Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

"Il discepolo che Gesù amava". Pur senza essere nominato, con queste parole Giovanni viene come distinto dagli altri, non perché Gesù amasse solo lui, ma perché lo preferiva agli altri. Amava anche gli altri, ma questo "più intimamente". Lo gratificò di una maggiore tenerezza del suo amore perché l'aveva chiamato quando era ancora vergine, e perché vergine era rimasto: anche per questo gli affidò la Madre. E questo discepolo, durante l'ultima cena, posò il capo sul petto del Signore. Fu un grande segno di amore che lui solo posasse il capo sul petto di Gesù, "nel quale sono racchiusi tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,3). E questo fatto era come il presagio di quanto avrebbe scritto sugli "arcani" della divinità , molto meglio degli altri. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 13° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 11

1Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella.2Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli; suo fratello Lazzaro era malato.3Le sorelle mandarono dunque a dirgli: "Signore, ecco, il tuo amico è malato".
4All'udire questo, Gesù disse: "Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, perché per essa il Figlio di Dio venga glorificato".5Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro.6Quand'ebbe dunque sentito che era malato, si trattenne due giorni nel luogo dove si trovava.7Poi, disse ai discepoli: "Andiamo di nuovo in Giudea!".8I discepoli gli dissero: "Rabbì, poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?".9Gesù rispose: "Non sono forse dodici le ore del giorno? Se uno cammina di giorno, non inciampa, perché vede la luce di questo mondo;10ma se invece uno cammina di notte, inciampa, perché gli manca la luce".11Così parlò e poi soggiunse loro: "Il nostro amico Lazzaro s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo".12Gli dissero allora i discepoli: "Signore, se s'è addormentato, guarirà".13Gesù parlava della morte di lui, essi invece pensarono che si riferisse al riposo del sonno.14Allora Gesù disse loro apertamente: "Lazzaro è morto15e io sono contento per voi di non essere stato là, perché voi crediate. Orsù, andiamo da lui!".16Allora Tommaso, chiamato Dìdimo, disse ai condiscepoli: "Andiamo anche noi a morire con lui!".
17Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro.18Betània distava da Gerusalemme meno di due miglia19e molti Giudei erano venuti da Marta e Maria per consolarle per il loro fratello.20Marta dunque, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa.21Marta disse a Gesù: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!22Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà".23Gesù le disse: "Tuo fratello risusciterà".24Gli rispose Marta: "So che risusciterà nell'ultimo giorno".25Gesù le disse: "Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà;26chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno. Credi tu questo?".27Gli rispose: "Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo".
28Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: "Il Maestro è qui e ti chiama".29Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui.30Gesù non era entrato nel villaggio, ma si trovava ancora là dove Marta gli era andata incontro.31Allora i Giudei che erano in casa con lei a consolarla, quando videro Maria alzarsi in fretta e uscire, la seguirono pensando: "Va al sepolcro per piangere là".32Maria, dunque, quando giunse dov'era Gesù, vistolo si gettò ai suoi piedi dicendo: "Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!".33Gesù allora quando la vide piangere e piangere anche i Giudei che erano venuti con lei, si commosse profondamente, si turbò e disse:34"Dove l'avete posto?". Gli dissero: "Signore, vieni a vedere!".35Gesù scoppiò in pianto.36Dissero allora i Giudei: "Vedi come lo amava!".37Ma alcuni di loro dissero: "Costui che ha aperto gli occhi al cieco non poteva anche far sì che questi non morisse?".
38Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro; era una grotta e contro vi era posta una pietra.39Disse Gesù: "Togliete la pietra!". Gli rispose Marta, la sorella del morto: "Signore, già manda cattivo odore, poiché è di quattro giorni".40Le disse Gesù: "Non ti ho detto che, se credi, vedrai la gloria di Dio?".41Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: "Padre, ti ringrazio che mi hai ascoltato.42Io sapevo che sempre mi dai ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato".43E, detto questo, gridò a gran voce: "Lazzaro, vieni fuori!".44Il morto uscì, con i piedi e le mani avvolti in bende, e il volto coperto da un sudario. Gesù disse loro: "Scioglietelo e lasciatelo andare".

45Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di quel che egli aveva compiuto, credettero in lui.46Ma alcuni andarono dai farisei e riferirono loro quel che Gesù aveva fatto.47Allora i sommi sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dicevano: "Che facciamo? Quest'uomo compie molti segni.48Se lo lasciamo fare così, tutti crederanno in lui e verranno i Romani e distruggeranno il nostro luogo santo e la nostra nazione".49Ma uno di loro, di nome Caifa, che era sommo sacerdote in quell'anno, disse loro: "Voi non capite nulla50e non considerate come sia meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non perisca la nazione intera".51Questo però non lo disse da se stesso, ma essendo sommo sacerdote profetizzò che Gesù doveva morire per la nazione52e non per la nazione soltanto, ma anche per riunire insieme i figli di Dio che erano dispersi.53Da quel giorno dunque decisero di ucciderlo.
54Gesù pertanto non si faceva più vedere in pubblico tra i Giudei; egli si ritirò di là nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove si trattenne con i suoi discepoli.

55Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione andarono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi.56Essi cercavano Gesù e stando nel tempio dicevano tra di loro: "Che ve ne pare? Non verrà egli alla festa?".57Intanto i sommi sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunziasse, perché essi potessero prenderlo.


Genesi 10

1Questa è la discendenza dei figli di Noè: Sem, Cam e Iafet, ai quali nacquero figli dopo il diluvio.
2I figli di Iafet: Gomer, Magog, Madai, Iavan, Tubal, Mesech e Tiras.
3I figli di Gomer: Àskenaz, Rifat e Togarma.
4I figli di Iavan: Elisa, Tarsis, quelli di Cipro e quelli di Rodi.
5Da costoro derivarono le nazioni disperse per le isole nei loro territori, ciascuno secondo la propria lingua e secondo le loro famiglie, nelle loro nazioni.
6I figli di Cam: Etiopia, Egitto, Put e Canaan.
7I figli di Etiopia: Seba, Avìla, Sabta, Raama e Sàbteca.
I figli di Raama: Saba e Dedan.
8Ora Etiopia generò Nimrod: costui cominciò a essere potente sulla terra.
9Egli era valente nella caccia davanti al Signore, perciò si dice: "Come Nimrod, valente cacciatore davanti al Signore".10L'inizio del suo regno fu Babele, Uruch, Accad e Calne, nel paese di Sennaar.11Da quella terra si portò ad Assur e costruì Ninive, Recobot-Ir e Càlach12e Resen tra Ninive e Càlach; quella è la grande città.
13Egitto generò quelli di Lud, Anam, Laab, Naftuch,14Patros, Casluch e Caftor, da dove uscirono i Filistei.
15Canaan generò Sidone, suo primogenito, e Chet16e il Gebuseo, l'Amorreo, il Gergeseo,17l'Eveo, l'Archita e il Sineo,18l'Arvadita, il Semarita e l'Amatita. In seguito si dispersero le famiglie dei Cananei.19Il confine dei Cananei andava da Sidone in direzione di Gerar fino a Gaza, poi in direzione di Sòdoma, Gomorra, Adma e Zeboim, fino a Lesa.20Questi furono i figli di Cam secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori e nei loro popoli.
21Anche a Sem, padre di tutti i figli di Eber, fratello maggiore di Jafet, nacque una discendenza.
22I figli di Sem: Elam, Assur, Arpacsad, Lud e Aram.
23I figli di Aram: Uz, Cul, Gheter e Mas.
24Arpacsad generò Selach e Selach generò Eber.25A Eber nacquero due figli: uno si chiamò Peleg, perché ai suoi tempi fu divisa la terra, e il fratello si chiamò Joktan.
26Joktan generò Almodad, Selef, Ascarmavet, Jerach,27Adòcam, Uzal, Dikla,28Obal, Abimaèl, Saba,29Ofir, Avìla e Ibab. Tutti questi furono i figli di Joktan;30la loro sede era sulle montagne dell'oriente, da Mesa in direzione di Sefar.
31Questi furono i figli di Sem secondo le loro famiglie e le loro lingue, nei loro territori, secondo i loro popoli.
32Queste furono le famiglie dei figli di Noè secondo le loro generazioni, nei loro popoli. Da costoro si dispersero le nazioni sulla terra dopo il diluvio.


