Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 11° settimana del tempo ordinario
Vangelo secondo Luca 10
1Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue discepoli e li inviò a due a due avanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi.2Diceva loro: "La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai per la sua messe.3Andate: ecco io vi mando come agnelli in mezzo a lupi;4non portate borsa, né bisaccia, né sandali e non salutate nessuno lungo la strada.5In qualunque casa entriate, prima dite: Pace a questa casa.6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi.7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché l'operaio è degno della sua mercede. Non passate di casa in casa.8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà messo dinanzi,9curate i malati che vi si trovano, e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio.10Ma quando entrerete in una città e non vi accoglieranno, uscite sulle piazze e dite:11Anche la polvere della vostra città che si è attaccata ai nostri piedi, noi la scuotiamo contro di voi; sappiate però che il regno di Dio è vicino.12Io vi dico che in quel giorno Sòdoma sarà trattata meno duramente di quella città.
13Guai a te, Corazin, guai a te, Betsàida! Perché se in Tiro e Sidone fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere.14Perciò nel giudizio Tiro e Sidone saranno trattate meno duramente di voi.
15E tu, Cafàrnao,
'sarai innalzata fino al cielo?
Fino agli inferi sarai precipitata!'
16Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato".
17I settantadue tornarono pieni di gioia dicendo: "Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome".18Egli disse: "Io vedevo satana cadere dal cielo come la folgore.19Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra i serpenti e gli scorpioni e sopra ogni potenza del nemico; nulla vi potrà danneggiare.20Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto che i vostri nomi sono scritti nei cieli".
21In quello stesso istante Gesù esultò nello Spirito Santo e disse: "Io ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, che hai nascosto queste cose ai dotti e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così a te è piaciuto.22Ogni cosa mi è stata affidata dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare".
23E volgendosi ai discepoli, in disparte, disse: "Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete.24Vi dico che molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro, e udire ciò che voi udite, ma non l'udirono".
25Un dottore della legge si alzò per metterlo alla prova: "Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?".26Gesù gli disse: "Che cosa sta scritto nella Legge? Che cosa vi leggi?".27Costui rispose: "'Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza' e con tutta la tua mente e 'il prossimo tuo come te stesso'".28E Gesù: "Hai risposto bene; fa' questo e vivrai".
29Ma quegli, volendo giustificarsi, disse a Gesù: "E chi è il mio prossimo?".30Gesù riprese:
"Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e incappò nei briganti che lo spogliarono, lo percossero e poi se ne andarono, lasciandolo mezzo morto.31Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall'altra parte.32Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre.33Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n'ebbe compassione.34Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi, caricatolo sopra il suo giumento, lo portò a una locanda e si prese cura di lui.35Il giorno seguente, estrasse due denari e li diede all'albergatore, dicendo: Abbi cura di lui e ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno.36Chi di questi tre ti sembra sia stato il prossimo di colui che è incappato nei briganti?".37Quegli rispose: "Chi ha avuto compassione di lui". Gesù gli disse: "Va' e anche tu fa' lo stesso".
38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa.39Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola;40Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: "Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti".41Ma Gesù le rispose: "Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose,42ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta".
Esodo 23
1Non spargerai false dicerie; non presterai mano al colpevole per essere testimone in favore di un'ingiustizia.2Non seguirai la maggioranza per agire male e non deporrai in processo per deviare verso la maggioranza, per falsare la giustizia.
3Non favorirai nemmeno il debole nel suo processo.
4Quando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo asino dispersi, glieli dovrai ricondurre.5Quando vedrai l'asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico, non abbandonarlo a se stesso: mettiti con lui ad aiutarlo.
6Non farai deviare il giudizio del povero, che si rivolge a te nel suo processo.
7Ti terrai lontano da parola menzognera. Non far morire l'innocente e il giusto, perché io non assolvo il colpevole.
8Non accetterai doni, perché il dono acceca chi ha gli occhi aperti e perverte anche le parole dei giusti.
9Non opprimerai il forestiero: anche voi conoscete la vita del forestiero, perché siete stati forestieri nel paese d'Egitto.
10Per sei anni seminerai la tua terra e ne raccoglierai il prodotto,11ma nel settimo anno non la sfrutterai e la lascerai incolta: ne mangeranno gli indigenti del tuo popolo e ciò che lasceranno sarà divorato dalle bestie della campagna. Così farai per la tua vigna e per il tuo oliveto.
12Per sei giorni farai i tuoi lavori, ma nel settimo giorno farai riposo, perché possano goder quiete il tuo bue e il tuo asino e possano respirare i figli della tua schiava e il forestiero.
13Farete attenzione a quanto vi ho detto: non pronunciate il nome di altri dèi; non si senta sulla tua bocca!
14Tre volte all'anno farai festa in mio onore:
15Osserverai la festa degli azzimi: mangerai azzimi durante sette giorni, come ti ho ordinato, nella ricorrenza del mese di Abib, perché in esso sei uscito dall'Egitto.
Non si dovrà comparire davanti a me a mani vuote.
16Osserverai la festa della mietitura, delle primizie dei tuoi lavori, di ciò che semini nel campo; la festa del raccolto, al termine dell'anno, quando raccoglierai il frutto dei tuoi lavori nei campi.
17Tre volte all'anno ogni tuo maschio comparirà alla presenza del Signore Dio.
18Non offrirai con pane lievitato il sangue del sacrificio in mio onore e il grasso della vittima per la mia festa non starà fino al mattino.
19Il meglio delle primizie del tuo suolo lo porterai alla casa del Signore, tuo Dio.
Non farai cuocere un capretto nel latte di sua madre.
20Ecco, io mando un angelo davanti a te per custodirti sul cammino e per farti entrare nel luogo che ho preparato.21Abbi rispetto della sua presenza, ascolta la sua voce e non ribellarti a lui; egli infatti non perdonerebbe la vostra trasgressione, perché il mio nome è in lui.22Se tu ascolti la sua voce e fai quanto ti dirò, io sarò il nemico dei tuoi nemici e l'avversario dei tuoi avversari.
23Quando il mio angelo camminerà alla tua testa e ti farà entrare presso l'Amorreo, l'Hittita, il Perizzita, il Cananeo, l'Eveo e il Gebuseo e io li distruggerò,24tu non ti prostrerai davanti ai loro dèi e non li servirai; tu non ti comporterai secondo le loro opere, ma dovrai demolire e dovrai frantumare le loro stele.
25Voi servirete al Signore, vostro Dio. Egli benedirà il tuo pane e la tua acqua. Terrò lontana da te la malattia.26Non vi sarà nel tuo paese donna che abortisca o che sia sterile. Ti farò giungere al numero completo dei tuoi giorni.
27Manderò il mio terrore davanti a te e metterò in rotta ogni popolo in mezzo al quale entrerai; farò voltar le spalle a tutti i tuoi nemici davanti a te.
