Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 12° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Marco 14
1Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo.2Dicevano infatti: "Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo".
3Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo.4Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: "Perché tutto questo spreco di olio profumato?5Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!". Ed erano infuriati contro di lei.
6Allora Gesù disse: "Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona;7i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.8Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura.9In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto".
10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù.11Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.
12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?".13Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: "Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo14e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi".16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.
17Venuta la sera, egli giunse con i Dodici.18Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: "In verità vi dico, uno di voi, 'colui che mangia con me', mi tradirà".19Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: "Sono forse io?".20Ed egli disse loro: "Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto.21Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quell'uomo se non fosse mai nato!".
22Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo".23Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.24E disse: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti.25In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio".
26E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.27Gesù disse loro: "Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto:
'Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse'.
28Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".29Allora Pietro gli disse: "Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò".30Gesù gli disse: "In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte".31Ma egli, con grande insistenza, diceva: "Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.
32Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: "Sedetevi qui, mentre io prego".33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.34Gesù disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate".35Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora.36E diceva: "Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu".37Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: "Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola?38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole".39Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.40Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
41Venne la terza volta e disse loro: "Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino".
43E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.44Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta".45Allora gli si accostò dicendo: "Rabbì" e lo baciò.46Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono.47Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio.48Allora Gesù disse loro: "Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi.49Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!".
50Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.51Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono.52Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.
53Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.55Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.56Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi.57Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo:58"Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo".59Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.60Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: "Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?".62Gesù rispose: "Io lo sono!
E vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo'".
63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: "Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?". Tutti sentenziarono che era reo di morte.
65Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: "Indovina". I servi intanto lo percuotevano.
66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: "Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù".68Ma egli negò: "Non so e non capisco quello che vuoi dire". Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò.69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: "Costui è di quelli".70Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: "Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo".71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo che voi dite".72Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: "Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte". E scoppiò in pianto.
Deuteronomio 9
1Ascolta, Israele! Oggi tu attraverserai il Giordano per andare a impadronirti di nazioni più grandi e più potenti di te, di città grandi e fortificate fino al cielo,2di un popolo grande e alto di statura, dei figli degli Anakiti che tu conosci e dei quali hai sentito dire: Chi mai può resistere ai figli di Anak?3Sappi dunque oggi che il Signore tuo Dio passerà davanti a te come fuoco divoratore, li distruggerà e li abbatterà davanti a te; tu li scaccerai e li farai perire in fretta, come il Signore ti ha detto.4Quando il Signore tuo Dio li avrà scacciati dinanzi a te, non pensare: A causa della mia giustizia, il Signore mi ha fatto entrare in possesso di questo paese; mentre per la malvagità di queste nazioni il Signore le scaccia dinanzi a te.5No, tu non entri in possesso del loro paese a causa della tua giustizia, né a causa della rettitudine del tuo cuore; ma il Signore tuo Dio scaccia quelle nazioni dinanzi a te per la loro malvagità e per mantenere la parola che il Signore ha giurato ai tuoi padri, ad Abramo, a Isacco e a Giacobbe.6Sappi dunque che non a causa della tua giustizia il Signore tuo Dio ti dà il possesso di questo fertile paese; anzi tu sei un popolo di dura cervice.
7Ricordati, non dimenticare, come hai provocato all'ira il Signore tuo Dio nel deserto. Da quando usciste dal paese d'Egitto fino al vostro arrivo in questo luogo, siete stati ribelli al Signore.8Anche sull'Oreb provocaste all'ira il Signore; il Signore si adirò contro di voi fino a volere la vostra distruzione.9Quando io salii sul monte a prendere le tavole di pietra, le tavole dell'alleanza che il Signore aveva stabilita con voi, rimasi sul monte quaranta giorni e quaranta notti, senza mangiare pane né bere acqua;10il Signore mi diede le due tavole di pietra, scritte dal dito di Dio, sulle quali stavano tutte le parole che il Signore vi aveva dette sul monte, in mezzo al fuoco, il giorno dell'assemblea.11Alla fine dei quaranta giorni e delle quaranta notti, il Signore mi diede le due tavole di pietra, le tavole dell'alleanza.12Poi il Signore mi disse: Scendi in fretta di qui, perché il tuo popolo, che hai fatto uscire dall'Egitto, si è traviato; presto si sono allontanati dalla via che io avevo loro indicata: si sono fatti un idolo di metallo fuso.13Il Signore mi aggiunse: Io ho visto questo popolo; ecco, è un popolo di dura cervice;14lasciami fare; io li distruggerò e cancellerò il loro nome sotto i cieli e farò di te una nazione più potente e più grande di loro.15Così io mi volsi e scesi dal monte, dal monte tutto in fiamme, tenendo nelle mani le due tavole dell'alleanza.16Guardai ed ecco, avevate peccato contro il Signore vostro Dio; vi eravate fatto un vitello di metallo fuso; avevate ben presto lasciato la via che il Signore vi aveva imposta.17Allora afferrai le due tavole, le gettai con le mie mani e le spezzai sotto i vostri occhi.18Poi mi prostrai davanti al Signore, come avevo fatto la prima volta, per quaranta giorni e per quaranta notti; non mangiai pane né bevvi acqua, a causa del gran peccato che avevate commesso, facendo ciò che è male agli occhi del Signore per provocarlo.19Io avevo paura di fronte all'ira e al furore di cui il Signore era acceso contro di voi, al punto di volervi distruggere. Ma il Signore mi esaudì anche quella volta.20Anche contro Aronne il Signore si era fortemente adirato, al punto di volerlo far perire; io pregai in quell'occasione anche per Aronne.21Poi presi l'oggetto del vostro peccato, il vitello che avevate fatto, lo bruciai nel fuoco, lo feci a pezzi, frantumandolo finché fosse ridotto in polvere, e buttai quella polvere nel torrente che scende dal monte.
22Anche a Tabera, a Massa e a Kibrot-Taava, voi provocaste il Signore.23Quando il Signore volle farvi partire da Kades-Barnea dicendo: Entrate e prendete in possesso il paese che vi dò, voi vi ribellaste all'ordine del Signore vostro Dio, non aveste fede in lui e non obbediste alla sua voce.24Siete stati ribelli al Signore da quando vi ho conosciuto.
25Io stetti prostrato davanti al Signore, quei quaranta giorni e quelle quaranta notti, perché il Signore aveva minacciato di distruggervi.26Pregai il Signore e dissi: Signore Dio, non distruggere il tuo popolo, la tua eredità, che hai riscattato nella tua grandezza, che hai fatto uscire dall'Egitto con mano potente.
27Ricordati dei tuoi servi Abramo, Isacco e Giacobbe; non guardare alla caparbietà di questo popolo e alla sua malvagità e al suo peccato,28perché il paese da dove ci hai fatti uscire non dica: Poiché il Signore non era in grado di introdurli nella terra che aveva loro promessa e poiché li odiava, li ha fatti uscire di qui per farli morire nel deserto.29Al contrario essi sono il tuo popolo, la tua eredità, che tu hai fatto uscire dall'Egitto con grande potenza e con braccio teso.
Siracide 23
1Signore, padre e padrone della mia vita,
non abbandonarmi al loro volere,
non lasciarmi cadere a causa loro.
2Chi applicherà la frusta ai miei pensieri,
al mio cuore la disciplina della sapienza?
Perché non siano risparmiati i miei errori
e i miei peccati non restino impuniti,
3perché non si moltiplichino i miei errori
e non aumentino di numero i miei peccati,
io non cada davanti ai miei avversari
e il nemico non gioisca sul mio conto.
4Signore, padre e Dio della mia vita,
non mettermi in balìa di sguardi sfrontati
5e allontana da me la concupiscenza.
6Sensualità e libidine non s'impadroniscano di me;
a desideri vergognosi non mi abbandonare.
7Figli, ascoltate l'educazione della bocca,
chi l'osserva non si perderà.
8Il peccatore è vittima delle proprie labbra,
il maldicente e il superbo vi trovano inciampo.
9Non abituare la bocca al giuramento,
non abituarti a nominare il nome del Santo.
10Come uno schiavo interrogato di continuo
non sarà senza lividure,
così chi giura e ha sempre in bocca Dio
non sarà esente da peccato.
11Un uomo dai molti giuramenti si riempie di iniquità;
il flagello non si allontanerà dalla sua casa.
Se cade in fallo, il suo peccato è su di lui;
se non ne tiene conto, pecca due volte.
Se giura il falso non sarà giustificato,
la sua casa si riempirà di sventure.
12C'è un modo di parlare che si può paragonare alla
morte;
non si trovi nella discendenza di Giacobbe.
Dagli uomini pii tutto ciò sia respinto,
così non si rotoleranno nei peccati.
13La tua bocca non si abitui a volgarità grossolane,
in esse infatti c'è motivo di peccato.
