Liturgia delle Ore - Letture
Mercoledi della 13° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Matteo 17
1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte.2E fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce.3Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui.4Pietro prese allora la parola e disse a Gesù: "Signore, è bello per noi restare qui; se vuoi, farò qui tre tende, una per te, una per Mosè e una per Elia".5Egli stava ancora parlando quando una nuvola luminosa li avvolse con la sua ombra. Ed ecco una voce che diceva: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo".6All'udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore.7Ma Gesù si avvicinò e, toccatili, disse: "Alzatevi e non temete".8Sollevando gli occhi non videro più nessuno, se non Gesù solo.
9E mentre discendevano dal monte, Gesù ordinò loro: "Non parlate a nessuno di questa visione, finché il Figlio dell'uomo non sia risorto dai morti".
10Allora i discepoli gli domandarono: "Perché dunque gli scribi dicono che prima deve venire Elia?".11Ed egli rispose: "Sì, verrà Elia e ristabilirà ogni cosa.12Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l'hanno riconosciuto; anzi, l'hanno trattato come hanno voluto. Così anche il Figlio dell'uomo dovrà soffrire per opera loro".13Allora i discepoli compresero che egli parlava di Giovanni il Battista.
14Appena ritornati presso la folla, si avvicinò a Gesù un uomo15che, gettatosi in ginocchio, gli disse: "Signore, abbi pietà di mio figlio. Egli è epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e spesso anche nell'acqua;16l'ho già portato dai tuoi discepoli, ma non hanno potuto guarirlo".17E Gesù rispose: "O generazione incredula e perversa! Fino a quando starò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatemelo qui".18E Gesù gli parlò minacciosamente, e il demonio uscì da lui e da quel momento il ragazzo fu guarito.
19Allora i discepoli, accostatisi a Gesù in disparte, gli chiesero: "Perché noi non abbiamo potuto scacciarlo?".20Ed egli rispose: "Per la vostra poca fede. In verità vi dico: se avrete fede pari a un granellino di senapa, potrete dire a questo monte: spostati da qui a là, ed esso si sposterà, e niente vi sarà impossibile.21Questa razza di demòni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno".
22Mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse loro: "Il Figlio dell'uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini23e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà". Ed essi furono molto rattristati.
24Venuti a Cafàrnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: "Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?".25Rispose: "Sì". Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: "Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?".26Rispose: "Dagli estranei". E Gesù: "Quindi i figli sono esenti.27Ma perché non si scandalizzino, va' al mare, getta l'amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d'argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te".
Primo libro delle Cronache 25
1Quindi Davide, insieme con i capi dell'esercito, separò per il servizio i figli di Asaf, di Eman e di Idutun, che eseguivano la musica sacra con cetre, arpe e cembali. Il numero di questi uomini incaricati di tale attività fu:
2Per i figli di Asaf: Zaccur, Giuseppe, Natania, Asareela; i figli di Asaf erano sotto la direzione di Asaf, che eseguiva la musica secondo le istruzioni del re.
3Per Idutun i figli di Idutun: Ghedalia, Seri, Isaia, Casabià, Simei, Mattatia: sei sotto la direzione del loro padre Idutun, che cantava con cetre per celebrare e lodare il Signore.
4Per Eman i figli di Eman: Bukkia, Mattania, Uzziel, Sebuel, Ierimòt, Anania, Anani, Eliata, Ghiddalti, Romamti-Èzer, Iosbekasa, Malloti, Cotir, Macaziot.5Tutti costoro erano figli di Eman, veggente del re riguardo alle parole di Dio; per esaltare la sua potenza Dio concesse a Eman quattordici figli e tre figlie.6Tutti costoro, sotto la direzione del padre, cioè di Asaf, di Idutun e di Eman, cantavano nel tempio con cembali, arpe e cetre, per il servizio del tempio, agli ordini del re.7Il numero di costoro, insieme con i fratelli, esperti nel canto del Signore, cioè tutti veramente capaci, era di duecentottantotto.8Per i loro turni di servizio furono sorteggiati i piccoli come i grandi, i maestri come i discepoli.
9La prima sorte toccò a Giuseppe, con i fratelli e figli: dodici; la seconda a Ghedalia, con i fratelli e figli: dodici;10la terza a Zaccur, con i figli e fratelli: dodici;11la quarta a Isri, con i figli e fratelli: dodici;12la quinta a Natania, con i figli e fratelli: dodici;13la sesta a Bukkia, con i figli e fratelli: dodici;14la settima a Iesareela, con i figli e fratelli: dodici;15l'ottava a Isaia, con i figli e fratelli: dodici;16la nona a Mattania, con i figli e fratelli: dodici;17la decima a Simei, con i figli e fratelli: dodici;18l'undecima ad Azarel, con i figli e fratelli: dodici;19la dodicesima a Casabià, con i figli e fratelli: dodici;20la tredicesima a Subaèl, con i figli e fratelli: dodici;21la quattordicesima a Mattatia, con i figli e fratelli: dodici;22la quindicesima a Ieremòt, con i figli e fratelli: dodici;23la sedicesima ad Anania, con i figli e fratelli: dodici;24la diciassettesima a Iosbecasa, con i figli e fratelli: dodici;25la diciottesima ad Anani, con i figli e fratelli: dodici;26la diciannovesima a Malloti, con i figli e fratelli: dodici;27la ventesima a Eliata, con i figli e fratelli: dodici;28la ventunesima a Cotir, con i figli e fratelli: dodici;29la ventiduesima a Ghiddalti, con i figli e fratelli: dodici;30la ventitreesima a Macaziot, con i figli e fratelli: dodici;31la ventiquattresima a Romamti-Èzer, con i figli e fratelli: dodici.
