua voce dentro al mio cuore: « Figlia mia, sto catturato, sto ammanettato per amore di te. Dico per amore di te, perché ciò che feci per tutte le anime lo feci anche per te personalmente. Accompagnami nella mia santa Passione ».
« Sia il mio cuore il Tuo carcere, ma solo d'amore »
34 Era tutto solo, senza chi Lo confortasse, Gli usasse un'attenzione, Gli dimostrasse amore. 35 Quanta pena io provai! Non Gli dissi quasi nulla, per quanto volessi dirGli molto: non potei consolarLo; non seppi amarLo! 36 Il mio misero cuore avrebbe voluto lanciarsi ai suoi piedi per essere da Lui calpestato ed umiliato. Avrebbe voluto riscaldarglieli con il suo amore, e non lo aveva! 37 Gesù, con molta soavità, mi invitò a restare con Lui: « Rimani con me, figlia mia, catturata per mio amore. Io, per tuo amore, mi lasciai catturare; e dall'amore rimango ancora avvinto ». 38 Egli è ancora avvinto dall'amore nei Tabernacoli, perché ora sulla Terra non ha altra dimora. 39 Il mio cuore volò dal carcere ai Tabernacoli. Unione indissolubile! 40 Lo abbracciai e con tenerezza Gli dissi: « Mio Gesù, vieni nel mio cuore: sia questo il Tuo carcere, ma carcere solo di amore. Non permettere che io Ti offenda, né consenta mai che altri Ti offendano! ». 41 Sentii l'unione di Gesù. 42 Sentivo i miei polsi ammanettati con le stesse catene. 43 Mi pareva che i miei capelli fossero inzuppati di sangue; così pure la mia veste, che stava incollata al corpo. 44 Sentivo il corpo tanto ammaccato e stanco, 45 gli occhi chiusi nella tristezza più profonda, le labbra mute. 46 Mi sentivo sola, mentre tutto dormiva. 47 Soffrivo per l'abbandono in cui mi avevano lasciato coloro che mi erano più cari. Dove erano sfumate le loro affermazioni di non abbandonarmi? 48 Il silenzio era profondo. Regnavano le tenebre. Solamente il dolore mormorava nel cuore. 49 Sentivo il dolore di Qualcuno che piangeva all'intuire quanto io soffrivo: questo dolore era amore di Madre. Nel silenzio, mi unii a quel dolore.
Va a morire, ma è la Vita
50 Mi parve di svegliarmi di soprassalto da un profondo sonno. 51 Vidi la croce, la corona di spine, i flagelli, la lancia, i martelli, i chiodi! 52 Vidi la montagna del Calvario e, in cima, eretta la croce. Non vi era nessuno su quel legno. Gesù mi fece comprendere che era la mia croce e mi invitò ad andare verso di essa di buona volontà. 53 Che visione spaventosa! 54 La morte, la morte! Vado a morire! Andavo a morire, ma, allo stesso tempo, ero la Vita. 55 Vidi la Mamma, in piedi davanti a me, con sembiante triste, ma come a sostenermi. Mi sentii più forte, grazie alla sua immagine impressa nel mio cuore. 56 Con Gesù irruppi fra tutte le sofferenze.
«Appena fu giorno... fecero condurre Gesù davanti al tribunale ebraico» (Lc 22,66)
57 Mi vennero a prendere al carcere. 58 Sentii che aprivano le porte e mi conducevano fuori. 59 Mi attendeva una grande moltitudine di gente; mio Dio, quante sghignazzate udii! 60 Il dolore della mia anima era molto grande! non lo so dire, lo seppi soltanto sentire. 61 Scendevo le scale del carcere; che stanchezza, la mia! Alla fine di esse inciampai e caddi. Non potevo rialzarmi. 62 Piombarono su di me gli aguzzini: che rabbia infernale, che scarica di schiaffi e di pedate! 63 Attraverso grandi scalinate, fui subito condotta alla presenza dei giudici. Quanto soffrii al sentire Gesù, grandezza senza uguale, essere tanto piccolo davanti a loro, essere proprio un nulla! Ed essi, i veri nulla, pieni di orgoglio e vanità; pieni di grandezza senza alcun potere! Si abbassò il Potente e si innalzarono nel loro orgoglio quelli che non avevano nulla.
«Ancora una volta Pietro disse che non era vero, e subito un gallo cantò» (Gv 18,27)
64 Vidi il braciere presso il quale si scaldavano i nemici di Gesù; tra loro vi era una donna, falsa e provocatrice, che fungeva da portaordini. 65 Un poco discosto, vi era uno, atterrito e timido, che stava avvicinandosi: Pietro. 66 Fu interrogato da quelle persone; quali sguardi maliziosi si scambiavano tra loro! 67 Che aspetto astuto aveva la donna mentre, come un poliziotto, investigava Pietro! 68 Vidi Pietro mentre rinnegava Gesù; ma sentii che lo faceva soltanto per timore. 69 Il gallo cantò. Sentii nell'anima il suo canto. Pietro si ritirò per piangere. Le sue lacrime scorrevano nel mio cuore come due rigagnoli. 70 Come fu grande il suo pentimento! 71 Avessi lo stesso dolore di pentimento per i miei peccati! 72 Il gallo cantò nel mio cuore ripetute volte. Gesù soffriva orribilmente, ma in silenzio. 73 Sentivo il suo dolore infinito ed il suo mansueto amore verso tutti. Quanta amarezza, quanta tristezza nel Cuore di quell'Agnello innocente!
«Poi portarono Gesù dal palazzo di Caifa a quello del governatore romano» (Gv 18,28)
74 La mia anima accompagnò nuovamente Gesù ai tribunali. 75 Il mio cuore e la mia anima percorsero con Lui le strade, di tribunale in tribunale, tra il vociare di odi, calunnie, insulti e schemi. 76 Ero uscita dal carcere che era tenebre; e tenebre erano le strade che percorrevo lentamente. 77 Procedevo con le mani legate strettamente, ma più oppresso era il cuore: stentava a palpitare. Eppure le mie labbra non si aprirono per pronunciare parola. 78 Sentivo la sofferenza per il tradimento e tutte quelle da esso derivate. Fra i maltrattamenti, il frastuono, gli schemi, il cuore sentiva un amore folle, un affetto indicibile, persino per il traditore! Oh, se egli volesse ritornare a questo cuore! Se volesse riconciliarsi! 79 Il cuore mormorava: « Ho sete delle vostre anime:voglio possederle ».
«Anche Erode si trovava a Gerusalemme.Pilato ordinò che Gesù fosse portato da lui» (Lc 23,7)
80 Fui interrogata da signori arroganti, pieni di superbia: convinti di poter fare tutto. Di fronte a tanta grandezza, come ero piccola! 81 Accompagnai Gesù al palazzo di Erode, con grande ripugnanza. 82 Ebbi di fronte tutta quella malizia, quella presunzione colma di falsità; la sua superbia e la vuota autorità. 83 Vidi e compresi bene tutta la malizia degli Erodi. 84 Mi sentii ad occhi bassi, labbra mute, ricoperta di un vecchio manto, a udire gli schemi e la gazzarra del popolo. 85 Quanto dolore nell'essere trattata come pazza! Ma questa pazzia era amore, era follia per le anime. 86 Tornai da Pilato. 87 Sentii la grande, indicibile superbia di coloro che si ritenevano capi. Sentii l'umiltà e la piccolezza di Gesù.
« Allora Pilato prese Gesù e lo fece frustare » (Gv 19,1)
88 Fui condotta alla flagellazione. 89 Vidi i modi bruschi con cui spogliarono Gesù fino alla cintola 90 e Lo legarono poi alla colonna con grosse catene di ferro. 91 Mi sentii inginocchiata e legata alla colonna. Una pioggia di flagelli cadde sul mio corpo e una pioggia di brandelli della mia carne e di gocce del mio sangue cadde attorno a me, macchiando il suolo e coloro che mi circondavano. 92 Il mio corpo fu lacerato con palline di ferro, o cose simili. 93 Mi pareva Tutto il corpo era una ferita sanguinante. 94 Caddi sfinita ai piedi della colonna. E vidi Gesù dentro di me nella stessa sofferenza. 95 Sentii i suoi sguardi divini innalzarsi verso il suo Eterno Padre, in un amore indicibile. 96 Sentii che Gesù inclinava il capo sopra il petto, serrava gli occhi, stava per spirare. Questa scena si ripeté più di una volta.
« I soldati intrecciarono una corona di rami spinosi e gliela misero in testa » (Gv 19,2)
97 Vidi il capo sacrosanto di Gesù coronato di spine, le quali procuravano al divin corpo un bagno di sangue. Lo vedevo, ed era in me: io ero, come Lui, flagellata e coronata con la stessa corona di spine. 98 Sentii il grande casco di acute spine violentemente confitte nel mio capo: qualcuno con verghe le batteva per farle penetrare ancora più profondamente. 99 La corona non mi cingeva soltanto la fronte: non vi era parte del capo che non ne fosse ferita. I dolori erano insopportabili. 100 Che pioggia di sangue cadde dal mio capo, coronato di spine! 101 Non ci vedevo per la grande abbondanza di sangue che scorreva sul volto. Non potevo muovermi perché avevo le carni a brandelli. 102 Ricoperta con vesti da re, ma per scherno, mi misero in mano una canna. Quanta barbarie, contro di me! Quanto era grande il numero di coloro che si ingegnavano di inventare maggiori torture!
