Sotto il Tuo Manto

Giovedi, 5 giugno 2025 - San Bonifacio (Letture di oggi)

Questo anno volge al termine. Prova ad immaginare di avere ancora solo un anno di vita. Cosa faresti? Cosa smetteresti di fare? Forse smetteresti di identificarti troppo con il tuo lavoro? Smetteresti di perdere tempo con le cose insignificanti. Smetteresti di arrabbiarti per futili motivi. Smetteresti di rovistare troppo il tuo passato. Smetteresti di rimproverarti per le tue fragilità , per gli errori commessi dimenticando che sono stati proprio essi a renderti umile. E cosa faresti? Forse penseresti più spesso e con gratitudine ai momenti belli che il Signore ti ha dato di vivere. Diresti di continuo "ti voglio bene" alle persone che sono intorno a te. Faresti un viaggio sognato tutta la vita o pianteresti un giardino di rose e di fiori per i tuoi familiari. Faresti lunghe passeggiate nei boschi. Torneresti nella casa della tua infanzia con un cuore colmo di gratitudine. Passeresti più tempo con la tua famiglia. Faresti un intenso cammino di preghiera... La vita è così breve, così fragile, vivi ogni giorno come se fosse l'ultimo. (Don Nikola Vucic)

Liturgia delle Ore - Letture

Mercoledi della 11° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 2

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.2Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.3Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.4Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nàzaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,5per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.6Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
8C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.9Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento,10ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:11oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia".13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:

14"Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama".

15Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".16Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.18Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.19Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
20I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

21Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.

22Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore,23come è scritto nella Legge del Signore: 'ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore';24e per offrire in sacrificio 'una coppia di tortore o di giovani colombi', come prescrive la Legge del Signore.
25Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele;26lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.27Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge,28lo prese tra le braccia e benedisse Dio:

29"Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
30perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31preparata da te davanti a tutti i popoli,
32luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele".

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.34Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione35perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima".

36C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza,37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

41I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua.42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza;43ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.44Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.48Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo".49Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?".50Ma essi non compresero le sue parole.

51Partì dunque con loro e tornò a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.52E Gesù 'cresceva' in sapienza, età 'e grazia davanti a Dio e agli uomini'.


Esodo 4

1Mosè rispose: "Ecco, non mi crederanno, non ascolteranno la mia voce, ma diranno: Non ti è apparso il Signore!".2Il Signore gli disse: "Che hai in mano?". Rispose: "Un bastone".3Riprese: "Gettalo a terra!". Lo gettò a terra e il bastone diventò un serpente, davanti al quale Mosè si mise a fuggire.4Il Signore disse a Mosè: "Stendi la mano e prendilo per la coda!". Stese la mano, lo prese e diventò di nuovo un bastone nella sua mano.5"Questo perché credano che ti è apparso il Signore, il Dio dei loro padri, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe".6Il Signore gli disse ancora: "Introduci la mano nel seno!". Egli si mise in seno la mano e poi la ritirò: ecco la sua mano era diventata lebbrosa, bianca come la neve.7Egli disse: "Rimetti la mano nel seno!". Rimise in seno la mano e la tirò fuori: ecco era tornata come il resto della sua carne.8"Dunque se non ti credono e non ascoltano la voce del primo segno, crederanno alla voce del secondo!9Se non credono neppure a questi due segni e non ascolteranno la tua voce, allora prenderai acqua del Nilo e la verserai sulla terra asciutta: l'acqua che avrai presa dal Nilo diventerà sangue sulla terra asciutta".
10Mosè disse al Signore: "Mio Signore, io non sono un buon parlatore; non lo sono mai stato prima e neppure da quando tu hai cominciato a parlare al tuo servo, ma sono impacciato di bocca e di lingua".11Il Signore gli disse: "Chi ha dato una bocca all'uomo o chi lo rende muto o sordo, veggente o cieco? Non sono forse io, il Signore?12Ora va'! Io sarò con la tua bocca e ti insegnerò quello che dovrai dire".13Mosè disse: "Perdonami, Signore mio, manda chi vuoi mandare!".14Allora la collera del Signore si accese contro Mosè e gli disse: "Non vi è forse il tuo fratello Aronne, il levita? Io so che lui sa parlar bene. Anzi sta venendoti incontro. Ti vedrà e gioirà in cuor suo.15Tu gli parlerai e metterai sulla sua bocca le parole da dire e io sarò con te e con lui mentre parlate e vi suggerirò quello che dovrete fare.16Parlerà lui al popolo per te: allora egli sarà per te come bocca e tu farai per lui le veci di Dio.17Terrai in mano questo bastone, con il quale tu compirai i prodigi".
18Mosè partì, tornò da Ietro suo suocero e gli disse: "Lascia che io parta e torni dai miei fratelli che sono in Egitto, per vedere se sono ancora vivi!". Ietro disse a Mosè: "Va' pure in pace!".19Il Signore disse a Mosè in Madian: "Va', torna in Egitto, perché sono morti quanti insidiavano la tua vita!".20Mosè prese la moglie e i figli, li fece salire sull'asino e tornò nel paese di Egitto. Mosè prese in mano anche il bastone di Dio.
21Il Signore disse a Mosè: "Mentre tu parti per tornare in Egitto, sappi che tu compirai alla presenza del faraone tutti i prodigi che ti ho messi in mano; ma io indurirò il suo cuore ed egli non lascerà partire il mio popolo.22Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito.23Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!".
24Mentre si trovava in viaggio, nel luogo dove pernottava, il Signore gli venne contro e cercò di farlo morire.25Allora Zippora prese una selce tagliente, recise il prepuzio del figlio e con quello gli toccò i piedi e disse: "Tu sei per me uno sposo di sangue".26Allora si ritirò da lui. Essa aveva detto sposo di sangue a causa della circoncisione.
27Il Signore disse ad Aronne: "Va' incontro a Mosè nel deserto!". Andò e lo incontrò al monte di Dio e lo baciò.28Mosè riferì ad Aronne tutte le parole con le quali il Signore lo aveva inviato e tutti i segni con i quali l'aveva accreditato.
29Mosè e Aronne andarono e adunarono tutti gli anziani degli Israeliti.30Aronne parlò al popolo, riferendo tutte le parole che il Signore aveva dette a Mosè, e compì i segni davanti agli occhi del popolo.31Allora il popolo credette. Essi intesero che il Signore aveva visitato gli Israeliti e che aveva visto la loro afflizione; si inginocchiarono e si prostrarono.


Salmi 104

1Benedici il Signore, anima mia,
Signore, mio Dio, quanto sei grande!
Rivestito di maestà e di splendore,
2avvolto di luce come di un manto.
Tu stendi il cielo come una tenda,
3costruisci sulle acque la tua dimora,
fai delle nubi il tuo carro,
cammini sulle ali del vento;
4fai dei venti i tuoi messaggeri,
delle fiamme guizzanti i tuoi ministri.

5Hai fondato la terra sulle sue basi,
mai potrà vacillare.
6L'oceano l'avvolgeva come un manto,
le acque coprivano le montagne.
7Alla tua minaccia sono fuggite,
al fragore del tuo tuono hanno tremato.
8Emergono i monti, scendono le valli
al luogo che hai loro assegnato.
9Hai posto un limite alle acque: non lo passeranno,
non torneranno a coprire la terra.

10Fai scaturire le sorgenti nelle valli
e scorrono tra i monti;
11ne bevono tutte le bestie selvatiche
e gli ònagri estinguono la loro sete.
12Al di sopra dimorano gli uccelli del cielo,
cantano tra le fronde.

13Dalle tue alte dimore irrighi i monti,
con il frutto delle tue opere sazi la terra.
14Fai crescere il fieno per gli armenti
e l'erba al servizio dell'uomo,
perché tragga alimento dalla terra:
15il vino che allieta il cuore dell'uomo;
l'olio che fa brillare il suo volto
e il pane che sostiene il suo vigore.

16Si saziano gli alberi del Signore,
i cedri del Libano da lui piantati.
17Là gli uccelli fanno il loro nido
e la cicogna sui cipressi ha la sua casa.
18Per i camosci sono le alte montagne,
le rocce sono rifugio per gli iràci.

19Per segnare le stagioni hai fatto la luna
e il sole che conosce il suo tramonto.
20Stendi le tenebre e viene la notte
e vagano tutte le bestie della foresta;
21ruggiscono i leoncelli in cerca di preda
e chiedono a Dio il loro cibo.
22Sorge il sole, si ritirano
e si accovacciano nelle tane.
23Allora l'uomo esce al suo lavoro,
per la sua fatica fino a sera.

24Quanto sono grandi, Signore,
le tue opere!
Tutto hai fatto con saggezza,
la terra è piena delle tue creature.
25Ecco il mare spazioso e vasto:
lì guizzano senza numero
animali piccoli e grandi.
26Lo solcano le navi,
il Leviatàn che hai plasmato
perché in esso si diverta.

27Tutti da te aspettano
che tu dia loro il cibo in tempo opportuno.
28Tu lo provvedi, essi lo raccolgono,
tu apri la mano, si saziano di beni.
29Se nascondi il tuo volto, vengono meno,
togli loro il respiro, muoiono
e ritornano nella loro polvere.
30Mandi il tuo spirito, sono creati,
e rinnovi la faccia della terra.

31La gloria del Signore sia per sempre;
gioisca il Signore delle sue opere.
32Egli guarda la terra e la fa sussultare,
tocca i monti ed essi fumano.
33Voglio cantare al Signore finché ho vita,
cantare al mio Dio finché esisto.
34A lui sia gradito il mio canto;
la mia gioia è nel Signore.

35Scompaiano i peccatori dalla terra
e più non esistano gli empi.
Benedici il Signore, anima mia.


Salmi 139

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

Signore, tu mi scruti e mi conosci,
2tu sai quando seggo e quando mi alzo.
Penetri da lontano i miei pensieri,
3mi scruti quando cammino e quando riposo.
Ti sono note tutte le mie vie;
4la mia parola non è ancora sulla lingua
e tu, Signore, già la conosci tutta.
5Alle spalle e di fronte mi circondi
e poni su di me la tua mano.
6Stupenda per me la tua saggezza,
troppo alta, e io non la comprendo.

7Dove andare lontano dal tuo spirito,
dove fuggire dalla tua presenza?
8Se salgo in cielo, là tu sei,
se scendo negli inferi, eccoti.
9Se prendo le ali dell'aurora
per abitare all'estremità del mare,
10anche là mi guida la tua mano
e mi afferra la tua destra.
11Se dico: "Almeno l'oscurità mi copra
e intorno a me sia la notte";
12nemmeno le tenebre per te sono oscure,
e la notte è chiara come il giorno;
per te le tenebre sono come luce.

13Sei tu che hai creato le mie viscere
e mi hai tessuto nel seno di mia madre.
14Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio;
sono stupende le tue opere,
tu mi conosci fino in fondo.

15Non ti erano nascoste le mie ossa
quando venivo formato nel segreto,
intessuto nelle profondità della terra.
16Ancora informe mi hanno visto i tuoi occhi
e tutto era scritto nel tuo libro;
i miei giorni erano fissati,
quando ancora non ne esisteva uno.
17Quanto profondi per me i tuoi pensieri,
quanto grande il loro numero, o Dio;
18se li conto sono più della sabbia,
se li credo finiti, con te sono ancora.

19Se Dio sopprimesse i peccatori!
Allontanatevi da me, uomini sanguinari.
20Essi parlano contro di te con inganno:
contro di te insorgono con frode.
21Non odio, forse, Signore, quelli che ti odiano
e non detesto i tuoi nemici?
22Li detesto con odio implacabile
come se fossero miei nemici.
23Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore,
provami e conosci i miei pensieri:
24vedi se percorro una via di menzogna
e guidami sulla via della vita.