Salmi 19
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2I cieli narrano la gloria di Dio,
e l'opera delle sue mani annunzia il firmamento.
3Il giorno al giorno ne affida il messaggio
e la notte alla notte ne trasmette notizia.
4Non è linguaggio e non sono parole,
di cui non si oda il suono.
5Per tutta la terra si diffonde la loro voce
e ai confini del mondo la loro parola.
6Là pose una tenda per il sole
che esce come sposo dalla stanza nuziale,
esulta come prode che percorre la via.
7Egli sorge da un estremo del cielo
e la sua corsa raggiunge l'altro estremo:
nulla si sottrae al suo calore.
8La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l'anima;
la testimonianza del Signore è verace,
rende saggio il semplice.
9Gli ordini del Signore sono giusti,
fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi,
danno luce agli occhi.
10Il timore del Signore è puro, dura sempre;
i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti,
11più preziosi dell'oro, di molto oro fino,
più dolci del miele e di un favo stillante.
12Anche il tuo servo in essi è istruito,
per chi li osserva è grande il profitto.
13Le inavvertenze chi le discerne?
Assolvimi dalle colpe che non vedo.
14Anche dall'orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro dal grande peccato.
15Ti siano gradite le parole della mia bocca,
davanti a te i pensieri del mio cuore.
Signore, mia rupe e mio redentore.
Salmi 28
1'Di Davide.'
A te grido, Signore;
non restare in silenzio, mio Dio,
perché, se tu non mi parli,
io sono come chi scende nella fossa.
2Ascolta la voce della mia supplica,
quando ti grido aiuto,
quando alzo le mie mani
verso il tuo santo tempio.
3Non travolgermi con gli empi,
con quelli che operano il male.
Parlano di pace al loro prossimo,
ma hanno la malizia nel cuore.
4Ripagali secondo la loro opera
e la malvagità delle loro azioni.
Secondo le opere delle loro mani,
rendi loro quanto meritano.
5Poiché non hanno compreso l'agire del Signore
e le opere delle sue mani,
egli li abbatta e non li rialzi.
6Sia benedetto il Signore,
che ha dato ascolto alla voce della mia preghiera;
7il Signore è la mia forza e il mio scudo,
ho posto in lui la mia fiducia;
mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore,
con il mio canto gli rendo grazie.
8Il Signore è la forza del suo popolo,
rifugio di salvezza del suo consacrato.
9Salva il tuo popolo e la tua eredità benedici,
guidali e sostienili per sempre.
Ezechiele 41
1M'introdusse poi nel santuario e misurò i pilastri: erano larghi sei cubiti da una parte e sei cubiti dall'altra.2La porta era larga dieci cubiti e i lati della porta cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra. Misurò quindi il santuario: era lungo quaranta cubiti e largo venti.
3Andò poi nell'interno e misurò i pilastri della porta, due cubiti, e la porta, sei cubiti; la larghezza della porta, sette cubiti.4Ne misurò ancora la lunghezza, venti cubiti e la larghezza, davanti al santuario, venti cubiti, poi mi disse: "Questo è il Santo dei santi".
5Misurò poi il muro del tempio, sei cubiti; poi la larghezza dell'edificio laterale, quattro cubiti, intorno al tempio.6Le celle laterali erano una sull'altra, trenta per tre piani. Per le celle all'intorno, c'erano, nel muro del tempio, rientranze in modo che fossero collegate fra di loro, ma non collegate al muro del tempio.7Salendo da un piano all'altro l'ampiezza delle celle aumentava, perciò la costruzione era più larga verso l'alto. Dal piano inferiore si poteva salire al piano di mezzo e da questo a quello più alto.8Io vidi intorno al tempio una elevazione. I fondamenti dell'edificio laterale erano di una canna intera di sei cubiti.9La larghezza del muro esterno dell'edificio laterale era di cinque cubiti, come quella dello spazio rimanente. Fra l'edificio laterale del tempio10e le stanze c'era una larghezza di venti cubiti intorno al tempio.11Le porte dell'edificio laterale rimanevano sullo spazio libero; una porta dava a settentrione e una a mezzogiorno. Lo spazio libero era cinque cubiti tutt'intorno.
12La costruzione che era di fronte allo spazio libero sul lato d'occidente, aveva settanta cubiti di larghezza; il muro della costruzione era tutt'intorno dello spessore di cinque cubiti; la sua lunghezza di novanta cubiti.
