Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Una persona umile e povera in spirito, che ha piantato il suo cuore in Dio, non ha nulla da perdere: niente e nessuno potrà  rubare la serena pace della sua anima. La prima cosa che conquista è la obiettività  e il senso della realtà . I successi, gli applausi, non la emozionano più di tanto; gli insuccessi, i fischi, non la turbano. Il suo animo permane stabile davanti alle calunnie come davanti agli elogi. È libera da sé stessa perciò è incrollabile davanti alla volubilita' della vita. È una figura cesellata dallo spirito del Vangelo, ricolma di soavita', pazienza, dolcezza ed equilibrio. È una persona di alta qualità . (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 12° settimana del tempo ordinario (Sacro Cuore di Gesù)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 5

1Intanto giunsero all'altra riva del mare, nella regione dei Gerasèni.2Come scese dalla barca, gli venne incontro dai sepolcri un uomo posseduto da uno spirito immondo.3Egli aveva la sua dimora nei sepolcri e nessuno più riusciva a tenerlo legato neanche con catene,4perché più volte era stato legato con ceppi e catene, ma aveva sempre spezzato le catene e infranto i ceppi, e nessuno più riusciva a domarlo.5Continuamente, notte e giorno, tra i sepolcri e sui monti, gridava e si percuoteva con pietre.6Visto Gesù da lontano, accorse, gli si gettò ai piedi,7e urlando a gran voce disse: "Che hai tu in comune con me, Gesù, Figlio del Dio altissimo? Ti scongiuro, in nome di Dio, non tormentarmi!".8Gli diceva infatti: "Esci, spirito immondo, da quest'uomo!".9E gli domandò: "Come ti chiami?". "Mi chiamo Legione, gli rispose, perché siamo in molti".10E prese a scongiurarlo con insistenza perché non lo cacciasse fuori da quella regione.
11Ora c'era là, sul monte, un numeroso branco di porci al pascolo.12E gli spiriti lo scongiurarono: "Mandaci da quei porci, perché entriamo in essi".13Glielo permise. E gli spiriti immondi uscirono ed entrarono nei porci e il branco si precipitò dal burrone nel mare; erano circa duemila e affogarono uno dopo l'altro nel mare.14I mandriani allora fuggirono, portarono la notizia in città e nella campagna e la gente si mosse a vedere che cosa fosse accaduto.
15Giunti che furono da Gesù, videro l'indemoniato seduto, vestito e sano di mente, lui che era stato posseduto dalla Legione, ed ebbero paura.16Quelli che avevano visto tutto, spiegarono loro che cosa era accaduto all'indemoniato e il fatto dei porci.17Ed essi si misero a pregarlo di andarsene dal loro territorio.18Mentre risaliva nella barca, colui che era stato indemoniato lo pregava di permettergli di stare con lui.19Non glielo permise, ma gli disse: "Va' nella tua casa, dai tuoi, annunzia loro ciò che il Signore ti ha fatto e la misericordia che ti ha usato".20Egli se ne andò e si mise a proclamare per la Decàpoli ciò che Gesù gli aveva fatto, e tutti ne erano meravigliati.

21Essendo passato di nuovo Gesù all'altra riva, gli si radunò attorno molta folla, ed egli stava lungo il mare.22Si recò da lui uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, vedutolo, gli si gettò ai piedi23e lo pregava con insistenza: "La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva".24Gesù andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.
25Or una donna, che da dodici anni era affetta da emorragia26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza nessun vantaggio, anzi peggiorando,27udito parlare di Gesù, venne tra la folla, alle sue spalle, e gli toccò il mantello. Diceva infatti:28"Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita".29E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male.
30Ma subito Gesù, avvertita la potenza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: "Chi mi ha toccato il mantello?".31I discepoli gli dissero: "Tu vedi la folla che ti si stringe attorno e dici: Chi mi ha toccato?".32Egli intanto guardava intorno, per vedere colei che aveva fatto questo.33E la donna impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità.34Gesù rispose: "Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va' in pace e sii guarita dal tuo male".
35Mentre ancora parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: "Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?".36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: "Non temere, continua solo ad aver fede!".37E non permise a nessuno di seguirlo fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava.39Entrato, disse loro: "Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme".40Ed essi lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina.41Presa la mano della bambina, le disse: "Talità kum", che significa: "Fanciulla, io ti dico, alzati!".42Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Essi furono presi da grande stupore.43Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare.


Primo libro di Samuele 18

1Quando Davide ebbe finito di parlare con Saul, l'anima di Giònata s'era già talmente legata all'anima di Davide, che Giònata lo amò come se stesso.2Saul in quel giorno lo prese con sé e non lo lasciò tornare a casa di suo padre.3Giònata strinse con Davide un patto, perché lo amava come se stesso.4Giònata si tolse il mantello che indossava e lo diede a Davide e vi aggiunse i suoi abiti, la sua spada, il suo arco e la cintura.5Davide riusciva in tutti gli incarichi che Saul gli affidava, così che Saul lo pose al comando dei guerrieri ed era gradito a tutto il popolo e anche ai ministri di Saul.
6Al loro rientrare, mentre Davide tornava dall'uccisione del Filisteo, uscirono le donne da tutte le città d'Israele a cantare e a danzare incontro al re Saul, accompagnandosi con i timpani, con grida di gioia e con sistri.7Le donne danzavano e cantavano alternandosi:

"Saul ha ucciso i suoi mille,
Davide i suoi diecimila".

8Saul ne fu molto irritato e gli parvero cattive quelle parole. Diceva: "Hanno dato a Davide diecimila, a me ne hanno dato mille. Non gli manca altro che il regno".9Così da quel giorno in poi Saul si ingelosì di Davide.10Il giorno dopo, un cattivo spirito sovrumano s'impossessò di Saul, il quale si mise a delirare in casa. Davide suonava la cetra come i giorni precedenti e Saul teneva in mano la lancia.11Saul impugnò la lancia, pensando: "Inchioderò Davide al muro!". Ma Davide gli sfuggì davanti per due volte.12Saul cominciò a sentir timore di fronte a Davide, perché il Signore era con lui, mentre si era ritirato da Saul.13Saul lo allontanò da sé e lo fece capo di migliaia e Davide andava e veniva alla testa del suo gruppo.14Davide riusciva in tutte le sue imprese, poiché il Signore era con lui.15Saul, vedendo che riusciva proprio sempre, aveva timore di lui.16Ma tutto Israele e Giuda amavano Davide, perché egli si muoveva alla loro testa.
17Ora Saul disse a Davide: "Ecco Merab, mia figlia maggiore. La dò in moglie a te. Tu dovrai essere il mio guerriero e combatterai le battaglie del Signore". Saul pensava: "Non sia contro di lui la mia mano, ma contro di lui sia la mano dei Filistei".18Davide rispose a Saul: "Chi sono io e che importanza ha la famiglia di mio padre in Israele, perché io possa diventare genero del re?".19Ma ecco, quando venne il tempo di dare Merab, figlia di Saul, a Davide, fu data invece in moglie ad Adriel di Mecola.
20Intanto Mikal, l'altra figlia di Saul, s'invaghì di Davide; ne riferirono a Saul e la cosa gli piacque.21Saul diceva: "Gliela darò, ma sarà per lui una trappola e la mano dei Filistei cadrà su di lui". E Saul disse a Davide: "Oggi hai una seconda occasione per diventare mio genero".22Quindi Saul ordinò ai suoi ministri: "Dite di nascosto a Davide: Ecco, tu piaci al re e i suoi ministri ti amano. Su, dunque, diventa genero del re".23I ministri di Saul sussurrarono all'orecchio di Davide queste parole e Davide rispose: "Vi pare piccola cosa divenir genero del re? Io sono povero e uomo di bassa condizione".24I ministri di Saul gli riferirono: "Davide ha risposto in questo modo".25Allora Saul disse: "Riferite a Davide: Il re non pretende il prezzo nuziale, ma solo cento prepuzi di Filistei, perché sia fatta vendetta dei nemici del re". Saul pensava di far cadere Davide in mano ai Filistei.26I ministri di lui riferirono a Davide queste parole e piacque a Davide tale condizione per diventare genero del re. Non erano ancora passati i giorni fissati,27quando Davide si alzò, partì con i suoi uomini e uccise tra i Filistei duecento uomini. Davide riportò i loro prepuzi e li contò davanti al re per diventare genero del re. Saul gli diede in moglie la figlia Mikal.28Saul si accorse che il Signore era con Davide e che Mikal figlia di Saul lo amava.29Saul ebbe ancor più paura nei riguardi di Davide; Saul fu nemico di Davide per tutti i suoi giorni.30I capi dei Filistei facevano sortite, ma Davide, ogni volta che uscivano, riportava successi maggiori di tutti i ministri di Saul e in tal modo si acquistò grande fama.


Siracide 44

1Facciamo dunque l'elogio degli uomini illustri,
dei nostri antenati per generazione.
2Il Signore ha profuso in essi la gloria,
la sua grandezza è apparsa sin dall'inizio dei secoli.
3Signori nei loro regni,
uomini rinomati per la loro potenza;
consiglieri per la loro intelligenza
e annunziatori nelle profezie.
4Capi del popolo con le loro decisioni
e con l'intelligenza della sapienza popolare;
saggi discorsi erano nel loro insegnamento.
5Inventori di melodie musicali
e compositori di canti poetici.
6Uomini ricchi dotati di forza,
vissuti in pace nelle loro dimore.
7Tutti costoro furono onorati dai contemporanei,
furono un vanto ai loro tempi.
8Di loro alcuni lasciarono un nome,
che ancora è ricordato con lode.
9Di altri non sussiste memoria;
svanirono come se non fossero esistiti;
furono come se non fossero mai stati,
loro e i loro figli dopo di essi.
10Invece questi furono uomini virtuosi,
i cui meriti non furono dimenticati.
11Nella loro discendenza dimora
una preziosa eredità, i loro nipoti.
12La loro discendenza resta fedele alle promesse
e i loro figli in grazia dei padri.
13Per sempre ne rimarrà la discendenza
e la loro gloria non sarà offuscata.
14I loro corpi furono sepolti in pace,
ma il loro nome vive per sempre.
15I popoli parlano della loro sapienza,
l'assemblea ne proclama le lodi.

16Enoch piacque al Signore e fu rapito,
esempio istruttivo per tutte le generazioni.

17Noè fu trovato perfetto e giusto,
al tempo dell'ira fu riconciliazione;
per suo mezzo un resto sopravvisse sulla terra,
quando avvenne il diluvio.
18Alleanze eterne furono stabilite con lui,
perché non fosse distrutto ogni vivente con il diluvio.

19Abramo fu grande antenato di molti popoli,
nessuno ci fu simile a lui nella gloria.
20Egli custodì la legge dell'Altissimo,
con lui entrò in alleanza.
Stabilì questa alleanza nella propria carne
e nella prova fu trovato fedele.
21Per questo Dio gli promise con giuramento
di benedire i popoli nella sua discendenza,
di moltiplicarlo come la polvere della terra,
di innalzare la sua discendenza come gli astri
e di dar loro un'eredità da uno all'altro mare,
dal fiume fino all'estremità della terra.

22Anche a Isacco fu fatta la stessa promessa
a causa di Abramo suo padre.
23Dio fece posare sulla testa di Giacobbe
la benedizione di tutti gli uomini e l'alleanza;
lo confermò nelle sue benedizioni,
a lui diede il paese in eredità e lo divise in varie
parti,
assegnandole alle dodici tribù.


Salmi 102

1'Preghiera di un afflitto che è stanco'
'e sfoga dinanzi a Dio la sua angoscia'.
2Signore, ascolta la mia preghiera,
a te giunga il mio grido.
3Non nascondermi il tuo volto;
nel giorno della mia angoscia
piega verso di me l'orecchio.
Quando ti invoco: presto, rispondimi.

4Si dissolvono in fumo i miei giorni
e come brace ardono le mie ossa.
5Il mio cuore abbattuto come erba inaridisce,
dimentico di mangiare il mio pane.
6Per il lungo mio gemere
aderisce la mia pelle alle mie ossa.

7Sono simile al pellicano del deserto,
sono come un gufo tra le rovine.
8Veglio e gemo
come uccello solitario sopra un tetto.
9Tutto il giorno mi insultano i miei nemici,
furenti imprecano contro il mio nome.
10Di cenere mi nutro come di pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto,
11davanti alla tua collera e al tuo sdegno,
perché mi sollevi e mi scagli lontano.
12I miei giorni sono come ombra che declina,
e io come erba inaridisco.

13Ma tu, Signore, rimani in eterno,
il tuo ricordo per ogni generazione.
14Tu sorgerai, avrai pietà di Sion,
perché è tempo di usarle misericordia:
l'ora è giunta.
15Poiché ai tuoi servi sono care le sue pietre
e li muove a pietà la sua rovina.

16I popoli temeranno il nome del Signore
e tutti i re della terra la tua gloria,
17quando il Signore avrà ricostruito Sion
e sarà apparso in tutto il suo splendore.
18Egli si volge alla preghiera del misero
e non disprezza la sua supplica.