Giobbe 3

1Dopo, Giobbe aprì la bocca e maledisse il suo giorno;2prese a dire:

3Perisca il giorno in cui nacqui
e la notte in cui si disse: "È stato concepito un uomo!".
4Quel giorno sia tenebra,
non lo ricerchi Dio dall'alto,
né brilli mai su di esso la luce.
5Lo rivendichi tenebra e morte,
gli si stenda sopra una nube
e lo facciano spaventoso gli uragani del giorno!
6Quel giorno lo possieda il buio
non si aggiunga ai giorni dell'anno,
non entri nel conto dei mesi.
7Ecco, quella notte sia lugubre
e non entri giubilo in essa.
8La maledicano quelli che imprecano al giorno,
che sono pronti a evocare Leviatan.
9Si oscurino le stelle del suo crepuscolo,
speri la luce e non venga;
non veda schiudersi le palpebre dell'aurora,
10poiché non mi ha chiuso il varco del grembo materno,
e non ha nascosto l'affanno agli occhi miei!
11E perché non sono morto fin dal seno di mia madre
e non spirai appena uscito dal grembo?
12Perché due ginocchia mi hanno accolto,
e perché due mammelle, per allattarmi?
13Sì, ora giacerei tranquillo,
dormirei e avrei pace
14con i re e i governanti della terra,
che si sono costruiti mausolei,
15o con i principi, che hanno oro
e riempiono le case d'argento.
16Oppure, come aborto nascosto, più non sarei,
o come i bimbi che non hanno visto la luce.
17Laggiù i malvagi cessano d'agitarsi,
laggiù riposano gli sfiniti di forze.
18I prigionieri hanno pace insieme,
non sentono più la voce dell'aguzzino.
19Laggiù è il piccolo e il grande,
e lo schiavo è libero dal suo padrone.
20Perché dare la luce a un infelice
e la vita a chi ha l'amarezza nel cuore,
21a quelli che aspettano la morte e non viene,
che la cercano più di un tesoro,
22che godono alla vista di un tumulo,
gioiscono se possono trovare una tomba...
23a un uomo, la cui via è nascosta
e che Dio da ogni parte ha sbarrato?
24Così, al posto del cibo entra il mio gemito,
e i miei ruggiti sgorgano come acqua,
25perché ciò che temo mi accade
e quel che mi spaventa mi raggiunge.
26Non ho tranquillità, non ho requie,
non ho riposo e viene il tormento!


Salmi 100

1'Salmo. In rendimento di grazie.'

2Acclamate al Signore, voi tutti della terra,
servite il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza.

3Riconoscete che il Signore è Dio;
egli ci ha fatti e noi siamo suoi,
suo popolo e gregge del suo pascolo.

4Varcate le sue porte con inni di grazie,
i suoi atri con canti di lode,
lodatelo, benedite il suo nome;
5poiché buono è il Signore,
eterna la sua misericordia,
la sua fedeltà per ogni generazione.


Isaia 6

1Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio.2Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava.3Proclamavano l'uno all'altro:

"Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti.
Tutta la terra è piena della sua gloria".

4Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo.5E dissi:

"Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti".

6Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare.7Egli mi toccò la bocca e mi disse:

"Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua iniquità
e il tuo peccato è espiato".
8Poi io udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderò e chi andrà per noi?". E io risposi: "Eccomi, manda me!".9Egli disse: "Va' e riferisci a questo popolo:

Ascoltate pure, ma senza comprendere,
osservate pure, ma senza conoscere.
10Rendi insensibile il cuore di questo popolo,
fallo duro d'orecchio e acceca i suoi occhi
e non veda con gli occhi
né oda con gli orecchi
né comprenda con il cuore
né si converta in modo da esser guarito".

11Io dissi: "Fino a quando, Signore?". Egli rispose:

"Finché non siano devastate
le città, senza abitanti,
le case senza uomini
e la campagna resti deserta e desolata".
12Il Signore scaccerà la gente
e grande sarà l'abbandono nel paese.
13Ne rimarrà una decima parte,
ma di nuovo sarà preda della distruzione
come una quercia e come un terebinto,
di cui alla caduta resta il ceppo.
Progenie santa sarà il suo ceppo.


Lettera ai Filippesi 1

1Paolo e Timoteo, servi di Cristo Gesù, a tutti i santi in Cristo Gesù che sono a Filippi, con i vescovi e i diaconi.2Grazia a voi e pace da Dio, Padre nostro, e dal Signore Gesù Cristo.

