Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

La Chiesa ha bisogno di « rinnovamento ». Rin­novamento non significa mutare alcune abitudini o alcune preghiere. Rinnovamento è fedeltà  allo spirito delle costituzioni, uno spirito che ricerca la santità  mediante una vita povera e umile, mediante l'eserci­zio di una carità  sincera e paziente, mediante il sacri­ficio spontaneo e la generosità  del cuore e che trova la sua espressione nella purezza e nell'innocenza. (Madre Teresa di Calcutta)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 13° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 22

1Gesù riprese a parlar loro in parabole e disse:2"Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.3Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire.4Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e i miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze.5Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari;6altri poi presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.
7Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città.8Poi disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni;9andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.10Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali.11Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l'abito nuziale,12gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz'abito nuziale? Ed egli ammutolì.13Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti.14Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti".

15Allora i farisei, ritiratisi, tennero consiglio per vedere di coglierlo in fallo nei suoi discorsi.16Mandarono dunque a lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: "Maestro, sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità e non hai soggezione di nessuno perché non guardi in faccia ad alcuno.17Dicci dunque il tuo parere: È lecito o no pagare il tributo a Cesare?".18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: "Ipocriti, perché mi tentate?19Mostratemi la moneta del tributo". Ed essi gli presentarono un denaro.20Egli domandò loro: "Di chi è questa immagine e l'iscrizione?".21Gli risposero: "Di Cesare". Allora disse loro: "Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio".22A queste parole rimasero sorpresi e, lasciatolo, se ne andarono.

23In quello stesso giorno vennero a lui dei sadducei, i quali affermano che non c'è risurrezione, e lo interrogarono:24"Maestro, Mosè ha detto: 'Se qualcuno muore senza figli, il fratello ne sposerà la vedova e così susciterà una discendenza al suo fratello'.25Ora, c'erano tra noi sette fratelli; il primo appena sposato morì e, non avendo discendenza, lasciò la moglie a suo fratello.26Così anche il secondo, e il terzo, fino al settimo.27Alla fine, dopo tutti, morì anche la donna.28Alla risurrezione, di quale dei sette essa sarà moglie? Poiché tutti l'hanno avuta".29E Gesù rispose loro: "Voi vi ingannate, non conoscendo né le Scritture né la potenza di Dio.30Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli nel cielo.31Quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto quello che vi è stato detto da Dio:32'Io sono il Dio di Abramo e il Dio di Isacco e il Dio di Giacobbe?' Ora, non è Dio dei morti, ma dei vivi".33Udendo ciò, la folla era sbalordita per la sua dottrina.

34Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme35e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova:36"Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?".37Gli rispose: "'Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima' e con tutta la tua mente.38Questo è il più grande e il primo dei comandamenti.39E il secondo è simile al primo: 'Amerai il prossimo tuo come te stesso'.40Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti".

41Trovandosi i farisei riuniti insieme, Gesù chiese loro:42"Che ne pensate del Messia? Di chi è figlio?". Gli risposero: "Di Davide".43Ed egli a loro: "Come mai allora Davide, sotto ispirazione, lo chiama Signore, dicendo:

44'Ha detto il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi piedi?'

45Se dunque Davide lo chiama Signore, come può essere suo figlio?".46Nessuno era in grado di rispondergli nulla; e nessuno, da quel giorno in poi, osò interrogarlo.


Giosuè 9

1Non appena ebbero udito questi fatti, tutti i re che si trovavano oltre il Giordano, nella zona montuosa, nel bassopiano collinoso e lungo tutto il litorale del Mar Mediterraneo verso il Libano, gli Hittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei, i Gebusei,2si allearono per far guerra di comune accordo contro Giosuè e Israele.
3Invece gli abitanti di Gàbaon, quando ebbero sentito ciò che Giosuè aveva fatto a Gèrico e ad Ai,4ricorsero da parte loro ad un'astuzia: andarono a rifornirsi di vettovaglie, presero sacchi sdrusciti per i loro asini, otri di vino consunti, rotti e rappezzati,5si misero ai piedi sandali strappati e ricuciti, addosso vestiti logori. Tutto il pane della loro provvigione era secco e sbriciolato.6Andarono poi da Giosuè all'accampamento di Gàlgala e dissero a lui e agli Israeliti: "Veniamo da un paese lontano; stringete con noi un'alleanza".7La gente di Israele rispose loro: "Forse abitate in mezzo a noi e come possiamo stringere alleanza con voi?".8Risposero a Giosuè: "Noi siamo tuoi servi!" e Giosuè chiese loro: "Chi siete e da dove venite?".9Gli risposero: "I tuoi servi vengono da un paese molto lontano, a causa del nome del Signore Dio tuo, poiché abbiamo udito della sua fama, di quanto ha fatto in Egitto,10di quanto ha fatto ai due re degli Amorrei, che erano oltre il Giordano, a Sicon, re di Chesbon, e ad Og, re di Basan, che era ad Astarot.11Ci dissero allora i nostri vecchi e tutti gli abitanti del nostro paese: Rifornitevi di provviste per la strada, andate loro incontro e dite loro: Noi siamo servi vostri, stringete dunque un'alleanza con noi.12Questo è il nostro pane: caldo noi lo prendemmo come provvista nelle nostre case quando uscimmo per venire da voi e ora eccolo secco e ridotto in briciole;13questi otri di vino, che noi riempimmo nuovi, eccoli rotti e questi nostri vestiti e i nostri sandali sono consunti per il cammino molto lungo".14La gente allora prese le loro provviste senza consultare l'oracolo del Signore.15Giosuè fece pace con loro e stipulò l'alleanza di lasciarli vivere; i capi della comunità s'impegnarono verso di loro con giuramento.
16Tre giorni dopo avere stipulato con essi il patto, gli Israeliti vennero a sapere che quelli erano loro vicini e abitavano in mezzo a loro.17Allora gli Israeliti partirono e il terzo giorno entrarono nelle loro città: le loro città erano Gàbaon, Chefira, Beerot e Kiriat-Iarim.18Ma gli Israeliti non li uccisero, perché i capi della comunità avevano loro giurato per il Signore, Dio di Israele, e tutta la comunità si lamentò dei capi.
19Dissero allora tutti i capi dell'intera comunità: "Noi abbiamo loro giurato per il Signore, Dio di Israele, e ora non possiamo colpirli.20Faremo loro questo: li lasceremo vivere e così non ci sarà su di noi lo sdegno, a causa del giuramento che abbiamo loro prestato".21Ma aggiunsero i capi: "Vivano pure, siano però tagliatori di legna e portatori d'acqua per tutta la comunità". Come i capi ebbero loro parlato,22Giosuè chiamò i Gabaoniti e disse loro: "Perché ci avete ingannati, dicendo: Noi abitiamo molto lontano da voi, mentre abitate in mezzo a noi?23Orbene voi siete maledetti e nessuno di voi cesserà di essere schiavo e di tagliar legna e di portare acqua per la casa del mio Dio".24Risposero a Giosuè e dissero: "Era stato riferito ai tuoi servi quanto il Signore Dio tuo aveva ordinato a Mosè suo servo, di dare cioè a voi tutto il paese e di sterminare dinanzi a voi tutti gli abitanti del paese; allora abbiamo avuto molto timore per le nostre vite a causa vostra e perciò facemmo tal cosa.25Ora eccoci nelle tue mani, trattaci pure secondo quanto è buono e giusto ai tuoi occhi".26Li trattò allora in questo modo: li salvò dalla mano degli Israeliti, che non li uccisero;27e in quel giorno, Giosuè li costituì tagliatori di legna e portatori di acqua per la comunità e per l'altare del Signore, nel luogo che Egli avrebbe scelto, fino ad oggi.