Baruc 6

1Per i peccati da voi commessi di fronte a Dio sarete condotti prigionieri in Babilonia da Nabucodònosor re dei Babilonesi.2Giunti dunque in Babilonia, vi resterete molti anni e per lungo tempo fino a sette generazioni; dopo vi ricondurrò di là in pace.3Ora, vedrete in Babilonia idoli d'argento, d'oro e di legno, portati a spalla, i quali infondono timore ai pagani.4State attenti dunque a non imitare gli stranieri; il timore dei loro dèi non si impadronisca di voi.5Alla vista di una moltitudine che prostrandosi davanti e dietro a loro li adora, pensate: "Te dobbiamo adorare, Signore".6Poiché il mio angelo è con voi, egli si prenderà cura di voi.
7Essi hanno una lingua limata da un artefice, sono indorati e inargentati, ma sono simulacri falsi e non possono parlare.8Come si fa con una ragazza vanitosa, prendono oro e acconciano corone sulla testa dei loro dèi.9Talvolta anche i sacerdoti, togliendo ai loro dèi oro e argento, lo spendono per sé, dandone anche alle prostitute nei postriboli.
10Adornano poi con vesti, come si fa con gli uomini, questi idoli d'argento, d'oro e di legno; ma essi non sono in grado di salvarsi dalla ruggine e dai tarli.11Sono avvolti in una veste purpurea, ma bisogna pulire il loro volto per la polvere del tempio che si posa abbondante su di essi.12Come un governatore di una regione, il dio ha lo scettro, ma non stermina colui che lo offende.13Ha il pugnale e la scure nella destra, ma non si libera dalla guerra e dai ladri.14Per questo è evidente che non sono dèi; non temeteli, dunque!
15Come un vaso di terra una volta rotto diventa inutile, così sono i loro dèi, posti nei templi.16I loro occhi sono pieni della polvere sollevata dai piedi di coloro che entrano.17Come ad uno che abbia offeso un re si tiene bene sbarrato il luogo dove è detenuto perché deve essere condotto a morte, così i sacerdoti assicurano i templi con portoni, con serrature e con spranghe, perché non vengano saccheggiati dai ladri.18Accendono loro lumi, persino più numerosi che per se stessi, ma gli dèi non ne vedono alcuno.19Sono come una delle travi del tempio; il loro interno, come si dice, viene divorato e anch'essi senza accorgersene sono divorati dagli insetti che strisciano dalla terra, insieme con le loro vesti.20Il loro volto si annerisce per il fumo del tempio.21Sul loro corpo e sulla testa si posano pipistrelli, rondini e altri uccelli e anche i gatti.22Di qui potete conoscere che non sono dèi; non temeteli, dunque!
23L'oro di cui sono adorni per bellezza non risplende se qualcuno non ne toglie la patina; perfino quando venivano fusi, essi non se ne accorgevano.24Furono comprati a qualsiasi prezzo, essi che non hanno alito vitale.25Senza piedi, vengono portati a spalla, mostrando agli uomini la loro condizione vergognosa; arrossiscono anche i loro fedeli perché, se cadono a terra, non si rialzano più.26Neanche se uno li colloca diritti si muoveranno da sé, né se si sono inclinati si raddrizzeranno; si pongono offerte innanzi a loro come ai morti.27I loro sacerdoti vendono le loro vittime e ne traggono profitto; anche le mogli di costoro ne pongono sotto sale una parte e non ne danno né ai poveri né ai bisognosi; anche una donna in stato di impurità e la puerpera toccano le loro vittime.28Conoscendo dunque da questo che non sono dèi, non temeteli!
29Come infatti si potrebbero chiamare dèi? Perfino le donne presentano offerte a questi idoli d'argento, d'oro e di legno.30Nei templi i sacerdoti siedono con le vesti stracciate, la testa e le guance rasate, a capo scoperto.31Urlano alzando grida davanti ai loro dèi, come fanno alcuni durante un banchetto funebre.32I sacerdoti si portan via le vesti degli dèi e ne rivestono le loro mogli e i loro bambini.33Gli idoli non possono contraccambiare né il male né il bene ricevuto da qualcuno; non possono né costituire né spodestare un re;34nemmeno possono dare ricchezze né soldi. Se qualcuno, fatto un voto, non lo mantiene, non se ne curano.35Non liberano un uomo dalla morte né sottraggono il debole da un forte.36Non rendono la vista a un cieco né liberano un uomo dalle angosce.37Non hanno pietà della vedova né beneficano l'orfano.38Sono simili alle pietre estratte dalla montagna quegli idoli di legno, indorati e argentati. I loro fedeli saranno confusi.39Come dunque si può ritenere e dichiarare che costoro sono dèi?
40Inoltre, perfino gli stessi Caldei li disonorano; questi infatti quando trovano un muto incapace di parlare lo presentano a Bel pregandolo di farlo parlare, quasi che costui potesse sentire.41Costoro, pur rendendosene conto, non sono capaci di abbandonare gli idoli, perché non hanno senno.42Le donne siedono per la strada cinte di cordicelle e bruciano della crusca.43Quando qualcuna di esse, tratta in disparte da qualche passante, si è data a costui, schernisce la sua vicina perché non fu stimata come lei e perché la sua cordicella non fu spezzata.44Quanto avviene attorno agli idoli è menzogna; dunque, come si può credere e dichiarare che costoro sono dèi?
45Gli idoli sono lavoro di artigiani e di orefici; essi non diventano niente altro che ciò che gli artigiani vogliono che siano.46Coloro che li fabbricano non hanno vita lunga; come potrebbero le cose da essi fabbricate essere dèi?47Essi lasciano ai loro posteri menzogna e ignominia.48Difatti, quando sopraggiungono la guerra e le calamità, i sacerdoti si consigliano fra di loro sul come potranno nascondersi insieme con i loro dèi.49Come dunque è possibile non comprendere che non sono dèi coloro che non possono salvare se stessi né dalla guerra né dai mali?50Dopo tali fatti si riconoscerà che gli idoli di legno, indorati e argentati, sono una menzogna; a tutte le genti e ai re sarà evidente che essi non sono dèi, ma lavoro delle mani d'uomo e che sono privi di ogni qualità divina.51A chi dunque non sarà evidente che non sono dèi?
52Essi infatti non possono costituire un re sul paese né concedere la pioggia agli uomini;53non risolvono le contese, né liberano l'oppresso, poiché non hanno alcun potere; sono come cornacchie fra il cielo e la terra.54Infatti, se il fuoco si attacca al tempio di questi dèi di legno o indorati o argentati, mentre i loro sacerdoti fuggiranno e si metteranno in salvo, essi invece come travi bruceranno là in mezzo.55A un re e ai nemici non possono resistere.56Come dunque si può ammettere e pensare che essi siano dèi?
57Né dai ladri né dai briganti si salveranno questi idoli di legno, argentati e indorati, ai quali i ladri con la violenza tolgono l'oro, l'argento e la veste che li avvolge e poi fuggono tenendo la roba; essi non sono in grado di aiutare neppure se stessi.58Per questo vale meglio di questi dèi bugiardi un re che mostri coraggio oppure un arnese utile in casa, di cui si serve chi l'ha acquistato; anche meglio di questi dèi bugiardi è una porta, che tenga al sicuro quanto è dentro la casa o perfino una colonna di legno in un palazzo.59Il sole, la luna, le stelle, essendo lucenti e destinati a servire a uno scopo obbediscono volentieri.60Così anche il lampo, quando appare, è ben visibile; anche il vento spira su tutta la regione.61Quando alle nubi è ordinato da Dio di percorrere tutta la terra, eseguiscono l'ordine; il fuoco, inviato dall'alto per consumare monti e boschi, eseguisce il comando.62Gli idoli invece non assomigliano né per l'aspetto né per la potenza a queste cose.63Perciò non si deve ritenere né dichiarare che siano dèi, poiché non possono né rendere giustizia né beneficare gli uomini.64Conoscendo dunque che non sono dèi, non temeteli!
65Essi non maledicono né benedicono i re;66non mostrano alle genti segni nel cielo, né risplendono come il sole, né illuminano come la luna.67Le belve sono migliori di loro, perché possono fuggire in un riparo e provvedere a se stesse.68Dunque, in nessuna maniera è chiaro per noi che essi sono dèi; per questo non temeteli!
69Come infatti uno spauracchio che in un cocomeraio nulla protegge, tali sono i loro idoli di legno indorati e argentati;70ancora, i loro idoli di legno indorati e argentati si possono paragonare a un ramo nell'orto, su cui si posa ogni sorta di uccelli, o anche a un cadavere gettato nelle tenebre.71Dalla porpora e dal bisso che si logorano su di loro saprete che non sono dèi; infine saranno divorati e nel paese saranno una vergogna.72È migliore un uomo giusto che non abbia idoli, poiché sarà lontano dal disonore.


Atti degli Apostoli 27

1Quando fu deciso che ci imbarcassimo per l'Italia, consegnarono Paolo, insieme ad alcuni altri prigionieri, a un centurione di nome Giulio della coorte Augusta.2Salimmo su una nave di Adramitto, che stava per partire verso i porti della provincia d'Asia e salpammo, avendo con noi Aristarco, un Macèdone di Tessalonica.3Il giorno dopo facemmo scalo a Sidone e Giulio, con gesto cortese verso Paolo, gli permise di recarsi dagli amici e di riceverne le cure.4Salpati di là, navigammo al riparo di Cipro a motivo dei venti contrari5e, attraversato il mare della Cilicia e della Panfilia, giungemmo a Mira di Licia.6Qui il centurione trovò una nave di Alessandria in partenza per l'Italia e ci fece salire a bordo.7Navigammo lentamente parecchi giorni, giungendo a fatica all'altezza di Cnido. Poi, siccome il vento non ci permetteva di approdare, prendemmo a navigare al riparo di Creta, dalle parti di Salmóne,8e costeggiandola a fatica giungemmo in una località chiamata Buoni Porti, vicino alla quale era la città di Lasèa.