« Gesù venne fuori con la corona di spine e il mantello. Pilato disse: Ecco l'uomo » (Gv 19,5)
103 In seguito, vidi le scale lungo le quali Gesù salì, dopo essere stato flagellato, e dove lasciò tracce ben visibili del suo sangue divino. 104 Mi sentii condotta da qualcuno, che mi diede la mano, alla balconata di Pilato. 105 Avevo l'aspetto dolorosissimo dell'« ecce homo »: 106 il capo coperto di spine, il volto intriso di sangue, il corpo tutto ferito e lacerato. Vidi e udii la grande moltitudine che ad una sola voce, ben lontana dall'avere pietà di me, gridava chiedendo la mia crocifissione. 107 Le mie orecchie sentivano scandire: « Muoia! Sia condannato!» Oh, quali grida, quelle della folla! Sentii lo scherno di alcuni che ascoltavano quella numerosa e vile plebaglia che mi voleva condannata a morte. 108 Ricevetti la sentenza di morte. 109 Vidi la croce che, poco dopo, avrei sentita sulla spalle.
«Pilato disse: Prendetelo e mettetelo voi in croce. Per me, non ha fatto nulla di male » (Gv 19,6)
110 Il popolo, numerosissimo, come in una festa, aveva aspettato per vedere Gesù e aveva voluto udire la sentenza: ora gioiva all'udire la condanna a morte! 111 Sentii la durezza di tutti quei cuori: non si commossero al vedere Gesù flagellato, coronato di spine, condannato a morte! 112 Gesù, innocentissimo, non ebbe una parola contro quel popolo. Soffriva in silenzio. Tutto accettava, mentre il suo divin Cuore amava ancora più follemente. 113 Taluni Lo fissavano con compassione; altri con odio. Più oltre Gli apparve la Mamma; da un'altra parte la Veronica, poi ancora alcune donne. 114 La mia anima vide La grande montagna del Calvario e, sulla cima, già eretta la croce su cui dovevo essere crocifissa. Questa croce giungeva al Cielo: lo obbligava ad aprirsi e lo faceva risplendere.
LA SALITA AL CALVARIO«Le guardie lo fecero andare fuori della città costringendolo a portare la croce sulle spalle» (Gv 19,17)
1 Ricevetti la croce. 2 Non la presi io: sentii che me la collocavano sulle spalle. 3 Piegata, schiacciata dal suo peso, vi caddi sotto nello stesso posto dove mi trovavo. 4 Mi pareva di sprofondare sotto il suolo. 5 Mi fece ricordare le mie crocifissioni: sentivo lo stesso peso della croce che mi faceva svenire. 6 Sotto quel carico schiacciante, come camminavo io? Come fossi un vermiciattolo della terra, nascosto in essa. 7 Camminavo per strade tristi. Sì, non c'era luce; erano cupe. Vi si udiva soltanto lo scherno e la gazzarra del popolo. 8 Tutta l'umanità riempiva quelle strade! La croce, Gesù, io, ci avvolgevamo in essa: era come un rullo che rotola sempre. 9 Camminavo morta lungo la salita del Calvario. E sopra la mia morte portavo la morte di tutta l'umanità: che peso su di me! 10 Sulle mie spalle non portavo solo la croce ma il mondo intero: lo sentivo bene.
La Madre si apre un varco tra la gente
11 Udivo il tumulto del popolo. 12 Era tutto un urlo e uno schiamazzo dietro di me. Non erano grida di dolore, ma di odio e di ingiuria. 13 Vedevo la moltitudine che mi accompagnava: pochi amici, quasi soltanto nemici! Gli amici si commuovevano; i nemici scaricavano staffilate sul mio corpo, senza compassione né pietà. 14 Il cuore sentiva anche le sghignazzate che venivano da lontano, dense di scherno e di soddisfazione. 15 Insieme a Gesù camminavano i due ladroni, con le proprie croci. 16 L'anima vide la Mamma, a volto quasi coperto, camminare tutta in lacrime, molto affrettatamente, alla ricerca di Gesù. 17 Si apriva un varco tra la gente, per vedere dove potesse incontrarLo. 18 mio cuore intuiva quanto soffriva il suo Cuore di Mamma e con quale ansietà Ella andava alla ricerca. 19 Il suo Cuore scoppiava e si dissolveva in dolore, facendo scoppiare e dissolvere in dolore quello di Gesù. 20 Per quanto non si vedessero, io sentivo l'unione, il dolore, l'amarezza dell'uno e dell'altro Cuore.
«Un gruppo di donne si battevano il petto e facevano lamenti su di Lui» (Lc 23,27)
21 Quasi al principio, Gesù cadde: si ferì gravemente il volto ed il petto. 22 Lo sfinimento, la tristezza e le ferite del Suo corpo si riproducevano nel mio. 23 Cadde un'altra volta; e caddi anch'io. 24 Nelle cadute, le spine penetravano sempre più profondamente: il capo era un solo dolore; il viso, pestato e insanguinato, macchiava ogni volta le pietre su cui batteva. 25 Il sangue colava - o meglio io sentivo come se colasse -; mi passava alle labbra, mi soffocava: talvolta mi mancava il respiro. 26 Per il carico schiacciante, camminavo curva e la ferita della spalla si aggravava. Poiché andavo molto curva, sentivo e vedevo cadere dai miei occhi al suolo frequenti lacrime di sangue. 27 Mi seguivano alcune donne: piangevano amaramente alla vista di tanti patimenti. Mentre camminavo, le fissavo con sguardi di compassione. Il cuore mormorava loro: « Non piangete per me, ma per voi. Piangete le vostre colpe: sono la causa dei miei dolori ».
Gesù invita a seguirLo, portando la propria croce
28 Davanti a me camminava Gesù con la croce sulle spalle. A volte girava indietro il suo santissimo volto: fissava su di me i suoi sguardi pieni di tenerezza, invitandomi a seguirLo e a portare per Lui la mia croce. 29 Sguardi tanto dolci che invitano e attraggono a sé le anime! Io non potevo resistere a quell'invito; non reggevo a quel dolore. 30 Abbracciai fortemente la mia croce e percorsi molta strada: amavo con tutto l'amore le spine che avvolgevano il mio capo. 31 Sentivo come se fossi io a portare sulla cima della montagna tutto quel carico, con tutti gli strumenti di martirio. Li portavo con tanto amore, li stringevo fortemente a me e li custodivo come fossero il più grande tesoro: erano le chiavi per il Cielo. 32 La croce gravava su di me. Ma Gesù non mi lasciò sola: mi accompagnò, mi aiutò a portarla.
L’amore Lo obbliga a salire
33 Caddi varie volte per il peso della croce. 34 Fui trascinata per vari metri mediante corde, con il volto a terra. Grandi ferite mi restavano sulle guance, per le carni lacerate che rimanevano sulle pietre, insanguinandole. 35 In una caduta lo sfinimento fu tale che non fui capace di rialzarmi. Un furore infernale mi tirò su con grande crudeltà: 36 Fui strascinata all'indietro per molti tratti! 37 Sentivo le corde alla cintola e al collo che mi tagliavano. 38 Ero come una palla che rotolava dall'alto in basso e dal basso in alto, tra le sofferenze. Ero la palla di divertimento dei carnefici! Scendevo, quando ero strascinata dal furore; salivo, quando la violenza mi faceva salire. Ma, soprattutto, mi muoveva l'amore. 39 I miei occhi si rifiutavano di fissare le miserie orribili che sentivo. 40 Andavo cieca nella direzione del dolore; ma ci vedevo bene nella direzione dell'amore: era l'amore che mi obbligava a camminare e a vincere. 41 Salivo il pendio con tutti i patimenti, ma lo salivo con tutto l'amore per dare la vita. 42 Più forte, assai più forte della furia degli aguzzini era la forza dell'amore che mi trascinava.
Incontra la Madre
43 Mi venne incontro la Mamma. 44 Mi guardò intensamente; io guardai intensamente Lei. Si unirono i nostri cuori nel medesimo dolore. 45 Quante cose si dissero l'un l'altro! Lo scambio dei nostri sguardi fu breve: dovetti proseguire maltrattata, spinta, strascinata. 46 Senza tempo per poterla contemplare, per causa della fretta di chi mi trascinava, mi restò il cuore legato a Lei. Camminavo sempre. Ella pure camminava, guidata dal mio sguardo, che Le aveva ferito e attratto il cuore e l'anima. 47 In tutto il percorso non perdetti mai l'unione con Lei: non trascinavo soltanto la croce, ma trascinavo anche Lei, o, meglio, trascinavo il suo dolore. 48 I nostri cuori, nel dolore, non si separarono: erano uniti come da due fili di corrente elettrica. 49 Mi accompagnò, lontana in apparenza, ma in realtà a me unita. I nostri cuori soffrivano in un solo cuore. Le nostre lacrime avevano la stessa amarezza, lo stesso dolore, gli stessi sentimenti. 50 I nostri cuori si parlavano ininterrottamente.