14Ricorda tuo padre e tua madre, quando siedi tra i
grandi,
non dimenticarli mai davanti a costoro,
e per abitudine non dire sciocchezze;
potresti desiderare di non essere nato
e maledire il giorno della tua nascita.
15Un uomo abituato a discorsi ingiuriosi
non si correggerà in tutta la sua vita.
16Due specie di colpe moltiplicano i peccati,
la terza provoca l'ira:
17una passione ardente come fuoco acceso
non si calmerà finché non sarà consumata;
un uomo impudico nel suo corpo
non smetterà finché non lo divori il fuoco;
per l'uomo impuro ogni pane è appetitoso,
non si stancherà finché non muoia.
18L'uomo infedele al proprio letto
dice fra sé: "Chi mi vede?
Tenebra intorno a me e le mura mi nascondono;
nessuno mi vede, che devo temere?
Dei miei peccati non si ricorderà l'Altissimo".
19Il suo timore riguarda solo gli occhi degli uomini;
non sa che gli occhi del Signore
sono miriadi di volte più luminosi del sole;
essi vedono tutte le azioni degli uomini
e penetrano fin nei luoghi più segreti.
20Tutte le cose, prima che fossero create, gli erano
note;
allo stesso modo anche dopo la creazione.
21Quest'uomo sarà punito nelle piazze della città,
sarà preso dove meno se l'aspetta.
22Così della donna che abbandona suo marito,
e gli presenta eredi avuti da un estraneo.
23Prima di tutto ha disobbedito alle leggi
dell'Altissimo,
in secondo luogo ha commesso un torto verso il marito,
in terzo luogo si è macchiata di adulterio
e ha introdotto in casa figli di un estraneo.
24Costei sarà trascinata davanti all'assemblea
e si procederà a un'inchiesta sui suoi figli.
25I suoi figli non avranno radici,
i suoi rami non porteranno frutto.
26Lascerà il suo ricordo in maledizione,
la sua infamia non sarà cancellata.
27I superstiti sapranno
che nulla è meglio del timore del Signore,
nulla più dolce dell'osservare i suoi comandamenti.
Salmi 36
1'Al maestro del coro. Di Davide servo del Signore.'
2Nel cuore dell'empio parla il peccato,
davanti ai suoi occhi non c'è timor di Dio.
3Poiché egli si illude con se stesso
nel ricercare la sua colpa e detestarla.
4Inique e fallaci sono le sue parole,
rifiuta di capire, di compiere il bene.
5Iniquità trama sul suo giaciglio,
si ostina su vie non buone,
via da sé non respinge il male.
6Signore, la tua grazia è nel cielo,
la tua fedeltà fino alle nubi;
7la tua giustizia è come i monti più alti,
il tuo giudizio come il grande abisso:
uomini e bestie tu salvi, Signore.
8Quanto è preziosa la tua grazia, o Dio!
Si rifugiano gli uomini all'ombra delle tue ali,
9si saziano dell'abbondanza della tua casa
e li disseti al torrente delle tue delizie.
10È in te la sorgente della vita,
alla tua luce vediamo la luce.
11Concedi la tua grazia a chi ti conosce,
la tua giustizia ai retti di cuore.
12Non mi raggiunga il piede dei superbi,
non mi disperda la mano degli empi.
13Ecco, sono caduti i malfattori,
abbattuti, non possono rialzarsi.
Lamentazioni 1
1Ah! come sta solitaria
la città un tempo ricca di popolo!
È divenuta come una vedova,
la grande fra le nazioni;un tempo signora tra le province
è sottoposta a tributo.
2Essa piange amaramente nella notte,
le sue lacrime scendono sulle guance;
nessuno le reca conforto,
fra tutti i suoi amanti;
tutti i suoi amici l'hanno tradita,
le sono divenuti nemici.
3Giuda è emigrato
per la miseria e la dura schiavitù.
Egli abita in mezzo alle nazioni,
senza trovare riposo;
tutti i suoi persecutori l'hanno raggiunto
fra le angosce.
4Le strade di Sion sono in lutto,
nessuno si reca più alle sue feste;
tutte le sue porte sono deserte,
i suoi sacerdoti sospirano,
le sue vergini sono afflitte
ed essa è nell'amarezza.
5I suoi avversari sono i suoi padroni,
i suoi nemici sono felici,
perché il Signore l'ha afflitta
per i suoi misfatti senza numero;
i suoi bambini sono stati condotti in schiavitù,
sospinti dal nemico.
6Dalla figlia di Sion
è scomparso ogni splendore;
i suoi capi sono diventati come cervi
che non trovano pascolo;
camminano senza forze
davanti agli inseguitori.
7Gerusalemme ricorda
i giorni della sua miseria e del suo vagare,
tutti i suoi beni preziosi dal tempo antico;
ricorda quando il suo popolo cadeva
per mano del nemico
e nessuno le porgeva aiuto.
I suoi nemici la guardavano
e ridevano della sua rovina.
8Gerusalemme ha peccato gravemente,
per questo è divenuta un panno immondo;
quanti la onoravano la disprezzano,
perché hanno visto la sua nudità;
anch'essa sospira
e si volge indietro.
9La sua sozzura è nei lembi della sua veste,
non pensava alla sua fine;
essa è caduta in modo sorprendente
e ora nessuno la consola.
"Guarda, Signore, la mia miseria,
perché il nemico ne trionfa".
10L'avversario ha steso la mano
su tutte le sue cose più preziose;
essa infatti ha visto i pagani
penetrare nel suo santuario,
coloro ai quali avevi proibito
di entrare nella tua assemblea.
11Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane;
danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo,
per sostenersi in vita.
"Osserva, Signore, e considera
come sono disprezzata!
12Voi tutti che passate per la via,
considerate e osservate
se c'è un dolore simile al mio dolore,
al dolore che ora mi tormenta,
e con cui il Signore mi ha punito
nel giorno della sua ira ardente.
13Dall'alto egli ha scagliato un fuoco
e nelle mie ossa lo ha fatto penetrare;
ha teso una rete ai miei piedi,
mi ha fatto cadere all'indietro;
mi ha reso desolata,
affranta da languore per sempre.
14S'è aggravato il giogo delle mie colpe,
nella sua mano esse sono annodate;
il loro giogo è sul mio collo
ed ha fiaccato la mia forza;
il Signore mi ha messo nelle loro mani,
non posso rialzarmi.
15Ha ripudiato tutti i miei prodi
il Signore in mezzo a me.
Egli ha chiamato a raccolta contro di me
per fiaccare i miei giovani;
il Signore ha pigiato come uva nel tino
la vergine figlia di Giuda.
16Per tali cose io piango,
dal mio occhio scorrono lacrime,
perché lontano da me è chi consola,
chi potrebbe ridarmi la vita;
i miei figli sono desolati,
perché il nemico ha prevalso".
17Sion protende le mani,
nessuno la consola.
Il Signore ha inviato contro Giacobbe
i suoi nemici da tutte le parti.
Gerusalemme è divenuta
come panno immondo in mezzo a loro.
18"Giusto è il Signore,
poiché mi sono ribellata alla sua parola.
Ascoltate, vi prego, popoli tutti,
e osservate il mio dolore!
Le mie vergini e i miei giovani
sono andati in schiavitù.
19Ho chiamato i miei amanti,
ma essi mi hanno tradita;
i miei sacerdoti e i miei anziani
nella città sono spirati
mentre cercavano cibo
per sostenersi in vita.
20Guarda, Signore, quanto sono in angoscia;
le mie viscere si agitano,
il mio cuore è sconvolto dentro di me,
poiché sono stata veramente ribelle.
Di fuori la spada mi priva dei figli,
dentro c'è la morte.
21Senti come sospiro,
nessuno mi consola.
Tutti i miei nemici han saputo della mia sventura,
ne hanno gioito, perché tu hai fatto ciò.
Manda il giorno che hai decretato
ed essi siano simili a me!
22Ti sia presente tutta la loro malvagità
e trattali duramente come hai trattato me,
a causa di tutte le mie prevaricazioni.
Molti sono infatti i miei sospiri
e il mio cuore si consuma".
Prima lettera ai Corinzi 13
1Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna.
2E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla.
3E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova.
4La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia,5non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto,6non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità.7Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta.8La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà.9La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia.10Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà.11Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato.12Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto.
13Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!
Capitolo XXX: Chiedere l’aiuto di Dio, nella fiducia di ricevere la sua grazia
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, io sono "il Signore, che consola nel giorno della tribolazione" (Na 1,7). Vieni a me, quando sei in pena. Quello che pone maggiore ostacolo alla celeste consolazione è proprio questo, che troppo tardi tu ti volgi alla preghiera. Infatti, prima di rivolgere a me intense orazioni, tu vai cercando vari sollievi e ti conforti in cose esteriori. Avviene così che nulla ti è di qualche giovamento, fino a che tu non comprenda che sono io la salvezza di chi spera in me, e che, fuori di me, non c'è aiuto efficace, utile consiglio, rimedio durevole.
