Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 11° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Giovanni 20
1Nel giorno dopo il sabato, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand'era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.2Corse allora e andò da Simon Pietro e dall'altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: "Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l'hanno posto!".3Uscì allora Simon Pietro insieme all'altro discepolo, e si recarono al sepolcro.4Correvano insieme tutti e due, ma l'altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro.5Chinatosi, vide le bende per terra, ma non entrò.6Giunse intanto anche Simon Pietro che lo seguiva ed entrò nel sepolcro e vide le bende per terra,7e il sudario, che gli era stato posto sul capo, non per terra con le bende, ma piegato in un luogo a parte.8Allora entrò anche l'altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette.9Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti.10I discepoli intanto se ne tornarono di nuovo a casa.
11Maria invece stava all'esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro12e vide due angeli in bianche vesti, seduti l'uno dalla parte del capo e l'altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù.13Ed essi le dissero: "Donna, perché piangi?". Rispose loro: "Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto".14Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.15Le disse Gesù: "Donna, perché piangi? Chi cerchi?". Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: "Signore, se l'hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo".16Gesù le disse: "Maria!". Essa allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: "Rabbunì!", che significa: Maestro!17Gesù le disse: "Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro".18Maria di Màgdala andò subito ad annunziare ai discepoli: "Ho visto il Signore" e anche ciò che le aveva detto.
19La sera di quello stesso giorno, il primo dopo il sabato, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".20Detto questo, mostrò loro le mani e il costato. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.21Gesù disse loro di nuovo: "Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi".22Dopo aver detto questo, alitò su di loro e disse: "Ricevete lo Spirito Santo;23a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi".
24Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù.25Gli dissero allora gli altri discepoli: "Abbiamo visto il Signore!". Ma egli disse loro: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò".
26Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c'era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!".27Poi disse a Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!".28Rispose Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".29Gesù gli disse: "Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!".
30Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro.31Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
Primo libro dei Re 3
1Salomone si imparentò con il faraone, re di Egitto. Sposò la figlia del faraone, che introdusse nella città di Davide, ove rimase finché non terminò di costruire la propria casa, il tempio del Signore e le mura di cinta di Gerusalemme.
2Il popolo allora offriva sacrifici sulle alture, perché ancora non era stato costruito un tempio in onore del nome del Signore.3Salomone amava il Signore e nella sua condotta seguiva i principï di Davide suo padre; solamente offriva sacrifici e bruciava incenso sulle alture.
4Il re andò a Gàbaon per offrirvi sacrifici perché ivi sorgeva la più grande altura. Su quell'altare Salomone offrì mille olocausti.5In Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte e gli disse: "Chiedimi ciò che io devo concederti".6Salomone disse: "Tu hai trattato il tuo servo Davide mio padre con grande benevolenza, perché egli aveva camminato davanti a te con fedeltà, con giustizia e con cuore retto verso di te. Tu gli hai conservato questa grande benevolenza e gli hai dato un figlio che sedesse sul suo trono, come avviene oggi.7Ora, Signore mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide mio padre. Ebbene io sono un ragazzo; non so come regolarmi.8Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che ti sei scelto, popolo così numeroso che non si può calcolare né contare.9Concedi al tuo servo un cuore docile perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male, perché chi potrebbe governare questo tuo popolo così numeroso?".10Al Signore piacque che Salomone avesse domandato la saggezza nel governare.11Dio gli disse: "Perché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te né una lunga vita, né la ricchezza, né la morte dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento per ascoltare le cause,12ecco faccio come tu hai detto. Ecco, ti concedo un cuore saggio e intelligente: come te non ci fu alcuno prima di te né sorgerà dopo di te.13Ti concedo anche quanto non hai domandato, cioè ricchezza e gloria come nessun re ebbe mai.14Se poi camminerai nelle mie vie osservando i miei decreti e i miei comandi, come ha fatto Davide tuo padre, prolungherò anche la tua vita".15Salomone si svegliò; ecco, era stato un sogno. Andò in Gerusalemme; davanti all'arca dell'alleanza del Signore offrì olocausti, compì sacrifici di comunione e diede un banchetto per tutti i suoi servi.
16Un giorno andarono dal re due prostitute e si presentarono innanzi a lui.17Una delle due disse: "Ascoltami, signore! Io e questa donna abitiamo nella stessa casa; io ho partorito mentre essa sola era in casa.18Tre giorni dopo il mio parto, anche questa donna ha partorito; noi stiamo insieme e non c'è nessun estraneo in casa fuori di noi due.19Il figlio di questa donna è morto durante la notte, perché essa gli si era coricata sopra.20Essa si è alzata nel cuore della notte, ha preso il mio figlio dal mio fianco - la tua schiava dormiva - e se lo è messo in seno e sul mio seno ha messo il figlio morto.21Al mattino mi sono alzata per allattare mio figlio, ma ecco, era morto. L'ho osservato bene; ecco, non era il figlio che avevo partorito io".22L'altra donna disse: "Non è vero! Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto". E quella, al contrario, diceva: "Non è vero! Quello morto è tuo figlio, il mio è quello vivo". Discutevano così alla presenza del re.23Egli disse: "Costei dice: Mio figlio è quello vivo, il tuo è quello morto e quella dice: Non è vero! Tuo figlio è quello morto e il mio è quello vivo".24Allora il re ordinò: "Prendetemi una spada!". Portarono una spada alla presenza del re.25Quindi il re aggiunse: "Tagliate in due il figlio vivo e datene una metà all'una e una metà all'altra".26La madre del bimbo vivo si rivolse al re, poiché le sue viscere si erano commosse per il suo figlio, e disse: "Signore, date a lei il bambino vivo; non uccidetelo affatto!". L'altra disse: "Non sia né mio né tuo; dividetelo in due!".27Presa la parola, il re disse: "Date alla prima il bambino vivo; non uccidetelo. Quella è sua madre".28Tutti gli Israeliti seppero della sentenza pronunziata dal re e concepirono rispetto per il re, perché avevano constatato che la saggezza di Dio era in lui per render giustizia.
Sapienza 19
1Sugli empi si riversò sino alla fine
uno sdegno implacabile,
perché Dio prevedeva anche il loro futuro,
2che cioè, dopo aver loro permesso di andarsene
e averli fatti in fretta partire,
cambiato proposito, li avrebbero inseguiti.
3Mentre infatti erano ancora occupati nei lutti
e piangevano sulle tombe dei morti,
presero un'altra decisione insensata,
e inseguirono come fuggitivi
coloro che già avevan pregato di partire.
4Li spingeva a questo punto estremo un meritato destino,
che li gettò nell'oblio delle cose avvenute,
perché colmassero la punizione,
che ancora mancava ai loro tormenti,
5e mentre il tuo popolo intraprendeva un viaggio straordinario,
essi incorressero in una morte singolare.
6Tutta la creazione assumeva da capo,
nel suo genere, nuova forma,
obbedendo ai tuoi comandi,
perché i tuoi figli fossero preservati sani e salvi.
7Si vide la nube coprire d'ombra l'accampamento,
terra asciutta apparire dove prima c'era acqua,
una strada libera aprirsi nel Mar Rosso
e una verdeggiante pianura in luogo dei flutti violenti;
8per essa passò tutto il tuo popolo,
i protetti della tua mano,
spettatori di prodigi stupendi.
9Come cavalli alla pastura,
come agnelli esultanti,
cantavano inni a te, Signore, che li avevi liberati.