28Manderò i calabroni davanti a te ed essi scacceranno dalla tua presenza l'Eveo, il Cananeo e l'Hittita.29Non li scaccerò dalla tua presenza in un solo anno, perché il paese non resti deserto e le bestie selvatiche si moltiplichino contro di te.30A poco a poco li scaccerò dalla tua presenza, finché avrai tanti figli da occupare il paese.
31Stabilirò il tuo confine dal Mare Rosso fino al mare dei Filistei e dal deserto fino al fiume, perché ti consegnerò in mano gli abitanti del paese e li scaccerò dalla tua presenza.32Ma tu non farai alleanza con loro e con i loro dèi;33essi non abiteranno più nel tuo paese, altrimenti ti farebbero peccare contro di me, perché tu serviresti i loro dèi e ciò diventerebbe una trappola per te".
Giobbe 39
1Sai tu quando figliano le camozze
e assisti al parto delle cerve?
2Conti tu i mesi della loro gravidanza
e sai tu quando devono figliare?
3Si curvano e depongono i figli,
metton fine alle loro doglie.
4Robusti sono i loro figli, crescono in campagna,
partono e non tornano più da esse.
5Chi lascia libero l'asino selvatico
e chi scioglie i legami dell'ònagro,
6al quale ho dato la steppa per casa
e per dimora la terra salmastra?
7Del fracasso della città se ne ride
e gli urli dei guardiani non ode.
8Gira per le montagne, sua pastura,
e va in cerca di quanto è verde.
9Il bufalo si lascerà piegare a servirti
o a passar la notte presso la tua greppia?
10Potrai legarlo con la corda per fare il solco
o fargli erpicare le valli dietro a te?
11Ti fiderai di lui, perché la sua forza è grande
e a lui affiderai le tue fatiche?
12Conterai su di lui, che torni
e raduni la tua messe sulla tua aia?
13L'ala dello struzzo batte festante,
ma è forse penna e piuma di cicogna?
14Abbandona infatti alla terra le uova
e sulla polvere le lascia riscaldare.
15Dimentica che un piede può schiacciarle,
una bestia selvatica calpestarle.
16Tratta duramente i figli, come se non fossero
suoi,
della sua inutile fatica non si affanna,
17perché Dio gli ha negato la saggezza
e non gli ha dato in sorte discernimento.
18Ma quando giunge il saettatore, fugge agitando le
ali:
si beffa del cavallo e del suo cavaliere.
19Puoi tu dare la forza al cavallo
e vestire di fremiti il suo collo?
20Lo fai tu sbuffare come un fumaiolo?
Il suo alto nitrito incute spavento.
21Scalpita nella valle giulivo
e con impeto va incontro alle armi.
22Sprezza la paura, non teme,
né retrocede davanti alla spada.
23Su di lui risuona la faretra,
il luccicar della lancia e del dardo.
24Strepitando, fremendo, divora lo spazio
e al suono della tromba più non si tiene.
25Al primo squillo grida: "Aah!..."
e da lontano fiuta la battaglia,
gli urli dei capi, il fragor della mischia.
26Forse per il tuo senno si alza in volo lo sparviero
e spiega le ali verso il sud?
27O al tuo comando l'aquila s'innalza
e pone il suo nido sulle alture?
28Abita le rocce e passa la notte
sui denti di rupe o sui picchi.
29Di lassù spia la preda,
lontano scrutano i suoi occhi.
30I suoi aquilotti succhiano il sangue
e dove sono cadaveri, là essa si trova.
Salmi 83
1'Canto. Salmo. Di Asaf.'
2Dio, non darti riposo,
non restare muto e inerte, o Dio.
3Vedi: i tuoi avversari fremono
e i tuoi nemici alzano la testa.
4Contro il tuo popolo ordiscono trame
e congiurano contro i tuoi protetti.
5Hanno detto: "Venite, cancelliamoli come popolo
e più non si ricordi il nome di Israele".
6Hanno tramato insieme concordi,
contro di te hanno concluso un'alleanza;
7le tende di Edom e gli Ismaeliti,
Moab e gli Agareni,
8Gebal, Ammon e Amalek
la Palestina con gli abitanti di Tiro.
9Anche Assur è loro alleato
e ai figli di Lot presta man forte.
10Trattali come Madian e Sisara,
come Iabin al torrente di Kison:
11essi furono distrutti a Endor,
diventarono concime per la terra.
12Rendi i loro principi come Oreb e Zeb,
e come Zebee e Sàlmana tutti i loro capi;
13essi dicevano:
"I pascoli di Dio conquistiamoli per noi".
14Mio Dio, rendili come turbine,
come pula dispersa dal vento.
15Come il fuoco che brucia il bosco
e come la fiamma che divora i monti,
16così tu inseguili con la tua bufera
e sconvolgili con il tuo uragano.
17Copri di vergogna i loro volti
perché cerchino il tuo nome, Signore.
18Restino confusi e turbati per sempre,
siano umiliati, periscano;
19sappiano che tu hai nome "Signore",
tu solo sei l'Altissimo su tutta la terra.
Ezechiele 34
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, profetizza contro i pastori d'Israele, predici e riferisci ai pastori: Dice il Signore Dio: Guai ai pastori d'Israele, che pascono se stessi! I pastori non dovrebbero forse pascere il gregge?3Vi nutrite di latte, vi rivestite di lana, ammazzate le pecore più grasse, ma non pascolate il gregge.4Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza.5Per colpa del pastore si sono disperse e son preda di tutte le bestie selvatiche: sono sbandate.6Vanno errando tutte le mie pecore in tutto il paese e nessuno va in cerca di loro e se ne cura.7Perciò, pastori, ascoltate la parola del Signore:8Com'è vero ch'io vivo, - parla il Signore Dio - poiché il mio gregge è diventato una preda e le mie pecore il pasto d'ogni bestia selvatica per colpa del pastore e poiché i miei pastori non sono andati in cerca del mio gregge - hanno pasciuto se stessi senza aver cura del mio gregge -9udite quindi, pastori, la parola del Signore:10Dice il Signore Dio: Eccomi contro i pastori: chiederò loro conto del mio gregge e non li lascerò più pascolare il mio gregge, così i pastori non pasceranno più se stessi, ma strapperò loro di bocca le mie pecore e non saranno più il loro pasto.11Perché dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura.12Come un pastore passa in rassegna il suo gregge quando si trova in mezzo alle sue pecore che erano state disperse, così io passerò in rassegna le mie pecore e le radunerò da tutti i luoghi dove erano disperse nei giorni nuvolosi e di caligine.13Le ritirerò dai popoli e le radunerò da tutte le regioni. Le ricondurrò nella loro terra e le farò pascolare sui monti d'Israele, nelle valli e in tutte le praterie della regione.14Le condurrò in ottime pasture e il loro ovile sarà sui monti alti d'Israele; là riposeranno in un buon ovile e avranno rigogliosi pascoli sui monti d'Israele.15Io stesso condurrò le mie pecore al pascolo e io le farò riposare. Oracolo del Signore Dio.16Andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all'ovile quella smarrita; fascerò quella ferita e curerò quella malata, avrò cura della grassa e della forte; le pascerò con giustizia.