Ora, dunque, ripreso animo dopo la burrasca, devi trovare nuovo vigore nella luce della mia misericordia. Giacché ti sono accanto, dice il Signore, per restaurare ogni cosa, con misura, non solo piena, ma colma.
C'è forse qualcosa che per me sia difficile; oppure somiglierò io ad uno che dice e non fa? Dov'è la tua fede? Sta saldo nella perseveranza; abbi animo grande e virilmente forte. Verrà a te la consolazione, al tempo suo. Aspetta me; aspetta: verrò e ti risanerò.
E' una tentazione quella che ti tormenta; è una vana paura quella che ti atterrisce. A che serve la preoccupazione di quel che può avvenire in futuro, se non a far sì che tu aggiunga tristezza a tristezza? "Ad ogni giorno basta la sua pena" (Mt 6,34). Vano e inutile è turbarsi o rallegrarsi per cose future, che forse non accadranno mai.
2. Tuttavia, è umano lasciarsi ingannare da queste fantasie; ed è segno della nostra pochezza d'animo lasciarsi attrarre tanto facilmente verso le suggestioni del nemico. Il quale non bada se ti illuda o ti adeschi con cose vere o false; non badare se ti abbatta con l'attaccamento alle cose presenti o con il timore delle cose future.
"Non si turbi dunque il tuo cuore, e non abbia timore" (Gv 14,27). Credi in me e abbi fiducia nella mia misericordia. Spesso, quando credi di esserti allontanato da me, io ti sono accanto; spesso, quando credi che tutto, o quasi, sia perduto, allora è vicina la possibilità di un merito più grande. Non tutto è perduto quando accade una cosa contraria. Non giudicare secondo il sentire umano. Non restare così schiacciato da alcuna difficoltà, da qualunque parte essa venga; non subirla come se ti fosse tolta ogni speranza di riemergere.
Non crederti abbandonato del tutto, anche se io ti ho mandato, a suo tempo, qualche tribolazione o se ti ho privato della sospirata consolazione. Così, infatti, si passa nel regno dei cieli. Senza dubbio, per te e per gli altri miei servi, essere provati dalle avversità è più utile che avere tutto a comando. Io conosco i pensieri nascosti; so che, per la tua salvezza, è molto bene che tu sia lasciato talvolta privo di soddisfazione, perché tu non abbia a gonfiarti del successo e a compiacerti di ciò che non sei. Quel che ho dato posso riprenderlo e poi restituirlo, quando mi piacerà. Quando avrò dato, avrò dato cosa mia; quando avrò tolto, non avrò tolto cosa tua; poiché mio è "tutto il bene che viene dato"; mio è "ogni dono perfetto" (Gc 1,17).
3. Non indignarti se ti avrò mandato una gravezza o qualche contrarietà; né si prostri l'animo tuo: io ti posso subitamente risollevare, mutando tutta la tristezza in gaudio. Io sono giusto veramente, e degno di molta lode, anche quando opero in tal modo con te.
Se senti rettamente, se guardi alla luce della verità, non devi mai abbatterti così, e rattristarti, a causa delle avversità, ma devi piuttosto rallegrarti e rendere grazie; devi anzi considerare gaudio supremo questo, che io non ti risparmi e che ti affligga delle sofferenze.
"Come il padre ha amato me, così anch'io amo voi" (Gv 15,9), dissi ai miei discepoli diletti. E, per vero, non li ho mandati alle gioie di questo mondo, ma a grandi lotte; non li ho mandati agli onori, ma al disprezzo; non all'ozio, ma alla fatica, non a godere tranquillità, ma a dare molto frutto nella sofferenza.
Ricordati, figlio mio, di queste parole.
DISCORSO 180 DALLE PAROLE DELL'APOSTOLO GIACOMO (5, 12): " SOPRATTUTTO NON GIURATE " ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaAvvertimento a guardarsi dal giuramento.
1. 1. La prima lettura che oggi è stata proclamata, quella dell'apostolo Giacomo, ci è stata presentata per la trattazione e in qualche modo essa ce la prescrive. Evidentemente vi ha resi attenti, avvertendovi soprattutto di non giurare. La questione è difficile. Se giurare è peccato, chi è che non sia reo di questo peccato? Infatti nessuno mette in dubbio che lo spergiuro è peccato, e un grave peccato. Ma l'apostolo, del quale esponiamo la lettura, non dice: Soprattutto, fratelli miei, non spergiurate, ma: non giurate 1. Lo ha preceduto un avvertimento simile proprio da parte del Signore nostro Gesù Cristo nel Vangelo: Avete inteso - dice - che fu detto agli antichi: Non spergiurerai, ma io vi dico: Non giurate affatto, né per il cielo, che è il trono di Dio, né per la terra che è lo sgabello dei suoi piedi; non giurerai neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: Sì, sì; no, no; se qualcosa è di più viene dal maligno 2. La lettura dell'Apostolo che è stata ricordata concorda così perfettamente con l'avvertimento del Signore, da sembrare che Dio non abbia comandato nulla di diverso, perché non ha detto questo altri che lui, che ha parlato per mezzo dell'Apostolo: Soprattutto, - dice - fratelli miei, non giurate né per il cielo né per la terra, né fate qualsiasi altro giuramento. Ma il vostro parlare sia: Sì, sì; no, no. Solo che questi ha aggiunto: soprattutto; a causa di ciò ha destato molta attenzione ed ha accresciuto difficoltà alla questione.
Sebbene Dio abbia voluto valersi del giuramento, l'uomo deve evitarlo. In quanti modi accade di spergiurare.
2. 2. Troviamo infatti che hanno giurato i santi, che da principio abbia giurato il Signore stesso, nel quale non c'è affatto il peccato. Il Signore ha giurato e non si pentirà; tu sei sacerdote in eterno, secondo l'ordine di Melchisedech 3. Promise al Figlio con giuramento il sacerdozio eterno. Ma troviamo anche: Giuro per me stesso, dice il Signore 4. Anche quello è un giuramento: Com'è vero che io vivo, dice il Signore 5. Come l'uomo per Dio, così Dio per se stesso. Non è peccato giurare allora? Costa ammetterlo: e poiché abbiamo detto che Dio giurò, come non è blasfemo affermarlo? Dio, che non ha peccato, giura; quindi non è peccato giurare: peccato assai grave, però, è spergiurare. Forse qualcuno può dire come non sia da proporre di esempio il giuramento riguardante il Signore Dio. E' Dio infatti e forse solo a lui, che non può essere spergiuro, compete giurare. Poiché gli uomini giurano il falso se ingannano o quando s'ingannano. Oppure evidentemente l'uomo ritiene vero ciò che è falso, e giura sconsideratamente; o anche sa che è falso o lo ritiene tale eppure giura per vero, e tuttavia fa un giuramento peccaminoso. Ma sono ben lontani fra loro questi due giuramenti che ho riportato. Supponi che giuri uno che ritiene vero ciò per cui giura: crede sia vero, eppure è falso. Costui non giura il falso di proposito; s'inganna, ritiene per vero ciò che è falso; non frappone, consapevole, un giuramento per sostenere una falsità. Dammi un altro il quale sa che è falso e afferma che è vero; e giura come vero ciò che conosce come falso. Considerate quanto sia detestabile una tale mostruosità e da eliminare dalle situazioni umane. Chi è infatti che vuole si compia questo? Tutti gli uomini detestano tali opere. Fa' il caso di un'altra persona: crede trattarsi di falso e giura come se vero, ed è probabilmente vero. Ad esempio, per farvi capire, chiedi a un uomo: Piove in quella località? Questi pensa che non piova, ma è nel suo interesse dire: Piove; mentre ritiene però che non piove; gli si dice: Piove veramente? Veramente, e giura; eppure là piove, ma quello lo ignora, e pensa che non piova: è spergiuro. E' importante con quale intenzione la parola venga fuori dal cuore. Solo la mente responsabile fa colpevole la lingua. Ma chi è che non s'inganna, pur non volendo ingannarsi? Qual è l'uomo in cui non subentri la falsità? Eppure il giuramento non si allontana dalla lingua, è frequente; molte volte sono più i giuramenti che le parole. Se l'uomo esamina quante volte giura lungo tutto il giorno, quante volte si ferisce, quante volte si colpisce e si trafigge, chi trova in lui uno spazio sano? Così per il fatto che spergiurare è un grave peccato, la Scrittura ti ha detto tutto in due parole: Non giurare.
Il pericolo dello spergiuro nel giuramento.