19Questo si scriva per la generazione futura
e un popolo nuovo darà lode al Signore.
20Il Signore si è affacciato dall'alto del suo santuario,
dal cielo ha guardato la terra,
21per ascoltare il gemito del prigioniero,
per liberare i condannati a morte;
22perché sia annunziato in Sion il nome del Signore
e la sua lode in Gerusalemme,
23quando si aduneranno insieme i popoli
e i regni per servire il Signore.

24Ha fiaccato per via la mia forza,
ha abbreviato i miei giorni.
25Io dico: Mio Dio,
non rapirmi a metà dei miei giorni;
i tuoi anni durano per ogni generazione.
26In principio tu hai fondato la terra,
i cieli sono opera delle tue mani.
27Essi periranno, ma tu rimani,
tutti si logorano come veste,
come un abito tu li muterai
ed essi passeranno.

28Ma tu resti lo stesso
e i tuoi anni non hanno fine.
29I figli dei tuoi servi avranno una dimora,
resterà salda davanti a te la loro discendenza.


Isaia 7

1Nei giorni di Acaz figlio di Iotam, figlio di Ozia, re di Giuda, Rezìn re di Aram e Pekach figlio di Romelia, re di Israele, marciarono contro Gerusalemme per muoverle guerra, ma non riuscirono a espugnarla.2Fu dunque annunziato alla casa di Davide: "Gli Aramei si sono accampati in Èfraim". Allora il suo cuore e il cuore del suo popolo si agitarono, come si agitano i rami del bosco per il vento.
3Il Signore disse a Isaia: "Va' incontro ad Acaz, tu e tuo figlio Seariasùb, fino al termine del canale della piscina superiore sulla strada del campo del lavandaio.4Tu gli dirai: Fa' attenzione e sta' tranquillo, non temere e il tuo cuore non si abbatta per quei due avanzi di tizzoni fumosi, per la collera di Rezìn degli Aramei e del figlio di Romelia.5Poiché gli Aramei, Èfraim e il figlio di Romelia hanno tramato il male contro di te, dicendo:6Saliamo contro Giuda, devastiamolo e occupiamolo, e vi metteremo come re il figlio di Tabeèl.

7Così dice il Signore Dio: Ciò non avverrà e non sarà!
8aPerché capitale di Aram è Damasco
e capo di Damasco è Rezìn.
9aCapitale di Èfraim è Samaria
e capo di Samaria il figlio di Romelia.
8bAncora sessantacinque anni
ed Èfraim cesserà di essere un popolo.
9bMa se non crederete, non avrete stabilità".

10Il Signore parlò ancora ad Acaz:11"Chiedi un segno dal Signore tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure lassù in alto".12Ma Acaz rispose: "Non lo chiederò, non voglio tentare il Signore".13Allora Isaia disse: "Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta di stancare la pazienza degli uomini, perché ora vogliate stancare anche quella del mio Dio?14Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.15Egli mangerà panna e miele finché non imparerà a rigettare il male e a scegliere il bene.16Poiché prima ancora che il bimbo impari a rigettare il male e a scegliere il bene, sarà abbandonato il paese di cui temi i due re.17Il Signore manderà su di te, sul tuo popolo e sulla casa di tuo padre giorni quali non vennero da quando Èfraim si staccò da Giuda: manderà il re di Assiria".

18Avverrà in quel giorno:
il Signore farà un fischio alle mosche
che sono all'estremità dei canali di Egitto
e alle api che si trovano in Assiria.
19Esse verranno e si poseranno tutte
nelle valli ricche di burroni,
nelle fessure delle rocce,
su ogni cespuglio e su ogni pascolo.
20In quel giorno il Signore raderà
con rasoio preso in affitto oltre il fiume,
cioè il re assiro,
il capo e il pelo del corpo,
anche la barba toglierà via.
21Avverrà in quel giorno:
ognuno alleverà una giovenca e due pecore.
22Per l'abbondanza del latte che faranno,
si mangerà la panna;
di panna e miele si ciberà
ogni superstite in mezzo a questo paese.
23Avverrà in quel giorno:
ogni luogo, dove erano mille viti
valutate mille sicli d'argento,
sarà preda dei rovi e dei pruni.
24Vi si entrerà armati di frecce e di arco,
perché tutta la terra sarà rovi e pruni.
25In tutti i monti,
che erano vangati con la vanga,
non si passerà più
per paura delle spine e dei rovi.
Serviranno da pascolo per armenti
e da luogo battuto dal gregge.


Lettera agli Ebrei 7

1Questo 'Melchìsedek' infatti, 're di Salem, sacerdote del Dio Altissimo, andò incontro ad Abramo mentre ritornava dalla sconfitta dei re' e 'lo benedisse';2'a lui Abramo' diede 'la decima di ogni cosa'; anzitutto il suo nome tradotto significa re di giustizia; è inoltre anche 're di Salem', cioè re di pace.3Egli è senza padre, senza madre, senza genealogia, senza principio di giorni né fine di vita, fatto simile al Figlio di Dio e rimane sacerdote in eterno.

4Considerate pertanto quanto sia grande costui, al quale Abramo, il patriarca, diede la decima del suo bottino.5In verità anche quelli dei figli di Levi, che assumono il sacerdozio, hanno il mandato di riscuotere, secondo la legge, la decima dal popolo, cioè dai loro fratelli, essi pure discendenti da Abramo.6Egli invece, che non era della loro stirpe, prese la decima da Abramo e benedisse colui che era depositario della promessa.7Ora, senza dubbio, è l'inferiore che è benedetto dal superiore.8Inoltre, qui riscuotono le decime uomini mortali; là invece le riscuote uno di cui si attesta che vive.9Anzi si può dire che lo stesso Levi, che pur riceve le decime, ha versato la sua decima in Abramo:10egli si trovava infatti ancora nei lombi del suo antenato quando 'gli venne incontro Melchìsedek'.

11Or dunque, se la perfezione fosse stata possibile per mezzo del sacerdozio levitico - sotto di esso il popolo ha ricevuto la legge - che bisogno c'era che sorgesse un altro sacerdote 'alla maniera di Melchìsedek', e non invece 'alla maniera' di Aronne?12Infatti, mutato il sacerdozio, avviene necessariamente anche un mutamento della legge.13Questo si dice di chi è appartenuto a un'altra tribù, della quale nessuno mai fu addetto all'altare.14È noto infatti che il Signore nostro è germogliato da Giuda e di questa tribù Mosè non disse nulla riguardo al sacerdozio.

15Ciò risulta ancor più evidente dal momento che, 'a somiglianza di Melchìsedek', sorge un altro 'sacerdote',16che non è diventato tale per ragione di una prescrizione carnale, ma per la potenza di una vita indefettibile.17Gli è resa infatti questa testimonianza:

'Tu sei sacerdote in eterno alla maniera di Melchìsedek'.

18Si ha così l'abrogazione di un ordinamento precedente a causa della sua debolezza e inutilità -19la legge infatti non ha portato nulla alla perfezione - e si ha invece l'introduzione di una speranza migliore, grazie alla quale ci avviciniamo a Dio.

20Inoltre ciò non avvenne senza giuramento. Quelli infatti diventavano sacerdoti senza giuramento;21 costui al contrario con un giuramento di colui che gli ha detto:

'Il Signore ha giurato e non si pentirà:
tu sei sacerdote per sempre'.

22Per questo, Gesù è diventato garante di un'alleanza migliore.
23Inoltre, quelli sono diventati sacerdoti in gran numero, perché la morte impediva loro di durare a lungo;24egli invece, poiché resta per sempre, possiede un sacerdozio che non tramonta.25Perciò può salvare perfettamente quelli che per mezzo di lui si accostano a Dio, essendo egli sempre vivo per intercedere a loro favore.

26Tale era infatti il sommo sacerdote che ci occorreva: santo, innocente, senza macchia, separato dai peccatori ed elevato sopra i cieli;27egli non ha bisogno ogni giorno, come gli altri sommi sacerdoti, di offrire sacrifici prima per i propri peccati e poi per quelli del popolo, poiché egli ha fatto questo una volta per tutte, offrendo se stesso.28La legge infatti costituisce sommi sacerdoti uomini soggetti all'umana debolezza, ma la parola del giuramento, posteriore alla legge, costituisce il Figlio che è stato reso perfetto in eterno.


Capitolo VIII: L'intima amicizia con Gesù

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1. Quando è presente Gesù, tutto è per il bene, e nulla pare difficile. Invece, quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non è presente, tutto è difficile. Quando Gesù non parla nell'intimo, ogni consolazione vale assai poco. Invece, se Gesù dice anche soltanto una parola, sentiamo una grande consolazione. Forse che Maria Maddalena non balzò subitamente dal luogo in cui stava in pianto, quando Marta le disse: "C'è qui il maestro, ti chiama?" (Gv 11,28). Momento felice, quello in cui Gesù ci invita dal pianto al gaudio spirituale. Come sei arido e aspro, lontano da Gesù; come sei sciocco e vuoto se vai dietro a qualcosa d'altro, che non sia Gesù. Non è, questo, per te, un danno più grande che perdere il mondo intero? Che cosa ti può mai dare il mondo se non possiedi Gesù? Essere senza Gesù è un duro inferno; essere con Gesù è un dolce paradiso. Non ci sarà nemico che possa farti del male, se avrai Gesù presso di te. Chi trova Gesù trova un grande tesoro prezioso; anzi, trova un bene più grande di ogni altro bene. Chi perde Gesù perde più che non si possa dire; perde più che se perdesse tutto quanto il mondo. Colui che vive senza Gesù è privo di tutto; colui che vive saldamente con lui è ricco di tutto. 

2. Grande avvedutezza è saper stare vicino a Gesù; grande sapienza sapersi tenere stretti a lui. Abbi umiltà e pace, e Gesù sarà con te; abbi devozione e tranquillità di spirito, e Gesù starà con te. Che se comincerai a deviare verso le cose esteriori, potrai subitamente allontanare da te Gesù, perdendo la sua grazia; e se avrai cacciato lui, e l'avrai perduto, a chi correrai per rifugio, a chi ti volgerai come ad amico? Senza un amico non puoi vivere pienamente; e se non hai come amico, al di sopra di ogni altro, Gesù, sarai estremamente triste e desolato.  

3. E' da stolto, dunque, quello che fai, ponendo la tua fiducia e la tua gioia in altri che in Gesù. E' preferibile avere il mondo intero contro di te che avere Gesù disgustato di te. Sicché, tra tutte le persone care, caro, per sé, sia il solo Gesù; tutti gli altri si devono amare a causa di Lui; Lui, invece, per se stesso. Gesù Cristo, il solo che troviamo buono e fedele più di ogni altro amico, lui solo dobbiamo amare, di amore particolare. Per lui e in lui ti saranno cari sia gli amici che i nemici; e lo pregherai per gli uni e per gli altri, affinché tutti lo conoscano e lo amino. Non desiderare di essere apprezzato od amato per te stesso, poiché questo spetta soltanto a Dio, che non ha alcuno che gli somigli. Non volere che uno si lasci prendere, nel suo cuore, tutto da te, né lasciarti tutto prendere tu dall'amore di chicchessia. Gesù soltanto deve essere in te, come in ognuno che ami il bene. Sii puro interiormente e libero, senza legami con le creature. Se vuoi essere pienamente aperto a gustare "com'è soave il Signore" (Sal 33,9), devi essere del tutto spoglio e offrire a Dio un cuore semplice e puro.  

4. Ma, in verità, a tanto non giungerai, se prima non sarà venuta a te la sua grazia trascinandoti, cosicché, scacciata e gettata via ogni cosa, tu possa unirti con Lui, da solo a solo. Quando la grazia di Dio scende sull'uomo, allora egli diventa capace di ogni impresa; quando invece la grazia viene meno, l'uomo diventa misero e debole, quasi abbandonato al castigo. Ma anche così non ci si deve lasciare abbattere; né si deve disperare. Occorre piuttosto stare fermamente alla volontà di Dio e, qualunque cosa accada, sopportarla sempre a lode di Gesù Cristo; giacché dopo l'inverno viene l'estate, dopo la tempesta una grande quiete.


LETTERA 75: Girolamo risponde alle questioni di Agostino proposte nelle lettere 28, 40 e 71 sul titolo della sua opera

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta tra il 403 e il 404.

Girolamo risponde alle questioni di Agostino proposte nelle lettere 28, 40 e 71 sul titolo della sua opera (n. 1-3), sul rimprovero di Paolo a Pietro (n. 4-18), sulla traduzione dell'Antico Testamento (n. 19-21) e sul termine edera, difendendo energicamente le sue interpretazioni contro Agostino (n. 22).

GIROLAMO SALUTA IN CRISTO IL VERAMENTE SANTO E BEATISSIMO VESCOVO AGOSTINO

Risponde in fretta e furia.

