Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Chi è sempre occupato e svolge bene il suo lavoro, sbarra le proprie porte al demonio e scaccia le tentazio­ni. (Massime di perfezione cristiana)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 12° settimana del tempo ordinario (Natività di San Giovanni Battista)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 1

1Inizio del vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio.2Come è scritto nel profeta Isaia:

'Ecco, io mando il mio messaggero davanti a te,
egli ti preparerà la strada.'
3'Voce di uno che grida nel deserto:
preparate la strada del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri',

4si presentò Giovanni a battezzare nel deserto, predicando un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.5Accorreva a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.6Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, si cibava di locuste e miele selvatico7e predicava: "Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale io non son degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali.8Io vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con lo Spirito Santo".

9In quei giorni Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni.10E, uscendo dall'acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba.11E si sentì una voce dal cielo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto".

12Subito dopo lo Spirito lo sospinse nel deserto13e vi rimase quaranta giorni, tentato da satana; stava con le fiere e gli angeli lo servivano.

14Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù si recò nella Galilea predicando il vangelo di Dio e diceva:15"Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo".

16Passando lungo il mare della Galilea, vide Simone e Andrea, fratello di Simone, mentre gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori.17Gesù disse loro: "Seguitemi, vi farò diventare pescatori di uomini".18E subito, lasciate le reti, lo seguirono.19Andando un poco oltre, vide sulla barca anche Giacomo di Zebedèo e Giovanni suo fratello mentre riassettavano le reti.20Li chiamò. Ed essi, lasciato il loro padre Zebedèo sulla barca con i garzoni, lo seguirono.

21Andarono a Cafàrnao e, entrato proprio di sabato nella sinagoga, Gesù si mise ad insegnare.22Ed erano stupiti del suo insegnamento, perché insegnava loro come uno che ha autorità e non come gli scribi.23Allora un uomo che era nella sinagoga, posseduto da uno spirito immondo, si mise a gridare:24"Che c'entri con noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so chi tu sei: il santo di Dio".25E Gesù lo sgridò: "Taci! Esci da quell'uomo".26E lo spirito immondo, straziandolo e gridando forte, uscì da lui.27Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: "Che è mai questo? Una dottrina nuova insegnata con autorità. Comanda persino agli spiriti immondi e gli obbediscono!".28La sua fama si diffuse subito dovunque nei dintorni della Galilea.

29E, usciti dalla sinagoga, si recarono subito in casa di Simone e di Andrea, in compagnia di Giacomo e di Giovanni.30La suocera di Simone era a letto con la febbre e subito gli parlarono di lei.31Egli, accostatosi, la sollevò prendendola per mano; la febbre la lasciò ed essa si mise a servirli.

32Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati.33Tutta la città era riunita davanti alla porta.34Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demòni; ma non permetteva ai demòni di parlare, perché lo conoscevano.

35Al mattino si alzò quando ancora era buio e, uscito di casa, si ritirò in un luogo deserto e là pregava.36Ma Simone e quelli che erano con lui si misero sulle sue tracce37e, trovatolo, gli dissero: "Tutti ti cercano!".38Egli disse loro: "Andiamocene altrove per i villaggi vicini, perché io predichi anche là; per questo infatti sono venuto!".39E andò per tutta la Galilea, predicando nelle loro sinagoghe e scacciando i demòni.

40Allora venne a lui un lebbroso: lo supplicava in ginocchio e gli diceva: "Se vuoi, puoi guarirmi!".41Mosso a compassione, stese la mano, lo toccò e gli disse: "Lo voglio, guarisci!".42Subito la lebbra scomparve ed egli guarì.43E, ammonendolo severamente, lo rimandò e gli disse:44"Guarda di non dir niente a nessuno, ma va', presentati al sacerdote, e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha ordinato, a testimonianza per loro".45Ma quegli, allontanatosi, cominciò a proclamare e a divulgare il fatto, al punto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti, e venivano a lui da ogni parte.


Secondo libro dei Maccabei 14

1Dopo un periodo di tre anni, venne all'orecchio degli uomini di Giuda che Demetrio, figlio di Selèuco, era sbarcato nel porto di Tripoli con un grande esercito e la flotta2e si era impadronito del paese, eliminando Antioco e il suo tutore Lisia.3Un certo Àlcimo, che era stato prima sommo sacerdote, ma che si era volontariamente contaminato nei giorni della secessione, accorgendosi che per nessun verso si apriva a lui una via di salvezza né ulteriore accesso al sacro altare,4andò dal re Demetrio verso l'anno centocinquantuno offrendogli una corona d'oro e una palma oltre ai tradizionali ramoscelli di ulivo del tempio e per quel giorno stette quieto.5Ma colse l'occasione favorevole alla sua follia, quando fu chiamato da Demetrio al consiglio e fu interrogato in quale disposizione e mentalità si tenessero i Giudei. A questa richiesta rispose:6"I Giudei che si dicono Asidèi, a capo dei quali sta Giuda il Maccabeo, alimentano guerre e ribellioni e non lasciano che il regno trovi la tranquillità.7Per questo anch'io, privato della dignità ereditaria, intendo dire del sommo sacerdozio, sono venuto qui,8spinto anzitutto da schietta premura per gli interessi del re e dalla preoccupazione della sconsideratezza delle suddette persone, in secondo luogo mirando ai miei concittadini, perché, a causa del disordine della situazione descritta, tutto il nostro popolo viene non poco impoverito.9Ora che sai queste cose in particolare, tu, re, provvedi al paese e alla nostra stirpe che va decadendo, con quella cortese benevolenza che hai con tutti.10Fin quando Giuda è là, la situazione non può mettersi tranquilla".11Dopo queste sue parole, gli altri amici, irritati per i successi di Giuda, si affrettarono a infiammare Demetrio.12Questi, designato subito Nicànore, già a capo degli elefanti, e nominatolo stratega della Giudea, lo inviò13con l'ordine di eliminare prima Giuda, di disperdere i suoi uomini e di costituire Àlcimo sommo sacerdote del tempio massimo.14Allora i pagani della Giudea, che erano fuggiti davanti a Giuda, si univano in massa a Nicànore sapendo che le sfortune e le calamità dei Giudei sarebbero state apportatrici di fortuna per loro.
15Quando seppero della venuta di Nicànore e dell'aggressione dei pagani, i Giudei cosparsi di polvere, elevarono suppliche a colui che ha stabilito il suo popolo per i secoli e che con segni palesi sempre protegge la sua porzione.16Poi il comandante, dati gli ordini, mosse rapidamente di là e si scontrò con loro presso il villaggio di Dessau.17Simone, fratello di Giuda, aveva già attaccato Nicànore, ma era rimasto battuto per l'improvvisa comparsa dei nemici.18Tuttavia Nicànore, sentendo parlare del valore che avevano gli uomini di Giuda e del loro entusiasmo nelle lotte per la patria, non si arrischiava a decidere la sorte con spargimento di sangue.19Per questo mandò Posidonio e Teòdoto e Mattatia a dare e ricevere la destra per la pace.20Fu fatto un lungo esame intorno a queste cose e, quando il comandante ne diede comunicazione alle truppe, il parere risultò concorde e accettarono gli accordi.21Fissarono il giorno nel quale sarebbero venuti a un incontro privato. Dall'una e dall'altra parte avanzò una lettiga e collocarono dei seggi.22Giuda tuttavia dispose degli uomini armati nei luoghi opportuni per paura che si verificasse d'improvviso qualche tradimento da parte dei nemici: così in buon accordo tennero il convegno.23Nicànore si trattenne in Gerusalemme e non fece alcun gesto fuori luogo; anzi licenziò le turbe raccogliticce che gli si erano unite.24Voleva Giuda sempre alla sua presenza, sentiva un'intima inclinazione per quel prode.25L'esortò a sposarsi e ad avere figli; e quegli si sposò, poté mettersi a posto e godere giorni sereni.
26Ma Àlcimo, vedendo la loro reciproca simpatia e procuratosi copia degli accordi intercorsi, andò da Demetrio e gli disse che Nicànore seguiva una linea contraria agli interessi dello stato: aveva infatti nominato suo successore Giuda, il sobillatore del regno.27Il re, acceso di sdegno e irritato per le calunnie di quel genio malefico, scrisse a Nicànore, dichiarandogli di essere scontento delle alleanze concluse e ordinandogli che gli mandasse subito ad Antiochia il Maccabeo in catene.28Nicànore, sorpreso da questi ordini, rimase sconcertato e aveva ripugnanza a rompere le alleanze senza che l'uomo avesse commesso alcuna colpa.29Ma, poiché non gli era possibile agire contro la volontà del re, cercava l'occasione per effettuare la cosa con qualche stratagemma.30Il Maccabeo, notando che Nicànore era più freddo nei rapporti con lui e che nei consueti incontri si comportava con durezza, arguendo che questa freddezza non presagiva niente di buono, raccolti non pochi dei suoi non si fece più vedere da Nicànore.31Quest'altro, accortosi di essere stato giocato abilmente da quell'uomo, salito al massimo e santo tempio, mentre i sacerdoti stavano compiendo i sacrifici prescritti, ordinò che gli fosse consegnato l'uomo.32I sacerdoti dichiararono con giuramento che non sapevano dove mai fosse il ricercato33ma egli, stendendo la destra contro il tempio, giurò: "Se non mi consegnerete Giuda in catene, farò di questa dimora di Dio una piazza pulita, abbatterò dalle fondamenta l'altare e innalzerò qui uno splendido tempio a Dioniso".34Dette queste grosse parole, se ne andò. I sacerdoti alzando le mani al cielo, invocarono il protettore sempre vigile del nostro popolo:35"Tu, Signore, che di nulla hai bisogno, ti sei compiaciuto di porre il tempio della tua abitazione in mezzo a noi.36E ora tu, Santo e Signore di ogni santità, custodisci questa tua casa, appena purificata, per sempre libera da contaminazioni".
37Fu denunziato a Nicànore un certo Razis degli anziani di Gerusalemme, uomo pieno di amore per la città, che godeva grandissima fama e chiamato per la sua benevolenza padre dei Giudei.38Egli infatti nei giorni precedenti la rivolta si era attirata l'accusa di giudaismo e realmente per il giudaismo aveva impegnato corpo e anima con piena generosità.39Volendo Nicànore far nota a tutti l'ostilità che aveva verso i Giudei, mandò più di cinquecento soldati per arrestarlo;40pensava infatti che, prendendo costui, avrebbe arrecato loro un grave colpo.41Ma, quando quella truppa stava per occupare la torre e tentava di forzare la porta del cortile e ordinavano di portare il fuoco e di appiccarlo alle porte, egli, accerchiato da ogni lato, si piantò la spada in corpo,42preferendo morire nobilmente piuttosto che divenire schiavo degli empi e subire insulti indegni della sua nobiltà.43Non avendo però portato a segno il colpo per la fretta della lotta, mentre la folla premeva fuori delle porte, salì coraggiosamente sulle mura e si lasciò cadere a precipizio sulla folla con gesto da prode.44Essi lo scansarono immediatamente lasciando uno spazio libero ed egli cadde in mezzo allo spazio vuoto.45Poiché respirava ancora, con l'animo infiammato, si alzò, mentre il sangue gli usciva a fiotti e le ferite lo straziavano e, attraversata di corsa la folla, salì su di un tratto di roccia,46ormai completamente esangue; si strappò gli intestini e prendendoli con le mani li gettò contro la folla; morì in tal modo invocando il Signore della vita e dello spirito perché di nuovo glieli restituisse.