Siracide 32

1Ti hanno fatto capotavola? Non esaltarti;
comportati con gli altri come uno di loro.
Pensa a loro e poi mettiti a tavola;
2quando avrai assolto il tuo compito, accòmodati
per ricrearti con loro
e ricevere la corona per la tua cortesia.
3Parla, o anziano, ciò ti s'addice,
ma con discrezione e non disturbare la musica.
4Quando ascolti non effonderti in chiacchiere,
non fare fuori luogo il sapiente.
5Sigillo di rubino in un anello d'oro
è un concerto musicale in un banchetto.
6Sigillo di smeraldo in una guarnizione d'oro
è la melodia dei canti unita alla dolcezza del vino.
7Parla, giovinetto, se è necessario,
ma appena un paio di volte, se interrogato.
8Compendia il tuo discorso, molte cose in poche parole;
compòrtati come uno che sa ma che tace.
9Fra i grandi non crederti loro uguale,
se un altro parla, non ciarlare troppo.
10Prima del tuono viene la folgore,
la grazia precede l'uomo modesto.
11All'ora stabilita àlzati e non restare per ultimo,
corri a casa e non indugiare.
12Là divèrtiti e fa' quello che desideri,
ma non peccare con un discorso arrogante.
13Per tutto ciò benedici chi ti ha creato,
chi ti colma dei suoi benefici.

14Chi teme il Signore accetterà la correzione,
coloro che lo ricercano troveranno il suo favore.
15Chi indaga la legge ne sarà appagato,
ma l'ipocrita vi troverà motivo di scandalo.
16Quanti temono il Signore troveranno la giustizia,
le loro virtù brilleranno come luci.
17Un uomo peccatore schiva il rimprovero,
trova scuse secondo i suoi capricci.
18Un uomo assennato non trascura l'avvertimento,
quello empio e superbo non prova alcun timore.
19Non far nulla senza riflessione,
alla fine dell'azione non te ne pentirai.
20Non camminare in una via piena d'ostacoli,
per non inciampare contro i sassi.
21Non fidarti di una via senza inciampi,
22e guàrdati anche dai tuoi figli.
23In ogni azione abbi fiducia in te stesso,
poiché anche questo è osservare i comandamenti.
24Chi crede alla legge è attento ai comandamenti,
chi confida nel Signore non resterà deluso.


Salmi 47

1'Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.'

2Applaudite, popoli tutti,
acclamate Dio con voci di gioia;
3perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
re grande su tutta la terra.

4Egli ci ha assoggettati i popoli,
ha messo le nazioni sotto i nostri piedi.
5La nostra eredità ha scelto per noi,
vanto di Giacobbe suo prediletto.
6Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.

7Cantate inni a Dio, cantate inni;
cantate inni al nostro re, cantate inni;
8perché Dio è re di tutta la terra,
cantate inni con arte.

9Dio regna sui popoli,
Dio siede sul suo trono santo.
10I capi dei popoli si sono raccolti
con il popolo del Dio di Abramo,
perché di Dio sono i potenti della terra:
egli è l'Altissimo.


Ezechiele 12

1Questa parola del Signore mi fu riferita:2"Figlio dell'uomo, tu abiti in mezzo a una genìa di ribelli, che hanno occhi per vedere e non vedono, hanno orecchi per udire e non odono, perché sono una genìa di ribelli.
3Tu, figlio dell'uomo, fa' il tuo bagaglio da deportato e, di giorno davanti ai loro occhi, prepàrati a emigrare; emigrerai dal luogo dove stai verso un altro luogo, davanti ai loro occhi: forse comprenderanno che sono una genìa di ribelli.4Prepara di giorno il tuo bagaglio, come il bagaglio d'un esiliato, davanti ai loro occhi; uscirai però al tramonto, davanti a loro, come partirebbe un esiliato.5Fa' alla loro presenza un'apertura nel muro ed esci di lì.6Mettiti alla loro presenza il bagaglio sulle spalle ed esci nell'oscurità: ti coprirai la faccia in modo da non vedere il paese, perché io ho fatto di te un simbolo per gli Israeliti".
7Io feci come mi era stato comandato: preparai di giorno il mio bagaglio come il bagaglio d'un esiliato e sul tramonto feci un foro nel muro con le mani, uscii nell'oscurità e mi misi il bagaglio sulle spalle sotto i loro occhi.
8Al mattino mi fu rivolta questa parola del Signore:9"Figlio dell'uomo, non t'ha chiesto il popolo d'Israele, quella genìa di ribelli, che cosa stai facendo?10Rispondi loro: Così dice il Signore Dio: Quest'oracolo è per il principe di Gerusalemme e per tutti gli Israeliti che vi abitano.
11Tu dirai: Io sono un simbolo per voi; infatti quello che ho fatto a te, sarà fatto a loro; saranno deportati e andranno in schiavitù.12Il principe, che è in mezzo a loro si caricherà il bagaglio sulle spalle, nell'oscurità, e uscirà per la breccia che verrà fatta nel muro per farlo partire; si coprirà il viso, per non vedere con gli occhi il paese.13Ma io tenderò la mia rete contro di lui ed egli rimarrà preso nei miei lacci: lo condurrò in Babilonia, nel paese dei Caldei, ma egli non la vedrà e là morirà.14Disperderò ad ogni vento quanti sono intorno a lui, le sue guardie e tutte le sue truppe, e snuderò dietro a loro la spada.15Allora sapranno che io sono il Signore, quando li avrò dispersi fra le genti e li avrò disseminati in paesi stranieri.16Tuttavia ne risparmierò alcuni, superstiti alla spada, alla fame e alla peste, perché raccontino tutte le loro scelleratezze alle genti fra le quali andranno e anch'esse sappiano che io sono il Signore".
17Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, mangia il pane con paura e bevi l'acqua con trepidazione e con angoscia.19Al popolo del paese dirai: Così dice il Signore Dio agli abitanti di Gerusalemme, al paese d'Israele: Mangeranno il loro pane nell'angoscia e berranno la loro acqua nella desolazione, perché la loro terra sarà spogliata della sua abbondanza per l'empietà di tutti i suoi abitanti.20Le città popolose saranno distrutte e la campagna ridotta a un deserto: saprete che io sono il Signore".

