Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 12° settimana del tempo ordinario (Cuore Immacolato di Maria)
Vangelo secondo Matteo 26
1Terminati tutti questi discorsi, Gesù disse ai suoi discepoli:2"Voi sapete che fra due giorni è Pasqua e che il Figlio dell'uomo sarà consegnato per essere crocifisso".
3Allora i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa,4e tennero consiglio per arrestare con un inganno Gesù e farlo morire.5Ma dicevano: "Non durante la festa, perché non avvengano tumulti fra il popolo".
6Mentre Gesù si trovava a Betània, in casa di Simone il lebbroso,7gli si avvicinò una donna con un vaso di alabastro di olio profumato molto prezioso, e glielo versò sul capo mentre stava a mensa.8I discepoli vedendo ciò si sdegnarono e dissero: "Perché questo spreco?9Lo si poteva vendere a caro prezzo per darlo ai poveri!".10Ma Gesù, accortosene, disse loro: "Perché infastidite questa donna? Essa ha compiuto un'azione buona verso di me.11I poveri infatti li avete sempre con voi, me, invece, non sempre mi avete.12Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura.13In verità vi dico: dovunque sarà predicato questo vangelo, nel mondo intero, sarà detto anche ciò che essa ha fatto, in ricordo di lei".
14Allora uno dei Dodici, chiamato Giuda Iscariota, andò dai sommi sacerdoti15e disse: "Quanto mi volete dare perché io ve lo consegni?". E quelli gli 'fissarono trenta monete d'argento'.16Da quel momento cercava l'occasione propizia per consegnarlo.
17Il primo giorno degli Azzimi, i discepoli si avvicinarono a Gesù e gli dissero: "Dove vuoi che ti prepariamo, per mangiare la Pasqua?".18Ed egli rispose: "Andate in città, da un tale, e ditegli: Il Maestro ti manda a dire: Il mio tempo è vicino; farò la Pasqua da te con i miei discepoli".19I discepoli fecero come aveva loro ordinato Gesù, e prepararono la Pasqua.
20Venuta la sera, si mise a mensa con i Dodici.21Mentre mangiavano disse: "In verità io vi dico, uno di voi mi tradirà".22Ed essi, addolorati profondamente, incominciarono ciascuno a domandargli: "Sono forse io, Signore?".23Ed egli rispose: "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà.24Il Figlio dell'uomo se ne va, come è scritto di lui, ma guai a colui dal quale il Figlio dell'uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell'uomo se non fosse mai nato!".25Giuda, il traditore, disse: "Rabbì, sono forse io?". Gli rispose: "Tu l'hai detto".
26Ora, mentre essi mangiavano, Gesù prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede ai discepoli dicendo: "Prendete e mangiate; questo è il mio corpo".27Poi prese il calice e, dopo aver reso grazie, lo diede loro, dicendo: "Bevetene tutti,28perché questo è il mio sangue dell'alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati.29Io vi dico che da ora non berrò più di questo frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo con voi nel regno del Padre mio".
30E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.31Allora Gesù disse loro: "Voi tutti vi scandalizzerete per causa mia in questa notte. Sta scritto infatti:
'Percuoterò il pastore
e saranno disperse le pecore del gregge,'
32ma dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".33E Pietro gli disse: "Anche se tutti si scandalizzassero di te, io non mi scandalizzerò mai".34Gli disse Gesù: "In verità ti dico: questa notte stessa, prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte".35E Pietro gli rispose: "Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dissero tutti gli altri discepoli.
36Allora Gesù andò con loro in un podere, chiamato Getsèmani, e disse ai discepoli: "Sedetevi qui, mentre io vado là a pregare".37E presi con sé Pietro e i due figli di Zebedèo, cominciò a provare tristezza e angoscia.38Disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte; restate qui e vegliate con me".39E avanzatosi un poco, si prostrò con la faccia a terra e pregava dicendo: "Padre mio, se è possibile, passi da me questo calice! Però non come voglio io, ma come vuoi tu!".40Poi tornò dai discepoli e li trovò che dormivano. E disse a Pietro: "Così non siete stati capaci di vegliare un'ora sola con me?41Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole".42E di nuovo, allontanatosi, pregava dicendo: "Padre mio, se questo calice non può passare da me senza che io lo beva, sia fatta la tua volontà".43E tornato di nuovo trovò i suoi che dormivano, perché gli occhi loro si erano appesantiti.44E lasciatili, si allontanò di nuovo e pregò per la terza volta, ripetendo le stesse parole.45Poi si avvicinò ai discepoli e disse loro: "Dormite ormai e riposate! Ecco, è giunta l'ora nella quale il Figlio dell'uomo sarà consegnato in mano ai peccatori.46Alzatevi, andiamo; ecco, colui che mi tradisce si avvicina".
47Mentre parlava ancora, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una gran folla con spade e bastoni, mandata dai sommi sacerdoti e dagli anziani del popolo.48Il traditore aveva dato loro questo segnale dicendo: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!".49E subito si avvicinò a Gesù e disse: "Salve, Rabbì!". E lo baciò.50E Gesù gli disse: "Amico, per questo sei qui!". Allora si fecero avanti e misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù, messa mano alla spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote staccandogli un orecchio.
52Allora Gesù gli disse: "Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada.53Pensi forse che io non possa pregare il Padre mio, che mi darebbe subito più di dodici legioni di angeli?54Ma come allora si adempirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?".55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: "Siete usciti come contro un brigante, con spade e bastoni, per catturarmi. Ogni giorno stavo seduto nel tempio ad insegnare, e non mi avete arrestato.56Ma tutto questo è avvenuto perché si adempissero le Scritture dei profeti". Allora tutti i discepoli, abbandonatolo, fuggirono.
57Or quelli che avevano arrestato Gesù, lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale già si erano riuniti gli scribi e gli anziani.58Pietro intanto lo aveva seguito da lontano fino al palazzo del sommo sacerdote; ed entrato anche lui, si pose a sedere tra i servi, per vedere la conclusione.
59I sommi sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano qualche falsa testimonianza contro Gesù, per condannarlo a morte;60ma non riuscirono a trovarne alcuna, pur essendosi fatti avanti molti falsi testimoni.61Finalmente se ne presentarono due, che affermarono: "Costui ha dichiarato: Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni".62Alzatosi il sommo sacerdote gli disse: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: "Ti scongiuro, per il Dio vivente, perché ci dica se tu sei il Cristo, il Figlio di Dio".64"Tu l'hai detto, gli rispose Gesù, anzi io vi dico:
d'ora innanzi vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra di Dio,
e venire sulle nubi del cielo'".
65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: "Ha bestemmiato! Perché abbiamo ancora bisogno di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia;66che ve ne pare?". E quelli risposero: "È reo di morte!".67Allora gli sputarono in faccia e lo schiaffeggiarono; altri lo bastonavano,68dicendo: "Indovina, Cristo! Chi è che ti ha percosso?".