9Essendo trascorso molto tempo ed essendo ormai pericolosa la navigazione poiché era già passata la festa dell'Espiazione, Paolo li ammoniva dicendo:10"Vedo, o uomini, che la navigazione comincia a essere di gran rischio e di molto danno non solo per il carico e per la nave, ma anche per le nostre vite".11Il centurione però dava più ascolto al pilota e al capitano della nave che alle parole di Paolo.12E poiché quel porto era poco adatto a trascorrervi l'inverno, i più furono del parere di salpare di là nella speranza di andare a svernare a Fenice, un porto di Creta esposto a libeccio e a maestrale.
13Appena cominciò a soffiare un leggero scirocco, convinti di potere ormai realizzare il progetto, levarono le ancore e costeggiavano da vicino Creta.14Ma dopo non molto tempo si scatenò contro l'isola un vento d'uragano, detto allora "Euroaquilone".15La nave fu travolta nel turbine e, non potendo più resistere al vento, abbandonati in sua balìa, andavamo alla deriva.16Mentre passavamo sotto un isolotto chiamato Càudas, a fatica riuscimmo a padroneggiare la scialuppa;17la tirarono a bordo e adoperarono gli attrezzi per fasciare di gòmene la nave. Quindi, per timore di finire incagliati nelle Sirti, calarono il galleggiante e si andava così alla deriva.18Sbattuti violentemente dalla tempesta, il giorno seguente cominciarono a gettare a mare il carico;19il terzo giorno con le proprie mani buttarono via l'attrezzatura della nave.20Da vari giorni non comparivano più né sole, né stelle e la violenta tempesta continuava a infuriare, per cui ogni speranza di salvarci sembrava ormai perduta.
21Da molto tempo non si mangiava, quando Paolo, alzatosi in mezzo a loro, disse: "Sarebbe stato bene, o uomini, dar retta a me e non salpare da Creta; avreste evitato questo pericolo e questo danno.22Tuttavia ora vi esorto a non perdervi di coraggio, perché non ci sarà alcuna perdita di vite in mezzo a voi, ma solo della nave.23Mi è apparso infatti questa notte un angelo del Dio al quale appartengo e che servo,24dicendomi: Non temere, Paolo; tu devi comparire davanti a Cesare ed ecco, Dio ti ha fatto grazia di tutti i tuoi compagni di navigazione.25Perciò non perdetevi di coraggio, uomini; ho fiducia in Dio che avverrà come mi è stato annunziato.26Ma è inevitabile che andiamo a finire su qualche isola".
27Come giunse la quattordicesima notte da quando andavamo alla deriva nell'Adriatico, verso mezzanotte i marinai ebbero l'impressione che una qualche terra si avvicinava.28Gettato lo scandaglio, trovarono venti braccia; dopo un breve intervallo, scandagliando di nuovo, trovarono quindici braccia.29Nel timore di finire contro gli scogli, gettarono da poppa quattro ancore, aspettando con ansia che spuntasse il giorno.30Ma poiché i marinai cercavano di fuggire dalla nave e già stavano calando la scialuppa in mare, col pretesto di gettare le ancore da prora, Paolo disse al centurione e ai soldati:31"Se costoro non rimangono sulla nave, voi non potrete mettervi in salvo".32Allora i soldati recisero le gòmene della scialuppa e la lasciarono cadere in mare.
33Finché non spuntò il giorno, Paolo esortava tutti a prendere cibo: "Oggi è il quattordicesimo giorno che passate digiuni nell'attesa, senza prender nulla.34Per questo vi esorto a prender cibo; è necessario per la vostra salvezza. Neanche un capello del vostro capo andrà perduto".35Ciò detto, prese il pane, rese grazie a Dio davanti a tutti, lo spezzò e cominciò a mangiare.36Tutti si sentirono rianimati, e anch'essi presero cibo.37Eravamo complessivamente sulla nave duecentosettantasei persone.38Quando si furono rifocillati, alleggerirono la nave, gettando il frumento in mare.
39Fattosi giorno non riuscivano a riconoscere quella terra, ma notarono un'insenatura con spiaggia e decisero, se possibile, di spingere la nave verso di essa.40Levarono le ancore e le lasciarono andare in mare; al tempo stesso allentarono i legami dei timoni e spiegata al vento la vela maestra, mossero verso la spiaggia.41Ma incapparono in una secca e la nave vi si incagliò; mentre la prua arenata rimaneva immobile, la poppa minacciava di sfasciarsi sotto la violenza delle onde.42I soldati pensarono allora di uccidere i prigionieri, perché nessuno sfuggisse gettandosi a nuoto,43ma il centurione, volendo salvare Paolo, impedì loro di attuare questo progetto; diede ordine che si gettassero per primi quelli che sapevano nuotare e raggiunsero la terra;44poi gli altri, chi su tavole, chi su altri rottami della nave. E così tutti poterono mettersi in salvo a terra.


Capitolo IX: Offrire noi stessi a Dio, con tutto quello che è in noi, pregando per tutti

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Parola del discepolo

1. Tue sono le cose, o Signore, quelle del cielo e quelle della terra: a te voglio, liberamente, offrire me stesso e restare tuo per sempre. O Signore, con cuore sincero, oggi io mi dono a te in perpetuo servizio, in obbedienza e in sacrificio di lode perenne. Accettami, insieme con questa offerta santa del tuo corpo prezioso, che io - alla presenza e con l'assistenza invisibile degli angeli - ora ti faccio, per la mia salvezza e per la salvezza di tutto il popolo, O Signore, sull'altare della tua espiazione offro a te tutti i miei peccati e le colpe da me commesse al cospetto tuo e dei tuoi santi angeli, dal giorno in cui fui capace di peccare fino ad oggi; affinché tutto tu accenda e consumi nel fuoco del tuo amore, cancellando ogni macchia dei miei peccati; affinché tu purifichi la mia coscienza da ogni colpa; affinché tu mi ridia la tua grazia, che ho perduta col peccato, tutto perdonando e misericordiosamente accogliendomi nel bacio della pace. Che posso io fare per i miei peccati, se non confessarli umilmente nel pianto e pregare senza posa per avere la tua intercessione? Ti scongiuro, dammi benevolo ascolto, mentre mi pongo dinanzi a te, o mio Dio. Grande disgusto io provo per tutti i miei peccati; non voglio più commetterne, anzi di essi mi dolgo e mi dorrò per tutta la vita, pronto a fare penitenza e, per quanto io possa, a pagare per essi. Rimetti, o Signore, rimetti i miei peccati, per il tuo santo nome: salva l'anima mia, che tu hai redenta con il tuo sangue prezioso. Ecco, io mi affido alla tua misericordia; mi metto nelle tue mani. Opera tu con me secondo la tua bontà, non secondo la mia perfidia e la mia iniquità.

2. Anche tutto quello che ho di buono, per quanto sia molto poco e imperfetto, lo offro a te, affinché tu lo perfezioni e lo santifichi; affinché ti sia gradito e tu voglia accettarlo, accrescendone il valore; affinché tu voglia portarmi - inoperoso e inutile piccolo uomo, qual sono - a un termine beato e glorioso. Offro parimenti a te tutti i buoni desideri delle persone devote e le necessità dei parenti e degli amici, dei fratelli e delle sorelle, di tutti i miei cari e di coloro che, per amor tuo, fecero del bene a me o ad altri; infine di tutte le persone - quelle ancora in vita e quelle che già hanno lasciato questo mondo - che da me desiderarono e chiesero preghiere e sante Messe, per loro e per tutti i loro cari. Che tutti sentano venire sopra di sé l'aiuto della tua grazia, l'abbondanza della consolazione, la protezione dai pericoli, la liberazione dalle pene! Che tutti, liberati da ogni male, ti rendano in letizia grazie solenni. Ancora, e in modo speciale, ti offro preghiere e sacrifici di espiazione per quelli che mi hanno fatto qualche torto, mi hanno cagionato dolore, mi hanno calunniato o recato danno, mi hanno messo in difficoltà; e anche per tutti quelli ai quali io ho dato talora motivo di tristezza e di turbamento, di dolore o di scandalo, con parole o con fatti, consciamente oppure no, affinché tu perdoni parimenti a tutti noi i nostri peccati e le offese vicendevoli. O Signore, strappa dai nostri cuori ogni sospetto, ogni sdegno, ogni collera, ogni contesa e tutto ciò che possa ferire la carità e affievolire l'amore fraterno. Abbi compassione, o Signore, di noi che imploriamo la tua misericordia; concedi la tua grazia a noi che ne abbiamo bisogno; fa che noi siamo fatti degni di godere della tua grazia e che possiamo avanzare verso la vita eterna.


La Genesi alla lettera: Libro nono

La Genesi alla lettera - Sant'Agostino

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I testo di Gen 2, 18-24 commentato in questo libro.

1. 1. Il Signore inoltre disse: Non è bene che l'uomo sia solo; facciamogli un aiuto simile a lui. E Dio formò ancora dalla terra tutte le bestie dei campi e tutti gli uccelli del cielo e li condusse ad Adamo per vedere come li avrebbe chiamati. E in qualunque modo chiamò ogni essere vivente, quello è il suo nome. Adamo dunque diede un nome a tutte le bestie domestiche, a tutti gli uccelli del cielo e a tutte le bestie selvatiche. Ma per l'uomo non si trovava un aiuto che fosse simile a lui. Dio allora fece scendere un sonno profondo in Adamo che si addormentò; Dio gli tolse una delle costole e richiuse la carne al suo posto. E il Signore Dio con la costola tolta ad Adamo formò la donna e la condusse ad Adamo. Adamo allora disse: Questa sì è ora osso delle mie ossa e carne della mia carne; essa si chiamerà "donna", perché è stata tratta dall'uomo. L'uomo perciò abbandonerà il padre e la madre e si unirà a sua moglie e saranno due in una carne sola 1. Se per il lettore sono di qualche utilità le considerazioni messe per scritto nei libri precedenti, non è necessario intrattenerci più a lungo [a spiegare] la frase: Dio formò ancora dalla terra tutte le bestie dei campi e tutti gli uccelli del cielo. Nei libri precedenti infatti abbiamo già spiegato - per quanto ci è stato possibile - perché la Scrittura usa [l'avverbio] ancora, cioè a causa della creazione originaria delle creature, compiuta nei sei giorni, quando tutte le cose furono simultaneamente portate alla perfezione e incominciate nelle loro ragioni causali, di modo che in seguito quelle cause sarebbero state condotte a produrre il loro effetto. Se però uno crede che questo problema debba avere una soluzione diversa, vorrei solo che considerasse attentamente tutti gli argomenti esaminati da noi per formarci questa opinione. Se in base alle sue riflessioni potrà esporre chiaramente un'opinione più plausibile, non solo non dovremo opporci ma congratularci con lui.

Perché la Scrittura dice: Dio plasmò dalla terra, ecc.

1. 2. Qualcuno invece potrà stupirsi che la Scrittura non dica: "Dio formò ancora dalla terra tutte le bestie dei campi e dalle acque tutti gli uccelli del cielo", ma s'esprime come se Dio avesse formato ambedue le specie di animali con la materia della terra, poiché dice: E Dio formò dalla terra tutte le bestie dei campi e tutti gli uccelli del cielo 2. Costui però dovrebbe notare bene che questa omissione può spiegarsi in due modi; primo: l'autore può aver tralasciato adesso di dire da qual materiale Dio formò gli uccelli del cielo, poiché il lettore potrebbe comprendere che, anche se manca un'esplicita menzione, non si deve intendere che Dio formò dalla terra ambedue le specie di animali ma solo le bestie dei campi; in tal modo, anche se la Scrittura non lo dice, comprendiamo con quale materiale Dio formò gli uccelli del cielo poiché sappiamo che furono prodotti mediante le acque nella creazione originaria delle ragioni causali. Il secondo modo di spiegare la frase può essere il seguente: si può supporre che il termine "terra" è qui preso nel senso generico per denotare anche le acque, come nel Salmo in cui, dopo aver esortato le creature del cielo a lodare Dio, il Salmista si rivolge alla terra dicendo: Lodate il Signore dalla terra voi, dragoni e voi tutti, abissi ecc. 3, senza poi dire: "Lodate il Signore dalle acque". È lì infatti che sono gli abissi, i quali lodano il Signore dalla terra. È lì ugualmente che sono i rettili e i volatili pennuti che tuttavia lodano il Signore dalla terra. Conforme a questo significato generico del termine "terra" - in cui è usato anche per denotare tutto il mondo nell'espressione [della Scrittura]: Dio, che fece il cielo e la terra - qualunque essere creato sia dalla terra asciutta che dalle acque può intendersi giustamente creato dalla terra.

In qual modo parlò Dio: forse con parole o sillabe temporali?