3Ringrazio il mio Dio ogni volta ch'io mi ricordo di voi,4pregando sempre con gioia per voi in ogni mia preghiera,5a motivo della vostra cooperazione alla diffusione del vangelo dal primo giorno fino al presente,6e sono persuaso che colui che ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù.7È giusto, del resto, che io pensi questo di tutti voi, perché vi porto nel cuore, voi che siete tutti partecipi della grazia che mi è stata concessa sia nelle catene, sia nella difesa e nel consolidamento del vangelo.8Infatti Dio mi è testimonio del profondo affetto che ho per tutti voi nell'amore di Cristo Gesù.9E perciò prego che la vostra carità si arricchisca sempre più in conoscenza e in ogni genere di discernimento,10perché possiate distinguere sempre il meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo,11ricolmi di quei frutti di giustizia che si ottengono per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio.

12Desidero che sappiate, fratelli, che le mie vicende si sono volte piuttosto a vantaggio del vangelo,13al punto che in tutto il pretorio e dovunque si sa che sono in catene per Cristo;14in tal modo la maggior parte dei fratelli, incoraggiati nel Signore dalle mie catene, ardiscono annunziare la parola di Dio con maggior zelo e senza timore alcuno.15Alcuni, è vero, predicano Cristo anche per invidia e spirito di contesa, ma altri con buoni sentimenti.16Questi lo fanno per amore, sapendo che sono stato posto per la difesa del vangelo;17quelli invece predicano Cristo con spirito di rivalità, con intenzioni non pure, pensando di aggiungere dolore alle mie catene.18Ma questo che importa? Purché in ogni maniera, per ipocrisia o per sincerità, Cristo venga annunziato, io me ne rallegro e continuerò a rallegrarmene.19So infatti che tutto 'questo servirà alla mia salvezza', grazie alla vostra preghiera e all'aiuto dello Spirito di Gesù Cristo,20secondo la mia ardente attesa speranza che in nulla rimarrò confuso; anzi nella piena fiducia che, come sempre, anche ora Cristo sarà glorificato nel mio corpo, sia che io viva sia che io muoia.
21Per me infatti il vivere è Cristo e il morire un guadagno.22Ma se il vivere nel corpo significa lavorare con frutto, non so davvero che cosa debba scegliere.23Sono messo alle strette infatti tra queste due cose: da una parte il desiderio di essere sciolto dal corpo per essere con Cristo, il che sarebbe assai meglio;24d'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne.25Per conto mio, sono convinto che resterò e continuerò a essere d'aiuto a voi tutti, per il progresso e la gioia della vostra fede,26perché il vostro vanto nei miei riguardi cresca sempre più in Cristo, con la mia nuova venuta tra voi.

27Soltanto però comportatevi da cittadini degni del vangelo, perché nel caso che io venga e vi veda o che di lontano senta parlare di voi, sappia che state saldi in un solo spirito e che combattete unanimi per la fede del vangelo,28senza lasciarvi intimidire in nulla dagli avversari. Questo è per loro un presagio di perdizione, per voi invece di salvezza, e ciò da parte di Dio;29perché a voi è stata concessa la grazia non solo di credere in Cristo; ma anche di soffrire per lui,30sostenendo la stessa lotta che mi avete veduto sostenere e che ora sentite dire che io sostengo.


Capitolo XL: Nulla di buono ha l’uomo da sé, e di nulla può vantarsi

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1. "O Signore, che cosa è l'uomo, che tu abbia a ricordarti di lui? Che cosa è il figlio dell'uomo, che tu venga a lui?" (Sal 8,5). Quali meriti ha mai l'uomo, perché tu gli dia la tua grazia? O Signore, di che posso lamentarmi se mi abbandoni; che cosa posso, a buon diritto, addurre se tu non mi concedi quello che chiedo? Soltanto questo, in verità, posso dire, con certezza, in cuor mio: Signore, nulla io sono, nulla posso, nulla di buono io ho da me stesso; anzi fallisco in ogni cosa, tendendo sempre al nulla. Se non vengo aiutato da te e plasmato interiormente, mi infiacchisco totalmente e mi abbandono. "Invece tu, o Signore, sei sempre te stesso e tale resti in eterno" (Sal 101, 28.31), immutabilmente buono, giusto, santo, talché fai e disponi ogni cosa con sapienza. Io, invece, essendo più pronto a regredire che ad avanzare, non mi mantengo sempre nella stessa condizione; che anzi "sette tempi diversi passano sopra di me" (Dn 4, 13.20.22); anche se il mio stato può, d'un tratto, mutarsi in meglio, non appena tu lo vuoi, e mi porgi la mano soccorritrice. Da te solo, infatti, non già dall'uomo soccorso, mi può venire l'aiuto e il dono della fermezza, cosicché la mia faccia non muti continuamente, e il mio cuore si volga solo a te, e in te trovi pace. Dunque, se io fossi capace di disprezzare ogni consolazione degli uomini - sia per conseguire maggior fervore, sia per rispondere al bisogno di cercare te, in mancanza di chi mi possa confortare - allora potrei fondatamente sperare nella tua grazia ed esultare del dono di una rinnovellata consolazione.