Bacia la terra nella quale si ferisce
51 Camminavo silenziosa: l'anima piangeva, mentre il cuore sanguinava. 52 Sopra di me pesava la montagna tremenda di tutta l'umanità. 53 Ansiosa di dare la vita, sentivo come se ad ogni passo facessi una scavatura nella roccia più dura: roccia che dovevo rammollire con il mio sangue. 54 A metà del cammino, grande fu la caduta e la scarica di flagelli sul mio corpo. 55 Rimasi con un ginocchio a terra e l'altro alzato. Ad uno strattone brutale delle corde, che pareva più infernale che terreno, caddi in avanti. Le spine del capo si confissero profondamente; il mio viso si ferì sino a mostrare le ossa. Le labbra mi si aprirono insanguinate; e baciavo la terra nella quale mi ferivo. 56 Gli sguardi della mia anima si estesero sull'umanità. Quali sguardi! quante cose esprimevano! A quante cose la invitavano!
Il gesto coraggioso della Veronica
56 Procedo piagata in tutto il corpo: i miei occhi ed anche le orecchie gocciolano sangue. Il mio capo è soltanto spine bagnate nel sangue. Ad ogni strattone violento delle corde, le mie ossa paiono slogarsi. 57 Mi viene incontro una donna, la donna diletta che ha compassione del mio dolore. Con quale delicatezza e amore mi pulisce il volto dal sudore, dal sangue, dalla polvere! Vincoli della più stretta amicizia legano i nostri cuori. E indicibile ciò che vorrei dire di lei; le lodi che vorrei farle. Come vorrei che si parlasse di questo suo atto tanto eroico! 58 Sento che il mio volto e l'amore del mio cuore - che non è il mio amore - restano impressi nella tela. 59 Ella la stringe al cuore, come il maggior tesoro; e lo è, in verità! 60 Quel ritratto senza uguale sarà contemplato sino alla fine del mondo. 61 Gesù non soltanto le lasciò il Suo volto impresso, ma le donò insieme, come premio, il suo Cuore infiammato di amore. Quale gratitudine, quella di Gesù! 62 Quale grande ricompensa ricevette da Lui! 63 Sapessi anch'io amare Gesù come Lo amò la Veronica!
In una caduta sviene sotto il peso della croce
64 Caddi sotto il peso della croce. Un braccio della medesima mi colpì il petto e mi ferì il cuore. Rimasi svenuta per alcuni istanti. Gli aguzzini mi fissarono incuriositi, credendomi morta. Un nuovo furore mi strascinò con forza, facendomi urtare nelle pietre della strada: nuove fonti di sangue furono aperte dalle spine del mio capo. Ma, anche così, dal mio cuore sgorgava solo amore e compassione per gli aguzzini. La marcia riprese, ancor più accelerata; la rabbia degli aguzzini bramava di vedermi sulla cima del Calvario: volevano completare i loro malvagi intenti. Gesù sussurrava nel mio cuore: « Perché mi ferite così, se vado a morire per voi? ». 65 La Mamma, con le mani incrociate, seguiva Gesù, trafitta di dolore. 66 Lo seguiva in doloroso pianto. Alcune donne La accompagnavano. 67 Gesù camminava, ma come chi guarda indietro, per fissare la sua Madre benedetta. 68 Che dolore, quello della Mamma, per non poter avvicinarsi a Gesù e rialzarLo nelle sue cadute! Avrebbe voluto baciarLo, pulirLo, lavargli le ferite con le sue lacrime. 69 Dietro camminava una donna: non le vidi il volto, ma solo una folta capigliatura sciolta.
«Fermarono un certo Simone nativo di Cirene; gli caricarono sulle spalle la croce e lo costrinsero a portarla dietro a Gesù» (Lc 23,26)
70 Stavo per spirare ad ogni passo. Caddi, e sopra di me cadde la croce. Non per pietà, ma per timore volevano qualcuno che la portasse. Vi fu chi continuò a portarla: non per amore, ma per imposizione. 71 Questo aiuto non fu volontario: non ne ricevetti consolazione. 72 Tuttavia sentii che il mio cuore gli dispensava tanto amore. 73 Fu solo verso la cima della montagna che mi fu tolta la croce. Ma io sentivo come se ne portassi sempre il peso. 74 Camminavo quasi senza vita e come se portassi la croce. Il sangue che versavo si trasformava in legami che mi univano ad essa. 75 Le labbra erano serrate, ma il cuore pareva parlare a tutti per mostrare a tutti il suo amore. 76 Amava chi, nel viaggio, mi confortava e dava prove di affetto; amava chi mi maltrattava e disprezzava. 77 Il mio cuore pareva coprire tutta la Terra. 78 Pareva che un cuore tanto amante non potesse essere contenuto nel mio petto. Il suo amore pareva bruciare tutto il mio essere.
La sete ardente del cuore è la forza del suo camminare
79 Una Vita dall'alto sosteneva il mio corpo, già quasi cadaverico. 80 Era in uno stato peggiore di quello di un lebbroso in disfacimento. Il cuore avanzava ansioso: doveva vincere, doveva morire per le anime. 81 La sete del cuore, sete di morire, sete di aprire il Cielo per fare apparire e brillare il sole nelle anime, cresceva, si faceva sempre più viva quanto più si approssimava la cima e il momento di dare la vita. Sete insopportabile, sete indicibile: sete che non era mia. 82 Le mie labbra moribonde avevano una sete ardente, ma il cuore era ancora più assetato: voleva bere l'amarezza fino all'ultima goccia; tutto voleva soffrire, perché aveva amore per tutti. Tutto voleva dare per tutto ricevere. 83 La sete ardente che portavo nel cuore era la forza del mio camminare.
Montagna di morte per Gesù, di vita per l'umanità
84 La vita fuggiva! la cima non arrivava! 85 La montagna si innalzava, si innalzava. 86 Pareva giungere alle nubi! 87 Era tanto alta: dalla terra giungeva al cielo! E io, senza forza per salire! 88 Quanto più camminavo, più venivo meno; mentre più alta, difficile e dolorosa io vedevo la montagna. 89 Quanto più si approssimava la fine, più difficile diveniva la salita: più agonia, più sangue, più abbandono, più dolore. 90 Non potevo fare un passo senza sentire le mie carni disfarsi e i miei nervi distruggersi. 91 Gli sbocchi di sangue erano quasi continui. Lo sfinimento mi piegava a terra. 92 Tutte le sofferenze che mi vedevo davanti mi premevano sul cuore: era un'oppressione che lo soffocava e gli toglieva la vita. 93 Un amore irresistibile mi legava sempre più alla croce. L'amore oltrepassava tutti i dolori. 94 In questa follia di amore si approssimava la cima. Per me e per Gesù che in me saliva era montagna di morte, ma stava per diventare montagna di vita per l'umanità. Il dolore aumentava insieme all'amore.
L’anima comprende i misteri della sofferenza
95 Tutto il mio vivere era immerso nella Passione dolorosa di Cristo. Il mio cuore, ardente di amore, era legato al Padre celeste: era Lui che amavo; era per Lui che amavo le anime. 96 Andavo, o mi pareva di andare, attraverso un altro mondo, superiore a questo, mentre il mio cuore qua in basso soffriva il dolore più triste e profondo. Era tanto piccolo per tanto soffrire! 97 Il cuore amava e là, sulla cima che giungeva al cielo, l'anima vedeva la croce di Gesù e Lui in essa confitto. Io dovevo unirmi a Lui. 98 La croce era un faro di luce che entrava nel mio petto a illuminare tutto. Me ne sentivo attratta. Per abbracciarla, per possederla, continuavo a camminare. 99 Era croce di trionfo, che brillava più del sole. 100 Il mio cammino è spine e sangue; e Gesù, tutto ferito, è croce, dolore e amore. 101 Quali segreti indicibili vedeva la mia anima in così grandi sofferenze, in tanto doloroso viaggio e, infine, sul Calvario! Le tenebre nere della notte non impedirono che l'anima potesse sondare tutti quei segreti, che solo la sapienza di un Dio può e sa rivelare. 102 Erano segreti, misteri di Redenzione. 103 Unita a questa sapienza, di cui nulla so dire, io mi sentii obbligata a soffrire e ad agonizzare.