13Poi misurò il tempio: lunghezza cento cubiti; lo spazio libero, edificio e sue mura, anch'essi cento cubiti.14La larghezza della facciata del tempio con lo spazio libero, cento cubiti.15Misurò ancora la larghezza dell'edificio di fronte allo spazio libero nella parte retrostante, con le gallerie di qua e di là: era cento cubiti.
L'interno del santuario, il suo vestibolo,16gli stipiti, le finestre a grate e le gallerie attorno a tutti e tre, a cominciare dalla soglia, erano rivestiti di tavole di legno, tutt'intorno, dal pavimento fino alle finestre, che erano velate.17Dalla porta, dentro e fuori del tempio e su tutte le pareti interne ed esterne erano dipinti18cherubini e palme. Fra cherubino e cherubino c'era una palma; ogni cherubino aveva due aspetti:19aspetto d'uomo verso una palma e aspetto di leone verso l'altra palma, effigiati intorno a tutto il tempio.20Da terra fino sopra la porta erano disposti cherubini e palme sulle pareti del santuario.
21Gli stipiti del santuario erano quadrangolari.
Davanti al Santo dei santi c'era come22un altare di legno, alto tre cubiti, due cubiti di lunghezza e due di larghezza. Gli angoli, la base e i lati erano di legno. Mi disse: "Questa è la tavola che sta davanti al Signore".
23Il santuario e il Santo dei santi avevano due porte ciascuno.24Ogni porta aveva due battenti e ogni battente si ripiegava in due pezzi: due per un battente e due per l'altro.25Sulle porte erano dipinti cherubini e palme come sulle pareti: un portale di legno era sulla facciata dell'atrio all'esterno.26Finestre e grate e palme erano da tutt'e due le parti, ai lati del vestibolo, alle celle annesse al tempio e agli architravi.
Atti degli Apostoli 17
1Seguendo la via di Anfìpoli e Apollonia, giunsero a Tessalonica, dove c'era una sinagoga dei Giudei.2Come era sua consuetudine Paolo vi andò e per tre sabati discusse con loro sulla base delle Scritture,3spiegandole e dimostrando che il Cristo doveva morire e risuscitare dai morti; il Cristo, diceva, è quel Gesù che io vi annunzio.4Alcuni di loro furono convinti e aderirono a Paolo e a Sila, come anche un buon numero di Greci credenti in Dio e non poche donne della nobiltà.5Ma i Giudei, ingelositi, trassero dalla loro parte alcuni pessimi individui di piazza e, radunata gente, mettevano in subbuglio la città. Presentatisi alla casa di Giàsone, cercavano Paolo e Sila per condurli davanti al popolo.6Ma non avendoli trovati, trascinarono Giàsone e alcuni fratelli dai capi della città gridando: "Quei tali che mettono il mondo in agitazione sono anche qui e Giàsone li ha ospitati.7Tutti costoro vanno contro i decreti dell'imperatore, affermando che c'è un altro re, Gesù".8Così misero in agitazione la popolazione e i capi della città che udivano queste cose;9tuttavia, dopo avere ottenuto una cauzione da Giàsone e dagli altri, li rilasciarono.
10Ma i fratelli subito, durante la notte, fecero partire Paolo e Sila verso Berèa. Giunti colà entrarono nella sinagoga dei Giudei.11Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalonica ed accolsero la parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così.12Molti di loro credettero e anche alcune donne greche della nobiltà e non pochi uomini.13Ma quando i Giudei di Tessalonica vennero a sapere che anche a Berèa era stata annunziata da Paolo la parola di Dio, andarono anche colà ad agitare e sobillare il popolo.14Allora i fratelli fecero partire subito Paolo per la strada verso il mare, mentre Sila e Timòteo rimasero in città.15Quelli che scortavano Paolo lo accompagnarono fino ad Atene e se ne ripartirono con l'ordine per Sila e Timòteo di raggiungerlo al più presto.
16Mentre Paolo li attendeva ad Atene, fremeva nel suo spirito al vedere la città piena di idoli.17Discuteva frattanto nella sinagoga con i Giudei e i pagani credenti in Dio e ogni giorno sulla piazza principale con quelli che incontrava.18Anche certi filosofi epicurei e stoici discutevano con lui e alcuni dicevano: "Che cosa vorrà mai insegnare questo ciarlatano?". E altri: "Sembra essere un annnunziatore di divinità straniere"; poiché annunziava Gesù e la risurrezione.19Presolo con sé, lo condussero sull'Areòpago e dissero: "Possiamo dunque sapere qual è questa nuova dottrina predicata da te?20Cose strane per vero ci metti negli orecchi; desideriamo dunque conoscere di che cosa si tratta".21Tutti gli Ateniesi infatti e gli stranieri colà residenti non avevano passatempo più gradito che parlare e sentir parlare.
