Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Ricorri con fiducia a Maria nei bisogni dell'anima tua. (San Giovanni Bosco)

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 12° settimana del tempo ordinario (Cuore Immacolato di Maria)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 4

1Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo.2E dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, ebbe fame.3Il tentatore allora gli si accostò e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, di' che questi sassi diventino pane".4Ma egli rispose: "Sta scritto:

'Non di solo pane vivrà l'uomo,
ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".'

5Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del tempio6e gli disse: "Se sei Figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto:

'Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo,
ed essi ti sorreggeranno con le loro mani,
perché non abbia a urtare contro un sasso il tuo piede'".

7Gesù gli rispose: "Sta scritto anche:

'Non tentare il Signore Dio tuo'".

8Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse:9"Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai".10Ma Gesù gli rispose: "Vattene, satana! Sta scritto:

'Adora il Signore Dio tuo
e a lui solo rendi culto'".

11Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.

12Avendo intanto saputo che Giovanni era stato arrestato, Gesù si ritirò nella Galilea13e, lasciata Nàzaret, venne ad abitare a Cafàrnao, presso il mare, nel territorio di Zàbulon e di Nèftali,14perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:

15'Il paese di Zàbulon e il paese di Nèftali,
sulla via del mare, al di là del Giordano,
Galilea delle genti;'
16'il popolo immerso nelle tenebre
ha visto una grande luce;
su quelli che dimoravano in terra e ombra di morte
una luce si è levata.'

17Da allora Gesù cominciò a predicare e a dire: "Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino".

18Mentre camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare, poiché erano pescatori.
19E disse loro: "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini".20Ed essi subito, lasciate le reti, lo seguirono.21Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedèo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò.22Ed essi subito, lasciata la barca e il padre, lo seguirono.

23Gesù andava attorno per tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe e predicando la buona novella del regno e curando ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo.24La sua fama si sparse per tutta la Siria e così condussero a lui tutti i malati, tormentati da varie malattie e dolori, indemoniati, epilettici e paralitici; ed egli li guariva.25E grandi folle cominciarono a seguirlo dalla Galilea, dalla Decàpoli, da Gerusalemme, dalla Giudea e da oltre il Giordano.


Secondo libro di Samuele 24

1La collera del Signore si accese di nuovo contro Israele e incitò Davide contro il popolo in questo modo: "Su, fa' il censimento d'Israele e di Giuda".2Il re disse a Ioab e ai suoi capi dell'esercito: "Percorri tutte le tribù d'Israele, da Dan fino a Bersabea, e fate il censimento del popolo, perché io conosca il numero della popolazione".3Ioab rispose al re: "Il Signore tuo Dio moltiplichi il popolo cento volte più di quello che è, e gli occhi del re mio signore possano vederlo! Ma perché il re mio signore desidera questa cosa?".4Ma l'ordine del re prevalse su Ioab e sui capi dell'esercito e Ioab e i capi dell'esercito si allontanarono dal re per fare il censimento del popolo d'Israele.
5Passarono il Giordano e cominciarono da Aroer e dalla città che è in mezzo al torrente di Gad e presso Iazer.6Poi andarono in Gàlaad e nel paese degli Hittiti a Kades; andarono a Dan. Poi girarono intorno a Sidòne;7andarono alla fortezza di Tiro e in tutte le città degli Evei e dei Cananei e finirono nel Negheb di Giuda a Bersabea.8Percorsero così tutto il paese e dopo nove mesi e venti giorni tornarono a Gerusalemme.9Ioab consegnò al re la cifra del censimento del popolo: c'erano in Israele ottocentomila guerrieri che maneggiavano la spada; in Giuda cinquecentomila.
10Ma dopo che Davide ebbe fatto il censimento del popolo, si sentì battere il cuore e disse al Signore: "Ho peccato molto per quanto ho fatto; ma ora, Signore, perdona l'iniquità del tuo servo, poiché io ho commesso una grande stoltezza".11Quando Davide si fu alzato il mattino dopo, questa parola del Signore fu rivolta al profeta Gad, il veggente di David:12"Va' a riferire a Davide: Dice il Signore: Io ti propongo tre cose: scegline una e quella ti farò".13Gad venne dunque a Davide, gli riferì questo e disse: "Vuoi tre anni di carestia nel tuo paese o tre mesi di fuga davanti al nemico che ti insegua oppure tre giorni di peste nel tuo paese? Ora rifletti e vedi che cosa io debba rispondere a chi mi ha mandato".14Davide rispose a Gad: "Sono in grande angoscia! Ebbene cadiamo nelle mani del Signore, perché la sua misericordia è grande, ma che io non cada nelle mani degli uomini!".15Così il Signore mandò la peste in Israele, da quella mattina fino al tempo fissato; da Dan a Bersabea morirono settantamila persone del popolo.16E quando l'angelo ebbe stesa la mano su Gerusalemme per distruggerla, il Signore si pentì di quel male e disse all'angelo che distruggeva il popolo: "Basta; ritira ora la mano!".
Ora l'angelo del Signore si trovava presso l'aia di Araunà il Gebuseo.17Davide, vedendo l'angelo che colpiva il popolo, disse al Signore: "Io ho peccato; io ho agito da iniquo; ma queste pecore che hanno fatto? La tua mano venga contro di me e contro la casa di mio padre!".
18Quel giorno Gad venne da Davide e gli disse: "Sali, innalza un altare al Signore sull'aia di Araunà il Gebuseo".
19Davide salì, secondo la parola di Gad, come il Signore aveva comandato.20Araunà guardò e vide il re e i suoi ministri dirigersi verso di lui. Araunà uscì e si prostrò davanti al re con la faccia a terra.
21Poi Araunà disse: "Perché il re mio signore viene dal suo servo?". Davide rispose: "Per acquistare da te quest'aia e innalzarvi un altare al Signore, perché il flagello cessi di colpire il popolo".22Araunà disse a Davide: "Il re mio signore prenda e offra quanto gli piacerà! Ecco i buoi per l'olocausto; le trebbie e gli arnesi dei buoi serviranno da legna.23Tutte queste cose, re, Araunà te le regala". Poi Araunà disse al re: "Il Signore tuo Dio ti sia propizio!".24Ma il re rispose ad Araunà: "No, io acquisterò da te queste cose per il loro prezzo e non offrirò al Signore mio Dio olocausti che non mi costino nulla". Davide acquistò l'aia e i buoi per cinquanta sicli d'argento;25edificò in quel luogo un altare al Signore e offrì olocausti e sacrifici di comunione. Il Signore si mostrò placato verso il paese e il flagello cessò di colpire il popolo.