17A te, mio gregge, dice il Signore Dio: Ecco, io giudicherò fra pecora e pecora, fra montoni e capri.18Non vi basta pascolare in buone pasture, volete calpestare con i piedi il resto della vostra pastura; non vi basta bere acqua chiara, volete intorbidare con i piedi quella che resta.19Le mie pecore devono brucare ciò che i vostri piedi hanno calpestato e bere ciò che i vostri piedi hanno intorbidato.20Perciò dice il Signore Dio a loro riguardo: Ecco, io giudicherò fra pecora grassa e pecora magra.21Poiché voi avete spinto con il fianco e con le spalle e cozzato con le corna le più deboli fino a cacciarle e disperderle,22io salverò le mie pecore e non saranno più oggetto di preda: farò giustizia fra pecora e pecora.
23Susciterò per loro un pastore che le pascerà, Davide mio servo. Egli le condurrà al pascolo, sarà il loro pastore;24io, il Signore, sarò il loro Dio e Davide mio servo sarà principe in mezzo a loro: io, il Signore, ho parlato.25Stringerò con esse un'alleanza di pace e farò sparire dal paese le bestie nocive, cosicché potranno dimorare tranquille anche nel deserto e riposare nelle selve.
26Farò di loro e delle regioni attorno al mio colle una benedizione: manderò la pioggia a tempo opportuno e sarà pioggia di benedizione.27Gli alberi del campo daranno i loro frutti e la terra i suoi prodotti; essi abiteranno in piena sicurezza nella loro terra. Sapranno che io sono il Signore, quando avrò spezzato le spranghe del loro giogo e li avrò liberati dalle mani di coloro che li tiranneggiano.28Non saranno più preda delle genti, né li divoreranno le fiere selvatiche, ma saranno al sicuro e nessuno li spaventerà.
29Farò germogliare per loro una florida vegetazione; non saranno più consumati dalla fame nel paese e non soffriranno più il disprezzo delle genti.30Sapranno che io, il Signore, sono il loro Dio e loro, la gente d'Israele, sono il mio popolo. Parola del Signore Dio.
31Voi, mie pecore, siete il gregge del mio pascolo e io sono il vostro Dio". Oracolo del Signore Dio.
Prima lettera ai Corinzi 11
1Fatevi miei imitatori, come io lo sono di Cristo.
2Vi lodo poi perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse.3Voglio però che sappiate che di ogni uomo il capo è Cristo, e capo della donna è l'uomo, e capo di Cristo è Dio.4Ogni uomo che prega o profetizza con il capo coperto, manca di riguardo al proprio capo.5Ma ogni donna che prega o profetizza senza velo sul capo, manca di riguardo al proprio capo, poiché è lo stesso che se fosse rasata.6Se dunque una donna non vuol mettersi il velo, si tagli anche i capelli! Ma se è vergogna per una donna tagliarsi i capelli o radersi, allora si copra.
7L'uomo non deve coprirsi il capo, poiché egli è immagine e gloria di Dio; la donna invece è gloria dell'uomo.8E infatti non l'uomo deriva dalla donna, ma la donna dall'uomo;9né l'uomo fu creato per la donna, ma la donna per l'uomo.10Per questo la donna deve portare sul capo un segno della sua dipendenza a motivo degli angeli.11Tuttavia, nel Signore, né la donna è senza l'uomo, né l'uomo è senza la donna;12come infatti la donna deriva dall'uomo, così l'uomo ha vita dalla donna; tutto poi proviene da Dio.13Giudicate voi stessi: è conveniente che una donna faccia preghiera a Dio col capo scoperto?14Non è forse la natura stessa a insegnarci che è indecoroso per l'uomo lasciarsi crescere i capelli,15mentre è una gloria per la donna lasciarseli crescere? La chioma le è stata data a guisa di velo.16Se poi qualcuno ha il gusto della contestazione, noi non abbiamo questa consuetudine e neanche le Chiese di Dio.
17E mentre vi do queste istruzioni, non posso lodarvi per il fatto che le vostre riunioni non si svolgono per il meglio, ma per il peggio.18Innanzi tutto sento dire che, quando vi radunate in assemblea, vi sono divisioni tra voi, e in parte lo credo.19È necessario infatti che avvengano divisioni tra voi, perché si manifestino quelli che sono i veri credenti in mezzo a voi.20Quando dunque vi radunate insieme, il vostro non è più un mangiare la cena del Signore.21Ciascuno infatti, quando partecipa alla cena, prende prima il proprio pasto e così uno ha fame, l'altro è ubriaco.22Non avete forse le vostre case per mangiare e per bere? O volete gettare il disprezzo sulla chiesa di Dio e far vergognare chi non ha niente? Che devo dirvi? Lodarvi? In questo non vi lodo!
23Io, infatti, ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane24e, dopo aver reso grazie, lo spezzò e disse: "Questo è il mio corpo, che è per voi; fate questo in memoria di me".25Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: "Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di me".26Ogni volta infatti che mangiate di questo pane e bevete di questo calice, voi annunziate la morte del Signore finché egli venga.27Perciò chiunque in modo indegno mangia il pane o beve il calice del Signore, sarà reo del corpo e del sangue del Signore.28Ciascuno, pertanto, esamini se stesso e poi mangi di questo pane e beva di questo calice;29perché chi mangia e beve senza riconoscere il corpo del Signore, mangia e beve la propria condanna.30È per questo che tra voi ci sono molti ammalati e infermi, e un buon numero sono morti.31Se però ci esaminassimo attentamente da noi stessi, non saremmo giudicati;32quando poi siamo giudicati dal Signore, veniamo ammoniti per non esser condannati insieme con questo mondo.
33Perciò, fratelli miei, quando vi radunate per la cena, aspettatevi gli uni gli altri.34E se qualcuno ha fame, mangi a casa, perché non vi raduniate a vostra condanna. Quanto alle altre cose, le sistemerò alla mia venuta.
Capitolo IX: Obbedienza e sottomissione
Leggilo nella Biblioteca 1. Stare sottomessi, vivere soggetti a un superiore e non disporre di sé è cosa grande e valida. E' molto più sicura la condizione di sudditanza, che quella di comando. Ci sono molti che stanno sottomessi per forza, più che per amore: da ciò traggono sofferenza, e facilmente se ne lamentano; essi non giungono a libertà di spirito, se la loro sottomissione non viene dal profondo del cuore e non ha radice in Dio. Corri pure di qua e di là; non troverai pace che nell'umile sottomissione sotto la guida di un superiore. Andar sognando luoghi diversi, e passare dall'uno all'altro, è stato per molti un inganno.