22Allora Paolo, alzatosi in mezzo all'Areòpago, disse:
"Cittadini ateniesi, vedo che in tutto siete molto timorati degli dèi.23Passando infatti e osservando i monumenti del vostro culto, ho trovato anche un'ara con l'iscrizione: Al Dio ignoto. Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio.24'Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene', che è signore del cielo e della terra, non dimora in templi costruiti dalle mani dell'uomo25né dalle mani dell'uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa, essendo lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa.26Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l'ordine dei tempi e i confini del loro spazio,27perché cercassero Dio, se mai arrivino a trovarlo andando come a tentoni, benché non sia lontano da ciascuno di noi.28In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come anche alcuni dei vostri poeti hanno detto: Poiché di lui stirpe noi siamo.
29Essendo noi dunque stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all'oro, all'argento e alla pietra, che porti l'impronta dell'arte e dell'immaginazione umana.30Dopo esser passato sopra ai tempi dell'ignoranza, ora Dio ordina a tutti gli uomini di tutti i luoghi di ravvedersi,31poiché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare la terra con giustizia per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti".
32Quando sentirono parlare di risurrezione di morti, alcuni lo deridevano, altri dissero: "Ti sentiremo su questo un'altra volta".33Così Paolo uscì da quella riunione.34Ma alcuni aderirono a lui e divennero credenti, fra questi anche Dionìgi membro dell'Areòpago, una donna di nome Dàmaris e altri con loro.
Capitolo XIV: Pensare all’occulto giudizio di Dio, per non insuperbirci del bene
Leggilo nella Biblioteca1. Come tuono fai scendere sopra di me i tuoi giudizi, Signore; timore e terrore scuotono tutte le mie ossa; l'anima mia si ritrae spaventata. Sbigottito penso che neppure i cieli sono puri, di fronte a te. Se hai trovato dei malvagi persino tra gli angeli e non li hai risparmiati, che cosa accadrà di me? Caddero le stelle del cielo, ed io, che sono polvere, che cosa presumo di me? Caddero nel profondo certuni, che sembrava avessero compiuto opere degne di lode; certuni che mangiavano il pane degli angeli, li ho visti contentarsi delle carrube che mangiavano i porci. Invero, non c'è santità se tu, o Signore, togli la tua mano; la sapienza non serve a nulla, se tu cessi di reggerci; la fortezza non giova, se tu cessi di custodirla; la castità non è sicura, se tu non la difendi; la vigilanza su se stessi non vale, se tu non sei presente con la tua santa protezione. Infatti se tu ci abbandoni, andiamo a fondo e moriamo; se tu, invece, ci assisti ci teniamo ritti e viviamo. In verità, noi siamo malfermi, ma tu ci rafforzi; siamo tiepidi, ma tu ci infiammi.
2. Oh!, come devo essere conscio della mia bassezza e della mia abiezione; e come devo considerare un nulla quel poco di bene che mi possa sembrare di aver fatto. Con quale pienezza di sottomissione devo accettare, o Signore, i tuoi profondi giudizi, giacché mi trovo ad essere nient'altro che nulla e poi nulla. E' cosa grande, invalicabile, questo riscontrare che di mio non c'è assolutamente niente. Dove mai si nasconde la mia boria, dove finisce la sicurezza che riponevo nella mia virtù. Ogni mia vuota vanteria è inghiottita nella profondità dei tuoi giudizi sopra di me. Che cosa mai è l'uomo di fronte a te? Forse che la creta può vantarsi nei confronti di colui che la plasma? (cfr. Is 45,9). Come può gonfiarsi, con vane parole, colui che, in verità, nell'intimo è soggetto a Dio? Neppure il mondo intero lo potrebbe far montare in superbia, poiché la Verità stessa lo ha soggiogato. Neppure un elogio da parte di tutti gli uomini lo potrebbe smuovere, poiché ha posto interamente la sua speranza in Dio: infatti, quelli che fanno tanti elogi, ecco, non sono che nulla, e scompariranno con il suono delle loro parole. Mentre la "parola del Signore resta in eterno" (Sal 116,2).
DISCORSO 285 NEL NATALE DEI MARTIRI CASTO ED EMILIO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella Biblioteca
La solennità dei martiri si deve celebrare in modo che desti attrattiva la loro imitazione.
1. La virtù dei santi martiri non solo eminente ma anche religiosa (è infatti utile, anzi, proprio quella che non lotta per affermazione di superiorità, ma per Dio, è la vera e la sola cui si conviene il nome di virtù) ci esorta a parlare alla Carità vostra e ancora avvertirla di celebrare le solennità dei martiri in modo che si susciti attrattiva per l'imitazione ripercorrendone le orme. Anche quanto ai martiri, infatti, non fu bene loro proprio essere stati forti. Quella sorgente non si diffuse fermandosi a loro. Chi ad essi l'ha concesso può donarlo anche a noi: poiché unico è il prezzo che è stato dato per tutti noi.
Non è la pena, ma la causa a fare i martiri. La fede del ladrone sulla croce cambiò la causa del suo soffrire. Tre croci. La croce di Cristo seggio del giudice.