1. 1. Per mezzo del diacono Cipriano ho ricevuto in una sola volta tre lettere, o meglio tre brevi opuscoli della tua Eccellenza, contenenti diversi quesiti (così li chiami tu) mentre a mio parere sono critiche dei miei opuscoli. Se volessi dare ad essi una risposta, questa assumerebbe necessariamente le dimensioni di un libro. Mi sforzerò, tuttavia, per quanto mi sarà possibile, di non oltrepassare la misura d'una lettera, anche se un po' lunga, e non essere cagione di ritardo al fratello che ha premura di partire. Egli mi ha chiesto la lettera solo tre giorni prima della data stabilita per la partenza; mi vedo in tal modo costretto a sciorinare, così su due piedi, delle risposte disordinate, senza la ponderazione di chi scrive, anzi con l'avventatezza di chi detta all'improvviso: cosa che per lo più approda a un'esposizione condotta non in maniera scientifica ma a caso. Lo stesso succede ai soldati quando vengono sconvolti da combattimenti improvvisi: per quanto valorosi, sono costretti allora a darsi alla fuga prima che possano impugnare le armi.

Le armi spirituali per il trionfo della verità.

1. 2. Del resto, la nostra armatura è Cristo: è il sistema dell'Apostolo che agli Efesini scrive: Impugnate le armi di Dio, per poter resistere nel giorno del male 1; e ancora: In piedi, con i fianchi cinti della verità, indossando la corazza della giustizia e coi piedi calzati per essere pronti ad annunziare il Vangelo di pace. Ma soprattutto impugnate lo scudo della fede, con cui possiate estinguere le frecce infocate del maligno e prendete pure l'elmo della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio 2. Di queste armi s'era munito il re David un giorno per andare in battaglia. Dopo aver raccolte dal torrente cinque pietre ben levigate dimostrò che pure tra i torbidi flutti di questo mondo conservava il cuore scevro di sozzi e bassi sentimenti e bevendo dal torrente per via e perciò andando a testa alta 3 contro quel mostro di superbia ch'era Golia, ne troncò la testa e (particolare molto significativo) proprio con la spada di lui, percuotendo nella fronte il bestemmiatore 4 e colpendolo in quella parte del corpo in cui fu colpito dalla lebbra pure Ozia per aver usurpato con presunzione le funzioni sacerdotali 5, in quella parte del corpo di cui il santo si gloria nel Signore allorché dice: E' rimasta su di noi una traccia della luce del tuo volto, o Signore 6. E allora diciamo anche noi: Pronto è il mio cuore, o Dio, pronto è il mio cuore; canterò, salmodierò nella mia gloria. Destatevi, o salterio e cetra; m'alzerò ai primi albori 7, affinché anche per noi possa avverarsi la parola di Dio: Apri la tua bocca e io la riempirò 8, come pure quest'altra: Il Signore suggerirà la parola a coloro che annunciano la buona novella con gran forza 9. Tu pure preghi - non ne dubito - affinché tra noi, intenti a discutere, trionfi la verità; poiché tu non cerchi la tua gloria 10 ma quella di Cristo. Nel caso che sia tu a vincere, sarò vincitore anch'io qualora mi renderò conto del mio errore; ma pure nell'ipotesi contraria, se sarò io a vincere, sarai vincitore anche tu, poiché non sono i figli ad accumulare ricchezze per i genitori, ma i genitori per i figli 11. Nel libro dei Paralipomeni, inoltre, leggiamo che i figli d'Israele s'avviarono a combattere con intenzioni pacifiche 12, perché pur tra le spade e lo scorrere del sangue e tra i cadaveri dei caduti si preoccupavano non tanto della propria vittoria quanto piuttosto di quella della pace. Cerchiamo dunque di dare una risposta a tutti i quesiti e di risolvere con una esposizione sintetica - se Cristo vorrà - i molteplici problemi. Lascio da parte i saluti e le espressioni di stima con cui mi accarezzi la testa e le espressioni lusinghiere con cui ti sforzi di addolcire la critica che fai della mia opera. Ma vengo senz'altro ai punti essenziali della discussione.

De viris illustribus.

2. 3. Dici d'aver avuto da parte d'un fratello un mio libro mancante di titolo, nel quale passerei in rassegna gli scrittori ecclesiastici sia Greci che Latini. Avendo tu chiesto a quello - riferisco le tue parole - perché mancasse il titolo sul frontespizio o con qual titolo venisse indicato, ti avrebbe risposto che si chiamava " Epitaffio ". Tu allora fai questo ragionamento: Un simile titolo sarebbe appropriato, se vi si leggessero unicamente le biografie o le opere di personaggi già defunti; ma, siccome vi sono ricordati gli scritti di molti autori viventi al tempo in cui componevo quell'opera e che sono ancor vivi, ti pare strano che io abbia potuto darle quel titolo. Penso che tu, intelligente come sei, capisca che il titolo può arguirsi dal contenuto stesso dell'opera. Poiché hai letto gli autori Latini e Greci che scrissero la vita degl'illustri personaggi, sai pure che non hanno mai intitolato " Epitaffio " quelle loro opere, ma le hanno intitolate " Degli illustri personaggi ", come sono per esempio i capitani, i filosofi, gli oratori, gli storiografi, i poeti, gli epici, i tragici, i comici; mentre un epitaffio, a rigor di termini, lo si scrive solo per i morti, come ricordo d'aver fatto io stesso tempo addietro in occasione del prete Nepoziano, di santa memoria. Per conseguenza quel libro deve portare il titolo " Degli illustri personaggi " o più propriamente " Degli scrittori ecclesiastici, sebbene alcuni correttori ignoranti dicano abbia per titolo " Degli autori ".

Il rimprovero di Pietro a Paolo.

3. 4. In secondo luogo mi chiedi perché nei Commentari sulla Lettera ai Galati ho detto che Paolo non ha potuto riprendere Pietro per un fatto compiuto pure da lui stesso, cioè riprendere un altro di simulazione, di cui egli stesso era colpevole 13. Tu invece sostieni che il rimprovero dell'Apostolo non fu finto, ma autentico e che perciò io non dovrei insegnare che lì si tratta di menzogna, ma che tutto ciò che sta scritto nella Bibbia dev'essere inteso come sta scritto. Rispondo: anzitutto la tua Prudenza avrebbe dovuto tener presente la breve prefazione premessa ai miei Commentari, dove, parlando di me stesso, dico: " E che? Sarei dunque si sciocco e temerario, da promettere una cosa che egli stesso non poté mantenere? Niente affatto! Mi pare anzi d'essere stato tanto più cauto e riservato in quanto, consapevole delle mie deboli forze, mi sono attenuto ai Commentari d'Origene ". Quell'illustre esegeta compose appunto ben cinque volumi a commento della lettera di Paolo ai Galati e concluse il decimo libro del suoi Stromati con un'esposizione sommaria del suddetto commento, ed inoltre compose vari trattati ed estratti che sarebbero, anche da soli, esaurienti. Passo sotto silenzio Didimo, il mio veggente e il Laodiceno, recentemente uscito dalla Chiesa, e il vecchio eretico Alessandro Eusebio di Emesa e Teodoro di Eraclea, i quali pure ci lasciarono dei Commentari sullo stesso soggetto. Se raccogliessi insieme, anche solo dei passi scelti da tali opere, compilerei un'antologia tutt'altro che disprezzabile. E, a dirtela schiettamente, le ho lette tutte e, dopo essermi riempito la testa di moltissime delle loro idee, fatto venire il mio stenografo, mi sono messo a dettare: erano pensieri sia miei che di altri, dei quali talora non ricordavo né il piano dell'opera né le parole, anzi spesso neppure i concetti. E' purtuttavia già un dono della divina misericordia, che, malgrado la mia incapacità, non sia andato perduto quel che di buono è stato detto dagli altri e che gli stranieri non provino fastidio per ciò che piace ai loro compatrioti. Se perciò qualche punto della mia spiegazione t'era parso meritevole d'essere criticato, avresti dovuto, con la cultura che possiedi, far delle ricerche per vedere se quel che ho scritto si trovava negli esegeti Greci e, solo nel caso che non l'avessero già detto essi, avresti dovuto condannare la mia opinione come personale. Tanto più che nella prefazione ho confessato apertamente d'aver seguito i Commentari di Origene e d'aver dettato idee non solo mie ma pure di altri. Anzi, alla fine del capitolo da te censurato, avevo pure scritto: " Se a qualcuno non garba la mia spiegazione, che cioè Pietro non ha commesso colpa né Paolo s'è mostrato insolente nel biasimare chi era superiore a lui, dovrà spiegarmi con quale logica Paolo biasimerebbe un altro d'una cosa fatta da lui stesso". Con ciò ho voluto mettere in rilievo che non difendevo come dimostrata la spiegazione che avevo letto negli esegeti Greci, ma solo che avevo esposto le idee che avevo lette, lasciando al giudizio del lettore se fossero da approvare o da disapprovare.

L'esegeta propone, non impone le sue spiegazioni.

3. 5. Tu, invece di rispondere a queste mie precise domande, hai escogitato un nuovo argomento, asserendo che i Gentili, i quali avevano creduto in Cristo, erano stati liberati dal giogo della Legge, mentre i Cristiani provenienti dal Giudaismo erano ancora soggetti alla Legge. Come rappresentante perciò d'una delle due categorie, Paolo aveva ragione di biasimare quelli che osservavano la Legge, in quanto egli era il maestro dei Gentili, mentre Pietro rappresentante dell'altra, fu giustamente biasimato in quanto, come capo dei Cristiani provenienti dalla circoncisione 14, imponeva ai Gentili pratiche che avrebbero dovuto osservare solo i Cristiani provenienti dal Giudaismo. Se la pensi così, che cioè tutti i Giudei che si convertono alla fede cristiana, sono in dovere d'osservare la Legge 15, tu che sei un vescovo notissimo in tutto il mondo, dovresti promulgare questa tua opinione ed indurre tutti i vescovi ad abbracciarla. Io invece, confinato in questo misero tugurio insieme ai miei monaci, vale a dire con peccatori come me, non osando pronunciare una precisa opinione su questioni tanto difficili, dichiaro schiettamente che leggo le opere degli autori che mi hanno preceduto e che nei miei Commentari registro - secondo l'usanza generalmente seguita - le varie spiegazioni in modo che ciascuno possa seguire quella da lui preferita. Penso che tu pure segui e approvi questo metodo di leggere le opere della letteratura profana e della sacra Scrittura.

Origene e il Crisostomo.

3. 6. Ora, il primo a seguire la mia spiegazione fu Origene nel suo decimo libro degli Stromati - dove commenta la lettera di Paolo ai Galati - e dopo di lui l'hanno seguita tutti gli altri esegeti. Il motivo principale per cui essi l'hanno avanzata era quello di dare una risposta alla bestemmia di Porfirio, il quale accusa Paolo d'impudenza per aver osato riprendere Pietro, il capo degli Apostoli, per avergli lanciato un'accusa proprio in faccia e per averlo costretto a riconoscere d'aver agito male, cioè d'esser caduto nello stesso errore in cui era caduto anch'egli, che accusava l'altro di peccare. Che dire di Giovanni, che or non è molto governava da vescovo la Chiesa di Costantinopoli? Proprio sul capitolo in questione ha composto un'opera voluminosa, in cui s'è attenuto alle idee di Origene e degli Antichi. Se quindi m'incolpi di sbagliare, lasciami, per favore, sbagliare con autori di tale levatura: e se ti renderai conto che sono in compagnia di molti che hanno sbagliato come me, avrai tu il dovere di presentarmi almeno uno che sostenga la tesi da te ritenuta vera. Ciò che ho detto concerne l'esegesi d'un solo capitolo della Lettera ai Galati.

Prove scritturistiche a suffragio dell'esegesi geronimiana.