2. Certamente ciascuno preferisce agire a suo talento, ed è maggiormente portato verso chi gli dà ragione. Ma, se Dio è dentro di noi, dobbiamo pur talvolta lasciar perdere i nostri desideri, per amore della pace. C'è persona così sapiente che possa conoscere pienamente ogni cosa? Perciò non devi avere troppa fiducia nelle tue impressioni; devi ascoltare volentieri anche il parere degli altri. Anche se la tua idea era giusta, ma la abbandoni per amore di Dio seguendo quella di altri, da ciò trarrai molto profitto. Stare ad ascoltare ed accettare un consiglio - come spesso ho sentito dire - è cosa più sicura che dare consigli. Può anche accadere che l'idea di uno sia buona; ma è sempre segno di superbia e di pertinacia non volersi arrendere agli altri, quando la ragionevolezza o l'evidenza lo esigano.
Omelia 83: La gioia di Cristo e la nostra gioia.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Avete sentito, carissimi, il Signore che dice ai suoi discepoli: Vi ho detto queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia perfetta (Gv 15, 11). In che consiste la gioia di Cristo in noi, se non nel fatto che egli si degna godere di noi? E in che consiste la nostra gioia perfetta, se non nell'essere in comunione con lui? Per questo aveva detto a san Pietro: Se non ti laverò, non avrai parte con me (Gv 13, 8). La sua gioia in noi, quindi, è la grazia che egli ci ha accordato; e questa grazia è la nostra gioia. Ma di questa gioia egli gode dall'eternità, fin da quando ci elesse, prima della creazione del mondo (cf. Ef 1, 4). E davvero non possiamo dire che allora la sua gioia non fosse perfetta, poiché non c'è stato mai un momento in cui Dio abbia goduto in modo imperfetto. Ma quella gioia non era allora in noi, perché nessuno di noi esisteva per poterla avere in sé, né abbiamo cominciato ad averla appena venuti all'esistenza. Ma da sempre era in lui, che, nella infallibile realtà della sua prescienza, godeva per noi che saremmo stati suoi. Quando posava su di noi il suo sguardo e ci predestinava, la gioia che egli provava per noi era perfetta; in quella gioia, infatti, non v'era alcun timore che il suo disegno potesse non compiersi. Né quando questo suo disegno cominciò a realizzarsi, crebbe la sua gioia che lo rende beato; altrimenti si dovrebbe dire che egli divenne più beato per averci creato. Questo, fratelli, non può essere: la felicità di Dio, che non era minore senza di noi, non diventò maggiore per noi. Quindi la sua gioia per la nostra salvezza, che era in lui fin da quando egli posò su di noi il suo sguardo e ci predestinò, cominciò ad essere in noi quando ci chiamò; e giustamente diciamo nostra questa gioia, che ci renderà beati in eterno. Questa nostra gioia cresce e progredisce ogni giorno, e, mediante la perseveranza, tende verso la sua perfezione. Essa comincia nella fede di coloro che rinascono, e raggiungerà il suo compimento nel premio di coloro che risorgeranno. Credo che questo sia il senso delle parole: Vi ho detto queste cose affinché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia perfetta: la mia gioia sia in voi; la vostra gioia sia perfetta: La mia gioia, infatti, è sempre stata perfetta, anche prima che voi foste chiamati, quando io già sapevo che vi avrei chiamati: e questa gioia si accende in voi quando in voi comincia a realizzarsi il mio disegno. La vostra gioia sarà perfetta allorché sarete beati; non lo siete ancora, così come un tempo, voi che non esistevate, siete stati creati.
2. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amato
(Gv 15, 12). Si dica precetto, si dica comandamento, il significato è
lo stesso, anche perché ambedue i termini sono la traduzione del greco .
Il Signore aveva già fatto prima questa esortazione, sulla quale
ricorderete che vi ho intrattenuti meglio che ho potuto. Allora egli si
espresse così: Vi do un comandamento nuovo: di amarvi gli uni gli altri; come io ho amato voi, così voi pure amatevi a vicenda
(Gv 13, 34). La ripetizione che fa di questo comandamento, ne
sottolinea l'importanza: con la sola differenza che mentre prima aveva
detto: Vi do un comandamento nuovo, ora dice: Questo è il mio comandamento. Prima
si era espresso come se quel comandamento non esistesse già prima di
lui; qui si esprime quasi non esista altro suo comandamento. Ma in
realtà la prima volta dice nuovo, perché non dovessimo rimanere legati all'uomo vecchio, mentre qui dice mio, perché lo tenessimo in gran conto.
[Dove è l'amore, non possono mancare la fede e la speranza.]
3. Ora siccome qui dice: Questo è il mio comandamento, come se non ce ne fosse altro, dovremmo pensare, o fratelli miei, che di lui esiste solo questo comandamento dell'amore, con cui dobbiamo amarci a vicenda? Non esiste forse l'altro più grande, di amare Dio? Ovvero Dio ci ha comandato soltanto l'amore fraterno, sicché non dobbiamo preoccuparci d'altro? E' certo che l'Apostolo raccomanda tre cose, quando dice: Ora rimangono bensì la fede, la speranza, la carità, queste tre cose; ma la più grande di esse è la carità (1 Cor 13, 13). E quantunque nella carità, cioè nell'amore, siano racchiusi quei due precetti, tuttavia ci dice che essa è la più grande, non la sola. Quante raccomandazioni ci vengono fatte, sia riguardo alla fede che riguardo alla speranza! Chi può metterle insieme? Chi può contarle? Ma badiamo a ciò che dice il medesimo Apostolo: La pienezza della legge è la carità (Rm 13, 10). Laddove dunque è la carità, che cosa potrà mancare? E dove non è, che cosa potrà giovare? Il diavolo crede (cf. Gc 2, 19), ma non ama; e tuttavia non si può amare se non si crede. Sia pure invano, tuttavia anche chi non ama può conservare la speranza del perdono, ma non può perderla nessuno che ama. Dunque, laddove c'è l'amore, c'è necessariamente la fede e c'è la speranza; e dove c'è l'amore del prossimo, c'è necessariamente anche l'amore di Dio. Chi infatti non ama Dio, come potrà amare il prossimo come se stesso, dal momento che non ama neppure se stesso? Egli è un empio e un uomo iniquo; e chi ama l'iniquità, non solo non ama ma odia la sua anima (cf. Sal 10, 6). Manteniamoci dunque fedeli a questo comandamento del Signore, di amarci gli uni gli altri, e osserveremo tutti gli altri suoi comandamenti, perché tutti gli altri comandamenti sono compresi in questo. Certo, questo amore si distingue da quell'amore con cui reciprocamente si amano gli uomini in quanto uomini; ed è per distinguerlo da esso che il Signore aggiunge: come io ho amato voi. E perché ci ama Cristo, se non perché possiamo regnare con lui? A questo fine dunque noi dobbiamo amarci, in modo che il nostro amore si distingua da quello degli altri, che non si amano a questo fine perché neppure si amano. Coloro che invece si amano al fine di possedere Dio, si amano davvero: per amarsi, quindi, amano Dio. Questo amore non esiste in tutti gli uomini: sono pochi, anzi, quelli che si amano affinché Dio sia tutto in tutti (cf. 1 Cor 15, 28).