10Ricordavano ancora i fatti del loro esilio,
come la terra, invece di bestiame, produsse zanzare,
come il fiume, invece di pesci, riversò una massa di rane.
11Più tardi videro anche una nuova produzione di uccelli,
quando, spinti dall'appetito, chiesero cibi delicati;
12poiché, per appagarli, salirono dal mare le quaglie.
13Sui peccatori invece caddero i castighi
non senza segni premonitori di fulmini fragorosi;
essi soffrirono giustamente per la loro malvagità,
avendo nutrito un odio tanto profondo verso lo straniero.
14Altri non accolsero ospiti sconosciuti;
ma costoro ridussero schiavi ospiti benemeriti.
15Non solo: ci sarà per i primi un giudizio,
perché accolsero ostilmente dei forestieri;
16ma quelli, dopo averli festosamente accolti,
poi, quando già partecipavano ai loro diritti
li oppressero con lavori durissimi.
17Furono perciò colpiti da cecità,
come lo furono i primi alla porta del giusto,
quando avvolti fra tenebre fitte
ognuno cercava l'ingresso della propria porta.
18Difatti gli elementi scambiavano ordine fra loro,
come le note di un'arpa variano la specie del ritmo,
pur conservando sempre lo stesso tono.
E proprio questo si può dedurre
dalla attenta considerazione degli avvenimenti:
19animali terrestri divennero acquatici,
quelli che nuotavano passarono sulla terra.
20Il fuoco rafforzò nell'acqua la sua potenza
e l'acqua dimenticò la sua proprietà naturale di spegnere.
21Le fiamme non consumavano le carni
di animali gracili, che vi camminavano dentro,
né scioglievano quella specie di cibo celeste,
simile alla brina e così facile a fondersi.
22In tutti i modi, o Signore, hai magnificato
e reso glorioso il tuo popolo
e non l'hai trascurato
assistendolo in ogni tempo e in ogni luogo.
Salmi 147
1Alleluia.
Lodate il Signore:
è bello cantare al nostro Dio,
dolce è lodarlo come a lui conviene.
2Il Signore ricostruisce Gerusalemme,
raduna i dispersi d'Israele.
3Risana i cuori affranti
e fascia le loro ferite;
4egli conta il numero delle stelle
e chiama ciascuna per nome.
5Grande è il Signore, onnipotente,
la sua sapienza non ha confini.
6Il Signore sostiene gli umili
ma abbassa fino a terra gli empi.
7Cantate al Signore un canto di grazie,
intonate sulla cetra inni al nostro Dio.
8Egli copre il cielo di nubi,
prepara la pioggia per la terra,
fa germogliare l'erba sui monti.
9Provvede il cibo al bestiame,
ai piccoli del corvo che gridano a lui.
10Non fa conto del vigore del cavallo,
non apprezza l'agile corsa dell'uomo.
11Il Signore si compiace di chi lo teme,
di chi spera nella sua grazia.
12Alleluia.
Glorifica il Signore, Gerusalemme,
loda il tuo Dio, Sion.
13Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,
in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli.
14Egli ha messo pace nei tuoi confini
e ti sazia con fior di frumento.
15Manda sulla terra la sua parola,
il suo messaggio corre veloce.
16Fa scendere la neve come lana,
come polvere sparge la brina.
17Getta come briciole la grandine,
di fronte al suo gelo chi resiste?
18Manda una sua parola ed ecco si scioglie,
fa soffiare il vento e scorrono le acque.
19Annunzia a Giacobbe la sua parola,
le sue leggi e i suoi decreti a Israele.
20Così non ha fatto con nessun altro popolo,
non ha manifestato ad altri i suoi precetti.
Alleluia.
Ezechiele 40
1Al principio dell'anno venticinquesimo della nostra deportazione, il dieci del mese, quattordici anni da quando era stata presa la città, in quel medesimo giorno, la mano del Signore fu sopra di me ed egli mi condusse là.2In visione divina mi condusse nella terra d'Israele e mi pose sopra un monte altissimo sul quale sembrava costruita una città, dal lato di mezzogiorno.3Egli mi condusse là: ed ecco un uomo, il cui aspetto era come di bronzo, in piedi sulla porta, con una cordicella di lino in mano e una canna per misurare.4Quell'uomo mi disse: "Figlio dell'uomo: osserva e ascolta attentamente e fa' attenzione a quanto io sto per mostrarti, perché tu sei stato condotto qui perché io te lo mostri e tu manifesti alla casa d'Israele quello che avrai visto".
5Ed ecco il tempio era tutto recinto da un muro. La canna per misurare che l'uomo teneva in mano era di sei cubiti, d'un cubito e un palmo ciascuno. Egli misurò lo spessore del muro: era una canna, e l'altezza una canna.
6Poi andò alla porta che guarda a oriente, salì i gradini e misurò la soglia della porta; era una canna di larghezza.7Ogni stanza misurava una canna di lunghezza e una di larghezza, da una stanza all'altra vi erano cinque cubiti: anche la soglia del portico dal lato dell'atrio della porta stessa, verso l'interno, era di una canna.8Misurò l'atrio della porta: era di otto cubiti;9i pilastri di due cubiti. L'atrio della porta era verso l'interno.
10Le stanze della porta a oriente erano tre da una parte e tre dall'altra, tutt'e tre della stessa grandezza, come di una stessa misura erano i pilastri da una parte e dall'altra.11Misurò la larghezza dell'apertura del portico: era di dieci cubiti; l'ampiezza della porta era di tredici cubiti.12Davanti alle stanze vi era un parapetto di un cubito, da un lato e dall'altro; ogni stanza misurava sei cubiti per lato.13Misurò poi il portico dal tetto di una stanza al suo opposto; la larghezza era di venticinque cubiti; da un'apertura all'altra;14i pilastri li calcolò alti sessanta cubiti, dai pilastri cominciava il cortile che circondava la porta.15Dalla facciata della porta d'ingresso alla facciata dell'atrio della porta interna vi era uno spazio di cinquanta cubiti.16Le stanze e i pilastri avevano finestre con grate verso l'interno, intorno alla porta, come anche vi erano finestre intorno che davano sull'interno dell'atrio. Sui pilastri erano disegnate palme.
17Poi mi condusse nel cortile esterno e vidi delle stanze e un lastricato costruito intorno al cortile; trenta erano le stanze lungo il lastricato.18Il lastricato si estendeva ai lati delle porte per una estensione uguale alla larghezza delle porte stesse: era il lastricato inferiore.19Misurò lo spazio dalla facciata della porta inferiore da oriente a settentrione alla facciata della porta interna, erano cento cubiti.
20Poi misurò la lunghezza e la larghezza della porta che guarda a settentrione e conduce al cortile esterno.21Le sue stanze, tre da una parte e tre dall'altra, i pilastri, l'atrio avevano le stesse dimensioni della prima porta: cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.22Le finestre, l'atrio e le palme avevano le stesse dimensioni di quelle della porta che guarda a oriente. Vi si accedeva per sette scalini: l'atrio era davanti.23Di fronte al portico di settentrione vi era la porta, come di fronte a quello di oriente; misurò la distanza fra portico e portico: vi erano cento cubiti.