3. 3. Che cosa ti dirò io uomo? Ecco, tu giuri il vero, non fai peccato; se giuri il vero, non pecchi. Ma l'uomo, posto in mezzo alle tentazioni, rivestito di carne, che preme la terra sotto la terra, mentre il corpo corruttibile appesantisce l'anima e l'abitacolo terreno grava la mente dai molti pensieri 6; fra codesti tuoi molti pensieri incerti, incostanti, in mezzo alle umane congetture, alle umane falsità, quand'è che qualcosa di falso non s'insinua in te, situato nella regione della falsità? Vuoi allora tenerti lontano dallo spergiuro? Non giurare. Poiché chi giura, talora può giurare il vero; ma chi non giura non può mai giurare il falso. Giuri dunque Dio, il quale giura sicuro, che nulla inganna, a cui nulla è nascosto, che non conosce affatto l'inganno, e che non può neppure essere ingannato. Quando infatti giura, si vale di se stesso come testimone. Come da parte tua, quando giuri, chiami Dio a testimone, così egli, quando giura, chiama se stesso come teste. Tu, quando lo chiami come teste, forse sulla tua menzogna, pronunci invano il nome del Signore Dio tuo 7. Per non giurare il falso, dunque, non giurare. Il giuramento è una strettoia. Lo spergiuro è un precipizio. E' vicino ad esso chi giura, ne è lontano chi non giura. Pecca e pecca gravemente chi giura il falso, non pecca chi giura il vero; ma chi non giura affatto, neppure questi pecca. Chi però non giura, e non pecca ed è lontano dal peccato; chi invece giura il vero, non pecca ma è vicino al peccato. Supponi di camminare in un certo luogo dove, dal lato destro, si trovi una vasta pianura, né vi puoi mai subire strettezze; dal lato sinistro vi trovi uno spazio assai scosceso. Dove preferisci camminare? Al limite della terra piana, sull'orlo del precipizio, oppure a distanza da esso? Penso che preferisci lontano di là. Così pure chi giura cammina sul ciglio, e cammina a passi insicuri in quanto umani. Se inciampi, vai giù; se scivolerai, andrai giù. E che cosa ti attende? La pena dello spergiuro. Volevi appunto giurare il vero; ascolta il consiglio di Dio: Non giurare.
Giurare il vero è lecito, non giurare è piú sicuro.
4. 4. Se il giuramento fosse peccato, neppure nell'Antica Legge si direbbe: Non giurerai il falso; renderai invece al Signore il tuo giuramento 8. Evidentemente non ci verrebbe prescritto il peccato. Ma il tuo Dio ti dice: Se giurerai, non ti punirò; se giurerai il vero non ti punirò. Che sarò forse punito se non giurerò? Sono due, dice, i casi per cui mai punisco: quello in cui si giura il vero e quello in cui non si giura affatto. Punisco invece il giuramento falso. Giurare il falso è di rovina, giurare il vero è pericoloso, non giurare mai è sicuro. So che è un problema difficile e confesso alla Carità vostra di averlo sempre evitato di trattare. Questa volta invece, poiché veniva proclamata la medesima lettura nel giorno della domenica, destinato all'esposizione dell'omelia, ho creduto imposto dall'alto che io ne tratti. E' stata volontà di Dio che io ne parli e che voi siate in ascolto. Vi prego di evitare di non farne conto, vi prego di fissare l'attenzione, di ridurre al silenzio la lingua. Non è affatto da trascurare, non manca di significato il fatto che, dopo aver voluto sempre evitare questo problema, mi sia stato imposto, come pure s'impone alla Carità vostra.
Il giuramento usato dall'Apostolo.
5. 5. Perché sappiate che non è peccato giurare il vero, constatiamo che anche l'apostolo Paolo abbia giurato: Ogni giorno io affronto la morte, fratelli, com'è vero il vanto che siete voi e che è mio in Cristo Gesù Signore nostro 9. Com'è vero il vanto che siete voi è un giuramento. Non è così, come a dire: Muoio per il vanto che siete voi, quasi che causa della mia morte è il vanto che siete voi; come se dicesse: E' morto a causa del veleno, è morto a causa della spada, è morto a causa di una fiera, è morto per mano di un nemico; cioè ad opera del nemico, ad opera della spada, ad opera del veleno e simili; non in tal senso ha detto: Com'è vero il vanto che siete voi. L'espressione in lingua greca elimina l'ambiguità. Si esamina la Lettera in lingua greca e vi si trova il giuramento che non presenta ambiguità. . . Detto da un Greco, è un giuramento. Ogni giorno ascoltate i Greci e voi che conoscete la lingua greca: ; quando un Greco ha detto: è un giuramento: " Per Dio ". Nessuno metta quindi in dubbio che l'Apostolo abbia giurato, quando ha detto: Per il vostro vanto, che siete voi, fratelli, (e perché non crediamo che abbia giurato per un vanto umano) che è mio in Cristo Gesù Signore nostro. In un altro passo figura un altro giuramento veramente chiaro ed esplicito: Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita. L'Apostolo dice: Io chiamo Dio a testimone sulla mia vita che per risparmiarvi non sono venuto più a Corinto 10. E in un altro passo ai Galati: Riguardo poi a quel che vi scrivo, attesto davanti a Dio che non mentisco 11.
Vari modi di giurare.
6. 6. Fate attenzione, vi prego, e ponetevi in mente ciò: anche se non vi risulta tanto felice l'esposizione, a motivo delle difficoltà del problema, è tuttavia di profitto se può raggiungere il vostro intimo. E' un fatto: l'Apostolo ha giurato. Non v'ingannino coloro che non so in che modo, volendo far distinzione proprio tra giuramenti - o meglio, senza capire - dicono che non esiste giuramento quando un uomo dice: Lo sa Dio, Dio è testimone, chiamo Dio sulla mia anima che dico il vero. Ha invocato Dio, dicono, ha fatto testimone Dio; che forse ha giurato? Quanti dicono di tali cose non vogliono altro che mentire, ponendo Dio a testimone. E' mai possibile, chiunque tu sia, uomo di cuore cattivo, uomo di cuore perverso, che se dici: Per Dio, fai un giuramento; se dici: Dio è testimone, non lo fai? Che significa infatti: Per Dio, se non: Dio è testimone? O che altra cosa s'intende con: Dio è testimone, se non: Per Dio?
In che consiste il giuramento.
6. 7. D'altra parte, che cosa è giurare, se non rendere giustizia a Dio, quando giuri per Dio; rendere giustizia alla tua salute, quando giuri per la tua salute, rendere giustizia ai tuoi figli, quando giuri per i tuoi figli? Ma che giustizia dobbiamo alla nostra salute, ai nostri figli, al nostro Dio, se non quella della carità, della verità e non della falsità? Soprattutto poi, quando si fa per Dio, è proprio questo l'autentico giuramento; perché anche quando uno dice: Per la mia salute, lega a Dio la propria salute; quando dice: Per i miei figli, dà in pegno a Dio i propri figli, affinché ricada sul loro capo ciò che esce dalla bocca di chi giura; se è vero, il vero; se è falso, il falso. Pertanto, poiché nominando nel giuramento i suoi figli, o il suo capo, o la sua salute lega a Dio tutto ciò che nomina, quanto più nel caso in cui giuri il falso per Dio stesso? Teme infatti di giurare il falso per suo figlio, e non teme di giurare il falso per il suo Dio? Può essere che vada dicendo questo nell'animo suo: Ho timore di giurare il falso per mio figlio perché non muoia; invece a Dio che non muore che cosa può capitare di male, anche nel caso si giuri per lui il falso? Dici bene che a Dio non tocca nulla di male quando tu giuri per lui il falso; è a te, però, che tocca assai di male, che inganni il prossimo davanti al quale poni Dio quale testimone. Se tu avessi fatto qualcosa alla presenza di tuo figlio, e dicessi ad un amico, o ad un altro tuo vicino, o ad un uomo qualsiasi: Non l'ho fatto, e ponessi la mano sul capo di tuo figlio, che sa quello che hai fatto, e aggiungessi: Per la vita di costui giuro che non l'ho fatto, tuo figlio, tremando sotto la mano paterna - non certo paterna la mano, ma divina - forse griderebbe: No, padre, non sia senza valore per te la mia vita; hai chiamato Dio su di me, ti ho visto io, lo hai fatto, non giurare il falso; è certo che tu sei mio padre, ma temo ancor più il Creatore e tuo e mio.
Lo spergiuro dà la morte all'anima. L'anima è la vita del corpo, Dio è la vita dell'anima.