21Mi fu ancora rivolta questa parola del Signore:22"Figlio dell'uomo, che cos'è questo proverbio che si va ripetendo nel paese di Israele: Passano i giorni e ogni visione svanisce?23Ebbene, riferisci loro: Così dice il Signore Dio: Farò cessare questo proverbio e non si sentirà più ripetere in Israele; anzi riferisci loro: Si avvicinano i giorni in cui si avvererà ogni visione.
24Infatti non ci sarà più visione falsa, né predizione fallace in mezzo agli Israeliti,25perché io, il Signore, parlerò e attuerò senza indugio la parola che ho detta. Anzi, ai vostri giorni, o genìa di ribelli, pronunzierò una parola e l'attuerò: parola del Signore Dio".
26Mi fu rivolta ancora questa parola del Signore:27"Figlio dell'uomo, ecco, gli Israeliti van dicendo: La visione che costui vede è per i giorni futuri; costui predice per i tempi lontani.28Ebbene, riferisci loro: Dice il Signore Dio: Non sarà ritardata più a lungo ogni mia parola: la parola che dirò l'eseguirò. Oracolo del Signore Dio".


Lettera ai Romani 6

1Che diremo dunque? Continuiamo a restare nel peccato perché abbondi la grazia?2È assurdo! Noi che già siamo morti al peccato, come potremo ancora vivere nel peccato?3O non sapete che quanti siamo stati battezzati in Cristo Gesù, siamo stati battezzati nella sua morte?4Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova.5Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione.6Sappiamo bene che il nostro uomo vecchio è stato crocifisso con lui, perché fosse distrutto il corpo del peccato, e noi non fossimo più schiavi del peccato.7Infatti chi è morto, è ormai libero dal peccato.
8Ma se siamo morti con Cristo, crediamo che anche vivremo con lui,9sapendo che Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui.10Per quanto riguarda la sua morte, egli morì al peccato una volta per tutte; ora invece per il fatto che egli vive, vive per Dio.11Così anche voi consideratevi morti al peccato, ma viventi per Dio, in Cristo Gesù.

12Non regni più dunque il peccato nel vostro corpo mortale, sì da sottomettervi ai suoi desideri;13non offrite le vostre membra come strumenti di ingiustizia al peccato, ma offrite voi stessi a Dio come vivi tornati dai morti e le vostre membra come strumenti di giustizia per Dio.14Il peccato infatti non dominerà più su di voi poiché non siete più sotto la legge, ma sotto la grazia.

15Che dunque? Dobbiamo commettere peccati perché non siamo più sotto la legge, ma sotto la grazia? È assurdo!16Non sapete voi che, se vi mettete a servizio di qualcuno come schiavi per obbedirgli, siete schiavi di colui al quale servite: sia del peccato che porta alla morte, sia dell'obbedienza che conduce alla giustizia?17Rendiamo grazie a Dio, perché voi eravate schiavi del peccato, ma avete obbedito di cuore a quell'insegnamento che vi è stato trasmesso18e così, liberati dal peccato, siete diventati servi della giustizia.
19Parlo con esempi umani, a causa della debolezza della vostra carne. Come avete messo le vostre membra a servizio dell'impurità e dell'iniquità a pro dell'iniquità, così ora mettete le vostre membra a servizio della giustizia per la vostra santificazione.

20Quando infatti eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia.21Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino è la morte.22Ora invece, liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la vita eterna.23Perché il salario del peccato è la morte; ma il dono di Dio è la vita eterna in Cristo Gesù nostro Signore.


Capitolo III: L'ammaestramento della verità

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 1.     Felice colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di corta veduta. A chi giova un'ampia e sottile discussione intorno a cose oscure e nascoste all'uomo; cose per le quali, anche se le avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile, anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. "Abbiamo occhi e non vediamo" (Ger 5,21). Che c'importa del problema dei generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola parola; essa è "il principio" che continuo a parlare agli uomini (Gv 8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le porta verso l'unità e le vede tutte nell'unità, può avere tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che sei la verità stessa, fa' che io sia una cosa sola con te, in un amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te: tu solo parlami.

   2.     Quanto più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall'alto egli riceverà lume dell'intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi desideri non mortificati? L'uomo retto e devoto prepara prima, interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso. Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco nel bene.

   3.     In questa vita ogni nostra opera, per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice conoscenza delle cose - la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si preoccupano più della loro scienza che della santità della loro vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell'estirpare i vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione. Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita sia stata all'altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di quella dell'umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21). Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti. Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena, al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando in un canto la propria volontà.


LIBRO SESTO: LOCUZIONI DI GIOSUÈ

Locuzioni sull'Ettateuco - Sant'Agostino

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1. (1, 14) Ma voi armati per la battaglia passerete davanti ai vostri fratelli, ciascuno ch’è forte, cioè ciascuno, chiunque tra voi sia forte.

2. (3, 4) In modo che possiate conoscere la strada per la quale dovrete andare per essa; il senso sarebbe completo anche se non ci fosse per essa.

3. (5, 13) E avvenne che, essendo Giosuè in Gerico. È da notare la locuzione, poiché ancora non erano nella medesima città, poiché le sue porte erano state chiuse e perciò avvenne che non avrebbero potuto entrarvi se le sue mura non fossero cadute dopo essere stata portata attorno [alla città] l’arca. È detto dunque: in Gerico, cioè nella terra appartenente a Gerico.

4. (6, 1) Di Gerico, poiché erano state sbarrate le porte, è detto: e da essa non usciva alcuno né entrava; è sottinteso naturalmente " in essa ", non " da essa "; questo in greco si chiama " zeugma per mancanza ".

5. (6, 2) Il Signore dice a Giosuè: Ecco, io do nelle tue mani Gerico e il suo re che si trova in essa, i potenti per valore. È sorprendente che qui non è usata la congiunzione copulativa in modo da dire: " e i potenti in valore ", congiunzione tanto spesso usata dalla Scrittura da trovarsi anche ove potrebbe intralciare il senso d’un modo di dire familiare. Ma forse sono chiamati potenti in valore sia Gerico che il suo re?