24Mi condusse poi verso mezzogiorno: ecco un portico rivolto a mezzogiorno. Ne misurò i pilastri e l'atrio; avevano le stesse dimensioni.25Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre uguali alle altre finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.26Vi si accedeva per sette gradini: il vestibolo stava verso l'interno. Sui pilastri, da una parte e dall'altra, vi erano ornamenti di palme.27Il cortile interno aveva un portico verso mezzogiorno; egli misurò la distanza fra porta e porta in direzione del mezzogiorno; erano cento cubiti.
28Allora mi introdusse nell'atrio interno, per il portico meridionale, e misurò questo portico; aveva le stesse dimensioni.29Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le medesime misure. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.
30Intorno vi erano vestiboli di venticinque cubiti di lunghezza per cinque di larghezza.
31Il suo vestibolo era rivolto verso l'atrio esterno; sui pilastri c'erano ornamenti di palme; i gradini per i quali si accedeva erano otto.
32Poi mi condusse al portico dell'atrio interno che guarda a oriente e lo misurò: aveva le solite dimensioni.33Le stanze, i pilastri e l'atrio avevano le stesse dimensioni. Intorno al portico, come intorno all'atrio, vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.34Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno: sui pilastri, da una parte e dall'altra vi erano ornamenti di palme: i gradini per i quali si accedeva erano otto.
35Poi mi condusse al portico settentrionale e lo misurò: aveva le solite dimensioni,36come le stanze, i pilastri e l'atrio. Intorno vi erano finestre. Esso misurava cinquanta cubiti di lunghezza per venticinque di larghezza.37Il suo vestibolo dava sull'atrio esterno; sui pilastri, da una parte e dall'altra, c'erano ornamenti di palme: i gradini per cui vi si accedeva erano otto.
38C'era anche una stanza con la porta vicino ai pilastri dei portici; là venivano lavati gli olocausti.39Nell'atrio del portico vi erano due tavole da una parte e due dall'altra, sulle quali venivano sgozzati gli olocausti e i sacrifici espiatori e di riparazione.40Altre due tavole erano sul lato esterno, a settentrione di chi entra nel portico, e due tavole all'altro lato presso l'atrio del portico.41Così a ciascun lato del portico c'erano quattro tavole da una parte e quattro tavole dall'altra: otto tavole in tutto. Su di esse si sgozzavano le vittime.42C'erano poi altre quattro tavole di pietre squadrate, per gli olocausti, lunghe un cubito e mezzo, larghe un cubito e mezzo e alte un cubito: su di esse venivano deposti gli strumenti con i quali si immolavano gli olocausti e gli altri sacrifici.43Uncini d'un palmo erano attaccati all'interno tutt'intorno; sulle tavole si mettevano le carni delle offerte.
44Fuori del portico interno, nell'atrio interno, vi erano due stanze: quella accanto al portico settentrionale guardava a mezzogiorno, l'altra accanto al portico meridionale guardava a settentrione.45Egli mi disse: "La stanza che guarda a mezzogiorno è per i sacerdoti che hanno cura del tempio,46mentre la stanza che guarda a settentrione è per i sacerdoti che hanno cura dell'altare: sono essi i figli di Zadòk che, tra i figli di Levi, si avvicinano al Signore per il suo servizio".
47Misurò quindi l'atrio: era un quadrato di cento cubiti di larghezza per cento di lunghezza. L'altare era di fronte al tempio.
48Mi condusse poi nell'atrio del tempio e ne misurò i pilastri: erano ognuno cinque cubiti da una parte e cinque cubiti dall'altra; la larghezza del portico: tre cubiti da una parte e tre cubiti dall'altra.49La lunghezza del vestibolo era di venti cubiti e la larghezza di dodici cubiti. Vi si accedeva per mezzo di dieci gradini; accanto ai pilastri c'erano due colonne, una da una parte e una dall'altra.
Lettera agli Ebrei 10
1Avendo infatti la legge solo un'ombra dei beni futuri e non la realtà stessa delle cose, non ha il potere di condurre alla perfezione, per mezzo di quei sacrifici che si offrono continuamente di anno in anno, coloro che si accostano a Dio.2Altrimenti non si sarebbe forse cessato di offrirli, dal momento che i fedeli, purificati una volta per tutte, non avrebbero ormai più alcuna coscienza dei peccati?3Invece per mezzo di quei sacrifici si rinnova di anno in anno il ricordo dei peccati,4poiché è impossibile eliminare i peccati con il sangue di tori e di capri.5Per questo, entrando nel mondo, Cristo dice:
'Tu non hai voluto né sacrificio né offerta,
un corpo invece mi hai preparato'.
6'Non hai gradito
né olocausti né sacrifici per il peccato'.
7'Allora ho detto: Ecco, io vengo
- poiché di me sta scritto nel rotolo del libro -
per fare, o Dio, la tua volontà'.
8Dopo aver detto prima 'non hai voluto e non hai gradito né sacrifici né offerte, né olocausti né sacrifici per il peccato', cose tutte che vengono offerte secondo la legge,9soggiunge: 'Ecco, io vengo a fare la tua volontà'. Con ciò stesso egli abolisce il primo sacrificio per stabilirne uno nuovo.10Ed è appunto per quella volontà che noi siamo stati santificati, per mezzo dell'offerta del corpo di Gesù Cristo, fatta una volta per sempre.
11Ogni sacerdote si presenta giorno per giorno a celebrare il culto e ad offrire molte volte gli stessi sacrifici che non possono mai eliminare i peccati.12Egli al contrario, avendo offerto un solo sacrificio per i peccati una volta per sempre 'si è assiso alla destra di Dio',13aspettando ormai solo che 'i suoi nemici vengano posti sotto i suoi piedi'.14Poiché con un'unica oblazione egli ha reso perfetti per sempre quelli che vengono santificati.15Questo ce lo attesta anche lo Spirito Santo. Infatti, dopo aver detto:
16'Questa è l'alleanza che io stipulerò' con loro
'dopo quei giorni, dice il Signore:
io porrò le mie leggi nei loro cuori
e le imprimerò nella loro mente',
17dice:
'E non mi ricorderò più dei loro peccati e delle loro
iniquità'.
18Ora, dove c'è il perdono di queste cose, non c'è più bisogno di offerta per il peccato.
19Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,20per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;21avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,22accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.23Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.
24Cerchiamo anche di stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone,25senza disertare le nostre riunioni, come alcuni hanno l'abitudine di fare, ma invece esortandoci a vicenda; tanto più che potete vedere come il giorno si avvicina.
26Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati,27ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che dovrà divorare i ribelli.28Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, 'viene messo a morte' senza pietà 'sulla parola di due o tre testimoni'.29Di quanto maggior castigo allora pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e ritenuto profano quel sangue dell'alleanza dal quale è stato un giorno santificato e avrà disprezzato lo Spirito della grazia?30Conosciamo infatti colui che ha detto: 'A me la vendetta! Io darò la retribuzione!' E ancora: 'Il Signore giudicherà il suo popolo'.31È terribile cadere nelle mani del Dio vivente!
32Richiamate alla memoria quei primi giorni nei quali, dopo essere stati illuminati, avete dovuto sopportare una grande e penosa lotta,33ora esposti pubblicamente a insulti e tribolazioni, ora facendovi solidali con coloro che venivano trattati in questo modo.34Infatti avete preso parte alle sofferenze dei carcerati e avete accettato con gioia di esser spogliati delle vostre sostanze, sapendo di possedere beni migliori e più duraturi.35Non abbandonate dunque la vostra franchezza, alla quale è riservata una grande ricompensa.36Avete solo bisogno di costanza, perché dopo aver fatto la volontà di Dio possiate raggiungere la promessa.