69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una serva gli si avvicinò e disse: "Anche tu eri con Gesù, il Galileo!".70Ed egli negò davanti a tutti: "Non capisco che cosa tu voglia dire".71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: "Costui era con Gesù, il Nazareno".72Ma egli negò di nuovo giurando: "Non conosco quell'uomo".73Dopo un poco, i presenti gli si accostarono e dissero a Pietro: "Certo anche tu sei di quelli; la tua parlata ti tradisce!".74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo!". E subito un gallo cantò.75E Pietro si ricordò delle parole dette da Gesù: "Prima che il gallo canti, mi rinnegherai tre volte". E uscito all'aperto, pianse amaramente.
Secondo libro dei Maccabei 15
1Nicànore, avendo saputo che gli uomini di Giuda si trovavano nella regione della Samaria, decise di assalirli a colpo sicuro nel giorno del riposo.2Poiché i Giudei che l'avevano seguito forzatamente gli dicevano: "Assolutamente non devi ucciderli in modo così crudele e barbaro; rendi onore al giorno che è stato già onorato rivestendolo di santità da colui che tutto vede",3quell'uomo tre volte scellerato chiese se c'era in cielo un Signore che aveva comandato di celebrare il giorno del sabato.4Essi risposero: "Vi è il Signore vivente; egli è il sovrano del cielo, che ha comandato di celebrare il settimo giorno".5L'altro ribatté: "E io sono sovrano sulla terra, che comando di prendere le armi e portare a termine le disposizioni del re". Tuttavia non riuscì a mandare ad effetto il suo crudele intento.
6Nicànore, dunque, alzata la testa con tutta la superbia, aveva decretato di erigere un pubblico trofeo per la vittoria sugli uomini di Giuda.7Il Maccabeo invece era costantemente convinto e pienamente fiducioso di trovare protezione da parte del Signore.8Esortava i suoi uomini a non temere l'attacco dei pagani, ma a tener fissi in mente gli aiuti che in passato erano venuti loro dal Cielo e ad aspettare ora la vittoria che sarebbe stata loro concessa dall'Onnipotente.9Confortandoli così con le parole della legge e dei profeti e ricordando loro le lotte che avevano già condotte a termine, li rese più coraggiosi.10Avendo così stimolato i loro sentimenti, espose e denunziò la malafede dei pagani e la violazione dei giuramenti.11Dopo aver armato ciascuno di loro non tanto con la sicurezza degli scudi e delle lance quanto con il conforto delle egregie parole, li riempì di gioia, narrando loro un sogno degno di fede, anzi una vera visione.12La sua visione era questa: Onia, che era stato sommo sacerdote, uomo eccellente, modesto nel portamento, mite nel contegno, dignitoso nel proferir parole, occupato dalla fanciullezza in quanto riguardava la virtù, con le mani protese pregava per tutta la nazione giudaica.13Gli era anche apparso un personaggio che si distingueva per la canizie e la dignità ed era rivestito di una maestà meravigliosa e piena di magnificenza.14Onia disse: "Questi è l'amico dei suoi fratelli, colui che innalza molte preghiere per il popolo e per la città santa, Geremia il profeta di Dio".15E Geremia stendendo la destra consegnò a Giuda una spada d'oro, pronunciando queste parole nel porgerla:16"Prendi la spada sacra come dono da parte di Dio; con questa abbatterai i nemici".
17Esortati dalle bellissime parole di Giuda, capaci di spingere all'eroismo e di rendere virile anche l'animo dei giovani, decisero di non restare in campo, ma di intervenire coraggiosamente e decidere la sorte attaccando battaglia con tutto il coraggio, perché la città e le cose sante e il tempio erano in pericolo.18Minore era il loro timore per le donne e i figli come pure per i fratelli e i parenti, poiché la prima e principale preoccupazione era per il tempio consacrato.19Anche per quelli rimasti in città non era piccola l'angoscia, essendo tutti turbati per l'ansia del combattimento in campo aperto.20Mentre tutti erano in attesa della prova imminente e i nemici già avevano cominciato ad attaccare e l'esercito era in ordine di battaglia e gli elefanti erano piazzati in posizione opportuna e la cavalleria schierata ai lati,21il Maccabeo dopo aver osservato le moltitudini presenti e la svariata attrezzatura delle armi e la ferocia delle bestie, alzò le mani al cielo e invocò il Signore che compie prodigi, convinto che non è possibile vincere con le armi, ma che egli concede la vittoria a coloro che ne sono degni, secondo il suo giudizio.22Invocando il Signore, si esprimeva in questo modo: "Tu, Signore, inviasti il tuo angelo al tempo di Ezechia re della Giudea ed egli fece perire nel campo di Sennàcherib centottantacinquemila uomini.23Anche ora, sovrano del cielo, manda un angelo buono davanti a noi per incutere paura e tremore.24Siano atterriti dalla potenza del tuo braccio coloro che bestemmiando sono venuti qui contro il tuo santo tempio". Con queste parole egli terminò.
25Gli uomini di Nicànore avanzavano al suono delle trombe e degli inni di guerra.26Invece gli uomini di Giuda con invocazioni e preghiere si gettarono nella mischia contro i nemici.27In tal modo combattendo con le mani e pregando Dio con il cuore, travolsero non meno di trentacinquemila uomini, rallegrandosi grandemente per la manifesta presenza di Dio.28Terminata la battaglia, mentre facevano ritorno pieni di gioia, riconobbero Nicànore caduto con tutte le sue armi.29Levarono alte grida dandosi all'entusiasmo, mentre benedicevano l'Onnipotente nella lingua paterna.30Quindi colui che era stato sempre il primo a combattere per i suoi concittadini con anima e corpo, colui che aveva conservato l'affetto della prima età verso i suoi connazionali, comandò che tagliassero la testa di Nicànore e la sua mano con il braccio e li portassero a Gerusalemme.31Quando vi giunse, chiamò a raccolta tutti i connazionali e i sacerdoti davanti all'altare: sostando in mezzo a loro mandò a chiamare quelli dell'Acra32e mostrò loro la testa dell'empio Nicànore e la mano che quel bestemmiatore aveva steso contro la sacra dimora dell'Onnipotente pronunciando parole orgogliose.33Tagliata poi la lingua del sacrilego Nicànore, la fece gettare a pezzi agli uccelli e ordinò di appendere davanti al tempio la mercede della sua follia.
34Tutti allora, rivolti verso il cielo, benedissero il Signore glorioso dicendo: "Benedetto colui che ha conservato la sua dimora inviolata".35Fece poi appendere la testa di Nicànore all'Acra alla vista di tutti, perché fosse segno manifesto dell'aiuto di Dio.36Quindi decretarono unanimemente con voto pubblico di non lasciar passare inosservato quel giorno, ma di commemorarlo il tredici del decimosecondo mese - che in lingua siriaca si chiama Adar - il giorno precedente la festa di Mardocheo.