2. Che il martire di Dio non è tale per la pena ma per la causa è, dunque, una verità che dovete tener presente in modo particolare, vi si deve ricordare di frequente e dovete sempre tornarci su con il pensiero. La nostra giustizia, infatti, e non i tormenti attira la compiacenza di Dio; nel giudizio dell'Onnipotente e del Verace non si ricerca che cosa ciascuno soffra, ma la ragione del patire. Pertanto, il poterci segnare con la croce del Signore non è frutto delle sofferenze di lui, ma della causa. Per cui, se lo avesse procurato la pena, sarebbe stata in grado di apportarlo anche la pena simile dei ladroni. In uno stesso luogo erano tre crocifissi, al centro il Signore che venne annoverato tra i malfattori 1. Posero i due ladroni da ambo i lati: ma non ebbero in comune la causa. Venivano accostati ai lati di Gesù che pendeva, ma si distanziavano assai. Furono i loro personali delitti a crocifiggerli, i nostri a crocifiggerlo. Nondimeno, anche in uno di essi fu ben chiaro quale valore avesse non il tormento dell'uomo crocifisso, ma l'umile riconoscimento del reo. Il ladrone guadagnò nel dolore quel che Pietro aveva perduto nella paura: riconobbe il delitto, salì sulla croce; cambiò la causa, acquistò il paradiso. Meritò indubbiamente di cambiare la causa quello che non disprezzò in Cristo la somiglianza della pena. I Giudei lo trattarono con disprezzo quando compiva i miracoli, quello credette in lui quando era crocifisso. In chi gli era compagno sulla croce riconobbe il Signore e, credendo, fece violenza al Regno dei cieli. Il ladrone credette in Cristo proprio quando la fede degli Apostoli vacillò. Giustamente meritò di ascoltare: Oggi sarai con me in paradiso 2. Certamente da parte sua non se l'aspettava, era certo di affidarsi ad una grande misericordia, ma pensava anche alle sue colpe: Signore - disse - ricordati di me quando sarai giunto nel tuo regno 3. Prevedeva che sarebbe rimasto a soffrire finché il Signore non fosse giunto nel suo regno e si limitava a sollecitare vivamente che gli venisse usata misericordia all'arrivo di lui. Perciò il ladrone, tutto preso dal pensiero delle sue colpe, era disposto ad attendere: ma il Signore offriva al ladrone quel che non sperava; come se dicesse: Tu chiedi che io mi ricordi di te quando sarò giunto nel mio regno, in verità, in verità ti dico, oggi sarai con me in paradiso 4. Riconosci Colui al quale ti affidi: Io, che tu credi debba venire, sono dovunque, prima che io venga. Perciò, sebbene io sia per discendere agli inferi, oggi ti avrò in paradiso; non affidato ad un altro, ma con me. Nella natura della mia umiliazione discesi infatti tra gli uomini mortali e persino tra i morti stessi, però la mia divinità non si allontana mai dal paradiso. Così, ecco tre croci, tre cause. Uno dei ladroni insultava Cristo, l'altro, confessando le proprie malefatte, si affidava alla misericordia di Cristo. La croce di Cristo, al centro, non fu uno strumento di supplizio, ma un tribunale: in realtà, dalla croce condannò l'offensore, liberò il credente. Abbiate timore, voi persecutori, godete, voi credenti: quanto egli operò nell'abbiezione, quello farà nella gloria.
I doni di grazia provengono dall'insondabile giudizio di Dio. Pietro presuntuoso è abbandonato per un poco a se stesso perché si conosca. Dio detesta i presuntuosi.
3. I doni divini provengono dall'insondabile giudizio di Dio: li possiamo ammirare, non siamo capaci di approfondirne la conoscenza. Infatti: Chi ha potuto conoscere il pensiero del Signore? 5 e: Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e investigabili le sue vie! 6 Tenendosi sempre dietro a Cristo, Pietro si confonde, e rinnega: è guardato, e piange; il pianto lava ciò che la paura aveva macchiato. Quello di Pietro non fu un disertare, ma un uscire dall'ignoranza. Senza dubbio, alla richiesta se amasse il Signore, si era creduto capace anche di morire per lui. Lo aveva attribuito alle proprie risorse: se non gli si fosse sottratto per un poco Colui che lo sosteneva, non avrebbe raggiunto consapevolezza di sé. Arrivò a dire: Darò la mia vita per te 7. Azzardava di voler dare la vita per Cristo il presuntuoso, per il quale il liberatore non aveva ancora dato la sua. Quando poi lo agita la paura, come il Signore aveva predetto, rinnega tre volte Colui per il quale aveva promesso di morire. Come è stato scritto: il Signore lo guardò. E quello pianse amaramente 8. Era amaro il ricordo del rinnegamento perché risultasse dolce la grazia della redenzione. Se non fosse rimasto in balia di se stesso, non avrebbe rinnegato; se non fosse stato guardato, non avrebbe pianto. Dio detesta quanti contano sulle proprie forze e, da medico, asporta questo tumore da coloro che ama. Procura certamente dolore tagliando: ma fortifica la salute. Pertanto, alla risurrezione, il Signore affida le sue pecore a Pietro, a chi aveva rinnegato, al rinnegatore, ma in quanto pieno di sé; più tardi al pastore, in quanto pieno di amore. Per quale ragione infatti interpella tre volte chi ama se non a compunzione di chi tre volte ha negato? Dunque, per la grazia di Dio, Pietro realizzò in seguito quanto in un primo momento, nella sicurezza di sé, non gli riuscì. Infatti, dopo che ebbe affidato le pecore a Pietro, non come sue ma quali proprie, perché ne avesse cura non a suo vantaggio ma per il Signore, gli fece prevedere la passione che lo attendeva e che prima si era fatto sfuggire dimostrando una premura troppo precipitosa. Quando sarai vecchio - disse - un altro ti cingerà e ti porterà dove tu non vuoi. Ma gli disse questo per indicare con quale morte avrebbe glorificato il Signore 9. Si realizzò, arrivò l'ora del martirio per Pietro che aveva lavato nelle lacrime la negazione. Il tentatore non poté portargli via ciò che il Salvatore gli aveva promesso.