« Cammina! Io ti aiuterò »
104 Andavo lungo il Calvario, triste ed umiliata. Sempre lo stesso verme ad aprire il cammino, senza perdere la Vita del Cielo. 105 Erano tali e tante le sofferenze, che io non reggevo: mi sentivo mancare, non ne potevo più. 106 Rimase esausto il corpo; rimase sfinita l'anima. 107 Mi apparve Gesù con il suo Cuore divino, non sofferente, ma pieno di gloria. Da tutto il suo corpo santissimo, ma con maggiore abbondanza dal suo costato aperto, uscivano raggi brillanti di fuoco, che venivano verso di me. Gesù alzò le mani e, con un dito puntato verso il Cielo, mi disse: « Cammina, che io ti aiuterò ». 108 Camminavo facendo cadere, come rugiada di solo amore, molte lacrime su Gesù e la sua croce. Andavo, ma non portavo la croce: non portavo nulla. Qualcuno la sosteneva e portava per me. Era Gesù il cireneo di tutti i miei giorni, il cireneo di ogni momento della mia vita. 109 Il mio cuore non si distaccava da Gesù: solo da Lui aspettavo la forza. I miei occhi non potevano distaccarsi dal cielo. Camminavo, ma sempre con gli sguardi ben fissi là. Il Cielo, il Cielo, il fine di tutto il mio soffrire! Dare onore e gloria al mio Dio e salvare le anime. Accettare e fare la volontà del Padre. 110 Benedetta la croce! Benedetto Gesù che così me la dà!
L'amore vince, nonostante tutto
111 Il cuore ansimante sembrava scoppiare per i forti desideri di scorgere nuovi mondi di purezza e di amore da consegnare a Gesù. 112 L'amore vinceva, nonostante che mi sembrasse di trascinare a fatica con me il mondo. 113 Non ero io che camminavo: era un'altra Vita che il mio essere aveva. Questa Vita apriva un nuovo cammino nei cammini dell'amarezza. Però questi restavano rammolliti, irrigati col mio sangue. 114 Il mio corpo dava sangue, come una fontana pubblica: irrigava i cammini per cui passava. 115 Mi pareva che fossi io a spargere sangue lungo il Calvario; ma, nello stesso tempo, il sangue di Gesù irrigava me e mi apriva una nuova via che mi conduceva al suo divin Cuore. Era via unica, la Via di salvezza. 116 Sentii che Gesù mi portava con Sé. Egli era il viandante e il condannato. Era Colui che soffriva. Ma trasmetteva il suo dolore al mio cuore. 117 La strada al suo divin Cuore rimaneva aperta. Tutti avevano il permesso di percorrerla. Pareva scavata tra massi di pietra, dai quali si potevano ricavare capolavori; ma era necessario che fossero irrigati con il sangue di Gesù, e lo erano, in verità. Ma non bastava ancora: era necessario dare la vita. Ed erano questi gli aneliti di Gesù.
Che stanchezza mortale al termine della salita!
118 Ormai vicino alla cima della montagna, sentivo Gesù morire. Non poteva più fare un passo: faceva più strada trascinato crudelmente, di quanto ne facesse coi suoi piedi. Non ci vedeva per gli occhi incollati dal sangue. E il suo santissimo corpo era gelido, prima ancora di essere sulla croce. 119 Alla fine del viaggio, sentii nel mio cuore che Gesù cadde. Voleva rialzarsi e non poteva: i vestiti si impigliavano; lo sfinimento non glielo permetteva. Gli aguzzini Lo trascinarono con le corde per alcuni metri. 120 Nel mio cuore Lo vidi e Lo sentii innalzare gli occhi al Cielo in atteggiamento di chiedere soccorso. 121 I suoi occhi divini, serrati o quasi verso il mondo, erano aperti verso il suo Eterno Padre. 122 Io sentivo in me lo sfinimento di Gesù. Volevo salire e non potevo. Volevo aiutarLo ma, terra come ero, non mi era possibile. 123 Che stanchezza mortale, al termine della salita! 124 Che dolore, il mio: lasciare Gesù tanto solo! 125 In tutto mi associai a Lui e con Lui volevo morire, per quanto vedessi che era una morte spaventosa. 126 A tutto mi assoggettai, vincendo la mia ripugnanza per amore di Gesù. 127 Fu tanto lungo il viaggio! Non mi parve di alcune ore, bensì di anni, di molti anni.
SULLA CIMA DEL CALVARIO
Si offre alla morte
1 Giunsi senza forze, senza vita. Portavo nel cuore un peso immenso. 2 Caddi sfinita con il volto a terra presso la buca già aperta, nella quale doveva essere piantata la croce. 3 Sentii come se venisse sopra di me un mondo di belve. Che rabbia e che peso immenso mi scancarono addosso! Il cuore rimase oppresso e pulsava in grande afflizione: mi pareva spirare ad ogni istante. 4 Che sconforto sento in me! E sconforto di amore. Tutto mi causa orrore: la morte! la morte, l'abbandono, o mio Dio! In ginocchio, alzo gli occhi all'Eterno Padre. Gli dò il mio segno di accettazione a tutto. Mi offro alla morte. Abbasso gli occhi: li raccolgo in me e, nell'abbraccio più intimo, stringo tutto al mio cuore. 5 Abbracciare quello che mi causa tedio e nausea!
Viene spogliato
6 Mi tolsero le corde che mi cingevano il collo e la cintola: dolori atroci! Mi erano penetrate nella carne, inzuppandosi di sangue. Mentre venivano strappate, mi lasciavano sul corpo segni di grandi ferite. 7 Quando mi spogliarono, lo fecero con tanta furia che strapparono brandelli di carne insieme alle vesti: dolori violenti! 8 Gli occhi non potevano aprirsi per il sangue, ma la vergogna mi obbligava a mantenerli più strettamente chiusi: essere spogliata in pubblico! 9 Soltanto la Grazia divina poteva tenermi in piedi. Mi esprimo meglio: non dico di me, ma di Gesù. 10 Subito sentii che la Mamma voleva, con il suo manto, coprire Gesù che era in me. 11 Rivissi la vergogna di Gesù: una cosa tanto profonda! non so che nome darle. 12 Quale nudità, la Sua, quale pudore senza uguale! 13 Tutto il corpo ne tremò; il volto rimase come infuocato. 14 Furono molte le risate di scherno che echeggiarono su tutto il Calvario! 15 Di tanto in tanto Gesù alzava verso il Cielo i suoi sguardi; poi li abbassava di nuovo, per più intimamente soffrire nel suo cuore.
« Mi hanno traforato mani e piedi. Una turma di iniqui mi guardano sprezzanti » (Sal 21,17)
16 Mi distesero sulla croce. 17 Sentii come se fossi io stessa a distendermi sul legno e a porgere mani e piedi per essere crocifissa. Era un abbraccio eterno alla croce, all'opera di Redenzione. 18 Le membra di Gesù stavano nelle mie e nel mio stava il suo divin Cuore. Eravamo noi due in un solo corpo a soffrire. Fu violentissima la crocifissione. Sentivo come se mi strappassero le braccia, e le gambe, tanta era la forza con cui le tiravano, per farle giungere al punto segnato sulla croce. 19 Che grido doloroso di soccorso uscì dal mio intimo verso l'Eterno Padre! Che sguardi supplichevoli uscirono dai miei occhi a fissare il firmamento per indurlo a compassione! 20 Vidi il soldato che, con grande crudeltà, dava le martellate: era impavido, aveva lo sguardo crudele e terrificante. 21 Lo vedevo sollevare il martello in alto, e, con tutta forza, farlo cadere sul chiodo. 22 Dentro al mio petto risuonavano i colpi di martello. Rimasi con i miei polsi e piedi aperti, come fossero trafitti: 23 sentivo che dalle ferite dei chiodi uscivano zampilli di sangue. 24 Provai come se un altro chiodo, più rude e doloroso, mi venisse confitto nel cuore.
Le martellate rimbombano lontano, ma non commuovono i cuori
25 Fu dolorosissima l'apertura delle piaghe. 26 Sentii come se i chiodi mi trapassassero tutti i nervi. 27 Non sentii lacerarsi soltanto i piedi e le mani, ma tutto il petto: pareva non avere più nulla dentro; tutto era stato svuotato. 28 Il dolore crebbe tanto che, se non fosse per un miracolo, quell'istante sarebbe stato l'ultimo della mia vita. 29 Quando poi la croce fu rivoltata, per ribattere i chiodi, il mio volto fu molto ferito contro il suolo e uscì dalle labbra un fiotto di sangue. 30 Quando fu doloroso lo scorrere un po' indietro dei chiodi ribattuti! 31 Tutti i dolori delle ferite e la furia dei soldati si ripercuotevano nel mio cuore e sentivo come se i soldati me lo rompessero e triturassero a morsi, tanta era la loro rabbia! 32 Vedevo le lingue bestemmiatrici che imprecavano contro di me. 33 Il mio calvario, il mio calvario! 34 Fu Gesù ad essere ferito, non fui io. Ma non so esprimermi in altra forma. 35 I colpi che conficcavano i chiodi non si estendevano soltanto per il Calvario, ma parevano echeggiare nel mondo. 36 Né le forti martellate che rimbombavano lontano, né la vista di tanto patire commuovevano i cuori!