37Così andarono le cose riguardo a Nicànore e, poiché da quel tempo la città è rimasta in mano agli Ebrei, anch'io chiudo qui la mia narrazione.38Se la disposizione dei fatti è riuscita scritta bene e ben composta, era quello che volevo; se invece è riuscita di poco valore e mediocre, questo solo ho potuto fare.39Come il bere solo vino e anche il bere solo acqua è dannoso e viceversa come il vino mescolato con acqua è amabile e procura un delizioso piacere, così l'arte di ben disporre l'argomento delizia gli orecchi di coloro a cui capita di leggere la composizione. E qui sia la fine.
Proverbi 2
1Figlio mio, se tu accoglierai le mie parole
e custodirai in te i miei precetti,
2tendendo il tuo orecchio alla sapienza,
inclinando il tuo cuore alla prudenza,
3se appunto invocherai l'intelligenza
e chiamerai la saggezza,
4se la ricercherai come l'argento
e per essa scaverai come per i tesori,
5allora comprenderai il timore del Signore
e troverai la scienza di Dio,
6perché il Signore dà la sapienza,
dalla sua bocca esce scienza e prudenza.
7Egli riserva ai giusti la sua protezione,
è scudo a coloro che agiscono con rettitudine,
8vegliando sui sentieri della giustizia
e custodendo le vie dei suoi amici.
9Allora comprenderai l'equità e la giustizia,
e la rettitudine con tutte le vie del bene,
10perché la sapienza entrerà nel tuo cuore
e la scienza delizierà il tuo animo.
11La riflessione ti custodirà
e l'intelligenza veglierà su di te,
12per salvarti dalla via del male,
dall'uomo che parla di propositi perversi,
13da coloro che abbandonano i retti sentieri
per camminare nelle vie delle tenebre,
14che godono nel fare il male,
gioiscono dei loro propositi perversi;
15i cui sentieri sono tortuosi
e le cui strade sono oblique,
16per salvarti dalla donna straniera,
dalla forestiera che ha parole seducenti,
17che abbandona il compagno della sua giovinezza
e dimentica l'alleanza con il suo Dio.
18La sua casa conduce verso la morte
e verso il regno delle ombre i suoi sentieri.
19Quanti vanno da lei non fanno ritorno,
non raggiungono i sentieri della vita.
20Per questo tu camminerai sulla strada dei buoni
e ti atterrai ai sentieri dei giusti,
21perché gli uomini retti abiteranno nel paese
e gli integri vi resteranno,
22ma i malvagi saranno sterminati dalla terra,
gli infedeli ne saranno strappati.
Salmi 49
1'Al maestro del coro. Dei figli di Core. Salmo.'
2Ascoltate, popoli tutti,
porgete orecchio abitanti del mondo,
3voi nobili e gente del popolo,
ricchi e poveri insieme.
4La mia bocca esprime sapienza,
il mio cuore medita saggezza;
5porgerò l'orecchio a un proverbio,
spiegherò il mio enigma sulla cetra.
6Perché temere nei giorni tristi,
quando mi circonda la malizia dei perversi?
7Essi confidano nella loro forza,
si vantano della loro grande ricchezza.
8Nessuno può riscattare se stesso,
o dare a Dio il suo prezzo.
9Per quanto si paghi il riscatto di una vita,
non potrà mai bastare
10per vivere senza fine,
e non vedere la tomba.
11Vedrà morire i sapienti;
lo stolto e l'insensato periranno insieme
e lasceranno ad altri le loro ricchezze.
12Il sepolcro sarà loro casa per sempre,
loro dimora per tutte le generazioni,
eppure hanno dato il loro nome alla terra.
13Ma l'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
14Questa è la sorte di chi confida in se stesso,
l'avvenire di chi si compiace nelle sue parole.
15Come pecore sono avviati agli inferi,
sarà loro pastore la morte;
scenderanno a precipizio nel sepolcro,
svanirà ogni loro parvenza:
gli inferi saranno la loro dimora.
16Ma Dio potrà riscattarmi,
mi strapperà dalla mano della morte.
17Se vedi un uomo arricchirsi, non temere,
se aumenta la gloria della sua casa.
18Quando muore con sé non porta nulla,
né scende con lui la sua gloria.
19Nella sua vita si diceva fortunato:
"Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene".
20Andrà con la generazione dei suoi padri
che non vedranno mai più la luce.
21L'uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono.
Isaia 61
1Lo spirito del Signore Dio è su di me
perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
2a promulgare l'anno di misericordia del Signore,
un giorno di vendetta per il nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti,
3per allietare gli afflitti di Sion,
per dare loro una corona invece della cenere,
olio di letizia invece dell'abito da lutto,
canto di lode invece di un cuore mesto.
Essi si chiameranno querce di giustizia,
piantagione del Signore per manifestare la sua gloria.
4Ricostruiranno le vecchie rovine,
rialzeranno gli antichi ruderi,
restaureranno le città desolate,
devastate da più generazioni.
5Ci saranno stranieri a pascere i vostri greggi
e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli.
6Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore,
ministri del nostro Dio sarete detti.
Vi godrete i beni delle nazioni,
trarrete vanto dalle loro ricchezze.
7Perché il loro obbrobrio fu di doppia misura,
vergogna e insulto furono la loro porzione;
per questo possiederanno il doppio nel loro paese,
avranno una letizia perenne.
8Poiché io sono il Signore che amo il diritto
e odio la rapina e l'ingiustizia:
io darò loro fedelmente il salario,
concluderò con loro un'alleanza perenne.
9Sarà famosa tra i popoli la loro stirpe,
i loro discendenti tra le nazioni.
Coloro che li vedranno ne avranno stima,
perché essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto.
10Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza,
mi ha avvolto con il manto della giustizia,
come uno sposo che si cinge il diadema
e come una sposa che si adorna di gioielli.
11Poiché come la terra produce la vegetazione
e come un giardino fa germogliare i semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutti i popoli.
Atti degli Apostoli 5
1Un uomo di nome Ananìa con la moglie Saffìra vendette un suo podere2e, tenuta per sé una parte dell'importo d'accordo con la moglie, consegnò l'altra parte deponendola ai piedi degli apostoli.3Ma Pietro gli disse: "Ananìa, perché mai satana si è così impossessato del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto parte del prezzo del terreno?4Prima di venderlo, non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione? Perché hai pensato in cuor tuo a quest'azione? Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio".5All'udire queste parole, Ananìa cadde a terra e spirò. E un timore grande prese tutti quelli che ascoltavano.6Si alzarono allora i più giovani e, avvoltolo in un lenzuolo, lo portarono fuori e lo seppellirono.
7Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell'accaduto.8Pietro le chiese: "Dimmi: avete venduto il campo a tal prezzo?". Ed essa: "Sì, a tanto".9Allora Pietro le disse: "Perché vi siete accordati per tentare lo Spirito del Signore? Ecco qui alla porta i passi di coloro che hanno seppellito tuo marito e porteranno via anche te".10D'improvviso cadde ai piedi di Pietro e spirò. Quando i giovani entrarono, la trovarono morta e, portatala fuori, la seppellirono accanto a suo marito.11E un grande timore si diffuse in tutta la Chiesa e in quanti venivano a sapere queste cose.