Giobbe 30

1Ora invece si ridono di me
i più giovani di me in età,
i cui padri non avrei degnato
di mettere tra i cani del mio gregge.
2Anche la forza delle loro mani a che mi giova?
Hanno perduto ogni vigore;
3disfatti dalla indigenza e dalla fame,
brucano per l'arido deserto,
4da lungo tempo regione desolata,
raccogliendo l'erba salsa accanto ai cespugli
e radici di ginestra per loro cibo.
5Cacciati via dal consorzio umano,
a loro si grida dietro come al ladro;
6sì che dimorano in valli orrende,
nelle caverne della terra e nelle rupi.
7In mezzo alle macchie urlano
e sotto i roveti si adunano;
8razza ignobile, anzi razza senza nome,
sono calpestati più della terra.
9Ora io sono la loro canzone,
sono diventato la loro favola!
10Hanno orrore di me e mi schivano
e non si astengono dallo sputarmi in faccia!
11Poiché egli ha allentato il mio arco e mi ha
abbattuto,
essi han rigettato davanti a me ogni freno.
12A destra insorge la ragazzaglia;
smuovono i miei passi
e appianano la strada contro di me per perdermi.
13Hanno demolito il mio sentiero,
cospirando per la mia disfatta
e nessuno si oppone a loro.
14Avanzano come attraverso una larga breccia,
sbucano in mezzo alle macerie.
15I terrori si sono volti contro di me;
si è dileguata, come vento, la mia grandezza
e come nube è passata la mia felicità.
16Ora mi consumo
e mi colgono giorni d'afflizione.
17Di notte mi sento trafiggere le ossa
e i dolori che mi rodono non mi danno riposo.
18A gran forza egli mi afferra per la veste,
mi stringe per l'accollatura della mia tunica.
19Mi ha gettato nel fango:
son diventato polvere e cenere.
20Io grido a te, ma tu non mi rispondi,
insisto, ma tu non mi dai retta.
21Tu sei un duro avversario verso di me
e con la forza delle tue mani mi perseguiti;
22mi sollevi e mi poni a cavallo del vento
e mi fai sballottare dalla bufera.
23So bene che mi conduci alla morte,
alla casa dove si riunisce ogni vivente.
24Ma qui nessuno tende la mano alla preghiera,
né per la sua sventura invoca aiuto.
25Non ho pianto io forse con chi aveva i giorni duri
e non mi sono afflitto per l'indigente?
26Eppure aspettavo il bene ed è venuto il male,
aspettavo la luce ed è venuto il buio.
27Le mie viscere ribollono senza posa
e giorni d'affanno mi assalgono.
28Avanzo con il volto scuro, senza conforto,
nell'assemblea mi alzo per invocare aiuto.
29Sono divenuto fratello degli sciacalli
e compagno degli struzzi.
30La mia pelle si è annerita, mi si stacca
e le mie ossa bruciano dall'arsura.
31La mia cetra serve per lamenti
e il mio flauto per la voce di chi piange.


Salmi 4

1'Al maestro del coro. Per strumenti a corda. Salmo. Di Davide.'

2Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

3Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane e cercate la menzogna?
4Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
il Signore mi ascolta quando lo invoco.