«Con Lui crocifissero altri due, uno da una parte e l'altro dall'altra» (Gv 19,18)
37 Crocifissa, fui sollevata in alto. 38 Quali dolori sentii in tutte le piaghe, quando lasciarono cadere tanto pesantemente la croce nella buca! Mi parve di cadere in un pozzo! 39 Per gli scossoni della croce, si rincrudirono di più le ferite delle spine. Ne sgorgò una pioggia di sangue che mi bagnò il viso. 40 Il mio corpo era coperto di spine, come fosse un riccio: era tutto dolore, era tutto sangue. 41 In croce, non cessai più il mio grido al Cielo: « Aiuto, aiuto! ». 42 Fui con Gesù tanto inchiodata al Suo dolore che non vi era nulla che ci separasse. 43 Ai lati di Gesù furono crocifissi i due ladroni. Io sentivo che le loro sofferenze, le loro croci aumentavano il carico su di me: sopra la croce di Gesù che era in me. Sentivo uscire dal Cuore divino di Gesù lo stesso amore, le stesse grazie; uno le accettava, l'altro le respingeva.
«Accanto alla croce stavano alcune donne: la Madre di Gesù... e il discepolo preferito» (Gv 19,25-26)
44 Cuori tanto afflitti circondavano la croce! 45 Giovanni, le tre Marie... 46 Ma il cuore della Mamma non assomigliava per nulla a quello degli altri. 47 Con gli occhi fissi su Gesù, Ella agonizzava con Lui, mentre due fonti di lacrime scorrevano per il suo volto. 48 Gesù non vedeva con i suoi occhi umani il pianto della cara Mamma, perché li teneva ora chiusi, ora alzati al Cielo; ma tutto vedeva ed udiva con i suoi occhi e orecchi divini. 49 Penetrava tutto il dolore che nel più intimo del cuore La faceva agonizzare. 50 Dall'alto della croce sussurrava: « Mamma, Mamma mia, persino tu mi sei di martirio! Il tuo dolore aumenta il mio: neppure tu puoi darmi sollievo! ». 51 Ella mormorava: « Tu mi sei figlio, io sono tua madre: la mia agonia è la tua agonia ». 52 La Mamma, quanto ha sofferto con Gesù! Sulla croce, era Lui con Lei un solo cuore, una sola anima, un solo dolore, un solo amore. 53 Io, come Gesù, volevo asciugare le lacrime della Mamma, prenderLa in grembo per farLe ciò che Ella ben presto avrebbe fatto a Gesù, già morto. 54 Sentivo continuamente il bisogno di abbracciare me stessa, per stringere di più in me il cuore della Mamma. Più Ella soffriva, più io La amavo, più La sentivo mia Madre. 55 Sulla croce eravamo noi tre nel medesimo dolore.
«Gli abiti miei dividono fra loro, sulla mia veste gettano le sorti» (Sal 21,19)
56 Vidi ammucchiare le vesti di Gesù, poi tagliarle e sorteggiarle. 57 Sentii come se la spada avesse fatto nel mio cuore il grande taglio fatto sul mantello rosso: non ferì il panno, ma ferì me. 58 Mi ferì la malvagità crudele con cui lo fecero. 59 Alcune parti delle vesti, molto inzuppate di sangue, si incollavano nella mia anima. Come le sentii al vivo! Sangue, e carni dell'innocente Gesù, nei pezzi delle sue vesti! 60 Per il peso del corpo, le piaghe si laceravano sempre più; 61 il sangue cadeva dalle mani e dai piedi in abbondanza. 62 Per la violenza del dolore sentii come se si aprisse anche una vena presso il cuore: ne uscì molto sangue che si diffuse nel corpo per poi sgorgare da tutte le ferite. 63 Sentivo tutte le piaghe, ma più vivamente quella della spalla; mentre la cintola pareva essere ancora tagliata dalle corde. 64 I nervi vibravano: pareva che si contraessero. 65 Il dolore raggiungeva il suo apice.
Quale brama di vederLo scomparire ad ogni costo!
66 Ho sentito stringere il casco di spine sul capo: mi causò tanto dolore da farmi perdere quasi i sensi; il cuore quasi cessava di palpitare. Non erano mani che nell'alto della croce mi comprimevano fortemente il casco, ma era il rancore più che infernale di tanti cuori. 67 Sentivo come se mi flagellassero e sputacchiassero, pur essendo in croce. Sentivo i flagelli nell'anima, come se mi fossero dati nel corpo. 68 Nell'udire le ingiurie più infamanti, sentivo scorrere sul mio corpo rivoli di un sudore di morte. 69 Mi pareva che tutto il corpo e l'anima fossero stracciati dal dolore, a somiglianza di una tela strappata filo per filo. 70 Mi costò tanto la crudele ingratitudine di quella gente sprezzante ed altera che affollava il Calvario! 71 Sentii che in molti cuori aumentava l'odio, l'avversione contro Gesù, la brama di vederLo scomparire dai loro sguardi; fosse come fosse, costasse ciò che costasse. 72 L'innocentissimo Gesù era in un gemito continuo.
La Passione di Cristo si rinnova in ogni tempo
73 Onde di insulti, tormenti, malvagità cadevano su di me. 74 Non sentivo solo i maltrattamenti del Calvario, bensì quelli dell'umanità intera. 75 Io vedevo tutto attraverso i tempi, tutto. 76 Dalla croce osservavo i mali che nel mondo intero, nello scorrere dei tempi, avrebbero rinnovata la Passione di Cristo, che di me si era rivestito. 77 Sentivo gli affronti di tutta l'umanità, persona per persona: alcune infierivano con la massima crudeltà e malvagità; altre, forzate, e persino incoscienti del male che facevano. 78 Sentivo tutto; tutto mi stava davanti: il passato, il presente, l'ingratitudine e la malvagità del futuro. 79 Volevo poter piangere le mie colpe e quelle di tutta l'umanità; volevo il dolore e il pentimento della Maddalena; ma no, non lo avevo! Avevo solo ansie di abbracciarmi alla croce per amore di Gesù. 80 Mi sentivo abbracciata ad essa. Volevo soffrire, volevo morire. 81 Il mio calvario morto aveva lacrime; queste lacrime immergevano in sé l'umanità intera. Questa morte gridava ed insieme aveva un dolore infinito e ansie infinite di dare la vita.
Dall'amore per la croce nascono alberi di vita
82 Io, crocifissa, continuavo a sentire che il mio corpo non era se non un cadavere. La mia vita era Gesù nel mio cuore. Io morta, ma con Lui andavo a vivere. Il suo divin Cuore in agonia beveva avidamente tutta la sofferenza, nell'ansia di comunicare a me la sua Vita e farmi vivere di essa. 83 Vedeva chiaramente che il suo dolore era manna, balsamo fecondo, vita per le anime. 84 Mi parve che il mio cuore si trasformasse tutto in quello di Gesù: era tutto amore. Aveva una sete divoratrice di sofferenza, perché vedeva che soltanto questa, con la morte, poteva dare la vita e aprire il Cielo. Mi consegnai, mi diedi tutta al martirio. 85 Rimasi sulla croce e fui la croce. Dal mio cuore uscirono legami che la avvinsero: erano legami di amore. Questo amore mise radici dalla croce verso la Terra; da esse nascevano alberi fiorenti, alberi di vita. Io fui tutto questo e da tutto questo fuggii. 86 Il Cuore divino di Gesù non cessava in me di amare. Era dentro al mio cuore che Egli amava l'umanità intera. E io non potevo cessare di amare la croce: vedevo e sentivo che soltanto la croce era vita. 87 A braccia aperte e occhi al Cielo, mi offersi al Padre come vittima; all'umanità offersi il cuore e l'amore.
Il Cuore, prima che dalla lancia, è aperto dall'amore
88 Il sangue irrigava il Calvario. Ed era come se irrigasse il mondo intero, tutto lì presente. 89 Vedevo che il mondo fuggiva da quel sangue, ed io volevo salvarlo: con altro mezzo non può essere salvato. 90 Erano tanti coloro che lo disprezzavano e lo fuggivano a passi da gigante! E Gesù, folle di amore, senza poter staccare le braccia dalla croce, li chiamava e li invitava ad entrare nel suo divin Cuore aperto. 91 Desiderava liberare le braccia per mostrarlo al mondo e dirgli: « Prima di essere trafitto dalla lancia, è squarciato dall'amore: è per riceverti! ». 92 Il Cuore era aperto in un abisso infinito di amore e di perdono. 93 Gesù amò, Gesù ama; Gesù perdonò, Gesù perdona. Bontà incomparabile! 94 La sua risposta a tutto era ed è: amare, amare di un amore infinito. 95 La strada al Cuore divino di Gesù era sempre aperta; era luminosa. Dava passaggio a quanti volevano. Oh, se la mia anima nella sua ignoranza sapesse mostrare la bellezza infinita di quella strada che, allo stesso tempo, era per Gesù motivo della più grande agonia! Tanto piccolo era il numero di coloro che andavano al suo Cuore ansioso; tanto grande era quello di coloro che si staccavano da Lui e fuggivano per sentieri errati!