2. 3. Adesso dobbiamo vedere in che senso si devono intendere le parole di Dio quando disse: Non è bene che l'uomo sia solo; facciamogli un aiuto simile a lui 4. Forse che Dio disse ciò pronunciando delle parole e delle sillabe per la durata di un certo tempo? o forse l'agiografo accenna qui alla ragione causale che si trovava all'origine nel Verbo di Dio conforme alla quale la donna sarebbe dovuta essere creata così, ragione causale espressa anche dalla Scrittura allorché dice: E Dio disse: Sia fatto 5 [questo o quello] quando tutte le cose erano create nel principio? Oppure disse forse Dio queste parole nella mente dell'uomo stesso, come parla a certi suoi servi nell'intimo loro? Di servi di tal genere era pure colui che nel Salmo dice: Ascolterò che cosa dirà in me il Signore Iddio 6. Oppure di questa cosa fu fatta forse una rivelazione all'uomo nel suo intimo per mezzo di un angelo con voci somiglianti a quelle fisiche benché la Scrittura non dica se ciò avvenne in sogno o in estasi - poiché simili rivelazioni sono fatte di solito in questo modo in quegli stati --; oppure ciò avvenne forse in qualche altro modo, come avvengono le rivelazioni fatte ai profeti, delle quali troviamo scritto: E mi disse l'angelo che parlava in me 7. Oppure una vera voce si fece udire forse mediante una creatura corporea, come la voce proveniente dalla nube: Questi è il Figlio mio 8? Noi non possiamo sapere con certezza quali di queste forme possibili è quella realmente avveratasi. Dobbiamo tuttavia ritenere senz'ombra di dubbio non solo che Dio disse quelle parole ma altresì che, se le disse servendosi d'una voce fisica oppure di una apparenza di voce risonante nel tempo, Dio non le disse per mezzo della propria sostanza, ma per mezzo di una creatura soggetta al suo dominio, come abbiamo spiegato nel libro precedente.

In qual modo Dio si manifesta all'uomo.

2. 4. Dio infatti apparve anche in seguito a santi personaggi ora con capelli candidi come lana, ora con la parte inferiore del busto brillante come bronzo splendente 9, ora in un modo ora in un altro. In queste visioni tuttavia Dio non si mostrò agli uomini con la propria sostanza, per cui è ciò che egli è, ma per mezzo di esseri da lui creati e a lui soggetti e si mostrò e parlò come volle mediante sembianze di forme e di voci corporee. È questa una verità del tutto evidente per tutti coloro che credono fedelmente o capiscono chiaramente che la sostanza eternamente immutabile della Trinità non si muove né attraverso il tempo né attraverso lo spazio, sebbene muova gli esseri attraverso il tempo e lo spazio. Non dobbiamo dunque cercare più in qual modo Dio pronunciò quelle parole ma piuttosto di capire che cosa disse. La Verità eterna, per mezzo della quale è stata creata ogni cosa, ci assicura ch'era necessario fosse creato per l'uomo un aiuto simile a lui. Per mezzo di questa Verità eterna intende quelle parole chi può conoscere in essa la ragione per cui una creatura è stata fatta.

In che senso la donna è aiuto dell'uomo.

3. 5. Orbene, se ci chiediamo per quale motivo era necessario quell'aiuto, con ragione ci si presenta alla mente solo quello della procreazione dei figli, così come la terra è d'aiuto al seme per la produzione d'una pianta dall'unione dell'una e dell'altro. Questo motivo era già stato indicato anche nella creazione originaria delle cose: Dio li creò maschio e femmina e li benedisse dicendo: Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra e assoggettatela 10. Questa ragione della creazione e dell'unione del maschio e della femmina, come pure la benedizione, non fu abrogata neppure dopo il peccato dell'uomo e dopo il suo castigo. Proprio in virtù di quella benedizione la terra è ora piena di uomini che l'assoggettano.

Si può pensare che anche nel paradiso ci poteva essere il matrimonio.

3. 6. In realtà, sebbene la Scrittura ricordi che [i nostri progenitori] ebbero rapporti sessuali e generarono figli solo dopo essere stati cacciati dal paradiso, io tuttavia non vedo che cosa avrebbe potuto impedire che per loro ci fosse un'onorata unione matrimoniale e il talamo intemerato 11 anche nel paradiso. Dio infatti, se fossero vissuti nella fedeltà e nella giustizia e lo avessero servito nell'ubbidienza e nella santità, avrebbe concesso loro di generare figli con il loro seme senza l'ardore disordinato della concupiscenza, senza la fatica e il dolore del parto. In tal caso non si sarebbe trattato di raggiungere lo scopo di avere figli che succedessero ai genitori alla loro morte. Si sarebbe ottenuto piuttosto il risultato che coloro, i quali avessero generato dei figli, sarebbero rimasti nel fiore degli anni e avrebbero mantenuto il loro vigore fisico mangiando i frutti dell'albero della vita piantato nel paradiso e i loro figli sarebbero giunti al medesimo stato fino a quando, raggiunto un determinato numero di persone, se tutti fossero vissuti nella giustizia e nell'ubbidienza, si sarebbe prodotta la trasformazione per cui i corpi naturali si sarebbero cambiati in un'altra qualità, senza passare affatto attraverso la morte per il fatto d'aver ubbidito a ogni cenno dello spirito che li guidava, che da solo dava loro la vita, senza il sostentamento d'un cibo corporeo, e così quei corpi sarebbero divenuti ciò che si chiama "corpo spirituale". Ciò sarebbe potuto avvenire, se la trasgressione del precetto non avesse meritato il castigo della morte.

Lo stato di natura integra prima del peccato.

3. 7. Coloro i quali non credono che ciò non sarebbe stato possibile, non considerano se non il corso ordinario della natura qual è dopo il peccato e il castigo dell'uomo; noi però non dobbiamo essere nel numero di coloro che non credono se non ciò che sono abituati a vedere. Chi potrebbe infatti dubitare che non potesse essere accordato all'uomo il privilegio, di cui abbiamo parlato, se fosse vissuto nell'ubbidienza e nella fedeltà, se non dubita che Dio concesse agli abiti degli Israeliti di conservarsi nello stato primitivo in modo che per lo spazio di quarant'anni non subirono alcun logorìo per l'invecchiamento 12?

Perché i progenitori non ebbero rapporti sessuali prima del peccato.

4. 8. Perché dunque [i nostri progenitori] ebbero rapporti sessuali solo dopo essere usciti dal paradiso? Si può rispondere facilmente che la ragione sta nel fatto ch'essi subito dopo la creazione della donna e prima di aver rapporti sessuali commisero la trasgressione, per causa della quale furono destinati alla morte e furono cacciati dal luogo della loro felicità. La Scrittura in realtà non determina il tempo intercorso tra la loro creazione e la nascita del loro figlio Caino. Uno potrebbe anche dire che Dio non aveva ancora dato loro l'autorizzazione ad unirsi nell'amplesso coniugale. Poiché mai infatti non avrebbero dovuto aspettare d'essere autorizzati da Dio per unirsi intimamente nel loro sesso dal momento che non c'era nessuna spinta della concupiscenza proveniente dalla carne ribelle? Dio poi non aveva dato loro l'autorizzazione per quell'unione poiché disponeva ogni cosa conforme alla sua prescienza con cui prevedeva senza dubbio anche la loro caduta, per effetto della quale si sarebbe dovuto propagare il genere umano come una stirpe destinata ormai alla morte.

Il ruolo della donna.

5. 9. Ora, se la donna non fu fatta per esser d'aiuto all'uomo al fine di generare figli, per aiutarlo a fare cos'altro fu creata? Nell'ipotesi che fosse stata creata per coltivare la terra insieme con lui, non esisteva ancora il lavoro che esigeva l'aiuto d'un altro e, se ce ne fosse stato bisogno, sarebbe stato migliore l'aiuto d'un maschio. Lo stesso potrebbe dirsi del conforto [ di un altro], se per caso [Adamo] si fosse tediato della solitudine. Quanto più conveniente sarebbe stato che, per vivere e conversare insieme, abitassero sotto lo stesso tetto due amici anziché un uomo e una donna! Se invece fosse stato necessario per la convivenza dei due che uno comandasse e l'altro ubbidisse per evitare che un contrasto della volontà turbasse la pace della famiglia e per conservare la concordia, non sarebbe mancata nemmeno la disposizione naturale per il fatto che l'uno era stato creato prima e l'altro dopo, soprattutto se l'altro era stato creato venendo tratto dal primo, come era il caso della donna. Nessuno certamente dirà che Dio avrebbe potuto creare con la costola dell'uomo soltanto una donna e non anche un uomo, se lo avesse voluto. Non vedo, per conseguenza, in qual senso la donna fu creata come aiuto per l'uomo, se si toglie il motivo di generare figli.

La successione dei figli, se Adamo non avesse peccato.

6. 10. Mi spiego: se era necessario che i genitori cedessero il posto ai figli col dipartirsi da questa vita in modo che il genere umano, attraverso il decesso degli uni e la successione degli altri, raggiungesse un numero completo di persone, sarebbe stato possibile agli uomini - dopo aver generato figli e aver compiuto santamente il loro compito di uomini - di passare a una vita migliore non già attraverso la morte ma in virtù d'una trasformazione. Questa sarebbe potuta essere quella finale per cui i fedeli servi di Dio diverranno come gli angeli nel cielo 13 dopo aver riacquistato il proprio corpo; oppure un'altra, qualora quella non debba essere concessa che a tutti gli uomini simultaneamente alla fine del mondo; quest'altra sarebbe stata una trasformazione un po' inferiore a quella, ma nondimeno per una condizione migliore di quella che ha ora il nostro corpo o aveva il corpo dei [due] esseri umani creati per primi, cioè quello dell'uomo formato con il fango della terra e quello della donna formata con la carne dell'uomo.

I progenitori sarebbero potuti essere trasferiti fuori della terra come Elia fino alla fine del mondo.

6. 11. Infatti non si deve pensare che Elia sia già come saranno i fedeli servi di Dio quando avranno terminato la loro giornata di lavoro e riceveranno tutti ugualmente un denaro 14, o come sono gli uomini che non sono usciti ancora da questa vita, dalla quale tuttavia egli è già partito non a causa della morte ma perché trasferito in un altro luogo 15. Per conseguenza egli possiede già una sorte migliore di quella che avrebbe potuto avere in questa vita, sebbene non possegga ancora lo stato in cui sarà alla fine del mondo dopo esser vissuto nella santità. Poiché per noi essi avevano previsto una sorte migliore che però non avrebbero potuto raggiungere senza di noi 16. Oppure uno potrebbe pensare che Elia non avrebbe potuto meritare quel privilegio caso mai fosse stato ammogliato e avesse avuto dei figli - ma si crede che non avesse [né moglie né figli] in quanto la Scrittura non lo dice, sebbene non parli neppure del suo celibato -; in tal caso che cosa risponderebbe a proposito di Enoch che generò figli e, dopo esser vissuto accetto a Dio, non morì ma fu trasferito in un altro soggiorno 17? Perché mai, allora, se Adamo ed Eva fossero vissuti santamente e avessero generato figli castamente, non avrebbero potuto cedere il posto ai loro successori col venir trasferiti in un'altra vita senza subire la morte? Orbene, Enoch ed Elia, morti in Adamo e portanti nella carne il germe della morte, torneranno - come si crede - in questa vita per pagare questo debito e subire così la morte differita sì a lungo 18. Adesso tuttavia essi vivono in un'altra vita dove, prima della risurrezione della carne e prima che il corpo naturale sia mutato in un corpo spirituale, non subiscono la decadenza né a causa di malattie né a causa della vecchiaia. Quanto più giustamente quindi e con quanta maggiore verosimiglianza sarebbe stato concesso ai primi uomini - che fossero vissuti senza alcun peccato personale o die genitori - d'esser trasferiti in una vita migliore cedendo il posto ai figli da loro generati e di lì, alla fine del mondo, con tutti i fedeli servi di Dio da loro discendenti, essere cambiati in una condizione molto più felice come quella degli angeli non attraverso la morte ma grazie alla potenza di Dio!