Per quale ragione Casto ed Emilio, in un primo tempo, si dettero per vinti durante i tormenti e perché furono vittoriosi.
4. Mi sembra che qualcosa di simile si sia verificato in questi santi martiri Casto ed Emilio dei quali oggi celebriamo la ricorrenza. Probabilmente anch'essi, in un primo tempo, contarono sulle loro forze e perciò vennero meno. Cristo mostrò loro chi veramente egli fosse e chi essi fossero. Rintuzzò i presuntuosi e suscitò i credenti: sostenne i combattenti, coronò i vincitori. Insomma, già al primo assalto, il nemico ne gioiva; quando si arresero ai dolori, li contava dalla sua parte, già esultava, già li aveva in possesso: ma tanto quanto fu loro permesso dalla misericordia del Signore; alcuni martiri vinsero il diavolo insidiatore, questi persino il diavolo certo della vittoria. Pertanto, fratelli miei, conserviamo il ricordo della festa solenne che oggi celebriamo; guardandoci dall'imitarli in ciò che ne fece dei vinti, ma piuttosto in ciò che li rese vincitori. Se le cadute dei grandi non sono rimaste nascoste è perché siano nel timore quanti sono stati troppo sicuri di sé. In ogni senso ci viene raccomandata premurosamente l'umiltà del Maestro buono. Giacché anche la nostra salvezza in Cristo è l'umiltà di Cristo. Infatti, non ci sarebbe per noi salvezza se Cristo non si fosse degnato di farsi umile per noi. Teniamo ben presente che non dobbiamo riporre molta fiducia in noi stessi. Rimettiamo a Dio quel che abbiamo e imploriamo da lui quel che ci manca.
I martiri sono i nostri avvocati, pur tuttavia abbiamo un solo avvocato: Cristo.
5. La giustizia dei martiri è perfetta perché raggiunsero la perfezione proprio nel crogiuolo della passione. È per questo che nella Chiesa non si prega per loro. Per gli altri fedeli defunti si prega, per i martiri non si prega. Infatti, ne uscirono così purificati da non essere i nostri protetti ma i nostri avvocati. E questo non di per se stessi ma in Colui al quale, come Capo, le membra perfette sono strettamente connesse. Egli è infatti veramente l'unico avvocato 10, che sta alla destra del Padre e intercede per noi 11; ma quale unico avvocato, come anche unico pastore. Dice infatti: Devo condurre anche quelle pecore che non sono di quest'ovile 12. Come Cristo è pastore, non è pastore anche Pietro? Ma certo, anche Pietro è pastore, ed anche gli altri pastori sono tali senza alcun dubbio. Infatti, se non è pastore, come gli si può dire: Pasci le mie pecore 13? Pur tuttavia, il vero pastore è colui che pasce le pecore di sua proprietà. Non fu detto perciò a Pietro: Pasci le tue pecore; ma le mie. Quindi, Pietro è pastore non di per sé, ma nella persona del Pastore. Se infatti volesse pascere le pecore come proprie, diventerebbero subito capri quelli del suo pascolo.
Non ci sono pecore di Cristo fuori dalla Chiesa, ma capri condotti al pascolo dagli scismatici. La voce dei donatisti.