Salmi 56

1'Al maestro del coro. Su "Jonat elem rehoqim".'
'Di Davide. Miktam. Quando i Filistei lo tenevano prigioniero in Gat.'

2Pietà di me, o Dio, perché l'uomo mi calpesta,
un aggressore sempre mi opprime.
3Mi calpestano sempre i miei nemici,
molti sono quelli che mi combattono.

4Nell'ora della paura,
io in te confido.
5In Dio, di cui lodo la parola,
in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un uomo?
6Travisano sempre le mie parole,
non pensano che a farmi del male.
7Suscitano contese e tendono insidie,
osservano i miei passi,
per attentare alla mia vita.

8Per tanta iniquità non abbiano scampo:
nella tua ira abbatti i popoli, o Dio.
9I passi del mio vagare tu li hai contati,
le mie lacrime nell'otre tuo raccogli;
non sono forse scritte nel tuo libro?

10Allora ripiegheranno i miei nemici,
quando ti avrò invocato:
so che Dio è in mio favore.

11Lodo la parola di Dio,
lodo la parola del Signore,
12in Dio confido, non avrò timore:
che cosa potrà farmi un uomo?

13Su di me, o Dio, i voti che ti ho fatto:
ti renderò azioni di grazie,
14perché mi hai liberato dalla morte.
Hai preservato i miei piedi dalla caduta,
perché io cammini alla tua presenza
nella luce dei viventi, o Dio.


Salmi 145

1'Lodi. Di Davide.'

Alef. O Dio, mio re, voglio esaltarti
e benedire il tuo nome
in eterno e per sempre.
2Bet. Ti voglio benedire ogni giorno,
lodare il tuo nome
in eterno e per sempre.

3Ghimel. Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare.
4Dalet. Una generazione narra all'altra le tue opere,
annunzia le tue meraviglie.
5He. Proclamano lo splendore della tua gloria
e raccontano i tuoi prodigi.
6Vau. Dicono la stupenda tua potenza
e parlano della tua grandezza.
7Zain. Diffondono il ricordo della tua bontà immensa,
acclamano la tua giustizia.
8Het. Paziente e misericordioso è il Signore,
lento all'ira e ricco di grazia.
9Tet. Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature.

10Iod. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
11Caf. Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza,
12Lamed. per manifestare agli uomini i tuoi prodigi
e la splendida gloria del tuo regno.
13Mem. Il tuo regno è regno di tutti i secoli,
il tuo dominio si estende ad ogni generazione.

14Samech. Il Signore sostiene quelli che vacillano
e rialza chiunque è caduto.
15Ain. Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa
e tu provvedi loro il cibo a suo tempo.
16Pe. Tu apri la tua mano
e sazi la fame di ogni vivente.

17Sade. Giusto è il Signore in tutte le sue vie,
santo in tutte le sue opere.
18Kof. Il Signore è vicino a quanti lo invocano,
a quanti lo cercano con cuore sincero.
19Res. Appaga il desiderio di quelli che lo temono,
ascolta il loro grido e li salva.
20Sin. Il Signore protegge quanti lo amano,
ma disperde tutti gli empi.

21Tau. Canti la mia bocca la lode del Signore
e ogni vivente benedica il suo nome santo,
in eterno e sempre.


Geremia 49

1Sugli Ammoniti.
Dice il Signore:
"Israele non ha forse figli,
non ha egli alcun erede?
Perché Milcom ha ereditato la terra di Gad
e il suo popolo ne ha occupate le città?
2Perciò ecco, verranno giorni
- dice il Signore -
nei quali io farò udire a Rabbà degli Ammoniti
fragore di guerra;
essa diventerà un cumulo di rovine,
le sue borgate saranno consumate dal fuoco,
Israele spoglierà i suoi spogliatori,
dice il Signore.
3Urla, Chesbòn, arriva il devastatore;
gridate, borgate di Rabbà,
cingetevi di sacco, innalzate lamenti
e andate raminghe con tagli sulla pelle,
perché Milcom andrà in esilio,
insieme con i suoi sacerdoti e i suoi capi.
4Perché ti vanti delle tue valli,
figlia ribelle?
Confidi nelle tue scorte ed esclami:
Chi verrà contro di me?
5Ecco io manderò su di te il terrore
- parola del Signore Dio degli eserciti -
da tutti i dintorni.Voi sarete scacciati, ognuno per la sua via,
e non vi sarà nessuno che raduni i fuggiaschi.
6Ma dopo cambierò la sorte
degli Ammoniti".
Parola del Signore.

7Su Edom.
Così dice il Signore degli eserciti:
"Non c'è più sapienza in Teman?
È scomparso il consiglio dei saggi?
È svanita la loro sapienza?
8Fuggite, partite, nascondetevi in un luogo segreto,
abitanti di Dedan,
poiché io mando su Esaù la sua rovina,
il tempo del suo castigo.
9Se vendemmiatori verranno da te,
non lasceranno nulla da racimolare.
Se ladri notturni verranno da te,
saccheggeranno quanto loro piace.
10Poiché io intendo spogliare Esaù,
rivelo i suoi nascondigli
ed egli non ha dove nascondersi.
La sua stirpe, i suoi fratelli, i suoi vicini
sono distrutti ed egli non è più.
11Lascia i tuoi orfani, io li farò vivere,
le tue vedove confidino in me!

12Poiché così dice il Signore: Ecco, coloro che non erano obbligati a bere il calice lo devono bere e tu pretendi di rimanere impunito? Non resterai impunito, ma dovrai berlo13poiché io ho giurato per me stesso - dice il Signore - che Bozra diventerà un orrore, un obbrobrio, un deserto, una maledizione e tutte le sue città saranno ridotte a rovine perenni.

14Ho udito un messaggio da parte del Signore,
un messaggero è stato inviato fra le nazioni:
Adunatevi e marciate contro di lui!
Alzatevi per la battaglia.
15Poiché ecco, ti renderò piccolo fra i popoli
e disprezzato fra gli uomini.
16La tua arroganza ti ha indotto in errore,
la superbia del tuo cuore;
tu che abiti nelle caverne delle rocce,
che ti aggrappi alle cime dei colli,
anche se ponessi, come l'aquila, in alto il tuo nido,
di lassù ti farò precipitare. Oracolo del Signore.

17Edom sarà oggetto di orrore; chiunque passerà lì vicino ne resterà attonito e fischierà davanti a tutte le sue piaghe.18Come nello sconvolgimento di Sòdoma e Gomorra e delle città vicine - dice il Signore - non vi abiterà più uomo né vi fisserà la propria dimora un figlio d'uomo.19Ecco, come un leone sale dalla boscaglia del Giordano verso i prati sempre verdi, così in un baleno io lo scaccerò di là e il mio eletto porrò su di esso; poiché chi è come me? Chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque il pastore che può resistere davanti a me?20Per questo ascoltate il progetto che il Signore ha fatto contro Edom e le decisioni che egli ha prese contro gli abitanti di Teman.

Certo, trascineranno via anche i più piccoli del gregge,
e per loro sarà desolato il loro prato.
21Al fragore della loro caduta tremerà la terra.
Un grido! Fino al Mare Rosso se ne ode l'eco.
22Ecco, come l'aquila, egli sale e si libra,
espande le ali su Bozra.
In quel giorno il cuore dei prodi di Edom
sarà come il cuore di una donna nei dolori del parto".

23Su Damasco.

"Amat e Arpad sono piene di confusione,
perché hanno sentito una cattiva notizia;
esse sono agitate come il mare, sono in angoscia,
non possono calmarsi.
24Spossata è Damasco, si volge per fuggire;
un tremito l'ha colta,
angoscia e dolori l'assalgono
come una partoriente.
25Come fu abbandonata la città gloriosa,
la città del tripudio?
26Cadranno i suoi giovani nelle sue piazze
e tutti i suoi guerrieri periranno in quel giorno.
Oracolo del Signore degli eserciti.
27Appiccherò il fuoco alle mura di Damasco
e divorerà i palazzi di Ben-Hadàd".