« Ricevi, Padre mio, l'incenso di questo amore! »
96 Gesù voleva offrire tutti all'Eterno Padre. E io li volevo offrire a Gesù. Tanti ricusavano di entrare nel Cuore divino! Che umiliazione! che vergogna! A nulla valevano le sofferenze di Gesù ed il suo sangue sparso! A nulla valeva il mio martirio. Gesù stava mortificato davanti al Padre suo. E io stavo mortificata davanti a Gesù. La mia agonia aumentava al massimo. Gesù, prendendo il calice del mio cuore, lo sollevò, lo offerse ripetute volte all'Eterno Padre dicendo: « Ricevi, Padre mio, il tributo di questo martirio, l'incenso di questo amore! » In verità io volevo avere sempre un turibolo di incenso di amore da offrire a Gesù. 97 In un martirio dolorosissimo di anima e di corpo, durante le tre ore di agonia, fissai il Cuore divino di Gesù. 98 Volevo tanto soffrire io sola, al posto suo; e non riuscivo a nulla. Offrii con Lui, con Lui agonizzai. 99 Con gli occhi dell'anima al Cielo e il cuore in Dio, accettai tutto: amavo e, poiché amavo, soffrivo.
« Padre, perdona loro, che non sanno ciò che fanno! » (Lc 23,34)
100 L'anima di Gesù piangeva; io sentivo le sue lacrime. Udivo questo gemito del suo Cuore: « Figli miei, perché mi ferite? Perché vi comportate così? ». 101 Nel ricevere gli insulti e i maltrattamenti, sospirava silenziosamente e mormorava: «E’ così che mi amate? È così che ricambiate il mio amore?». Ma subito aggiungeva: « Padre, perdona loro, che non sanno ciò che fanno! ». 102 Il Cuore amava tanto: pareva lanciarsi ai piedi di ogni creatura per chiedere di lasciarsi conquistare. 103 Sentii nell'anima come uno scroscio di flagelli: non perché gli aguzzini mi flagellassero in quel momento, ma perché desideravano farlo. Gesù, dentro al mio petto, già quasi moribondo per il dolore angustioso causato da quelle cattive intenzioni, alzò gli occhi all'Eterno Padre e mormorò: « Padre mio, mi costa la ingratitudine; ma perdona loro che non mi riconoscono per Tuo figlio! ». 104 Sentii che Gesù dal Calvario estendeva gli sguardi a tutta l'umanità. 105 Palpitava di amore per il mondo indurito e colpevole; palpitava di dolore nel chiedere al Padre compassione.
« L'ora » di Cristo e di Maria
106 La Madre, presso la croce, univa le sue lacrime a quelle di Gesù. Come Gesù amava! 107 Vidi le sue lacrime e forza d'animo: si teneva ritta in piedi con gli occhi fissi nel suo Gesù. 108 Contemplava le Sue piaghe, vedeva il Suo sangue scorrere dalle carni lacerate! 109 Voleva abbracciarLo, pulirgli il volto coperto di sputi e di polvere, tutto insanguinato, e raccogliere così ogni goccia del prezioso sangue, che era anche suo. 110 Voleva fare a Lui ancora vivo, quello che Gli avrebbe fatto dopo morto. 111 Avrebbe voluto che le sue braccia divenissero ali per poter volare fino sulla croce ad abbracciare il suo Gesù ed unirLo di più a sé. Unione senza uguale! follia di dolore e di amore! 112 Vi erano nei loro Cuori santissimi il medesimo dolore ed i medesimi aneliti: accogliere e custodire per sempre il mondo intero, tanto ribelle e crudele. Come la Mamma amava! Io partecipai del medesimo amore, del medesimo dolore, della medesima letizia.
Invoca il Padre
113 Gesù a stento poteva muovere le labbra per gridare invocando l'Eterno Padre; ma il suo cuore stava in un grido continuo. 114 Questo si elevava al Padre, ma era per il mondo, che, duro e sordo, non lo ascoltava né si commuoveva. 115 Sul Calvario tutto passava inosservato: il grido, già moribondo, non entrava negli orecchi né penetrava nei cuori. 116 Poche volte Gesù innalzò gli sguardi all'Eterno Padre, ma gli occhi della sua anima erano sempre fissi in Lui. 117 Con Gesù sospiravo anch'io, con Lui gemevo, con Lui mi condolevo per la povera umanità. Ai suoi occhi divini univo i miei, già quasi moribondi; li innalzavamo al Cielo in grande agonia per chiedere soccorso. 118 O agonia tristissima, o tenebre angosciose! 119 O mondo, o anime, quanto ci amò Gesù. AmiamoLo noi pure! Il nostro dolore, in paragone al suo, è un nulla. Fu un dolore infinito, fu dolore di un Dio fatto Uomo. AmiamoLo, amiamoLo senza cessare! AmiamoLo giorno e notte. Il mio cuore va, come un uccellino smarrito, a mendicare amore, sempre amore per Gesù.
Il Padre esige la riparazione
120 O cuore amo tanto, tanto che non ricusò di rivestirsi di tutto il fango immondo, per consumarlo in sé e farlo scomparire. Amò tanto, tanto che si consegnò al Padre come reo di ogni colpa, per ripararla. Amò follemente fino a dare la vita, perché noi possedessimo l'eterna Vita del Cielo. 121 Ero abbandonata dall'Eterno Padre! Gridai, ma senza essere ascoltata. 122 Sentivo Gesù in croce, sulla croce che ero io. E in me era Lui pure. Era indispensabile un aiuto; era necessario un conforto. Invece di aiuto e conforto, sentii come se il Cielo si abbassasse con tutto il peso della sua giustizia per schiacciarmi fortemente contro il grande legno della croce. L'agonia aumentò e con essa l'abbandono. L'Eterno Padre non dava conforto. Esigeva solamente la riparazione. Era il Giudice a chiedermi conto di tutte le colpe dell'umanità. « Padre mio, Padre mio! Già ho dato tutto; già ho sparso tutto il mio sangue! » 123 Il peso della giustizia divina sopra di me era molto grande, infinito: pareva strapparmi dalle braccia della croce per sprofondarmi nella Terra, per essere la Terra stessa!
« Dio mio, perché mi hai abbandonato? » (Mc 15,34)
124 Era notte, tremenda notte! 125 O agonia, o abbandono, o oscurità! 126 Gridai, gridai senza desistere: « Padre, Padre mio! Persino Tu mi lasci? persino Tu mi abbandoni? ». 127 Non ero io che gridavo: era il mio cuore. Non ero io che volevo gridare, ma mi obbligavano la violenza del dolore e l'agonia. 128 Sgomenta per le tenebre e l'abbandono, udivo uscire dal cuore molte e molte volte il grido: « Padre, Padre, Padre! Non distogliere da me il Tuo volto! Non allontanare da me i Tuoi sguardi! ». 129 Il mio grido doloroso e moribondo echeggiava in fondo alla montagna: 130 echeggiava come dinamite nella roccia. Ma il Cielo, sì, il Cielo pareva chiuso per me. 131 Rimasi sulla croce con Gesù ed Egli con me, nell'attesa di dare la vita per nuove vite. Nell'estrema agonia, Gesù dentro di me gridava: « Padre, Padre, Padre mio! ». Il mondo, come risposta a questo grido di agonia, dava crudeltà, più crudeltà; ingratitudine, più ingratitudine.
« Figli miei, ho sete di voi! »
132 Sentivo una sete bruciante e il più grande degli abbandoni. Uscì dal mio cuore questo grido: Ho sete, ho sete! ». Compresi che era di Gesù e mi ricordai che Egli aveva sete di anime. 133 L'amorosissimo Gesù, tra gli insulti, sentiva la sete divoratrice del suo divin Cuore e sussurrava, pieno di tenerezza e di affetto: « Figli miei, ho sete di voi! È così che mi saziate? ». 134 Nello stesso istante sentii passare sulle mie labbra, una e poi un'altra volta, una spugna. La sete delle labbra rimase; quella del cuore aumentò! 135 Era sete tanto ardente, che solo l'amore dei cuori del mondo intero poteva saziare. 136 Il grido continuava: « Non è la sete delle mie labbra, che voglio saziata; bensì quella del cuore: è sete di anime! ». 137 Fino all'ultimo momento, fu questa sete la vita di tutto il mio soffrire.
L’amore, unito alla grazia, trionfa sul dolore
138 Sulla cima, non perdetti l'unione con il Padre. 139 Sentivo in me due vite, o due nature: una che non resisteva a tanto dolore; l'altra che tutto vinceva. 140 Mi portava ad agonizzare la visione di tutti i crimini, delle ingratitudini e malvagità dell'umanità intera. 141 In queste ore di agonia, fu la vita divina che vinse nel mio corpo piagato, cadaverico. L'amore, unito alla grazia e alla vita divina, trionfò sul dolore, trionfò sulla morte. 142 Io davo al mondo la stessa Vita che io ero, che dal Padre ricevevo. 143 Ancora prima di spirare sentii che mi trafissero il cuore: questo dolore mi fu anticipato, perché, una volta morta, non lo avrei potuto sentire. 144 Sentii la lancia aprirmi il costato ed entrare fino ad attraversarmi il cuore: il taglio fu come di spada affilatissima. 145 Con il cuore in quello stato, lanciai uno sguardo al mondo e dissi: « È per te che sto così! » 146 Gridai al Padre, ma sempre rassegnata.