6. (6, 25; 4, 9) E Giosuè lasciò in vita Raab, la meretrice e il casato paterno e dimorò in mezzo a Israele fino a oggi. Si deve notare come la Scrittura dica: fino ad oggi, come dice frequentemente. Infatti anche delle dodici pietre, ch’erano state collocate ove il Giordano era scorso giù nella parte inferiore e s’era fermato nella parte superiore mentre passava l’arca e il popolo, è detto ch’erano lì fino ad oggi. Ciò sembra voler dire che la redazione dei fatti narrati dalla Scrittura è molto posteriore a quegli avvenimenti e che questi libri non sono stati scritti in un tempo assai vicino a quei fatti.Ma chi la pensa così, che cosa potrà dire di quella prostituta, la cui vita non durò, comunque, più di quella d’una singola persona e tuttavia [il redattore] dice: fino a oggi?Questo modo di dire si usa pertanto a proposito di cose che non sono stabilite in modo che in seguito possano esser cambiate da coloro che le hanno stabilite, come [per esempio] si dice che uno è stato mandato in esilio perpetuo nel senso che il castigo con cui viene punito non era limitato a un tempo determinato, non nel senso che uno possa vivere eternamente in esilio, poiché nessuno può vivere in eterno.Così dunque anche a quella prostituta non fu fissato un periodo di tempo per dimorare in mezzo [al popolo] d’Israele; ecco perché è detto: fino ad oggi.

7. (7, 11) Il Signore dice a Giosuè: Il popolo ha peccato e ha trasgredito la mia alleanza, che avevo stretto con loro. Da notare come è chiamato alleanza l’ordine che aveva dato, che cioè Gerico fosse oggetto di maledizione e nessuno prendesse alcunché per sé.

8. (8, 1-2) Il Signore parlando a Giosuè disse tra l’altro: Ecco, ho dato in tuo potere il re di Gai e la sua terra. E farai a Gai come hai fatto a Gerico e al suo re, ma la preda la deprederai per te. È una locuzione da notare più delle altre non solo perché è detto: la deprederai per te, come se la preda fosse destinata ad essere d’una sola persona, sebbene fosse destinata a essere proprietà di tutti; poiché tali locuzioni sono assai consuete, quando Dio, come se parlasse a un’unica persona, dice cose che rivolge al popolo; ma qui c’è la novità che la Scrittura prima aveva detto: E il Signore disse a Giosuè, ch’era sicuramente un uomo singolo. Ciononostante la frase la deprederai per te non fu detta nel senso che Dio ordinasse che quella preda fosse proprietà d’una singola persona, ma di tutto quanto il popolo.

9. (8, 12) E l’agguato per la città era dal[la parte del] mare. Chi non la conosce, crede che questa fosse una città situata presso il mare. Ma la Scrittura è solita chiamare la parte occidentale " dal mare " o " presso il mare ", poiché il territorio, dove si svolgevano questi fatti, ha il mare più vicino da quella parte che dalle altre parti.

10. (8, 18) Stendi la tua mano contro la città con il giavellotto che è nella tua mano. Questa locuzione non dovrebbe essere notata se non a causa del nome, che è oscuro per coloro ai quali non è familiare. Poiché non si capisce facilmente cosa significa " gaeson ". Si afferma che il traduttore Simmaco lo chiamasse " scudo "; io invece vorrei sapere se i Settanta traduttori, che noi seguiamo in questa nostra analisi, che usarono il termine " gaeson ", vollero che anche nella lingua greca s’intendesse un’asta o una lancia; poiché si chiamano " gaesi " quelle armi ricordate da Virgilio che, dei Galli effigiati nello scudo di Enea, dice: Ciascuno scaglia con la mano due giavellotti alpini 1.

11. (8, 22) E si trovarono in mezzo all’accampamento, gli uni di qua, gli altri di là. In questa locuzione sono da fare due osservazioni: la prima che pur essendo nel mezzo i nemici venivano sconfitti, come se si trattasse di essi è detto che gli uni erano di qua e gli altri di là, mentre erano così piuttosto gli Israeliti che li avevano costretti in quella posizione per colpirli; la seconda osservazione è che la Scrittura dice ch’essi erano stati ridotti in mezzo all’accampamento chiamando accampamento anche le schiere condotte all’attacco ordinate a battaglia, mentre per accampamento di solito s’intende il luogo ove l’esercito si ferma per rimanere; salvo che sia chiamato accampamento poiché i soldati marciavano con tutto il loro equipaggiamento.

12. (8, 27) Eccettuato il bestiame e il bottino ch’era nella città i figli d’Israele saccheggiarono secondo l’ordine del Signore, come il Signore aveva comandato a Giosuè. È detto: essi saccheggiarono eccettuato il bestiame e il bottino come se non avessero saccheggiato proprio quelle cose, sebbene proprio quelle essi avessero saccheggiato, e perciò siano dette eccettuate poiché in quella battaglia non furono distrutte solo le suddette cose.

13. (9, 7) Gli Israeliti rispondendo ai Gabaoniti dissero: Vedi se mai tu abiti in mezzo a me, e [allora] come disporrò a te il testamento? Locuzioni di tal genere le abbiamo notate anche più sopra. Così è infatti: Vedi se mai tu abiti in mezzo a me, che vuol dire: " presso di me ", cioè nel paese che loro aveva promesso Dio. Qui inoltre pare che gli Israeliti avessero parlato come a una sola persona pur non essendo andato da loro un solo ambasciatore, ma secondo la loro abitudine parlano al singolare rispondendo alla loro nazione e al loro popolo, come il più delle volte anche Dio o il loro condottiero. Da notare inoltre che secondo il suo solito la Scrittura chiama testamento l’alleanza di pace; spesso infatti parla così.

14. (10, 17) E fu annunciato a Giosuè dicendo: Si sono trovati i cinque re nascosti nella caverna; invece di: " annunciarono dicendo ".

15. (10, 25) Così farà il Signore a tutti i vostri nemici che voi sconfiggerete loro; a questa frase non mancherebbe nulla anche se non avesse: loro.

16. (11, 19-20) E [Giosuè] prese tutte [le città] con le armi, poiché per mezzo del Signore avvenne che il loro cuore si rafforzasse per muovere guerra a Israele in modo da essere sterminati; da notare che " rafforzarsi il cuore " non sempre dev’essere inteso in senso buono.

17. (14, 6) Tu conosci la parola che ha detto il Signore a Mosè, uomo di Dio, a mio e tuo riguardo; non è detto " uomo suo ".

18. (17, 16) E i figli di Giuseppe dissero: Non ci basta la montagna e il cavallo scelto e il [carro] di ferro del Cananeo che abita in Betsan. È detto cavallo scelto per " cavalli scelti ", espressione non consueta nella nostra lingua; alcuni traduttori latini quindi non vollero tradurre cavallo ma " cavalleria ". Ma qui è detto cavallo scelto invece di " cavalli " come nel nostro abituale modo di parlare si dice "soldato " invece di " soldati ".

19. (19, 33-34) E le loro frontiere sono diventate il Giordano. E i confini torneranno verso il mare. Non è detto " sono tornati " o almeno " ritornano " come si suol dire dei confini, ma torneranno, come se ancora fosse una cosa avvenire, sebbene questo sia un racconto di fatti passati. La Scrittura inoltre parla riguardo a quasi tutte le stesse ripartizioni delle terre per ciascuna delle tribù [d’Israele] in modo da usare espressioni del tempo futuro.