37Ancora 'un poco', infatti, 'un poco appena,
e colui che deve venire, verrà e non tarderà'.
38'Il mio giusto vivrà mediante la fede;
ma se indietreggia, la mia anima non si compiace in lui'.
39Noi però non siamo di quelli che indietreggiano a loro perdizione, bensì uomini di fede per la salvezza della nostra anima.
Capitolo I: Cristo parla interiormente all’anima fedele
Leggilo nella Biblioteca
1. "Darò ascolto a quello che stia per dire dentro di me il Signore" (Sal 84,9). Beata l'anima che ascolta il Signore che le parla dentro, e accoglie dalla sua bocca la parola di consolazione. Beate le orecchie che colgono la preziosa e discreta voce di Dio, e non tengono alcun conto dei discorsi di questo mondo. Veramente beate le orecchie che danno retta, non alla voce che risuona dal di fuori, ma alla verità, che ammaestra dal di dentro. Beati gli occhi, che, chiusi alle cose esteriori, sono attenti alle interiori. Beati coloro che sanno penetrare ciò che è interiore e si preoccupano di prepararsi sempre più, con sforzo quotidiano, a comprendere le cose arcane del cielo. Beati coloro che bramano di dedicarsi a Dio, sciogliendosi da ogni impaccio temporale.
2. Comprendi tutto ciò, anima mia, e chiudi la porta dei sensi, affinché tu possa udire quello che ti dice interiormente Iddio, tuo signore. Questo dice il tuo diletto: "Io sono la tua salvezza" (Sal 34,3), la tua pace, la tua vita; stai accanto a me e troverai la pace; lascia tutte le cose che passano, cerca le cose eterne. Che altro sono le cose corporali, se non illusioni? E a che gioveranno tutte le creature, se sarai abbandonata dal Creatore? Oh, anima mia, rinuncia a tutto e fatti cara e fedele al tuo Creatore, così da poter raggiungere la vera beatitudine.
DISCORSO 17 DISCORSO SUL SALMO 49
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaCristo nel giudizio verrà manifestamente e non tacerà. Anche ora Cristo parla in molti modi per la nostra salute.
1. Abbiamo cantato: Dio verrà manifestamente, il nostro Dio, e non tacerà 1. Questo passo della Scrittura predice la venuta di Cristo Dio per il giudizio dei vivi e dei morti. Quando infatti venne per la prima volta per essere giudicato lui, è venuto nascosto: ma quando verrà per giudicare, allora verrà manifesto. Quanto fosse nascosto quella volta lo potete capire da quel che dice l'Apostolo: Se lo avessero riconosciuto, giammai avrebbero crocifisso il Signore della gloria 2. Allora infatti, benché interrogato, tacque, come narra il Vangelo 3, perché si adempisse in lui la profezia di Isaia che dice: È stato portato al macello come una pecora e, come un agnello davanti al tosatore, è rimasto senza voce e non ha aperto bocca 4. Verrà, dunque, manifestamente e non tacerà 5. Per questo è detto: Non tacerà, quando egli giudicherà, perché, quando fu giudicato, tacque. D'altra parte, per quel che riguarda le sue parole che sono necessarie per noi, quando mai egli tacque? Non tacque con i patriarchi, non tacque con i profeti, non tacque con la bocca della sua [stessa] carne. E ormai, anche se tacesse, non parlerebbe per mezzo della Scrittura? Sull'ambone è salito il lettore, ma è lui che non tace. Parla l'esegeta. Se dice cose esatte, è Cristo che parla. Se Cristo tacesse, io stesso non vi potrei dire queste cose. E non tace neanche per mezzo della vostra bocca. Perché quando cantavate, era lui che parlava. Egli non tace. E allora bisogna che noi ascoltiamo, però con gli orecchi del cuore; perché è facile ascoltare con gli orecchi della carne. Dobbiamo ascoltare con quegli orecchi di cui andava in cerca lo stesso Maestro quando diceva: Chi ha orecchi da intendere, intenda 6. Quando egli così diceva, forse che gli poteva star davanti qualcuno che non avesse gli orecchi della carne? Gli orecchi tutti li avevano e pochi li avevano. Non tutti avevano orecchi per intendere, ossia per obbedire.
L'anelito del pastore è la salvezza del suo gregge.
2. E voi credo che abbiate usato gli orecchi [per sentire] quanto terribilmente abbia parlato per bocca del profeta Ezechiele. Avete sentito, credo, come egli abbia detto: Alla casa di Israele io ti mando, non ti mando a un popolo di lingua straniera. Ma il popolo non vuole ascoltare te perché non vuole ascoltare me 7. Che altro significa se non che era Dio stesso che parlava per mezzo del profeta? Ora, siccome con quelle parole del profeta noi prima di tutto veniamo messi sull'avviso, noi ministri che egli ha preposto per parlare al suo popolo, proprio noi per primi confrontiamo con quelle parole il nostro volto. A noi infatti, attraverso la voce del lettore, è stato messo davanti come uno specchio dove noi ci potessimo specchiare. E noi ci siamo specchiati. Adesso specchiatevi voi. Ecco, io quello che vi ho ascoltato lo faccio. Se non distinguerai il giusto dall'ingiusto, dice, se non avrai detto al peccatore: Così morrai e se non gli avrai mostrato come debba recedere dalla sua empietà, egli certo morrà per i suoi peccati, però del suo sangue io chiederò conto a te. Se invece tu glielo avrai detto, ma egli avrà trascurato e non obbedito, egli morrà per le sue scelleratezze, ma tu avrai messo in salvo la tua anima 8. Ebbene, io vi dico: Io metto in salvo la mia anima. Sarei infatti non in un gran pericolo, ma già in una grande rovina, se tacessi. Ma poiché io parlo, poiché adempio il mio dovere, adesso badate voi al vostro pericolo. Che cosa voglio? Cosa desidero? Cosa bramo? Perché parlo? Perché seggo qui? Perché vivo, se non con questa aspirazione che insieme noi viviamo in Cristo? Questa è la mia brama, questo il mio onore, questa la mia conquista, questa la mia gioia, questa la mia gloria. Però se tu non mi ascolti, ma io non avrò taciuto, la mia anima l'ho messa in salvo. Solo che io non voglio essere salvo senza di voi.
Non si trascurino i peccati di abitudine anche se Cristo ora tace.