7. 8. Ma è che Dio, quando tu giuri per lui, non ti dice: Ti ho veduto io, non giurare, lo hai fatto; ma temi perché questi non ti uccida, mentre sei prima tu ad ucciderti; allora perché non ti dice: Ti ho veduto io, pensi che non veda? E dov'è ciò che è scritto: A lungo ho taciuto, che forse tacerò sempre? 12 Eppure di solito egli dice: Ti ho veduto io, ma in altra maniera, quando punisce lo spergiuro. Ma non procede contro tutti, per questo gli uomini sono portati ad imitare. Io so, quello mi ha giurato il falso, ed è vivo. E' vivo chi ti ha giurato il falso? Egli ha giurato il falso e vive: ha giurato il falso. Ti inganni. Se tu avessi occhi con cui vedere la morte di costui, se anche tu non t'ingannassi in ciò che è morire e non morire, vedresti la morte di costui. Ed ora fa' attenzione alla Scrittura e vi troverai disteso a terra chi ritieni in vita. Lo ritieni vivo perché cammina a piedi, perché tocca con le mani, perché vede con gli occhi e ascolta con gli orecchi, si serve bene delle funzioni delle altre membra. Vive, ma il suo corpo; è morta l'anima di lui, è morta la parte migliore di lui. E' vivo l'abitacolo, è morto chi lo abita. Come è possibile - dirai - che mentre il corpo è in vita l'anima sia morta dal momento che il corpo non potrebbe vivere se non fosse vivificato dall'anima? Com'è allora, se è morta l'anima, della quale vive il corpo? Ascolta dunque e impara: il corpo dell'uomo è creatura di Dio, e l'anima dell'uomo è creatura di Dio. Dio dà vita alla carne, attraverso l'anima; analogamente, non da questa, ma fa di se stesso la vita della stessa anima. Così, la vita del corpo è l'anima; la vita dell'anima è, dunque, Dio. Il corpo muore quando l'anima si ritira, quindi muore l'anima se Dio si ritira. L'anima si allontana se il corpo è percosso da spada; e pensi che Dio non si allontana quando l'anima stessa è percossa da spergiuro? Vuoi renderti conto che è morto quello di cui parli? Leggi la Scrittura: Una bocca menzognera uccide l'anima 13. Ma tu pensi che Dio si vendichi sul momento se chi ti ha tratto in inganno con un falso giuramento muoia all'istante. Se muore sotto i tuoi occhi, è la sua carne che è morta. Che vuol dire: E' morta la sua carne? Ha costretto lo spirito, da cui riceveva la vita, a ritirarsi. Ciò vuol dire che morì per aver esalato lo spirito di cui la carne viveva. Peggiorò, ha esaltato lo spirito di cui viveva l'anima. Ha spirato l'anima, ma lo ignori; ha messo fuori lo spirito, ma non lo vedi. Vedi il corpo che è certo inerte privo dell'anima; non puoi vedere l'anima infelice senza Dio. Perciò, credi, devi valerti degli occhi della fede. Nessuno spergiuro resta impunito, assolutamente nessuno, è con lui la sua pena. Se nell'intimità della sua casa fosse posto sotto la tortura quanto al corpo, sarebbe punito; ha nel segreto del cuore la sua coscienza a torturarlo, ed è considerato impunito? Eppure tu che cosa dici? Vive, gode, è immerso nella lussuria chi mi ha giurato il falso; perché mi rimandi a cose che non si vedono? Perché anche Dio stesso, per il quale ha giurato, è invisibile. Ha giurato per l'Invisibile, è colpito da pena invisibile. Ma è vivo, dice, e in qualche modo gorgoglia e bolle tra i piaceri. Se in realtà è così, che gorgoglia tra i piaceri, che bolle tra i piaceri, non si tratta che dei vermi della sua anima morta. Insomma ogni uomo prudente che osserva tali uomini spergiuri in preda alla lussuria, grazie al sano olfatto del cuore, si allontana, non vuole vedere, non vuole udire. Da che viene che una persona di tale integrità si discosti se non dal fatto che l'anima morta è fetente?
Perché si dice che prima di tutto va evitato il giuramento.
8. 9. Pertanto, ascoltate ancora per un poco, fratelli miei, concluderò il discorso fissando nei vostri cuori una preoccupazione salutare: Soprattutto non giurate 14. Perché: soprattutto? Se è un'azione cattiva assai giurare il falso, non comporta invece colpa alcuna giurare il vero; per quale ragione: Soprattutto non giurate? Dovette dire evidentemente: Soprattutto non giurate il falso. Soprattutto - dice - non giurate. Allora giurare è peccato più grave del furto? Giurare è peccato più grave dell'adulterio? Non dico del giurare il falso; dico del giurare: giurare è male peggiore dell'omicidio? No davvero! E' peccato l'omicidio, l'adulterio, il furto; giurare non è peccato, ma è peccato giurare il falso. Perché allora: Soprattutto? Ciò che ha affermato con questa parola soprattutto ci ha resi guardinghi contro la nostra lingua. Ha detto: Soprattutto perché prima di ogni altra cosa siate attenti, siate vigilanti in modo che non subentri in voi l'abitudine di giurare. Ti ha posto davanti a te stesso come davanti ad uno specchio: Soprattutto, ti ha posto al di sopra di ogni altra cosa perché tu possa guardarti. Tiene conto che tu giuri infatti: Per Dio, per Cristo, io l'uccido; e questo quante volte in un giorno, quante volte in un'ora? Non apri bocca che per giuramenti di tal fatta. Non vorresti ti dicesse: Soprattutto, che ti facessi attentissimo contro l'abitudine, perché scrutassi tutte le tue cose, perché controllassi con il massimo impegno ogni moto della tua lingua, perché fossi il custode della tua consuetudine cattiva per dominarla? Ascolta: Soprattutto. Dormivi, io pungo: Soprattutto, faccio sentire le spine. Che è: Soprattutto? Prima di ogni altra cosa, vigila, sii attento prima di ogni altra cosa.
Ag. esposto a volte all'abitudine di giurare. A che condizione va usato il giuramento.
9. 10. Anche noi abbiamo giurato frequentemente, anche noi abbiamo avuto tale abitudine estremamente ripugnante e mortale. Lo dico alla Carità vostra: da quando abbiamo intrapreso a servire Dio e abbiamo constatato quanto sia il male che comporta il giuramento falso, abbiamo temuto fortemente e con il timore abbiamo posto freno ad una consuetudine radicatissima. Una volta frenata, si riduce; ridotta, comincia a perdere vigore; svigorita, inaridisce ed alla cattiva abitudine segue quella buona. Infine non vi diciamo che da parte nostra non giuriamo. Poiché, se lo diciamo, è un mentire. Per quanto mi riguarda, io giuro; ma, per quel che mi risulta, costretto da grande necessità. Quando mi accorgo che non mi si crede, a meno che io non giuri, e che a colui che non mi crede non giova il fatto di non fidarsi, ponderata la ragione ed esaminata con precauzione, con grande timore io dico: Davanti a Dio, o: Dio è testimone, o: Sa Cristo che questo è il mio pensiero. E mi rendo conto che è " il di più ", vale a dire che è di più di: Sì, sì; no, no; ma qualcosa che è di più viene dal male; e se non dal male di chi giura, viene dal male di chi non crede. Da ultimo non afferma: Se dice di più è cattivo; né: Sia il vostri parlare: Sì, Sì; No, No; se qualcuno dice di più è cattivo; ma: Sia il vostro parlare: Sì, sì; no, no; se qualcosa è di più, viene dal male 15. Ma, domanda di chi è il male. Tuttavia, però, ha dell'altro la pessima abitudine dell'uomo. Anche quando ti si crede, tu giuri; anche quando nessuno lo pretende, tu giuri; anche se gli uomini ne hanno orrore, tu giuri; tu non cessi dal giurare: difficilmente sei libero dal non giurare il falso. Salvo che crediate, fratelli, che se l'apostolo Paolo avesse saputo che i Galati gli credevano, avrebbe aggiunto un giuramento, dicendo: Quanto a ciò che vi scrivo, attesto davanti a Dio che non mentisco 16. Là notava coloro che prestavano fede; notava anche altri che non credevano. Perciò non dire: Io non giuro nel caso si esiga. Viene dal male infatti ciò che fai, ma di colui che te lo esige. Effettivamente tu non hai altro modo di giustificarti, non trovi in che maniera concludere l'affare che urge. Ma esigere un giuramento è diverso dal proporlo; e, nel caso venga offerto, una cosa è proporlo ad uno che non lo ritiene per vero, altra affacciarne l'intenzione ad uno che si fida.
In che modo può peccare chi pretende da un altro un giuramento.