20. (20, 9) Per rifugiarsi colà chi avesse ferito a morte un’anima contro la propria volontà. Qui per anima dobbiamo intendere una persona o la vita fisica che vive per mezzo dell’anima; conforme a questa locuzione fu anche detto dai fratelli di Giuseppe: Non feriamo a morte la sua anima 2, cioè: " non uccidiamolo ". Se l’anima infatti potesse essere ferita a morte dagli uccisori, il Signore non avrebbe detto: Non dovete aver paura di coloro che uccidono il corpo, ma non possono uccidere l’anima 3.

21. (21, 2) Il Signore per mano di Mosè ha comandato. È una locuzione assai familiare alla Scrittura; così infatti si dice: parola fatta per mano di tale o tal’altro profeta, al quale fu dato il potere di dirla.

22. (21, 40) E Giosuè prese i coltelli di pietra nei quali aveva circonciso i figli d’Israele. Non è detto: " con i quali aveva circonciso ", ma: nei quali.

23. (22, 7) Inoltre, quando Giosuè li rimandò alle loro case, e li benedisse dicendo. Qui pare che la congiunzione copulativa, vale a dire e, sia superflua, poiché si sarebbe potuto dire così: " Inoltre quando Giosuè li rimandò alle loro case, li benedisse dicendo ".

24. (22, 8) Deve notarsi ugualmente un’altra locuzione, poiché la Scrittura, dopo aver detto: Giosuè inoltre li benedisse dicendo, e dopo aver suscitato l’attenzione [dei lettori] ad ascoltare che cosa disse Giosuè nel benedirli, soggiunse solo: Se ne andarono nelle proprie case; e bestiame assai numeroso e argento e oro e grande abbondanza di vesti divisero come bottino dei loro nemici con i loro fratelli; ma queste espressioni sembrano essere quelle di uno che racconta piuttosto che di uno che benedice.

25. (22, 10) Costruirono lì un altare sulla riva del Giordano, un altare grandioso a vedere; questo modo di dire è noto anche nella lingua latina.

26. (22, 11) E i figli d’Israele sentirono dei dicenti. [L’agiografo] non dice: " mentre quelli dicevano ", oppure: " coloro che dicevano ".

27. (22, 27) Servire il servizio del Signore. A proposito di questa locuzione si devono notare due cose: non solo servire il servizio è una locuzione che si riscontra anche in latino, ma anche il servizio del Signore, cioè che è dovuto o si presta al Signore.

28. (22, 30) E il sacerdote Finees e tutti i capi dell’assemblea, ch’erano con lui ascoltando le parole dette dai figli di Ruben e dai figli di Gad e dalla metà della tribù di Manasse e piacquero loro. Ascoltando è usato invece di " udirono ", oppure qui è superfluo l’e, poiché il senso completo è: udendo queste parole, piacquero loro. Ma non senza mancanza della consecutio temporum, poiché si sarebbe dovuto dire: " avendo udito ".

29. (23, 1) E Giosuè, anziano e avanzato nei giorni. Abbiamo notato, in relazione a questa frase detta a proposito di Abramo che nelle Scritture è chiamato senior non solo uno al di sotto dell’età di un vecchio, ma anche uno molto vecchio. Per conseguenza non ogni anziano può dirsi " vecchio " 4, ma ogni vecchio può dirsi anziano.

30. (24, 7) E rovesciò su di loro il mare e ricoprì su di essi; non è detto: " li ricoprì ", sebbene alcuni traduttori abbiano preferito dire così.

31. (24, 17) In tutti i popoli che attraversammo attraverso essi. Locuzioni di tal genere sono consuete nelle Scritture e non si devono notare così spesso come ricorrono.

 

 

1 - VIRGILIO, Aen. 8, 661-662.

2 - Gn 37, 21.

3 - Mt 10, 28.

4 - Cf. Quaest. 1, 35. 70.


3 - Insegnamento datomi dalla Regina del cielo sui quattro voti della mia professione

La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda

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443. Figlia ed amica mia, non voglio negarti l'insegnamento che mi chiedi con tanto desiderio di tradurlo in pratica; ricevilo con stima, con animo devoto e pronto a metterlo in atto. Il libro dei Proverbi dice: Figlio mio, se hai garantito per il tuo prossimo, se hai dato la tua mano per un estraneo, se ti sei legato con le parole delle tue labbra e ti sei lasciato prendere dalle parole della tua bocca... Conforme a questa verità chi ha fatto voto a Dio ha dato la mano della propria volontà, per non restare libero di scegliere altre opere fuorché quelle per cui si è obbligato, secondo la volontà di colui a cui si è legato con la sua stessa bocca, mediante le parole della professione religiosa. Prima di fare i voti, poteva scegliere la strada da seguire, ma dopo essersi vincolata, l'anima religiosa deve sapere che ha perso totalmente la sua libertà, consegnandola a Dio nella persona del proprio superiore. La rovina o la salvezza delle anime dipende da come usano la loro libertà. Ora, siccome i più la usano male e si perdono, l'Altissimo ha disposto lo stato religioso e l'ha reso stabile mediante i voti. La creatura, usando una sola volta della sua libertà, quando sceglie definitivamente quello stato con prudente determinazione, consegna con quel solo atto alla Maestà divina ciò che perderebbe con molti, se rimanesse libera di volere o non volere.

 444. Con questi voti si perde felicemente la libertà per il male e si assicura per il bene, mediante il freno che svia dal pericolo e addestra a un cammino piano e sicuro. L'anima perde servitù e soggezione alle proprie passioni ed acquista su di esse un nuovo potere, divenendo regina e padrona di se stessa. Resta così soltanto subordinata alla grazia dello Spirito Santo, che la guida in tutte le sue azioni, dal momento che ella impiega tutta la sua volontà nell'operare soltanto quello che ha promesso a Dio. Con ciò la creatura passa dallo stato di schiava all'eccellente dignità di figlia dell'Altissimo, dalla condizione terrena a quella angelica, cosicché i difetti, castigo del peccato, non la toccano affatto. Nella vita mortale non è possibile che tu possa giungere a comprendere quali e quanti beni e tesori spirituali acquista l'anima, disponendosi con tutte le sue forze e tutti i suoi affetti ad adempiere perfettamente i voti della sua professione; perciò ti assicuro, o carissima, che le religiose perfette e austere possono giungere al merito dei martiri ed anche superarli.