12Molti miracoli e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone;13degli altri, nessuno osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava.14Intanto andava aumentando il numero degli uomini e delle donne che credevano nel Signore15fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro.16Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.
17Si alzò allora il sommo sacerdote e quelli della sua parte, cioè la setta dei sadducei, pieni di livore,18e fatti arrestare gli apostoli li fecero gettare nella prigione pubblica.19Ma durante la notte un angelo del Signore aprì le porte della prigione, li condusse fuori e disse:20"Andate, e mettetevi a predicare al popolo nel tempio tutte queste parole di vita".21Udito questo, entrarono nel tempio sul far del giorno e si misero a insegnare.
Quando arrivò il sommo sacerdote con quelli della sua parte, convocarono il sinedrio e tutti gli anziani dei figli d'Israele; mandarono quindi a prelevare gli apostoli nella prigione.22Ma gli incaricati, giunti sul posto, non li trovarono nella prigione e tornarono a riferire:23"Abbiamo trovato il carcere scrupolosamente sbarrato e le guardie ai loro posti davanti alla porta, ma, dopo aver aperto, non abbiamo trovato dentro nessuno".24Udite queste parole, il capitano del tempio e i sommi sacerdoti si domandavano perplessi che cosa mai significasse tutto questo,25quando arrivò un tale ad annunziare: "Ecco, gli uomini che avete messo in prigione si trovano nel tempio a insegnare al popolo".
26Allora il capitano uscì con le sue guardie e li condusse via, ma senza violenza, per timore di esser presi a sassate dal popolo.27Li condussero e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote cominciò a interrogarli dicendo:28"Vi avevamo espressamente ordinato di non insegnare più nel nome di costui, ed ecco voi avete riempito Gerusalemme della vostra dottrina e volete far ricadere su di noi il sangue di quell'uomo".29Rispose allora Pietro insieme agli apostoli: "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini.30Il Dio dei nostri padri ha risuscitato Gesù, che voi avevate ucciso appendendolo alla croce.31Dio lo ha innalzato con la sua destra facendolo capo e salvatore, per dare a Israele la grazia della conversione e il perdono dei peccati.32E di questi fatti siamo testimoni noi e lo Spirito Santo, che Dio ha dato a coloro che si sottomettono a lui".33All'udire queste cose essi si irritarono e volevano metterli a morte.
34Si alzò allora nel sinedrio un fariseo, di nome Gamalièle, dottore della legge, stimato presso tutto il popolo. Dato ordine di far uscire per un momento gli accusati,35disse: "Uomini di Israele, badate bene a ciò che state per fare contro questi uomini.36Qualche tempo fa venne Tèuda, dicendo di essere qualcuno, e a lui si aggregarono circa quattrocento uomini. Ma fu ucciso, e quanti s'erano lasciati persuadere da lui si dispersero e finirono nel nulla.37Dopo di lui sorse Giuda il Galileo, al tempo del censimento, e indusse molta gente a seguirlo, ma anch'egli perì e quanti s'erano lasciati persuadere da lui furono dispersi.38Per quanto riguarda il caso presente, ecco ciò che vi dico: Non occupatevi di questi uomini e lasciateli andare. Se infatti questa teoria o questa attività è di origine umana, verrà distrutta;39ma se essa viene da Dio, non riuscirete a sconfiggerli; non vi accada di trovarvi a combattere contro Dio!".
40Seguirono il suo parere e, richiamati gli apostoli, li fecero fustigare e ordinarono loro di non continuare a parlare nel nome di Gesù; quindi li rimisero in libertà.41Ma essi se ne andarono dal sinedrio lieti di essere stati oltraggiati per amore del nome di Gesù.42E ogni giorno, nel tempio e a casa, non cessavano di insegnare e di portare il lieto annunzio che Gesù è il Cristo.
Capitolo VII: L'amore di Gesù sopra ogni cosa
Leggilo nella Biblioteca1. Beato colui che comprende che cosa voglia dire amare Gesù e disprezzare se stesso per Gesù. Si deve lasciare ogni persona amata, per colui che merita tutto il nostro amore: Gesù esige di essere amato, lui solo, sopra ogni cosa. Ingannevole e incostante è l'amore della creatura; fedele e durevole è l'amore di Gesù. Chi s'attacca alla creatura cadrà con la creatura, che facilmente vien meno; chi abbraccia Gesù troverà saldezza per sempre. Ama e tienti amico colui che, quando tutti se ne andranno, non ti abbandonerà, né permetterà che, alla fine, tu abbia a perire. Che tu lo voglia oppure no, dovrai un giorno separarti da tutti; tienti dunque stretto, in vita e in morte, a Gesù, e affidati alla fedeltà di lui, che solo ti potrà aiutare allorché gli altri ti verranno meno.
2. Per sua natura, Gesù, tuo amore, è tale da non permettere che tu ami altra cosa; egli vuole possedere da solo il tuo cuore, e starvi come un re sul suo trono. Di buon grado Gesù starà presso di te, se tu saprai liberarti perfettamente da ogni creatura. Qualunque fiducia tu abbia posto negli uomini, escludendo Gesù, ti risulterà quasi del tutto buttata via. Non affidarti o appoggiarti ad una canna, che si piega al vento, perché "ogni carne è come fieno e ogni suo splendore cadrà come il fiore del fieno" (1Pt 1,24). Se guarderai soltanto alle esterne apparenze umane, sarai tosto ingannato. E se cercherai consolazione e profitto negli altri, ne sentirai molto spesso un danno. Se cercherai in ogni cosa Gesù, troverai certamente Gesù. Se invece cercherai te stesso, troverai ancora te stesso, ma con tua rovina. Infatti, se non cerca Gesù, l'uomo nuoce a se stesso, più che non possano nuocergli i suoi nemici e il mondo intero.
DISCORSO 157 DALLE PAROLE DELL'APOSTOLO (ROM 8, 24-25): " NELLA SPERANZA NOI SIAMO STATI SALVATI SE CIÒ CHE SI SPERA SI VEDE NON È SPERANZA "
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa speranza dei cristiani riguarda le realtà eterne. Si crede al mondo che inganna, non a Dio.