28Su Kedàr e sui regni di Cazòr, che Nabucodònosor re di Babilonia sconfisse.

Così dice il Signore:
"Su, marciate contro Kedàr,
saccheggiate i figli dell'oriente.
29Prendete le loro tende e le loro pecore,
i loro teli da tenda, tutti i loro attrezzi;
portate via i loro cammelli;
un grido si leverà su di loro: Terrore all'intorno!
30Fuggite, andate lontano, nascondetevi in luoghi segreti
o abitanti di Cazòr - dice il Signore -
perché ha ideato un disegno contro di voi.
Nabucodònosor re di Babilonia
ha preparato un piano contro di voi.
31Su, marciate contro la nazione tranquilla,
che vive in sicurezza. Oracolo del Signore.
Essa non ha né porte né sbarre
e vive isolata.
32I suoi cammelli saranno portati via come preda
e la massa dei suoi greggi come bottino.
Disperderò a tutti i venti
coloro che si tagliano i capelli alle tempie,
da ogni parte farò venire la loro rovina.
Parola del Signore.
33Cazòr diventerà rifugio di sciacalli,
una desolazione per sempre;
nessuno vi dimorerà più,
non vi abiterà più un figlio d'uomo".

34Parola che il Signore rivolse al profeta Geremia riguardo all'Elam all'inizio del regno di Sedecìa re di Giuda.

35"Dice il Signore degli eserciti:
Ecco io spezzerò l'arco dell'Elam,
il nerbo della sua potenza.
36Manderò contro l'Elam i quattro venti
dalle quattro estremità del cielo
e li sparpaglierò davanti a questi venti;
non ci sarà nazione
in cui non giungeranno
i profughi dell'Elam.
37Incuterò terrore negli Elamiti davanti ai loro nemici
e davanti a coloro che vogliono la loro vita;
manderò su di essi la sventura,la mia ira ardente. Parola del Signore.
Manderò la spada a inseguirli
finché non li avrò sterminati.
38Porrò il mio trono sull'Elam
e farò morire il re e i capi.
Oracolo del Signore.
39Ma negli ultimi giorni
cambierò la sorte dell'Elam". Parola del Signore.


Prima lettera ai Corinzi 9

1Non sono forse libero, io? Non sono un apostolo? Non ho veduto Gesù, Signore nostro? E non siete voi la mia opera nel Signore?2Anche se per altri non sono apostolo, per voi almeno lo sono; voi siete il sigillo del mio apostolato nel Signore.3Questa è la mia difesa contro quelli che mi accusano.4Non abbiamo forse noi il diritto di mangiare e di bere?5Non abbiamo il diritto di portare con noi una donna credente, come fanno anche gli altri apostoli e i fratelli del Signore e Cefa?6Ovvero solo io e Bàrnaba non abbiamo il diritto di non lavorare?
7E chi mai presta servizio militare a proprie spese? Chi pianta una vigna senza mangiarne il frutto? O chi fa pascolare un gregge senza cibarsi del latte del gregge?8Io non dico questo da un punto di vista umano; è la Legge che dice così.9Sta scritto infatti nella legge di Mosè: 'Non metterai la museruola al bue che trebbia'. Forse Dio si dà pensiero dei buoi?10Oppure lo dice proprio per noi? Certamente fu scritto per noi. Poiché colui che ara deve arare nella speranza di avere la sua parte, come il trebbiatore trebbiare nella stessa speranza.11Se noi abbiamo seminato in voi le cose spirituali, è forse gran cosa se raccoglieremo beni materiali?12Se gli altri hanno tale diritto su di voi, non l'avremmo noi di più? Noi però non abbiamo voluto servirci di questo diritto, ma tutto sopportiamo per non recare intralcio al vangelo di Cristo.13Non sapete che coloro che celebrano il culto traggono il vitto dal culto, e coloro che attendono all'altare hanno parte dell'altare?14Così anche il Signore ha disposto che quelli che annunziano il vangelo vivano del vangelo.
15Ma io non mi sono avvalso di nessuno di questi diritti, né ve ne scrivo perché ci si regoli in tal modo con me; preferirei piuttosto morire. Nessuno mi toglierà questo vanto!16Non è infatti per me un vanto predicare il vangelo; è un dovere per me: guai a me se non predicassi il vangelo!17Se lo faccio di mia iniziativa, ho diritto alla ricompensa; ma se non lo faccio di mia iniziativa, è un incarico che mi è stato affidato.18Quale è dunque la mia ricompensa? Quella di predicare gratuitamente il vangelo senza usare del diritto conferitomi dal vangelo.
19Infatti, pur essendo libero da tutti, mi sono fatto servo di tutti per guadagnarne il maggior numero:20mi sono fatto Giudeo con i Giudei, per guadagnare i Giudei; con coloro che sono sotto la legge sono diventato come uno che è sotto la legge, pur non essendo sotto la legge, allo scopo di guadagnare coloro che sono sotto la legge.21Con coloro che non hanno legge sono diventato come uno che è senza legge, pur non essendo senza la legge di Dio, anzi essendo nella legge di Cristo, per guadagnare coloro che sono senza legge.22Mi sono fatto debole con i deboli, per guadagnare i deboli; mi sono fatto tutto a tutti, per salvare ad ogni costo qualcuno.23Tutto io faccio per il vangelo, per diventarne partecipe con loro.
24Non sapete che nelle corse allo stadio tutti corrono, ma uno solo conquista il premio? Correte anche voi in modo da conquistarlo!25Però ogni atleta è temperante in tutto; essi lo fanno per ottenere una corona corruttibile, noi invece una incorruttibile.26Io dunque corro, ma non come chi è senza mèta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria,27anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù perché non succeda che dopo avere predicato agli altri, venga io stesso squalificato.


Capitolo III: L'ammaestramento della verità

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 1.     Felice colui che viene ammaestrato direttamente dalla verità, così come essa è, e non per mezzo di immagini o di parole umane; ché la nostra intelligenza e la nostra sensibilità spesso ci ingannano, e sono di corta veduta. A chi giova un'ampia e sottile discussione intorno a cose oscure e nascoste all'uomo; cose per le quali, anche se le avremo ignorate, non saremo tenuti responsabili, nel giudizio finale? Grande nostra stoltezza: trascurando ciò che ci è utile, anzi necessario, ci dedichiamo a cose che attirano la nostra curiosità e possono essere causa della nostra dannazione. "Abbiamo occhi e non vediamo" (Ger 5,21). Che c'importa del problema dei generi e delle specie? Colui che ascolta la parola eterna si libera dalle molteplici nostre discussioni. Da quella sola parola discendono tutte le cose e tutte le cose proclamano quella sola parola; essa è "il principio" che continuo a parlare agli uomini (Gv 8,25). Nessuno capisce, nessuno giudica rettamente senza quella parola. Soltanto chi sente tutte le cose come una cosa sola, e le porta verso l'unità e le vede tutte nell'unità, può avere tranquillità interiore e abitare in Dio nella pace. O Dio, tu che sei la verità stessa, fa' che io sia una cosa sola con te, in un amore senza fine. Spesso mi stanco di leggere molte cose, o di ascoltarle: quello che io voglio e desidero sta tutto in te. Tacciano tutti i maestri, tacciano tutte le creature, dinanzi a te: tu solo parlami.

   2.     Quanto più uno si sarà fatto interiormente saldo e semplice, tanto più agevolmente capirà molte cose, e difficili, perché dall'alto egli riceverà lume dell'intelletto. Uno spirito puro, saldo e semplice non si perde anche se si adopera in molteplici faccende, perché tutto egli fa a onore di Dio, sforzandosi di astenersi da ogni ricerca di sé. Che cosa ti lega e ti danneggia di più dei tuoi desideri non mortificati? L'uomo retto e devoto prepara prima, interiormente, le opere esterne che deve compiere. Così non saranno queste ad indurlo a desideri volti al male; ma sarà lui invece che piegherà le sue opere alla scelta fatta dalla retta ragione. Nessuno sostiene una lotta più dura di colui che cerca di vincere se stesso. Questo appunto dovrebbe essere il nostro impegno: vincere noi stessi, farci ogni giorno superiori a noi stessi e avanzare un poco nel bene.

   3.     In questa vita ogni nostra opera, per quanto buona, è commista a qualche imperfezione; ogni nostro ragionamento, per quanto profondo, presenta qualche oscurità. Perciò la constatazione della tua bassezza costituisce una strada che conduce a Dio più sicuramente che una dotta ricerca filosofica. Non già che sia una colpa lo studio, e meno ancora la semplice conoscenza delle cose - la quale è, in se stessa, un ben ed è voluta da Dio -; ma è sempre cosa migliore una buona conoscenza di sé e una vita virtuosa. Infatti molti vanno spesso fuori della buona strada e non danno frutto alcuno, o scarso frutto, di bene, proprio perché si preoccupano più della loro scienza che della santità della loro vita. Che se la gente mettesse tanta attenzione nell'estirpare i vizi e nel coltivare le virtù, quanta ne mette nel sollevare sottili questioni filosofiche non ci sarebbero tanti mali e tanti scandali tra la gente; e nei conviventi non ci sarebbe tanta dissipazione. Per certo, quando sarà giunto il giorno del giudizio, non ci verrà chiesto che cosa abbiamo studiato, ma piuttosto che cosa abbiamo fatto; né ci verrà chiesto se abbiamo saputo parlare bene, ma piuttosto se abbiamo saputo vivere devotamente. Dimmi: dove si trovano ora tutti quei capiscuola e quei maestri, a te ben noti mentre erano in vita, che brillavano per i loro studi? Le brillanti loro posizioni sono ora tenute da altri; e non è detto che questi neppure si ricordino di loro. Quando erano vivi sembravano essere un gran che; ma ora di essi non si fa parola. Oh, quanto rapidamente passa la gloria di questo mondo! E voglia il cielo che la loro vita sia stata all'altezza del loro sapere; in questo caso non avrebbero studiato e insegnato invano. Quanti uomini si preoccupano ben poco di servire Iddio, e si perdono a causa di un vano sapere ricercato nel mondo. Essi scelgono per sé la via della grandezza, piuttosto di quella dell'umiltà; perciò si disperde la loro mente (Rm 1,21). Grande è, in verità, colui che ha grande amore; colui che si ritiene piccolo e non tiene in alcun conto anche gli onori più alti. Prudente è, in verità, colui che considera sterco ogni cosa terrena, al fine di guadagnarsi Cristo (Fil 3,8). Dotto, nel giusto senso della parola, è, in verità, colui che fa la volontà di Dio, buttando in un canto la propria volontà.