3. Perciò, fratelli miei, non dovete sottovalutare quei peccati nei quali forse avete fatto già l'abitudine. Perché ogni peccato, con l'abitudine, sembra niente e l'uomo non ci fa più caso. L'indurimento non causa più dolore. Ciò che è molto marcio non fa più male; ma ciò che non fa più male non si può considerare sano, ma si deve prendere per morto. State attenti a quel che dice la Scrittura e da essa imparate come dovete vivere. Al peccato del l'ubriachezza chi ci fa più caso? Esso è così diffuso e non ci si fa più caso. Ormai il cuore degli ubriaconi ha perso la sensibilità, non sente più il dolore perché non ha più salute. Quando si punge un membro e fa male, vuol dire o che è sano oppure che almeno c'è speranza di salvezza. Ma quando si tocca, si punge o si lega e non fa male, allora lo si deve considerar morto o si deve asportarlo dal corpo. Certo noi a volte siamo remissivi e non sappiamo far altro che parlare: a scomunicare, a cacciare dalla Chiesa siamo lenti. A volte infatti abbiamo paura che, col castigo, chi ne è colpito diventi peggiore. Ma perdonerà, ma tacerà lui, di cui [veramente] dobbiamo aver timore? Avete sentito in questo stesso salmo, fratelli miei, che, nel numerare i peccati ai peccatori, dice: Hai fatto questo e io ho taciuto 9. Però al contrariò vi è detto anche: Verrà e non tacerà 10. Non tacerà quando si renderà presente. Perché anche a prescindere dal senso che Cristo Signore tacque nel processo perché si adempisse in lui anche quella profezia che ho ricordato poco fa, anche a prescindere da questo, per adesso il Dio e Signore nostro Gesù Cristo per se stesso tace. È infatti salito al cielo e siede alla destra del Padre e da lì verrà per giudicare i vivi e i morti. Fintantoché starà lassù, finché non verrà, egli tace. La sua voce la sentiamo nei libri, ma dalla sua bocca non la sentiamo. E voi avete ascoltato la sua voce dalle sante Scritture in questo medesimo luogo; l'ascoltate mentre ve la richiamate alla mente, e [anche ora] è forse proprio di questo che state parlando tra di voi.
Interpretazioni sbagliate sul silenzio di Dio.
4. Lo senti forse mentre compi un adulterio e ti par di non esser visto perché [nessun] uomo ti vede? Egli ti vede, ma tace. Quando vuoi fare un furto, tu scruti gli occhi di colui a cui rubi e, se non si accorge, lo fai. Se vedi che se ne può accorgere, allora non lo fai. Ma se non lo fai solo perché hai paura di esser visto, internamente l'hai già fatto, in cuor tuo l'hai già fatto. Sei un ladro e non hai rubato niente. Ma se ti capita il modo di mettere in atto il male già progettato, allora rubi e ne gongoli. Perché? Perché egli tace? Ma ascolta bene il salmo. Esso ti ha messo in guardia, chiunque tu sia, che forse ora sei qui e questa notte hai commesso qualcosa di male, ti ha messo in guardia, ti ha detto: Hai fatto questo e io ho taciuto. Questa iniquità hai pensato: che io sia simile a te 11. O uomini che non avete né sulla bocca né sul cuore le. parole che io sto per proferire, felici voi! Non capita forse tutti i giorni che gente che compie il male o che si rammarica di aver compiuto il bene e con questo assurdo ripensamento spreca quanto aveva raggranellato, non capita tutti i giorni che va dicendo e ruminando dentro di sé lamentele di questo genere: "Se gli dispiacesse davvero, perché Dio permette queste cose? O quelli che le fanno perché farli felici sulla terra? Vediamo quelli che rapinano, vediamo quelli che opprimono i deboli, vediamo quelli che buttan fuori i vicini, vediamo quelli che invadono con prepotenza i confini, vediamo quelli che calunniano; tutta gente potente, ricca, felice su questa terra. Se davvero Dio vedesse queste cose, se davvero ne prendesse cura, come le potrebbe sopportare?". Ed aggiungono anche questo, che è ancor peggio: "A Dio non vanno a genio se non i cattivi". Se poi gli capita di far qualcosa di buono e gli sopravvenga qualche prova, subito ha a portata di mano: "Non conviene fare il bene. Chi fa il male gli va bene". Non ti basta voler fare il male, che vai a dir male anche di chi fa il bene? Hai fatto questo, dice, e io ho taciuto. Questa iniquità hai pensato: che io sia simile a te 12. In che senso che io sia simile a te? Che cioè a me piaccia il male come piace a te; questo hai pensato. Così hai detto dentro di te. Certo, non lo hai detto ad altri, ma io l'ho sentito quando tu l'hai detto dentro di te. Peggio poi è che alcuni sono così impudenti con queste parole da non aver ritegno di essere sentiti.
Dio incolperà il peccatore e lo porrà di fronte alla sua faccia.
5. Dunque questa iniquità hai pensato, che io sia simile a te. Te ne incolperò. Nel modo che non pensi e quando non pensi te ne incolperò. Taccio mentre perdono, ma non tacerò quando giudico. Te ne incolperò. E che farò quando te ne incolperò? Porrò te stesso davanti al tuo volto 13. Ora infatti, quando tu compi il male, ti sembra di esser buono, perché non vuoi vedere te stesso. Rimproveri gli altri, ma a te non guardi; accusi gli altri, ma a te stesso non pensi; gli altri li metti davanti ai tuoi occhi, ma te stesso poni dietro la tua schiena. Io invece, quando ti incolperò, farò il contrario. Ti prenderò via dalla tua schiena e ti porrò davanti ai tuoi occhi. Allora ti vedrai e ti piangerai. Ma non ci sarà più la possibilità di cambiarti. Tu trascuri il tempo della misericordia: verrà il tempo del giudizio. Tu stesso infatti mi hai cantato nella chiesa: Misericordia e giudizio voglio cantare a te, o Signore 14. È dalla nostra bocca che risuona, dappertutto le chiese rintronano a Cristo: Misericordia e giudizio voglio cantare a te, o Signore. È [questo] il tempo della misericordia e ci possiamo correggere; non è ancora arrivato il tempo del giudizio. C'è ancora modo; c'è ancora tempo. Abbiamo peccato, correggiamoci. Non è ancora finita la strada; il giorno non è ancora spirato, non ancora concluso. E non ci si disperi, il che sarebbe peggio; perché proprio per i peccati umani e scusabili, tanto più frequenti quanto più piccoli, Dio ha costituito nella sua Chiesa dei tempi di misericordia preventiva, cioè quella medicina quotidiana, quando diciamo: Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori 15. Per queste parole infatti con faccia pulita ci accostiamo all'altare, per queste parole con faccia pulita comunichiamo al corpo e al sangue di Cristo.
Molti si rifiutano di chieder perdono. Né vogliono ascoltare la correzione della Chiesa.
6. Il peggio è che ci sono degli uomini che trascurano questa medicina a tal punto che non solo non accordano il perdono quando qualcuno pecca contro di loro, ma non vogliono neanche chieder perdono quando sono essi a peccare. È venuta la tentazione, è scoppiata l'ira. L'iracondia si è gonfiata finché ha potuto e così non soltanto è andato in ebollizione il cuore, ma anche la lingua ha vomitato insolenze e recriminazioni. Non vedi dove ti ha spinto? Non vedi dove ti precipita? Consideralo, correggila. Di': "Ho fatto male". Di': "Ho peccato". Non muori, se lo dici; anzi morresti se non lo dici. Credi non a me, ma a Dio. Chi sono io? Uomo sono, simile a voi sono, [anche] io son di carne, [anche] io sono infermo; ma tutti dobbiamo credere a Dio. State attenti. Lo stesso Cristo Signore dice, state bene attenti: Se il tuo fratello commette una colpa, ammoniscilo tra te e lui solo; se ti ascolta, avrai guadagnato il tuo fratello. Se non ti ascolterà, prendi con te due o tre persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo alla Chiesa, e se non ascolterà neanche la Chiesa, sia per te come un etnico e un pubblicano 16. Etnico vuol dire gentile. Gentile è chi non crede in Cristo. Se non ascolterà neanche la Chiesa, devi considerarlo come un morto. Ma come? Egli vive, egli entra [in chiesa], egli si segna, egli si inginocchia, egli prega, egli si accosta all'altare. Niente, sia per te come un etnico e un pubblicano. Non far caso a questi suoi falsi segni di vita. Egli è morto. Di che si può vivere, come si può vivere, se viene trascurata anche questa medicina? Se a qualcuno alla vostra presenza io dicessi: "Tu hai fatto questo", egli poi recriminerebbe: "Be'? In fondo che cos'era? In segreto mi avrebbe dovuto ammonire, in segreto mi avrebbe dovuto dire che ho fatto male, in segreto avrei riconosciuto il mio peccato. Perché mi rimprovera di fronte alla gente?". E se [questo] io l'avessi fatto e tu non ti sei corretto? E se io l'avessi già fatto e tu continui ancora? Se io l'avessi già fatto e a te, in cuor tuo, ti pare ancora di aver fatto bene? Perché lui tace, tu sei forse giusto? Perché lui adesso non punisce, tu non hai fatto niente di male? Non hai paura di quel: Te ne incolperò? Non hai paura di quel: Porrò te stesso davanti al tuo volto 17? Non hai paura?.