Lodevole la verginità, ma anche il matrimonio con i suoi tre beni.

7. 12. Io quindi non vedo per quale altro aiuto fu creata la donna per l'uomo se si esclude il motivo di generare figli; tuttavia non vedo neppure perché lo si dovrebbe escludere. Perché, infatti, la fedele e santa verginità ha il suo gran merito e la sua grande dignità agli occhi di Dio se non perché in questo tempo ormai opportuno per astenersi dall'amplesso carnale - dal momento che, per completare il numero dei santi, basta l'enorme massa di uomini provenienti da tutti i popoli - la brama passionale d'un sordido piacere non esige più l'atto necessario per generare altri figli già sufficientemente numerosi? Infine la debolezza dell'uno e dell'altro sesso che propende verso una rovinosa impudicizia viene in modo giusto sorretta dall'onestà del matrimonio, di modo che l'atto, che sarebbe potuto essere un dovere per individui sani, diventa un rimedio per individui malati. Infatti non perché l'incontinenza è un male ne segue che il matrimonio non è un bene anche quando due persone si uniscono in matrimonio spinte dall'incontinenza; è vero anzi il contrario: non a causa del male che è l'incontinenza è biasimevole il bene del matrimonio, ma quel male diventa scusabile a causa di questo bene, poiché ciò che ha di buono il matrimonio e ciò, a causa del quale il matrimonio è un bene, non può essere mai peccato. Ora questo bene è triplice: la fedeltà, la prole e il sacramento. La fedeltà esige di non aver rapporti sessuali con un altro o con un'altra; la prole esige d'essere accolta con amore, allevata con bontà, educata religiosamente; il sacramento esige l'indissolubilità del matrimonio e che il divorziato o la divorziata non si unisca a un'altra persona neanche allo scopo d'aver figli. Questo è ciò che può chiamarsi la regola del matrimonio; per mezzo di ciò si rende onorata la fecondità della natura e vien regolato il disordine dell'incontinenza. Ma poiché abbiamo trattato questo argomento abbastanza a lungo nel libro La dignità del matrimonio, da noi pubblicato di recente, nel quale abbiamo fatto la distinzione tra la continenza vedovile e l'eccellenza della verginità conforme al grado della loro dignità, non dobbiamo impiegare più a lungo la nostra penna su questo argomento.

È difficile evitare rettamente un vizio senza cadere nel suo contrario.

8. 13. Ora ci chiediamo per quale aiuto all'uomo fu fatta la donna, se nel paradiso non erano loro leciti i rapporti sessuali per generare figli. Quanti pensano così, credono forse che sia peccato ogni accoppiamento carnale. Poiché è difficile non precipitare nel vizio contrario quando si vuole evitare in modo errato un altro vizio. Quando infatti i vizi si giudicano non già con il criterio della ragione ma con quello dell'opinione, chi ha paura dell'avarizia diventa prodigo e chi ha paura della prodigalità diventa avaro; se ad uno si rimprovera d'essere indolente diventa turbolento e, se a uno si rimprovera d'esser turbolento diventa indolente; chi, biasimato per la sua temerarietà, arriva a detestarla, si rifugia nella timidezza e chi si sforza di non essere timido diventa temerario, rompendo, per così dire, il legame che lo tratteneva. Così avviene che la gente, mentre non sa che cosa è condannato dalla legge di Dio nel caso dell'adulterio o della fornicazione, condanna il rapporto sessuale dei coniugi anche se fatto allo scopo di aver figli.

Avrebbero i progenitori potuto procreare nel paradiso terrestre?

9. 14. Coloro che non condannano il matrimonio ma pensano tuttavia che la fecondità della carne sia stata concessa da Dio per assicurare la successione dei mortali e non credono neppure che i primi esseri umani potessero congiungersi carnalmente, se per causa del peccato, da loro commesso, non fossero stati condannati a morire e non avessero dovuto procurarsi dei successori mettendo al mondo dei figli. Costoro però non riflettono al fatto che, se era legittimo che i nostri progenitori potessero procurarsi dei successori essendo essi destinati a morire, con quanto maggior ragione avrebbero potuto procurarsi dei compagni dal momento che erano destinati a morire! In realtà, se il genere umano avesse riempito tutta la terra, sarebbe stato legittimo procurarsi dei figli unicamente per riempire i vuoti lasciati dai morti. Ma se la terra doveva essere riempita mediante l'opera di due sole persone, in qual modo avrebbero potuto compiere il dovere di costituire una comunità senza generare figli? Oppure c'è qualcuno tanto cieco di mente da non capire quanta bellezza conferisce alla terra il genere umano anche se poche persone vivono in modo retto e lodevole, di quanta importanza è l'ordine pubblico che trattiene anche i delinquenti in una certa qual pace terrena? Per quanto gli uomini siano viziati, anche come tali sono superiori alle bestie e agli uccelli, ma tuttavia chi non proverebbe piacere nel contemplare questa che è la parte più bassa del mondo così abbellita - tenuto conto del posto destinato ad essa - di tutte le specie di questi animali? Chi poi sarebbe così dissennato da pensare che la terra non sarebbe potuta essere così bella, se fosse stata riempita di persone viventi nella giustizia [originale] che non avrebbero dovuto morire?

La donna fu creata per procreare anche se l'uomo non avesse dovuto morire.

9. 15. Il fatto che la città celeste ha un numero enorme di angeli non può essere un motivo per cui sarebbe stato conveniente che l'uomo e la donna non si unissero nell'amplesso coniugale, fuorché nel caso che dovessero morire. Il Signore infatti, prevedendo questo gran numero completo di santi che deve congiungersi agli angeli anche nella risurrezione, disse: Nella risurrezione gli uomini e le donne non si sposeranno più, poiché non morranno, ma saranno uguali agli angeli di Dio 19. Quaggiù al contrario la terra doveva essere riempita di uomini ed era conveniente che fosse ripiena di persone provenienti da un unico capostipite, per stabilire una più stretta relazione di parentela e mettere in maggior risalto possibile il legame dell'unità. Per qual altro motivo perciò Dio procurò all'uomo un aiuto nel sesso femminile simile a lui, se non perché la natura femminile aiutasse, come una terra fertile, l'uomo nel procreare il genere umano?

La concupiscenza e la morte.

10. 16. È tuttavia più conveniente e preferibile pensare che i nostri progenitori, allorquando furono messi nel paradiso e il loro corpo naturale non era ancora condannato a morire, non avessero un appetito al piacere carnale come l'ha il nostro corpo proveniente da una stirpe destinata alla morte. Non può dirsi infatti che in Adamo ed Eva non successe nulla dopo ch'ebbero mangiato il frutto proibito, dal momento che Dio non disse: "Se ne mangerete, morrete sicuramente", ma: Il giorno in cui ne mangerete, morrete sicuramente 20. Per conseguenza quel giorno produsse in loro la condizione [di dissidio] che l'Apostolo esprime in questi termini: Nel mio intimo io sono d'accordo con la legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un'altra legge che contrasta fieramente la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra. Me sventurato! Chi mi libererà dal corpo che porta questa morte? La grazia di Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore 21. Non sarebbe stato sufficiente dire: "Chi mi libererà da questo corpo mortale"? e invece dice: dal corpo che porta questa morte. Allo stesso modo in un altro passo dice: Il corpo è senza dubbio morto a causa del peccato 22; neppure in questa frase dice: "Il corpo è mortale", bensì: Il corpo è morto, benché fosse evidentemente anche mortale, essendo destinato a morire. Pertanto, benché il corpo dei progenitori fosse un corpo naturale e non ancora spirituale, non si deve credere tuttavia che fosse "morto", cioè necessariamente destinato alla morte; questo castigo sopravvenne solo dopo ch'ebbero toccato l'albero dal frutto proibito.

Come sarebbe diventato il corpo dei progenitori, se non avessero peccato.

10. 17. A proposito dei nostri corpi si parla d'uno stato di salute confacente alla loro costituzione. Se questo stato viene turbato al punto che una malattia consuma gli organi interni, i medici dopo un'attenta diagnosi dichiarano imminente la morte; anche allora naturalmente si dice che il corpo è mortale, ma in un senso diverso di quando era sano, benché fosse di certo destinato, presto o tardi, a morire. Allo stesso modo i progenitori avevano di certo un corpo naturale, ma non destinato a morire - sempre che non avessero peccato - e il loro corpo avrebbe ricevuto uno stato uguale a quello degli angeli e una qualità celeste; appena però trasgredirono il precetto di Dio, contrassero nelle loro membra una sorta di malattia mortale e ciò cambiò la proprietà, per cui potevano dominare tanto perfettamente il corpo che non avrebbero potuto dire: Vedo nelle mie membra un'altra legge che contrasta fieramente la legge della mia ragione 23. Poiché, sebbene il corpo non fosse ancora spirituale, ma ancora naturale, tuttavia non era ancora il corpo che porta questa morte, dalla quale e con la quale siamo nati. Che cos'altro, in realtà, cominciamo a fare, non dirò appena nati, ma addirittura appena concepiti, se non a soffrire una sorta di malattia, a causa della quale dovremo morire inevitabilmente? La morte è inevitabile per chi sia stato colpito da idropisia o da consunzione o dalla lebbra o da altre simili malattie ma non più che per un neonato che ha cominciato a vivere in questo corpo a causa del quale tutti gli uomini sono per natura figli della collera 24, condizione, questa, che è il risultato del castigo del peccato.

L'atto coniugale prima del peccato sarebbe stato scevro di passione.

10. 18. Perché dunque non dovremmo credere che i nostri progenitori prima del peccato potessero comandare agli organi genitali per procreare figli come comandavano alle altre membra che l'anima è solita eccitare senza alcun prurito della concupiscenza per compiere qualsiasi altro atto? Ora il Creatore onnipotente e lodevole oltre ogni dire, grande anche riguardo alla più piccola delle sue opere, ha dato alle api la capacità di generare i loro piccoli allo stesso modo che formano la cera e il miele. Perché allora dovrebbe sembrare incredibile che per i primi uomini Dio formasse corpi di tal natura che, se non avessero peccato e contratto subito quella sorta di malattia che li avrebbe condotti alla morte, avrebbero comandato agli organi da cui è generata la prole, allo stesso modo che si comanda ai piedi quando si cammina? In tal modo avrebbero compiuto l'unione sessuale senza ardore passionale e avrebbero partorito senza dolore. Ora, al contrario, dopo aver trasgredito l'ordine di Dio, hanno meritato di sentire nelle loro membra, in cui già regna la morte, il moto della legge che è in guerra con la legge dello spirito, moto che è regolato dal matrimonio, tenuto in certi limiti e frenato dalla continenza affinché, come dal peccato è venuto il castigo, così dal castigo se ne tragga il merito.

Conclusioni sul sesso femminile e l'atto coniugale nel paradiso terrestre.