3. 7. Ma per non darti l'impressione ch'io m'opponga alla tua tesi facendo leva sul numero dei testimoni a mio discarico e che col pretesto degl'illustri personaggi non voglia affrontare la verità né misurarmi con te, ti sottoporrò alcuni brevi esempi tratti dagli Atti degli Apostoli. A Pietro giunse una voce che diceva: Alzati Pietro, uccidi e mangia, cioè la carne di tutti gli animali, ossia dei quadrupedi e dei serpenti della terra e dei volatili dell'aria 16. Quest'ordine dimostra che nessun uomo è per natura immondo, ma che tutti senza distinzione sono chiamati al Vangelo di Cristo. Pietro allora rispose: Dio me ne guardi! Non ho mai mangiato cibi profani o immondi. Ma gli si fece sentire di nuovo la voce che diceva: Non chiamare profano ciò che Dio ha reso puro 17. Andò quindi a Cesarea ed entrato nella casa di Cornelio, aprendo la bocca disse: Riconosco che effettivamente Dio non è parziale verso nessuno, ma che in tutti i popoli gli è gradito chi lo teme e pratica la giustizia 18. Scese poi su di essi lo Spirito Santo: i credenti che provenivano dalla circoncisione e che avevano accompagnato Pietro, rimasero stupiti nel vedere come la grazia dello Spirito Santo s'era effusa pure su i Gentili... Pietro allora soggiunse: Ci è forse lecito rifiutare l'acqua del battesimo a costoro che hanno ricevuto lo Spirito Santo al pari di noi? E ordinò che venissero battezzati nel nome di Gesù Cristo. Gli Apostoli poi e i fratelli che si trovavano nella Giudea vennero a sapere che anche i Gentili avevano ricevuto la parola di Dio. Quando però Pietro risalì a Gerusalemme, i convertiti dalla circoncisione cominciarono a muovergli dei rimproveri dicendo: Perché mai sei entrato in casa di persone incirconcise e hai mangiato con esse? 19 Dopo aver esposto loro tutti i motivi del suo agire, alla fine concluse il suo discorso con queste parole: Se dunque Dio ha concesso loro la medesima grazia che a noi, i quali abbiamo creduto nel Signore Gesù Cristo, chi mai ero io da oppormi a Dio? A queste parole si calmarono e resero gloria a Dio dicendo: Dunque, Dio ha concesso anche ai Gentili di ravvedersi perché abbiano la vita 20. Un'altra volta, molto tempo dopo, essendo Paolo e Barnaba andati ad Antiochia, radunata l'assemblea dei Cristiani, riferirono tutte le cose che Dio aveva compiuto per mezzo di loro e come aveva aperto ai Gentili la porta della Fede 21. Ora, alcuni che venivano dalla Giudea andavano insegnando ai fratelli questa dottrina: Se non vi farete circoncidere secondo il rito di Mosè, non potrete esser salvi. Scoppiò allora una sedizione piuttosto grave contro Paolo e Barnaba. Decisero perciò di recarsi, sia gli accusati che gli accusatori, a Gerusalemme dagli Apostoli e dai Seniori, per dirimere la controversia... Erano appena giunti a Gerusalemme,... che insorsero alcuni della setta dei Farisei, che avevano creduto in Cristo dicendo: E' necessario che vengano circoncisi pure i Gentili e imporre loro d'osservare la Legge di Mosè. Dopo una lunga discussione su tale questione, Pietro con l'abituale sua franchezza: Fratelli, disse, vi è noto che fin dai primi tempi Dio scelse me tra voi perché dalla mia bocca i Gentili ascoltassero la parola del Vangelo e credessero; e Dio, che conosce i cuori, ha reso loro testimonianza dando loro lo Spirito Santo come a noi, senza fare alcuna, distinzione tra noi e loro, rendendo i loro cuori puri mediante la fede. Allora, perché mai volete provocare la pazienza di Dio con l'imporre sul collo dei Discepoli un giogo che né i nostri Padri né noi siamo riusciti a portare? Ora noi crediamo che la nostra, come la loro salvezza, viene dalla grazia del Signor nostro Gesù Cristo. Tutta l'assemblea rimase in silenzio 22, e l'apostolo Giacomo e tutti i Seniori approvarono il suo parere.

Ossequio di Paolo a Pietro.

3. 8. Queste citazioni non devono infastidire il lettore, ma essere utili sia a lui che a me per provare che, prima ancora dell'apostolo Paolo, Pietro non ignorava la norma presa in una decisione, di cui egli era stato l'autore principale, per cui la Legge dopo il Vangelo non obbligava più all'osservanza. Insomma Pietro era investito di tanta autorità che Paolo in una sua lettera scrisse: In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per incontrarmi con Pietro e rimasi con lui quindici giorni 23; e ancora nei versetti seguenti: Quattordici anni dopo salii di nuovo a Gerusalemme insieme a Barnaba conducendo con me pure Tito. Vi salii in seguito a una rivelazione ed esposi a quei fedeli il Vangelo che predico ai Gentili 24. Con ciò fa vedere chiaramente ch'egli non si sentiva sicuro della sua predicazione del Vangelo, se non si fosse sentito sostenuto della conferma di Pietro e degli altri che erano con lui. E subito soggiunse: A parte poi lo esposi a quelli ch'erano tenuti in particolare reputazione per sapere se correvo o avevo corso invano 25. Perché mai a parte e non in pubblico? Per evitare che nascesse lo scandalo a danno della fede per i fedeli convertitisi dal Giudaismo, i quali credevano che ci fosse ancora l'obbligo d'osservare la Legge come presupposto della Fede nel Signore e Salvatore. Così pure dovette dunque accadere quando Pietro andò ad Antiochia (sebbene gli Atti degli Apostoli non lo riferiscano, si deve crederlo per l'affermazione di Paolo); Paolo infatti scrive che si oppose a lui apertamente, perché era degno di biasimo. Infatti prima che arrivassero alcune persone da parte di Giacomo, Pietro mangiava con i Gentili, mentre dopo l'arrivo di quelle li evitava e se ne stava in disparte per timore dei fedeli provenienti dal Giudaismo. Tutti gli altri Giudei agirono in modo corrispondente, tanto che perfino Barnaba si lasciò trascinare a simulare come loro. Ma quando mi accorsi - soggiunge Paolo - che non si comportavano rettamente secondo la verità del Vangelo, in presenza di tutti apostrofai Pietro: Se tu, che sei Giudeo, vivi da pagano e non da Giudeo, come mai costringi i pagani a vivere alla maniera dei Giudei? 26 ecc. Nessuno dunque può mettere in dubbio che sia stato Pietro il primo autore di questa norma, che ora viene accusato di trasgredire. Ora la causa di queste trasgressioni fu solo il timore dei Giudei. La Scrittura infatti dice che dapprima mangiava con i Gentili, mentre, dopo l'arrivo di alcune persone da parte di Giacomo, li evitava e stava in disparte, perché temeva i fedeli convertitisi dal Giudaismo 27. Perché mai Pietro ha paura dei Giudei di cui era l'Apostolo? Non voleva che prendessero pretesto dai Gentili per allontanarsi dalla fede di Cristo, non voleva cioè, da imitatore del Buon Pastore, perdere il gregge a lui affidato.

Condotta incoerente di Paolo.

3. 9. Pietro dunque, come ho dimostrato, era ortodosso nel giudicare abolita la Legge mosaica, ma fu il timore a spingerlo a praticarla con finzione. Vediamo ora se Paolo, che incolpa un altro, ha agito quasi allo stesso modo. Ecco cosa leggiamo sempre nel medesimo libro: Paolo percorreva la Siria e la Cilicia confermando le Chiese. Giunse così a Derbe e a Listri, dove incontrò un discepolo chiamato Timoteo, figlio di una Giudea convertita e di padre pagano. I fratelli abitanti a Listri e ad Iconio gli rendevano buona testimonianza. Paolo volle che partisse con lui e, presolo con sé, lo fece circoncidere per riguardo dei Giudei abitanti in quei luoghi, poiché tutti sapevano che suo padre era pagano 28. O beato apostolo Paolo! proprio tu che avevi biasimato la simulazione in Pietro perché s'era tenuto in disparte dai Gentili, in quanto temeva i Giudei venuti da parte di Giacomo, come mai sei costretto, contrariamente al tuo insegnamento, a far circoncidere Timoteo, figlio di padre pagano, e naturalmente anch'egli pagano, poiché non poteva essere giudeo, dacché non era stato circonciso? Mi risponderai: "L'ho fatto per paura dei Giudei stanziati in quel paese ". Ebbene, se ti credi scusato per aver fatto circoncidere un discepolo proveniente dal paganesimo, scusa pure Pietro, tuo predecessore in una colpa commessa per paura dei Giudei. In un altro passo sta scritto: Dopo essersi trattenuto [a Corinto] ancora molti giorni, salutati i fratelli, Paolo s'imbarcò alla volta della Siria insieme a Priscilla ed Aquila; a Cencre si fece rasare i capelli perché aveva fatto un voto 29. Va bene che nel primo caso Paolo sia stato costretto a compiere un'azione da lui non voluta; perché mai nel caso presente s'era fatto crescere i capelli in base a un voto fatto e poi se li era fatti rasare a Cencre secondo la Legge? Sono i Nazareni votatisi a Dio che in base al precetto di Mosè 30 hanno quest'usanza!.

Paolo segue le usanze giudaiche e offre sacrifici nel Tempio.

3. 10. Ma questi fatti sono quasi trascurabili a paragone di quello che segue Luca, l'autore di questa storia sacra, riferisce il fatto seguente: Giunti a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero con piacere 31; il giorno seguente Giacomo e tutti i seniori che erano con lui, dopo avere approvato il suo Vangelo, gli dissero: Tu vedi, fratello, quante migliaia di Giudei hanno creduto in Cristo e tutti zelanti della Legge. Ora, sono venuti a sapere che ai Giudei sparsi tra i Gentili insegni ad apostatare da Mosè dicendo che non devono far circoncidere i loro figli e non devono seguire le consuetudini. Come stanno le cose? Naturalmente s'adunerà della folla perché verranno certamente a sapere del tuo arrivo. Fa dunque come ti diciamo noi: Ci sono qui con noi quattro uomini vincolati da un voto. Prendili con te, purìficati con loro e paga per essi, affinché si radano il capo. Così tutti capiranno che le chiacchiere udite sul tuo conto sono false, ma che tu pure ti comporti come osservante della Legge... Paolo allora, presi con sé quei tali, il giorno dopo si purificò, entrò con essi nel Tempio annunziando (ai sacerdoti) entro quali giorni si sarebbe compiuta la purificazione, cioè in qual giorno per ciascuno di essi sarebbe stata presentata l'offerta 32. Oh, Paolo! Anche a proposito di questo fatto ti domando: " Perché mai ti facesti radere la testa? Perché mai hai fatto la processione a piedi nudi secondo il rito giudaico? Perché mai avresti offerto sacrifici e per te sarebbero state immolate vittime prescritte dalla Legge mosaica? " Certamente risponderai: " Perché non si scandalizzassero i Giudei convertiti ". Ti fingesti dunque giudeo per salvare i Giudei. E questa simulazione ti fu insegnata da Giacomo e dagli altri seniori: eppure non riuscisti a scamparla. Poiché scoppiò un tumulto, in cui avresti dovuto essere ucciso, ma ne fosti strappato dal tribuno e mandato a Cesarea sotto una scorta circospetta di soldati, per evitare che i Giudei ti sopprimessero come simulatore ed eversore della Legge. Di là raggiungesti Roma, ove nell'alloggio da te affittato predicavi Cristo ai Giudei e ai Gentili, e ove il tuo modo di pensare ricevette la suprema ratifica dalla spada di Nerone 33.

Il rimprovero di Paolo a Pietro era ufficioso.

3. 11. Abbiamo visto che Pietro e Paolo finsero l'uno come l'altro d'osservare i precetti della Legge per paura dei Giudei. Con quale faccia, allora, con quale ardire ha potuto Paolo biasimare l'altro d'una mancanza commessa pure da lui stesso? Io, o meglio, altri prima di me, hanno dato del fatto una spiegazione basata sulle loro opinioni, ma non hanno propugnato, come scrivi tu, trattarsi d'una bugia ufficiosa, mentre hanno insegnato che si tratta d'onesta diplomazia, per far vedere la prudenza degli Apostoli e ricacciare in gola a Porfirio la sua blasfema impudenza. Costui infatti diceva che Pietro e Paolo litigarono come bambini, anzi che Paolo aveva cocente gelosia delle virtù di Pietro e che, mosso dall'orgoglio, avrebbe scritto fatti che o l'altro non aveva commesso o, anche se li aveva commessi, avrebbe agito da sfrontato criticando un altro d'una mancanza commessa pure da lui. Quegli esegeti hanno spiegato questo passo secondo le proprie capacità; tu invece come lo spiegheresti? Certamente sei in grado di dare una spiegazione migliore, dal momento che hai disapprovato l'opinione degli antichi!

Pericolosa è l'opinione di Agostino.

4. 12. Nella tua lettera tu mi scrivi: " Non sono certo io che debbo insegnarti come si debba intendere la frase del medesimo Apostolo: Mi sono fatto come Giudeo per attirarmi i Giudei 34 e le altre frasi che seguono, dette per un senso di compassione e di pietà, non già per mascherare un comportamento falso. Chi infatti assiste un malato si fa, per così dire, malato non quando afferma, mentendo, di avere la febbre, ma quando intimamente soffre col malato e pensa come vorrebbe essere assistito se fosse lui il malato. Paolo era realmente Giudeo ma, una volta diventato cristiano, non aveva ripudiato i riti giudaici che quel popolo aveva ricevuto come ad esso convenienti a tempo legittimo e opportuno. Ecco perché si sottopose a osservarli quand'era già apostolo di Cristo, al fine d'insegnare che non erano dannosi a quanti li volevano osservare secondo la Legge che avevano ricevuta dai genitori, anche dopo essersi convertiti a Cristo: solo che non dovevano riporre in essi la speranza della salvezza perché l'unica vera salvezza preannunciata simbolicamente da quei riti era ormai venuta col Signore Gesù ". Il succo di tutto il tuo discorso, protratto con un'argomentazione fin troppo lunga, è questo: Pietro non avrebbe sbagliato in quanto riteneva che i Giudeo-Cristiani dovevano continuare a osservare la Legge, ma in quanto s'allontanò dalla retta strada per aver costretto i Pagano-Cristiani a seguire le usanze giudaiche, e li avrebbe costretti non con l'autorità del suo insegnamento, ma con l'esempio del suo comportamento. Paolo inoltre non avrebbe detto il contrario di quel che praticava, ma voleva sapere perché mai Pietro obbligava i Cristiani venuti dal gentilesimo a seguire le usanze giudaiche.