2. Siano rese grazie a te; a te dal quale tutto discende, se qualcosa di buono mi accade. Ché io non sono altro che vanità, "anzi un nulla, al tuo cospetto" (Sal 38, 6), un uomo incostante e debole. Di che cosa posso io vantarmi; come posso pretendere di essere stimato? Forse per quel nulla che io sono? Sarebbe vanità sempre più grande. O veramente vuota vanteria, peste infame, massima presunzione, che distoglie dalla vera gloria, privandoci della grazia del cielo. Giacché mentre si compiace di se stesso, l'uomo dispiace a te; mentre ambisce ad essere lodato dagli altri, si spoglia della vera virtù. Vera gloria, invece, e gaudio santo, è gloriarci in te, non in noi; trovare compiacimento nel tuo nome, non nella nostra virtù; non cercare diletto in alcuna creatura, se non per te. Sia lodato il tuo nome, non il mio; siano esaltate le tue opere, non le mie; sia benedetto il tuo nome santo, e a me non sia data lode alcuna da parte degli uomini. Tu sei la mia gloria e la gioia del mio cuore; in te esulterò e mi glorierò sempre: "per nulla invece in me, se non nella mia debolezza" ("Cor 12,5). Lasciando ai Farisei il cercare gloria gli uni dagli altri, io cercherò quella gloria che viene solo da Dio. A confronto della tua gloria eterna, è vanità e stoltezza ogni lode che viene dagli uomini, ogni onore di quaggiù, ogni mondana grandezza. O mia verità e mia misericordia, mio Dio, Trinità beata, a te solo sia lode, onore, virtù e gloria, per gli infiniti secoli dei secoli!


LETTERA 110: Agostino risponde a Severo, sostenendo l'infondatezza delle sue lodi, anche se sincere.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta poco dopo la precedente.

Agostino risponde a Severo, sostenendo l'infondatezza delle sue lodi, anche se sincere (n. 1-4). Chiede infine venia per non poter inviare lettere più lunghe (n. 5-6).

A SEVERO BEATISSIMO E DOLCISSIMO SIGNORE, VENERATO E AMATISSIMO FRATELLO E COLLEGA D'EPISCOPATO, E AI FRATELLI CHE SONO CON LUI, AGOSTINO E I FRATELLI CHE SON CON LUI AUGURANO SALUTE NEL SIGNORE

Agostino è debitore verso Severo.

1. La mia lettera, che ti è stata recapitata dal carissimo figlio e collega di ministero, il diacono Timoteo, era già pronta per lui al momento in cui stava per partire, quando arrivarono da noi con la tua i nostri figli Quodvultdeus e Gaudenzio. È successo quindi che Timoteo dopo il loro arrivo si è trattenuto presso di noi solo per brevissimo tempo, dando l'impressione di essere sul punto di partire da un momento all'altro; ecco perché non poté recapitarti la mia risposta. Ma quand'anche te l'avessi inviata per mezzo di lui, sarei rimasto ancora in debito con te. In realtà anche adesso, pur dopo averti risposto, mi pare di essere ancora in debito, non dico della carità di cui siamo tanto più debitori quanto più la dispensiamo e di cui l'Apostolo dimostra che siamo sempre debitori, quando dice: Non rimanete verso alcuno debitori se non di amarvi a vicenda 1; ma a motivo della tua stessa lettera. E quando mai sarò in grado di risponderti con la stessa dolcezza e lo stesso vivissimo desiderio del tuo animo, rivelato dalla tua lettera? D'accordo: m'ha rivelato di te una cosa che sapevo già assai bene, ma quantunque non mi indichi nulla di nuovo, esige pur tuttavia ch'io ti dia una nuova risposta!

Gli elogi dell'amico sono eccessivi sebbene schietti.