DISCORSO 305/A NEL NATALE DI SAN LORENZO TENUTO A CARTAGINE IL 10 AGOSTO NELLA BASILICA RESTITUTA.

Discorsi - Sant'Agostino

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Solennissima in Roma la celebrazione del Natale di San Lorenzo.

1. Poiché l'ascoltatore si mostrava infastidito, si doveva omettere questo discorso, ma per l'onore del martire esso va proferito, di conseguenza, con l'aiuto del Signore, diventerà misurato e, insieme, di contenuto esauriente, in modo che non risulti pesante, e, forse, neppure ridotto. È sorto fulgido in Roma il giorno solennissimo che viene celebrato con grande affluenza di popolo: sebbene materialmente assenti, presenti tuttavia con lo spirito, noi siamo uniti ai nostri fratelli in un unico corpo, sotto un solo Capo. Non è che dove è sepolto il suo corpo ivi soltanto la memoria del suo merito: in ogni luogo gli si deve venerazione. Il corpo si depone in un determinato luogo, ma lo spirito vittorioso è presso colui che è presente dovunque. Come è stato tramandato, il beato Lorenzo, quanto alla vita del corpo, era adolescente; uomo maturo secondo lo spirito, molto ne accresceva il merito l'età giovanile, la corona che sarebbe rimasta perennemente fresca. Ed era diacono, per ufficio inferiore ad un Vescovo; quanto a ricompensa equiparato ad un apostolo. Ma questa celebrazione propria di tutti i gloriosi martiri è stata istituita nella Chiesa allo scopo di incoraggiare all'imitazione nella fede coloro che non li hanno veduti nelle sofferenze e perché se ne richiami la memoria con una solennità. Infatti cadrebbe probabilmente dai cuori degli uomini ciò che non venisse ripresentato da una ricorrenza anniversaria. E non è possibile che le solennità di tutti i martiri comportino dovunque lo stesso fervore: non ne mancherebbero infatti ogni giorno, giacché non si trova un giorno solo nel corso dell'anno nel quale non furono coronati dei martiri in diversi luoghi. Ma se le solennità che destano maggior fervore fossero continue, recherebbero fastidio, mentre gli intervalli ravvivano l'interesse affettivo. Noi dobbiamo assecondare soltanto ciò che è stato disposto, dobbiamo osservare quanto è stato proposto: in occasione della solennità di qualsiasi martire, disponiamo il nostro spirito alla sua festa in modo da non allontanarci dalla sua imitazione.

Lettura di uno scritto di S. Cipriano a Fortunato. La gloria dei martiri è la gloria di Cristo.

2. Egli era un uomo e uomini siamo anche noi; è stato creato da colui che ha creato anche noi; uno stesso prezzo è stato pagato per il suo e nostro riscatto. Pertanto, chi è cristiano non deve dire: Perché io? Anzi, non deve dire: Io no; ma: Perché non io pure? Avete ascoltato il beato Cipriano, modello dei martiri e loro suscitatore. Egli dice: Nella persecuzione è coronato il combattimento, in tempo di pace la coscienza 1. Perciò nessuno pensi che gli facciano difetto le circostanze: non sempre è attuale un'epoca di persecuzione, ma lo è sempre l'epoca della fedeltà. E nessuno si ritenga debole, dal momento che è Dio a suscitare le forze, in modo da non dubitare proprio di colui che le infonde, quando teme per sé. Pertanto, quali esempi di martiri, Dio volle presenti tutte le età, come pure l'uno e l'altro sesso: sono stati coronati i vecchi, coronati i giovani, coronati gli adolescenti, coronati i fanciulli, coronati gli uomini, coronate le donne. E, tra le donne, ogni età ha ricevuto la corona; né la donna ha detto: Non sono in grado di vincere il diavolo. È stata molto accorta a vincere il nemico che l'aveva spossessata e a vincere con la fede chi aveva assecondato per essere corrotta. O che le donne abbiano anch'esse contato sulle loro forze? Ad ogni uomo è stato detto: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? 2 Di conseguenza, la gloria dei martiri è la gloria di Cristo che ha preceduto i martiri, ha sostenuto i martiri, ha coronato i martiri. Nondimeno, sebbene uno sia un periodo di pace e un altro un periodo di persecuzione, viene meno in una qualche epoca una persecuzione non aperta? Non viene mai meno: quella fiera, il dragone, né infierisce sempre, né insidia sempre, però sempre perseguita. Quando infuria apertamente, mancano insidie occulte, quando dissimula l'insidia, l'aggressività non è palese; vale a dire: quando simile a leone ruggisce, non striscia come un serpente; quando, come serpente, striscia, non ruggisce quasi leone; tuttavia, sia leone, sia serpente, perseguita sempre. Quando tace il ruggito, guardati dalle insidie; quando le insidie sono palesi, evita il leone ruggente. Ma può essere evitato e il leone e il serpente se lo spirito viene custodito in Cristo. Tutto ciò che si deve temere in questa vita è destinato a finire; nell'altra vita, invece, quanto dev'essere amato e quanto è da temersi non passa.

Lettura dal Vangelo di S. Matteo.

3. Senza dubbio il Signore si rivolgeva solo ai Giudei quando, secondo il Vangelo, diceva loro: Guai a voi, scribi e farisei, che innalzate i sepolcri ai Profeti, e dite: se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti; così testimoniate di essere figli degli uccisori dei Profeti. Anzi, voi colmerete la misura dei vostri padri 3. Infatti, con l'aver detto: "Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti", asserirono di essere loro figli. Noi, al contrario, se ci manteniamo sulla retta via, non chiamiamo nostri padri coloro che uccisero i Profeti, ma chiamiamo nostri padri quelli che furono uccisi dai padri loro. Un figlio si va formando nei costumi così come nei costumi è stato degenere il padre. Per questo appunto, fratelli, noi siamo chiamati figli di Abramo e intanto non lo conosciamo personalmente, né siamo i discendenti di lui secondo la carne. Come ne siamo i figli allora? Non secondo la carne, ma secondo la fede. Infatti Abramo credette al Signore che glielo accreditò come giustizia 4. Di conseguenza, se Abramo è giusto perché credette, tutti coloro che, dopo Abramo, ne vanno imitando la fede, sono diventati figli di Abramo. I Giudei, discendenti secondo la carne, hanno degenerato; noi, nati da uomini di altra stirpe, in forza dell'imitazione, abbiamo guadagnato ciò che quelli hanno perduto degenerando. Guardiamoci dunque dal ritenere Abramo padre loro, sebbene nati dalla stirpe di Abramo. Loro padri furono quelli che essi stessi hanno riconosciuto. Se fossimo vissuti - dicono - al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti. Come puoi dire che non ti saresti associato a quelli che chiami tuoi padri? Se erano padri, tu sei figlio; se figlio sei, eri disposto ad associarti. Ma se non eri disposto ad associarti, non sei figlio; se figlio non sei, quelli non sono padri. Quindi, il Signore li fece convinti, da questo, che avrebbero fatto quanto fecero quelli, avendoli chiamati loro padri. In realtà testimoniate voi stessi - dice il Signore - di essere figli degli uccisori dei Profeti, perché li avete chiamati padri vostri. E voi colmerete la misura dei vostri padri.

Proibizione recente di festeggiamenti indecorosi presso il sepolcro di S. Cipriano.

4. Ed ora vediamo di sapere chi siano i figli degli uccisori e chi siano i figli degli uccisi. E voi notate che molti sono assai solleciti a recarsi ai sepolcri dei martiri, a farsi merito delle loro coppe per il contatto con i sepolcri dei martiri, tornarsene ben rimpinzati grazie all'onore reso ai martiri; ma, tuttavia, scrutali sotto ogni riguardo e li identificherai tra i persecutori dei martiri. Proprio da parte loro, tumulti, ribellioni, pantomime, ogni specie di intemperanze detestate da Dio; ed al presente, poiché non possono lapidarli essendo già coronati, li perseguitano a furia di coppe di vino. Chi erano e di chi erano figli quelli le cui pantomime, presso il sepolcro del santo martire Cipriano, sono state proibite di recente, appena la celebrazione di ieri? Certo, là danzavano, là si abbandonavano ai sollazzi; anzi, quasi pregustando il godimento, vi si preparavano con grandi aspettative e bramavano di trovarsi sempre in questo giorno. Tra chi bisogna annoverarli? Tra i persecutori dei martiri o tra i figli dei martiri? Si lasciarono identificare quando, colpiti dal divieto, si abbandonarono alla ribellione. I figli sono per la lode, i persecutori per i sollazzi; i figli cantano inni, quelli presentano banchetti. Perciò non si fa conto se danno l'impressione di voler onorare; infatti, quando rendono onore, sono proprio come furono coloro che dissero: Se fossimo vissuti ai loro tempi, non ci saremmo associati ai nostri padri per dare la morte ai martiri o ai Profeti 5. Associatevi adesso alla fede dei martiri e crediamo che non eravate disposti ad associarvi agli uccisori dei martiri. Perché i martiri hanno ricevuto la corona? Percorrendo la via di Dio, io credo, con la sopportazione, anche con l'amore verso i loro nemici, pregando per essi. Questa è la corona dei martiri, questo il merito dei martiri. Tu ami, ti comporti come loro, sei dedito alla lode? sei figlio di martire. Ti comporti secondo tutt'altra vita? Ma allora hai di rimando tutt'altra sorte.