11. 19. La donna fu quindi creata venendo tratta dall'uomo per l'uomo, con caratteristiche proprie del suo sesso per cui le donne si distinguono dagli individui maschi. Essa partorì Caino ed Abele e tutti i loro fratelli da cui dovevano nascere tutti gli altri uomini; tra essi generò anche Seth, dal quale ebbe inizio la stirpe umana fino ad Abramo 25 e al popolo d'Israele, la nazione ormai più conosciuta di tutte le altre nazioni e, per discendenza attraverso i figli di Noè, ebbero origine tutti i popoli. Chi mette in dubbio questi fatti fa vacillar per forza tutto ciò che noi crediamo, e il suo dubbio dev'essere tenuto lontano dalla mente dei fedeli. Quando perciò mi si domanda per quale aiuto dell'uomo fu creata la donna, io considero con tutta l'attenzione di cui sono capace tutte le ipotesi possibili, ma non mi viene in mente nessun altro motivo se non quello di procreare figli affinché la terra fosse riempita dalla loro discendenza. Ma la procreazione dei figli non sarebbe stata effettuata dai progenitori come quando nelle membra c'è una legge del peccato in guerra con la legge dello spirito, anche se per grazia di Dio viene superata dalla virtù. Noi infatti dobbiamo credere che questa condizione non sarebbe potuta trovarsi se non nel corpo che porta in sé la morte, un corpo morto a causa del peccato. E qual castigo sarebbe stato più giusto di questo per cui il corpo, fatto come servo dell'anima, non ubbidisce a ogni suo comando allo stesso modo che essa rifiutò di ubbidire al suo Signore? Potrebbe darsi che Dio crei l'uomo nei suoi elementi costitutivi traendoli dai genitori, traendo cioè il corpo dal loro corpo e l'anima dalla loro anima, oppure che crei le anime in un altro modo; in ogni caso però egli non crea per un compito impossibile né per un premio dappoco; poiché se l'anima soggetta a Dio con spirito di fede e d'amore riuscirà con la grazia a trionfare sulla legge del peccato, insita nelle membra del corpo mortifero e meritata per castigo dal primo uomo, riceverà il premio celeste con gloria maggiore, venendo così a dimostrare quanto sia degna di lode l'ubbidienza, la quale con la sua virtù poté trionfare sul castigo meritato dalla disubbidienza altrui.

Che cosa prefigurava Adamo che imponeva il nome agli animali.

12. 20. Ma poiché, a mio avviso, abbiamo indagato abbastanza, per qual aiuto dell'uomo fu creata la donna, ora dobbiamo vedere per qual motivo furono condotte davanti ad Adamo tutte le bestie dei campi e tutti gli uccelli del cielo perché ricevessero il nome da lui e in tal modo fosse, per così dire, necessario creare per lui una donna formata con il venir tratta dal suo fianco, poiché tra quegli animali non s'era trovato un aiuto simile a lui. Mi pare che questo, pur essendo un fatto realmente accaduto, volesse adombrare un significato profetico; mi pare cioè che, una volta stabilita la realtà del fatto, ci è permesso d'interpretarlo in senso figurato. Che cosa infatti significa il fatto che Adamo impose il nome agli uccelli e agli animali terrestri ma non l'impose anche ai pesci e a tutti gli altri esseri viventi nelle acque? Se noi esaminiamo le lingue umane, tutti questi esseri viventi hanno il nome imposto loro dagli uomini nella loro lingua. Non solo gli esseri viventi nell'acqua o sulla terra, ma anche la terra stessa, l'acqua, il cielo, tutto ciò che si vede e non si vede nel cielo ma si crede che ci sia, sono denotati diversamente secondo la diversità delle lingue dei vari popoli. Noi sappiamo, è vero, che all'origine c'era un'unica lingua, prima che la superbia umana con la costruzione della torre [di Babele], fabbricata dopo il diluvio, dividesse la società umana secondo i diversi linguaggi 26; quale che fosse quella lingua, che c'importa saperlo? In ogni caso era certamente la lingua parlata allora da Adamo e, se ancora esiste, i nomi imposti dal primo uomo agli animali terrestri e agli uccelli corrispondono ai suoni articolati da Adamo. È forse quindi in alcun modo credibile che i nomi dei pesci corrispondenti a quella stessa lingua furono stabiliti non dall'uomo bensì formati da Dio e che in seguito l'uomo li avrebbe appresi dall'insegnamento di Dio? Ma anche in questa ipotesi, il motivo per cui avvenne così, avrebbe senza dubbio in sé un significato simbolico. Noi dobbiamo tuttavia credere che alle varie specie di pesci fu imposto il nome dopo essere stati conosciuti un po' alla volta; al contrario gli animali domestici, le bestie e gli uccelli furono condotti davanti all'uomo affinché, adunati alla sua presenza e divisi secondo le diverse specie, imponesse loro il nome, anche se l'uomo - qualora ciò non fosse già stato fatto - avrebbe potuto imporre loro il nome un po' alla volta ma molto più presto che nel caso dei pesci. Ora, quale fu il motivo di questo fatto se non quello d'indicare qualche realtà capace di annunciare degli eventi futuri? A questa realtà è rivolta in modo del tutto particolare la preoccupazione della Scrittura nel raccontare ordinatamente i fatti.

Perché il fatto reale aveva un significato profetico.

12. 21. In secondo luogo, ignorava forse Dio di non aver creato tra gli animali nessuno che fosse in grado d'essere per l'uomo un aiuto simile a lui? O era forse necessario che anche l'uomo conoscesse questo bisogno e stimasse perciò la sua donna tanto più preziosa per il fatto che tra tutte le creature di carne esistenti sotto il cielo e viventi come lui della stessa aria da lui respirata non ne avesse trovata alcuna simile a lui? Sarebbe strano che [Adamo] non avesse potuto conoscere ciò se non dopo che gli furono condotti davanti tutti gli animali e dopo averli visti con i propri occhi! Se infatti egli avesse avuto fede in Dio, Dio glielo avrebbe potuto dire allo stesso modo che gli diede anche il precetto e lo interrogò e lo punì quand'ebbe peccato. Se invece non aveva fede in Dio, non poteva certamente sapere se Dio, in cui non aveva fede, gli avesse condotto davanti tutti gli animali o se per caso avesse nascosto in qualche angolo più o meno remoto della terra alcuni altri animali simili a lui e che non gli avrebbe potuto mostrare. Ecco perché io non credo si possa dubitare che ciò sia accaduto per un significato profetico, sebbene sia un fatto realmente accaduto.

Si tratta dello stesso argomento.

12. 22. In quest'opera tuttavia noi non ci siamo accollati il compito d'investigare le allegorie profetiche [della Genesi] ma di mettere in risalto l'autenticità dei fatti narrati prendendoli nel senso di fatti realmente accaduti. In tal modo ciò che può apparire impossibile a lettori scervellati e increduli o essere in disaccordo con l'autorità della sacra Scrittura in base a testimonianze citate come contrarie, io potrei dimostrare con le mie spiegazioni - per quanto mi è possibile e con l'aiuto di Dio - che non è né impossibile né contrario. Riguardo invece a ciò che appare possibile e non ha alcuna parvenza di contraddizione, ma tuttavia ad alcuni lettori potrebbe apparire inutile o anche privo di senso, vorrei dimostrare con le mie argomentazioni che anche ciò non è avvenuto secondo il corso, per così dire, naturale e abituale delle cose. Io spero in tal modo che le nostre menti nutrano la massima stima per l'autorità delle Sacre Scritture degna di fede al di sopra di ogni altra autorità; e poiché non ci può essere nulla privo di senso, le nostre menti credano che quanto sembra esserlo ha un significato simbolico; ma io tuttavia ho già esposto altrove siffatta interpretazione figurata, oppure ho esaminato già questo passo o posso rinviarlo a un altro tempo.

Che cosa prefigurava la creazione della donna.

13. 23. Che vuol dire dunque anche l'affermazione che la donna fu creata col venir formata con la costola dell'uomo? Ma pur ammesso che la donna dovesse essere formata così per mettere in risalto il significato dell'unione tra l'uomo e la donna, forse che la medesima ragione o necessità esigeva anche che l'azione creatrice di Dio avvenisse mentre Adamo dormiva? Esigeva per conseguenza che gli fosse tolta una costola e al posto di essa fosse sostituita della carne? Non poteva forse Dio togliere proprio la carne per formare con essa la donna, traendola cioè dall'elemento più corrispondente alla debolezza del suo sesso? O si dovrà forse dire che, con tutti gli organi che vi aggiunse, Dio poté creare la donna traendola da una costola e non poté farlo con una carne tenera e molle come polpa, mentre formò l'uomo con la polvere? Oppure, nel caso che fosse stato necessario togliere proprio una costola, come mai non fu sostituita con un'altra costola? Inoltre per qual motivo la Scrittura non dice: "Dio formò", oppure "Dio fece", come si esprime per tutte le opere precedenti, ma dice: Il Signore edificò la costola 27, come se si trattasse non del corpo umano ma di una casa. Non può dunque esserci dubbio - dato che questi sono fatti realmente accaduti e non possono essere privi di senso - che essi sono stati compiuti per prefigurare qualcosa, che cioè proprio dalla prima origine del genere umano, Dio nella sua prescienza predisse nelle sue opere l'utilità che ne sarebbe venuta per i secoli futuri. Egli ha voluto che questi fatti fossero posti per iscritto e rivelati a tempo debito sia attraverso la successione delle generazioni umane, sia mediante il suo Spirito o il ministero degli angeli perché offrissero ai suoi servi una testimonianza delle promesse da compiersi nel futuro e la costatazione del loro compimento. Ciò apparirà sempre più chiaro nel seguito di questo commento.

In qual modo gli animali furono presentati ad Adamo.

14. 24. Vediamo dunque, come ci siamo proposti di fare in quest'opera, in qual senso possano prendersi questi fatti, non cioè nel senso d'una prefigurazione di realtà future, ma nel senso proprio e non allegorico, nel senso cioè di fatti realmente accaduti. E Dio - dice la Scrittura - formò ancora dalla terra tutte le bestie selvatiche e tutti gli uccelli del cielo 28. A proposito di ciò abbiamo già discusso nel modo che ci è parso opportuno e nella misura che ci è sembrata più conveniente. E li condusse tutti ad Adamo per vedere come li avrebbe chiamati 29. In qual modo condusse Dio quegli animali ad Adamo? Per non interpretare questa frase secondo il nostro modo di pensare grossolano, dobbiamo lasciarci guidare da ciò che abbiamo esposto nel libro precedente sulla duplice azione della Provvidenza. Non dobbiamo credere che Dio agisse come fanno i cacciatori [di selvaggina] o gli uccellatori che seguono le peste e sospingono nelle reti tutti gli animali che catturano. E non dobbiamo nemmeno pensare che da una nube uscisse una voce per esprimere un ordine con parole che le creature razionali nell'udirle sono solite intendere e ubbidire. Le bestie e gli uccelli non hanno ricevuto questa facoltà, ma ubbidiscono a Dio secondo la loro natura, non in virtù del libero arbitrio della volontà razionale, ma nel modo che Dio, senz'essere lui stesso mosso nel tempo, muove tutte le cose al tempo opportuno mediante il ministero degli angeli, che nel suo Verbo intendono ciò che dev'essere fatto. Senza che Dio si muova nel tempo, essi vengono mossi nel tempo per eseguirvi i suoi ordini negli esseri loro sottomessi.

Gli uomini hanno in comune le passioni con le bestie ma se ne distinguono per il giudizio.