6. Diversamente da quel che si dice a Pietro: Pasci le mie pecore 14, nel Cantico dei Cantici è detto: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne 15. Ci rendiamo senz'altro conto a chi si parla ed in essa siamo anche noi ad ascoltare. Certamente la Chiesa questo ascolta da Cristo, la sposa ascolta dallo sposo: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne, esci tu 16. Quant'è brutta la parola esci! Disse: Uscirono da noi ma non erano dei nostri 17. A tale severa parola qual è esci, fa contrasto, in senso buono, quell'espressione amabile: Entra nel gaudio del tuo Signore 18. Dunque, se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, o cattolica, bella tra le eresie: Se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, esci tu: non è infatti che io ti scaccio ma esci tu. Uscirono infatti da noi quelli che si separano, vivi della vita del corpo, privi dello Spirito 19. Non fu detto infatti: Furono cacciati via; ma: Uscirono. Anche nei riguardi dei primi peccatori la giustizia divina operò in tal modo. Infatti, quasi curvi ormai sotto il proprio peso, li scacciò, non li escluse dal paradiso 20. Dunque, Se non avrai riconosciuto te stessa o la più bella delle donne, esci tu, non sono io a scacciarti, esci tu. Da parte mia voglio risanarti nel mio corpo, tu aspiri ad essere mondata della tua putredine. Questo fu detto a coloro che si prevedeva sarebbero usciti perché potessero riconoscersi e lo avessero evitato quanti sarebbero rimasti. Per quale ragione, infatti, pure quelli uscirono se non perché non riconobbero se stessi? Quindi, se l'avessero fatto, si sarebbero allora accorti che quanto davano non apparteneva a loro, ma a Dio. Sono io a dare: è mio quel che cedo ed è cosa santa proprio perché sono io a dare. Non ti sei riconosciuta e di conseguenza sei uscita. Infatti non hai voluto ascoltare chi dice: Se non avrai riconosciuto te stessa, o la più bella delle donne. Eri bella infatti una volta, quando ti tenevi stretta alle membra del tuo sposo. Perciò non hai voluto ascoltare e soppesare in che consista il se non avrai riconosciuto te stessa, perché è certo che ti ha trovata brutta, perché da brutta ti ha resa bella, perché da nera ti ha resa bianca. Che cos'hai che non hai ricevuto? 21 Dunque, non badi in qual senso sia stato detto: Se non avrai riconosciuto te stessa, esci tu. Ed hai creduto di dover pascere pecore tue, non come fu detto a Pietro: Pasci le mie pecore 22. Ma attenta a quel che ti ha aggiunto, al fatto che ti ha predetto queste cose: Esci tu dietro le orme delle greggi 23; non del gregge, ma delle greggi. Ivi infatti si conducono al pascolo le pecore di Cristo, dov'è un solo gregge ed un solo pastore. Dunque: Esci tu dietro le orme delle greggi disposta a dividerti, già divisa, lacerata. Esci tu sulle orme delle greggi: e pasci i tuoi capretti; non come Pietro, le mie pecore, ma i tuoi capretti presso le tende dei pastori 24, non nella tenda del Pastore. Pietro entra, animato da carità, tu esci presa da malanimo; proprio perché Pietro giunse a conoscersi, perciò pianse se stesso a causa della sua presunzione e meritò di incontrare chi era là ad aiutarlo; quindi, esci tu. Pietro le mie pecore, tu i tuoi capretti. Quello nella tenda del Pastore, tu nelle tende dei pastori. Perché vai in giro ostentando la tua ingiusta pena, tu che non sei animata da una causa retta?
I martiri si devono onorare nell'unità della Chiesa.
7. Pertanto, diamo onore ai martiri nell'interno, nella tenda del Pastore, tra i membri del Pastore, animati dalla grazia, non da arroganza; da pietà, non da presunzione; da perseveranza, non da ostinazione; da concordia unanime, non da spirito di parte. Di conseguenza, se volete imitare i martiri autentici, scegliete quella causa che vi consenta di poter dire al Signore: Fammi giustizia, o Signore, distingui la mia causa da quella di gente spietata 25. Distingui non la mia pena - infatti è nella pena anche la gente spietata -, ma la mia causa, che è propria unicamente di chi ha la grazia. Dunque, scegliete per voi la causa, sostenete la causa buona e giusta, certi dell'aiuto del Signore, non vi spaventi alcuna pena. Rivolti al Signore.
1 - Is 53, 12.
2 - Lc 23, 43
3 - Lc 23, 42.
4 - Lc 23, 43
5 - Rm 11, 34.
6 - Rm 11, 33.
7 - Lc 22, 33.
8 - Lc 22, 61-62.
9 - Gv 21, 18-19.
10 - Cf. 1 Gv 2, 1.
11 - Cf. Rm 8, 34.
12 - Gv 10, 16.
13 - Gv 21, 17.
14 - Gv 21, 17.
15 - Ct 1, 7.
16 - Ct 1, 7.
17 - 1 Gv 2, 19.
18 - Mt 25, 21.
19 - Gd 19.
20 - Cf. Gn 3, 23.
21 - 1 Cor 4, 7.
22 - Gv 21, 17.
23 - Ct 1, 7.
24 - Ct 1, 7.
25 - Sal 42, 1.
