Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Allo stesso modo in cui il sole illumina i grandi cedri ed i piccoli fiori da niente come se ciascuno fosse unico al mondo, così nostro Signore si occupa di ciascun'anima con tanto amore, quasi fosse la sola ad esistere. E come nella natura le stagioni tutte sono regolate in modo da far sbocciare nel giorno stabilito la pratolina più umile, così tutto risponde al bene di ciascun'anima. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 11° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 16

1Passato il sabato, Maria di Màgdala, Maria di Giacomo e Salome comprarono oli aromatici per andare a imbalsamare Gesù.2Di buon mattino, il primo giorno dopo il sabato, vennero al sepolcro al levar del sole.3Esse dicevano tra loro: "Chi ci rotolerà via il masso dall'ingresso del sepolcro?".4Ma, guardando, videro che il masso era già stato rotolato via, benché fosse molto grande.5Entrando nel sepolcro, videro un giovane, seduto sulla destra, vestito d'una veste bianca, ed ebbero paura.6Ma egli disse loro: "Non abbiate paura! Voi cercate Gesù Nazareno, il crocifisso. È risorto, non è qui. Ecco il luogo dove l'avevano deposto.7Ora andate, dite ai suoi discepoli e a Pietro che egli vi precede in Galilea. Là lo vedrete, come vi ha detto".8Ed esse, uscite, fuggirono via dal sepolcro perché erano piene di timore e di spavento. E non dissero niente a nessuno, perché avevano paura.

9Risuscitato al mattino nel primo giorno dopo il sabato, apparve prima a Maria di Màgdala, dalla quale aveva cacciato sette demòni.10Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto.11Ma essi, udito che era vivo ed era stato visto da lei, non vollero credere.
12Dopo ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna.13Anch'essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere.
14Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risuscitato.
15Gesù disse loro: "Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura.16Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato.17E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demòni, parleranno lingue nuove,18prenderanno in mano i serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno, imporranno le mani ai malati e questi guariranno".
19Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu assunto in cielo e sedette alla destra di Dio.
20Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l'accompagnavano.


Esdra 2

1Questi sono gli abitanti della provincia che ritornarono dall'esilio, i deportati che Nabucodònosor re di Babilonia aveva condotti in esilio a Babilonia.
Essi tornarono a Gerusalemme e in Giudea, ognuno alla sua città;2vennero con Zorobabèle, Giosuè, Neemia, Seraia, Reelaia, Mardocheo, Bilsan, Mispar, Bigvai, Recun, Baana.
Computo degli uomini del popolo d'Israele:
3Figli di Paros: duemilacentosettantadue.
4Figli di Sefatia: trecentosettantadue.
5Figli di Arach: settecentosettantacinque.
6Figli di Pacat-Moab, cioè i figli di Giosuè e di Ioab: duemilaottocentodieci.
7Figli di Elam: milleduecentocinquantaquattro.
8Figli di Zattu: novecentoquarantacinque.
9Figli di Zaccai: settecentosessanta.
10Figli di Bani: seicentoquarantadue.
11Figli di Bebai: seicentoventitré.
12Figli di Azgad: milleduecentoventidue.
13Figli di Adonikam: seicentosettantasei.
14Figli di Bigvai: duemilacinquantasei.
15Figli di Adin: quattrocentocinquantaquattro.
16Figli di Ater, cioè di Ezechia: novantotto.
17Figli di Bezài: trecentoventitré.
18Figli di Iora: centododici.
19Figli di Casum: duecentoventitré.
20Figli di Ghibbar: novantacinque.
21Figli di Betlemme: centoventitré.
22Uomini di Netofa: cinquantasei.
23Uomini di Anatòt: centoventotto.
24Figli di Azmàvet: quarantadue.
25Figli di Kiriat-Iearìm, di Chefira e di Beeròt: settecentoquarantatré.
26Figli di Rama e di Gheba: seicentoventuno.
27Uomini di Micmas: centoventidue.
28Uomini di Betel e di Ai: duecentoventitré.
29Figli di Nebo: cinquantadue.
30Figli di Magbis: centocinquantasei.
31Figli di un altro Elam: milleduecentocinquantaquattro.
32Figli di Carim: trecentoventi.
33Figli di Lod, Cadid e Ono: settecentoventicinque.
34Figli di Gèrico: trecentoquarantacinque.
35Figli di Senaa: tremilaseicentotrenta.
36I sacerdoti:
Figli di Iedaia della casa di Giosuè: novecentosettantatré.
37Figli di Immer: millecinquantadue.
38Figli di Pascur: milleduecentoquarantasette.
39Figli di Carìm: millediciassette.
40I leviti:
Figli di Giosuè e di Kadmiel, di Binnui e di Odavia: settantaquattro.
41I cantori:
Figli di Asaf: centoventotto.
42I portieri:
Figli di Sallùm, figli di Ater, figli di Talmon, figli di Akkub, figli di Catita, figli di Sobài: in tutto centotrentanove.
43Gli oblati:
Figli di Zica, figli di Casufa,
figli di Tabbaot,44figli di Keros,
figli di Siaà, figli di Padon,
45figli di Lebana, figli di Cagabà,
figli di Akkub,46figli di Cagàb,
figli di Samlai, figli di Canan,
47figli di Ghiddel, figli di Gacar,
figli di Reaia,48figli di Rezin,
figli di Nekoda, figli di Gazzam,
49figli di Uzza, figli di Paseach,
figli di Besai,50figli di Asna,
figli di Meunim, figli dei Nefisim,
51figli di Bakbuk, figli di Cakufa,
figli di Carcur,52figli di Bazlut,
figli di Mechida, figli di Carsa,
53figli di Barkos, figli di Sisara,
figli di Temach,54figli di Nesiach,
figli di Catifa.
55Figli dei servi di Salomone:
Figli di Sotai, figli di Assofèret,
figli di Peruda,56figli di Iaalà,
figli di Darkon, figli di Ghiddel,
57figli di Sefatia, figli di Cattil,
figli di Pochéret Azzebàim, figli di Ami.
58Totale degli oblati e dei figli dei servi di Salomone: trecentonovantadue.
59I seguenti rimpatriati da Tel-Melach, Tel-Carsa, Cherub-Addàn, Immer, non potevano dimostrare se il loro casato e la loro discendenza fossero d'Israele:
60figli di Delaia, figli di Tobia, figli di Nekodà: seicentoquarantadue.
61Tra i sacerdoti i seguenti:
figli di Cobaià, figli di Akkoz, figli di Barzillài, il quale aveva preso in moglie una delle figlie di Barzillài il Galaadita e aveva assunto il suo nome,62cercarono il loro registro genealogico, ma non lo trovarono; allora furono esclusi dal sacerdozio.63Il governatore ordinò loro che non mangiassero le cose santissime, finché non si presentasse un sacerdote con 'Urim' e 'Tummim'.
64Tutta la comunità così radunata era di quarantaduemilatrecentosessanta persone;65inoltre vi erano i loro schiavi e le loro schiave: questi erano settemilatrecentotrentasette; poi vi erano i cantori e le cantanti: duecento.
66I loro cavalli: settecentotrentasei.
I loro muli: duecentoquarantacinque.
67I loro cammelli: quattrocentotrentacinque.
I loro asini: seimilasettecentoventi.
68Alcuni capifamiglia al loro arrivo al tempio che è in Gerusalemme, fecero offerte volontarie per il tempio, perché fosse ripristinato nel suo stato.69Secondo le loro forze diedero al tesoro della fabbrica: oro: dramme sessantunmila; argento: mine cinquemila; tuniche da sacerdoti: cento.
70Poi i sacerdoti, i leviti, alcuni del popolo, i cantori, i portieri e gli oblati si stabilirono nelle rispettive città e tutti gli Israeliti nelle loro città.