14. 25. Ogni anima vivente, non solo l'anima razionale come quella umana, ma anche l'anima irrazionale come quella delle bestie, degli uccelli e dei pesci, è sollecitata dagli oggetti ch'esse vedono. L'anima razionale tuttavia, grazie al libero arbitrio dà o nega il suo consenso a ciò che vede, mentre l'anima irrazionale non ha la facoltà di decidersi [a dare o negare il proprio consenso]; essa, però, conforme alla propria natura e al proprio carattere, è spinta all'azione dalla vista di un oggetto. Non è, al contrario, in potere d'alcuna anima di controllare le visioni che si presentano ai sensi del corpo o nell'interno all'immaginazione, visioni dalle quali possa essere mosso l'istinto o la passione d'un qualsiasi essere vivente. Così, quando siffatte visioni sono prodotte dall'alto per mezzo degli angeli obbedienti [alla volontà di Dio], l'ordine di Dio arriva non solo agli uomini né solo agli uccelli e alle bestie, ma perfino agli esseri che vivono nascosti sotto le acque - come al mostro marino che inghiottì Giona 30 - e non solo a questi grossi animali, ma perfino ai vermi più piccoli, poiché leggiamo [nella sacra Scrittura] che anche ad un piccolo verme fu dato da Dio l'ordine di rodere la radice della zucca alla cui ombra stava riposando il profeta [Giona] 31. Dio infatti nel creare l'uomo gli diede il potere - rimastogli anche se porta una carne di peccato - di catturare e ammansire non solo gli animali e le bestie da soma sottomessi ai suoi bisogni e non solo gli uccelli domestici, ma anche quelli che volano liberamente e perfino le bestie selvatiche di ogni genere e di dominarle non tanto con la forza fisica quanto piuttosto con il potere della ragione; e l'uomo ci riesce spiando le loro tendenze istintive e ciò che procura a essi dolore, adescandoli gradualmente li domina col mettere loro il freno e dando loro una certa libertà, li spoglia delle loro abitudini selvatiche e riesce a rivestirli - per così dire - di abitudini umane; con quanta maggiore facilità riescono a far simili azioni gli angeli che, dietro ordine di Dio e nella visione della sua immutabile verità, contemplata da essi eternamente, movendo se stessi attraverso il tempo e i corpi a loro sottomessi attraverso il tempo e lo spazio con meravigliosa facilità! Essi hanno la facoltà non solo di produrre in ogni essere vivente visioni d'oggetti, da cui può venir mosso, ma anche di eccitare gli appetiti dei loro bisogni corporei per condurlo, a sua insaputa, ove dev'essere condotto!

In qual modo fu creata la donna e il ministero degli angeli nella creazione o riforma degli esseri.

15. 26. Vediamo ora come fu formata la donna, a proposito della quale la Scrittura - con un verbo di senso simbolico - dice che fu "costruita". Fu infatti creata la sostanza della donna - sebbene tratta da quella dell'uomo la quale già esisteva - e non fu trasformazione di altre nature già esistenti. Ora, gli angeli non possono creare assolutamente nessuna sostanza, poiché il solo creatore di qualsivoglia sostanza, sia piccola che grande, è Dio, cioè la Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo. Un altro quesito è quello di sapere in che modo Adamo [preso da un sonno profondo] s'addormentò e come gli fu tolta dall'organismo del suo corpo la costola senza che ne provasse dolore. Si potrebbe forse dire che ciò poté essere effettuato per mezzo degli angeli, ma il potere di formare o costruire con una costola la donna lo ha solo Dio, dal quale è fatta sussistere ogni natura. In realtà non potrei credere neppure che quel pezzo di carne messo nel corpo di Adamo al posto lasciato vuoto dalla costola poté esser prodotto dagli angeli, come non furono in grado di produrre nemmeno l'uomo con la polvere. Con ciò non si vuol dire che gli angeli non aiutassero affatto, come strumenti, Dio nella creazione di qualche essere, ma non per questo sono dei creatori, dal momento che neppure gli agricoltori li chiamiamo creatori delle messi o degli alberi. Infatti non è qualcosa né chi pianta né chi irriga, ma chi fa crescere, cioè Dio 32. A questo "far crescere" appartiene anche la sostituzione della carne al posto della costola asportata dal corpo di Adamo, sostituzione fatta naturalmente da Dio con l'opera sua, con cui crea le sostanze perché esistano, e con cui egli creò anche gli angeli.

Causa prima e causa seconda.

15. 27. È quindi opera dell'agricoltore dirigere il corso dell'acqua quando irriga il terreno, ma ch'essa scorra giù per i pendii non è opera sua bensì di Colui che ha disposto ogni cosa con misura, numero e peso. Così è pure opera dell'agricoltore staccare una talea dall'albero e piantarla nel terreno, ma non è opera sua che il magliuolo assorba l'umore e faccia spuntare il germoglio, che una parte di esso si affondi nel terreno per fissarvi le radici e un'altra parte si spinga fuori verso l'aria per nutrire il suo vigore ed espandere i suoi rami, ma è opera di Colui che fa crescere. Anche il medico dà il nutrimento [adatto] a un corpo malato e applica un medicamento a una ferita, ma innanzitutto il medico fa uso di sostanze non create da lui, ma di quelle che trova fatte dall'opera del Creatore. In secondo luogo egli è in grado di preparare e somministrare un cibo e una bevanda, fare un impiastro, spalmarlo del medicamento e poi applicarlo [alla parte malata]; ma è forse in grado di produrre anche il vigore fisico o la carne con i farmaci ch'egli usa? Questo è opera della natura mediante la sua potenza attiva interna, a noi assolutamente nascosta. Se tuttavia Dio sottraesse alla natura questa sua intima potenza attiva con cui la crea e la fa sussistere, subito si estinguerebbe e si ridurrebbe a nulla.

Il duplice governo di Dio verso le creature nei loro moti naturali e volontari.

15. 28. Per conseguenza, poiché è Dio che governa tutti gli esseri della sua creazione con una specie di duplice provvidenza - di cui abbiamo parlato nel precedente libro - servendosi delle forze non solo naturali ma anche di quelle volontarie, nessun angelo è in grado di creare una sostanza come non è in grado di creare neppure se stesso. La volontà dell'angelo, al contrario, che è sottomessa e obbediente a Dio ed esegue i suoi comandi, è in grado di agire sulle cose a lui sottomesse e procurare una specie di materia servendosi dell'energie della natura - come è il corpo dell'agricoltore o del medico - sì che venga creato qualcosa nel corso del tempo conforme alle ragioni causali primordiali ed eterne increate nel Verbo di Dio o alle ragioni causali create nelle opere dei sei giorni. Chi mai perciò potrebbe dire qual concorso hanno prestato a Dio gli angeli nella formazione della donna? Io tuttavia potrei affermare senza la minima esitazione che la carne creata per sostituirla alla costola, il corpo e l'anima della donna, la conformazione delle sue membra, tutte le parti interne del suo corpo, tutti i suoi sensi e tutto ciò per cui essa era una creatura, un essere umano e una donna, non fu fatto che per opera di Dio. Quest'opera compiuta da Dio non mediante gli angeli ma da se stesso, egli non l'ha abbandonata ma continua a compierla in modo che, se egli non la continuasse, non sussisterebbe né la sostanza di alcun'altra cosa né quella degli angeli.

Difficoltà di definire cosa sia "un fatto naturale".

16. 29. Per quanto noi, nei limiti della nostra intelligenza umana, abbiamo potuto conoscere la natura per nostra esperienza, sappiamo che una carne dotata di vita e di sensibilità può nascere solo in quattro modi: o dall'acqua e dalla terra, che sono in un certo senso come i suoi elementi materiali, o dai vegetali e dai frutti degli alberi, oppure anche dalla carne degli animali, come nascono innumerevoli specie di vermi e di rettili, oppure certamente dal coito dei genitori. Noi tuttavia sappiamo che dalla carne di un qualunque altro essere vivente non nasce alcuna carne talmente simile a lui da distinguersene unicamente per il sesso; ecco perché nella natura cerchiamo, senza trovarlo, un caso analogo a questa creazione con cui la donna fu tratta dal fianco dell'uomo. Ciò è dovuto al fatto che, mentre sappiamo in qual modo lavorano gli uomini su questa terra, non conosciamo affatto come gli angeli esercitano - se così può dirsi - l'agricoltura in questo mondo. Se infatti il processo delle energie della natura producesse una specie di arbusti senza l'attività dell'uomo, noi sapremmo solo che alberi e vegetali nascono dalla terra e dai loro semi a loro volta caduti da quelli sul suolo, ma potremmo forse conoscere l'energia dell'innesto per cui l'albero d'una determinata specie mediante le proprie radici porta frutti di due specie i quali in virtù della simbiosi, sono senz'altro frutti propri? Ciò lo abbiamo appreso dal lavoro degli agricoltori. Sebbene questi non siano affatto creatori, tuttavia non fanno altro che prestare - diciamo così - un aiuto e un servizio a Dio che crea il processo di sviluppo della natura. Poiché in virtù del loro lavoro non verrebbe all'esistenza assolutamente nulla, se un'occulta ragione causale non contenesse questa potenzialità nell'opera [creatrice] di Dio. Che c'è dunque di strano se non sappiamo in qual modo una creatura umana, [la donna], creata mediante l'osso di un uomo, dal momento che ignoriamo in qual modo gli angeli concorrono con la loro opera a quella di Dio creatore? Noi non potremmo sapere nemmeno che una marza, recisa da un albero ed innestata sul tronco d'un altro albero, diventa un nuovo albero, se ignorassimo ugualmente come gli agricoltori ottengono questi risultati concorrendo all'opera di Dio.

È difficile discernere un fatto naturale da uno miracoloso.

16. 30. Noi tuttavia non dubitiamo affatto che Dio soltanto è il creatore non solo degli uomini ma anche degli alberi e crediamo fermamente che la donna fu creata con l'esser tratta dall'uomo senza l'intervento del rapporto sessuale, anche se per caso nell'azione del Creatore concernente la costola dell'uomo sia intervenuto il concorso degli angeli. Allo stesso modo crediamo fermamente che l'"Uomo" fu generato dalla "Donna" senza l'intervento del rapporto sessuale, dal momento che la discendenza di Abramo fu disposta per mezzo degli angeli per il tramite di un mediatore 33. Ambedue questi eventi sono incredibili per coloro che non hanno fede. Ma perché mai per coloro che hanno fede il fatto del concepimento di Cristo dovrebbe esser visto come credibile nel senso letterale della storia e il racconto della creazione di Eva narrato dalla Scrittura credibile solo nel senso figurato? O è forse vero che senza un rapporto carnale sarebbe potuto essere fatto l'Uomo dalla "Donna", ma una donna non sarebbe potuta esser fatta da un uomo? Si dirà forse altresì che il grembo della Vergine fu capace di formare l'Uomo, mentre il fianco d'un uomo non era capace di formare una donna, per il fatto che nel primo caso dalla sua serva nacque il Signore, nel secondo caso dal servo fu formata la serva? Anche il Signore avrebbe potuto creare la propria carne servendosi della costola o di qualche altro membro della Vergine. Ma Colui che avrebbe potuto dimostrare col proprio corpo d'aver fatto di nuovo ciò che era stato fatto [al principio], giudicò più utile mostrare nel corpo della propria madre che non c'è nulla di vergognoso dove c'è la castità.

La ragione causale della creazione della donna.

17. 31. Mi si potrebbe forse porre il quesito in qual modo Dio creò la donna nella ragione causale quando egli fece il primo uomo a sua immagine e somiglianza, poiché la Scrittura nel medesimo passo dice: Maschio e femmina li fece 34. Quella ragione causale che Dio creò con le prime opere del mondo, incorporandola in esse, comportava forse la necessità che in seguito la donna fosse fatta col venir tratta dalla costola dell'uomo o comportava solo la possibilità d'esser fatta mentre la necessità era già determinata fin d'allora, ma rimaneva nascosta in Dio? Se è questo il quesito che mi si pone, risponderò quanto credo possa affermarsi senza temerità. Quando tuttavia avrò esposto la mia opinione, forse coloro che sono già ben fondati nella fede cristiana, considerando assennatamente queste mie riflessioni, giudicheranno che non se ne deve dubitare anche se vengono a conoscerle adesso per la prima volta.