Capitolo XXXIV: Chi è ricco d’amore gusta Dio in tutto e al di sopra di ogni cosa
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella Biblioteca1. Ecco, mio Dio e mio tutto. Che voglio di più; quale altra cosa posso io desiderare per la mia felicità? O parola piena di dolce sapore, sapore però che gusta soltanto colui che ama il Verbo, non colui che ama il mondo e le cose del mondo! Mio Dio e mio tutto. E' detto abbastanza per chi ha intelletto; ed è una gioia, per chi ha amore, ripeterlo spesso. In verità, se tu sei con noi, recano gioia tutte le cose; se, invece, tu sei lontano, tutto infastidisce. Sei tu che dai pace al cuore: una grande pace e una gioia festosa. Sei tu che fai gustare rettamente ogni cosa e fai sì che noi ti lodiamo in tutte le cose. Senza di te nulla ci può dare diletto durevole. Perché una cosa possa esserci gradita e rettamente piacevole, occorre che la tua grazia non sia assente; occorre che questa cosa sia condita del condimento della tua sapienza. C'è forse una cosa che uno non sappia rettamente gustare, se questi ha gusto di te? E che cosa mai potrà esserci di gioioso per uno che non ha gusto di te? Dinanzi alla tua sapienza, scompaiono i sapienti di questo mondo; scompaiono anche coloro che amano ciò che è carnale: tra quelli si trova una grande vanità, tra questi la morte. Veri sapienti sono riconosciuti , all'incontro, coloro che seguono te, disprezzando le cose di questo mondo e mortificando la carne: veri sapienti, perché passati dalla vanità alla verità, dalla carne allo spirito. Sono questi che sanno gustare Dio, e riconducono a lode del Creatore tutto ciò che di buono si trova nelle creature.
2. Diversi, molto diversi per noi, sono il gusto che dà il Creatore e il gusto che dà la creatura; quello dell'eternità e quello del tempo; quello della luce increata e quello della luce che viene data. O eterna luce, che trascendi ogni luce creata, manda dall'alto un lampo splendente, che tutto penetri nel più profondo del mio cuore! Rendi puro e lieto e limpido e vivo il mio spirito, in tutte le sue facoltà; che esso sia intimamente unito a te, in un gioioso abbandono. Quando, dunque, verrà quel momento beato ed atteso, in cui tu mi appagherai pienamente con la tua presenza e sarai tutto e in tutto per me? Fino a quando questo non mi sarà concesso, non ci sarà per me una piena letizia. Ancora, purtroppo, vive in me l'uomo vecchio; ancora non è totalmente crocefisso, non è morto del tutto; ancora si pone duramente, con le sue brame, contro lo spirito; muove lotte interiori e non permette che il regno dell'anima abbia pace. Ma "tu, che comandi alla forza del mare e plachi il moto dei flutti (Sal 88,10), levati in mio soccorso (Sal 43,25); disperdi le genti che vogliono la guerra (Sal 67,31)abbattile con la tua potenza" (Sal 58,12). Mostra, te ne scongiuro, le tue opere grandi, e sarà data gloria alla tua speranza, altro rifugio non mi è dato se non in te, Signore Dio mio.
Dongo (Como), 28 novembre 1987. Sabato: inizio dell'Avvento. Preparatevi con me.
Don Stefano Gobbi
«Iniziate questo periodo di Avvento con Me, figli prediletti. Avvolti dalla mia Luce immacolata, che si diffonde ovunque come aurora per annunciare la venuta di Cristo, disponetevi tutti a ricevere con gioia il Signore che viene. Preparatevi bene al Santo Natale. Preparatevi con Me a vivere il ricordo liturgico della Sua nascita nella pace, nel silenzio, nella trepida attesa. In questo tempo di preparazione si accresca la fede, s'illumini la speranza, si fortifichi la carità, diventi più intensa la vostra preghiera. Preparatevi con Me alla venuta di Gesù che si realizza ogni giorno nel mistero della Sua reale presenza Eucaristica e sotto le spoglie umane di ogni persona che voi incontrate.
Questo quotidiano incontro con Gesù deve diventare per voi un gioioso e perenne Natale. Aprite le vostre anime a ricevere il dono della sua Grazia e del suo Amore. Spalancate le porte dei vostri cuori per offrire a Lui una dimora calda di amore, quando viene per donarsi personalmente a ciascuno di voi, nel momento della Comunione Eucaristica. Siano illuminate le vostre menti per saperlo sempre riconoscere sotto le fragili e dolorose sembianze dei piccoli, dei poveri, degli ammalati, dei bisognosi, dei peccatori, dei lontani, degli emarginati, degli oppressi, dei perseguitati, dei moribondi. Preparatevi con Me al Suo ritorno nella gloria. In questi tempi Io devo preparare la Chiesa e tutta l'umanità al suo vicino e glorioso ritorno. Per questo la mia presenza fra voi si farà più forte e la mia Luce diventerà ancora più grande, come l'aurora quando raggiunge il suo culmine nel sorgere del sole, che allontana dal mondo ogni ombra della notte.
Si allontani la notte tenebrosa della proclamata negazione di Dio e della ostinata ribellione alla sua Legge, per disporvi a ricevere il sole radioso dell'Emmanuele, di Dio con noi. Si allontani la notte del peccato e della impurità per prepararvi a ricevere il Dio della Grazia e della santità. Si allontani la notte dell'odio, dell'egoismo e della ingiustizia per correre incontro al Dio dell'amore e della pace. Si allontani la notte della incredulità e della superbia, per prepararvi alla venuta di Gesù nella fede e nella umiltà. D'ora innanzi vedrete la mia Luce farsi più forte, fino a raggiungere il suo vertice di splendore che si rifletterà in ogni parte della terra. Quanto più la Luce immacolata della vostra Mamma Celeste si diffonderà ovunque tanto più l'umanità e la Chiesa saranno preparate a ricevere il Signore che viene».