5Tremate e non peccate,
sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.
6Offrite sacrifici di giustizia
e confidate nel Signore.

7Molti dicono: "Chi ci farà vedere il bene?".
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
8Hai messo più gioia nel mio cuore
di quando abbondano vino e frumento.
9In pace mi corico e subito mi addormento:
tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.


Isaia 31

1Guai a quanti scendono in Egitto per cercar aiuto,
e pongono la speranza nei cavalli,
confidano nei carri perché numerosi
e sulla cavalleria perché molto potente,
senza guardare al Santo di Israele
e senza cercare il Signore.
2Eppure anch'egli è capace di mandare sciagure
e non rinnega le sue parole.
Egli si alzerà contro la razza dei malvagi
e contro l'aiuto dei malfattori.
3L'Egiziano è un uomo e non un dio,
i suoi cavalli sono carne e non spirito.
Il Signore stenderà la sua mano:
inciamperà chi porta aiuto e cadrà chi è aiutato,
tutti insieme periranno.

4Poiché così mi ha parlato il Signore:
"Come per la sua preda
ruggisce il leone o il leoncello,
quando gli si raduna contro
tutta la schiera dei pastori,
e non teme le loro grida
né si preoccupa del loro chiasso,
così scenderà il Signore degli eserciti
per combattere sul monte Sion e sulla sua collina.
5Come gli uccelli proteggono i loro pulcini,
così il Signore degli eserciti proteggerà Gerusalemme;
egli la proteggerà, ed essa sarà salvata,
la risparmierà ed essa sarà liberata".

6Ritornate, Israeliti, a colui al quale vi siete profondamente ribellati.7In quel giorno ognuno rigetterà i suoi idoli d'argento e i suoi idoli d'oro, lavoro delle vostre mani peccatrici.

8Cadrà l'Assiria sotto una spada che non è di uomo;
una spada non umana la divorerà;
se essa sfugge alla spada,
i suoi giovani guerrieri saranno ridotti in schiavitù.
9Essa abbandonerà per lo spavento la sua rocca
e i suoi capi tremeranno per un'insegna.
Oracolo del Signore che ha un fuoco in Sion
e una fornace in Gerusalemme.


Prima lettera ai Tessalonicesi 4

1Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù: avete appreso da noi come comportarvi in modo da piacere a Dio, e così già vi comportate; cercate di agire sempre così per distinguervi ancora di più.2Voi conoscete infatti quali norme vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.3Perché questa è la volontà di Dio, la vostra santificazione: che vi asteniate dalla impudicizia,4che ciascuno sappia mantenere il proprio corpo con santità e rispetto,5non come oggetto di passioni e libidine, come i pagani che non conoscono Dio;6che nessuno offenda e inganni in questa materia il proprio fratello, perché il Signore è vindice di tutte queste cose, come già vi abbiamo detto e attestato.7Dio non ci ha chiamati all'impurità, ma alla santificazione.8Perciò chi disprezza queste norme non disprezza un uomo, ma Dio stesso, che vi dona il suo Santo Spirito.
9Riguardo all'amore fraterno, non avete bisogno che ve ne scriva; voi stessi infatti avete imparato da Dio ad amarvi gli uni gli altri,10e questo voi fate verso tutti i fratelli dell'intera Macedonia. Ma vi esortiamo, fratelli, a farlo ancora di più11e a farvi un punto di onore: vivere in pace, attendere alle cose vostre e lavorare con le vostre mani, come vi abbiamo ordinato,12al fine di condurre una vita decorosa di fronte agli estranei e di non aver bisogno di nessuno.

13Non vogliamo poi lasciarvi nell'ignoranza, fratelli, circa quelli che sono morti, perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza.14Noi crediamo infatti che Gesù è morto e risuscitato; così anche quelli che sono morti, Dio li radunerà per mezzo di Gesù insieme con lui.15Questo vi diciamo sulla parola del Signore: noi che viviamo e saremo ancora in vita per la venuta del Signore, non avremo alcun vantaggio su quelli che sono morti.16Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;17quindi noi, i vivi, i superstiti, saremo rapiti insieme con loro tra le nuvole, per andare incontro al Signore nell'aria, e così saremo sempre con il Signore.18Confortatevi dunque a vicenda con queste parole.


Capitolo IX: Offrire noi stessi a Dio, con tutto quello che è in noi, pregando per tutti

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Parola del discepolo

1. Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre. O Signore, con cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in sacrificio di lode perenne. Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati; affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente accogliendomi nel bacio della pace. Che posso io fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua intercessione? Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio. Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne, anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e, per quanto io possa, a pagare per essi. Rimetti, o Signore, rimetti i miei peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo sangue prezioso. Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue mani. Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la mia iniquità.

2. Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto, lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e glorioso. Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo - che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti i loro cari. Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia, l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione dalle pene! Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni. Ancora, e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo, con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli. O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera, ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore fraterno. Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la vita eterna.