L'opinione di Agostino favorisce l'eresia ebionitica.

4. 13. Insomma il punto essenziale della questione o meglio della tua opinione è che " dopo il Vangelo di Cristo i Cristiani venuti dal giudaismo fanno bene a osservare le prescrizioni della Legge, ossia a offrire i sacrifici offerti da Paolo, a far circoncidere i figli, a osservare il sabato come aveva fatto Paolo con Timoteo e come praticavano tutti i giudei ". Ma se ciò è vero, cadiamo nell'eresia di Cerinto e di Ebione; costoro, pur credendo in Cristo, furono condannati dai Padri della Chiesa unicamente perché avevano mescolato i riti della Legge mosaica col Vangelo di Cristo, professando in tal modo la nuova dottrina senza rinunziare a quella antica. Che dire poi degli Ebioniti, che fingono d'essere Cristiani? Ancor oggi, in tutte le sinagoghe dell'Oriente perdura tra i Giudei l'eresia condannata ancora adesso dai Farisei e detta dei Minei, chiamati comunemente Nazarei: essi credono in Cristo, Figlio di Dio, nato dalla Vergine Maria, dicono che ha patito sotto Ponzio Pilato e ch'è risuscitato, proprio come crediamo anche noi, ma mentre vogliono essere Giudei e Cristiani allo stesso tempo, non sono ne Giudei né Cristiani. Orbene, ti prego: poiché ti preoccupi di sanare una mia piccola lesione, una foratina, anzi si potrebbe dire appena una puntura d'ago, cerca di sanare la ferita di questa tua opinione prodotta da una lancia, anzi, per così dire, da una poderosa falarica. Ben diversa è la colpa di esporre - quando si spiega la sacra Scrittura - le varie opinioni dei predecessori, da quella d'introdurre di nuovo nella Chiesa una scelleratissima eresia! Ma se non potessimo sottrarci alla necessità d'accogliere i Giudei coi loro riti legali, e fosse loro lecito osservare nelle Chiese di Cristo le usanze praticate nelle sinagoghe di Satana, dirò quel che penso: non saranno essi a diventare Cristiani, ma faranno diventare Giudei noi stessi!

Il Vangelo ha abolito la Legge.

4. 14. Quale Cristiano potrebbe rimanere impassibile nel sentire le seguenti espressioni contenute nella tua lettera? Eccole: " Paolo era giudeo. Diventato poi Cristiano non aveva abbandonato le pratiche religiose giudaiche ricevute da quel popolo al tempo opportuno, e ad esso convenienti e legittime. E se volle sottoporsi di nuovo a praticarle quando era già apostolo di Cristo, ci fu un motivo: insegnare che non erano dannose a coloro che le volessero osservare come le avevano ricevute dai loro padri ". Di nuovo ti scongiuro: non offenderti se t'esprimo il mio dolore. Paolo osservava le pratiche religiose del giudaismo quand'era già apostolo di Cristo e tu vieni a dirmi ch'esse non erano dannose per quelli che le volevano osservare come le avevano ricevute dai loro padri? E' proprio il contrario di quel che dico io; associandomi alle grida di protesta che si levano da tutto il mondo, dichiaro apertamente che le pratiche religiose giudaiche sono dannose e letali per i Cristiani, e chi le osserva - sia esso convertito dal giudaismo o dal paganesimo - è già sprofondato nel baratro del diavolo. Il fine di tutta la Legge è infatti Cristo, che giustifica tutti quelli che credono 35, Giudei o pagani, s'intende. Cristo poi non sarebbe il fine che giustifica tutti quelli che credono, se si eccettuassero i Giudei. Anche nel Vangelo leggiamo: La Legge e i Profeti fino a Giovanni Battista 36. E in un altro passo: Per questo dunque i Giudei cercavano più che mai di uccidere Gesù, perché non solo non osservava il sabato, ma diceva pure che Dio era suo Padre facendosi uguale a Dio 37. E in un altro ancora: Dalla pienezza di lui noi tutti abbiamo ricevuto grazia su grazia; poiché da Mosè fu data la Legge, mentre per mezzo di Gesù Cristo è venuta la grazia e la verità 38. Invece della grazia della Legge, destinata a passare, abbiamo ricevuto la grazia del Vangelo, destinata a permanere; invece delle ombre e delle figure simboliche del Vecchio Testamento è venuta la verità per mezzo di Gesù Cristo. Pure Geremia, in persona di Dio, fa questa profezia: Ecco, vengono i giorni - dice il Signore - in cui concluderò una nuova alleanza con la casa d'Israele e con la casa di Giuda: non sarà come l'alleanza che stipulai con i loro padri il giorno che li presi per mano per condurli fuori dalla terra d'Egitto 39. Considera queste parole del Profeta: promette la nuova alleanza non già al popolo dei Gentili, con cui antecedentemente non aveva stretto alcuna alleanza, ma al popolo giudaico, al quale aveva dato la Legge per mezzo di Mosè, affinché i Giudei non vivessero secondo l'antica lettera ma secondo lo Spirito nuovo 40. Ora, Paolo, sulla cui persona si sta ora discutendo, spesse volte esprime nei suoi scritti pensieri simili. Per amore di brevità ne citerò solo qualcuno: Ecco, io Paolo vi dico che se vi farete circoncidere, Cristo non vi gioverà a nulla 41. Ancora: Voi che volete essere giustificati dalla Legge, vi siete separati da Cristo; siete decaduti dalla grazia 42. E più oltre: Se vi lasciate guidare dallo Spirito non siete più sotto la legge 43. Da ciò appare chiaro che colui, il quale sta sotto la Legge, non ha lo Spirito Santo non solo per modo di dire, come pensavano i nostri padri, ma non lo ha realmente, come tu ben vedi. Di qual natura poi siano le prescrizioni della Legge impariamolo da Dio stesso che ci ha insegnato: Ho dato loro - dice - delle prescrizioni dannose, delle leggi per cui non possono vivere 44. Diciamo questo, non per negare il valore alla Legge come fanno Mani e Marcione, ben sapendo noi che secondo S. Paolo essa è santa e spirituale 45, ma perché dopo che sopraggiunse la fede, insieme alla pienezza dei tempi Dio mandò suo Figlio fatto da una donna, fatto sotto la Legge, affinché riscattasse quelli ch'erano sotto la Legge e noi ricevessimo l'adozione di figli 46, e così non vivessimo più sotto il pedagogo 47, ma sotto colui che è adulto, il Signore, l'erede.

Contegno teorico e pratico di Paolo verso la Legge Mosaica.

4. 15. Nella tua lettera viene poi questo passo: " Paolo fece la riprensione a Pietro non perché questi osservava le tradizioni dei suoi Padri, dato che, se avesse voluto farlo, avrebbe agito senza infingimento e non avrebbe fatto nulla di sconveniente ". Ti ripeto: Sei vescovo, sei maestro delle Chiese di Cristo; se vuoi sapere se è vero quel che affermi, prenditi un Giudeo il quale, divenuto Cristiano, faccia circoncidere il figlio che gli è nato, che rispetti il sabato, che si astenga dai cibi creati da Dio perché ce ne serviamo rendendogli grazie 48, il quale il quattordicesimo giorno del primo mese immoli l'agnello verso sera. Dopo aver fatto ciò, anzi dopo non averlo fatto (poiché so che sei Cristiano e non hai la minima intenzione di fare una simile cosa), lo voglia o no, dovrai condannare la tua tesi e ti convincerai per esperienza personale ch'è più difficile dimostrare le proprie tesi che criticare quelle altrui. Ma forse che non ti avremmo dato ragione o, peggio, non avremmo capito cosa volessi esprimere? Succede spesso, infatti, che un discorso tirato troppo in lungo sia incomprensibile e, proprio perché non se ne coglie il senso, sia meno criticato dagl'ignoranti. Perciò insisti e replichi: " Paolo, dunque, del giudaismo aveva abbandonato solo quel che aveva di male ". Ma quale è il male abbandonato da Paolo? Certamente quanto affermi nella frase seguente: Ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria giustizia, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio 49; inoltre è male il fatto che anche dopo la passione e la risurrezione di Cristo, dopo cioè ch'era stato dato e manifestato il mistero della grazia secondo l'ordine di Melchisedec 50; credevano che gli antichi riti sacri dovevano essere ancora celebrati come indispensabili alla salvezza e non unicamente come sopravvivenze d'una tradizione sacra. (Ma bisogna pure dire che, se non fossero stati mai necessari, il martirio affrontato dai Maccabei per rimanervi fedeli sarebbe stato del tutto inutile e senza scopo). E infine è male il fatto che i Giudei perseguitavano come nemici della Legge i Cristiani che predicavano la, grazia. Questi errori e colpe ed altri di tal genere, dice Paolo di aver reputato dannosi e come spazzatura per guadagnarsi Cristo 51.

Azioni buone o cattive: azioni indifferenti.

4. 16. Sappiamo da te quali sarebbero stati i mali del Giudaismo abbandonati dall'apostolo Paolo; vediamo ora, come tu insegni, quali sarebbero stati gli elementi buoni del Giudaismo da lui conservati. " Sono le pratiche prescritte dalla Legge - dici tu - dai Giudei celebrate in omaggio alla tradizione dei loro padri, e secondo questo spirito celebrate personalmente pure da Paolo, nella convinzione che non erano affatto necessarie alla salvezza". Non capisco bene cosa vuoi intendere con l'espressione: "Nella convinzione che non erano affatto necessarie alla salvezza". In realtà se non apportano la salvezza, perché mai vengono osservate? Ma se è necessario osservarle, apportano senza dubbio la salvezza, soprattutto quelle, la cui osservanza ha fatto dei martiri. Poiché non verrebbero osservate, se non apportassero la salvezza. D'altra parte non sono neppure indifferenti, di mezzo tra il bene e il male, come dicono dei filosofi nelle loro disquisizioni. E' un bene la continenza, un male la lussuria; azioni indifferenti tra l'una e l'altra sono: camminare, evacuare gli escrementi dal ventre, espellere dal naso le secrezioni della testa, sputare il catarro. Siffatte azioni non sono né buone né cattive; tanto è vero che a farle o a non farle non si acquista né la giustizia né l'ingiustizia. Ebbene, osservare i riti legali, non può essere un'azione indifferente, ma o buona o cattiva. Tu la chiami buona: io invece affermo che è cattiva: cattiva non solo per i Cristiani provenienti dal Gentilismo, ma anche dal Giudaismo. Su questo punto, se non mi sbaglio, mentre cerchi di schivare l'errore, cadi in un altro. Mi spiego: mentre per paura stai lontano dalle bestemmie di Porfirio, cadi nel tranello di Ebione, dal momento che dichiari che i Giudei convertiti al Cristianesimo, sono tenuti ancora ad osservare la Legge. Siccome però capisci quanto sia pericolosa la tua affermazione, cerchi di attenuarla con la seguente inutile espressione: " Nella convinzione che non sono affatto necessarie alla salvezza, come invece pensavano i Giudei obbligandone l'osservanza, oppure facendo finta di osservarle e così mentendo, colpa questa per cui Paolo aveva rimproverato Pietro ".

Condiscendenza o fallace simulazione?