Giobbe 36

1Eliu continuò a dire:

2Abbi un po' di pazienza e io te lo dimostrerò,
perché in difesa di Dio c'è altro da dire.
3Prenderò da lontano il mio sapere
e renderò giustizia al mio creatore,
4poiché non è certo menzogna il mio parlare:
un uomo di perfetta scienza è qui con te.
5Ecco, Dio è grande e non si ritratta,
egli è grande per fermezza di cuore.
6Non lascia vivere l'iniquo
e rende giustizia ai miseri.
7Non toglie gli occhi dai giusti,
li fa sedere sul trono con i re
e li esalta per sempre.
8Se talvolta essi sono avvinti in catene,
se sono stretti dai lacci dell'afflizione,
9fa loro conoscere le opere loro
e i loro falli, perché superbi;
10apre loro gli orecchi per la correzione
e ordina che si allontanino dalla iniquità.
11Se ascoltano e si sottomettono,
chiuderanno i loro giorni nel benessere
e i loro anni nelle delizie.
12Ma se non vorranno ascoltare,
di morte violenta periranno,
spireranno senza neppure saperlo.
13I perversi di cuore accumulano l'ira;
non invocano aiuto, quando Dio li avvince in catene:
14si spegne in gioventù la loro anima,
e la loro vita all'età dei dissoluti.
15Ma egli libera il povero con l'afflizione,
gli apre l'udito con la sventura.
16Anche te intende sottrarre dal morso
dell'angustia:
avrai in cambio un luogo ampio, non ristretto
e la tua tavola sarà colma di vivande grasse.
17Ma se colmi la misura con giudizi da empio,
giudizio e condanna ti seguiranno.
18La collera non ti trasporti alla bestemmia,
l'abbondanza dell'espiazione non ti faccia fuorviare.
19Può forse farti uscire dall'angustia il tuo
grido,
con tutti i tentativi di forza?
20Non sospirare quella notte,
in cui i popoli vanno al loro luogo.
21Bada di non volgerti all'iniquità,
poiché per questo sei stato provato dalla miseria.

22Ecco, Dio è sublime nella sua potenza;
chi come lui è temibile?
23Chi mai gli ha imposto il suo modo d'agire
o chi mai ha potuto dirgli: "Hai agito male?".
24Ricordati che devi esaltare la sua opera,
che altri uomini hanno cantato.
25Ogni uomo la contempla,
il mortale la mira da lontano.
26Ecco, Dio è così grande, che non lo
comprendiamo:
il numero dei suoi anni è incalcolabile.
27Egli attrae in alto le gocce dell'acqua
e scioglie in pioggia i suoi vapori,
28che le nubi riversano
e grondano sull'uomo in grande quantità.
29Chi inoltre può comprendere la distesa delle
nubi,
i fragori della sua dimora?
30Ecco, espande sopra di esso il suo vapore
e copre le profondità del mare.
31In tal modo sostenta i popoli
e offre alimento in abbondanza.
32Arma le mani di folgori
e le scaglia contro il bersaglio.
33Lo annunzia il suo fragore,
riserva d'ira contro l'iniquità.


Salmi 63

1'Salmo. Di Davide, quando dimorava nel deserto di Giuda.'

2O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta,
arida, senz'acqua.
3Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
4Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.

5Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
6Mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.
7Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
8a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.

9A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.
10Ma quelli che attentano alla mia vita
scenderanno nel profondo della terra,
11saranno dati in potere alla spada,
diverranno preda di sciacalli.
12Il re gioirà in Dio,
si glorierà chi giura per lui,
perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.


Geremia 43

1Quando Geremia finì di riferire a tutto il popolo tutte le parole del Signore loro Dio - tutte quelle parole per cui il Signore lo aveva inviato a loro -2Azaria figlio di Osaia e Giovanni figlio di Kàreca e tutti quegli uomini superbi e ribelli dissero a Geremia: "Una menzogna stai dicendo! Non ti ha inviato il Signore nostro Dio a dirci: Non andate in Egitto per dimorare là;3ma Baruch figlio di Neria ti istiga contro di noi per consegnarci nelle mani dei Caldei, perché ci uccidano e ci deportino in Babilonia".
4Pertanto Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate e tutto il popolo non obbedirono all'invito del Signore di rimanere nel paese di Giuda.
5Così Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate raccolsero tutti i superstiti di Giuda, che erano ritornati per abitare nella terra di Giuda da tutte le regioni in mezzo alle quali erano stati dispersi,6uomini, donne, bambini, le principesse reali e tutte le persone che Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva lasciate con Godolia figlio di Achikàm, figlio di Safàn, insieme con il profeta Geremia e con Baruch figlio di Neria,7e andarono nel paese d'Egitto, non avendo dato ascolto alla voce del Signore, e giunsero fino a Tafni.

8Allora la parola del Signore fu rivolta a Geremia in Tafni:9"Prendi in mano grandi pietre e sotterrale nella mota nel quadrato dei mattoni all'ingresso della casa del faraone in Tafni, sotto agli occhi dei Giudei.10Quindi dirai loro: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, io manderò a prendere Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo; egli porrà il trono su queste pietre che hai sotterrate e stenderà il baldacchino sopra di esse.11Verrà infatti e colpirà il paese d'Egitto, mandando a morte chi è destinato alla morte, alla schiavitù chi è destinato alla schiavitù e uccidendo di spada chi è destinato alla spada.12Darà alle fiamme i templi degli dèi d'Egitto, li brucerà e porterà gli dèi in esilio; ripulirà il paese di Egitto come un pastore pulisce dai pidocchi il mantello; poi se ne andrà tranquillo.13Frantumerà gli obelischi del tempio del sole nel paese d'Egitto e darà alle fiamme i templi degli dèi d'Egitto".


Lettera ai Filippesi 2

1Se c'è pertanto qualche consolazione in Cristo, se c'è conforto derivante dalla carità, se c'è qualche comunanza di spirito, se ci sono sentimenti di amore e di compassione,2rendete piena la mia gioia con l'unione dei vostri spiriti, con la stessa carità, con i medesimi sentimenti.3Non fate nulla per spirito di rivalità o per vanagloria, ma ciascuno di voi, con tutta umiltà, consideri gli altri superiori a se stesso,4senza cercare il proprio interesse, ma anche quello degli altri.
5Abbiate in voi gli stessi sentimenti che furono in Cristo Gesù,

6il quale, pur essendo di natura divina,
non considerò un tesoro geloso
la sua uguaglianza con Dio;
7ma spogliò se stesso,
assumendo la condizione di servo
e divenendo simile agli uomini;
apparso in forma umana,
8umiliò se stesso
facendosi obbediente fino alla morte
e alla morte di croce.
9Per questo Dio l'ha esaltato
e gli ha dato il nome
che è al di sopra di ogni altro nome;
10perché nel nome di Gesù
'ogni ginocchio si pieghi'
nei cieli, sulla terra e sotto terra;
11e 'ogni lingua proclami'
che Gesù Cristo è il Signore, a gloria di Dio Padre.

12Quindi, miei cari, obbedendo come sempre, non solo come quando ero presente, ma molto più ora che sono lontano, attendete alla vostra salvezza con timore e tremore.13È Dio infatti che suscita in voi il volere e l'operare secondo i suoi benevoli disegni.14Fate tutto senza mormorazioni e senza critiche,15perché siate irreprensibili e semplici, figli di Dio immacolati in mezzo a una generazione perversa e degenere, nella quale dovete splendere come astri nel mondo,16tenendo alta la parola di vita. Allora nel giorno di Cristo, io potrò vantarmi di non aver corso invano né invano faticato.17E anche se il mio sangue deve essere versato in libagione sul sacrificio e sull'offerta della vostra fede, sono contento, e ne godo con tutti voi.18Allo stesso modo anche voi godetene e rallegratevi con me.