 445. Figlia mia, tu hai conseguito il felice principio di tanti beni il giorno in cui hai scelto la parte migliore; fai attenzione però, perché ti sei legata a un Dio eterno e potente, a cui ogni segreto del cuore è manifesto. Se mentire con gli uomini e mancare con loro alle giuste promesse è cosa tanto brutta e disprezzabile per chi ragiona, quanto più sarà grave mancare di fedeltà a Dio nei santi voti a lui fatti? A lui come tuo Creatore, custode e benefattore, devi gratitudine; come padre, riverenza; come sposo, lealtà; come amico, cordiale corrispondenza; come colui che è fedele per sempre, fede e speranza; come sommo ed eterno bene, amore; come Dio onnipotente, sottomissione e come giudice giusto, timore santo e umile. Ora, se tu venissi meno alle promesse fatte nella tua professione, commetteresti il più sleale tradimento contro tutti questi titoli e molti altri ancora. E se per tutte le religiose, che vivono con l'obbligo di condurre una vita spirituale, è abominevole cosa chiamarsi spose di Cristo ed essere membra e schiave del diavolo, ciò sarebbe molto più brutto per te, che hai ricevuto più di ogni altra e che per questo sei tenuta a superare tutte nell'amore, nella sofferenza, nella riconoscenza per tanti incomparabili benefici e favori.

 446. Considera, dunque, o anima, quanto tale colpa ti renderebbe disprezzabile di fronte al Signore, nonché a me, agli angeli ed ai santi, dal momento che tutti siamo testimoni dell'amore e della fedeltà che egli ha mostrato con te, come sposo ricco, benigno e generoso. Adoperati per non offenderlo nel molto e neppure nel poco; non costringerlo ad abbandonarti lasciandoti in potere delle passioni peccaminose. Non sarebbe forse questa peggiore sventura dell'essere abbandonati al furore degli elementi, a quello degli animali selvaggi o degli stessi demoni? Infatti, anche se tutte queste cose esercitassero contro di te la loro ira e il mondo ti assoggettasse ad ogni pena e disonore, tutto sarebbe per te meno dannoso del commettere una sola colpa veniale contro Dio, che devi servire ed amare in tutto e per tutto. Qualunque tribolazione di questa vita è male minore della colpa, perché finisce con la morte; invece, la colpa può essere eterna, e con essa sarebbe tale la pena.

 447. Nella vita attuale qualsiasi sofferenza intimorisce molto i mortali e li spaventa, perché essendo presente li ferisce nella loro sensibilità; invece la colpa non li turba né li intimorisce perché, distratti e abbagliati dalle cose visibili, non riflettono su ciò che la segue, cioè la pena eterna dell'inferno. E quantunque questa sia inclusa nello stesso peccato e non possa esserne separata, il cuore umano è così greve e tardo da lasciarsi ingannare dalla colpa senza vedere il castigo, perché i suoi sensi non l'avvertono ancora. E' vero che i mortali potrebbero vederlo e sentirlo con la fede, ma la lasciano inoperosa e morta come se neanche l'avessero! O disgraziata cecità, o negligenza e stupidità, che tieni ingannevolmente oppresse tante anime capaci di ragione e di gloria! Non vi sono parole adeguate a descrivere questo tremendo pericolo! Figlia mia, fuggi e liberati, mediante un santo timore, da uno stato così infelice e, anziché cadere in esso, sopporta tutti i tormenti della vita che passa presto, poiché niente ti mancherà se non perderai Dio. Un mezzo molto efficace sarà considerare che per te e per coloro che sono nel tuo stato non esiste una colpa di scarsa importanza. Il poco devi temerlo molto, poiché non è tale agli occhi dell'Altissimo che conosce come, disprezzando le piccole cose, il cuore si apre per introdurne delle maggiori; inoltre non è lodevole un amore che non si cura del dispiacere della persona amata, fosse anche in cose piccole.

 448. Le anime religiose devono osservare un certo ordine nei loro desideri. Prima di tutto devono mostrarsi sollecite e puntuali nell'adempiere gli obblighi dei voti e di tutte le virtù che in essi sono contenute. In secondo luogo vengono le altre opere volontarie, che eccedono il dovuto. Quest'ordine viene di solito invertito da certe anime che, ingannate dal demonio con uno zelo di perfezione eccessivo, mancano gravemente agli obblighi che derivano dal loro stato e cercano di aggiungere altre azioni cui si impegnano di propria volontà; generalmente sono cose piccole ed inutili e sono causate da spirito di presunzione, per la brama di rendersi singolari, di essere osservate, di distinguersi fra tutte come molto zelanti e perfette, mentre in realtà sono molto lontane dall'esserlo. Io non voglio vederti cadere in questa mancanza troppo biasimevole e perciò ti chiedo in primo luogo di adempiere all'obbligo dei voti e della vita comune; solo dopo aggiungerai ciò che, con la grazia divina e secondo le tue forze, ti sarà possibile; tutto ciò, se è ben ordinato e congiunto, abbellisce l'anima rendendola perfetta e ben accetta agli occhi di Dio.

 449. Il voto principale e più importante della vita religiosa è quello dell'obbedienza, perché contiene la rinuncia totale alla propria volontà, in modo tale che alla religiosa non resta giurisdizione né diritto alcuno su se stessa per dire: «Voglio o non voglio, voglio fare o non voglio fare». A questo ha rinunciato con l'obbedienza, lasciando tutto nelle mani del superiore. Per adempiere bene questo voto, fa' in modo di non ritenerti sapiente, né padrona del tuo volere o intendere, poiché l'ubbidienza vera dev'essere come la fede, stimando, riverendo e credendo ciò che comanda il superiore, senza pretendere di esaminarlo o di comprenderlo. Tu, quindi, per ubbidire ti devi considerare senza ragione, senza vita e senza giudizio; come corpo morto che si lascia muovere e governare a piacere, vivi unicamente per eseguire con la più grande prontezza la volontà del superiore. Non fermarti mai a ragionare su ciò che hai da fare, pensa solo a come eseguire bene ciò che ti comanderanno, sacrifica il tuo volere e mortifica tutti i desideri delle tue passioni; con questa efficace determinazione, moriranno in te tutti i tuoi moti e solo l'obbedienza sarà la vita e l'anima delle tue opere. Nella volontà del tuo superiore deve stare racchiusa la tua con tutti i tuoi movimenti, le tue parole, le tue opere; in tutto devi cercare che ti venga tolto il tuo modo di essere e te ne venga dato uno nuovo, che non sia per niente tuo, ma tutto dell'obbedienza, senza alcuna resistenza.