Anche se il giudizio di Dio fosse lontano, non lontana è la fine della tua vita.
7. "Ma il giudizio, dirai tu, è ancora così lontano". Prima di tutto chi te lo ha detto che il giorno del giudizio è lontano? E se è lontano il giorno del giudizio, è lontano anche il tuo giorno? Come puoi sapere quando sarà? Quanti si sono addormentati sani e son rimasti stecchiti! La nostra morte non la portiamo forse con noi, nella nostra carne? Non siamo forse più fragili che se fossimo di vetro? Il vetro infatti, per quanto fragile, se ci si sta attenti, può durare a lungo, e puoi trovar bicchieri di avi e di proavi nei quali bevono [ancora] nipoti e pronipoti. Una fragilità così grande, se ben custodita, può diventare annosa. Noi uomini invece, con tutto questo accavallarsi di morti quotidiane, andiamo avanti veramente fragili. E quand'anche non capitino dei casi repentini, non possiamo tuttavia vivere a lungo. Veramente breve è la vita umana. Tutta, dall'infanzia fino alla vecchiaia più decrepita, è veramente breve. Adamo, se fosse ancor vivo e dovesse morire oggi, a che gli avrebbe giovato una vita così lunga? E ci si aggiunga che quello stesso giorno, che già fermenta quasi naturalmente per [qualche] malattia nascosta, è quanto mai incerto. Tutti i giorni muoiono degli uomini. E quelli che restano ne fanno il trasporto, ne celebrano le esequie e si lusingano di sopravvivere a lungo. Ma nessuno dice: "Voglio correggermi, perché non voglio essere domani quello che è costui di cui ho fatto il trasporto". Vi piacciono queste parole; io però voglio i fatti. Non vogliate rattristarmi col vostro cattivo comportamento, perché la mia gioia in questa vita non è se non la vostra buona vita.
1 - Sal 49, 3.
2 - 1 Cor 2, 8.
3 - Cf. Mt 26, 63.
4 - Is 53, 7.
5 - Sal 49, 3.
6 - Mt 13, 9
7 - Ez 3, 5-7.
8 - Ez 3, 18, 21 e cf. anche 33, 7-9.
9 - Sal 49, 21.
10 - Sal 49, 3.
11 - Sal 49, 21.
12 - Sal 49, 21.
13 - Sal 49, 21.
14 - Sal 100, 1.
15 - Mt 6, 12.
16 - Mt 18, 15-17; cf. Dt 19, 15.
17 - Sal 49, 21.
Viaggio alla città del fuoco
I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco
Leggilo nella BibliotecaLa sera del 3 maggio 1868 Don Bosco ripigliò il racconto di quanto aveva visto nei sogni di quei giorni.
S’introdusse così: « Debbo raccontarvi un altro sogno che si può dire
conseguenza dei precedenti. Questi sogni mi lasciarono affranto in modo
da non poter più reggere. Vi ho detto di un rospo spaventevole che nella
notte del 17 aprile minacciava di ingoiarmi e che, al suo scomparire,
udii questa voce: “Perché non parli?”. Io mi volsi dalla parte donde era
partita la voce e vidi a fianco del mio letto un personaggio distinto
(la Guida).
— E che cosa devo dire? — gli chiesi.
— Ciò che hai visto e ti fu detto negli ultimi sogni e quel di più che ti sarà svelato la notte ventura».
Don Bosco continua dicendo che lo riempiva di terrore l’idea di dover
vedere ancora altri spettacoli paurosi e che non si decise di andare a
letto se non dopo la mezzanotte. Ed ecco che, appena addormentato, la
solita Guida si avvicina al suo letto e gli intima:
— Alzati e vieni con me.
Lo condusse in una pianura vastissima e arida, un vero deserto senza un
filo d’acqua. Fu un viaggio lungo e triste, anche se la strada per cui
si inoltrarono era bella, larga, spaziosa e ben selciata. La
fiancheggiavano due magnifiche siepi verdi coperte di bellissimi fiori. A
prima vista sembrava una strada pianeggiante, ma in realtà scendeva; e
Don Bosco e la Guida camminavano con una rapidità tale che sembrava loro
di volare.
«Dietro di noi — racconta Don Bosco — vidi tutti i giovani del
l’Oratorio con moltissimi compagni da me mai veduti. Mentre avanzavano,
vidi che or l’uno or l’altro cadevano ed erano immediatamente trascinati
da una forza invisibile verso una paurosa discesa, che s’intravedeva
in lontananza. Domandai alla mia Guida:
— Che cosa è che fa cadere questi giovani?
— Avvicinati un po’ di più.
Vidi allora che i giovani passavano fra molti lacci, alcuni stesi
rasente a terra, altri sospesi in aria all’altezza del capo. Erano quasi
invisibili, perciò molti giovani restavano presi a quei lacci: chi per
la testa, chi per il collo, chi per le mani, chi per un braccio, chi per
una gamba, chi per i fianchi. Non appena si stringeva il laccio,
venivano all’istante trascinati giù.
Volli esaminarne uno e lo tirai verso di me; ma non potendo smuoverlo,
decisi di seguire il filo fino al capo legato in qualche posto o tenuto
da qualcuno. Giunsi così sulla soglia di una orribile caverna e avendo
ancora dato uno strattone al filo, vidi uscire un brutto e grande mostro
che faceva ribrezzo. Con i suoi unghioni teneva l’estremità di una
fune, alla quale erano legati tutti quei lacci.
Impressionato da quella visione, ritornai presso la mia Guida, la quale mi disse:
— Ora sai chi è che trascina i giovani nel precipizio.
— Oh, sì che lo so! È il demonio che tende quei lacci per far cadere i miei giovani nell’inferno.
Mi accorsi allora che ogni laccio portava una scritta: superbia,
disubbidienza, invidia, impurità, furto, gola, accidia, ira, ecc. Notai
pure che i lacci che facevano maggiori vittime erano quelli
dell’impurità, della disubbidienza e della superbia. A quest’ultimo
erano legati gli altri due.
Molti giovani sapevano però fortunatamente evitare la presa del laccio;
altri poi se ne liberavano passando accanto a coltelli infissi nel
terreno, che tagliavano o rompevano il laccio. Erano simbolo della
Confessione, della preghiera e di altre virtù o devozioni. Due grandi
spade rappresentavano la devozione a Gesù Sacramentato e a Maria
Santissima».