19Ho speranza nel Signore Gesù di potervi presto inviare Timòteo, per essere anch'io confortato nel ricevere vostre notizie.20Infatti, non ho nessuno d'animo uguale al suo e che sappia occuparsi così di cuore delle cose vostre,21perché tutti cercano i propri interessi, non quelli di Gesù Cristo.22Ma voi conoscete la buona prova da lui data, poiché ha servito il vangelo con me, come un figlio serve il padre.23Spero quindi di mandarvelo presto, non appena avrò visto chiaro nella mia situazione.24Ma ho la convinzione nel Signore che presto verrò anch'io di persona.
25Per il momento ho creduto necessario mandarvi Epafrodìto, questo nostro fratello che è anche mio compagno di lavoro e di lotta, vostro inviato per sovvenire alle mie necessità;26lo mando perché aveva grande desiderio di rivedere voi tutti e si preoccupava perché eravate a conoscenza della sua malattia.27È stato grave, infatti, e vicino alla morte. Ma Dio gli ha usato misericordia, e non a lui solo ma anche a me, perché non avessi dolore su dolore.28L'ho mandato quindi con tanta premura perché vi rallegriate al vederlo di nuovo e io non sia più preoccupato.29Accoglietelo dunque nel Signore con piena gioia e abbiate grande stima verso persone come lui;30perché ha rasentato la morte per la causa di Cristo, rischiando la vita, per sostituirvi nel servizio presso di me.


Capitolo XX: Riconoscere la propria debolezza e la miseria di questa nostra vita

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1. "Confesserò contro di me il mio peccato" (Sal 31,5); a te, o Signore, confesserò la mia debolezza. Spesso basta una cosa da nulla per abbattermi e rattristarmi: mi propongo di comportarmi da uomo forte, ma, al sopraggiungere di una piccola tentazione, mi trovo in grande difficoltà. Basta una cosa assolutamente da nulla perché me ne venga una grave tentazione: mentre, fino a che non l'avverto, mi sento abbastanza sicuro, poi, a un lieve spirare di vento, mi trovo quasi sopraffatto. "Guarda dunque, Signore, alla mia miseria" (Sal 14,18) e alla mia fragilità, che tu ben conosci per ogni suo aspetto; abbi pietà di me; "tirami fuori dal fango, così che io non vi rimanga confitto" (Sal 68,15), giacendo a terra per sempre. Quello che mi risospinge indietro e mi fa arrossire dinanzi a te, è appunto questa mia instabilità e questa mia debolezza nel resistere alle tentazioni. Che, pur quando ad esse non si acconsenta del tutto, già molto mi disturba la persecuzione loro; e assai mi affligge vivere continuamente così, in lotta. La mia debolezza mi appare in modo chiaro dal fatto che proprio i pensieri che dovrei avere sempre in orrore sono molto più facili a piombare su di me che ad andarsene. Voglia il Cielo, o potentissimo Dio di Israele, che, nel tuo grande amore per le anime di coloro che hanno fede in te, tu abbia a guardare alla fatica e alla sofferenza del tuo servo; che tu l'assista in ogni cosa a cui si accinge. Fammi forte della divina fortezza, affinché non abbia a prevalere in me l'uomo vecchio: questa misera carne non ancora pienamente sottomessa allo spirito, contro la quale bisogna combattere, finché si vive in questa miserabile vita.  

2. Ahimé!, quale è questa vita, dove non mancano tribolazioni e miserie; dove tutto è pieno di agguati e di nemici! Ché, se scompare un'afflizione o una tentazione, una altra ne viene; anzi, mentre ancora dura una lotta, ne sopraggiungono molte altre, e insospettate. Ora, come si può amare una vita così soggetta a disgrazie e a miserie? Di più, come si può chiamare vita questa, se da essa procedono tante morti e calamità? E invece la si ama e molta gente va cercando in essa la propria gioia. Il mondo viene sovente accusato di essere ingannevole e vano; ma non per questo viene facilmente abbandonato, perché troppo prevalgono le brame terrene. Altro è ciò che induce ad amare il mondo; altro è ciò che induce a condannarlo. Inducono ad amarlo il desiderio dell'uomo carnale, "il desiderio degli occhi e la superbia della vita" (1 Gv 2,16); inducono invece ad odiarlo e ad esserne disgustato le pene e le sofferenze che giustamente conseguono a quei desideri perversi. E tuttavia - tristissima cosa - i piaceri malvagi hanno il sopravvento in coloro che hanno l'animo rivolto al mondo, e "considerano gioia lo stare tra le spine" (Gb 30,7); incapaci, come sono, di vedere e di gustare la soavità di Dio e l'intima bellezza della virtù. Quelli invece che disprezzano totalmente il mondo, e si sforzano di vivere per Dio in santa disciplina, conoscono la divina dolcezza, che è stata promessa a chi sa davvero rinunciare; essi comprendono appieno quanto siano gravi gli errori e gli inganni del mondo.


LETTERA 32: Paolino scrive a Romaniano, gli esprime la gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta dopo la precedente.

Paolino scrive a Romaniano, facoltoso concittadino e benefattore di Agostino (che ne parla con riconoscenza in C. Ac. 2, 2, 3 s.), gli esprime la gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa (n. 1) congratulandosi con la chiesa d'Ippona per aver meritato Agostino come vescovo coadiutore (n. 2). Esorta poi Licenzio, figlio di Romaniano (n. 3) a disprezzare il fasto della corte e a dedicarsi a Dio per consolare in tal modo il suo maestro, Agostino (n. 4-5). Acclude un carme, in cui esprime i suoi ammonimenti ed esortazioni al giovanetto.

PAOLINO E TERASIA ALLO STIMATISSIMO SIGNORE E RAGGUARDEVOLISSIMO FRATELLO ROMANIANO

Gioia per l'arrivo di fratelli e di notizie dall'Africa.

1. Il giorno precedente che spedissimo la presente, son tornati dall'Africa i nostri fratelli, che aspettavamo con l'impazienza che hai potuto capire tu stesso, carissimo tra i servi di Dio e le persone più care. Per loro mezzo abbiamo ricevuto lettere di Aurelio, Alipio, Agostino, Profuturo e Severo, tutti ormai diventati vescovi. Felici quindi di aver ricevuto notizie così fresche di tanti e sì qualificati servi di Dio, ci siamo affrettati a farti partecipe della nostra contentezza, per condividere con te, per mezzo delle presenti consolanti notizie, la nostra gioia derivante dalla conclusione di quel viaggio che ci ha tenuti in ansia. Se per caso sei venuto a sapere le stesse notizie circa i nostri venerabili e amatissimi amici per l'arrivo di altre navi, accoglile confermate anche da noi, e di nuovo esulta, per così dire, di gioia rinnovata. Se invece saremo noi i primi a darti questa notizia, rallègrati che nella tua patria ci siamo procurato, per grazia di Cristo, tanto affetto per cui siamo i primi o tra i primi a sapere quanto ivi compie la Divina provvidenza, sempre mirabile - come sta scritto - nei suoi santi 1.

Agostino elevato a Vescovo Coadiutore d'Ippona.