 450. Considera bene che il modo più perfetto di obbedire è questo: il superiore non incontri dissonanza alcuna che lo disgusti, ma anzi trovi un'obbedienza che lo compiaccia pienamente al vedere che quanto comanda viene fatto con prontezza, senza replicare, né mormorare, né avere altre reazioni scomposte. Il superiore fa le veci di Dio, chi ubbidisce ai superiori ubbidisce a Dio stesso, che li dirige e illumina su quanto ordinano ai loro sudditi per il bene e la salvezza delle loro anime. Perciò il disprezzo che si mostra verso i superiori va a colpire Dio stesso, che, per mezzo di loro ed in loro, manifesta la sua volontà. Devi pensare che è lo stesso Signore a muovere la loro lingua, ossia che essi sono la lingua di Dio onnipotente. Figlia mia, adoperati per essere obbediente al fine di cantar vittoria; non temere mai di sbagliare quando obbedisci, perché questa è la via sicura, e lo è a tal punto che per il giorno del giudizio Dio non tiene conto degli errori di chi ubbidisce ed anzi cancella gli altri peccati per il solo sacrificio dell'obbedienza. Mio Figlio santissimo offrì all'eterno Padre la sua preziosissima passione e morte con particolare amore per gli obbedienti, affinché per questa virtù fossero avvantaggiati nel perdono e nella grazia e perché quanto avrebbero operato per ubbidienza fosse opera sicura e perfetta. Molte volte, per placare il Padre sdegnato con gli uomini, gli mostra ch'egli morì per loro, obbedendo fino alla morte di croce. Anche l'obbedienza di Abramo e di suo figlio Isacco fu così gradita al Padre che egli si ritenne obbligato non solo a salvare dalla morte un figlio che si mostrava tanto obbediente, ma anche a farlo padre del suo Unigenito, distinguendolo fra tutti gli altri e stabilendolo come capo e fondamento di tante benedizioni.

 451. Il voto di povertà è un generoso liberarsi del pesante carico delle cose temporali. Esso alleggerisce lo spirito, solleva la debolezza umana e libera il cuore, capace per la sua nobiltà di beni eterni e spirituali. Esso lascia lo spirito soddisfatto e sazio, fermando il desiderio dei tesori terreni e dando un certo dominio su tutte le ricchezze, di cui consente di fare un nobile uso. La povertà liberamente scelta contiene, o figlia, questi ed altri beni maggiori, sconosciuti ai figli del secolo; essi sono privi di tutti questi beni, perché amano le ricchezze e sono nemici della santa e veramente ricca povertà. Costoro non si rendono conto, benché ne siano vittima, di quanto sia opprimente il peso delle ricchezze che li abbassa fino a terra, anzi fin dentro le viscere della terra, a cercarvi l'oro e l'argento con inquietudini, veglie, fatiche degne non d'uomini ragionevoli, ma di irragionevoli bruti, che non sanno né ciò che fanno, né quel che patiscono. Se le ricchezze sono tanto pesanti prima di essere acquistate, quanto più lo saranno dopo il loro conseguimento? Lo dicano quanti con questo carico sono caduti fino all'inferno, lo dicano gli smisurati affanni nel conservarle, e molto più le leggi intollerabili che hanno introdotto nel mondo le ricchezze ed i loro facoltosi possessori.

 452. Se tutto ciò aggrava lo spirito, se opprime tirannicamente la sua debolezza, se avvilisce la nobile capacità che l'anima ha dei beni eterni e dello stesso Dio, è certo che la povertà, liberamente scelta, ristabilisce la creatura nella sua generosa condizione, la solleva dalla vile servitù e la pone nuovamente nella nobile libertà in cui fu creata come signora di tutte le cose. La creatura mai ne è così padrona come quando le disprezza, mai ha un possesso maggiore o fa un uso migliore delle ricchezze di quando le distribuisce o le lascia volontariamente; niente sazia maggiormente l'appetito che il gusto di non averne. Ma quello che è più importante è che la povertà, lasciando libero il cuore, lo rende capace di essere riempito da Dio dei tesori della sua divinità.

 453. Figlia mia, io desidero che tu approfondisca molto questa filosofia e scienza divina così dimenticata dal mondo e non solo dal mondo, ma anche da molte anime religiose che ne hanno fatto promessa a Dio. L'indignazione di Dio è grande contro questa colpa e i trasgressori, senza neanche avvertirlo, ricevono subito un grave castigo; scacciando da sé la povertà, allontanano al tempo stesso lo spirito di Cristo, mio figlio santissimo, e quel che lui ed io siamo venuti ad insegnare agli uomini con la pratica della più stretta povertà. Al presente non si accorgono di un tale castigo, perché il giusto giudice dissimula, ed essi sguazzano nell'abbondanza che desiderano; ma nel rendiconto che li attende si troveranno confusi e disingannati di fronte al rigore che li aspetta e a cui prima non pensavano, non immaginandosi neppure che la giustizia di-vina fosse così dura.

 454. I beni temporali furono creati dall'Altissimo perché servissero ai mortali soltanto per sostentare la vita; ottenuto questo fine, cessano di essere necessari. La vita, essendo limitata, con poco si può soddisfare, poiché in breve finisce, mentre l'anima sopravvive; non è cosa ragionevole che il pensiero di questa, che è eterna, sia solo temporaneo e passeggero, e che invece la bramosia di acquistare le ricchezze per la vita, che è passeggera, sia perpetua ed eterna negli uomini. È una grandissima perversità aver scambiato i fini ed i mezzi in cose tanto importanti e disparate; abbiamo dato ignorantemente alla breve e mal sicura vita del corpo tutto il tempo, tutta la sollecitudine e tutte le forze, nonché tutta la vigilanza dell'intelletto, mentre alla povera anima non vogliamo concedere in molti anni più di qualche ora e molte volte alla fine della vita!

 455. Approfitta dunque, o figlia mia carissima, della vera luce che ti ha dato l'Altissimo per liberarti da un errore così pericoloso. Rinunzia ad ogni attaccamento ed amore per qualunque cosa terrena, non essere disordinatamente sollecita per il sostentamento della vita con il pretesto che ne hai bisogno e che il convento è povero. Quando poi ti occuperai di questo per quanto è necessario, fallo in modo tale che, quando ti venisse meno quello che desideri, tu non ti turbi, né lo brami con afflizione, quantunque ti sembri di farlo per il servizio di Dio, poiché tanto meno lo ami, quanto più pretendi di amare con lui altre cose. Al molto devi rinunziare come superfluo di cui non hai bisogno e che sarebbe delitto trattenere inutilmente. Il poco poi devi stimarlo poco, essendo stoltezza maggiore lasciarsi occupare il cuore da ciò che non vale niente e disturba molto. Se poi ottieni tutto ciò di cui a tuo giudizio credi aver bisogno, non sei veramente povera, poiché la povertà in senso proprio e rigoroso sta nell'aver meno di quello che è necessario e colui al quale niente manca si chiama ricco; ma l'aver di più, anziché ricchezza, è piuttosto inquietudine ed afflizione di spirito, come il bramarlo e custodirlo, senza farne uso, viene ad essere una specie di povertà che priva per di più di quiete e di riposo.