10. 11. Frena perciò la lingua e l'abitudine per quanto puoi; non come certuni, quando si dice loro: Dici il vero? Non credo. Non l'hai fatto? Non credo; Dio sia a giudicare, giuramelo. E ci corre una grande differenza se proprio chi ha preteso il giuramento non sa che quello giurerà il falso o ne è consapevole. Poiché, se non lo sa, è perciò che dice: Giurami! per potergli dare fiducia; non mi azzardo ad escludere in questo il peccato, è pur sempre una tentazione umana. Se invece è cosciente che quello ha commesso, conosce che ha commesso, ha veduto che ha commesso e costringe a giurare, è omicida. Quello fa senza dubbio perire se stesso con il suo giuramento falso, ma costui ha sporto la mano del suicida e vi ha fatto pressione. Quando poi un ladro criminale sente da uno che non conosce la verità: Giura che non hai rubato, giura che non l'hai fatto; allora quello: Ad un Cristiano non è lecito giurare; quando da lui si vuole il giuramento, non è lecito giurare; sono cristiano, non mi è lecito. Osserva quel tale, disinteressandoti di lui, mostra di essere intento all'affare di cui parlavi, tira in campo altre storie e scoprirai che lui giura mille volte e non ha voluto giurare una volta sola. Pertanto questa consuetudine di giurare quotidiana, frequente, senza motivo, senza che alcuno costringa, senza che alcuno dubiti delle tue parole, allontanatela da voi, amputatela dalla vostra lingua, circoncidetela dalla vostra bocca.
Si deve opporre premurosa resistenza all'abitudine di giurare.
11. 12. Ma è già una consuetudine, suol dirsi. Non dico quanto suol dirsi, ma: Soprattutto. Che vuol dire: Soprattutto? Più che il resto, sii cauto, sii più attento a questo che ad altro. Una più radicata consuetudine reclama una più impegnata attenzione che non verso una cosa banale. Se facessi qualcosa a mano, assai facilmente obbligheresti la tua mano a non farlo; se si dovesse andare a piedi in qualche luogo e la pigrizia ti facesse ritardare, ti solleciteresti a muoverti e ad andare. La lingua ha facilità di movimento, è posta in luogo umido, facilmente scivola sul viscido. Quanto più rapido e facile il suo movimento, altrettanto devi essere costante nell'opporti ad essa. La domerai se sarai vigilante; starai all'erta se avrai timore; temerai se ti ricorderai di essere cristiano. Infatti il giuramento comporta tanto male, che quanti adorano idoli di pietra hanno timore di giurare il falso per delle pietre; tu non temi Dio presente, Dio vivo, Dio che sa tutto, Dio che vive, Dio che si vendicherà di chi lo disprezza? Quello chiude il tempio che contiene un idolo di pietra, e va a casa sua; egli di sua mano ha rinchiuso il suo dio, eppure, quando gli si dice: Giura per Giove, teme gli occhi del dio come fosse presente.
E' falso giurare per gli idoli, costituisce uno spergiuro.
12. 13. Ed ecco, io dico alla Carità vostra: Anche chi giura il falso per delle pietre è spergiuro. In forza di che lo dico? Perché molti anche in questo sono tratti in inganno e ritengono - per il fatto che è una nullità ciò per cui giurano - di non essere rei di spergiuro. Sei davvero spergiuro perché giuri il falso per quel che ritieni sacro. Ma io nondimeno non lo ritengo sacro. Lo considera sacro la persona a cui giuri. In realtà quando giuri, non giuri per te o per una pietra; ma giuri per il tuo prossimo. Tu giuri ad un uomo davanti ad una pietra: non forse, però, alla presenza di Dio? La pietra non ti ode parlare: ma Dio punisce te che inganni.
Come si sradica l'abitudine di giurare.
12. 14. Soprattutto, quindi, fratelli miei, vi scongiuro, perché non senza motivo Dio mi ha spinto a parlarvi di queste cose. Ripeto infatti alla sua presenza ciò che ho detto; ho evitato spesso di affrontare tale questione: ho temuto che attraverso l'esortazione e l'imposizione avrei reso ancora più colpevoli coloro che non avessero dato ascolto. Oggi invece ho avuto più timore di rifiutarmi di parlare che dell'essermi imposto di parlare. Quasi che in realtà sia piccolo frutto di questa mia fatica se tutti quelli che mi hanno acclamato gridino pure contro se stessi, per non giurare il falso contro se stessi; se i tanti uomini che mi hanno ascoltato con la massima attenzione siano vigilanti contro la loro consuetudine, ed oggi, quando faranno ritorno alle loro case, per errore nel parlare, ricadendo nella loro abitudine, se lo ricordino. Ciascuno lo ricordi al suo prossimo: Questo è quello che abbiamo ascoltato oggi, questo è ciò a cui siamo obbligati. Non avvenga oggi, almeno perché il discorso è recente: Parlo per esperienza; non avvenga oggi, domani sarà più debole l'abitudine. Se anche domani non si farà, fatica di meno chi si è impegnato; è infatti aiutato dall'abitudine del giorno precedente. Il terzo giorno muore la peste per cui siamo affaticati; e godremo del vostro frutto, perché sarete ricolmi di un gran bene se non sarà presente in voi un male così grande. Rivolti al Signore...
1 - Gc 5, 12.
2 - Mt 5, 33-37.
3 - Sal 109, 4.
4 - Gn 22, 16.
5 - Nm 14, 28.
6 - Cf. Sap 9, 15.
7 - Cf. Es 20, 7.
8 - Lv 19, 12.
9 - 1 Cor 15, 31.
10 - 2 Cor 1, 23.
11 - Gal 1, 20.
12 - Is 42, 14.
13 - Sap 1, 11.
14 - Gc 5, 12.
15 - Mt 5, 37.
16 - Gal 1, 20.
La lettera da Roma del 1884
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaIn questa lettera, molto nota nell'ambiente salesiano, Don Bosco racconta un suo sogno in due puntate, fatto in due notti consecutive. L'argomento è l'Oratorio di Valdocco popolato di ragazzi e il suo clima educativo: anzitutto il clima felice dei primissimi tempi dell'Oratorio, poi quello così cambiato del 1884. Data l'importanza pedagogica del sogno, ne pubblichiamo il testo integrale. Le poche omissioni sono segnate da puntini tra parentesi quadre. I sottotitoli sono nostri.
Roma, 10 maggio 1884
Miei carissimi figliuoli in G.C.,
vicino o lontano io penso sempre a voi. Uno solo è il mio desiderio, quello di vedervi felici nel tempo e nell'eternità. Questo pensiero, questo desiderio mi risolsero a scrivervi questa lettera. Sento, o cari miei, il peso della mia lontananza da voi, e il non vedervi e il non sentirvi mi cagiona pena, quale voi non potete immaginare. Perciò io avrei desiderato scrivere queste righe una settimana fa, ma le continue occupazioni me lo impedirono. Tuttavia benché pochi giorni manchino al mio ritorno, voglio anticipare la mia venuta tra voi almeno per lettera, non potendolo di persona. Sono le parole di chi vi ama teneramente in G.C. e ha il dovere di parlarvi con la libertà di un padre. E voi me lo permettete, non è vero? E mi presterete attenzione e metterete in pratica ciò che sto per dirvi.
L'Oratorio prima del 1870
Ho affermato che voi siete l'unico e il continuo pensiero della mia mente. Or dunque in una delle sere scorse io mi ero ritirato in camera, e mentre mi disponevo per andare a riposo, avevo cominciato a recitare le preghiere che mi insegnò la mia buona mamma. In quel momento, non so bene se preso dal sonno o tratto fuori di me da una distrazione, mi parve che mi si presentassero innanzi due degli antichi giovani dell'Oratorio. Uno di questi due mi si avvicinò e, salutandomi affettuosamente, mi disse:
- O Don Bosco, mi conosce?
- Sì che ti conosco - risposi.
- E si ricorda ancora di me? - soggiunse quell'uomo.
- Di te e di tutti gli altri. Tu sei Valfré ed eri nell'Oratorio prima del 1870.
- Dica - continuò quell'uomo -, vuol vedere i giovani che erano all'Oratorio ai miei tempi?
- Sì, fammeli vedere - io risposi -; ciò mi cagionerà molto piacere.
Allora Valfré mi mostrò i giovani, tutti con le stesse sembianze e con la statura e nell'età di quel tempo.
Mi pareva di essere nell'antico Oratorio nell'ora della ricreazione. Era una scena tutta vita, tutto moto, tutta allegria. Chi correva, chi saltava, chi faceva giocare. Qui si gioca alla rana, là a barrarotta e al pallone. In un luogo era radunato un crocchio di giovani che pendeva dal labbro di un prete, il quale narrava una storiella. In un altro luogo un chierico, che in mezzo ad altri giovanetti giocava all'asino vola e ai mestieri. Si cantava, si rideva da tutte le parti e dovunque chierici e preti, e intorno ad essi i giovani che schiamazzavano allegramente. Si vedeva che tra i giovani e i superiori regnava la più grande cordialità e confidenza. lo ero incantato a quello spettacolo e Valfré mi disse:
- Veda, la familiarità porta affetto e l'affetto porta confidenza. È ciò che apre i cuori, e i giovani palesano tutto senza timore ai maestri, agli assistenti e ai superiori. Diventano schietti in confessione e fuori di confessione e si prestano docili a tutto ciò che vuoI comandare colui dal quale sono certi di essere amati.