DISCORSO 79/A SULLA TRASFIGURAZIONE DEL SIGNORE SUL MONTE

Discorsi - Sant'Agostino

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Chi erano i presenti che sarebbero morti solo dopo aver visto il Figlio dell'uomo nel suo regno.

1. Prima che il Signore si manifestasse sul monte, come abbiamo udito quando veniva letto il santo Vangelo, aveva detto: Alcuni tra quelli che sono qui presenti non moriranno prima d'aver visto il Figlio dell'uomo nel suo regno 1. Ora noi sappiamo che il Signore Gesù Cristo verrà come giudice alla fine del mondo e darà il regno a quelli posti alla destra e il castigo a quelli posti alla sinistra 2. Poiché egli - come crediamo e dichiariamo pubblicamente - verrà a giudicare i vivi e i morti 3. Al contrario tutti coloro che stavano attorno a lui quando egli parlava, venuta l'ora stabilita dalla condizione della natura mortale, morirono ma non vedranno il Signore come giudice nel suo regno se non quando sarà giunto il tempo della risurrezione. Che significa dunque l'affermazione: Alcuni di coloro che sono qui presenti non moriranno prima d'aver visto il Figlio dell'uomo nel suo regno? Senza dubbio il santo Vangelo ha risolto la questione con ciò che narra subito dopo. Poiché Gesù condusse con lui tre suoi discepoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, e si trasfigurò alla loro presenza per cui il suo volto divenne splendente come la viva luce del sole 4. Erano dunque essi quei tali ch'erano presenti e che non avrebbero visto la morte prima di vedere il Signore nel suo regno. Alla fine del mondo però tutti avranno lo splendore che il Signore mostrò in se stesso. Le sue membra risplenderanno come risplendette il capo. Sta scritto: Trasformerà il nostro misero corpo e lo renderà simile al suo corpo glorioso 5. Ecco, egli sul monte rifulse come il sole 6, ma non era ancora risorto. Non era ancora morto ma pur nella carne era Dio e con la carne non ancora risorta, grazie al potere divino, compiva le azioni che voleva. Infatti, perché sappiate che non è un'idea di superbia se speriamo ciò anche noi, sentite che cosa dice egli stesso e non dovete aver dubbi. Spiegando la parabola della zizzania dice: Colui che semina il buon seme è il Figlio dell'uomo. Il campo è il mondo. Il buon seme rappresenta quelli che appartengono al regno di Dio e la zizzania invece rappresenta quelli che appartengono al maligno. Il nemico che l'ha seminata è il diavolo stesso. Il giorno della mietitura è la fine di questo mondo. I mietitori poi sono gli angeli 7. Allorché dunque verrà la fine di questo mondo, il Figlio dell'uomo invierà i suoi angeli e porteranno via dal suo regno tutti gli operatori di scandali e li getteranno nella fornace di fuoco ardente; ivi sarà pianto e stridore di denti 8. Che avverrà del buon grano? Senti quello ch'è detto subito dopo: Allora i giusti saranno splendenti come il sole nel regno [di Dio] 9. E poiché saranno così nel regno, il Signore disse: Alcuni di quelli qui presenti non moriranno prima di vedere il Figlio dell'uomo nel suo regno 10.

La vana proposta di Pietro.

2. Ora poi, fratelli, che significa ciò? Apparvero Mosè ed Elia, si misero ai fianchi del Signore e conversavano con lui 11. San Pietro provava gioia in quella solitudine, provava fastidio della turbolenza del genere umano. Vedeva il monte, vedeva il Signore, Mosè ed Elia. Erano lassù solo coloro che a lui non procuravano fastidio. Godeva di vivere quieto senza preoccupazioni e felice, e disse al Signore: Signore, è bello per noi starcene qui 12. Perché dovremmo scendere dal monte per tribolare e non preferiamo godercela qui? È bello per noi starcene qui. Se lo vuoi, facciamo qui tre tende; una per te, una per Mosè e una per Elia 13. Pietro, non sapendo ancora come doveva parlare, voleva fare una separazione. Credeva fosse bene ciò che diceva. Ma che cosa fece il Signore? Fece scendere una nuvola dal cielo e ricoprì tutti, come se volesse dire a Pietro: "Perché vuoi fare tre tende? Eccone una sola". Allora udirono una voce dalla nube: Questo è il Figlio mio beneamato 14, perché non paragonassero a lui Mosè ed Elia e credessero che il Signore fosse da ritenersi come uno dei Profeti, mentre era il Signore dei Profeti: Questo è il Figlio mio, ascoltate lui 15. All'udire questa voce i discepoli caddero bocconi. Ma il Signore si avvicinò, li rialzò ed essi non videro altro che il solo Gesù 16.

Significato del mistero contenuto nella trasfigurazione.