1. Fratelli carissimi, la Santità vostra ricorda come ha detto l'Apostolo: Siamo stati salvati nella speranza. Ma se ciò che si spera - egli dice - si vede, non è speranza, poiché come sperare quel che uno vede? Ma se non vediamo ciò che speriamo, attendiamo con perseveranza 1. Lo stesso Signore Dio nostro, cui si dice nel Salmo: Sei tu la mia speranza, la mia porzione nella terra dei viventi 2, ci spinge a rivolgervi in proposito un discorso che sia, insieme, di esortazione e di consolazione. Egli, ripeto, che è la nostra speranza nella terra dei viventi, ci comanda di parlarvi in questa terra di chi muore, perché non siate intenti a riguardare le cose che si vedono, ma quelle che non si vedono. Quelle che si vedono sono infatti temporali, quelle invece che non si vedono sono eterne 3. Perché appunto speriamo ciò che non vediamo, e lo attendiamo con perseveranza, a ragione ci viene detto nel Salmo: Non lasciar cadere la speranza nel Signore, sii forte, e si rinfranchi il tuo cuore, e attendi paziente il Signore 4. Le promesse del mondo ingannano sempre; le promesse di Dio, invece, non ingannano mai. Ma poiché il mondo sembra che darà quaggiù ciò che offre, cioè in questa terra di chi muore, nella quale ci troviamo, e Dio, invece, ci darà ciò che offre nella terra dei viventi, molti si stancano di attendere lui verace e non si vergognano di amare l'ingannatore. Di questi tali dice la Scrittura: Guai a quelli che hanno perduto la pazienza, hanno deviato verso cattive direzioni 5. Poiché i figli della morte eterna, vantando le loro gioie temporali, che per il momento dolcificano il loro palato e che in seguito troveranno certo più amare del fiele, non cessano d'insultare anche coloro che si comportano virilmente e, con il cuore rinfrancato, pazienti attendono Dio. Ci dicono infatti: Dov'è ciò che vi è promesso dopo questa vita? Chi è tornato di là ed ha reso noto che sono vere le cose che credete? Ecco, noi ci rallegriamo dell'abbondanza dei nostri godimenti, perché speriamo ciò che vediamo; voi, invece, vi torturate nei travagli della continenza, credendo ciò che non vedete. Quindi soggiungono quello che ha ricordato l'Apostolo: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo. Ma notate da che cosa egli ha avvertito ci si debba guardare: Le cattive compagnie corrompono i buoni costumi; siate sobri, giusti, e non peccate 6.
Necessità della pazienza e della mansuetudine.
2. Perciò, fratelli, state in guardia affinché i vostri costumi non siano corrotti da tali incontri, non si rovesci la speranza, non si estenui la perseveranza e non deviate verso cattive direzioni. Al contrario, seguite inoltre costantemente, umili e buoni, le vie giuste che il Signore vi fa conoscere, delle quali parla il Salmo: Guiderà gli umili secondo giustizia, insegnerà ai docili le sue vie 7. Nessuno, nelle fatiche di questa vita, può davvero durare di continuo nella pazienza, senza la quale non può essere custodita la speranza nella vita futura, se non l'umile e il mansueto; chi non oppone resistenza alla volontà di Dio, il cui giogo è soave e il peso leggero per coloro, però, che credono a Dio e sperano in lui e lo amano. In tal modo veramente voi, umili e mansueti, amerete non solo le sue consolazioni, ma da buoni figli, saprete tollerare anche i suoi castighi, per essere in attesa con perseveranza, dal momento che non vedete ciò che sperate. Comportatevi così, andate avanti così. Voi infatti camminate in Cristo, che disse: Io sono la via 8. Apprendete come si debba camminare in lui non solo dalla sua parola, ma anche dal suo esempio. Il Padre infatti non ha risparmiato lui, il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi; egli non era certo contrario, né era per il rifiuto, ma in perfetto accordo di volontà; poiché una sola è la volontà del Padre e del Figlio, secondo l'uguaglianza della natura di Dio. Pur essendo in essa, il Figlio non ritenne un'appropriazione indebita l'essere uguale a Dio; ma, in obbedienza inaudita annientò se stesso, assumendo la condizione di servo 9. Poiché egli ci ha amati e ha dato, per noi, se stesso, offerta e sacrificio di soave odore 10. Così dunque il Padre non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, perché anch'egli, il Figlio, donasse se stesso per noi.
Noi vediamo, in Colui che è nostro capo, ciò che speriamo.
3. Pertanto è stato consegnato lui, l'Eccelso, per mezzo del quale sono state create tutte le cose; consegnato per la forma di servo all'obbrobrio degli uomini, al disprezzo del popolo, al disonore, ai flagelli, alla morte di croce; mediante l'esempio della sua passione ci ha insegnato con quanta pazienza dobbiamo camminare in lui; mediante l'esempio della sua risurrezione ci ha assicurato che cosa dobbiamo sperare da lui con perseveranza. Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza 11. Noi speriamo quello che in verità non vediamo; siamo però nel corpo di quel capo, nel quale è già diventato perfetto ciò che speriamo. Di lui infatti è stato detto come egli sia il capo del corpo, la Chiesa, il primogenito, colui che ha il primato 12. E a nostro riguardo è stato detto: Ma voi siete il corpo di Cristo, e le membra 13. Ma se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza, sicuri; poiché chi è risuscitato è il nostro capo, custodisce la nostra speranza. E per il fatto che prima di risorgere il nostro capo è stato flagellato, ha consolidato la nostra pazienza. E' stato scritto infatti: Il Signore corregge colui che egli ama, e sferza chiunque riceve come figlio 14. Pertanto, non veniamo meno sotto la sferza per godere della risurrezione. E' infatti così vero che egli sferza chiunque riceve come figlio, che neppure ha risparmiato il suo Unigenito, ma lo ha dato per tutti noi. Quindi, tenendo presente lui che senza colpa fu flagellato e morì per i nostri peccati ed è risuscitato per la nostra giustificazione, non abbiamo timore, per non tirarci indietro se sferzati, ma piuttosto abbiamo fiducia di essere ricevuti giustificati.
Neppure ora ci manca la gioia. Di breve durata le soddisfazioni che dà il peccato.
4. Sebbene non sia ancora giunta infatti la pienezza della nostra felicità, neppure al presente, tuttavia, siamo stati lasciati senza gioia; evidentemente siamo stati salvati nella speranza. Perciò, anche lo stesso Apostolo che afferma: Se speriamo quello che non vediamo, lo attendiamo con perseveranza 15, in un altro passo dice: Lieti nella speranza, pazienti nella tribolazione 16. Avendo quindi una tale speranza, ci comportiamo con molta sicurezza 17. E il nostro dire abbia sapore di sale nella grazia per comprendere come bisogna rispondere a ciascuno 18! A coloro che, avendo perduto la pazienza, o non avendola mai avuta, hanno perfino l'ardire d'insultare noi che speriamo nel Signore (perché sperando ciò che non vediamo, lo attendiamo costanti) mentre dovrebbero imitare, dobbiamo proprio dire: Dove sono i vostri godimenti, per i quali seguite cattivi sentieri? Non diciamo dove saranno dopo questa vita, ma adesso dove sono? Quando l'oggi ha portato via il giorno di ieri, e il domani cancellerà l'oggi, quale, delle cose amate, non passa e non vola via? Cosa non fugge quasi prima che si colga, se non si può trattenere neppure una sola ora del giorno di oggi? In tal modo infatti l'ora seconda viene allontanata dalla terza, come l'ora di prima viene allontanata dalla seconda. Di una stessa sola ora, che sembra presente, niente è attuale: infatti tutte le sue parti e tutti i suoi attimi sono fuggevoli.