4. 17. Pietro, quindi, fece solo finta d'osservare la Legge, mentre l'altro che biasimò Pietro, osservò senza alcuna paura le prescrizioni legali. Questo dici nel seguito della tua lettera: " Ora, se aveva celebrato quei riti per guadagnarsi la simpatia dei Giudei col figurarsi Giudeo, perché mai non ha pure offerto sacrifici coi Gentili, dal momento che era diventato come uno che è senza Legge con quelli che erano senza Legge allo scopo di poter guadagnare anche loro 52? Non ha agito forse solo perché era Giudeo di nascita? E ha fatto tutto quel discorso, non per mostrarsi falsamente quel che non era, ma perché sentiva di dover venire loro in aiuto con carità, come se egli stesso fosse vittima dello stesso errore. Agì insomma con una bugia strategica, ma con l'amore che lo portava a compatire ". Sei davvero bravo nel difendere Paolo! Non avrebbe simulato l'errore dei Giudei, ma fu veramente vittima del loro errore. E non avrebbe solo imitato la menzogna di Pietro, dissimulando per paura dei Giudei quello che era, ma si sarebbe pure dichiarato Giudeo con tutta franchezza! O nuova clemenza dell'Apostolo! Mentre vuol fare Cristiani i Giudei diventa Giudeo lui stesso! Non avrebbe potuto davvero ricondurre i dissoluti alla temperanza, senza dar prova d'essere anch'egli dissoluto, non avrebbe potuto soccorrere con carità i miserabili, senza sentirsi - tu dici - anche egli un miserabile! Sì, erano davvero dei miserelli e misericordiosamente da compiangere quei tali che, animati da zelo accanito per la Legge di già abolita, riuscirono a fare Giudeo un Apostolo di Cristo! Non c'è poi molta differenza fra la mia e la tua opinione. Io dico che Pietro e Paolo per paura dei Giudeo-Cristiani osservarono, o meglio finsero di osservare, le prescrizioni legali; tu invece asserisci ch'essi agirono così per condiscendenza " non con una bugia strategica, ma per sentimento di amore che li portava a compatire ". D'accordo, purché sia provato che abbiano simulato di essere quello che non erano, per paura o per condiscendenza. L'altro argomento che usi contro di me, che cioè pure con i pagani convertiti avrebbe dovuto diventare pagano, se divenne Giudeo coi Giudei, è piuttosto a mio favore. Difatti, come non era veramente Giudeo, così non era veramente nemmeno pagano; e come non era veramente pagano, così non era veramente nemmeno Giudeo. Egli ha imitato i Gentili solo nell'ammettere alla fede gli incirconcisi e nel permettere loro di mangiare con perfetta indifferenza certi cibi vietati ai Giudei, non già per aver partecipato - come tu credi - al culto degli idoli 53. In Gesù Cristo, infatti, non vale nulla l'essere circoncisi, né il non essere circoncisi, ma l'osservare i comandamenti di Dio 54.

Professione di amore per la verità.

4. 18. Concludendo ti chiedo, per favore, e torno a supplicarti di perdonarmi questa mia piccola discussione. Se poi ho oltrepassato la mia abituale misura, dànne la colpa a te stesso, che mi hai costretto a risponderti, e per avermi cavato gli occhi, come fu fatto a Stesicoro. Non pensare poi che sia maestro di menzogna io, discepolo di Cristo che disse: Sono io la via, la vita e la verità 55. A me che ho il culto della verità non può accadere che pieghi il collo alla menzogna. Non aizzarmi la bassa plebe degli ignoranti, che ti venerano in quanto vescovo e, quando predichi in Chiesa, ti guardano con rispetto per la venerazione che hanno del Sacerdozio; di me invece, ormai giunto alla vecchiaia e quasi decrepito, che me ne sto volentieri nascosto in un monastero di campagna, non fanno quasi nessun conto. Cèrcati altri discepoli o altre persone da criticare, poiché a me, separati come siamo da sì vaste distese di mari e di terre, giunge a stento il suono della tua voce. E se per caso mi scrivi qualche lettera, fa che la ricevano l'Italia e Roma prima che venga recapitata a me, che dovrei esserne il destinatario.

La versione dei Settanta.

5. 19. In altre lettere mi domandi perché la mia prima traduzione dei libri canonici porta asterischi e obelischi, segnati davanti ad alcune parole, mentre poi ho pubblicato la seconda edizione priva di tali segni. Non ti offendere se ti dirò che mi dai l'impressione di non avere idee esatte su quel che vuoi sapere. Ecco come stanno le cose: la prima è la traduzione della Bibbia dei Settanta, e dovunque ci sono dei " bastoncini " ossia obelischi, significa che i Settanta hanno aggiunto qualche parola o frase al testo ebraico; dove invece si trovano degli asterischi - ossia delle stelle, che, per così dire, precedono con la loro luce qualche parola - c'è qualche aggiunta fatta da Origene in base all'edizione di Teodozione. La prima versione è stata condotta sul testo greco; la seconda direttamente dall'ebraico, traducendo, secondo quanto avevo capito, rispettando più il pensiero genuino che - talora - la disposizione delle parole. Mi stupisco inoltre che tu legga i libri dei Settanta, non nel testo originale pubblicato da essi, ma nel testo emendato (o corrotto) da Origene, con obelischi ed asterischi, e non segui la traduzione, sia pure modesta di un Cristiano, tanto più che le aggiunte, Origene le prese dalla versione di un Giudeo e blasfemo, per di più eseguita dopo la passione di Cristo. Vuoi essere un lettore davvero fanatico dei Settanta? non leggere le parole precedute da asterisco, anzi raschiale dai rotoli per dar prova in tal modo che sei partigiano degli antichi. Se farai così, sarai costretto a condannare tutte le biblioteche ecclesiastiche, perché è assai difficile trovare uno o due libri che non portino quei segni!

Le traduzioni della sacra Scrittura.

6. 20. Affermi inoltre che non avrei dovuto tradurre di nuovo libri già tradotti dagli antichi; per provarlo ricorri a questo singolare sillogismo: " i testi tradotti dai Settanta, o erano oscuri o erano chiari. Se oscuri, bisogna credere che tu pure hai potuto sbagliare nel tradurli. Se chiari, è evidente che essi non poterono sbagliare ". Ti rispondo ricalcando il tuo argomento. Tutti gli antichi esegeti che ci hanno preceduti nel Signore ed hanno commentato le Sacre Scritture, hanno spiegato passi oscuri o chiari. Se oscuri, come hai tu osato spiegare, dopo di essi, ciò che essi non hanno potuto spiegare? Se chiari, è stata una fatica inutile voler spiegare ciò che non poteva loro sfuggire. Ciò dico soprattutto per la spiegazione dei Salmi, che sono stati illustrati in molti volumi dai Greci: il primo dei quali fu Origene, il secondo Eusebio di Cesarea, il terzo Teodoro di Eraclea, il quarto Asterio di Scitopoli, il quinto Apollinare di Laodicea, il sesto Didimo di Alessandria. Si citano pure gli opuscoli di commento di diversi altri autori, su un piccolo numero di Salmi; ma qui parliamo dell'intero Salterio. Tra i Latini poi, Ilario di Poitiers e il vescovo Eusebio di Vercelli hanno solo tradotto Origene ed Eusebio; anche il nostro Ambrogio si è attenuto generalmente alla traduzione del primo di questi due. Ora la tua Prudenza mi risponda perché, dopo sì grandi e qualificati commentatori, tu nello spiegare i Salmi hai espresso interpretazioni differenti. Poiché, se i Salmi sono oscuri, bisogna credere che tu pure hai potuto sbagliare; se invece sono chiari, non è pensabile che abbiano potuto sbagliare. Pertanto, sia in un modo, sia in un altro, il tuo commento sarà inutile. Anzi, in base al tuo principio, nessuno avrà il coraggio di dire la sua dopo quelli che hanno detto la loro per primi; insomma, se uno ha già trattato un argomento, un altro non avrà più diritto di trattarlo nuovamente per iscritto! Dovresti al contrario sentirti piuttosto in dovere, come uomo, di permettere anche agli altri di fare ciò che permetti a te stesso! Ora, col mio lavoro, ho inteso non tanto cancellare le opere degli autori che mi hanno preceduto (opere che ho solo corretto e tradotte dal greco in latino per le persone che parlano la mia lingua), quanto mettere sotto gli occhi di tutti le espressioni saltate o corrotte dai Giudei, affinché i nostri fedeli conoscano il contenuto genuino della sacra Scrittura redatta in ebraico. Se poi a qualcuno non garba il mio lavoro, nessuno lo costringe a leggerlo contro il suo volere; beva pure con gusto il vino vecchio e disprezzi il nostro mosto, destinato proprio a spiegare gli antichi, a rendere più comprensibili, per suo mezzo, le edizioni, incomprensibili degli altri. Quale sia poi il metodo da seguire nel tradurre la sacra Scrittura, l'ho già spiegato nel mio libro intitolato "Il metodo ideale per tradurre" e in tutte le brevi prefazioni premesse alla mia edizione della Bibbia. A dette opere penso debba rimandarsi un lettore intelligente. Dici inoltre che approvi la correzione che ho fatto del Nuovo Testamento ed esponi pure il motivo per cui la approvi, e cioè che moltissimi conoscono il greco assai bene e perciò sono in grado di dare un giudizio critico del mio lavoro. Ebbene, avresti dovuto ammettere la medesima integrità e purezza nella mia edizione del Vecchio Testamento: in essa non ho cambiato nulla di mia testa, ma ho tradotto il testo divino come l'ho trovato in ebraico. Se per caso hai dei dubbi, interroga gli Ebrei.

La versione della Bibbia dall'ebraico e gli Ebrei.

6. 21. Ma forse potrai obiettarmi: "E se gli Ebrei non vorranno rispondere o vorranno mentire?" ma proprio tutti i Giudei, numerosi come sono, non vorranno rispondere a proposito della mia traduzione? E' possibile che non si trovi alcuno che conosca l'ebraico? O seguiranno tutti l'esempio di quei Giudei che affermi di aver scoperto in una borgatuccia dell'Africa e che si sono messi d'accordo per calunniarmi? Ecco che razza di storiella mi racconti nella tua lettera: " Un nostro confratello d'episcopato aveva cominciato a leggere la tua traduzione nella Chiesa da lui retta. Orbene, un brano del profeta Giona, tradotto da te in maniera assai diversa da quel che era impresso da troppo tempo nell'anima o nella memoria di tutti e tramandato e ripetuto di generazione in generazione, provocò una poco favorevole impressione. Scoppiò un tale baccano tra il popolo (i Greci erano i più accesi nel lanciare accuse di falso), che il Vescovo - si trattava appunto della città di Ea - fu costretto a chiedere la conferma dei Giudei. Questi, non so se per ignoranza o per malizia, risposero che i testi ebraici riportavano le stesse lezioni contenute in quelli latini e greci. A farla breve, quel poveretto fu costretto ad emendare il testo quasi fosse inesatto, nell'intento di scongiurare il grave pericolo e di non rimanere senza fedeli! Per lo stesso motivo posso pensare anch'io che talora tu pure, in qualche caso, possa avere sbagliato ".

Zucca o edera?

7. 22. Mi dici che ho tradotto male un passo del Profeta Giona e che, essendosi messo il popolo a far baccano e a schiamazzare a motivo di una parola tradotta diversamente, per poco il vescovo ci rimetteva la carica episcopale. Non mi dici però qual è il passo che avrei tradotto male e così mi togli la possibilità di difendermi, per paura che la mia risposta mandi a monte la critica mossami. A meno che non sia tornata in ballo, dopo tanti e tanti anni, la zucca; un Cornelio, anzi un Asinio Pollione di allora, sosteneva che io avevo tradotto edera al posto di zucca. Su questo particolare ho dato una risposta abbastanza esauriente nel mio Commento al Profeta Giona. Qui mi accontento di dire solo che nel passo dove i Settanta tradussero zucca, e Aquila con tutti gli altri edera cioè , l'ebraico ha ciceion, che corrisponde a ciò che i Siri chiamano comunemente ciceia. Si tratta in altre parole di un arbusto dalle foglie larghe a mo' di pampano. Una volta piantato, presto diventa un arboscello che si regge alto senza alcun sostegno di canne o di pertiche (di cui invece hanno bisogno le zucche e le edere), perché si sostiene sul proprio tronco. Ora, se avessi voluto tradurre quella parola con ciceion, per rendere l'espressione alla lettera, nessuno l'avrebbe capita; se con zucca, avrei reso un senso inesistente nel senso ebraico; ho usato allora la parola edera, per essere d'accordo con gli altri traduttori. Se invece i Giudei delle vostre parti - come tu affermi - hanno detto, per malizia o per ignoranza, che nei testi ebraici c'era lo stesso termine contenuto nei testi greci e latini, è chiaro che o non sanno l'ebraico o mentirono apposta, per farsi gioco dei cucurbitari. Finisco la presente chiedendoti di non costringere un vecchio veterano a riposo come me ad impugnare le armi e a mettere a repentaglio ancora la propria vita. Tu che sei giovane, dall'alta cattedra della dignità episcopale ove ti trovi, ammaestra i popoli, arricchisci i magazzini di Roma delle nuove messi africane. A me basta far sentire la mia debole voce a qualche poverello che mi legge o mi sta ad ascoltare in un angolo del monastero.

 


 

1 - Ef 6, 13.

2 - Ef 14, 17.

3 - Sal 109, 7.

4 - 1 Sam 17, 40-51.

5 - 2 Cr 26, 19.

6 - Sal 4, 7.

7 - Sal 56, 8 s.; 107, 2 s.

8 - Sal 80, 11.

9 - Sal 67, 12.

10 - Gv 7, 18.

11 - 2 Cor 12, 14.

12 - 1 Cr 12, 18.

13 - Gal 2, 11.

14 - Cf. Gal 2, 8.

15 - Gal 5, 3.

16 - At 10, 13. 12.

17 - At 10, 14 s.

18 - At 10, 34 s.

19 - At 10, 44-11, 3.

20 - At 11, 17 s.

21 - At 14, 26.

22 - At 15, 1. 2. 4 s. 7. 12.

23 - Gal 1, 18.

24 - Gal 2, 1 s.

25 - Gal 2, 2.

26 - Gal 2, 11. 14.

27 - Gal 2, 12.

28 - At 15, 41-16, 3.