2. Non vi scriviamo però soltanto per rallegrarci che Agostino abbia ricevuto l'episcopato, ma che le Chiese d'Africa abbiano meritato questa prova di sollecitudine da parte di Dio, di sentire cioè le parole del cielo per bocca di Agostino : questi, elevato in modo insolito a un più alto ufficio della religione cristiana, è stato consacrato non per essere il sostituto del vescovo nella cattedra, ma per essergli d'aiuto; in realtà, essendo ancora vivente il vescovo Valerio, Agostino è solo vescovo coadiutore della Chiesa d'Ippona. Così quel santo vecchio, la cui purissima coscienza non fu mai offuscata d'alcuna macchia d'invidia o di gelosia, riceve ora dall'Altissimo frutti degni dei suoi sentimenti pacifici, meritando cioè d'avere ora per collega colui che desiderava semplicemente per suo successore. Si sarebbe mai potuto credere una simile cosa prima che avvenisse? Ma anche a proposito di quest'opera dell'Onnipotente può ripetersi quel detto del Vangelo: Ciò è difficile per gli uomini, a Dio invece tutto è possibile 2. Esultiamo perciò e rallegriamoci in Lui, che solo sa compiere meraviglie 3 e fa vivere nella sua casa coloro che hanno uno stesso spirito 4; poiché rivolse il suo sguardo sulla nostra miseria 5 e visitò con benefici il suo popolo 6; egli, che suscitò un potente Salvatore nella casa del suo servo David 7, ha ora suscitato un potente strumento della Chiesa in mezzo ai suoi eletti, per abbattere, come promette per mezzo del Profeta, la potenza dei peccatori 8, cioè dei Donatisti e dei Manichei.

Sollecitudine per il giovanetto Licenzio.

3. Volesse il cielo che la tromba del Signore che risuona per mezzo di Agostino, arrivi a percuotere l'udito del nostro figliuolo Licenzio, che però dovrebbe udire con l'orecchio interiore per cui entra Cristo, dal quale il nemico non può rapire il seme di Dio 9. Allora sì che ad Agostino potrà sembrare d'essere veramente sommo pontefice di Cristo, perché allora si reputerebbe esaudito dall'Altissimo, se potesse cioè generarlo al Cristo qual figlio degno di sé, come lo generò degno di te nelle discipline letterarie. Da non molto - credilo - ci ha scritto una lettera bruciante di ansia per lui. Noi confidiamo in Cristo onnipotente che sui desideri carnali del nostro giovanetto prevalgano i desideri spirituali di Agostino. Sarà vinto anche suo malgrado; sarà vinto, credimi, dalla fede del suo tenerissimo padre, perché non riporti una cattiva vittoria, qualora preferisse vincere con suo danno piuttosto che lasciarsi vincere per la propria salvezza. E perché il dovere della fraterna gentilezza non sembrasse una parola priva di contenuto, mandiamo a te e al nostro figliuolo Licenzio cinque gallette dei soldati cristiani, con la cui tenuta da combattimento lottiamo per fare ogni giorno rifornimento di temperanza. Non abbiamo infatti potuto escludere dalla nostra benedizione il tuo figliuolo, che desideriamo sia a noi intimamente congiunto per la medesima grazia. Vogliamo però rivolgere brevi parole anche a lui, perché non abbia a dire che non è indirizzato a lui quanto ti abbiamo scritto di lui. Parliamo ad Eschino, perché intenda Micione. Ma perché usare parole d'altri, quando possiamo esprimere ogni cosa con parole nostre e quando usare un linguaggio non proprio suole essere segno di mente non sana? Grazie a Dio la nostra è sana, poiché abbiamo per capo Cristo. Facciamo voti che tu viva in Cristo sano ancora per moltissimi anni e sempre felice con tutta la tua casa, onoratissimo e desideratissimo signore e fratello.

Esortazione a Licenzio.

4. Ascolta dunque, o figlio, la legge di tuo padre, ossia la fede di Agostino: non respingere i consigli di tua madre 10; termine questo che il tenero amore di Agostino può ben rivendicare ugualmente a giusto titolo nei tuoi riguardi. Ti ha portato, egli, ancor piccino nel suo seno, ti ha nutrito col latte della sapienza terrena fin dalla prima fanciullezza, e adesso brama ardentemente di allattarti e allevarti per il Signore col latte spirituale. Poiché, per quanto tu sia già adulto fisicamente, egli ti vede vagire ancora nella culla della vita spirituale, ancora balbettare la parola di Dio, tentare a stento i primi passi nella via di Cristo trascinando il piede incerto, anche se ti sostiene la dottrina di Agostino come la mano d'una madre guida un bimbo incapace di reggersi in piedi e una nutrice lo porta nelle sue braccia. Se tu lo ascolterai e lo seguirai, riceverai, o figlio, una corona di grazie sul tuo capo 11 per usare ancora una espressione di Salomone con cui vorrei attrarti. Tu sarai allora veramente un console e un pontefice, non sognato dalla fantasia ma plasmato dalla verità in persona, cioè da Cristo, il quale realizzerà in te, coi sicuri effetti della sua azione, i vani sogni d'una falsa immaginazione. Sicuro: sarai davvero pontefice e console, o Licenzio, se camminerai sulle orme profetiche e osserverai gl'insegnamenti apostolici di Agostino, come il beato Eliseo fece col beato Elia 12 e il giovane Timoteo con l'illustre Apostolo 13; se non ti staccherai mai dal suo fianco sulla via del Signore, per meritare, mediante la pura e retta intenzione, di diventar sacerdote e di procurare ai popoli la salvezza col magistero della parola.

Paolino esorta Licenzio a seguire Cristo.

5. Ma basta con gli avvertimenti e le esortazioni; poche parole e poca fatica son sufficienti a mio avviso, caro Licenzio, per spronarti a seguire Cristo, infiammato come fosti fin da ragazzo dallo spirito e dalle esortazioni del venerabile Agostino all'amore della verità e della sapienza (l'una e l'altra sono in realtà Cristo) e al sommo di tutti i beni. S'egli poté esercitare sì scarsa influenza su di te, qual risultato potrei conseguire io, che sono di tanto a lui inferiore e tanto meno dotato delle sue risorse spirituali? Ma poiché, convinto come sono della efficacia della sua parola e della bontà del tuo carattere, io voglio sperare che a tuo favore sia stato fatto più e meglio di quanto sia da fare, ho osato parlare aspirando a un doppio merito: ad esser cioè paragonato con la dovuta carità a quel grand'uomo nella sollecitudine che sente verso di te e ad esser annoverato, almeno con questo mio attestato d'affetto, tra coloro che hanno a cuore la tua salvezza. So bene d'altronde che la palma di portare a termine la tua perfezione è destinata soprattutto ad Agostino. Temo, o figlio, d'aver offeso le tue orecchie col rude e temerario mio parlare e, attraverso le orecchie, d'aver ferito anche il tuo animo con l'annoiarti. M'è venuta però in mente la tua lettera indirizzata ad Agostino, dalla quale ho conosciuto la tua familiarità coi ritmi poetici; anch'io provai attrazione per essi quando ero anch'io nella tua età. Ecco quindi che, nel ricordarmi della tua lettera, ho trovato nell'armonia dei versi il rimedio più adatto per placare il dolore che per caso avessi potuto arrecare alla tua anima e insieme richiamarti al Signore, creatore di qualsiasi specie di armonia. Porgi l'orecchio a quanto ti dico, te ne prego, e non disprezzare l'affare della tua salvezza attraverso le mie parole; per quanto esse possano essere disprezzabili, accogliere come prova del mio amorevole desiderio e della paterna mia sollecitudine. Esse sono rese degne di rispetto dal fatto che v'è inserito il nome di Cristo, tanto superiore a qualsiasi altro nome 14, che a nessun fedele è lecito disprezzarlo.

CARME DI PAOLINO A LICENZIO

Orsù, dunque, rompi gli indugi 1 e spezza le dure catene del mondo: non temere il mite giogo del benigno Signore.

Le cose di quaggiù son belle, è vero, ma ammaliano soltanto gli spiriti frivoli: l'animo del saggio invece non rimane a bocca aperta davanti ad esse.