Vanità delle cose temporali.
5. Perché commette il peccato l'uomo, se quando pecca non è cieco? Almeno, dopo aver peccato, rifletta. Poteva notare che il piacere fuggevole si desidera senza discernimento; almeno una volta trascorso si pensa con pentimento. Ci deridete perché speriamo le realtà eterne, che non vediamo; mentre voi, soggetti alle cose temporali visibili, non sapete quale domani spunti per voi; spesso, sperandolo felice, trovate un brutto giorno; neppure, se è stato felice, potreste trattenerlo per non farlo scomparire. Vi burlate di noi perché speriamo le realtà eterne; queste, quando saranno venute, non passeranno, per quanto non siano esse a venire, ma sono senza fine immutabili. Siamo noi, invece, che andremo ad esse quando, muovendo sulla via del Signore, avremo oltrepassato queste cose transitorie. Quanto a voi, in realtà, le cose temporali sono oggetto di continua speranza, eppure le cose sperate v'ingannano ad ogni istante; non cessano d'infiammarvi, se previste; di corrompervi, se presenti; di tormentarvi, se passano. Non sono appunto quelle che, desiderate si accendono, possedute perdono di valore, perdute si dileguano? Serviamocene anche noi secondo la necessità di questa vita di pellegrini ma non fondiamo in esse le nostre gioie, per non essere scalzati dalla loro rovina. Usiamo appunto di questo mondo come non usandone 19, per giungere a Dio che ha fatto questo mondo, e restiamo in lui, godendo della sua eternità.
La certezza della nostra speranza.
6. Ora com'è che voi dite: Di là chi è tornato quaggiù, e chi ha fatto conoscere agli uomini che si fa negli inferi? Ma di qui vi ha chiuso la bocca colui che ha risuscitato il morto di quattro giorni 20, ed egli è risorto il terzo giorno per non più morire; e prima di morire, come colui al quale nulla è nascosto, anche nella parabola del povero nel riposo e del ricco che arde nel fuoco 21, narrò quale vita attende i morenti. Ma quelli che dicono: Chi è tornato quaggiù dall'al di là? non credono queste cose. Vogliono far intendere di essere disposti a credere se qualcuno dei loro antenati tornasse in vita. Ma è maledetto l'uomo che ripone la sua speranza nell'uomo 22. Proprio per questo Dio fatto uomo volle morire e risorgere, per dimostrare nella carne dell'uomo quello che anche per l'uomo si realizzerebbe in futuro e, nondimeno, ci si fidasse di Dio, non dell'uomo. E veramente è già davanti ai loro occhi la Chiesa dei fedeli diffusa in tutto il mondo. La leggano promessa, tanti secoli prima, ad un solo uomo, il quale credette contro ogni speranza che sarebbe diventato padre di molti popoli 23. Pertanto ciò che fu promesso al solo Abramo per la sua fede, lo vediamo già compiuto, e disperiamo che si realizzerà ciò che viene promesso al mondo intero che è nella fede? Continuino pure e dicano: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo 24. Quelli dicono ancora che domani moriranno, ma quando dicono tali cose la verità li ha trovati già morti. Voi invece, fratelli, figli della risurrezione, concittadini dei santi angeli, eredi di Dio e coeredi di Cristo, guardatevi dall'imitare quelli che sperando muoiono domani ed oggi sono sepolti nell'intemperanza. Ma, come dice appunto l'Apostolo, perché le cattive compagnie non corrompano i vostri buoni costumi, siate sobri, giusti e non peccate 25, percorrendo la via stretta, ma sicura, che conduce alla pienezza della Gerusalemme del cielo, la nostra madre, che è eterna; indefettibilmente sperate ciò che non vedete, attendete nella perseveranza ciò che non avete ancora, perché con assoluta fiducia voi ritenete Cristo come colui che promette veracemente.
1 - Rm 8, 24.
2 - Sal 141, 6.
3 - Cf. 2 Cor 4, 18.
4 - Sal 26, 14.
5 - Sir 2, 16.
6 - 1 Cor 15, 32-34.
7 - Sal 24, 9.
8 - Gv 14, 6.
9 - Cf. Fil 2, 6-7.
10 - Ef 5, 2.
11 - Rm 8, 25.
12 - Col 1, 18.
13 - 1 Cor 12, 27.
14 - Eb 12, 6.
15 - Rm 8, 25.
16 - Rm 12, 12.
17 - 2 Cor 3, 12.
18 - Col 4, 6.
19 - Cf. 1 Cor 7, 31.
20 - Cf. Gv 11, 39-44.
21 - Cf. Lc 16, 19-31.
22 - Ger 17, 5.
23 - Cf. Rm 4, 18.
24 - 1 Cor 15, 32.
25 - 1 Cor 15, 34.
25 - Gesù, il nostro redentore, dopo aver ricevuto il battesimo, si incammina nel deserto, dove, con l'esercizio delle virtù eroiche, insegna agli uomini come combattere e vincere i vizi;.
La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca985. Con la testimonianza che la somma Verità aveva reso sulle rive del Giordano della divinità di Gesù, la persona e le parole di lui acquisirono una credibilità tale che egli avrebbe potuto incominciare subito la sua predicazione, facendosi conoscere attraverso di essa, i miracoli, le opere e la vita stessa, affinché tutti lo confessassero quale Figlio dell'eterno Padre, Messia d'Israele e salvatore del genere umano. Tuttavia, il Maestro della santità non volle farlo senza aver prima trionfato sui nostri nemici: il mondo, il demonio e la carne, e infine gli inganni che questi costantemente procuravano. Inoltre, con gli atti eroici delle virtù, voleva impartire le prime lezioni della vita spirituale e cristiana e mostrarci come combattere e avere la meglio nella battaglia. Dapprima riuscì a schiacciare i nostri comuni rivali, permettendo così che la nostra fragile natura li incontrasse indeboliti nel caso in cui noi non avessimo voluto consegnarci al loro potere, né di nostra volontà ridonare ad essi le forze perdute. Quantunque sua Maestà, come Dio, fosse infinitamente superiore ai diavoli e come uomo non avesse commesso né colpa né peccato, quale giusto e santo volle sottomettere i vizi e il loro autore, offrendo la sua umanità al conflitto della tentazione e celando ad essi, a tale scopo, la sua potenza.