29 - At 18, 18.

30 - Nm 6, 18.

31 - At 21, 17.

32 - At 21, 20-24, 26.

33 - At 23, 23 s.

34 - 1 Cor 9, 20.

35 - Rm 10, 4.

36 - Mt 11, 12; Lc 16, 16.

37 - Gv 5, 18.

38 - Gv 1, 16.

39 - Ger 31 (sec. LXX 38), 31 s.

40 - Cf. 2 Cor 3, 6.

41 - Gal 5, 2.

42 - Gal 5, 4.

43 - Gal 5, 18.

44 - Ez 20, 25.

45 - Rm 7, 12. 14.

46 - Gal 4, 4 s.

47 - Gal 3, 25.

48 - 1 Tm 4, 3.

49 - Rm 10, 3.

50 - Sal 109, 4; Eb 5, 10; 7, 11.

51 - Fil 3, 8 s.

52 - 1 Cor 9, 21.

53 - Cf. 1 Cor 8, 1 ss.

54 - Gal 5, 6; 6, 15; 1 Col 7, 19.

55 - Gv 14, 6.


5 - Maria santissima e Giuseppe dopo tre giorni ritrovano Gesù nel tempio fra i dottori.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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758. Nel capitolo precedente si è data solo in parte una risposta al dubbio che alcuni potevano avere: come la nostra Regina, sempre attenta e diligente nell'accompagnare e servire il suo Figlio santissimo, avesse potuto perderlo di vista, in modo tale che egli rimanesse a Gerusalemme. Benché sia sufficiente rispondere che fu disposizione dell'Altissimo, dirò ugualmente qualche altra cosa riguardo alle modalità di ciò che accadde senza disattenzione o negligenza volontarie da parte della Madre amorosa. Il fanciullo, oltre ad avvalersi della ressa di gente, si servì anche di un mezzo soprannaturale necessario per distogliere l'attenzione della sua sollecita Madre e compagna. Senza tale mezzo ella non si sarebbe accorta che si allontanava da lei il sole, la guida in tutte le sue vie. Accadde dunque che al separarsi degli uomini dalle donne, come si è detto, l'onnipotente Signore infuse in sua Madre una visione intellettuale della Divinità la cui forza la fece concentrare in se stessa. In questa estasi che la infiammò ebbe l'uso dei sensi solo per proseguire il cammino, rimanendo inebriata nella soavità della consolazione e della vista del Signore. Anche san Giuseppe fu rapito in estasi mediante l'esperienza di una interiore e sublime contemplazione, che lo ingannò tanto da fargli credere che il fanciullo fosse con la Madre. In questo modo Gesù si allontanò da tutti e due restando a Gerusalemme. Quando dopo lungo tempo la visione ebbe fine, la Regina si ritrovò sola e senza il suo amatissimo Figlio e le venne in mente che forse avrebbe potuto essere con il padre putativo.

759. Ciò accadde molto vicino alle porte della città. Il fanciullo Dio, percorrendo le strade, rimirò con gli occhi della sua scienza divina tutto quanto gli doveva succedere e lo offrì all'eterno Padre per la salvezza delle anime. In quei tre giorni chiese l'elemosina per onorare questa umile pratica come prima figlia della santa povertà. Visitò gli ospizi dei poveri e consolando tutti divise con loro le elemosine ricevute; diede in segreto ad alcuni infermi la salute del corpo e a molti altri quella dell'anima, illuminandoli interiormente e riconducendoli sulla via della vita eterna. Con alcuni benefattori che gli diedero l'elemosina operò più abbondantemente meraviglie di grazia e di luce, cominciando così ad adempiere la promessa che avrebbe fatto in seguito alla sua Chiesa: Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto.

760. Dopo aver compiuto queste ed altre opere secondo la volontà dell'eterno Padre, Gesù si recò al tempio. In quel giorno, come riferisce l'evangelista san Luca, si radunavano i rabbini, che erano i sapienti e i maestri della legge, per studiare le profezie delle Scritture. La disputa riguardava la venuta del Messia. Dalla nascita di Giovanni Battista all'adorazione dei re Magi erano accadute cose straordinarie e meravigliose e tra i giudei non si parlava d'altro, se non che del fatto che il tempo era ormai compiuto e che il Messia era venuto nel mondo, benché non lo si conoscesse ancora. I rabbini erano seduti ai loro posti con l'autorevolezza solita dei maestri e di coloro che si stimano sapienti. Il fanciullo Gesù, il Re dei re e il Signore dei signori, egli che è la sapienza infinita che corregge i saggi, si avvicinò a loro come un umile discepolo che intendesse ascoltare quanto argomentavano e apprendere ciò di cui si trattava. La materia riguardava il Messia promesso, se fosse già venuto o se fosse giunto il tempo in cui sarebbe dovuto venire nel mondo.

761. Le opinioni dei dottori, su questo argomento, erano molto diverse: alcuni sostenevano la prima ipotesi, altri la negavano. Questi ultimi prendevano in considerazione varie testimonianze della Scrittura e delle profezie, prese in quel senso grossolano di cui parla l'Apostolo, allorché dice che la lettera intesa senza lo Spirito uccide. Essi affermavano che il Messia doveva venire con potenza e grandezza di re, dando la libertà al suo popolo e, con la forza del suo potere, riscattandolo dalla schiavitù dei pagani. Di questa potenza e libertà non vi erano indizi nella condizione in cui gli ebrei si trovavano, impossibilitati a rimuovere il giogo dei romani e del loro impero. Questa ipotesi fece grande presa sul popolo cieco e materiale, perché intendevano unicamente per loro la maestà e la grandezza del Messia promesso e la redenzione che avrebbe operato, come se si trattasse di una salvezza temporale e terrena. Ancora oggi è aspettata dai giudei insensibili e accecati da un velo che oscura i loro cuori. Non riconoscono la gloria, la maestà e il potere del nostro Redentore, come non riconoscono che la libertà che egli è venuto a portare al mondo non è terrena, temporale e destinata a perire. Essa è invece celeste, spirituale ed eterna, non solo per i giudei ai quali fu offerta per primi, ma per tutta la discendenza di Adamo, senza eccezioni.

762. Gesù, maestro di verità, sapeva che la disputa sarebbe andata a finire in questo errore. Anche se alcuni optavano per la ragione contraria, erano, però, pochi e comunque oppressi dall'autorità e dalle ragioni degli altri. Dal momento che Gesù era venuto al mondo per rendere testimonianza alla verità, che era egli stesso, non voleva permettere in questa occasione - in cui era tanto importante manifestarla - che per l'autorità dei sapienti prendessero forza l'errore e l'inganno. Il suo amore non sopportò di vedere, riguardo alle sue opere e all'altissimo fine per cui era venuto, quanta ignoranza si trovasse nei maestri che avrebbero dovuto essere idonei ministri della vera dottrina per insegnare al popolo il cammino della vita e l'autore di essa, il Signore nostro redentore. Il fanciullo Dio si avvicinò ai dottori per manifestare la grazia diffusa sulle sue labbra. Entrò in mezzo a loro con maestà e bellezza, come chi desideri domandare qualche chiarificazione. In questo modo rese disponibili i saggi ad ascoltarlo con attenzione.

763. Gesù disse: «Ho compreso appieno il vostro dubbio circa la venuta del Messia e anche come l'avete risolto. Intendo proporvi la mia obiezione riguardo alla vostra risoluzione. Per i profeti la venuta del Messia avverrà con potenza e maestà. A questo proposito Isaia dice che sarà nostro legislatore, nostro re e salverà il suo popolo; e in un altro passo afferma che verrà da lontano, ardente sarà la sua ira e gravoso il suo divampare. Anche Davide assicura che egli brucerà tutti i suoi nemici. Daniele afferma che tutti i popoli e le nazioni lo serviranno. Nel libro del Siracide si legge che con lui verrà una grande moltitudine di santi. I profeti e le Scritture ci indicano simili promesse per manifestare la sua venuta con segni chiari e visibili se si meditano con attenzione. Il dubbio si fonda su questi e altri passi, che devono essere ugualmente veri, anche se in apparenza sembrano contrari. Dando a ciascuna profezia il vero senso si trova il punto d'unione in cui ciascuna concorda con l'altra. Come intenderemo ora ciò che dice lo stesso profeta riguardo al Messia, e cioè che sarà disprezzato e reietto dagli uomini e nessuno racconterà di lui nella generazione futura? Che sarà maltrattato e come un agnello sarà condotto al macello senza aprire la sua bocca? Geremia afferma che i nemici del Messia si uniranno per perseguitarlo, avvelenare il suo pane e cancellare il suo nome dalla terra, ma non prevarranno contro di lui. Davide dice che sarà l'infamia degli uomini, rifiuto del suo popolo e come verme calpestato e disprezzato. Zaccaria invece riferisce che umile cavalca un asino, un puledro figlio d'asina. Tutti i profeti descrivono allo stesso modo il Messia promesso».

764. Il fanciullo Gesù proseguì dicendo: «Ora, come possono accordarsi queste profezie se si ammette che il Messia debba venire con la potenza e la maestà delle armi, per vincere tutti i re e monarchi con la violenza e lo spargimento di sangue altrui? Innanzitutto non si può negare che egli debba venire due volte: la prima per redimere il mondo, la seconda per giudicarlo. Le profezie vanno attribuite a queste due venute, dando a ciascuna il valore che merita. Il fine di esse è diverso, e diverse sono anche le condizioni, e perciò la missione del Messia sarà in esse assai differente. Nella prima venuta il Redentore deve vincere il demonio per sottrargli l'impero che ha acquistato sulle anime con il peccato originale. In primo luogo il Messia deve dare soddisfazione a Dio in nome di tutto il genere umano. Deve poi insegnare agli uomini con le parole e con l'esempio il cammino per giungere alla vita eterna: come essi debbono vincere i nemici, servire e adorare il loro Creatore e redentore e come corrispondere ai doni e benefici ricevuti dalla sua mano usandoli bene. Questo è il fine a cui si deve conformare la sua vita e la sua dottrina nella prima venuta. La seconda riguarda il giudizio universale per dare il compenso o la punizione a seconda delle opere buone o cattive che ciascuno ha compiuto e per dare ai suoi nemici, con furore e sdegno, il castigo meritato. Questo è quanto dicono i profeti riguardo alla seconda venuta.

765. Se vogliamo intendere che la prima venuta sarà con potenza e grandezza e che il Messia, come dice Davide, dominerà da mare a mare e che il suo regno sarà glorioso, secondo quanto affermano i profeti, tutto ciò non riguarda il regno temporale, ma il nuovo regno spirituale che avrà le sue fondamenta in una nuova Chiesa, la quale si dilaterà su tutta la terra con maestà, potenza e ricchezza di grazia e di virtù per combattere il demonio. Così si accordano tra loro tutte le Scritture e non vi è altro significato. Il fatto che il popolo di Dio si trovi ora sotto l'impero romano, senza ristabilirsi nel proprio, non è segno che il Messia non sia ancora venuto, ma anzi è l'infallibile testimonianza che egli è già presente tra di noi. Il nostro patriarca Giacobbe ci lasciò questo segno affinché i suoi discendenti ne venissero a conoscenza guardando la tribù di Giuda senza scettro e governo di Israele. Ora voi dite che né questa né altra tribù nutre alcuna speranza di averlo o recuperarlo. Lo provano anche le sette settimane di cui parla il profeta Daniele, le quali evidentemente sono già compiute. Chi ha memoria si ricorderà di ciò che udì pochi anni fa: a Betlemme, a metà della notte, fu vista una grande luce e ad alcuni poveri pastori fu annunziata la nascita del Redentor. Alcuni Magi giunsero dall'oriente guidati da una stella per adorare il re dei giudei. Le profezie lo avevano preannunciato. Il re Erode, padre di Archelao, credendo imbattibile questo bambino, uccise tutti gli infanti di Betlemme dai due anni in giù per paura che gli succedesse nel regno di Israele.

766. Questa e altre ragioni espresse il bambino Gesù con il potere di chi, domandando, parlava con autorità. Gli scribi e i dottori ammutolirono e stupefatti s'interrogavano tra loro dicendo: «Che meraviglia è questa? Che bambino prodigioso! Da dove è venuto e di chi è figlio questo fanciullo?». Pur rimanendo ammirati, non sapevano né sospettavano chi fosse colui che li ammaestrava e illuminava su una verità così importante. Prima che Gesù avesse terminato il suo discorso, giunsero Maria santissima e il suo castissimo sposo san Giuseppe. Alle sue ultime parole i maestri della legge stupefatti si alzarono in piedi. La divina Madre, piena di grande gioia, si avvicinò al suo amatissimo Figlio e in presenza di tutti disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo. La Madre pronunciò tale rimprovero con riverenza ed affetto, adorando il suo figlio Gesù come Dio e manifestandogli la sua afflizione come a figlio. Rispose Gesù: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».