Adesso Roma, capace d'abbattere anche i forti, quale cattiva consigliera ti seduce, ahimé, con le varie sue bellezze. Ma di fronte a tutte le attrattive dell'Urbe ti venga in mente ognora, o figlio, l'immagine paterna di Agostino.

Avendo lui presente al tuo sguardo e nel tuo cuore, potrai essere sicuro fra tanti pericoli della fragile vita. Non cesserò tuttavia di ripeterti più volte ed ammonirti 2 di fuggire gli aspri scogli della carriera militare.

Una gloriosa carriera è bensì affascinante, ma è pure prezzo di una dura schiavitù e la sua fine è piena di afflizione: a chi adesso piace raggiungerla, tosto dispiace averla desiderata.

È bello ascendere alle più alte cariche, ma si teme sempre di doverne discendere. Se metterai il piede in fallo, più funesta sarà la caduta dalle più alte vette.

Adesso ti piacciono i falsi beni, adesso l'ambizione ti trascina con tutti i suoi soffi seducenti e ti porta nel suo grembo, fragile come il vetro, la vuota fama; ma una volta che il cinturone che non si cinge senza pericolo ti avrà circondato di grande affanno e una vana fatica ti avrà infiacchito, allora sarà troppo tardi e inutile accusare le vane speranze, allora vorrai spezzare le catene che ora ti prepari.

Allora ti ricorderai, ma invano, e ti affliggerai di aver disprezzato i veridici ammonimenti d'Agostino, tuo padre.

Perciò, se sei saggio e buono, o figliolo, ascolta e accogli le parole di due padri e il consiglio di due vecchi.

Perché sottrai l'orgoglioso collo al giogo di Cristo? Il mio peso è leggero, soave è il mio giogo 3, dice la voce della bontà divina; affidati a Dio, imponi sul tuo capo il giogo, porgi la bocca al così delicato freno 4 e abbassando le spalle sottomettile a un peso così leggero.

Adesso lo puoi ancora fare, mentre sei ancora libero e non ti trattiene alcun legame né alcuna preoccupazione di matrimonio, né alcuna alta carica.

La vera e bella libertà è quella di servire Cristo e in Lui essere superiore a tutti: non è soggetto ai padroni né alle passioni degli uomini, non ai superbi tiranni solo chi si consacra a Cristo Signore.

E non credere che sia libera la nobiltà che ora vedi altera essere portata in lettiga tra lo stupore dei Romani, mentre vedi che essa si dà l'aria di essere tanto libera, che disdegna di piegare il collo a Dio. Degni d'essere compianti da molti mortali son proprio i nobili 5, essendo schiavi pure di schiavi e comprano domestiche, perché facciano le padrone.

Coloro che hanno sperimentato con amarezza la prepotenza degli eunuchi e le pene dei grandi palazzi, sanno bene quanto sudore e quanto danno alla dignità rechi lì il mantello militare, qui una carica pubblica.

Neppure chi è diventato potente e si è guadagnato con denaro d'essere più alto su tutti gli altri, arriva allo scopo di non servire ad alcuno. Anche se si comporterà da padrone per tutta l'Urbe, se adora gli idoli è schiavo dei demoni. E tuttavia, ahimé, proprio per servire a costoro tu, o Licenzio, rimani nell'Urbe e disprezzi il regno di Cristo per piacere ad essi? E tu li chiami tuoi padroni e li saluti curvando la fronte mentre vedi che sono schiavi d'un pezzo di legno o di pietra?

Sotto il nome di Dio essi adorano l'argento e l'oro; la loro religione è l'oggetto amato dalla passione della cupidigia.

Auguro la disgrazia di amare costoro a chi non ama Agostino, di non adorare Cristo a chi piace adorare costoro.

Ecco perché Dio in persona afferma che non si può servire a due padroni 6, poiché a Dio piace una sola disposizione d'animo; non v'è che una sola fede, un unico Dio 7, un unico Cristo, Figlio del [l'unico] Padre, e [perciò] non può essere diviso con altri il culto dovuto all'unico Signore.

Quanto infatti è distante il cielo dalla terra, altrettanto lo è il regno e il dominio di Cristo da quello di Cesare.

Distàccati dunque dalla terra adesso, finché il soffio vitale anima queste membra 8, elèvati con l'animo fino al cielo; il peso della carne non potrà essere d'ostacolo.

Muori fin d'ora alle azioni carnali e pensa seriamente con animo sgombro da passioni ai beni del cielo.

Sei persona spirituale, quantunque trattenuto dai legami del corpo, se adesso vincerai e soffocherai le azioni carnali con religiosa disposizione di spirito.

Se tu, caro figliuolo, accoglierai queste esortazioni che t'ho scritto con fiducioso amore, sarai accolto da Dio. Fa' conto che parlandoti così, io ti parli pure per bocca di Agostino; accogli, animati dal medesimo affetto per te, due padri; se ci respingerai, sarai strappato con maggior dolore da due persone; se invece ci ascolterai, sarai dolce vincolo d'affetto per l'uno e per l'altro. Per il tuo bene due padri sopportano volentieri ansie e fatiche e sarà per te grande onore far contente due anime. Ma quando mi metto accanto ad Agostino, non è per vanto d'essere a lui uguale, bensì m'associo a lui solo per l'amore che ti porto.

Poiché, qual ristoro mai potrei versarti irrorandoti con le gocce del povero rigagnolo che sono io? Oltre a me, tu sei bagnato da due veri fiumi di sapienza: da Alipio cioè, ch'è tuo congiunto, e da Agostino, ch'è il tuo maestro; unito a te con vincoli di sangue il primo, padre del tuo ingegno il secondo.Puoi contare sul valido aiuto di un parente e di un maestro così qualificati, o Licenzio, ed esiti, sostenuto dalle loro ali, ad innalzarti al cielo?

Qualunque cosa tu faccia (poiché neppure il mondo speri d'averti amico) non sarai sacrificato alla terra, o anima consacrata a Cristo.

Sebbene ora tu pensi alle nozze e alle alte cariche, un giorno sarai restituito al tuo Signore.

Son convinto che due persone vinceranno un sol peccatore e le preghiere di due fratelli sperderanno al vento le tue aspirazioni.

Torna dunque sulla strada, sulla quale t'invitano a tornare il padre dell'anima tua con la parola e il tuo congiunto col vincolo di parentela, entrambi vescovi.

Essi desiderano ricondurti ai tuoi beni, poiché tu ora agogni a beni indegni di te. Questi sono i beni contenuti nei tuoi possessi, questi sì che son degni di te. Torna a questi e brama sol questi, non perdere tempo nel desiderar i beni altrui. Se rifiuterai i tuoi beni, chi ti darà gli altrui? In tal modo non sarai più padrone di te stesso e, come se fossi bandito in lidi lontani, vivrai esule, ahimé, dagli affetti del tuo cuore!

Questi versi indirizzati con ansia paterna al figliuolo, bastino a farti comprendere che quanto auguro o temo per te, lo auguro e lo temo per me stesso. Se accoglierai questo scritto ti apporterà un giorno la vita; se invece lo rifiuterai, sarà un testimonio d'accusa. Cristo mi conceda, carissimo figliuolo, di vederti incolume e ti renda suo servo per sempre. Vivi, ti prego, ma vivi per Iddio; poiché vivere per il mondo è una fatica che dà la morte; vita vera invece è vivere per Iddio.

 

1 - Sal 67, 36.

2 - Lc 18, 27; Mt 19, 26; Mc 10, 27.

3 - Sal 71, 18.

4 - Sal 67, 7.

5 - Dt 26, 7; Lc 7, 16.