3. Se Il Signore me lo concederà spiegherò adesso questo grande mistero. Parlano col Signore Mosè ed Elia. Mosè rappresenta la Legge, Elia i Profeti. Quando esponiamo qualche brano del Vangelo lo proviamo con la Legge e con i Profeti. Parlano dunque col Signore Mosè ed Elia, ma come servitori al suo fianco, mentre egli era in mezzo come loro sovrano. Che significa il fatto che Mosè ed Elia parlavano col Signore? Senti l'Apostolo: La Legge serve solo a farci conoscere il peccato, ora invece la giustizia di Dio si è rivelata senza la Legge 17. Dov'è Mosè ed Elia c'è il Signore che riceve la testimonianza della Legge e dei Profeti. Nel tempo presente sono necessarie le testimonianze della Legge e dei Profeti. Quando però risorgeremo, che bisogno ci sarà della Legge e dei Profeti? Non andremo in cerca di testimonianze, perché vedremo il Signore in persona. Ma quando avverrà ciò? Dopo la risurrezione. Coloro dunque ch'erano caduti si rialzarono e videro soltanto il Signore.

1 Mt 16, 28.

2 Cf. Mt 25, 31-46.

3 Symb. Apost.

4 Cf. Mt 17, 1.

5 Fil 3, 21.

6 Mt 17, 2.

7 Mt 13, 37-39.

8 Mt 13, 41-42.

9 Mt 13, 43.

10 Mt 16, 28.

11 Cf. Mt 17, 3.

12 Mt 17, 4.

13 Mt 17, 4.

14 Mt 17, 5.

15 Mt 17, 5.

16 Mt 17, 6-7.

17 Rm 3, 21.


L’inondazione e la zattera salvatrice

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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Questo sogno fu narrato da Don Bosco ai suoi giovani la sera deI 1 gennaio 1866. È stato intitolato: Avvenire della Congregazione Salesiana e sua missione salvatrice in mezzo alla gioventù. In esso Don Bosco presenta alla rapita e commossa fantasia dei suoi figliuoli il vasto panorama delle vicende della vita dello spirito colorando, con tocchi potentemente drammatici, la sorte alla quale Maria Ausiliatrice guida infallibilmente i suoi, e i tragici disastri ai quali vanno fatalmente incontro quelli che a Maria, cioè a tutto quel complesso di vita cristiana che è in essa vivente e operante, volgono stoltamente le spalle.

E un sogno suggestivo e rivelatore, capace di tonificare l’anima e di richiamarla ai suoi veri destini. In esso Don Bosco descrive un viaggio fatto in compagnia dei suoi giovani durante una improvvisa e furiosa tempesta e attraverso le acque burrascose di una spaventosa inondazione. Lo riferiamo con qualche riduzione, ma con la solita fedeltà. Don Bosco sognò di trovarsi tra i giovani del suo Oratorio, che si ricreavano allegramente in una immensa prateria; quand’ecco, all’improvviso, si videro da ogni parte circondati da una inondazione, la quale cresceva a misura che si avanzava verso di loro. Sopraffatti dal terrore, corsero a rifugiarsi in un grande mulino isolato, con le mura grosse come quelle di una fortezza. Dalle finestre si vedeva l’estensione del disastro: invece di prati, campi coltivati, orti, boschi, cascine, non si scorgeva più altro che la superficie di un lago immenso.

A misura che l’acqua cresceva, essi salivano da un piano all’altro. Perduta ogni speranza umana di salvarsi, Don Bosco prese a incoraggiare i suoi cari giovani, invitandoli a mettersi tutti con piena fiducia nelle mani di Dio e tra le braccia della loro cara Madre Maria. Quando l’acqua giunse al livello dell’ultimo piano, il terrore s’impossessò di tutti, e non videro altro scampo che quello di rifugiarsi in una grandissima zattera in forma di nave, apparsa in quel l’istante, che galleggiava vicino a loro.

Ognuno voleva rifugiarvisi per primo, ma c’era un muro che emergeva un po’ più alto del livello delle acque. C’era un solo mezzo: servirsi di un lungo e stretto tronco d’albero; ma rendeva difficile il passaggio il fatto che il tronco poggiava sul barcone e si muoveva seguendo il beccheggio della barca stessa, agitata dalle onde.

Fattosi coraggio, Don Bosco vi passò per primo; e per facilitare il trasbordo ai giovani, stabilì preti e chierici che, dal mulino, sorreggessero chi partiva e, dal barcone, dessero mano a chi arrivava.

Frattanto molti giovani impazienti, trovato un pezzo di asse abbastanza lungo e un po’ più làrgo del tronco, ne fecero un secondo ponte e, senza aspettare l’aiuto dei preti e dei chierici e non dando ascolto alle grida di Don Bosco, vi si slanciarono, ma perdendo l’equilibrio, caddero e, ingoiati da quelle torbide e putride acque, più non si videro. Anche il fragile ponte si era sprofondato con quanti vi stavano sopra. E sì grande fu il numero di quegli infelici, che un quarto dei giovani restò vittima del loro capriccio.