A questo punto Don Bosco racconta che proseguì il cammino, sempre più
aspro, per una via che scendeva sempre più ripida e scoscesa, sparsa di
buche, di ciottoli e di macigni. Ed ecco comparire in fondo un edificio
immenso e tenebroso. Sopra una porta
altissima c’era una scritta spaventosa: «Qui non c’è redenzione». Erano
giunti alle porte dell’inferno.
— Guarda! — gli gridò a un tratto la Guida afferrandolo per un braccio.
«Tremante — afferma il Santo —, volsi gli occhi in su e vidi a gran
distanza uno che scendeva precipitosamente. Di mano in mano che
scendeva, riuscivo a distinguerne la fisionomia; era uno dei miei
giovani. I capelli scarmigliati, parte ritti sul capo, parte svolazzanti
indietro; le braccia tese in avanti, come per proteggersi nella caduta.
Voleva fermarsi e non poteva. Io volevo correre ad aiutarlo, a
porgergli una mano salvatrice, ma la Guida non me lo permise:
— Credi — mi disse — di poter fermare uno che fugge dall’ira di Dio?
Intanto quel giovane, guardando indietro con occhi folli di terrore,
andò a sbattere contro la porta di bronzo, che si spalancò. Dietro di
essa se ne aprirono contemporaneamente, con un lungo boato assordante,
due, dieci, cento, mille altre, spinte dall’urto del giovane,
trasportato come da un turbine invisibile, irresistibile, velocissimo.
Tutte quelle porte di bronzo per un istante rimasero aperte, e io vidi
in fondo, lontanissimo, come una bocca di fornace, e da quella voragine,
mentre il giovane sprofondava, sollevarsi globi di fuoco. Le porte
tornarono a chiudersi con la stessa rapidità con la quale si erano
aperte. Ed ecco precipitare altri tre giovani delle nostre case, che
rotolavano rapidissimi come tre macigni, uno dietro l’altro. Avevano le
braccia aperte e urlavano per lo spavento. Giunsero in fondo e andarono a
sbattere contro la prima porta che si aperse, e dietro di essa le altre
mille.
Molti altri caddero. Un poveretto venne spinto a urtoni da un perfido
compagno. Io li chiamavo affannosamente, ma essi non mi udivano.
— Ecco una causa principale di tante dannazioni! — esclamò la mia Guida
—. I compagni, i libri cattivi, le abitudini perverse.
Vedendone cadere tanti, esclamai con accento disperato:
— Ma dunque è inutile che noi lavoriamo nei nostri collegi, se tanti giovani fanno questa fine!
La Guida rispose:
— Questo è il loro stato attuale e se morissero verrebbero senz’altro qui».
In quel momento Don Bosco vide precipitare un altro gruppo di giovani e quelle porte restarono aperte per un istante.
— Vieni dentro anche tu — gli disse la Guida —; imparerai tante cose.
Entrarono in quello stretto e orribile corridoio e giunsero a un tetro e
brutto sportello sul quale era scritto: «Ibuni impii in ignem aeternum»
(gli empi andranno al fuoco eterno).
La Guida prese per mano Don Bosco, aperse lo sportello e lo introdusse.
«Lo spettacolo che mi si offerse — racconta Don Bosco — mi gettò in
preda a un terrore indescrivibile. Una specie di immensa caverna andava
perdendosi in anfrattuosità incavate nelle viscere dei monti, tutte
piene di fuoco, non già come noi lo vediamo sulla terra con le fiamme
guizzanti, ma tale che tutto là dentro era arroventato e bianco per il
grande calore. Mura, volta, pavimento, ferro, pietre, legno, carbone,
tutto era bianco e smagliante. Certo quel fuoco sorpassava mille e mille
gradi di calore; e non inceneriva nulla, non consumava nulla. Mi
mancano le parole per descrivervi quella spelonca in tutta la sua
spaventosa realtà.
Mentre guardavo atterrito, ecco da un varco venire a tutta furia un
giovane che, mandando un urlo acutissimo, precipita nel mezzo, si fa
bianco come tutta la caverna, e resta immobile, mentre risuona ancora
per un istante l’eco della sua voce morente. Pieno di orrore guardai
quel giovane e mi parve uno dell’Oratorio, uno dei miei figliuoli.
— Ma costui non è uno dei miei giovani, non è il tale? — chiesi alla Guida.
— Purtroppo sì — mi rispose.
Dopo questo arrivarono altri, e il loro numero aumentava sempre più, e
tutti mandavano lo stesso grido e diventavano immobili, arroventati,
come coloro che li avevano preceduti.
Cresceva in me lo spavento e chiesi alla mia Guida:
— Ma costoro non lo sanno che vengono qui?
— Oh, sì che lo sanno di andare al fuoco eterno; furono avvisati mille
volte, ma cadono qui, e volontariamente, per il peccato che non vollero
abbandonare. Essi disprezzarono e respinsero la misericordia di Dio, che
li chiamava incessantemente a pentimento.
— Quale deve essere la disperazione di questi disgraziati che non hanno più speranza di uscirne! — esclamai.
Allora la Guida mi ordinò:
— Ora bisogna che vada anche tu in mezzo a quella regione di fuoco che hai visto!
— No, no! — risposi esterrefatto —. Per andare all’inferno bisogna prima
andare al giudizio di Dio, e io non fui ancora giudicato. Dunque non
voglio andare all’inferno!
— Dimmi — osservò la Guida —: ti pare meglio andare all’inferno e
liberare i tuoi giovani, oppure startene fuori e lasciarli tra tanti
strazi?
Sbalordito a questa proposta, risposi:
— Oh, i miei giovani io li amo molto e li voglio tutti salvi. Ma non
potremmo fare in modo da non andare là dentro, né io né gli altri?
— Eh — mi rispose la Guida —, sei ancora in tempo, e lo sono essi pure, purché tu faccia tutto quello che puoi.
Il mio cuore si allargò e dissi subito:
— Poco importa il lavorare, purché io possa liberare da quei tormenti questi miei cari figliuoli.
— Dunque vieni dentro — proseguì la Guida.
Mi prese per mano per introdurmi nella caverna. Mi trovai subito in una
grande sala con porte di cristallo. Su queste pendevano larghi veli, i
quali coprivano altrettanti vani comunicanti con la caverna. La Guida mi
indicò uno di quei veli sul quale era scritto: “Sesto Comandamento”, ed
esclamò:
— La trasgressione di questo: ecco la causa della rovina eterna di tanti giovani.
— Ma non si sono confessati?
— Si sono confessati, ma le colpe contro la purezza le hanno confessate
male o le hanno taciute affatto. Vi sono di quelli che ne hanno commesso
una nella fanciullezza ed ebbero sempre vergogna a confessarla; altri
non ebbero il dolore e il proponimento. Anzi taluni, invece di far
l’esame, studiavano il modo di ingannare il confessore. E ora vuoi
vedere perché la misericordia di Dio ti ha condotto qui?
Alzò il velo e io vidi un gruppo di giovani dell’Oratorio che conoscevo,
condannati per quella colpa. Fra essi ce n’erano di quelli che ora
tengono buona condotta.
— Che cosa devo dir loro per aiutarli a salvarsi?
— Predica dappertutto contro l’impurità.