6 - Lc 1, 68.

7 - Lc 1, 69.

8 - Sal 74, 11.

9 - Mt 13, 4 19; Mc 4, 4 15; Lc 8, 5 12.

10 - Prv 1, 8.

11 - Prv 4, 9.

12 - 2 Re 2, 1 s.

13 - At 16, 1-3.

14 - Fil 2, 9.

Carmen elegiacum Paulini ad Licentium

1 - VERG., Aen. 4, 569; Georg. 4, 412.

2 - VERG., Aen. 3, 436,

3 - Mt 11, 30.

4 - VERG., Georg. 3, 188.

5 - HOR., Carm. 1, 24, 9.

6 - Mt 6, 24; Lc 16, 13.

7 - Ef 4, 5 s.

8 - VERG., Aen 4, 336.


16 - Si narra come Maria beatissima celebrava le feste dell'A­scensione del Salvatore.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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680. In ciascun atto e in ciascun mistero della nostra Regina trovo continuamente nuovi segreti da penetrare e nuovi motivi di stupore e di encomio, ma mi mancano le parole adatte a palesare quanto conosco. Per quello che mi è stato dato di comprendere dell'amore del Signore verso la sua purissima Madre e degnissima sposa, pare che, se­condo l'inclinazione e il vigore di una simile carità, egli avrebbe rinunciato al trono e ai beati per stare con lei, se per ragioni diverse non fosse stato necessario che dimo­rasse nell'empireo mentre ella rimaneva sulla terra, per il periodo della loro separazione e lontananza corporale. Non si pensi che questa ponderazione dell'eccellenza di lei de­roghi a quella dell'Unigenito e a quella degli eletti, perché la divinità del Padre e dello Spirito sta nel Verbo indivisa con somma unità individuale e le tre Persone stanno tut­te inseparabilmente in ognuna, e mai il Verbo poteva sta­re senza il Padre e lo Spirito. È certo, poi, che la vicinan­za degli esseri celesti e dei santi, paragonata a quella di Maria, era per lui di minor conto, qualora ci limitiamo a considerare l'intensità del loro affetto reciproco. Per altri motivi, però, occorreva che egli, compiuta la redenzione, risalisse alla destra dell'Eterno e che la felicissima Vergine restasse nel mondo, affinché per la sua sollecitudine si ot­tenessero gli effetti del riscatto ed ella fomentasse e quasi partorisse la passione e morte di Cristo.

681. Tale fu l'ineffabile provvidenza con la quale il Sal­vatore ordinò le sue opere, lasciandole piene di sapienza e di magnificenza con il confidare con tutto il cuore in questa donna forte, come affermò per bocca di Salomone nei Proverbi. Non fu deluso nella sua fiducia, giacché costei, applicando i tesori delle sue sofferenze e del suo sangue tramite i propri meriti, gli comprò il campo in cui piantò la vigna della Chiesa sino alla fine dei tempi, cioè le anime dei fedeli, nei quali essa si conserverà fino ad allora, e dei predestinati, nei quali sarà trasferita alla Ge­rusalemme trionfante per i secoli dei secoli. Se conveni­va alla maestà dell'Altissimo che questo fosse affidato a lei, perché Gesù entrasse nella gloria dopo la sua prodi­giosa risurrezione, conveniva anche che il medesimo Ge­sù mantenesse con quella stessa che lo aveva generato, e che gli era smisuratamente cara, il rapporto e la familia­rità possibili, obbligato non solo dalla tenerezza che sen­tiva, ma pure dallo stato della Signora e dall'impresa che la impegnava quaggiù, dove la grazia, i mezzi e i benefi­ci dovevano essere proporzionati alla sublimità della cau­sa e dell'obiettivo di arcani così imperscrutabili. Egli con­seguiva nobilmente ciò con le sue assidue visite e con il frequente innalzamento di Maria al suo trono, affinché non stesse ininterrottamente fuori della corte e i membri di questa non stessero tanto a lungo privi della sua in­cantevole vista, poiché si trattava di un godimento op­portuno per tutti.

682. Le suddette meraviglie, oltre che nelle occasioni delle quali ho parlato, si ripetevano quando ella ricordava l'Ascensione, che era una festa assai grande per lei e per il paradiso. Cominciava a prepararsi dalla Pasqua, stando occupata nel meditare le elargizioni ricevute dal suo pre­ziosissimo Figlio, la compagnia degli antichi prigionieri del limbo, ormai liberati, e quanto le era accaduto in quei qua­ranta giorni, e ringraziando in maniera speciale con inni ed esercizi, come se stesse succedendo in tale momento, perché teneva tutto vivo nella sua indefettibile memoria. Non mi trattengo a riferire i particolari, avendone già scrit­to abbastanza negli ultimi capitoli della seconda parte, e dichiaro unicamente che le erano quotidianamente con­cessi incomparabili favori e influssi superni, che la divi­nizzavano e la disponevano per gli altri che avrebbe ac­colto nella solennità.

683. Arrivata la data che coincideva con il ritorno al cie­lo del nostro Maestro, questi scendeva nell'oratorio scortato da innumerevoli ministri e dai patriarchi che aveva condot­to con sé in quella circostanza. La Principessa lo attendeva stesa al suolo come al solito, annientata nel profondo della sua straordinaria umiltà, ma elevata al di sopra dell'imma­ginazione umana e angelica, al supremo grado di amore di Dio concepibile per una semplice creatura. Immediatamen­te egli le si manifestava attorniato dai cori dei beati e, rin­novando la dolcezza delle sue benedizioni, comandava che fosse tirata su dalla polvere e posta al suo fianco. Ciò era subito eseguito e i serafini adagiavano sul suo seggio colei dalla quale aveva assunto la nostra sostanza. Là l'interroga­va su che cosa desiderasse, bramasse e volesse, ed ella pro­clamava: «Mio diletto e mio sovrano, desidero la vostra esal­tazione, bramo di esprimervi gratitudine a nome degli uo­mini per la generosità con cui la vostra onnipotenza ha sol­levato la nostra natura allo splendore e al giubilo perenne, voglio che tutti vi confessino e onorino».

684. Il suo Unigenito la chiamava: «Colomba mia, pre­scelta per essere mia dimora, venite con me alla patria, do­ve sarete esaudita e vi rallegrerete di questa celebrazione con i suoi abitanti, e non con i mortali». All'istante l'inte­ra processione si incamminava nell'aria, come era avvenu­to allora, e giungeva all'empireo con la Vergine sempre al­la destra del Salvatore, fermandosi ordinatamente avvolta da singolare silenzio e attenzione non soltanto dei santi, ma dello stesso Santo dei santi. La Madre chiedeva pron­tamente licenza di lasciare il trono e, prostrata al cospet­to della Trinità, intonava una stupenda lode, comprenden­te i misteri dell'incarnazione e della redenzione con tutte le vittorie ottenute da Cristo sino alla sua mirabile salita al Padre.

685. Il Signore mostrava il suo compiacimento e gli elet­ti facevano seguire altri cantici, glorificandolo in lei, e pro­vavano un gaudio più intenso per la vicinanza e l'eccel­lenza della loro Regina. Quindi, a un suo cenno, la ricol­locavano presso di lui ed ella, dopo le illuminazioni e l'or­namento che ho illustrato altrove, gioiva per alcune ore di una visione intuitiva, durante la quale le era dato ancora il possesso di quel luogo, che le era riservato in eterno. Per nostra maggiore sorpresa e nostro maggiore debito, avver­to che ogni anno le domandava se intendesse rimanere op­pure continuare a sostenere la Chiesa sulla terra, rimet­tendo la decisione al suo arbitrio, e gli era risposto che con il suo beneplacito avrebbe ripreso a faticare per colo­ro che erano il frutto della passione.