2. Forse ti stupisci che mi dichiari incapace di soddisfare un tale debito, mentre tu hai un sì alto concetto di me e mi conosci come io conosco me stesso; ma è proprio questo a procurarmi l'imbarazzo di rispondere alla tua lettera. Poiché, quanto tu mi sembri degno di stima, m'astengo dal dirtelo, per non offendere la tua modestia; se, d'altra parte, dicessi meno di quanto sarebbe doveroso, come non rimarrei in debito dopo l'esaltazione che hai fatto di me? Ma non mi darei pensiero di ciò, se gli elogi rivoltimi li sapessi dettati non da schiettissima carità, ma dall'adulazione, nemica dell'amicizia. In tal caso non sarei debitore, perché non dovrei risponderti sullo stesso tono; ma quanto più conosco con quale sincerità tu parli, tanto più capisco quanto grave sia il mio debito.

Elogi sinceri ma non sempre veritieri.

3. Guarda poi che cosa mi è accaduto: mi sono lodato in certo qual modo da me stesso col dire d'essere stato lodato da te con sincerità. D'altronde, però, cosa avrei dovuto dire di diverso da quello che ho già insinuato di te, che ti conosci meglio di me? Ma con ciò mi pongo una nuova questione, da te non affacciata, di cui forse aspetti la soluzione; mi pareva sì poca cosa essere debitore, se non mi fossi addossato da me stesso un altro debito ancora più pesante! È facile però mostrare e, anche se non lo mostrassi, ti sarebbe facile capire, come possano dirsi cose vere senza sincerità e cose non vere con sincerità. Mi spiego: chi parla come pensa, anche se dice cose non vere, parla con sincerità; chi invece non crede a quanto dice, anche se parla di cose vere, parla senza sincerità. Orbene, dubito forse io che tu non creda ai pregi che mi attribuisci nella tua lettera? Tutt'altro! Siccome però io non riscontro affatto in me tali pregi, hai potuto benissimo dire con sincerità cose non vere sul mio conto.

L'affetto fa velo al giudizio.

4. Desidero però che tu non cada in errore neppure per l'affetto che mi porti, per il quale ti sono comunque debitore, poiché potrei dire sul tuo conto con sincero affetto cose vere, qualora, come ho detto più sopra, non avessi riguardo alla tua modestia. Io, invece, quando ricevo lodi da una persona come te, stretto a me intimamente da affetto più che fraterno, le considero come se me le fossi rivolte io stesso. Vedi come ciò sia molesto anche nel caso che si parlasse di pregi reali. Quanto più dunque lo è, dal momento che tu, dato che sei come un'altra anima mia, dato anzi che le nostre anime sono una sola cosa, ti puoi ingannare immaginando ch'io abbia pregi che non ho affatto, allo stesso modo che ognuno può ingannarsi riguardo a se stesso. Orbene, questo io non lo permetto, non solo perché una persona come te, tanto a me cara, non resti ingannata, ma perché non preghi pure di meno onde io diventi quale tu credi ch'io sia. Io inoltre non ti sono debitore fino al punto che, oltrepassando i limiti dell'affetto, creda ed esalti pregi, che tu stesso sai di non possedere ancora: io arrivo solo, con animo altrettanto affettuoso, ad esaltare, come doni di Dio, le buone qualità che sono certo si trovino in te realmente. Faccio così non solo per non ingannarmi a proposito di esse, ma anche perché, sentendoti lodato da me, tu non abbia l'impressione d'esserti lodato da te stesso, e inoltre anche per una norma di giustizia, in base alla quale non voglio che si agisca così. Se per pura ipotesi si dovesse agire così preferirei essere io debitore, fino a quando non fossi convinto del contrario; se invece non si deve agire così non sono neppure debitore.

In ogni cosa occorre rispettare l'ordine della carità e della giustizia.

5. Ma so già cosa puoi rispondermi: '' Tu dici così, come se io avessi desiderato una tua lunga lettera d'elogio per me ". Dio mi guardi dal pensare di te una cosa simile, ma la tua lettera, piena di elogi (non voglio dire quanto veri e quanto non veri nei miei riguardi) reclamava la mia disapprovazione, anche se ciò ti dispiace. Infatti, se tu volevi ch'io scrivessi qualcosa di diverso, avresti desiderato che io facessi dei doni invece che saldare un debito. Ora, la regola della giustizia esige che soddisfacciamo anzitutto il debito e poi facciamo, se ci piace, anche un dono al creditore. D'altronde, se ben consideri i precetti del Signore, anche scrivendo come tu desideri, noi compiamo il dovere di rendere piuttosto che quello di concedere; tant'è vero che non dobbiamo avere verso gli altri nessun altro obbligo che quello d'amarci a vicenda. Lo stesso amore infatti reclama l'obbligo di servire con carità i fratelli e di aiutare, per quanto possiamo, chi vuol essere aiutato rettamente. Ma, caro fratello, io credo che tu pure sappia quante faccende ho tra le mani, per cui, dati i diversi impegni annessi inevitabilmente al nostro ufficio, mi rimangono solo pochissime stille di tempo; ora, se impegnassi anche queste in altre faccende, mi parrebbe di mancare al mio dovere.