Quelli che si erano rifugiati sulla zattera vi trovarono una gran de quantità di pani, custoditi in molti canestri. «Quando tutti furono sulla barca — continua Don Bosco — presi il comando di capitano e dissi ai giovani: — Maria è la Stella del mare. Essa non abbandona chi in Lei confida: mettiamoci tutti sotto il suo manto; Ella ci scamperà dai pericoli e ci guiderà a porto tranquillo.

Quindi abbandonammo ai flutti la nave, che galleggiava ottimamente, mentre l’impeto delle onde, agitate dal vento, la spingeva con tale velocità, che noi, abbracciati l’un l’altro, facemmo un sol corpo per non cadere.

Percorso molto spazio in brevissimo tempo, a un tratto la barca si fermò e si mise a girare attorno a sé stessa con straordinaria rapidità, sicché pareva dovesse affondare. Ma un soffio violentissimo la spinse fuori del vortice. Prese quindi un corso più regolare e, ripetendosi ogni tanto qualche mulinello e il soffio del vento salvatore, andò a fermarsi vicino a una terra che si ergeva come una collina in mezzo a quel mare.

Molti giovani se ne invaghirono e, dicendo che il Signore aveva posto l’uomo sulla terra e non sulle acque, senza chiedere il permesso, uscirono dalla barca giubilando. Ma breve fu la loro gioia perché per un improvviso infuriare della tempesta, crebbero le acque, la collina fu inondata, ed essi scomparvero travolti dalle onde.

Io esclamai:
— È proprio vero che chi fa di sua testa, paga di sua borsa.

La zattera intanto, in balia di quel turbine, minacciava di nuovo di andare a fondo. Vidi allora i miei giovani pallidi in volto e tremanti: — Fatevi coraggio — gridai loro —, Maria non ci abbandonerà.

E unamini e di cuore ci mettemmo a pregare in ginocchio, tenendoci per mano gli uni con gli altri. Però ci furono parecchi in sensati che, indifferenti a quel pericolo, alzatisi in piedi, si aggira vano qua e là sghignazzando tra di loro e burlandosi degli atteggiamenti supplichevoli dei loro compagni.

Ed ecco che la nave si arresta all’improvviso, gira con rapidità su sé stessa e un vento furioso sbatte nelle onde quei disgraziati. Erano trenta, ed essendo l’acqua profonda e melmosa, appena vi furono dentro, più nulla si vide di loro. Noi intonammo la Salve Regina e più che mai invocammo di cuore la protezione della Stella del mare. Sopravvenne la calma, ma la nave continuava ad avanzare senza che sapessimo dove ci avrebbe condotti. A bordo intanto ferveva l’opera di salvataggio. Si faceva di tutto per impedire ai giovani di cadere nelle acque e per salvare i caduti.

Poiché vi erano di quelli che sporgendosi incautamente dalle basse sponde della zattera, cadevano nel lago; e ve ne erano anche altri che, sfacciati e crudeli, chiamando qualche compagno vicino alle sponde, con un urtone, lo gettavano giù.

Perciò vari preti preparavano canne robuste, grosse lenze e ami di varie specie. Appena cadeva un giovane, le canne si abbassavano e il naufrago si aggrappava alla lenza, oppure con l’amo resta va uncinato alla cintura o nelle vesti, e così veniva tratto in salvo. Io stavo ai piedi di un alto pennone piantato nel centro, circondato da moltissimi giovani, da preti e da chierici che eseguivano i miei ordini.

Finché i giovani furono docili e obbedienti alle mie parole, tutto andava bene: erano tranquilli, contenti, sicuri. Ma non pochi cominciarono a trovare incomoda quella zattera, a temere il viaggio troppo lungo, a lamentarsi dei pericoli e disagi di quella traversata, a disputare sul luogo ove avremmo approdato, a pensare al modo di trovare altro rifugio, e a rifiutarmi obbedienza. Invano io cercavo di persuaderli con le ragioni.

Ed ecco in vista altre zattere, che sembrava tenessero un corso diverso dal nostro; e quegli imprudenti deliberarono di secondare i loro capricci: gettarono nelle acque alcune tavole che erano nella nostra zattera, vi saltarono sopra e si allontanarono alla volta delle zattere apparse. Fu una scena indescrivibile e dolorosa per me:

vedevo quegli infelici che andavano incontro alla rovina. Soffiava il vento, i flutti erano agitati, e alcuni sprofondarono tra le spire dei vortici, altri riuscirono a salire sulle zattere, che però non tardarono a sommergersi. La notte si era fatta buia: in lontananza si udivano le grida strazianti di coloro che perivano. Naufragarono tutti. Il numero dei miei cari figliuoli era diminuito di molto, ciò nonostante continuando a confidare nella Madonna, dopo una notte tenebrosa, la nave entrò in uno stretto, tra due sponde limacciose, coperte di cespugli, di ciottoli e di rottami. Tutto intorno alla barca si vedevano tarantole, rospi, serpenti, coccodrilli, vipere e mille altri animali schifosi. Sopra salici piangenti, i cui rami pendevano sopra la nostra barca, stavano molti scimmioni che, penzolando dai rami, si sforzavano di toccare e arroncigliare i giovani; ma questi, curvandosi impauriti, schivavano quelle insidie.