Vedemmo allo stesso modo altri giovani condannati per altri peccati. Poi
la Guida mi fece uscire da quella sala. Attraversato in un attimo quel
lungo corridoio d’entrata, prima di lasciare la soglia dell’ultima porta
di bronzo, si volse di nuovo a me ed esclamò:
— Adesso che hai veduto i tormenti degli altri, bisogna che anche tu provi un poco l’inferno. Prova a toccare questa muraglia.
Io non ne avevo il coraggio e volevo allontanarmi, ma egli mi trattenne dicendo:
— Eppure bisogna che tu provi!
Mi afferrò risolutamente il braccio e mi trasse vicino al muro continuando a dire:
— Una volta sola toccala, almeno per poter capire che cosa sarà
dell’ultima muraglia, se così terribile è la prima. Vedi questo muro? È
il millesimo prima di giungere dov’è il vero fuoco dell’inferno. Sono
mille i muri che lo circondano. Ogni muro è di mille misure di spessore e
distano l’uno dall’altro mille miglia; è distante quindi un milione di
miglia dal vero fuoco dell’inferno, e per ciò è un minimo principio
dell’inferno stesso.
Ciò detto, afferrò la mia mano, l’aperse per forza e me la fece battere
sulla pietra di quest’ultimo millesimo muro. In quell’istante sentii un
bruciore così intenso e doloroso che, balzando indietro e mandando un
fortissimo grido, mi svegliai.
Mi trovai seduto sul letto, e sembrandomi che la mia mano mi bruciasse,
la stropicciavo con l’altra per far passare quella sensazione. Fattosi
giorno, osservai che la mano era realmente gonfia e in seguito la pelle
della palma della mano si staccò e si cambiò».
Don Bosco concluse: «Notate che io non vi ho detto queste cose in tutto
il loro orrore, nel modo come le vidi e come mi fecero impressione, per
non spaventarvi troppo. Per più notti in appresso non ho più potuto
addormentarmi a causa dello spavento pro vato».
C’è chi, per non urtare la sensibilità moderna, fa del Vangelo un
‘antologia dolciastra, scegliendo i passi da cui risulta la bontà
infinita di Dio ed eliminando quelli che parlano della sua giustizia,
pure infinita. Ma « Cristo ieri, oggi e nei secoli». E Gesù non ha fatto
così; la Madonna a Fatima non ha fatto così; Don Bosco non ha fatto
così. Lo Spirito Santo presenta i «Novissimi» come efficace antidoto
contro il peccato: «Ricorda le tue ultime realtà (morte, giudizio,
inferno, paradiso), e non peccherai in eterno » (Siracide 7,36).
30 novembre 1976 - SACERDOS ALTER CHRISTUS
Mons. Ottavio Michelini
Scrivi figlio mio,
ho voluto darti una chiarificazione sulle anime vittime prima di dirti che ogni sacerdote deve essere un'anima vittima.
Questa affermazione susciterà in molti sorpresa, in altri stupore, in altri incredulità, cioè questa verità avrà reazioni diverse, rispondenti ai diversi stati d'animo di coloro che leggeranno questi messaggi.
Eppure ribadisco con fermezza che ogni sacerdote deve essere una vittima.
Infatti, figlio mio, sono Io stato sì o no la vittima per eccellenza? Dimmi, figlio mio, non sono forse Io la vittima pura, santa e immacolata che ha placato l'ira divina, soddisfatto la divina Giustizia? E chi è il sacerdote se non " alter Christus "? Chi sono i sacerdoti se non i miei naturali corredentori, e quale corredenzione sarebbe mai possibile se non facendosi vittime come Io vittima mi sono fatto per la vostra salvezza?
Non sono stato Io, Sommo Sacerdote, e, nello stesso tempo, Vittima, che ho immolato Me stesso per la vita del mondo? (p. 48)
Figlio in un precedente messaggio è spiegato chiaramente quale parte deve avere il sacerdote nella celebrazione della S. Messa, e ti ho detto: guai ai sacerdoti che un giorno scopriranno di essere stati nella S. Messa dei protagonisti incoscienti, passivi e soltanto materialmente presenti, anziché essere coscientemente presenti, consenzienti e attivamente compartecipanti con Me.
Presenti furono sotto la Croce e con Me presenti sono in ogni S. Messa la Madre Mia e S. Giovanni!
Fondersi con la Vittima Divina
Se un sacerdote non è presente nel S. Sacrificio con la ferma ed efficace volontà di offrire sé stesso, unitamente a Me, al Padre Celeste per la remissione dei peccati, ragione del sacrificio offerto, il sacerdote praticamente svuota il suo sacerdozio della sua essenza, snaturando e deformando la natura del carattere sacerdotale, mutilando il suo sacerdozio del suo fine; insomma questo sacerdote fa scempio del suo regale sacerdozio, da Me a lui compartecipato. Immagina un assassino che fa scempio della sua vittima straziandone il corpo.
Figlio, ma che hanno fatto Pastori ed educatori se non sono stati capaci, se non hanno saputo, inserire nell'animo dei " vocati " la conoscenza della natura, dell'essenza, del fine del carattere sacerdotale? (p. 49)
Due sposi che accedono al matrimonio senza conoscerne la natura e lo scopo, non sono forse due sventurati? Un chierico che accede al sacerdozio senza conoscerne a fondo l'essenza, la natura e lo scopo è molto di più di uno sventurato, poiché non solo mette in pericolo la sua anima, ma un numero grande di anime legate al suo sacerdozio nel piano dell'economia Divina.
Il sacerdote non solo deve essere vittima, ma vittima diventa per natura del suo sacerdozio; se poi rifiuta questo suo stato di vittima, diventa traditore del Mistero della Redenzione, come Giuda.
Sacerdote vittima per natura del suo stesso sacerdozio
Felice colui che è consapevole della grandiosa e sublime vocazione e missione sacerdotale e docilmente si arrende all'amore infinito di Dio che si è degnato di sollevarlo dallo sterco e dalla polvere della terra per erigerlo alla più grande e sublime dignità a cui creatura possa aspirare.
Felice colui che, consapevole di essere stato fatto vaso di elezione, si sforza, con Cristo, di seguirlo sul Calvario, per fondere le sue sofferenze con quelle della Vittima Divina, per essere poi, con la Vittima tre (p. 50) volte santa, liberatore di tante e tante anime dal giogo e dalla brutale tirannia di Satana.
Felice quel sacerdote che non accetta ne patti né compromessi coi nemici di Dio, coi nemici della Chiesa e coi nemici della sua anima e della sua coscienza.
Felice quel sacerdote che rifiuta ogni sua collaborazione con le forze oscure dell'inferno e cammina sulla via della perfezione e della santità secondo il precetto " Sancti estote "; che se tale precetto di santità è per tutti, è evidente e chiaro che in modo particolarissimo lo è per i miei ministri, che santi debbono essere per santificare.
Che dire della formazione impartita nei seminari odierni?
Figlio mio, quale paurosa distorsione in nome di un progresso e di una sovversiva evoluzione nettamente contrastante con i miei esempi e insegnamenti!
Pastori, che avete assistito e assistete passivamente a tanto pervertimento spirituale, non crediate di sfuggire alle vostre gravissime responsabilità; i vostri sofismi non servono per chiudere gli occhi di Dio.
Presto vedrete coi vostri occhi e presto pagherete di vostra tasca per tutto il male che non avete saputo (p. 51) o voluto impedire, per tutto il bene che non avete compiuto.
Ti benedico figlio mio. (p. 52)