986. Recandosi nel deserto ci insegnò a vincere il mondo, perché, sebbene questo sia solito abbandonare coloro dei quali non ha bisogno per i suoi fini terreni e non perda tempo ad inseguire coloro che non lo cercano, chi ne disprezza veramente il fascino deve dimostrarlo allontanandosene non solo con il cuore, ma anche con le azioni, per quanto è possibile. Egli sottomise la carne ed insegnò a noi a fare lo stesso con la penitenza del lungo digiuno che inflisse al suo corpo innocente, quantunque non avesse sperimentato alcuna ribellione nei confronti del bene, né sentimenti inclini al male. Sconfisse il padre della menzogna con la dottrina e la verità, dal momento che tutte le seduzioni di costui vengono solitamente mascherate e vestite di fraudolenta falsità. Inoltre, scegliendo di iniziare a proclamare la buona novella e di farsi conoscere solo dopo aver conseguito tale vittoria, ci diede un altro ammaestramento sul pericolo che noi corriamo nell'accettare gli onori mondani - fossero pure questi doni ricevuti dal cielo - prima di aver superato gli avversari e di essere morti alle passioni; infatti, se il plauso delle creature ci ritrova con il cuore afferrato da esse e privi di mortificazione, la grazia e i benefici dell'Altissimo avranno poca stabilità, poiché il vento della vanagloria è solito trascinare persino i monti più solidi. A ciascuno di noi spetta il compito di accorgersi che teniamo il tesoro in vasi di creta, perché quando il Signore vuole esaltare il suo nome nella nostra debolezza sa perfettamente quali mezzi usare per porla al sicuro e portare quindi alla luce le sue opere. Quanto a noi, solo il timore ci minaccia e ci appartiene.
987. L 'Unigenito, dopo aver preso commiato da Giovanni il Battista, accompagnato dagli angeli che lo servivano come re e sovrano e lo veneravano con canti di lode per ciò che stava realizzando in ordine alla salvezza, si diresse verso il luogo prestabilito dal volere superno. Così giunse in quel posto solitario tra rupi e rocce aride e sterili, in mezzo alle quali si trovava una caverna o grotta molto nascosta, che scelse come abitazione per i giorni del digiuno. Si prostrò al suolo con profondo abbassamento, come era solito fare insieme alla sua beatissima Madre prima di pregare, e magnificò l'Onnipotente per le meraviglie compiute e soprattutto per avergli concesso quella terra così adatta per il suo ritiro; ringraziò anche lo stesso deserto per averlo accolto, dandogli la possibilità di rimanere nascosto dal mondo per tutto il tempo necessario. Poi si mise a intercedere incessantemente con le braccia distese a forma di croce mentre elevava suppliche per il riscatto dell'umanità: questa risultò essere la sua occupazione più frequente durante la sua permanenza là. Qualche volta durante tali implorazioni sudava sangue, per le ragioni che esporrò quando parlerò dell'orazione nell'orto degli Ulivi.
988. Alcune volte, mentre camminava, molti animali selvatici gli correvano intorno e con ammirevole istinto lo riconoscevano come loro creatore, e in testimonianza di ciò emettevano guaiti e si esprimevano con ogni genere di movimento. Soprattutto gli uccelli volavano dinanzi a lui e gli manifestavano il loro giubilo con diversi soavi canti, facendogli festa e omaggiandolo. A loro modo volevano anche esprimere la loro gratitudine per poter essere a lui vicini, cosicché quell'eremo venisse santificato dalla sua divina presenza. Egli cominciò l'astinenza senza prendere alcun cibo per tutti i quaranta giorni, offrendolo all'Eterno per espiare gli eccessi disordinati che i mortali avrebbero commesso col vizio della gola che era frequentemente e apertamente onorato, sebbene fosse considerato vile e abietto. Nella maniera in cui vinse questo vizio, vinse anche tutti gli altri, dando così soddisfazione delle ingiurie che il legislatore supremo riceveva con essi. Secondo quanto mi sembra di capire, egli, prima di iniziare la predicazione e la missione di maestro, redentore e mediatore presso il Padre, volle trionfare su tutti i vizi e per riparare le offese fatte a Dio esercitò le virtù contrarie: col digiuno rimediò quindi la smoderatezza della gola. Fece lo stesso per tutto il tempo della sua vita, ma specialmente destinò a tale scopo le sue opere d'infinito valore mentre era nel deserto.
989. Come un padre affettuoso, i cui numerosi figli avessero commesso grandi delitti e per questo meritassero orrendi castighi, il nostro fratello Gesù elargì i suoi favori per la nostra salvezza e pagò i nostri debiti per preservarci dalla pena dovuta. Donò la sua umiltà per compensare la nostra superbia, la povertà scelta liberamente per la nostra avarizia, l'aspra penitenza per i turpi piaceri, la mansuetudine e la carità verso i nemici per l'ira e la vendetta, l'attenzione vigilante e la sollecitudine per la nostra pigrizia e trascuratezza, la sincerità più schietta e genuina, la verità e la dolcezza per la falsità e l'invidia. Così andava placando il giusto giudice e chiedendo il perdono per gli uomini degeneri e disobbedienti. In tal modo non ottenne solo questo, ma guadagnò per noi anche nuove grazie e nuovi aiuti, perché giungessimo a godere della sua compagnia, ad essere degni di contemplare il suo volto e quello dell'Altissimo e a prender parte alla loro gloria da sempre e per sempre. Anche se egli avrebbe potuto conseguire tutto questo con la minore delle sue opere, non agì come avremmo fatto noi e il suo amore sovrabbondò in incalcolabili dimostrazioni, affinché la nostra ingratitudine e durezza di cuore non avessero scuse.
990. Alla Principessa, per avere notizia degli atti di sua Maestà, sarebbero bastate la luce divina e le continue visioni e rivelazioni che aveva, ma ella nel suo zelo inviava al suo Unigenito frequenti messaggi per mezzo degli angeli. Lo stesso Signore disponeva che ciò avvenisse attraverso questi fedeli ambasciatori, perché i sensi di entrambi udissero reciprocamente i concetti che formavano i loro animi, e puntualmente essi li riferivano a Maria con le stesse parole uscite dalla bocca di Gesù e a Gesù con quelle di Maria, sebbene tutti e due ne fossero già informati per altra via. Non appena la Regina fu al corrente del fatto che egli si era incamminato verso il deserto e delle sue intenzioni, serrò le porte di casa senza che nessuno potesse accorgersi che dimorava all'interno. Si tenne talmente nascosta che gli stessi vicini pensarono che ella pure si fosse allontanata. Si raccolse nel suo oratorio e vi rimase quaranta giorni e quaranta notti senza uscire mai e senza prendere cibo, come sapeva che stava facendo il suo diletto: entrambi intendevano osservare la stessa forma di vita e lo stesso rigoroso digiuno. Lo imitò in tutto, con la preghiera, le prostrazioni a terra e le genuflessioni senza ometterne alcuna, e la cosa più stupefacente è che le compiva simultaneamente a lui e per questo motivo tralasciò ogni altra faccenda. Oltre ai messaggi che le erano recati, era in grado, a motivo di quel beneficio di cui ho più volte riferito, di vedere le operazioni dell'anima del Verbo incarnato, sia che questi fosse presente sia che fosse assente. Inoltre, per quanto riguarda le azioni corporali, che ella percepiva attraverso i sensi quando stavano insieme, ora, essendo egli lontano, riusciva a conoscerle attraverso la visione intellettuale, oppure le erano manifestate dagli stessi esseri celesti.