Non si sottragga tempo per le molteplici occupazioni del ministero.


6. Si, lo confesso: ti sono debitore di scriverti una lunga lettera, come tu desideri; ne sono debitore alla tua sì dolce, sincera e pura Benevolenza! Siccome però tu sei un fedele amante della giustizia, t'esorto ad ascoltare da me le seguenti considerazioni sulla virtù da te amata. Tu comprendi bene che il dovere che ho verso di te e gli altri è più importante di quello che ho verso te solo. D'altra parte io non dispongo di tempo bastante per tutti i miei doveri, neppure per i più importanti. Per questo motivo tutti i miei più cari ed intimi amici, tra cui tu sei uno dei primi nel nome di Cristo, farebbero un'azione veramente eccellente non solo a non impormi di scrivere altre cose, ma altresì a distogliere pure gli altri dal farlo, usando tutta l'autorità e la santa benignità possibile; così non sembrerò crudele se non soddisferò tutte le richieste dei singoli, dovendo piuttosto soddisfare i miei doveri verso tutti. Finalmente, quando la tua Reverenza giungerà da noi (come speriamo anche in virtù della promessa fattaci), ti potrai rendere conto in quante opere letterarie e quanto io sia occupato. Allora farai con molto maggior premura quanto ti ho chiesto, di distogliere cioè quanti altri potrai dallo scrivermi. Dio, nostro Signore, riempia della sua grazia il seno del tuo cuore, da Lui creato così grande e santo!

 


1 - Rm 13, 8.


Capitolo XLIV: Non ci si deve attaccare alle cose esteriori

Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis

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1. O figlio, molte cose occorre che tu le ignori, considerandoti come morto su questa terra, come uno per cui il mondo intero è crocifisso; molte altre cose, occorre che tu vi passi in mezzo, senza prestare ascolto, meditando piuttosto su ciò che costituisce la tua pace. Giova di più distogliere lo sguardo da ciò che non approviamo, lasciando che ciascuno si tenga il suo parere, piuttosto che metterci in accanite discussioni. Se sarai in regola con Dio e terrai conto del suo giudizio, riporterai più facilmente la vittoria.

2. Signore, a che punto siamo arrivati? Ecco per una perdita nelle cose di questo mondo, si piange; per un piccolo guadagno ci si affatica e si corre. Invece un danno spirituale passa nell'oblio, e a stento, troppo tardi, si ritorna in sé. Ci si preoccupa di ciò che non serve a nulla o a ben poco; e ciò che è sommamente necessario lo si lascia da parte con negligenza. Giacché l'uomo inclina tutto verso le cose esteriori, e beatamente vi si acquieta, se subito non si ravvede.


2-31 Giugno 8, 1899 Gesù succhia a lei, e lei succhia al petto di Gesù.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Il mio adorabile Gesù continua ancora a farsi vedere tutto benignità e dolcezza. Questa mattina, mentre mi trovavo insieme con Lui, di nuovo ha replicato: “Dimmi, che vuoi?” Ed io subito ho detto: “Gesù mio caro, quello che vorrei davvero, è che tutto il mondo si convertisse”. (Che domanda spropositata) Ma pure il mio amante Gesù mi ha detto:

(2) “Ti contenterei purché tutti avessero la buona volontà di salvarsi, eppure, per farti vedere che volentieri consentirei a tutto ciò che hai detto, andiamo insieme in mezzo al mondo e tutti quelli che troveremo con la buona volontà di salvarsi, per quanto cattivi fossero, Io te li darò”.

(3) Così siamo usciti in mezzo alle gente, per vedere chi avesse la buona volontà di salvarsi e per nostro sommo dispiacere abbiamo trovato un numero tanto scarsissimo, che fa pena al solo pensarlo. E tra questo scarsissimo numero vi era il mio confessore e la maggior parte dei sacerdoti e parte degli di voti, ma non tutti di Corato. Poi mi ha fatto vedere le varie offese che riceveva, io l’ho pregato che mi facesse parte delle sue sofferenze e Gesù ha versato dalla sua bocca nella mia le sue amarezze. Dopo ciò mi ha detto:

(4) “Figlia mia, mi sento la bocca troppo amareggiata, deh! ti prego a raddolcirla”.