686. Le tre Persone accettavano nuovamente la sua ri­nuncia tra l'ammirazione dei presenti, così che Maria si privò non una volta sola, bensì molte volte, del godimen­to della contemplazione per quel tempo, allo scopo di go­vernare la comunità ecclesiale e di arricchirla con i suoi ineffabili meriti. Giacché le nostre limitate capacità non sono sufficienti per spiegarli adeguatamente, non sarà un difetto di questa Storia rimandarne la conoscenza a quan­do la conseguiremo in sua Maestà; ma tutti i premi erano come conservati nel consenso di lui, affinché poi nel pos­sesso fosse nella misura possibile simile al Figlio, stando­gli degnamente accanto. Ella pregava per la magnificazio­ne dell'Altissimo, per la propagazione del Vangelo, per la conversione delle genti e per il trionfo sul demonio. Tutto le era accordato nel modo in cui si è verificato e si verifica nei secoli, e i benefici sarebbero superiori se i peccati non li impedissero rendendo la progenie di Adamo non idonea a riceverli. Successivamente, i custodi la riportava­no con sublime musica e armonia al cenacolo, dove si ab­bassava e si umiliava in segno di ringraziamento. Informo che Giovanni aveva notizia di questi prodigi e che guada­gnò di parteciparne in qualcosa, perché scorgeva la Signora tanto piena di luce che non poteva fissarla in volto per il fulgore che sprigionava. Inoltre, poiché la Maestra dell'u­miltà andava come per terra e ai suoi piedi per avere dei permessi, aveva numerose occasioni di osservarla e soven­te si smarriva per il timore riverenziale, benché sentisse rari effetti ed immensa felicità.

687. La Principessa ordinava questi favori a solennizza­re più convenientemente la Pentecoste e con essi si prepa­rava nei nove giorni mancanti, senza cessare i suoi eserci­zi e con l'ardente anelito che fossero rinnovati in lei i set­te doni. Arrivato il momento, ciò si adempiva perché, alla medesima ora della prima discesa sul sacro collegio, lo Spi­rito veniva su quella stessa che aveva concepito Gesù ed era sua sposa e suo tempio. Appariva sotto l'aspetto di fuo­co con eccezionale luminosità e strepito, ma non in ma­niera palese a tutti, non essendo più necessario come allo­ra. Ella, assistita da diverse migliaia di esseri celesti che elevavano dolcissime melodie, era completamente infiam­mata e riempita di sovrabbondanti elargizioni e di aumen­ti di quanto già aveva in grado eminente. Subito gli espri­meva la sua gratitudine per sé e per gli apostoli e i disce­poli, che erano stati colmati di sapienza e di grazie perché fossero ministri valenti e adatti a fondare la fede, e pure per il sigillo che aveva posto alle opere della redenzione; lo supplicava poi di estendere alle varie epoche i suoi influs­si e di non sospenderli mai per le colpe con le quali gli uo­mini lo avrebbero irritato. Era esaudita e i cristiani ne trae­vano e ne trarranno vantaggio sino alla fine del mondo.

688. Celebrava con speciale giubilo e devozione anche altre due feste: quella dei santi e quella degli angeli. Si disponeva ad onorare questi ultimi con le solite pratiche e con lodi che compendiavano la loro creazione, giusti­ficazione e glorificazione, con i misteri che penetrava di tutti e di ciascuno. Nella data stabilita li invitava e ne accorrevano parecchie miriadi, di ogni ordine, che en­travano con mirabile leggiadria nel suo oratorio. Qui si formavano due cori, uno composto dagli spiriti sovrani e l'altro dalla Vergine, che dava inizio ai canti alternan­dosi con loro come a versetti finché non era sera; se si udissero, sarebbero indubbiamente una delle meraviglie del Signore e provocherebbero stupore. Non trovo ter­mìni né posso dilungarmi per dichiarare il poco che ho afferrato di questo arcano: ínnanzitutto, esaltavano il lo­ro Autore in se stesso, e nelle perfezioni e negli attrìbu­ti che ne coglievano; quindi, la Regina lo benediva per come la sua grandezza, scienza e potenza sì erano ma­nifestate nell'aver chiamato all'esistenza tante e così bel­le sostanze spirìtuali e nell'averle ornate dì molteplici do­ti naturali e soprannaturali, nonché per i loro incarichi, le loro fatiche e il loro ossequio nel fare la volontà di luì e nel soccorrere e guidare i mortali e tutte le cose visi­bili e inferiori. Quelli rispondevano con la riconoscenza e con il pagamento del debito, e insieme intonavano al­l'Eterno inni nei quali lo encomiavano per aver plasma­to e prescelto a divenire sua genitrice una donna di tale purezza ed eccellenza, meritevole dei maggiori privilegi, e per averla sollevata al di sopra di tutti in virtù e splen­dore, concedendole il dominio assoluto perché fosse ser­vita, venerata e confessata degna Madre di Dio e nostra riparatrice.

689. In questo modo scorrevano le sue prerogative e ma­gnificavano sua Maestà in lei, che a sua volta lo osanna­va elencando le loro. Era dunque una giornata di straor-

dinaria gioia e consolazione per Maria e di profondo gau­dio accidentale per essi, in particolare per i mille che la custodivano, sebbene ognuno ne avesse parte nella manie­ra a lui propria. Siccome non c'erano impedimenti dovuti a ignoranza né scarsità di intelligenza e di stima di ciò che era proclamato, quel colloquio risultava incomparabilmen­te apprezzabile, e lo sarà per noi allorché lo intenderemo in paradiso.

690. Anche quando festeggiava tutti i santi di natura umana faceva precedere molte preghiere e molti esercizi, e poi scendevano nella sua stanza gli antichi patriarchi, i profeti e gli altri beati del tempo successivo alla risurre­zione. Innalzava nuovi ringraziamenti per la loro gloria e per l'efficacia che aveva avuto in costoro il sangue del Sal­vatore, e provava enorme felicità capendo il segreto della predestinazione e constatando che, dopo avere affrontato la vita nella carne tra innumerevoli rischi, erano già nella sicura letizia di quella imperitura. Acclamava per questo il Padre delle misericordie, riassumendo i favori che ciascu­no aveva ricevuto. Chiedeva a tutti di intercedere per la Chiesa e per chi militava in essa, combattendo con il pe­ricolo di perdere la corona da loro ormai conquistata. Quindi, ricordava i trionfi che aveva ottenuto con la forza divina negli scontri sostenuti con il demonio, e si mostra­va grata per tali benefici e per le anime riscattate dal po­tere delle tenebre.

691. Sarà motivo di ammirazione per gli uomini, co­me lo fu per i ministri superni, vedere una semplice crea­tura terrena realizzare prodigi così continui che sembre­rebbero inverosimili a più persone unite assieme, per quanto infiammate al pari dei supremi serafini; ma la no­stra Signora aveva una certa partecipazione dell'onnipo­tenza dell'Altissimo, che rendeva in lei facile quello che negli altri è impossibile. Negli anni finali della sua vita la sua solerzia aumentò tanto che la nostra capacità non arriva a ponderare il suo incessante operare, nel quale non lasciava ozioso alcun minuto e non riposava né di giorno né di notte; infatti, non più ostacolata dal peso della natura corruttibile, era instancabile come un ange­lo, anzi come parecchi di questi congiuntamente, ed era tutta un incendio d'immensa attività. Le ore le parevano brevi, rare le occasioni e limitati gli esercizi, perché il suo amore si estendeva sempre oltre, benché ciò che compi­va fosse senza misura. Non ho spiegato quasi niente di simili miracoli in se stessi, poiché scorgo una distanza pressoché infinita tra le rivelazioni che ho avuto e la com­prensione che riesco a raggiungere quaggiù. Non essen­do neppure in grado di esprimere pienamente quello che mi è stato palesato, come dirò quello di cui sono all'o­scuro e di cui so solo che ne sono ignara? Cerchiamo di non privarci per le nostre mancanze della luce che ci at­tende per illuminarci in cielo, giacché questo premio e godimento basterebbe a spingerci a penare e a soffrire per tutti i secoli ogni tormento e dolore dei martiri, e ne saremmo ben ricompensati con l'esultanza di conoscere la dignità e grandezza della Vergine, contemplandola al­la destra del suo Unigenito, elevata su tutti gli esseri spi­rituali e gli eletti.