«Venuti per vedere lo spettacolo se ne tornavano a casa battendosi il petto» (Lc 23,48)
147 Si fece buio sul Calvario. 148 Molti di coloro che mi avevano fatto soffrire discesero spaventati: andavano a nascondersi gli uni dietro agli altri, come formiche nel proprio formicaio. 149 Erano spaventati: temevano qualche ulteriore avvenimento. Era il timore e non l'amore la causa del loro sgomento! 150 A poco a poco il Calvario rimase nel silenzio. Si udivano soltanto i sospiri di Gesù. Regnava il dolore, aumentato dal rancore di molti cuori che, soffocati non so da che, non parlavano più. 151 Dopo i maltrattamenti, le bestemmie e le calunnie, rimasi a sentire quel silenzio del Calvario: 152 un silenzio saturo di rimorsi. Solo due Cuori, molto uniti come se fossero uno solo, si parlavano l'un l'altro: erano un solo dolore, un solo amore. 153 La Mamma, ai piedi della croce, ferma come una statua, quasi moriva di dolore. 154 Io sentivo che dal Cuore di Gesù scendevano verso il Cuore della Mamma molte grazie, molta vita, molto amore. Tutto questo Le alleviava l'indicibile dolore e Le dava vita per mantenersi salda senza crollare, fino a che Egli spirasse. 155 Soltanto con la forza divina Ella resistette senza svenire.
« Non posso fare di più »
156 Nel mio petto sentivo il respiro affannoso di Gesù. 157 Unito al mio, palpitava pure il suo divin Cuore. 158 Palpitava con tanta forza e rapidità che un battito non dava tempo all'altro. Le sue divine labbra impressero in me, come in un disco: « Ho sete! ». Il mio cuore, nel sentire questo, comprendeva la sete di Gesù; gli disse: « Almeno potessi io saziarTi! ». 159 Gli occhi agonizzanti di Gesù rimasero nella mia anima un poco socchiusi a fissare il Calvario, l'umanità. 160 Si serrarono poi ed Egli mormorò: « Sto per morire. Traete profitto dal mio divin sangue e dalla mia morte, se volete salvarvi: muoio per darvi il Cielo ». 161 Gesù era esausto: anelava morire per dar luce e far vivere. 162 Il suo divin Cuore diceva: « Figli miei, figli miei! Vi amo tanto fino a morire per voi! 163 E' giunta l'ora dell'amore: muoio per voi; non posso fare di più ».
« Madre mia, accetta il mondo »
164 Sentivo che il mio cuore stava abbarbicato con radici di amore a tutti i cuori umani. 165 E’ la loro ingratitudine, sempre a ferirmi, sempre a portarmi alla morte. 166 Riuscii a sussurrare a tutto il mondo: « Può, la tua ingratitudine esigere di più da me? ». 167 E alla mamma mormorai: « Madre mia, accetta il mondo: è tuo! È figlio del mio sangue; è figlio del tuo dolore. Per salvarlo, hai da cooperare con me ». Dopo questo profondo sussurro, con gli occhi al Cielo, aggiunsi: « Tutto è consumato ». 168 La Madre stette sempre come chi, nella stessa croce, partecipa dello stesso dolore, dello stesso martirio e follia di amore, nel medesimo compito di salvezza. 169 Da Lei verso di me vi era un canale di salvezza. Tutto passava dal mio cuore o, piuttosto, dal Cuore di Gesù che era in me, verso quello di Lei. Tutte le anime ricevevano le grazie e i frutti della Redenzione attraverso la Madre. 170 Molto profondamente e al vivo sentii quanto Ella cooperava con Lui alla nostra salvezza. Di quanto Le siamo debitori!
Padre, a Te affido la mia vita » (Lc 23,46)
171 Sentii che Gesù dava le ultime gocce di sangue. Esse fervevano: era l'amore che le faceva fervere. 172 Mostrando al mondo il divin Cuore aperto, sussurrava: « Per te ho latto questo:ho dato tutto il sangue e ti ho amato fino a non poterti amare di più ». 173 Agonizzava e ripeteva più volte: « Padre, Padre, Padre, accetta la mia agonia! 174 Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito. E’ per Te il mio ultimo sospiro! ». 175 Neppure un grido, neppure un gemito era accolto dall'Eterno Padre! Persino la consegna dello spirito pareva non essere accolta! 176 Agonia di tanta afflizione! Io mormoravo continuamente: « Gesù, Gesù! ». E sentivo in me altra voce che ripeteva: « Padre, a Te, nelle Tue mani consegno il mio spirito ». 177 Con Gesù andavo spegnendomi; con Lui mi sentivo morire. 178 Il mio corpo e la mia anima si disfacevano totalmente come per lebbra. 179 L'anima tremava per il dolore e per la paura, come il corpo trema per il freddo. 180 Stavo consegnata all'abbandono. Era completo: non avevo più nulla da sperare, neppure dall'Eterno Padre!
Si esauriscono le Sue forze, ma non il Suo amore
181 Dentro di me, Gesù stava spirando: 182 solo di tanto in tanto emetteva un sospiro; tra l'uno e l'altro rimaneva come se non avesse vita. 183 Mal poteva gridare al suo Eterno Padre. 184 Erano gli ultimi rantoli. 185 Prossimo a dare il suo ultimo respiro, per un impulso del cuore, gli vennero ancora alle labbra alcuni sbocchi di sangue. E scorrevano lungo il suo volto le ultime lacrime. 186 Lo vidi innalzare al Cielo per l'ultima volta i suoi sguardi e inclinare poi il capo. 187 Sentii come se Egli non distogliesse gli sguardi dalla Mamma. 188 Uscivano dal suo Cuore raggi luminosi verso il Cuore di Lei, come fossero i Suoi addii. 189 Sentii nel mio cuore i suoi ultimi sguardi e la dolcezza e l'amore che lasciava cadere su di me. 190 Le tenerezze del Cuore di Gesù si diffondevano verso coloro che stavano crocifissi ai lati: alla destra erano accettate; alla sinistra ricusate. Sentivo la rivolta di colui che le rifiutava e l'amore di colui che le accettava. 191 Si esaurivano le Sue forze, Gli veniva meno la vita; ma non si esauriva né veniva meno il suo divino amore: si diffondeva per tutto il Calvario, e dal Calvario al mondo, come soffio di vita, come profumo delizioso.
La Vita che Lo aveva portato sulla Terra si riavvicina al Cielo
192 Nell'ansia di darmi totalmente, nell'amore sempre più folle, giunse il momento di dare la vita. 193 Mi pareva di non avere più mani e piedi, tanto grandi erano le piaghe. E non avevo più cuore che potesse essere ferito oltre: 194 Io ero vittima e ostia. Prima di spirare, sentii come se fossi legata alla croce dal capo ai piedi, con spaventosi serpenti: erano come catene che mi legavano al legno. Mi causavano spavento. 195 Sulla cima della montagna, tremenda montagna, continuai a gridare; la violenza del dolore, a somiglianza di acqua che muove la ruota del mulino, fece rotolare la montagna. E questa rimase su di me. 196 Tutto il mio essere era cuore per amare e consegnarsi al Padre. 197 Il cuore andava morendo lentamente. E quella Vita che mi aveva portato sulla Terra si avvicinava nuovamente al Cielo.
«Il sole si oscurò e il grande velo del tempio si squarciò a metà» (Lc 23,45)
198 L'agonia, tanto grave, faceva sì che tutto il mio essere si squassasse, proprio sino alle viscere. 199 Sentii come se mi scorressero lungo il volto e il corpo i sudori freddi della morte. 200 Un urlo doloroso, soffocato, passò per il mio cuore: fu l'ultimo grido di Gesù agonizzante. 201 Fu tale lo sforzo, tale la violenza del dolore, che Gesù pareva staccarsi dalla croce. 202 Il grido di agonia, dolorosissimo, risuonò in tutto il Calvario o, meglio, io sentii come se echeggiasse nel mondo intero, e scuotesse tutto. 203 Muoveva e rimuoveva la Terra. 204 Il cielo parve aprirsi in spaccature di fuoco. Udii come un echeggiare strepitoso di tuoni. 205 Il velo del Tempio si squarciò e cadde. 206 Tutta la terra tremava. Era un potere supremo che la faceva scuotere. 207 Sentii come se il piede della croce si interrasse di più… 208 Che paura, che spavento veniva dalIa terra; che sgomento veniva dal cielo! 209 Sul Calvario era buio. Si aprirono grandi crepacci. Tutti fuggirono. Soltanto le anime amiche di Gesù rimasero. 210 Gli occhi della mia anima stettero sempre fissi al Cielo a chiedere perdono e misericordia per la Terra.