L'Oratorio nel 1884
In quell'istante mi si avvicinò l'altro mio antico allievo, che aveva
la barba tutta bianca, e mi disse:
- Don Bosco, adesso vuoI conoscere e vedere i giovani che attualmente sono nell'Oratorio?
Costui era Buzzetti Giuseppe.
- Sì - risposi io -, perché è già un mese che non li vedo.
E me li additò: vidi l'Oratorio e tutti voi che facevate ricreazione. Ma non udivo più grida di gioia e cantici, non vedevo più quel moto, quella vita come nella prima scena. Negli atti e nel viso di molti giovani si leggeva una noia, una spossatezza, una musoneria, una diffidenza che faceva pena al mio cuore. [...]
- Ha visto i suoi giovani? - mi disse quell'antico allievo. - Li vedo - risposi sospirando.
- Quanto sono differenti da quello che eravamo noi una volta! - esclamò quell'antico allievo.
- Purtroppo! Quanta svogliatezza in quella ricreazione! [...]
Ci manca il meglio
- Ma come si possono rianimare questi miei cari giovani, affinché riprendano l'antica vivacità, allegrezza ed espansione? - Con la carità.
- Con la carità? Ma i miei giovani non sono amati abbastanza? Tu lo sai se io li amo. Tu sai quanto per essi ho sofferto e tollerato nel corso di ben 40 anni, e quanto tollero e soffro ancora adesso. Quanti stenti, quante umiliazioni, quante opposizioni, quante persecuzioni per dare a essi pane, casa, maestri e specialmente per procurare la salute alle loro anime. Ho fatto quanto ho potuto e saputo per coloro che formano l'affetto di tutta la mia vita. - Non parlo di lei.
- Di chi dunque? Di coloro che fanno le mie veci? Dei direttori, prefetti, maestri, assistenti? Non vedi come sono martiri dello studio e del lavoro? Come consumano i loro anni giovanili per coloro che ad essi affidò la Divina Provvidenza ?
- Vedo, conosco; ma ciò non basta: ci manca il meglio. - Che cosa manca adunque?
- Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati.
- Ma non hanno gli occhi in fronte? Non hanno il lume dell'intelligenza? Non vedono che quanto si fa per essi è tutto per loro amore?
- No, lo ripeto, ciò non basta.
- Che cosa ci vuole adunque?
- Che essendo amati in quelle cose che loro piacciono col partecipare alle loro inclinazioni infantili, imparino a vedere l'amore in quelle cose che naturalmente loro piacciono poco, quali sono la disciplina, lo studio, la mortificazione di se stessi; e queste cose imparino a fare con slancio e amore.
Il Salesiano « anima della ricreazione»
- Spiegati meglio!
- Osservi i giovani in ricreazione.
Osservai e quindi replicai:
- E che cosa c'è di speciale da vedere?
- Sono tanti anni che va educando giovani e non capisce? Guardi meglio. Dove sono i nostri Salesiani?
Osservai e vidi che ben pochi preti e chierici si mescolavano tra i giovani, e ancor più pochi prendevano parte ai loro divertimenti. I superiori non erano più l'anima della ricreazione. La maggior parte di essi passeggiavano parlando tra loro, senza badare che cosa facessero gli allievi; altri guardavano la ricreazione non dandosi nessun pensiero dei giovani; altri sorvegliavano così alla lontana senza avvertire chi commettesse qualche mancanza; qualcuno poi avvertiva, ma in atto minaccioso, e ciò raramente. Vi era qualche Salesiano che avrebbe desiderato di intromettersi in qualche gruppo di giovani, ma vidi che questi giovani cercavano studiosamente di allontanarsi dai maestri e dai superiori. Allora quell'amico ripigliò: .
- Negli antichi tempi dell'Oratorio lei non stava sempre in mezzo ai giovani e specialmente in tempo di ricreazione? Si ricorda quei begli anni? Era un tripudio di paradiso, un'epoca che ricordiamo sempre con amore, perché l'affetto era quello che ci serviva di regola, e noi per lei non avevamo segreti.
- Certamente! E allora tutto era gioia per me, e nei giovani uno slancio per avvicinarsi a me, per volermi parlare, e una viva ansia di udire i miei consigli e di metterli in pratica. Ora però vedi come le udienze continue e gli affari moltiplicati e la mia sanità me lo impediscono.
- Va bene. Ma se lei non può, perché i Salesiani non si fanno suoi imitatori? Perché non insiste, non esige che trattino i giovani come li trattava lei?
- lo parlo, mi spolmono, ma purtroppo molti non si sentono più di fare le fatiche di una volta.
- E quindi trascurando il meno, perdono il più; e questo più sono le loro fatiche. Amino ciò che piace ai giovani e i giovani ameranno ciò che piace ai superiori. E a questo modo sarà facile la loro fatica. La causa del presente cambiamento nell'Oratorio è che un numero di giovani non ha confidenza nei superiori. Anticamente i cuori erano tutti aperti ai superiori, che i giovani amavano e obbedivano prontamente. Ma ora i superiori sono considerati come superiori, e non più come padri, fratelli e amici; quindi sono temuti e poco amati; perciò se si vuol fare un cuor solo e un'anima sola, per amore di Gesù bisogna che si rompa quella fatale barriera della diffidenza e sottentri a questa la confidenza cordiale. Quindi l'obbedienza guidi l'allievo come la madre guida il fanciullino; allora regnerà nell'Oratorio la pace e l'allegrezza antica.
- Come dunque fare per rompere questa barriera?
- Familiarità con i giovani specie in ricreazione. Senza familiarità non si dimostra l'affetto, e senza questa dimostrazione non vi può essere confidenza. Chi vuole essere amato bisogna che faccia vedere che ama. Gesù Cristo si fece piccolo con i piccoli e portò la nostra infermità. Ecco il Maestro della familiarità. Il maestro visto solo in cattedra è maestro e non più, ma se va in ricreazione con i giovani, diventa come fratello.
Se uno è visto solo predicare dal pulpito, si dirà che fa né più né meno che il proprio dovere; ma se dice una parola in ricreazione, è la parola di uno che ama. Quante conversioni non cagionarono alcune sue parole fatte risonare all'improvviso all'orecchio di un giovane nel mentre che si divertiva!
Amorevolezza e sorveglianza
Chi sa di essere amato, ama; e chi è amato ottiene tutto, specialmente dai giovani. Questa confidenza mette una corrente elettrica tra i giovani e i superiori. I cuori si aprono e fanno conoscere i
loro bisogni e palesano i loro difetti. Questo amore fa sopportare ai superiori le fatiche, le noie, le ingratitudini, i disturbi, le mancanze, le negligenze dei giovanetti. Gesù Cristo non spezzò la canna già fessa né spense il lucignolo che fumigava. Ecco il vostro modello. Allora non si vedrà più chi lavorerà per fini di vanagloria; chi si ritirerà dal campo della sorveglianza per gelosia di una temuta preponderanza altrui; chi mormorerà degli altri volendo essere amato e stimato dai giovani, esclusi tutti gli altri superiori, guadagnando null'altro che disprezzo e ipocrite moine; chi si lasci rubare il cuore da una creatura, e per fare la corte a questa trascuri tutti gli altri giovanetti; chi per amore dei propri comodi tenga in non cale il dovere strettissimo della sorveglianza; chi per un vano rispetto umano si astenga dall'ammonire chi deve essere ammonito. Se ci sarà questo vero amore, non si cercherà altro che la gloria di Dio e la salute delle anime. Quando illanguidisce questo amore, allora è che le cose non vanno più bene.
Perché si vuole sostituire alla carità la freddezza di un regolamento? Perché i superiori si allontanano dall'osservanza di quelle regole di educazione che Don Bosco ha loro dettate?
Perché al sistema di prevenire con la vigilanza e l'amorevolezza i disordini, si va sostituendo a poco a poco il sistema, meno pesante e più spiccio per chi comanda, di bandir leggi che se si sostengono con i castighi, accendono odii e fruttano dispiaceri; se si trascura di farle osservare, fruttano disprezzo per i superiori a causa di disordini gravissimi?
L'educatore sia tutto a tutti
E ciò accade necessariamente se manca la familiarità. Se adunque si vuole che l'Oratorio ritorni all'antica felicità, si rimetta in vigore l'antico sistema: il superiore sia tutto a tutti, pronto ad ascoltare sempre ogni dubbio o lamentanza dei giovani, tutto occhio per sorvegliare paternamente la loro condotta, tutto cuore per cercare il bene spirituale e temporale di coloro che la Provvidenza gli ha affidato.