 456. Voglio che tu abbia una libertà di spirito tale da non attaccarti a cosa alcuna, piccola o grande che sia, necessaria o superflua. Quanto a ciò che ti occorrerà per la vita corporale, devi accettare soltanto quanto è indispensabile per non morire, o per non vestire indecentemente; però il tuo abito sia il più povero e rattoppato e nel mangiare scegli il cibo più grossolano, senza ricerca di gusto particolare. Domanda piuttosto quello a cui senti maggiore avversione e che meno ti sollecita il gusto, cosicché ti venga dato ciò che non desideri e ti manchi ciò che più appetisci; in tal modo riuscirai ad operare in tutto la più grande perfezione.

 457. Il voto di castità abbraccia la purezza dell'anima e quella del corpo, cosa facile a perdersi; a seconda del modo in cui si perde è difficile, o anche impossibile, riacquistarla. Questo gran tesoro è depositato in un castello con molte porte e finestre: se non sono ben custodite e difese non lo rendono sicuro. Figlia mia, per osservare questo voto con perfezione, è indispensabile che tu faccia un patto inviolabile con i tuoi sensi: essi devono muoversi soltanto per ciò che sarà loro ordinato dalla ragione e a gloria del Creatore. Morti i sentimenti, è cosa agevole sconfiggere i nemici, che solamente per mezzo di essi potrebbero vincerti, poiché i pensieri non si risvegliano, se per mezzo dei sensi non entrano nell'anima immagini che li fomentino. Tu non devi toccare, né guardare nessuno, non devi parlare a persona umana di qualsiasi condizione, tanto uomo che donna, né devi lasciar entrare nella tua fantasia le loro immagini. In questa cura vigilante, che molto ti raccomando, consiste la custodia della purezza che voglio da te; se ti occorrerà di dover parlare per carità o per obbedienza - solo per queste due ragioni devi trattare con le creature - fallo con severità, modestia e riservatezza.

 458. Per ciò che riguarda la tua persona, vivi come pellegrina e forestiera nel mondo: povera, mortificata, tribolata, amando l'asprezza di ogni cosa temporale, senza desiderare riposo né comodità, come persona assente dalla sua casa, dalla propria patria, che viene condotta in campo contro forti nemici soltanto per faticare e combattere. Siccome tra questi nemici il più grave e pericoloso è la carne, ti conviene resistere alacremente alle tue passioni e, in esse, alle tentazioni del diavolo. Innalzati sopra te stessa e cerca un abitazione molto elevata, distante da ogni cosa terrena. Qui potrai vivere all'ombra di colui che desideri e nella sua protezione godere tranquillità e riposo vero. Abbandonati con tutto il tuo cuore e con tutte le tue forze al suo casto e santo amore; immaginati che per te più non esistano creature, se non in quanto ti aiutano ed obbligano ad amare e servire il Signore.

 459. A colei che si chiama sposa di Cristo e lo è per professione, nessuna virtù deve mancare, specialmente la castità, perché è quella che più l'avvicina e rende simile al suo sposo. Essa la spiritualizza, l'alleggerisce della corruzione terrena, la solleva alla natura angelica rendendola in qualche modo perfino partecipe della natura divina. È' una virtù che abbellisce ed adorna tutte le altre, innalza il corpo ad uno stato più elevato, illumina la mente e conserva le anime nella loro nobiltà, superiore a tutto ciò che è corruttibile. Siccome questa virtù è un frutto speciale della redenzione, meritato dal mio santissimo Figlio sulla croce, dove tolse i peccati del mondo, viene perciò singolarmente detto che le vergini accompagnano e seguono l'Agnello.

 460. Muro che difende la castità e tutte le altre virtù è il voto di clausura; è come l'incastonatura in cui esse si conservano e risplendono; è un privilegio del cielo per esimere le religiose, spose di Cristo, dai gravi e pericolosi tributi che la libertà del mondo paga al principe delle sue vanità. Mediante questo voto le religiose vivono in un sicuro porto, mentre le altre anime, nella tempesta dei pericoli, sono sbattute e minacciate di naufragio ad ogni passo. Godendo di tanti vantaggi la clausura non si deve reputare come un luogo angusto; ivi si aprono dinanzi alla religiosa i vasti campi della virtù e della conoscenza di Dio, delle sue infinite perfezioni, dei suoi misteri, nonché delle ammirabili opere che fece e fa per gli uomini. In questi campi estesi e spaziosi, l'anima può e deve espandersi e ricrearsi; solo quando non lo fa, la clausura, che è la maggiore delle libertà, le pare uno stretto carcere. Per te, figlia mia, non vi è altra estensione, né io voglio che tu ti restringa tanto da contentarti dei brevi limiti del mondo intero. Poggia in alto sulla sublime cima della conoscenza di Dio e del suo amore, dove solo puoi vivere in libertà senza confini né limiti che ti angustino; li conoscerai quanto stretto, vile e disprezzabile è tutto il creato.

 461. A questa clausura obbligatoria del corpo, tu fa' di aggiungere quella dei tuoi sensi. Essi, così rafforzati, conserveranno la tua purezza interiore e con essa il fuoco del santuario, che sempre devi alimentare e custodire affinché non si estingua. Per lucrare il merito della clausura e custodire bene i tuoi sensi, non andar mai alla porta, né alla grata, né alla finestra; anzi, non ricordarti neppure che il convento ne abbia, se non per adempiere gli stretti doveri del tuo ufficio, o per ubbidienza. Non desiderare cosa alcuna, poiché non devi ottenerla, e non ti affaticare per ciò che non devi desiderare. Insomma, dalla tua riservatezza, circospezione e cautela, dipenderanno il tuo bene e la tua pace, il dar soddisfazione a me e il meritare per te l'abbondante frutto d'amore e di grazia, che desideri come premio.


6-7 Novembre 24, 1903 Come ogni parola di Gesù sono tanti anelli di grazia.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando il mio solito stato, quando appena ho visto il benedetto Gesù nel mio interno, e come se volesse seguitare a togliermi i dubbi, mi ha detto:

(2) “Figlia, Io sono la verità stessa, e mai può uscire da Me la falsità, al più qualche cosa che l’uomo non comprende, e questo lo faccio per far vedere che se non si comprende bene la parola, come si può comprendere in tutto il Creatore? Ma però, l’anima deve corrispondere col mettere in pratica la mia parola, ché ogni parola sono tanti anelli di grazia che escono da Me, facendone dono alla creatura, e se corrisponde, questi anelli l’incatena agli altri già acquistati; se poi no, li rimanda indietro al suo Creatore, non solo questo, ma allora Io parlo quando veggo la capacità della creatura che può ricevere quel dono, e corrispondendomi non solo acquista tanti anelli di grazia, ma acquista pure tanti anelli di sapienza divina, e se li veggo incatenati con la corrispondenza, mi dispone a dargli altri doni; se poi veggo i miei doni rimandati indietro, mi ritiro facendo silenzio”.