I cristiani sono sempre perseguitati.

5. Perciò, dilettissimi, per il fatto che, come ho detto, non manca mai la persecuzione e il diavolo o insidia o infierisce, dobbiamo essere sempre vigilanti, con lo spirito intento al Signore e, per quanto ci è possibile, in mezzo a questi fastidi, tribolazioni, tentazioni, dal Signore dobbiamo implorare fortezza, poiché, per noi stessi, siamo piccoli e assolutamente inetti. Mentre se ne dava lettura, avete ascoltato dall'apostolo Paolo che cosa possiamo dire di noi: Come abbondano - egli dice - le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione 6. Ugualmente è detto nel Salmo: Di tutti i dolori che mi opprimono il cuore, il tuo conforto, Signore, mi ha consolato 7. Come questo è stato detto nel Salmo: Di tutti i dolori che mi opprimono il cuore, il tuo conforto, Signore, mi ha consolato, così è stato detto dall'Apostolo: Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Verremmo meno all'approssimarsi del persecutore se ci mancasse chi ci dia consolazione. E poiché le risorse personali erano di per sé inadeguate sia a sopportare, sia a superare la mancanza di un certo respiro a durarla nelle circostanze del momento, a causa del ministero obbligante, fate attenzione a quel che sia giunto a dire: Voglio che sappiate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre la misura, al di là delle nostre forze 8. Se quella tribolazione superò le forze umane, forse anche i divini soccorsi? Ci ha colpiti - egli dice - oltre misura e al di là delle nostre forze. Di quanto al di sopra delle forze? Bada che si riferisce alle forze dello spirito: Al punto di essere stanchi della vita 9. L'Apostolo, che la carità spronava a vivere, come doveva essere affranto per il gran numero di tribolazioni, da giungere a sentire il peso della vita! Come lo forzava a vivere la carità, quella carità di cui altrove dice: D'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne 10! Ecco, tanto si era inasprita la persecuzione, e tanta era la sofferenza da stancarlo persino della vita. Ecco: timore e spavento lo invasero, tenebre piombarono su di lui, come avete ascoltato nella proclamazione del Salmo. È infatti la voce del corpo di Cristo, è la voce delle membra di Cristo. Vuoi riconoscervi la tua voce? Sii membro di Cristo. Timore - disse - e spavento mi invasero, tenebre piombarono su di me. E dissi: chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo? 11 Non sembra che questo abbia voluto esprimere l'Apostolo dicendo: Al punto di essere stanchi della vita 12? In certo modo il tedio gli sopraggiunse perché invischiato nella carne: voleva esser libero per andare a Cristo. L'affluire delle tribolazioni ne invadeva il cammino, ma non lo precludeva. Era stanco di vivere, ma non di vivere nell'eternità, cui si riferisce dicendo: Per me vivere è Cristo e morire un guadagno 13. Ma, essendo trattenuto quaggiù dalla carità, che ne segue? Ma se il vivere quaggiù nel corpo significa per me lavorare con frutto, non so che cosa debba scegliere. Sono messo alle strette infatti tra queste due cose, avendo il desiderio di essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo 14. Chi mi darà ali come di colomba? D'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne 15. Aveva ceduto ai suoi pulcini pigolanti: custodiva sotto le ali, nutriva i piccoli, come egli stesso disse: Mi sono fatto piccolo in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli 16.

Il comportamento della gallina quando alleva i piccoli.

6. E notate, fratelli, è stato letto adesso nel Vangelo: Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina i suoi pulcini e voi non avete voluto! 17 Osservate la gallina e osservate anche gli altri uccelli che nidificano sotto i nostri occhi; covano le uova, nutrono i piccoli: vi renderete conto che nessun uccello si fa debole insieme ai figli. Notate il comportamento della gallina quando alleva i piccoli, come si muta la sua voce e si fa rotta come per raucedine. Le penne stesse non sono raccolte e agili, ma ispide e cascanti, così che se ti capita di vedere un altro uccello e non ne hai visto il nido, non ti rendi conto se abbia le uova o i pulcini; invece, quando avrai visto una gallina, anche se non ne vedi le uova o i pulcini, dalla stessa voce e da come si mostra nel corpo, tu intuisci la madre. Che fece dunque la Sapienza, nostra madre? Si fece debole nella carne per raccogliere i piccoli, per farli crescere, per nutrirli. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini 18; sotto queste ali della debolezza della sua carne, ma sotto l'occulta potenza della sua divinità voleva raccogliere i figli di Gerusalemme. Questo aveva insegnato al suo Apostolo, attuandolo egli stesso in lui. Lo afferma infatti proprio l'Apostolo: Cercate una prova che Cristo parla in me? 19 E aggiunge di aver portato moltissime delle sofferenze di Cristo; non le sue, ma le sofferenze di Cristo. Faceva infatti parte del corpo di Cristo ed era membro di Cristo. E tutto ciò che faceva l'Apostolo verso i piccoli da curare, anche nel membro suo, era il Capo che l'operava. Dunque, mentre l'Apostolo si prendeva cura quaggiù della debolezza dei suoi piccoli, con l'affetto e il desiderio desiderava volare come colomba, ma, per la carità verso i figli, se ne restava come gallina. Dice: Abbiamo ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti, che da tante morti ci ha liberati e ci libererà e noi speriamo in lui che ancora ci libererà 20. Ci ha liberato e ci libererà: che volle dire? Che conserva questa nostra vita per voi. Lo ha liberato infatti da tante morti, perché non venisse schiacciato dai persecutori, perché non ricevesse la corona troppo presto per le necessità dei suoi figli, secondo l'altra sua espressione: D'altra parte è più necessario per voi che io rimanga nella carne. Ma tenendo conto di questo, sono convinto che resterò e continuerò ad essere di aiuto a voi tutti per il progresso e la gioia della vostra fede 21. Lo rapiva verso ben altro l'ardente desiderio, la necessità lo tratteneva altrove. Essere sciolto dal corpo - disse - ed essere con Cristo sarebbe assolutamente migliore 22. Questo non lo disse necessario, ma assolutamente migliore. Infatti la cosa migliore è di per sé ambita; quel che è necessario, si assume per necessità; perciò si dice necessario.

Le opere della necessità: la nave per la patria.

7. La necessità ha dato nome a cosa necessaria: al presente ci è appunto necessario questo cibo del quale ci serviamo; il cibo è indispensabile al sostentamento della vita terrena; è ottimo, invece, quel cibo della virtù e della sapienza, pane vivo, sempre ristoratore, che mai viene a mancare. Esso è ottimo, questo è necessario. Ne segue che, non essendoci più questa necessità dovuta alla fame, e del sostentamento del corpo mortale, questo cibo non sarà necessario. Che dice al riguardo l'Apostolo? Il cibo per il ventre e il ventre per i cibi; ma Dio distruggerà e questo e quelli 23. Ma quando distruggerà? Quando questo corpo animale, risorgendo, diventerà spirituale: non vi sarà infatti indigenza alcuna, e non vi saranno le opere richieste dalla necessità. Fratelli, tutte queste cose infatti, anche quelle opere che quaggiù sono dette buone, anzi, proprio quelle opere che siamo esortati a compiere ogni giorno, sono opere di necessità. Che c'è di così buono, che di così eccellente, che di così lodevolmente cristiano come dividere il pane con l'affamato, ospitare l'indigente senza alloggio, notare che uno è nudo e vestirlo, scorgere un cadavere e dargli sepoltura, vedere un litigioso e intervenire a comporre la lite, avvertire che uno è infermo e andare a visitarlo o a curare? Tutte queste sono opere degne di lode. Riflettete e vi rendete conto che le ha fatte nascere la necessità. Tu infatti dividi il pane perché ti accorgi che uno è affamato: se nessuno avesse fame, a chi lo daresti il pane? Escludi la necessità di un altrui bisogno, non ci sarà motivo per la tua compassione. Nondimeno, per queste opere, che ha generato la necessità, giungiamo a quella vita - dove non sarà presente la necessità - quasi per mezzo di una nave alla patria. In patria dimorerò per sempre, non sarò mai esule, non ci sarà bisogno di una nave; ma quella nave che là non sarà di bisogno, proprio quella vi ci conduce. Quando si sarà pervenuti, non sussisteranno di queste cose; però, mancandone quaggiù l'adempimento, lassù non si può giungere. Siate dunque solleciti nelle buone opere dovute alla necessità, per essere felici nel godimento di quell'eternità, dove ormai la necessità muore, con la morte della stessa morte, generatrice di tutte le necessità. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità 24. Quando si dirà alla morte: Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? 25 Lo si dirà alla morte sconfitta e annientata, perché l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte 26.

Preludio di morte ogni cautela per la salute. Elenco di cose che in cielo non si troveranno.