Fu colà, su quel greto, che rivedemmo con grande sorpresa e orrore i poveri compagni perduti. Dopo il naufragio erano stati gettati dalle onde su quella spiaggia, contro gli scogli. Altri erano sotterrati nel padule e non se ne vedevano che i capelli e la metà d’un braccio. Qui sporgeva dal fango un dorso, più in là una testa; altrove galleggiava, interamente visibile, qualche cadavere.

Ma ben altro spettacolo si presentava ai nostri occhi. A poca distanza s’innalzava una gigantesca fornace, nella quale divampava un fuoco grande e ardentissimo. Sopra quel fuoco vi era come un gran coperchio, sul quale stavano scritte a grossi caratteri queste parole: “Il sesto e il settimo conducono qui” (cioè: il furto e l’impurità). Là vicino vi era anche una vasta prominenza di terra, ove si moveva un’altra moltitudine di nostri giovani o caduti nelle onde o allontanatisi nel corso del viaggio. Io scesi a terra, non badando al pericolo, mi avvicinai e vidi che avevano gli occhi, le orecchie, i capelli e persino il cuore pieni di insetti e di vermi schifosi, che li rosicchiavano e cagionavano loro grandissimo dolore.

Io additai a tutti una fonte che gettava in gran copia acqua fresca e ferruginosa: chiunque andava a lavarsi in quella, guariva al l’istante e poteva ritornare nella zattera. La maggior parte di quegli infelici aderì al mio invito; ma alcuni si rifiutarono. Allora io, seguìto da quelli che erano risanati, tornai alla zattera, che uscì da quello stretto dalla parte opposta a quella per cui era entrata, e si slanciò di nuovo in un oceano senza confini.

Noi, compiangendo la fine lacrimevole dei nostri compagni abbandonati in quel luogo, ci mettemmo a cantare: “Lodate Maria, o lingue fedeli”, in ringraziamento alla gran Madre celeste per averci fino allora protetti; e sull’istante, quasi al comando di Maria, cessò l’infuriare del vento e la nave prese a scorrere rapida sulle placide onde. Ed ecco comparire in cielo un’iride più meravigliosa di un’aurora boreale, sulla quale, passando, vedemmo scritto a grossi caratteri di luce la parola MEDOUM, senza intenderne il significa to. A me parve che ogni lettera fosse l’iniziale di queste parole: “Mater et Domina omnis universi Maria” (Madre e Signora di tutto l’universo Maria). Dopo un lungo tratto di viaggio, ecco spuntare terra in fondo all’orizzonte. A quella vista provammo una gioia inesprimibile. Quella terra, amenissima per boschetti con ogni specie di alberi, presentava il panorama più incantevole, perché illuminata dal so le nascente, che spandeva una luce ineffabilmente quieta e riposante, simile a quella di una splendida sera d’estate.

Finalmente, urtando contro la sabbia del lido o strisciando su di essa, la zattera si fermò all’asciutto, ai piedi di una bellissima vigna. I giovani mi guardavano come per dirmi: — Discendiamo? Al mio “Sì” fu un grido generale di gioia, e tutti entrarono in quella vigna.

Dalle viti pendevano grappoli d’uva simili a quelli della terra promessa, e sugli alberi c’era ogni sorta di frutta. In mezzo a quella vastissima vigna sorgeva un grande castello attorniato da un delizioso giardino e da forti mura. Ci fu concessa libera entrata. In un’ampia sala, tutta ornata d’oro, stava apparecchiata per noi una gran tavola con ogni sorta di cibi i più squisiti.

Ognuno poté servirsi a piacimento. Mentre finivamo di rifocillarci, entrò nella sala un nobile giovane di una bellezza indescrivibile, il quale con affettuosa e familiare cortesia ci salutò chiamandoci tutti per nome. Vedendoci meravigliati per le cose già viste, ci disse: — Questo è nulla, venite e vedrete.

Noi tutti lo seguimmo; dai parapetti delle logge egli ci fece con templare i giardini, dicendoci che erano a nostra disposizione per la ricreazione. E ci condusse di sala in sala, una più magnifica del l’altra per architettura, colonnati e ornamenti di ogni specie. Ci introdusse quindi in una splendida chiesa. Il pavimento, le mura, le volte erano ricche di marmi, di argento, d’oro e di pietre preziose. — Ma questa bellezza — esclamai — è una bellezza di paradiso. Faccio firma di rimanere qui per sempre!

In mezzo a questo gran tempio s’innalzava, sopra ricca base, una grande, magnifica statua di Maria Ausiliatrice. Attorno ad essa si raccolse la moltitudine dei giovani per ringraziare la Vergine dei tanti favori che ci aveva elargito.