Allora i cuori non saranno più chiusi e non regneranno più certi segretumi che uccidono. Solo in caso di immoralità i superiori siano inesorabili. È meglio correre pericolo di scacciare dalla casa un innocente, che ritenere uno scandaloso. Gli assistenti si facciano uno strettissimo dovere di coscienza di riferire ai superiori tutte quelle cose che conoscano essere in qualunque modo offesa di Dio.
Allora io interrogai:
- E qual è il mezzo precipuo perché trionfi simile familiarità e simile amore e confidenza?
- L'osservanza esatta delle regole della casa.
- E null'altro?
- Il piatto migliore in un pranzo è quello della buona cera.
[Il dispiacere di quanto va considerando procura a Don Bosco tanta oppressione che si sveglia tutto spossato. Ma la sera seguente, appena a letto, il sogno interrotto riprende].
Avevo dinanzi il cortile, i giovani che ora sono all'Oratorio, e lo stesso antico allievo dell'Oratorio. lo presi a interrogarlo.
- Ciò che mi dicesti io lo farò sapere ai miei Salesiani; ma ai giovani dell'Oratorio che cosa debbo dire?
Mi rispose:
- Che essi riconoscano quanto i superiori, i maestri, gli assistenti fatichino e studino per loro amore, poiché se non fosse per loro bene non si assoggetterebbero a tanti sacrifici; che si ricordino essere l'umiltà la fonte di ogni tranquillità; che sappiano sopportare i difetti degli altri, poiché al mondo non si trova la perfezione, ma questa è solo in paradiso; che cessino dalle mormorazioni, poiché queste raffreddano i cuori; e soprattutto procurino di vivere nella santa grazia di Dio. Chi non ha pace con Dio, non ha pace con sé, e non ha pace con gli altri.
- E tu mi dici adunque che vi sono fra i miei giovani di quelli che non hanno la pace con Dio?
- Questa è la prima causa del malumore; [...] se il cuore non ha la pace con Dio, rimane angosciato, inquieto, insofferente di obbedienza, si irrita per nulla, gli sembra che ogni cosa vada male, e perché esso non ha amore, giudica che i superiori non lo amino.
- Eppure, mio caro, non vedi quanta frequenza di Confessioni e di Comunioni vi è nell'Oratorio?
- È vero che grande è la frequenza delle Confessioni, ma ciò che manca radicalmente in tanti giovani che si confessano è la stabilità nei proponimenti. Si confessano, ma sempre le stesse mancanze, le stesse occasioni prossime, le stesse abitudini cattive, le stesse disobbedienze, le stesse trascuranze nei doveri. Così si va avanti per mesi e mesi, e anche per anni. [...]
Sono confessioni che valgono poco o nulla, quindi non recano pace, e se un giovi netto fosse chiamato in quello stato al tribunale di Dio, sarebbe un affare ben serio.[... ]
[Qui Don Bosco dice di aver visto di alcuni cose che lo hanno amareggiato, e si propone di avvisarli al suo ritorno da Roma. Intanto esorta tutti alla santità].
Qui vi dirò che è tempo di pregare e di prendere ferme risoluzioni; proporre non con le parole ma con i fatti, e far credere che i Comollo, i Domenico Savio, i Besucco e i Siccardi vivono ancora tra noi.
In ultimo domandai a quel mio amico: - Hai null'altro da dirmi?
- Predichi a tutti, grandi e piccoli, che si ricordino sempre di Maria SS. Ausiliatrice. Che Essa li ha qui radunati per condurli via dai pericoli del mondo, perché si amassero come fratelli, e perché dessero gloria a Dio e a Lei con la loro buona condotta; che è la Madonna quella che provvede loro pane e mezzi per studiare con infinite grazie e portenti. Si ricordino che sono alla vigilia della festa della loro SS. Madre e che con l'aiuto suo deve cadere quella barriera di diffidenza che il demonio ha saputo innalzare tra i giovani e i superiori, e della quale sa giovarsi per la rovina di certe anime.
- E ci riusciremo a togliere questa barriera?
- Sì certamente, purché grandi e piccoli siano pronti a soffrire qualche mortificazione per amore di Maria e mettano in pratica ciò che io ho detto.
Intanto io continuavo a guardare i miei giovanetti, e allo spettacolo di quelli che io vedevo avviati verso l'eterna perdizione, sentii tale stretta al cuore che mi svegliai. Molte cose importantissime che io vidi desidererei ancora narrarvi, ma il tempo e le convenienze non me lo permettono.
Ritornino i giorni dell'affetto e della confidenza
Concludo: sapete che cosa desidera da voi questo povero vecchio, che per i suoi cari giovani ha consumato tutta la vita? Niente altro fuorché, fatte le debite proporzioni, ritornino i giorni felici dell'Oratorio primitivo. I giorni dell'affetto e della confidenza cristiana tra i giovani e i superiori; i giorni dello spirito di condiscendenza e di sopportazione, per amore di G. Cr. degli uni verso gli altri; i giorni dei cuori aperti con tutta semplicità e candore; i giorni della carità e della vera allegrezza per tutti. Ho bisogno che mi consoliate dandomi la speranza e la promessa che voi farete tutto ciò che desidero per il bene delle anime vostre.
Voi non conoscete abbastanza quale fortuna sia la vostra di essere stati ricoverati nell'Oratorio. Innanzi a Dio vi protesto: basta che un giovane entri in una casa salesiana, perché la Vergine SS. lo prenda subito sotto la sua protezione speciale. Mettiamoci adunque tutti d'accordo. La carità di quelli che comandano, la carità di quelli che debbono ubbidire faccia regnare tra di noi lo spirito di San Francesco di Sales.
O miei cari figliuoli, si avvicina il tempo nel quale dovrò staccarmi da voi e partire per la mia eternità. [Nota del segretario: A questo punto Don Bosco sospese di dettare, i suoi occhi si riempirono di lacrime, non per rincrescimento ma per ineffabile tenerezza che trapelava dal suo sguardo e dal suono della sua voce: dopo qualche istante continuò]. Quindi io bramo di lasciare voi, o preti, o chierici, o giovani carissimi, per quella via del Signore nella quale Egli stesso vi desidera.
A questo fine il Santo Padre, che io ho visto il9 maggio, vi manda di tutto cuore la sua benedizione. Il giorno della festa di Maria Ausiliatrice mi troverò con voi innanzi all'effigie della nostra amorosissima Madre.
Voglio che questa gran festa si celebri con ogni solennità; e Don Lazzero e Don Marchisio pensino a far sì che stiate allegri anche in refettorio. La festa di Maria Ausiliatrice deve essere il preludio della festa eterna che dobbiamo celebrare tutti insieme uniti un giorno in Paradiso.
Vostro aff.mo in G.C.
Sac. Giov. Bosco
« Questo scritto è un tesoro, che con il trattatello sul sistema preventivo e con il Regolamento delle case forma la trilogia pedagogica lasciata da Don Bosco ai suoi figli. Pedagogia umile e alta che, dove sia bene intesa e bene attuata, può fare degli istituti di educazione soggiorni di letizia, asili d'innocenza, focolai di virtù, palestre di studio, vivai insomma di ottimi cristiani, di bravi cittadini e di degni ecclesiastici. Ma è d'uopo di buona volontà e di sacrificio» (Eugenio Ceria ).
Brasilia (Brasile), 8 settembre 1981. Natività della Beata Vergine Maria. Dalla potenza dei piccoli.
Don Stefano Gobbi
«Guardate oggi alla vostra Mamma Bambina. Imparate ad essere piccoli. Se non vi convertite e diventate come bambini, non potete comprendere il mio disegno. La sua forza si trova nella debolezza e la sua attuazione prosegue, ogni giorno, nel silenzio e nel nascondimento. Con la forza dello Spirito Santo, che tutto brucia e rinnova, il Regno di Dio verrà a voi attraverso la via della piccolezza e dell'umiltà.
Se il vostro cuore è candido, si può aprire allo Spirito Santo, che viene a testimoniare nella gloria il trionfo di mio Figlio Gesù. Se la vostra mente è docile, allora potete comprendere e assecondare questo invito. Dalla potenza dei piccoli sarà sconfitto il mio orgoglioso Avversario; sarà rinnovato tutto il mondo. Per questo oggi raccoglietevi tutti attorno alla culla della vostra Mamma Bambina e con Me ripetete al Signore: "Perché piccola sono piaciuta all'Altissimo. Dio ha guardato alla piccolezza della sua serva e cosi ha operato in Me cose grandi Lui che è il Potente, e Santo è il suo nome"».