26 - Cristo, nostro salvatore, risorge ed appare alla sua Madre beatissima, accompagnato dai santi padri del limbo.
La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca1466. L'anima santissima di Cristo si trattenne nel limbo dalle tre e
mezzo pomeridiane del venerdì sino a dopo le tre del mattino della
domenica seguente. A tale ora egli tornò al sepolcro, accompagnato come
principe vittorioso dagli stessi angeli che aveva portato con sé e da
coloro che aveva riscattato da quelle carceri sotterranee, come spoglie
della sua conquista e come pegno del suo magnifico trionfo, abbandonando
prostrati e castigati i suoi ribelli nemici. Là c'erano molti altri
spiriti celesti, che custodivano la tomba onorando le sacre membra unite
alla divinità. Alcuni di essi, per comando della loro Regina, avevano
recuperato il sangue sparso, i brandelli di carne saltati per le ferite,
i capelli strappati dal sublime capo e il resto che apparteneva
all'ornamento e alla totale integrità della sua umanità beatissima; di
tutto ciò si prese cura la Madre della prudenza. Conservavano queste
reliquie, esultando ciascuno per la parte che gli era toccato in sorte
di raccogliere. Prima di ogni altra cosa, fu mostrato ai padri il corpo
del loro Salvatore, piagato, lacerato e sfigurato, come lo aveva ridotto
la crudeltà dei giudei. Tutti costoro lo adorarono, riconoscendolo
anche da morto, e proclamarono di nuovo che veramente il Verbo fatto
uomo si era caricato dei nostri dolori e aveva estinto il nostro debito,
pagando con sovrabbondanza alla giustizia dell'eterno Padre quello che
noi meritavamo, essendo egli irreprensibile e senza colpa. I nostri
progenitori Adamo ed Eva compresero la strage compiuta dalla loro
disobbedienza, il penoso rimedio che essa aveva avuto e l'immensa bontà e
misericordia di Gesù. I patriarchi e i profeti videro adempiuti i loro
oracoli e le speranze delle promesse superne. Sentendo nella gloria
delle loro anime l'effetto della copiosa redenzione, lodarono ancora
l'Onnipotente e il Santo dei santi, che l'aveva operata con una
disposizione tanto meravigliosa della sua sapienza.
1467. Dopo di ciò, davanti a tutti loro, i ministri
dell'Altissimo restituirono al corpo defunto i pezzi che avevano
radunato come frammenti venerabili, riportandolo alla sua completezza e
perfezione; nel medesimo istante l'anima santissima del Signore si
ricongiunse ad esso, dandogli vita e splendore immortale. Al posto del
lenzuolo e delle unzioni con cui era stato sepolto, fu rivestito dei
quattro doni della gloria, cioè della chiarezza, dell'impassibilità,
dell'agilità e della sottigliezza, e questi dall'anima si trasmisero al
corpo divinizzato. Erano dovuti all'Unigenito come per eredità e
partecipazione naturale dall'istante della sua concezione, perché fin da
quel momento la sua anima santissima era stata glorificata e la sua
umanità innocentissima unita alla divinità; in tale occasione, però,
essi erano rimasti sospesi, senza ridondare nel corpo purissimo, per
lasciarlo soggetto alle sofferenze e permettergli, privandosene, di
conseguire la nostra gloria. Quando risorse gli vennero con ragione
riconsegnati in misura proporzionata all'unione della sua anima con la
divinità e alla gloria corrispondente. Come questa è inspiegabile ed
ineffabile per la nostra scarsa capacità, così è impossibile anche
definire adeguatamente con parole e con esempi quella delle sue membra
divinizzate, perché a paragone anche il cristallo è oscuro. La luce che
contengono e riflettono sovrasta quella degli altri corpi gloriosi come
il giorno vince la notte e un migliaio di soli una singola stella. Se
anche si facesse confluire in qualche essere la bellezza di tutti gli
altri, sembrerebbe bruttezza al confronto e nell'intero universo non ce
n'è alcuno simile.
1468. L'eccellenza di tali quattro doti superò allora di
gran lunga quella che esse avevano avuto sul Tabor ed in altri frangenti
nei quali Cristo aveva mutato il suo aspetto: il suo sacro corpo le
aveva sempre avute di passaggio e nel modo conveniente al fine per il
quale si era trasfigurato, mentre in questo caso le ebbe con pienezza
per goderne perennemente. Per mezzo dell"'impassibilità" esso divenne
invulnerabile rispetto ad ogni potere creato, perché niente era in grado
di alterarlo o cambiarlo. Tramite la "sottigliezza" fu purificato a tal
punto da poter penetrare negli altri corpi senza incontrare resistenza,
come un semplice spirito; così, attraversò la pietra del sepolcro senza
muoverla né spezzarla, nella stessa maniera in cui era uscito dal
grembo verginale della castissima Madre. L"'agilità" lo rese tanto
libero dal peso e dalla lentezza della materia da oltrepassare quella
degli angeli immateriali e da dargli facoltà di spostarsi da un luogo
all'altro con più rapidità di loro, come accadde nelle apparizioni agli
apostoli e in altre circostanze. Le sacre piaghe, che prima deformavano
il suo beatissimo corpo, diventarono nei piedi, nelle mani e nel costato
così graziose e sfavillanti da farlo stupendo, in modo ammirevole. Il
nostro Salvatore si alzò dalla tomba con tutta questa magnificenza e
maestà, e alla presenza dei santi e dei patriarchi promise a tutto il
genere umano che, come frutto della sua risurrezione, ciascuno sarebbe
risuscitato nel proprio corpo e i retti sarebbero stati glorificati in
esso. Come pegno di questa assicurazione e come caparra della
risurrezione universale, ordinò alle anime di molti tra coloro che si
trovavano lì di ricongiungersi ai loro corpi e di risuscitarli per
l'immortalità. Tale comando fu immediatamente eseguito ed essi tornarono
in vita, come riferisce Matteo anticipando il mistero. Fra di loro vi
furono sant'Anna, san Giuseppe, san Gioacchino ed altri padri che si
erano distinti nella fede e nella speranza dell'incarnazione,
desiderandola e domandandola con più insistenza. Come premio per queste
opere, fu anticipata la glorificazione dei loro corpi.