8. Al presente del resto, per mezzo di tutte le opere di necessità, si lotta con la morte; ogni deficienza infatti trascina alla morte ed ogni compensazione allontana dalla morte. Anche il corpo è così soggetto a mutazione che in certo qual modo alcune forme di morte sono respinte da altre morti. Prendere qualsiasi cosa in aiuto quando non si può durare a lungo, è un premettere la morte. Vedete già questa vita: qualunque cosa si prende in aiuto non potendo resistere più a lungo - che se avrai resistito più a lungo muori - ecco una premessa di morte; nondimeno, se nulla si dovesse assumere, l'altra morte non viene respinta. Ad esempio: uno non mangia: se avrà mangiato e digerito, ricupera le forze. Quando non mangia, si serve di un digiuno per respingere da sé la morte, effetto dell'intemperanza: se non avrà fatto ricorso all'astinenza e al digiuno, non allontanerà da sé quell'effetto. Per contro, se avrà voluto insistere in quello - nel digiuno cui ha fatto ricorso per allontanare la morte, conseguenza di eccessi - temerà un altro genere di morte: per fame. Perciò, come si è servito del digiuno onde evitare la morte per intemperanza, così farà ricorso al cibo onde evitare la morte per inedia. Infatti, a qualsiasi di questi mezzi avrai fatto ricorso, se insisti in esso, vieni meno. Ti eri stancato andando in giro; se continui sempre a camminare, in seguito alla fatica stessa, verrai meno e morirai. Perciò, per non giungere a perdere le forze, ponendoti a sedere, tu riposi: resta di continuo a sedere e ne morirai. Ti stava opprimendo un sonno profondo; devi stare sveglio per non morire. Morirai a motivo della veglia se non tornerai a dormire. Mostrami quel che vuoi prendere in aiuto a respingere un male opprimente, dove ti trovi così tranquillo da non voler farne più a meno: quella qualsiasi cosa di cui ti sarai servito, proprio quella si dovrà temere. Di conseguenza, in ogni mutarsi e alternarsi di perdite e di recuperi, si lotta con la morte; quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità 27, si dirà alla morte: Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? 28 Vedremo, loderemo, vivremo eternamente. Non ci sarà alcun genere di indigenza, non si cercherà compensazione di sorta. Non trovi un povero con il quale dividere il pane, o un forestiero da accogliere in casa. Non trovi chi abbia sete cui dare da bere; né un nudo che dovrai rivestire; non un malato da visitare; non un litigioso cui ispirare concordia; non un cadavere da seppellire. Tutti sono saziati con il cibo della giustizia e la bevanda della sapienza, tutti vestiti di immortalità, tutti viventi nella loro patria eterna: la salute di tutti è la stessa eternità, eterna la salute, eterna la concordia. Nessuno muove lite, nessuno cerca un giudice, nessuno un arbitrato di riconciliazione, nessuno una sentenza di rivendicazione; nessuna infermità, nessuna morte.

Senza Dio non sappiamo chi siamo.

9. Abbiamo potuto parlare di quelle cose che lassù non si troveranno, chi può dire di quelle che vi saranno? Quelle cose che occhio non vide né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo 29. Dice giustamente l'Apostolo: Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi 30. Devi sapere, cristiano, come quali che siano state le tue sofferenze, rispetto a quanto riceverai, sono un nulla. Con certezza di fede riteniamo questo: non si parta mai, questo, dal tuo cuore. Ciò che sarai non lo puoi capire e vedere: che sarà allora quel che ora non può essere conosciuto da chi poi lo riceverà? In realtà, noi saremo quel che saremo e non possiamo comprendere quel che saremo. È superata ogni nostra debolezza, è superato ogni nostro pensiero, è superata ogni nostra intellezione: tuttavia, noi vivremo. Dilettissimi - dice Giovanni - siamo figli di Dio 31; ora, in verità, per l'adozione, per la fede, per il pegno. Fratelli, abbiamo ricevuto il pegno, lo Spirito Santo. Quando manca alla parola chi ha dato un tale pegno? Siamo figli di Dio - dice Giovanni - e ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo - dice - che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è 32. Disse che non è stato ancora rivelato, e non disse che sia ciò che non è stato ancora rivelato. Non è stato ancora rivelato ciò che saremo. Poteva dire: quello saremo e tali saremo. A chi poteva dire tutto ciò che poteva dire? Non oso dire chi poteva dire, ma di certo a chi poteva dire. E forse c'era infatti chi poteva dire, perché è proprio chi riposava sul petto di Cristo e dal petto di lui, in quel banchetto, sorbiva sapienza; ricolmo di quella sapienza, proruppe: In principio era il Verbo 33. Disse questo, dunque: Sappiamo che quando sarà stato rivelato ciò che saremo, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Simili a chi? Senza dubbio a colui di cui siamo i figli. Dilettissimi - dice Giovanni - siamo figli di Dio e non è stato ancora rivelato ciò che saremo. Sappiamo che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui - del quale siamo i figli - perché lo vedremo così come egli è. Se fin d'ora vuoi essere simile a colui a cui sarai simile, se vuoi sapere a chi sarai simile, guardalo, se puoi. Non ti è ancora possibile. Quindi, non sai a chi sarai simile per il fatto che non sai quanto sarai simile. Di conseguenza, non conoscendo ancora quel che egli è, non conosci quel che anche tu sarai.

Necessità di reciproca preghiera fra pastori e fedeli.

10. Carissimi, fermando su questo il nostro pensiero, restiamocene sempre in attesa della nostra eterna gioia, e imploriamo assiduamente forza nelle fatiche e nelle prove temporali, sia noi per voi, sia voi per noi. Non pensate infatti, fratelli, che a voi sono necessarie le nostre preghiere e che a noi non sono necessarie le vostre orazioni: ci sono necessarie a vicenda le preghiere degli uni per gli altri, perché proprio le preghiere scambievoli si fondono insieme nella carità e questo sacrificio, come da un altare consacrato, ha per il Signore un odore soavissimo. Infatti, se gli Apostoli chiedevano che si pregasse per loro, quanto più noi, ben lontani dall'essere come loro - comunque desiderosi però di seguirne le orme - e incapaci a valutare con quanta fedeltà li seguiamo e imbarazzati ad ammetterlo. Perciò, uomini di quella levatura volevano che da parte della Chiesa si pregasse per loro e affermavano che noi siamo il vostro vanto come anche voi sarete il nostro, nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo 34. Pregavano a vicenda gli uni per gli altri prima del giorno del Signore nostro Gesù Cristo; gloria in quel giorno, prima di quel giorno indigenza. Si preghi nel bisogno per godere nella gloria. Evidentemente in tempi diversi, destinati tuttavia a giungervi tutti ad un tempo: diversi sono i tempi in cui si esce da questo mondo, unico il tempo della mercede nell'altra vita. In una sola volta ed insieme, ci ritroveremo tutti, per ricevere quel che abbiamo creduto e abbiamo desiderato in tempi diversi; come quegli operai della vigna: alcuni vi furono condotti nella prima ora, altri all'ora terza, altri alla sesta, altri alla nona, altri alla decima 35. Furono chiamati in tempi diversi, ma la mercede è data a tutti nello stesso tempo. Rivolti al Signore.

 

1 - CIPRIANO, De exortatione martyrii (ad Fortunatum).

2 - 1 Cor 4, 7.

3 - Mt 23, 29-32.

4 - Gn 15, 6; Rm 4, 3.

5 - Mt 23, 30.

6 - 2 Cor 1, 5.

7 - Sal 93, 19.

8 - 2 Cor 1, 8.

9 - 2 Cor 1, 8.

10 - Fil 1, 24.

11 - Sal 54, 6-7.

12 - Fil 1, 20.

13 - Fil 1, 21.

14 - Fil 1, 22-23.

15 - Fil 1, 24.

16 - 1 Ts 2, 7.

17 - Mt 23, 37.

18 - Cf. 1 Cor 1, 25.

19 - 2 Cor 13, 3.

20 - 2 Cor 1, 9-10.

21 - Fil 1, 24-25.

22 - Fil 1, 23.

23 - 1 Cor 6, 13.

24 - 1 Cor 15, 53.

25 - 1 Cor 15, 55.

26 - 1 Cor 15, 26.

27 - 1 Cor 15, 54.

28 - 1 Cor 15, 55.

29 - 1 Cor 2, 9.

30 - Rm 8, 18.

31 - 1 Gv 3, 2.

32 - 1 Gv 3, 2.

33 - Gv 1,1.

34 - 2 Cor 1, 14.

35 - Cf. Mt 20, 1 ss.


1 - Alle nozze di Cana Cristo nostro salvatore incomincia a manifestarsi col primo miracolo, su richiesta della sua Madre santissima.

La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda

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1033. San Giovanni, alla fine del primo capitolo del suo Vangelo, riferisce la vocazione di Natanaele - quinto discepolo di Cristo - e incomincia il secondo capitolo dicendo: Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Da queste parole sembra che si possa dedurre che la nostra Signora si trovava a Cana prima che fosse invitato allo sposalizio il suo Figlio santissimo. Al fine di accordare ciò con quello che ho detto nel capitolo precedente e capire che giorno fosse, feci alcune domande per obbedienza. Mi fu risposto che, nonostante la diversità delle opinioni dei narratori, la storia della Regina e il Vangelo concordano e che il fatto avvenne in questa maniera: Cristo nostro Signore con i suoi cinque apostoli, entrando in Galilea andò direttamente a Nazaret, predicando ed insegnando. Il viaggio durò alcuni giorni; non molti, ma certamente più di tre. Giunto a Nazaret, egli battezzò la sua beatissima Madre - come già si è detto - e subito con i suoi discepoli andò a predicare in alcune località vicine. Nel frattempo Maria santissima si recò a Cana per le nozze di alcuni parenti di quarto grado da parte di sant'Anna; da lei gli sposi seppero della venuta del Salvatore del mondo e che già aveva dei seguaci. Per decisione della santissima Madre e del medesimo Signore, che imperscrutabilmente così disponeva per i suoi alti fini, Gesù fu invitato alle nozze con i suoi discepoli.