Il Cielo riconciliato con la Terra
211 Sentii, prima nel cuore e poi in tutto il corpo, un freddo agghiacciante: era la morte. Gesù spirò. 212 Il mistero della morte regnò sul Calvario e nella mia anima. 213 Quando Gesù spirò, il Cielo si aprì. Noi tutti già potevamo passare dal Calvario al Cielo. 214 In quel momento avvenne una prodigiosa mescolanza tra Cielo e Terra: rimasero due in uno solo. La Terra si riconciliò con il Cielo: ora noi tutti potevamo vivere la stessa Vita. 215 Il Cielo si unì alla Terra in tal modo che mi fece sentire e ricordare ciò che da piccola avevo visto: l'impasto fatto dal panettiere nel cilindro; quella ruota mescolava tutto. Che movimento! Cielo e Terra, una stessa massa! 216 Rimase il Cielo riconciliato con la Terra. 217 Un suono armonioso riempì Cielo e Terra.
Libera le anime in attesa
218 Il Calvario stava in tenebre. E io discesi in un luogo di tenebre. E io stessa fui la luce che tutto illuminò. Dico « io » ma non fui io, perché io sono tenebre e morte. Fu quella Vita che viveva in me, che trionfò sul Calvario e sulla Croce. 219 Discesi come in un inferno, ma non un inferno di fuoco, di maledizione e tormenti, bensì ad un inferno solo di tremenda oscurità, ove non entrava luce né gioia: era un inferno di cecità ed ansietà. Sentii come se nostro Signore stesse in me, contento, a braccia aperte, comunicando la propria gioia ad una moltitudine in attesa. Sentii che di nuovo ne uscii, portando dietro di me quella schiera innumerevole di esseri che non erano corpi. 220 Sentii la gioia del Cielo e di molte anime. 221 Io sentii e vidi tutto, ma rimasi sempre immersa nel dolore, nella cecità e nella morte.
La sua Vita divina si è saparata da me
222 Era volata la sua Anima santissima. E io ero rimasta nel medesimo dolore della Mamma, a sentire la stessa perdita. 223 La sua Vita divina si era separata da me. 224 Restai come se l'anima mi avesse lasciata e non avessi più vita: 225 quella Vita dall'alto era stata sempre la forza di tanto soffrire. 226 Gesù era spirato; e io ero rimasta in questo strappo: non appartenevo a Dio; non appartenevo alla Terra. 227 La morte di Gesù oscurò il calvario della mia anima; 228 il silenzio della morte regnò nel calvario della mia anima. 229 Poco dopo, vidi dare il colpo di lancia nel suo divino costato. 230 Fu dentro di me che Egli fu trafitto. 231 Il Cuore fu trafitto: diede le ultime gocce di sangue; 232 le ultime del suo preziosissimo sangue e, alla fine, gocce di acqua. 233 Rimasero raggi dal Cuore a illuminare la Terra; mentre il sole, come si vergognasse, si nascondeva dietro le nubi che tremavano unitamente al suolo del Calvario. 234 Da tutte le piaghe uscivano raggi di luce, come raggi di sole da fessure.
La Madre piange tanti figli morti per il peccato
235 La mia anima vide Gesù mentre veniva deposto dalla croce: il capo penzoloni, un braccio già schiodato; la Mamma già seduta, a braccia aperte, per riceverlo. Sentivo in me il corpo di Gesù senza vita, gelido: rabbrividii. 236 Sentii come se Egli, morto, stesse in me e anch'io, con Lui, nelle braccia della Mamma: eravamo un corpo solo, un solo cadavere. 237 Sentii la Mamma stringerLo al Cuore, fargli tutto quello che poco prima aveva desiderato ardentemente fargli, nell'alto della croce. 238 Le lacrime della cara Mamma cadevano sopra il mio volto. 239 Io ero Gesù e Lei era mia Madre; io ero il mondo e Lei era la Madre del mondo. 240 Volevo consolarLa ed abbracciarLa e non potevo. Fu allora che Gesù, non più morto in me, ma vivo, mi disse: « Figlia mia, le lacrime della mia Madre santissima sono somiglianti a quelle che Ella sparse, in un'altra ora, sopra di me, sul Calvario. Ella oggi non piange, al vedere il Figlio morto nelle sue braccia, ma piange al vedere, in tutta l'umanità, tanti figli, la maggior parte dei suoi figli, morti per il peccato. Che dolore, quello del suo santissimo Cuore, e che dolore quello del mio divin Cuore, per la visione di questa perdita, di questa morte quasi totale! Dammi il tuo dolore: ripara i nostri Cuori tanto feriti. Abbi coraggio! ». Provai tanto dolore che mi parve di morire. 241 Fu l'amore che portò Gesù a dare la vita. E la Mamma continua la stessa missione: amare noi come Gesù.
«Cristo è morto ed è tornato in vita per essere il Signore dei morti e dei vivi» (Rm 4,9)
242 Fra le nere nubi della morte, Gesù irruppe: si levò in alto; andò a brillare più oltre. Vinse tutto e su tutto trionfò. Ma io non Lo accompagnai in quella vittoria, in quel trionfo, in quella luce: rimasi sempre nel mio dolore, nella mia amarezza ed agonia. Egli andò nel gaudio di un trionfo luminoso, ma rimase sempre con me: unito a me, trasformato in me, soffriva. Vorrei saper parlare di questo sdoppiamento di Gesù: nel gaudio e, contemporaneamente, nella unione dolorosa dentro al mio corpo. Ma non so. Ciò che so, è che l'agonia continuò. 243 Gesù morì e visse sempre. Sentii che Egli morì e sentivo che continuava a vivere. O Vita, o Vita celeste!
«Vi chiamo con amore di Padre»
244 All'improvviso si illuminò tutta la mia anima di una luce che illuminava il mondo. 245 Sentii come se, da cima a fondo, si squarciasse un velo: Gesù mi apparve con la sua Luce e mi diede la sua Vita. 246 Risuscitò e fece risuscitare la mia anima. Sentii che nel mio cuore Egli diceva: « Udite, figli miei, la voce di Gesù che vi chiama! Vi chiama perché vi ama. Ascoltate con attenzione: è l'ora della Grazia che passa! Ricevetela, propiziatela, accettatela! Batto con insistenza, chiedo con tutto l'ardore del mio cuore: Venite a me! Vi chiamo con amore di padre ».
«Credo, Gesù, credo»
247 In una angustia lancinante ripetei i miei atti di fede: « Credo, Gesù, credo che fu per me la tua Nascita, il tuo Orto, il tuo Calvario. Credo, Gesù, credo! ». I miei abissi erano tanto tetri e profondi che soltanto un Dio poteva penetrare in essi: fu quanto Gesù fece. Discese fino alla mia profondità, portò alla superficie il mio povero essere e lo illuminò con alcuni raggi della sua Luce.
17 novembre 1975 - AMICI DEL SS. SACRAMENTO
Mons. Ottavio Michelini
" Figlio mio, scrivi:
Io, Gesù, voglio una istituzione che sviluppi, in tutti i modi la fede, la devozione, l'amore e il culto a Me, realmente presente nel Mistero di fede e di amore per eccellenza, l'Eucaristia.
1. A questa Pia Unione tutti possono aderire, fanciulli e fanciulle, giovani e ragazze, uomini e donne, senza discriminazione di età.
2. La sua finalità è di favorire in se stessi e negli altri, in tutti i modi approvati dalla Chiesa, la fede e l'amore a Me, realmente presente nel Mistero Eucaristico.
3. L'impegno è:
- La Visita quotidiana a Me in Chiesa, oppure una visita e comunione spirituale fatta in casa se non è possibile recarsi in Chiesa.
- La santa Comunione (almeno) settimanale.
- L'ora di adorazione almeno mensile.
- L'adunanza una volta al mese. (p. 9)
4. E' bene tenere un piccolo registro con il nome degli aderenti.
5. E' compito del Parroco, o di chi ne fa le veci, dirigere il gruppo, sviluppare nelle adunanze la catechesi dell'Eucaristia, stimolare con l'esempio e con la parola l'amore a Me nel SS. Sacramento.
6. Questa Pia Unione sarà chiamata: Amici del SS. Sacramento.
Io, Gesù, desidero vivamente questo; non si perda tempo ".
Alcuni sacerdoti hanno già accolto l'invito (vedi a pag. 73 in data 3 dicembre 1975) e qualche associazione, nel silenzio e nel fervore, sta già germogliando.
Si tenga presente che:
- La Pia Unione sarà diretta da un Consiglio formato dal Direttore, da un segretario, un economo (per le offerte che possono venire; non si molesti però nessuno nel chiedere) e da due o tre consiglieri, nominati dall'assemblea degli aderenti.
- L'argomento delle adunanze sarà sempre e (p. 10) soltanto eucaristico, oltre alle proposte e discussioni sui mezzi più adatti a far vivere la Pia Unione.
Satana non vuole certo questa Pia Unione e non mancherà di creare intralci. Bisogna resistere e controbattere, bruciando i tempi con la preghiera, specialmente con il Rosario.
Gesù (e con Lui la Mamma Celeste) guarda con compiacenza tutti coloro che prenderanno seriamente a cuore il Suo invito. Questa Pia Unione non è che un aggiornamento delle Confraternite del SS. Sacramento. (p. 11)