1469. Oh, come già si mostrava vigoroso e mirabile,
vittorioso e forte questo leone di Giuda, figlio di Davide! Nessuno si
destò mai dal sonno con la velocità con cui egli si svegliò dalla morte.
Subito, alla sua voce imperiosa, le ossa rinsecchite e disperse di tali
vecchi cadaveri si accostarono e la carne, ormai trasformata in
polvere, si formò di nuovo e si unì ad esse ricostituendo l'antico
corpo, migliorato dai doni di gloria che ridondavano dall'anima
glorificata da cui riceveva vita. Tutti quei giusti furono fatti
risorgere in un attimo e stettero in compagnia del loro Redentore, più
rifulgenti del sole stesso, puri, leggiadri, trasparenti e leggeri per
seguirlo ovunque. Con la loro sorte beata ci confermarono nella fiducia
di contemplarlo nella nostra stessa carne, con i nostri stessi occhi, e
non con quelli di altri, come aveva profetizzato Giobbe per darci
consolazione. La Regina era informata di tutti questi segreti e
partecipava di essi con l'illuminazione che aveva nel cenacolo.
Nell'istante in cui l'anima santissima di Gesù entrò nel proprio corpo
fu comunicato a quello di Maria il gaudio che era rimasto trattenuto
nella sua anima, e come concentrato in essa in attesa della risurrezione
di lui. Questo beneficio fu tale da portarla dalla pena alla letizia,
dalla tristezza alla contentezza, dal dolore alla felicità ineffabile e
al riposo. In quell'occasione Giovanni si recò a visitarla, come aveva
fatto il giorno precedente, per rincuorarla nella sua amara solitudine, e
scorse improvvisamente colma di splendore e di contrassegni di gloria
colei che poco innanzi riconosceva appena nella sua afflizione. Si
meravigliò e, avendola osservata con grande riverenza, giudicò che
Cristo dovesse essere già risorto, poiché ella era così rinnovata.
1470. La Signora, con questa eccezionale esultanza e con
atti sublimi che compiva di fronte a realtà tanto eccelse, cominciò a
disporsi all'incontro con il suo diletto, al quale era già molto vicina.
Tra gli inni, i cantici e le preghiere, sentì in sé un altro mutamento,
cioè una specie di giubilo e sollievo celeste, corrispondente in modo
straordinario alle tribolazioni che aveva sostenuto. Questo era
differente e più elevato della ridondanza di gioia che dalla sua anima
traboccava in maniera naturale nel corpo. Dopo tali effetti provò subito
un terzo favore di altre elargizioni superne: avvertì che le erano
infuse con diversa luce le qualità che precedono la visione di Dio,
nell'illustrazione delle quali non mi soffermo, avendolo già fatto nella
prima parte. Aggiungo solo che in questa circostanza ella ottenne
grazie più abbondanti ed eccellenti che nelle altre, per il sacrificio
di sua Maestà e i meriti da lei acquistati in esso; il conforto che le
veniva dalla mano onnipotente di lui era proporzionato ai suoi
molteplici affanni.
1471. Il nostro Salvatore, risorto e glorioso, arrivò da
lei, che era così preparata, accompagnato da tutti i santi e i
patriarchi; ella, sempre umile, si prostrò a terra e adorò il suo
Unigenito, che la fece alzare e la strinse a sé. Con questo abbraccio,
più intimo di quello che Maria di Màgdala bramava con la sua umanità e
le sue piaghe, alla Madre vergine fu fatta una concessione assolutamente
singolare, di cui ella soltanto fu degna, in quanto libera dalla legge
del peccato. Anche se allora non fu la più considerevole, non avrebbe
potuto accoglierla se non fosse stata sorretta dagli angeli e dal
Signore stesso, perché non venissero meno le sue facoltà. Il prodigio fu
che il corpo glorioso racchiuse quello della sua castissima genitrice,
compenetrandosi con lei o penetrandolo con se stesso, come se un globo
di cristallo tenesse dentro di sé il sole, che con i suoi raggi lo
riempisse tutto di luminosità e di bellezza. Così ella si unì a lui per
mezzo di quel divinissimo contatto, che fu come una porta per entrare a
comprendere la gloria della sua anima e del suo corpo. Per tali
privilegi, come per gradi di doni ineffabili, il suo spirito si innalzò
alla cognizione di profondi arcani; mentre era in essi, udì una voce che
le diceva: «Amica, ascendi più su». Per essa fu trasformata
completamente e ammirò l'Altissimo in modo chiaro e intuitivo, trovando
in lui, benché di passaggio, il riposo e il premio di tutte le sue
angustie. Qui è necessario il silenzio, perché mancano le parole e la
capacità per riferire ciò che le avvenne in tale visione, che fu più
mirabile delle altre che aveva avuto. Celebriamo questo evento con
stupite lodi, con congratulazioni, con amore e con riverenti
ringraziamenti per quanto ci guadagnò e per quanto fu sollevata.
1472. Per alcune ore la Principessa godette di Dio con suo
Figlio, partecipe della sua gloria come lo era stata del suo strazio;
quindi, discese attraverso gli stessi gradi per i quali era salita e
alla fine restò di nuovo reclinata sul braccio sinistro della santissima
umanità, accarezzata in altra maniera dalla destra della sua divinità.
Ebbe con Gesù dolcissimi colloqui sugli inesprimibili misteri della sua
passione e della sua esaltazione, rimanendo in essi un'altra volta
inebriata dal vino della carità, che bevve senza limitazione alla sua
stessa fonte. In tale occasione le fu dato con larghezza quanto una
semplice creatura poté mai ricevere, perché l'equità celeste volle
compensare il "quasi aggravio" - lo chiamo così perché non mi so
spiegare meglio - che, tanto integra e senza macchia, aveva sofferto con
gli spasimi della crocifissione e di quanto la precedette, che furono
gli stessi di Cristo; il gaudio e il beneficio corrisposero alle pene
che ella aveva subito.
1473. Quindi, sempre in uno stato eccelso, si rivolse ai
presenti, che riconobbe tutti insieme e ciascuno individualmente secondo
il loro ordine, magnificando l'Onnipotente per ciò che la sua
sconfinata misericordia aveva realizzato in ognuno. Le dette particolare
gioia incontrare i suoi genitori Gioacchino e Anna, il suo sposo
Giuseppe e Giovanni il Battista. Parlò a loro e poi ai patriarchi, ai
profeti e ai progenitori Adamo ed Eva. Tutti si inginocchiarono
contemporaneamente davanti a lei, Madre del Salvatore, causa del loro
rimedio e cooperatrice della loro redenzione. Come tale vollero
venerarla adeguatamente, poiché così dispose la sapienza superna; la
Regina delle virtù e maestra dell'umiltà, però, si chinò al suolo e rese
omaggio a tutti come era loro dovuto. Sua Maestà le permise di farlo
perché costoro, benché inferiori nella grazia, le erano superiori
essendo nella condizione di beati con gloria perenne, mentre ella era
ancora viatrice. Continuò poi tale conversazione dinanzi all'Unigenito, e
invitò loro e gli angeli ad acclamare colui che aveva prevalso sulla
morte, sul peccato e sull'inferno; questi, dunque, intonarono altri
cantici, salmi ed inni. Giunse così l'ora nella quale il Risorto apparve
altrove.