(5) Io le ho detto: “Volentieri vi sarei dato tutto, ma non ho niente, ditemi Voi stesso che cosa vi potrei dare?” E Lui mi ha detto:

(6) “Fammi succhiare il latte delle tue mammelle, che così potrai raddolcirmi”.

(7) E nell’atto stesso di dire, si è coricato fra le braccia e si è messo a succhiare. Mentre ciò faceva mi è venuto un timore, ancora non fosse il bambino Gesù, ma il demonio, perciò ho messo la mia mano sulla sua fronte e l’ho segnato con la croce: “Per signum Crucis”. E Gesù mi ha guardato tutto festoso, e nell’atto stesso di succhiare sorrideva e con quegli occhi vivaci pareva che mi diceva: “Non sono demonio, non sono demonio”.

(8) Dopo che pareva che s’era saziato, si è alzato in piedi in braccia a me stessa, e tutta mi baciava. Ora sentendomi anch’io la bocca amara per le amarezze che aveva versato in me, mi sentivo venire la voglia di succhiare alle mammelle di Gesù, ma non ardivo, ma Gesù mi ha invitato a farlo e così ho preso coraggio e mi sono messa a succhiare, oh! che dolcezza di paradiso veniva da quel petto santo, ma chi può dirle? Così mi sono trovata in me stessa, tutta inondata di dolcezze e di contenti.

(9) Ora mi spiego, che quando succede questo succhiare dalle mie mammelle, Gesù, il corpo non ne partecipa niente, affatto è quando mi trovo fuori di me stessa, pare che la cosa succede solo tra l’anima e Gesù, e Lui quando vuol fare questo, è sempre da bambino. E’ tanto certo che è la sola anima e non il corpo, che quando succede questo, io mi trovo sempre o nella volta dei cieli, oppure girando per altri punti della terra. Siccome poi, qualche volta ho detto che ritornando in me stessa vi sentivo un dolore a quella parte che il bambino Gesù aveva succhiato, perché nel succhiare che faceva, pareva delle volte che faceva un po’ forte, tanto che in quei succhi pareva che si volesse tirare il cuore da dentro il petto. Quindi avvertivo sensibilmente un dolore e l’anima ritornando in me stessa le partecipava al corpo.

(10) Questo poi succede anche alle altre cose, come per esempio quando il Signore mi trasporta fuori di me stessa e mi fa partecipe della crocifissione. Gesù stesso mi distende sulla croce, mi trapassa le mani ed i piedi coi chiodi, vi sento tale un dolore, da sentirmi morire. Poi, trovandomi in me stessa, li sento ben bene al corpo, tanto vero, da non poter muovere le dita, il braccio e così delle altre sofferenze che il Signore mi fa partecipe, che dire tutto, andrei troppo per le lunghe.

(11) Ricordo pure che mentre Gesù faceva questo di succhiare alle mammelle, là metteva la bocca, ma dal cuore mi sentivo tirare quella cosa che succhiava, tanto, che mentre ciò faceva, delle volte mi sentivo strappare il cuore dal petto e qualche volta provando vivissimo dolore le dicevo: “Carino mio, davvero che sei troppo impertinente! fate più quieto, che mi duole assai”. E Lui se la rideva.

(12) Così pure quando mi trovo io a succhiare a Gesù, è dal suo cuore che tiro quel latte, oppure sangue, tanto che per me, com’è succhiare al petto di Gesù, così è se bevo al costato. Aggiungo pure un’altra cosa, siccome il Signore di tanto in tanto si benigna di versare dalla bocca un latte dolcissimo, oppure di farmi bere al suo costato il suo preziosissimo sangue, quando fa questo di voler succhiare a me, non altro si succhia, che quello stesso che Lui mi ha dato, perché io non ho niente come raddolcirlo, ma ci ho molto come amareggiarlo. Tanto vero, che delle volte nell’atto stesso che Lui succhiava a me, io succhiavo a Gesù e avvertivo chiaro non essere altro ciò che tirava da me, se non quello stesso che Lui mi dava, pare che mi sono spiegata abbastante per quanto ho potuto.