767. L 'evangelista san Luca riferisce che essi non compresero le sue parole, perché il mistero era ancora a loro nascosto, per due motivi. Il primo era la gioia interiore provata, dopo tanto dolore, per il ricco tesoro ritrovato; il secondo era l'impossibilità di capire ciò di cui si discuteva perché non erano giunti in tempo. A queste due motivazioni se ne aggiunse una terza che riguardava la nostra Regina: l'intimo del suo santissimo Figlio nel quale ella avrebbe potuto conoscere tutto le era stato nascosto da un velo. I dottori uscirono dal tempio comunicandosi lo stupore destato in loro dall'ascolto di una tale sapienza. La beatissima Madre restando sola con il suo Figlio santissimo gli disse stendendo verso di lui le braccia: «Permettete, Figlio mio, che il mio cuore manifesti il dolore e la pena. Non si consumi la mia vita in questa sofferenza, se vi posso ancora servire. Non allontanatemi dal vostro sguardo, accettatemi come vostra serva. Se vi ho perso di vista per mia negligenza, perdonatemi e rendetemi degna di voi; non castigatemi allontanandovi da me». Il fanciullo Dio l'accolse con tenerezza e le si offrì come maestro e compagno sino al tempo stabilito. Il cuore della gran Signora, confortato da queste parole, trovò pace e insieme si incamminarono verso Nazaret.

768. Quando furono lontani da Gerusalemme e ormai soli, la Madre si prostrò a terra per adorare il suo Figlio santissimo e chiedere la benedizione, perché non aveva potuto fare questo nel tempio, fra la gente, al momento del ritrovamento. Attenta ed accorta non voleva perdere occasione di compiere ogni cosa con la pienezza della sua santità. Il fanciullo Gesù l'alzò da terra e le si rivolse con tenerezza e dolci parole. Subito tolse il velo e alla Madre si manifestò nuovamente l'anima santissima del suo Figlio, con maggiore chiarezza e profondità di prima. La divina Signora conobbe gli intimi misteri e le opere che il suo Figlio aveva compiuto nei tre giorni di assenza. Comprese anche tutto quanto era avvenuto nel tempio con i dottori della legge, ciò che Gesù aveva detto loro e le ragioni per le quali non si era manifestato chiaramente come Messia. Il Signore rivelò molti altri segreti e misteri nascosti alla sua Madre vergine, come scrigno nel quale si depositavano tutti i tesori del Verbo incarnato, affinché ella, per tutti e in tutti, glorificasse e lodasse l'autore di tante meraviglie. La Madre eseguì tutto questo con la compiacenza e l'approvazione dello stesso Signore. Disse poi al fanciullo di riposarsi un poco nella campagna in cui si trovavano e di prendere del cibo. Egli accettò quanto gli veniva offerto dalla mano della gran Signora che, come madre della stessa sapienza, pensava a tutto.

769. Proseguendo il cammino Maria santissima trattò con il suo dolcissimo Figlio i misteri che egli stesso le aveva rivelato interiormente riguardo alla questione discussa con i dottori. Il celeste Maestro le confidò che i dottori e gli scribi non avevano riconosciuto in lui il Messia, per la presunzione e l'arroganza della loro scienza. Infatti le tenebre della superbia oscuravano la loro intelligenza incapace di intuire la luce divina benché fosse immensa quella che il fanciullo aveva offerto loro. Se avessero umilmente disposto la volontà e il desiderio alla verità, le ragioni che egli aveva portato sarebbero state sufficienti per convincerli, ma l'impedimento che avevano frapposto non aveva permesso che ciò accadesse, nonostante la verità fosse così chiara ai loro occhi. In questo viaggio di ritorno il nostro Redentore convertì molte anime alla salvezza facendo della sua Madre santissima uno strumento di queste meraviglie e illuminando attraverso le sue prudenti parole e sante ammonizioni i cuori di coloro ai quali ella parlava. Sanarono molti infermi, consolarono gli afflitti e gli oppressi spargendo ovunque grazie e misericordie ad ogni occasione opportuna. Poiché in altri viaggi compirono opere simili a queste, non mi soffermo ora a riferirne altre; molti capitoli e tanto tempo sarebbero necessari per raccontarle tutte, ma ci sono cose più utili da scrivere in questa Storia.

770. Giunsero a Nazaret e delle loro occupazioni riferirò in seguito. San Luca riassume in sintesi i misteri del suo Vangelo dicendo che il fanciullo Gesù stava sottomesso a Maria santissima e a san Giuseppe e che sua Madre serbava tutte queste cose nel suo cuore, mentre egli cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini. Più avanti dirò ciò che avrò compreso. Ora voglio riferire che l'umiltà e l'obbedienza del nostro Dio e maestro verso sua Madre e suo padre meravigliarono nuovamente gli angeli. Furono stupiti anche per la sublime dignità del la Regina santissima, la quale, degna di essere la Madre del Verbo incarnato, con l'aiuto di san Giuseppe lo accudiva e ne disponeva come di cosa sua. Benché questa attenzione e obbedienza siano conseguenti alla maternità naturale, per fare uso del diritto di madre nel governo di lui le fu necessaria una grazia diversa da quella ricevuta per concepirlo e partorirlo. Per poter svolgere tali ministeri e servizi furono date a Maria santissima grazie confacenti e adeguate. Ella ricevette questa seconda grazia così colma di benefici che riversava parte della sua pienezza nel suo felicissimo sposo san Giuseppe, affinché fosse degno padre putativo di Gesù e capo della famiglia.

771. All'obbedienza del Figlio santissimo verso la Ma dre, ella corrispondeva con azioni eroiche. Fra le altre virtù spiccavano in lei una quasi incomprensibile umiltà e devotissima riconoscenza, perché sua Maestà si era degnato di stare in sua compagnia e di ritornare a lei. Questo beneficio, giudicato nuovo dalla divina Regina perché si reputava indegna, fece sì che nel suo fedelissimo cuore crescessero l'amore e la sollecitudine di servire il suo figlio Dio. Non cessava mai di essere a lui grata, così puntuale, attenta, premurosa nel servirlo sempre inginocchiata nella polvere che destava meraviglia ai serafini più eccelsi. Era inoltre diligente nell'imitarlo in tutte le sue azioni avendo cura e attenzione di copiarle e compierle. Con questa pienezza di santità rapiva il cuore di Cristo nostro Signore. A mio modo d'intendere lo teneva prigioniero con vincoli d'invincibile amore. Poiché egli era strettamente legato a lei come vero Dio e vero figlio, c'era tra loro una reciproca comunicazione e una divina circolazione di amore e di opere, che superava ogni intelletto creato. Nell'oceano di Maria entravano tutte le ricche correnti della grazia e dei benefici del Verbo incarnato senza traboccare mai, perché era sufficientemente capace di riceverle. Queste correnti, però, ritornavano alla loro origine, dato che la felice Madre della sapienza le rimandava a lui perché potessero scorrere un'altra volta, così che questi flussi e riflussi della Divinità andassero e venissero tra il figlio Dio e la sua Madre sola. Questo è il mistero per cui sono ripetute le umili osservazioni della sposa nel Cantico dei Cantici: Il mio diletto è per me e io per lui. Egli pascola il gregge tra i gigli. Prima che spiri la brezza del giorno e si allunghino le ombre. E ancora: Io sono per il mio diletto e il mo diletto è per me.

772. Era necessario che il fuoco dell'amore divino, che ardeva nel petto del nostro Redentore che era venuto ad accenderlo sulla terra, ritrovando materia prossima e disposta quale era il cuore purissimo di sua Madre, compisse ed operasse in sommo grado effetti così illimitati, che solo lo stesso Signore poté conoscere, perché egli solo li poté operare. Soltanto una cosa, di cui mi è stata data intelligenza, si deve notare e cioè che il Verbo incarnato, nelle sue dimostrazioni di amore verso la sua Madre santissima, teneva conto delle azioni e dei gesti non per l'affetto e l'inclinazione naturale di figlio, ma per lo stato che la gran Regina meritava di avere quale viatrice. Sua Maestà sapeva che, se in queste dimostrazioni e favori l'avesse gratificata nella misura del suo amore, le avrebbe un po' impedito, con le continue soddisfazioni delle delizie dell'amato, di meritare tutto ciò che era conveniente. Il Signore, perciò, trattenne in parte questa naturale forza della sua umanità, permettendo che la sua divina Madre, benché fosse così santa, agisse, meritasse e soffrisse, senza ricevere il continuo e dolce premio che avrebbe potuto conseguire con i benefici visibili del suo Figlio santissimo. Per questa ragione ordinariamente il fanciullo Dio aveva maggiore ritegno e serietà. Benché la diligente Signora fosse così sollecita nel servire, provvedere e preparare quanto gli era necessario con incomparabile riguardo, il Figlio santissimo non le rivolgeva tante dimostrazioni di affetto quante ne avrebbe meritate da lui la sollecitudine della Madre.

 

Insegnamento della Regina del cielo

773. Figlia mia, tutte le opere del mio Figlio santissimo e mie sono colme di insegnamenti e istruzioni per gli uomini che le considerano con attenta stima. Sua Maestà si allontanò da me affinché cercandolo con dolore e lacrime lo ritrovassi poi con gioia a mio vantaggio spirituale. Anche tu devi cercare il Signore con amaro dolore, affinché questo dolore ti procuri un'incessante sollecitudine, senza riposare su cosa alcuna per tutto il tempo della tua vita, sino a quando tu non arrivi a possederlo e non lo lasci più. Perché tu comprenda meglio il mistero del Signore, sappi che la sua sapienza infinita plasma le creature capaci della sua eterna felicità ponendole sì sul cammino che conduce ad essa, ma allo stesso tempo così lontane e non sicure di arrivarvi. Fintanto che non siano giunte a possedere l'eterna felicità, vivano sempre pronte e nel dolore, affinché la sollecitudine generi in esse un continuo timore e orrore per il peccato, il quale fa perdere la beatitudine. Anche nel tumulto della conversazione umana la creatura non si lasci legare né avviluppare dalle cose visibili e terrene. Il Creatore aiuta in questa sollecitudine, aggiungendo alla ragione naturale le virtù della fede e della speranza, le quali stimolano l'amore con cui cercare e trovare il fine ultimo. Oltre a queste virtù e ad altre infuse con il battesimo, manda ispirazioni e aiuti per ridestare e rimuovere l'anima lontana dallo stesso Signore, affinché non lo dimentichi né si scordi di se stessa mentre è priva della sua amabile presenza. Anzi continui la sua strada sino a giungere al bene desiderato, dove troverà la pienezza del suo amore e dei suoi desideri.

774. Potrai, dunque, capire quanto grande sia la cecità dei mortali e quanto scarso il numero di coloro che si concedono il tempo di considerare attentamente l'ordine meraviglioso della loro creazione e giustificazione e le opere che l'Altissimo ha compiuto per così alto fine. A questa dimenticanza fanno seguito tanti mali, quanti ne soffrono le creature attaccandosi al possesso dei beni terreni e dei piaceri ingannevoli, come se questi fossero la loro felicità e il fine ultimo: è cattiveria grande rivolta contro la volontà del Signore. I mortali vogliono in questa breve e transitoria vita dilettarsi di ciò che è visibile, come se fosse il loro ultimo fine, mentre dovrebbero usare le creature come mezzo per raggiungere il sommo Bene e non per perderlo. Avverti, dunque, o carissima, questo rischio della stoltezza umana. Tutto ciò che è dilettevole, piacevole e poco serio giudicalo un errore; di' all'appagamento dei sensi che si lascia ingannare invano e che è madre della stoltezza, rende il cuore ubriaco, impedisce e distrugge tutta la vera sapienza. Vivi sempre con il santo timore di perdere la vita eterna e sino a quando non l'avrai raggiunta non ti rallegrare in altre cose se non nel Signore. Fuggi dalle conversazioni umane e temine i pericoli. Se per obbedienza o a gloria sua Dio ti porrà in mezzo ad essi, devi confidare nella sua protezione, e tuttavia con la necessaria prudenza non devi essere né svogliata né negligente. Non ti affidare all'amicizia e alla relazione con le creature, perché vi è riposto il tuo pericolo più grande. Il Signore ti ha dato un animo grato e un'indole dolce, affinché tu sia incline a non resistergli nelle sue opere, usando per suo amore i benefici che ti ha concesso. Se permetterai che in te entri l'amore delle creature, queste sicuramente ti trasporteranno, allontanandoti dal sommo Bene. Altererai, così, l'ordine e le opere della sua sapienza infinita. È cosa molto indegna utilizzare il più grande beneficio della natura con un oggetto che non sia il più nobile di tutta la natura stessa. Sublima le azioni delle tue facoltà e rappresenta ad esse l'oggetto nobilissimo dell'essere di Dio e del suo Figlio diletto tuo sposo, il più bello tra i figli dell'uomo, e amalo con tutto il tuo cuore, la tua anima e la tua mente.


31 Maggio 1941

Beata Edvige Carboni

Grazia è malata, non stare in pensiero; questi giorni, parto per Sassari. Io la scelsi per vittima, perciò le do da soffrire con varie tribolazioni.