 

Insegnamento della Regina del cielo

692. Figlia mia, mentre avanzi nello stendere la mia Storia, devi inoltrarti pure nella mia perfetta imitazione. Questo desiderio cresce in me come crescono in te la pe­netrazione e la meraviglia di quanto apprendi e riferisci. È il momento di risarcire quello che hai trascurato e di levare il volo allo stato al quale il Signore ti chiama e io ti invito. Riempi i tuoi atti di santità e rammenta che em­pia e crudele è l'opposizione dei nemici, di satana e del mondo per contrastarti. Non potrai superare tante difficoltà e tentazioni se non accenderai nel tuo cuore una fer­vente emulazione e un intenso ardore che con impeto in­vincibile confondano e schiaccino il capo del velenoso ser­pente, che con astuzia diabolica si avvale di svariati mez­zi ingannevoli per abbatterti o almeno arrestarti nel cam­mino, così che tu non pervenga al fine che brami e alla condizione preparata per te dall'Eterno, che ti ha prescelta per essa.

693. Non ignorare l'attenzione di Lucifero per qualun­que dimenticanza e minima inavvertenza dei mortali, poi­ché si aggira senza sosta spiando i loro comportamenti e approfitta di tutte le negligenze per insinuare scaltramen­te le sue suggestioni, muovendo le inclinazioni dal lato in cui li ravvisa incauti, perché ricevano la ferita della colpa prima di accorgersene interamente. Egli è cosciente che, quando poi la sentono e ambiscono il rimedio, trovano maggiore impedimento e dunque, per riprendersi dopo le cadute, necessitano di più abbondante grazia ed energia di quella che sarebbe stata sufficiente per resistere. Con il peccato ci si infiacchisce, l'avversario acquista vigore e le passioni divengono più indomite e insormontabili, e per questo molti cascano e pochi si rialzano. Per evitare il pe­ricolo bisogna essere vigilanti ed ansiosi di guadagnare l'aiuto divino, gareggiando ininterrottamente per fare il me­glio e affinché non rimanga vuoto alcun istante nel quale l'anima si presenti senza occupazione, distratta e non im­pegnata in opere buone. In tal modo il medesimo peso del­la natura terrena si alleggerisce, le tendenze cattive si in­deboliscono, lo stesso demonio si spaventa, lo spirito si sol­leva ed acquista forze contro la carne e dominio sui sen­si, assoggettandoli alla volontà superna.

694. Hai un vivido esempio nelle mie azioni e, perché non le scordi, te le ho manifestate con chiarezza e tu le stai scrivendo. Considera diligentemente quello che ti è mostrato in un così nitido specchio e, se mi confessi tua maestra e madre, nonché dotata di ogni eccellenza, non essere tarda nel seguirmi. Non è possibile che tu o un'al­tra creatura arriviate alla mia altezza, né Dio ti obbliga a ciò, ma è assolutamente possibile che con il suo soc­corso tu ti adorni di virtù, spendendo in questo tutto il tuo tempo e tutte le tue facoltà, aggiungendo esercizi ad esercizi, orazioni ad orazioni, suppliche a suppliche, me­riti a meriti, e non lasciando passare un giorno o un'ora senza compiere il bene. Io ero assai attiva nel governo della Chiesa e, come hai illustrato, celebravo numerose solennità, cominciando subito a dispormi alla successiva appena ne finivo una. I cristiani possono ricalcare le mie orme, e tu sei tenuta a farlo più di tutti, poiché per que­sto sono state fissate le feste e le memorie di Gesù, mie e degli altri santi.

695. Come sovente ti ho inculcato, distinguiti special­mente in quelle dei misteri del Salvatore e miei. Quindi, abbi singolare venerazione e affetto per gli angeli, sia per la loro nobiltà e bellezza e per i loro ministeri sia per i favori e benefici che hai avuto. Procura di assomigliare ad essi nella purezza, nell'elevatezza dei pensieri, nell'in­cendio di amore e nel vivere come se non avessi un cor­po e i suoi istinti. Devono essere tuoi amici e tuoi com­pagni nel pellegrinaggio, affinché poi lo siano nella pa­tria. Conversa e intrattieniti con loro ed essi ti riveleran­no le qualità e le caratteristiche del tuo sposo, dandoti notizia certa delle sue perfezioni, ti insegneranno i retti sentieri della giustizia e della pace, ti difenderanno dal maligno e ti avviseranno dei suoi raggiri, e alla loro scuo­la apprenderai le leggi della carità. Ascoltali, pertanto, e obbedisci loro in tutto.


17 novembre 1975 - AMICI DEL SS. SACRAMENTO

Mons. Ottavio Michelini

" Figlio mio, scrivi:

Io, Gesù, voglio una istituzione che sviluppi, in tutti i modi la fede, la devozione, l'amore e il culto a Me, realmente presente nel Mistero di fede e di amore per eccellenza, l'Eucaristia.

 1. A questa Pia Unione tutti possono aderire, fanciulli e fanciulle, giovani e ragazze, uomini e donne, senza discriminazione di età.

2. La sua finalità è di favorire in se stessi e negli altri, in tutti i modi approvati dalla Chiesa, la fede e l'amore a Me, realmente presente nel Mistero Eucaristico.

3. L'impegno è:

- La Visita quotidiana a Me in Chiesa, oppure una visita e comunione spirituale fatta in casa se non è possibile recarsi in Chiesa.

- La santa Comunione (almeno) settimanale.

- L'ora di adorazione almeno mensile.

- L'adunanza una volta al mese. (p. 9)

4. E' bene tenere un piccolo registro con il nome degli aderenti.

5. E' compito del Parroco, o di chi ne fa le veci, dirigere il gruppo, sviluppare nelle adunanze la catechesi dell'Eucaristia, stimolare con l'esempio e con la parola l'amore a Me nel SS. Sacramento.

6. Questa Pia Unione sarà chiamata: Amici del SS. Sacramento.

Io, Gesù, desidero vivamente questo; non si perda tempo ".

Alcuni sacerdoti hanno già accolto l'invito (vedi a pag. 73 in data 3 dicembre 1975) e qualche associazione, nel silenzio e nel fervore, sta già germogliando.

Si tenga presente che:

- La Pia Unione sarà diretta da un Consiglio formato dal Direttore, da un segretario, un economo (per le offerte che possono venire; non si molesti però nessuno nel chiedere) e da due o tre consiglieri, nominati dall'assemblea degli aderenti.

- L'argomento delle adunanze sarà sempre e (p. 10) soltanto eucaristico, oltre alle proposte e discussioni sui mezzi più adatti a far vivere la Pia Unione.

Satana non vuole certo questa Pia Unione e non mancherà di creare intralci. Bisogna resistere e controbattere, bruciando i tempi con la preghiera, specialmente con il Rosario.

Gesù (e con Lui la Mamma Celeste) guarda con compiacenza tutti coloro che prenderanno seriamente a cuore il Suo invito. Questa Pia Unione non è che un aggiornamento delle Confraternite del SS. Sacramento. (p. 11)