Mentre i giovani stavano ammirandone la bellezza veramente celestiale, a un tratto la statua parve animarsi e sorridere. Tra la folla si levò allora un grido: — La Madonna muove gli occhi!

Maria infatti girava con ineffabile bontà i suoi occhi materni sui giovani che Le stavano intorno. Poco dopo risonò un secondo grido: — La Madonna muove le mani! «Lasciatemi solo; soffro troppo!»

La Vergine, aprendo lentamente le braccia, con le mani solleva va il manto in atto di protezione. — La Madonna muove le labbra! —. Gridarono altri in coro. Seguì un silenzio profondo, mentre gli occhi di tutti erano fissi nel volto di Maria, la quale con voce dolcissima disse: — Se voi sarete per me figliuoli devoti, io sarò per voi Madre amorosa. A queste parole cademmo in ginocchio e intonammo il canto: Lodate Maria, o lingue fedeli.

L’armonia delle voci era così forte, così soave che, sopraffatto da essa, mi svegliai; e così terminò la visione» . Di questo sogno fece qualche commento Don Bosco stesso, e confidò ai singoli che lo richiedevano il posto che occupavano in esso. L ‘immensa pianura è il mondo. L ‘inondazione, i pericoli del mondo. Il mulino rappresenta la Chiesa. Il tronco di albero che fa da ponte, la Croce. La grande zattera, la Casa di Maria, l’Oratorio. I canestri di pane, la SS. Eucaristia. I vortici impetuosi, le tentazioni. La collina che alletta molti, i desideri mondani. I sacerdoti che si prodigano al salvataggio con ami e lenze, la Confessione. Gli animali schifosi e gli scimmioni, gli allettamenti della colpa. La fonte di acqua fresca, ferruginosa, la Confessione e la Comunione. L ‘iride radiosa, Maria. Il castello, la vigna e il convito indicano la Patria. Infine Maria Ausiliatrice stessa corona l’inebriante gioia di tutti con l’assicurazione: « Se voi sarete per me figliuoli devoti, io sarò per voi Madre amorosa».

Oggi il mondo, ossia la mentalità anticristiana, è ancor più dilagante con i suoi vortici sempre più travolgenti, attraverso il progressivo annacquamento delle convinzioni e delle abitudini cristiane. Di qui l’attualità sempre viva di Don Bosco: ora che ha raggiunto la Patria, è più potente e operante di prima nell’opera di salvataggio della gioventù, pupilla dei suoi occhi.


4-37 Novembre 23, 1900 Modo in cui stanno le anime in Gesù.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Trovandomi nel solito mio stato, il mio amante Gesù mi ha trasportato fuori di me stessa, ed uscendo da dentro il mio interno si faceva vedere tanto grande che assorbiva in Sé tutta la terra, e stendeva tanto la sua grandezza che l’anima mia non trovava il termine, mi sentivo dispersa in Dio, non solo io, ma tutte le creature ne restavano disperse; ed oh! quanto pareva disdicevole, che affronto che si fa a Nostro Signore, che noi piccoli vermini, vivendo in Lui, osiamo d’offenderlo. Oh! se tutti potessero vedere il modo come stiamo in Dio, oh! come si guarderebbero di dargli anche l’ombra del dispiacere. Poi si faceva tant’alto, che assorbiva in Sé tutto il Cielo, onde in Dio stesso vedevo tutti, angeli, santi, sentivo il loro canto, capivo tante cose della felicità eterna. Dopo ciò, vedevo che da Gesù scorrevano tante ruscelli di latte, ed io bevevo a questi ruscelli, ma essendo io molto ristretta, e Gesù tanto grande ed alto che non aveva termine né di grandezza, né d’altezza, non mi riusciva d’assorbirlo tutto in me; molti ne scorrevano fuori, sebbene rimanevano in Dio stesso. Onde io ne sentivo un dispiacere, ed avrei voluto che tutti fossero corsi a bere a questi ruscelli, ma scarsissimo era il numero dei viatori che bevevano. Nostro Signore dispiaciuto anche di questo, mi ha detto:

(2) “Questo che tu vedi è la misericordia contenuta, e ciò irrita maggiormente la giustizia; come non debbo far giustizia, mentre loro stessi mi contengono la misericordia?”

(3) Ed io, prendendole le mani l’ho stretto insieme dicendo: “No, Signore, non potete far giustizia, non voglio io, e non volendo io neppure Voi volete, perché la mia volontà non è più mia, ma vostra, ed essendo vostra, tutto ciò che io non voglio neppure Voi lo volete; non me l’avete detto Voi stesso, che debbo vivere in tutto e per tutto del vostro Volere?”

(4) Il mio dolce Gesù, l’ha disarmato il mio dire, si ha impiccolito di nuovo e si ha rinchiuso nel mio interno, ed io mi sono trovata in me stessa.