991. Il nostro Maestro, finché si trattenne in quel luogo, faceva ogni giorno trecento genuflessioni e prostrazioni ed altrettante ne faceva la Vergine ; il tempo che le restava, ella lo impiegava solitamente per comporre canti di lode. Ricalcando le sue orme cooperò con lui, riportò le medesime vittorie sui vizi e riparò gli stessi con le sue eroiche virtù. Se egli, come redentore, meritò tanti favori a nostro vantaggio e pagò i nostri debiti secondo la più severa giustizia, ella, come ausiliatrice e madre nostra, misericordiosamente intercedette per noi e divenne mediatrice nella misura in cui era possibile ad una semplice creatura.
Insegnamento della Regina del cielo
992. Figlia mia, le penitenze corporali sono indispensabili: molti si sono persi per sempre e molti altri corrono lo stesso pericolo, perché hanno ignorato questo dovere e hanno dimenticato o addirittura disprezzato l'obbligo di abbracciare la croce. I mortali devono affliggere la loro carne innanzitutto perché sono stati concepiti nella colpa e con essa tutta la natura umana è diventata corruttibile, e le passioni inclini al male e ostili allo spirito si sono ribellate alla ragione; infatti, se si permette che queste seguano le proprie inclinazioni, trascinano l'anima facendola precipitare da un vizio all'altro. Se però tale fiera viene soggiogata e domata col freno dell'astinenza, perde la sua forza e l'intelligenza ha il sopravvento con la luce della verità. Il secondo motivo per il quale ci si deve mortificare è che nessuno ha cessato di peccare contro Dio. Alla trasgressione deve corrispondere inevitabilmente il castigo, o in questa vita o nell'altra, e, poiché l'anima e il corpo hanno peccato insieme, devono essere puniti entrambi secondo equità; il dolore interiore non è sufficiente, se la carne per non dover patire tenta di schivare la pena adeguata. Il debito del reo è tanto grande quanto la sua capacità di rimediare è limitata e scarsa: egli non saprà mai, quantunque si sforzi ininterrottamente, se avrà potuto riparare e rendere soddisfazione al giudice, e quindi non deve smettere di impegnarsi fino alla fine dei suoi giorni.
993. La divina clemenza è a tal punto liberale con gli uomini che, se essi cercano come possono di espiare i loro peccati con la penitenza, sua Maestà non solo si mostra compensato delle offese subite, ma anche promette loro nuove grazie e il premio eterno. È necessario che i servi fedeli e prudenti, che amano veramente il loro Signore, procurino di aggiungere altre opere volontarie, perché al debitore che pensa solamente a pagare, senza fare più di quello che deve, benché paghi, nulla avanza ed egli resta povero, senza alcun capitale. Che cosa dunque devono fare o sperare coloro che non pagano, né compiono nulla a tal fine? Il terzo motivo per il quale ci si deve maggiormente mortificare è la sequela del nostro Maestro. Egli ed io, sebbene non avessimo né macchie né passioni disordinate, ci sacrificammo e tutta la nostra esistenza terrena trascorse nella continua afflizione dei sensi. Non bisognava che il Cristo sopportasse questi oltraggi per entrare nella gloria del suo corpo e del suo nome? Ed io lo seguii in tutto. Ordunque, se noi ci siamo comportati in questo modo perché conveniente, quale diritto hanno i discendenti di Adamo di cercare un altro cammino e di condurre una vita comoda, molle, dilettevole e avida di piaceri, aborrendo e disprezzando tutte le fatiche, le ignominie, i digiuni e gli atti di compunzione? Quale argomento adducono per cui il soffrire dovrebbe essere solo per il mio Unigenito e per me, mentre coloro che si procurano la condanna se ne stanno con le mani in mano, dediti alle lussuriose inclinazioni della carne, e usano le forze spirituali, che hanno ricevuto da lui per porsi al suo servizio e ricalcare le sue orme, per appagare i loro piaceri e per servire satana che li ha fin là trascinati? Questa mostruosità, che ormai regna dappertutto, ha provocato l'ira e l'indignazione dell'Onnipotente.
994. È vero, carissima, che i tormenti di mio Figlio hanno riparato le mancanze dei meriti umani. Egli ordinò anche a me di imitare precisamente i suoi supplizi e i suoi esercizi, affinché, sebbene fossi solo una semplice creatura, cooperassi con lui facendo le veci dei mortali. Ciò però non avvenne per esonerare questi ultimi dalla penitenza, ma per incitarli ad essa; infatti, non sarebbe stato necessario patire così tanto solo per rendere soddisfazione per essi. Gesù, come vero padre e fratello, volle anche dare valore alle azioni e alle mortificazioni di chi lo avrebbe seguito, poiché le stesse sarebbero state di poco conto agli occhi dell'Altissimo senza quelle che fece lui. E se questo vale per le opere virtuose e perfette, che sarà di quelle piene di difetti comunemente fatte dagli uomini, benché siano oggetto di virtù? Infatti, anche quelle di coloro che sono progrediti spiritualmente e giusti hanno bisogno di essere integrate e migliorate. Il nostro Salvatore ne colmò tutti i vuoti e le lacune affinché queste stesse, unite alle sue, fossero accette e gradite al sommo sovrano. Chi però non ne compie alcuna e se ne sta ozioso, non può avvalersi delle opere del suo Redentore: non si trova, infatti, in lui nulla da integrare o da ritoccare, ma al contrario molto da condannare. Ora, non mi riferisco all'esecrabile errore di quei credenti che perfino nelle pratiche di penitenza hanno introdotto la sensualità e la vanità del mondo. Per essi è opportuno un maggior castigo più per questo che per le altre colpe, dal momento che uniscono alla contrizione fini vani ed imperfetti dimenticando quelli soprannaturali che danno merito alla mortificazione e pongono in stato di grazia. Se sarà utile, ti parlerò di tale argomento in un'altra occasione. Per ora piangi su una simile cecità e tieniti pronta a sopportare ogni fatica e dolore, e, se anche tu soffrissi come gli apostoli, i martiri e i confessori, faresti solo il tuo dovere. Castiga sempre il tuo corpo e moltiplica lo zelo nel farlo; pensa che ti mancano ancora molte cose, che la vita è così breve e debole è la tua capacità di retribuzione.
Visione del 1° gennaio 1990
Vergine della Rivelazione (Tre Fontane)
«Gli uomini di Dio, coloro che sono chiamati a salvare gli uomini, incontreranno degli impedimenti per compiere il proprio dovere; e non parleranno di Dio, di Gesù Cristo, né dello Spirito Santo. Non potranno parlare neppure di me, che sono vera Madre di Dio, vera Sposa di Dio, vera Figlia di Dio. Saranno impediti; e non potranno parlare dei sacramenti, né dei sacramentali. Coloro che parleranno di queste cose saranno martirizzati, moralmente e fisicamente, e diventeranno veri confessori di Gesù Cristo»