Insegnamento della Regina del cielo
1474. Carissima, rallegrati nell'afflizione che provi nel
riconoscere il tuo discorso insufficiente per esporre ciò che il tuo
intimo afferra di realtà tanto sublimi quali sono quelle delle quali hai
scritto. È trionfo della persona e onore del suo Autore che essa si dia
per vinta di fronte ad arcani così ammirevoli, tanto più che nella
carne peritura si possono capire in misura minore. Io sentii i tormenti
del mio adorato e, anche se non persi la vita, sopportai in maniera
inesplicabile i dolori propri del decesso. A questo ebbe
proporzionatamente seguito in me una straordinaria risurrezione mistica
ad un modo di essere più elevato nella perfezione e negli atti. Essendo
l'Altissimo infinito, quantunque se ne partecipi molto si ha ancora
tanto da intendere, gustare, amare. Perché adesso tu possa indagare
qualcosa della gloria del mio Signore, della mia e di quella degli
eletti, scorrendo le doti del corpo glorioso, ti voglio proporre la
regola per passare a quelle dell'anima. Ti è noto che queste sono:
"visione", comprensione e fruizione.,; le prime, invece, sono quelle che
hai già ripetuto: "chiarezza", "impassibilità", "sottigliezza" e
"agilità".
1475. A tutte queste qualità si collega in chi è in stato
di grazia qualche incremento per qualsiasi azione apprezzabile, benché
non maggiore del muovere una pagliuzza per amor di Dio o del porgere un
bicchiere di acqua'. Per ciascuna, sebbene piccolissima, costui si
procura per quando sarà in paradiso più "chiarezza" di quella di molti
soli. Con l"’impassibilità" si allontana dalla corruzione mondana più di
quanto riesca a respingerla con tutti i suoi sforzi, scostando da sé
ciò che lo può offendere o alterare. Con la "sottigliezza" avanza
nell'essere al di sopra di quello che gli può resistere e acquista nuova
forza su ciò che cerca di penetrare. Riguardo all"’agilità", per ogni
opera buona gli è data più velocità di quella degli uccelli, dei venti,
del fuoco e di tutti gli altri elementi nel tendere verso il loro centro
di attrazione. Dall'aumento delle doti del corpo dedurrai che cosa
ottengano quelle dell'anima, alle quali esse corrispondono e dalle quali
derivano. Nella "visione" beatifica ogni atto lodevole garantisce una
cognizione degli attributi e delle prerogative dell'Eterno più profonda
di quella conseguita da tutti i dottori e i dotti dei quali la Chiesa si
vanta. Si estende pure la "comprensione" di tale oggetto, perché per la
fermezza con cui si possiede quel sommo e inesauribile bene viene
concessa al giusto ulteriore sicurezza e riposo più stimabile che se
fosse suo quanto vi è di più prezioso, ricco e desiderabile, anche se
l'avesse tutto senza timore di esserne privato. Nella "fruizione", per
la carità con cui si agisce, sono elargiti in cielo eccellenti gradi di
amore fruitivo. Mai il più intenso affetto che i mortali hanno per ciò
che è materiale arrivò a poter essere paragonato con tale accrescimento,
né il godimento che risulta da esso con tutto quello che si trova
nell'esistenza terrena.
1476. Figlia mia, innalza le tue riflessioni: dai mirabili
premi anche di un solo gesto fatto per l'Onnipotente pondera a fondo
quale sarà quello dei santi, che per lui ne compirono di tanto eroici e
magnifici, e patirono torture e martiri così crudeli come sono
attestati. Se accade questo in loro, che sono semplici uomini e soggetti
a colpe e mancanze che ritardano il merito, considera quanto più potrai
quale debba essere l'enorme grandezza del mio Unigenito, e coglierai
sino a che punto sia limitata la vostra capacità, soprattutto nel tempo
del pellegrinaggio, per abbracciare degnamente questo mistero e farsene
un giudizio appropriato. L'anima santissima di Cristo era congiunta
sostanzialmente alla Persona divina ed era conseguente che Dio, dopo
averle comunicato in modo ineffabile il suo stesso essere, riversasse in
essa l'oceano sconfinato della medesima divinità, beatificandola in
misura adeguata. Anche se Gesù non guadagnò questa gloria, perché l'ebbe
fin dall'istante della sua concezione nel mio grembo per l'unione
ipostatica, quello che fece in trentatré anni, nascendo in povertà,
vivendo in mezzo a tribolazioni, amando come viatore, ammaestrando,
soffrendo, acquistando meriti, redimendo l'intero genere umano, fondando
la comunità ecclesiale e quanto la fede cattolica insegna, procurò al
suo corpo purissimo gloria proporzionata a quella dell'anima. Ciò è
inesprimibile ed immenso, e sarà manifestato solo quassù. Il braccio
vigoroso dell'Altissimo realizzò anche in me, umile creatura, cose
stupende, che mi fecero subito dimenticare i tormenti della passione. Lo
stesso avvenne ai padri del limbo e avviene agli altri retti quando
ricevono la ricompensa. Scordai l'amarezza e le pene che avevo dovuto
sopportare, perché il sublime gaudio bandì il dolore, ma non cancellai
mai dalla mia mente quello che il Redentore aveva sostenuto per tutti.