1034. Il terzo giorno, in cui secondo l'Evangelista fu celebrato lo sposalizio, era il terzo della settimana degli ebrei. Benché egli non lo dica espressamente, non asserisce neppure che fosse il terzo dopo la chiamata dei discepoli o l'ingresso in Galilea. Ma era impossibile che queste nozze si svolgessero tre giorni dopo quegli avvenimenti, perché Cana si trova nei territori settentrionali della tribù di Zabulon, dove era la tribù di Aser, ed è molto distante da tutti i confini della Giudea e della Galilea, dai quali entrò il Salvatore. Se il terzo giorno dopo il suo ingresso in Galilea ci fossero state le nozze, non sarebbero restati più di due giorni per giungere dalla Giudea a Cana, mentre occorrono tre giornate di cammino; inoltre avrebbe dovuto trovarsi nei dintorni di Cana prima che lo invitassero e per tutto questo sarebbe stato necessario più tempo. Oltre a ciò, andando dalla Giudea a Cana di Galilea s'incontra prima Nazaret, perché Cana è più vicina al mar Mediterraneo e alla tribù di Aser, come ho detto. Era opportuno che il Verbo incarnato si recasse subito a visitare la sua Madre santissima, la quale, sapendo della sua venuta - come è certo - lo doveva aspettare senza uscire dalla città. Se l'Evangelista non parla di questa visita né del battesimo della celeste Signora, è perché lui e gli altri evangelisti narrano solo quello che serve al loro intento. Infatti, lo stesso san Giovanni dichiara che di molti miracoli operati dal divino Maestro non si parla non essendo necessario scriverli tutti.

1035. Trovandosi a Cana la Regina del mondo, fu invitato alle nozze anche il suo Figlio santissimo con i discepoli ed egli per la sua benignità, che disponeva tutto, accettò l'invito. Vi si recò subito per santificare il matrimonio ed approvarlo, cominciando a confermare la sua dottrina col miracolo che vi compì. Il Signore si presentava già come maestro accettando discepoli; era perciò necessario rafforzarli nella loro vocazione e legittimare il proprio insegnamento affinché vi credessero e vi aderissero. Per tale ragione l'Evangelista considerò questo prodigio principio dei miracoli di Gesù in Cana di Galilea, avendo sua Maestà compiuto altre meraviglie ma senza dichiararsi pubblicamente loro autore, come invece fece questa volta. Il Signore stesso disse alla sua santissima Madre che sino a quel momento non era arrivata la sua ora. Il miracolo avvenne lo stesso giorno in cui si compì un anno dal battesimo di Cristo nostro salvatore, che era stato anche il giorno dell'adorazione dei Magi, come professa la santa Chiesa romana celebrando insieme, il sei gennaio, questi tre misteri. Il Signore aveva trent'anni, compiuti da tredici giorni, poiché appunto tanti ne erano trascorsi dal suo natale santissimo all'epifania.

1036. Il Maestro della vita entrò nella casa degli sposi e salutò dicendo: «La pace e la luce del Signore siano con voi», perché veramente Dio era presente insieme a loro. Subito fece un'esortazione di vita eterna allo sposo, insegnandogli le condizioni proprie del suo stato per poter divenire santo e perfetto. La gran Signora fece lo stesso con la sposa, che ammaestrò con parole dolcissime ed efficaci riguardo ai suoi doveri. Entrambi gli sposi adempirono con perfezione i doveri dello stato che scelsero felicemente con l'assistenza del Re e della Regina del cielo e della terra. Non posso qui trattenermi a dimostrare che lo sposo non era san Giovanni evangelista; per ogni dimostrazione basta sapere che egli andò alle nozze col Salvatore come discepolo. In quest'occasione il Signore non pretese di sciogliere il matrimonio, ma anzi venne per autorizzarlo e santificarlo; inoltre, non era conseguente a tale intento scioglierlo dopo, né l'Evangelista pensò mai di sposarsi. Subito dopo aver esortato gli sposi, il nostro Redentore rivolse all'eterno Padre una fervorosa orazione, supplicandolo di impartire, nella nuova legge di grazia, la sua benedizione sopra il genere umano, di fare del matrimonio uno dei sacramenti e di dare ad esso, da allora in poi, la virtù di santificare coloro che lo avrebbero contratto nella santa Chiesa.

1037. La beatissima Vergine conosceva la volontà e la preghiera del Verbo incarnato e vi si unì collaborando a quest'opera, come alle altre che egli compiva a vantaggio dell'umanità. Facendosi carico dell'ingratitudine degli uomini di fronte a questi benefici, intonò un cantico di lode a Dio, invitando i santi angeli ad unirsi a lei. Questo però era manifesto solamente al Salvatore, il quale si deliziava nella sapienza e nelle opere della sua purissima Madre, come ella in quelle del Figlio. Per il resto conversavano insieme agli altri invitati con la sapienza e la gravità di parole degne di loro, finalizzandole ad illuminare i cuori di tutti i presenti. La prudentissima Signora parlava pochissimo e solo quando veniva interpellata o era davvero necessario, perché sempre stava attenta a udire e a considerare ciò che sua Maestà diceva per custodirlo e meditarlo nel suo castissimo cuore. Le opere, le parole e tutto il procedere di questa gran Regina nell'intero corso della sua vita furono un raro esempio di prudenza e modestia, ed in questa circostanza in particolare lo furono non solo per le religiose, ma anche e soprattutto per le donne del secolo, le quali dovrebbero tener presente questo modello in occasioni come quelle delle nozze per imparare a tacere, a moderarsi e a misurare le azioni esteriori per non comportarsi con leggerezza. Infatti la temperanza non è mai così necessaria come quando il pericolo è più grande, e sempre nelle donne la maggiore eleganza, bellezza e dignità è il silenzio e la discrezione, con cui s'impedisce l'ingresso a molti vizi e si perfezionano le virtù della donna umile ed onesta.

1038. A tavola il Signore e la sua Madre santissima mangiarono le stesse delicate vivande servite agli altri, ma con somma moderazione e nascondendo la loro astinenza. Anche se quando erano soli non mangiavano tali cibi, nondimeno i maestri della santità, che non volevano disapprovare la vita comune degli uomini ma perfezionarla con le loro opere, si adeguavano a tutti senza estremi e senza distinguersi pubblicamente in ciò che d'altronde non era riprensibile. Il Maestro divino lasciò ai suoi discepoli, con l'esempio e l'insegnamento, questo principio: cibarsi di quello che sarebbe stato posto loro innanzi quando sarebbero andati a predicare e non farsi notare come imperfetti e poco istruiti nel cammino della virtù, poiché il vero povero ed umile non deve scegliere i cibi. Ora, per volontà divina accadde che al banchetto mancò il vino e la pietosa Regina disse al Redentore: «Non hanno più vino». Ed egli le rispose: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». Tale risposta non fu un rimprovero ma un mistero, perché la prudentissima Signora non cercò il miracolo casualmente; al contrario, grazie alla luce divina, seppe bene che era tempo opportuno per la manifestazione del potere del suo Figlio santissimo. Colei che era piena di sapienza e di scienza circa le opere della redenzione e circa l'ordine, i tempi e le circostanze in cui il Salvatore doveva portarle a compimento, non poteva ignorarlo. Inoltre è da tenere presente che sua Maestà non pronunziò le suddette parole con tono di rimprovero, ma con magnificenza e affabile serenità. E se non chiamò la Vergine "madre" ma "donna", fu perché allora non la trattava con tanta dolcezza di parole.

1039. Il mistero racchiuso nella risposta del Signore ebbe lo scopo di confermare i discepoli nella fede nella sua divinità ed incominciare a manifestarla a tutti mostrandosi vero Dio, indipendente da sua Madre. Per tale motivo egli non la chiamò neppure madre, dicendole: «Donna, che ti riguarda o che abbiamo a che fare tu ed io in questo?». E ciò fu come dirle: «Il potere di fare miracoli io non l'ho ricevuto da te, benché tu mi abbia dato la natura umana, perché il compierli spetta solamente alla mia divinità e rispetto ad essa non è giunta la mia ora». Con tali parole diede ad intendere che la decisione di compiere meraviglie non era della sua Madre santissima, nonostante le chiedesse al momento opportuno, ma di Dio. Nello stesso tempo, il Signore volle che si comprendesse come in lui oltre alla volontà umana ve n'era un'altra, che era superiore a quella della prudentissima Signora e che non era sottomessa a lei; al contrario, il volere della beatissima Vergine era soggetto a quello del suo divino Figlio. In conseguenza di ciò, sua Maestà infuse nell'intimo dei discepoli nuova luce, con la quale essi compresero che nella persona di Cristo vi era l'unione di due nature e che egli aveva ricevuto quella umana da sua Madre e quella divina dal Padre celeste per eterna generazione.

1040. La gran Signora conobbe tutto questo mistero, e con affabile gravità disse a coloro che servivano: «Fate quello che vi dirà». Ella parlò come maestra di tutto il genere umano, mostrando di conoscere la volontà di Cristo e insegnandoci che per rimediare tutte le nostre necessità e miserie è sufficiente da parte nostra fare tutto quello che il Signore e coloro che ce lo rappresentano comandano. Un simile insegnamento non poteva venire che da tale Madre ed avvocata, la quale, desiderosa del nostro bene come chi conosce ciò che impedisce al potere divino di compiere numerose e grandi meraviglie, volle proporci il rimedio alle nostre mancanze e disavventure, indirizzandoci al compimento del beneplacito dell'Altissimo, in cui consiste tutto il nostro bene. Il Redentore del mondo comandò ai servi di riempire d'acqua le giare. Ed essendo state riempite tutte, lo stesso Signore ordinò che vi attingessero l'acqua convertita in vino e che la portassero al maestro di tavola, il quale era uno dei sacerdoti e a mensa occupava il primo posto. Quando costui gustò il vino miracoloso, stupito chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono, tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono».