16-27 Novembre 5, 1923 Gli atti fatti nel Divin Volere formano gli accidenti che imprigionano Gesù nell’anima, e vi formano la sua Vita reale.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Mi sentivo oppressa per la privazione del mio dolce Gesù, con l’aggiunta che il confessore, siccome non avevo avuto la fiducia di aprirmi e perché cattiva, mi aveva negato l’assoluzione. Onde avendo fatta la santa comunione, mi abbandonavo nelle braccia del mio dolcissimo Gesù e gli dicevo:
(2) “Amor mio, aiutami, non mi abbandonare, Tu sai in che stato mi trovo per la tua privazione, eppure da parte delle creature, invece d’aiuto aggiungono pene a pene, sicché senza di Te non ho più nessuno, o con Te o sola a piangere la mia dura sorte d’averti perduto. Questo dovrebbe spingerti maggiormente a non lasciarmi sola, almeno per fare compagnia ad una povera abbandonata che vive morendo nel suo duro esilio, perciò, Tu che sei il sommo dei sacerdoti, dammi Tu l’assoluzione, dimmi che mi perdoni le colpe che ci sono nell’anima mia, fammi sentire la tua voce dolcissima che mi dà vita e perdono”. Ora, mentre sfogavo il mio dolore con Gesù, si è fatto vedere nel mio interno, ed i veli sacramentali formavano come uno specchio, in cui Gesù ci stava dentro vivo e vero, ed il mio dolce Gesù mi ha detto:
(3) “Figlia mia, questo specchio sono gli accidenti del pane che mi tengono imprigionato in loro, Io formo la mia Vita nell’ostia, ma essa nulla mi dà, non un affetto, né un palpito, né il più piccolo ti amo, essa è come morta per Me, rimango solo, senza l’ombra d’alcun ricambio, e perciò il mio amore è quasi impaziente d’uscire, di frantumare questo vetro, scendendo nei cuori per trovare in essi quel ricambio che l’ostia né sa, né può darmi. Ma sai tu dove trovo il mio vero ricambio? Nell’anima che vive nella mia Volontà, Io come scendo nel suo cuore, subito consumo gli accidenti dell’ostia, perché so che accidenti più nobili, e a Me più cari, sono pronti per imprigionarmi, per non farmi uscire da quel cuore che mi darà, non solo vita in lei, ma vita per vita; non starò solo, ma con la mia più fida compagnia, saremo due cuori a palpitare insieme, ameremo uniti, i nostri desideri saranno uno solo, sicché Io rimango in lei, e vi fo Vita, vivo e vero, come la fo nel Santissimo Sacramento. Ma sai tu quali sono questi accidenti che trovo nell’anima che fa la mia Volontà? Sono gli atti suoi fatti nel mio Volere, che più che accidenti si stendono intorno a Me, e m’imprigionano, ma dentro d’una prigione nobile, divina, non oscura, perché i suoi atti fatti nel mio Volere, più che sole la illuminano e la riscaldano. Oh! come mi sento felice di far Vita reale in essa, perché mi sento come se mi trovasse nella mia Reggia Celeste. Guardami nel tuo cuore, come ne sono contento, come mi diletto e provo le gioie più pure”.
(4) Ed io: “Mio amato Gesù, non è una cosa nuova e singolare ciò che tu dici, che in chi vive nella tua Volontà Tu fai Vita reale in essa? Non è piuttosto quella Vita mistica che tu fai nei cuori che posseggono la tua Grazia? ”.
(5) E Gesù: “No, no, non è Vita mistica, come per quelli che posseggono la mia Grazia, ma non vivono coi loro atti immedesimati nel mio Volere, non hanno materia sufficiente per formarmi gli accidenti per imprigionarmi; sarebbe come se mancasse l’ostia al sacerdote e volesse pronunziare le parole della consacrazione, le potrebbe dire, ma le direbbe nel vuoto, la mia Vita Sacramentale non avrebbe certo esistenza. Così mi trovo nei cuori, che mentre possono possedere la mia Grazia, ma non vivono del tutto nel mio Volere, sto in loro per Grazia, ma non realmente”.
(6) Ed io: “Amor mio, ma come può essere che Tu possa vivere realmente nell’anima che vive nel tuo Volere? ”.
(7) E Gesù: “Figlia mia, non vivo forse nell’ostia sacramentale vivo e vero, in anima, corpo, sangue e Divinità? E perché vivo nell’ostia, in anima, corpo, sangue e Divinità? Perché non c’è una volontà che si opponga alla mia; se Io trovassi nell’ostia una volontà che si opponesse alla mia, Io non farei in essa né Vita reale, né vita perenne, ed è anche questa la causa per cui gli accidenti sacramentali si consumano quando mi ricevono, perché non trovo una volontà umana unita con Me, in modo che vuol perdere la sua per fare acquisto della mia, ma trovo una volontà che vuole agire, vuol fare da sé, ed Io faccio la mia visitina e parto. Invece, per chi vive nella mia Volontà, il mio Volere ed il suo sono uno solo; e se lo faccio nell’ostia, molto più lo posso fare in lui, molto più che trovo un palpito, un affetto, il mio ricambio ed il mio tornaconto, ciò che non trovo nell’ostia. All’anima che vive nella mia Volontà l’è necessaria la mia Vita reale in lei, altrimenti come potrebbe vivere del mio Volere? Ah! tu non vuoi capirla, che la santità del vivere nel mio Volere è una santità del tutto differente dalle altre santità, e tolte le croci, le mortificazioni, gli atti necessari della vita, che fatti nella mia Volontà l’abbelliscono di più, non è altro che la vita dei beati del Cielo, che siccome vivono nel mio Volere, in virtù di Esso ciascuno mi ha in loro come se fossi per uno solo, vivo e vero, e non misticamente, ma realmente abitante in loro, e siccome non si potrebbe dire vita di Cielo se non mi avessero in loro come vita propria, e se mancasse anche una piccola particella della mia Vita in loro, non sarebbe né completa né perfetta la loro felicità, così chi vive nel mio Volere non sarebbe né piena, né perfetta la mia Volontà in lei, perché mancherebbe la mia Vita reale che emette questa Volontà. E’ vero che sono tutti prodigi del mio amore, anzi il prodigio dei prodigi, che finora il mio Volere ha ritenuto in Sé, e che ora vuole uscirlo fuori per giungere allo scopo primiero della creazione dell’uomo. Perciò la mia prima Vita reale la voglio formare in te”.
(8) Ed io, nel sentire ciò ho detto: “Ahi! amor mio, Gesù, eppure mi sento così male per tutti questi contrasti, e Tu lo sai; è vero che ciò mi serve per più abbandonarmi nelle tue braccia e chiedere da Te ciò che non mi danno; ma con tutto ciò sento un alito di turbazione che turba la pace dell’anima mia, e Tu dici che vuoi formare Vita reale in me? Oh! quanto ne sono lontana”.
(9) E Gesù di nuovo: “Figlia, non ti dar pensiero di ciò, quello che voglio è che tu non ci metta niente del tuo e che ubbidisca per quanto puoi. Si sa che tutte le altre santità, cioè, quella dell’ubbidienza e delle altre virtù, non vanno esenti da piccineria, turbazione, contese e perdimento di tempo, che impediscono di formare un bel sole, al più una piccola stella; la sola santità del mio Volere è quella che va esente da queste miserie. E poi, la mia Volontà racchiude tutti i sacramenti e gli effetti di essi, perciò abbandonati del tutto nella mia Volontà, falla tutta tua, e riceverai gli effetti dell’assoluzione o di altro che ti venisse negato. Quindi ti raccomando non perdere tempo, che col perdere il tempo vieni ad inceppare la mia Vita reale che sto formando in te”.