1041. Il maestro di tavola non sapeva del miracolo, perché era distante da Cristo, il quale occupava i posti più lontani con la sua Madre santissima e i discepoli, insegnando con i fatti ciò che in seguito avrebbe insegnato con la dottrina, cioè che nei conviti non dobbiamo metterci al primo posto, ma di nostra iniziativa dobbiamo scegliere l'ultimo. Subito si diffuse la meraviglia per il fatto che il nostro Salvatore aveva cambiato l'acqua in vino e si manifestò la sua gloria; i suoi discepoli credettero in lui e furono confermati maggiormente nella fede. Anche molti altri presenti lo riconobbero come il vero Messia e lo seguirono sino alla città di Cafarnao, dove, una volta partito da Cana, sua Maestà si recò con sua Madre e i discepoli. Qui cominciò a predicare, presentandosi ormai come maestro degli uomini. Quello che dice l'Evangelista non è un negare altri segni operati nascostamente, anzi è un supporlo, perché vuol dire che in questo prodigio mostrò la sua gloria, a differenza dei precedenti, nei quali non aveva voluto essere riconosciuto perché non era giunto il tempo stabilito dalla divina sapienza. È certo che in Egitto ne aveva operati molti ed ammirevoli, quali la distruzione dei templi e dei loro idoli, come si è già detto. In tutte queste meraviglie Maria santissima faceva atti d'insigne virtù a lode dell'Altissimo e in rendimento di grazie, perché il suo santo nome si era rivelato. Ella attendeva al sostegno dei nuovi credenti e al servizio del suo Figlio santissimo, e a tutto dava la massima perfezione con la sua incomparabile sapienza. Era poi sollecita nella carità, invocando l'eterno Padre e supplicandolo di disporre gli animi e i cuori degli uomini affinché le parole e la luce del Verbo incarnato li illuminassero e fugassero le tenebre della loro ignoranza.

Insegnamento della Regina del cielo

1042. Figlia mia, è senza scuse la dimenticanza di cui generalmente sono colpevoli i figli della Chiesa quando non si adoperano per far conoscere la magnificenza del loro Dio e il suo santo nome a tutte le creature razionali. Questa negligenza è più colpevole dopo che per questo il Verbo eterno si è incarnato nel mio grembo, ha ammaestrato il mondo e lo ha riscattato. A tal fine appunto sua Maestà fondò la santa Chiesa e l'arricchì di tesori spirituali, di ministri ed anche di altri beni temporali. Tutto ciò non solo deve servire per conservare la Chiesa con i figli che ha già, ma anche per farla crescere e attrarre altri alla rigenerazione della fede cattolica. Tutti devono contribuirvi, affinché si ricavi un maggior frutto dalla morte del Redentore. Alcuni possono farlo con preghiere e fervidi desideri della diffusione del santo nome di Dio, altri con elemosine, altri con esortazioni, altri col loro lavoro e con la loro sollecitudine. Tuttavia, se in questa tiepidezza sono meno colpevoli gli ignoranti e i poveri, che forse non hanno chi ricordi loro tale dovere, sono, al contrario, assai degni di riprensione i ricchi e i potenti, e molto più i ministri e i prelati della Chiesa, ai quali spetta maggiormente questo compito. Intanto molti di essi, dimentichi di così terribile responsabilità, di cui dovranno rendere conto, trasformano la vera gloria di Cristo in gloria loro propria. Spendono il patrimonio del sangue del Salvatore per opere e fini che non sono degni di essere nominati e a causa loro periscono moltissime anime che con i mezzi opportuni sarebbero potute venire al grembo della santa Chiesa, o almeno essi avrebbero merito ed il Signore la gloria di avere ministri fedeli. Lo stesso peso sovrasta i principi e i potenti del mondo, i quali hanno ricevuto dalla mano di Dio onore, ricchezze ed altri beni temporali per impiegarli a lode di sua Maestà, ma su nessuna cosa riflettono meno che sopra un simile dovere.

1043. Per tutti questi abusi voglio che ti addolori e ti adoperi - per quanto potranno le tue forze - affinché la gloria dell'Altissimo sia manifestata. Impegnati a far sì che egli venga conosciuto da tutte le nazioni e che perfino dalle pietre sorgano figli di Abramo, poiché Dio è onnipotente in tutto. Per trarre tutti al soave giogo del Vangelo, chiedi al Signore che invii operai e ministri idonei alla sua Chiesa, perché la messe è abbondante e pochi sono i lavoratori fedeli e zelanti per raccoglierla. Sia vivo esempio per te ciò che ti ho manifestato della mia sollecitudine e del materno amore con cui io mi prodigavo insieme a mio Figlio per guadagnargli le anime e conservarle nella sua dottrina e sequela. Mai si affievolisca nell'intimo del tuo cuore la fiamma di questa carità e di questo zelo! Voglio inoltre che il silenzio e la modestia, che io conservai alle nozze, siano per te e per le tue religiose norma inviolabile con cui misurare sempre le azioni esteriori, la riservatezza, la moderazione e la sobrietà nel parlare, specialmente quando vi trovate alla presenza degli uomini; queste virtù, infatti, sono ornamenti che abbelliscono la sposa di Cristo, affinché trovi grazia ai suoi occhi divini.


14-46 Luglio 28, 1922 Somiglianza dell’anima con Gesù, non solo nelle morti di dolori, ma anche in quelle d’amore.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Mi sentivo tutta immersa nel suo Santissimo Volere, ed il mio dolce Gesù, nel venire mi ha detto:

(2) “Figlia mia, immedesima la tua intelligenza con la mia, affinché circoli in tutte le intelligenze delle creature, e riceva il vincolo di ciascun pensiero di esse, per sostituirli con tant’altri pensieri fatti nel mio Volere, ed Io riceva la gloria come se tutti i pensieri fossero fatti nel modo divino. Allarga il tuo volere nel mio, nessuna cosa deve sfuggire che non resti presa nella rete della tua e mia Volontà, il mio Volere in Me ed il mio Volere in te, devono confondersi insieme e tenere gli stessi confini interminabili, ma ho bisogno che il tuo volere si presti a distendersi nel mio e non gli sfugga nessuna cosa da Me creata, affinché in tutte le cose senta l’eco della Volontà Divina nella volontà umana, affinché vi generi la mia somiglianza. Vedi figlia mia, Io subii doppie morti per ciascuna creatura, una d’amore e l’altra di pena, perché nel crearla la creai un complesso tutto d’amore, per cui non doveva uscire da essa altro che amore, tanto che il mio ed il suo dovevano stare in continue correnti, ma l’uomo non solo non mi amò, ma ingrato mi offese, ed Io dovevo rifare il mio Divino Padre di questa mancanza d’amore, e dovetti accettare una morte d’amore per ciascuno, ed un’altra di dolore per le offese”.

(3) Ma mentre ciò diceva, vedevo il mio dolce Gesù tutto una fiamma, che lo consumava e gli dava morte per ciascuno, anzi vedevo che ogni pensiero, parola, moto, opera, passo, ecc., erano tante fiamme che consumavano Gesù e lo vivificavano.

(4) Onde Gesù ha soggiunto: “Non vorresti tu la mia somiglianza? Non vorresti tu accettare le morti d’amore come accettasti le morti di dolore?”

(5) Ed io: “Ah! mio Gesù, io non so che mi sia successo; sento ancora gran ripugnanza per aver accettato quelle di dolore, come potrei accettare quelle d’amore che mi sembrano più dure? Io tremo al solo pensarlo, la mia povera natura si annienta di più, si disfà. Aiutami, dammi la forza, ché mi sento che non posso tirare più avanti”.

(6) E Gesù, tutto bontà e deciso ha soggiunto: “Povera figlia mia, coraggio, non temere né volerti turbare per la ripugnanza che senti; anzi, per rassicurarti ti dico che anche questa è una mia somiglianza. Devi sapere che anche la mia Umanità, per quanto santa, desiderosa al sommo di patire, sentiva questa ripugnanza, ma non era la mia, erano tutte le ripugnanze delle creature che sentivano nel fare il bene, nell’accettare le pene che meritavano, e dovevo subire queste pene che mi torturavano non poco, per dare a loro l’inclinazione al bene e renderle più dolci le pene, tanto che nell’orto gridai al Padre: “Se è possibile passi da Me questo calice”. Credi tu che fui Io? Ah no! t’inganni, Io amavo il patire fino alla follia, amavo la morte per dar vita ai miei figli; era il grido di tutta quanta l’umana famiglia, che echeggiava nella mia Umanità, ed Io, gridando insieme con loro per dar loro forza, ripetete per ben tre volte: “Se è possibile passi da Me questo calice”. Io parlavo a nome di tutti, come se fossero cosa mia, ma mi sentivo schiacciare; sicché la ripugnanza che senti non è tua, è l’eco della mia; se fosse tua mi sarei ritirato, perciò, figlia mia, volendo generare da Me un’altra mia immagine, voglio che accetti, ed Io stesso voglio segnare nella tua volontà allargata e consumata nella mia, queste mie morti d’amore”.

(7) E mentre ciò diceva, con la sua santa mano mi segnava, ed è scomparso. Sia tutto a gloria di Dio.