Determinismo causale delle nature e onnipotenza divina.

17. 32. Il corso ordinario della natura presa nel suo insieme ha le sue determinate leggi naturali, secondo le quali anche lo spirito vitale, che è una creatura, ha certe tendenze naturali proprie e in un certo senso determinate che non potrebbero essere evitate neppure da una volontà cattiva. Così pure gli elementi di questo mondo fisico posseggono delle potenzialità e proprietà che per ogni cosa determinano ciò che essa è capace o non è capace di fare, quali effetti ogni cosa è in grado o no di produrre. Tutti gli esseri che sono generati da questi, diciamo così, "germi primordiali" delle cose hanno la loro origine, la loro crescita, come anche la loro fine e scomparsa ciascuno a suo tempo e conforme alla sua specie. Ecco perché da un granello di frumento non nasce una fava né da una fava un granello di frumento e neppure un uomo da una bestia né una bestia da un uomo. Al di sopra di questa attività e corso naturale delle cose c'è il potere del Creatore che è in grado di trarre da tutti questi esseri altri effetti, da quelli che sono contenuti potenzialmente nelle rispettive ragioni seminali, ma non un effetto ch'egli stesso non ha posto nelle loro ragioni seminali come possibile ad essere prodotto da esse o da lui stesso. Egli infatti è onnipotente non in virtù d'un potere arbitrario ma in forza della sua sapienza e perciò nel corso del tempo egli produce a tempo debito da ogni cosa l'effetto da lui posto in essa come possibile. Diverso è quindi il modo di essere per cui un'erba germina in un modo e un'altra diversamente, un'età della vita è fertile e un'altra non lo è, per cui l'uomo è in grado di parlare, mentre non lo è una bestia. Le ragioni causali di questi e simili modi di essere non sono soltanto in Dio, ma sono state incorporate da lui anche nelle cose create. Al contrario, che un legno estirpato dalla terra, secco, ben levigato, assolutamente privo di radici, fiorisca all'improvviso senza la terra e senza l'acqua e produca frutti 35; che una donna, sterile durante la sua età giovanile, partorisca nella sua vecchiaia 36; che un'asina si metta a parlare 37 e altri simili prodigi, sono facoltà date certamente da Dio alle sostanze create da lui perché da esse fossero prodotti anche quegli effetti - nemmeno Dio stesso infatti potrebbe fare con tali sostanze effetti ch'egli stesso avesse originariamente prefissato non potersi realizzare, poiché nemmeno lui è più potente di se stesso - tuttavia queste capacità, conformi a un altro modo di essere, Dio le diede a quelle sostanze, stabilendo in modo che quegli avvenimenti accadessero non in forza delle loro energie naturali ma in forza del fatto che furono create in modo che la loro natura restasse soggetta alla volontà di chi è molto più potente.

La causalità trascendente di Dio.

18. 33. Dio ha dunque in se stesso le cause nascoste di alcuni fatti ch'egli non ha inserite nelle cose create e che rende efficienti e operanti non con l'azione della sua Provvidenza con cui costituì le sostanze nel loro essere, ma con l'azione con cui governa come vuole le cose da lui create come egli volle. Fa parte di quest'azione anche la grazia, mediante la quale vengono salvati i peccatori. Infatti per quanto riguarda la natura [dei peccatori] corrotta della propria cattiva volontà, essa non è capace di tornare a Dio da se stessa ma solo mediante la grazia di Dio, dalla quale è aiutata e rigenerata. Poiché non si deve disperare degli uomini a causa di ciò che la Scrittura dice: Coloro che camminano su quella strada non faranno ritorno 38. Ciò infatti la Scrittura lo afferma tenuto conto del peso della loro iniquità, affinché chi fa ritorno a Dio non attribuisca il fatto del ritorno a se stesso ma alla grazia di Dio, non alle proprie azioni, per evitare di vantarsene 39.

Modo misterioso per cui fu creata la donna.

18. 34. Ecco perché l'Apostolo disse che il mistero di questa grazia è nascosto non già nel mondo, ove sono nascoste le ragioni causali di tutte le cose destinate a esistere nel processo di sviluppo della natura - come Levi era nascosto nei lombi d'Abramo quando pagò la sua decima 40 - ma è nascosto in Dio, che ha creato tutte le cose. Per questo motivo le cause di tutte le cose, anche di quelle che, per simboleggiare questa grazia, accaddero non secondo il corso naturale delle cose, ma in modo miracoloso, rimasero nascoste in Dio. Uno di questi eventi prodigiosi potrebbe essere quello della creazione della donna tratta dal fianco dell'uomo - e ciò avvenne mentre questi dormiva - la quale per mezzo di lui fu rafforzata, come se fosse stata consolidata per mezzo dell'osso di lui, mentre egli, al contrario, venne a trovarsi indebolito a causa di lei poiché al posto della costola non gli fu sostituita un'altra costola ma della carne. Ma nella creazione originaria delle cose quando nel sesto giorno, secondo l'affermazione della Scrittura, maschio e femmina li creò 41, non era predeterminato che la donna venisse creata in questo modo, ma quell'atto di creazione determinava solo la possibilità che la donna fosse creata anche così, in modo che Dio non facesse qualcosa con una volontà mutevole in contrasto con le cause stabilite dalla sua volontà. Che cosa fosse destinato ad essere in modo che non potesse essere effettuato diversamente era nascosto in Dio, creatore d'ogni cosa.

L'ufficio degli angeli riguardo alla venuta del Cristo.

18. 35. L'Apostolo dunque dice che questo era nascosto in modo che sarebbe stato fatto conoscere ai Principati e alle Potestà del cielo mediante la Chiesa della multiforme Sapienza di Dio 42. Si pensa perciò, con una certa fondatezza, che allo stesso modo che il Discendente di Abramo, al quale era stata fatta la promessa, fu disposto dagli angeli per il tramite di un Mediatore 43, così tutti i fatti avvenuti miracolosamente nel mondo fuori del corso ordinario della natura, per preannunciare o rivelare la venuta dello stesso Discendente, si sono compiute mediante il ministero degli angeli, pur essendo tuttavia in ogni caso creatore e restauratore delle creature unicamente Dio, che solo fa crescere, quale che sia chi pianta e irriga 44.

L'estasi di Adamo.

19. 36. A giusta ragione si può quindi anche pensare che l'estasi in cui fu trasportato Adamo allorché Dio lo fece cadere in un profondo sopore e addormentare, gli fu procurata perché il suo spirito in quello stato durante l'estasi divenisse, per così dire, partecipe del coro degli angeli ed entrasse nel santuario di Dio e comprendesse che cosa doveva avvenire alla fine 45. Svegliatosi poi come ripieno di spirito profetico, e vedendo sua moglie condotta davanti a lui, proferì immediatamente l'espressione interpretata dall'Apostolo come una grande e misteriosa verità: Ora essa è l'osso tratto dalle mie ossa e la carne tratta dalla mia carne. Essa verrà chiamata donna poiché è stata tratta dall'uomo. L'uomo perciò abbandonerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne 46. Sebbene la Scrittura attesti che queste parole furono proferite dal primo uomo, tuttavia il Signore nel Vangelo dichiara che furono pronunciate da Dio, poiché dice: Non avete letto che il Creatore nel principio li creò maschio e femmina? L'uomo perciò lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola 47. Dovremmo quindi comprendere che a causa dell'estasi avuta in precedenza da Adamo, questi poté proferire quelle parole come profeta ispirato da Dio. A questo punto però ci pare conveniente portare a termine questo libro in modo da ridestare l'attenzione del lettore nei libri seguenti da un altro punto di partenza.

 

 

1 - Gn 2, 18-24.

2 - Gn 2, 19.

3 - Sal 148, 7.

4 - Gn 2, 18.

5 - Gn 1, 3.

6 - Sal 84, 9.

7 - Zc 2, 3.

8 - Mt 3, 17.

9 - Cf. Ap 1, 14-15.

10 - Gn 1, 27-28.

11 - Cf. Eb 13, 4.

12 - Dt 29, 5.

13 - Mt 22, 30.

14 - Cf. Mt 20, 10.

15 - Cf. 2 Re 2, 11.

16 - Cf. Ebr 11, 40.

17 - Cf. Gn 5, 25.

18 - Cf. Ml 4, 5; Ap 11, 3-7.

19 - Mt 22, 30.

20 - Gn 2, 17.

21 - Rm 7, 22-25.

22 - Rm 8, 10.

23 - Cf. Rm 7, 23.

24 - Ef 2, 3.

25 - Gn 4, 1. 25.

26 - Cf. Gn 11, 1-8.

27 - Gn 2, 21.

28 - Gn 2, 19.

29 - Gn 2, 19.

30 - Cf. Gio 2, 1.

31 - Cf. Gio 4, 6-7.

32 - 1 Cor 3, 7.

33 - Gal 3, 19.

34 - Gn 1, 27.

35 - Cf. Nm 17, 8.

36 - Cf. Gn 18, 1; 21, 2.

37 - Cf. Nm 22, 28.

38 - Prv 2, 19.

39 - Cf. Ef 2, 9.

40 - Cf. Eb 7, 9-10.

41 - Gn 1, 27.

42 - Cf. Ef 3, 9-10.

43 - Cf. Gal 3, 19.

44 - Cf. 1 Cor 3, 7.

45 - Cf. Sal 72, 17.

46 - Gn 2, 23-24.

47 - Mt 19, 4.


Capitolo XXXV: In questa vita, nessuna certezza di andar esenti da tentazioni

Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis

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1. O figlio, giammai, in questa vita, sarai libero dall'inquietudine: finché avrai vita, avrai bisogno d'essere spiritualmente armato. Ti trovi tra nemici e vieni assalito da destra e da sinistra. Perciò, se non farai uso, da una parte e dall'altra, dello scudo della fermezza, non tarderai ad essere ferito. Di più, se non terrai il tuo animo fisso in me, con l'unico proposito di tutto soffrire per amor mio, non potrai reggere l'ardore della lotta e arrivare al premio dei beati. Tu devi virilmente passare oltre ogni cosa, e avere braccio valido contro ogni ostacolo: "la manna viene concessa al vittorioso" (Ap 2,17), mentre una miseria grande è lasciata a chi manca di ardore.  

2. Se vai cercando la tua pace in questa vita, come potrai giungere alla pace eterna? Non a una piena di tranquillità, ma a una grande sofferenza ti devi preparare. Giacché la pace vera non la devi cercare in terra, ma nei cieli; non negli uomini, o nelle altre creature, ma soltanto in Dio. Tutto devi lietamente sopportare, per amore di Dio: fatiche e dolori; tentazioni e tormenti; angustie, miserie e malanni; ingiurie, biasimi e rimproveri; umiliazioni e sbigottimenti; ammonizioni e critiche sprezzanti. Cose, queste, che aiutano nella via della virtù e costituiscono una prova per chi si è posto al servizio di Cristo; cose, infine, che preparano la corona del cielo. Ché una eterna ricompensa io darò un travaglio di breve durata; e una gloria senza fine, per una umiliazione destinata a passare.  

3. Forse tu credi di poter sempre avere le consolazioni spirituali a tuo piacimento? Non ne ebbero sempre neppure i miei santi; i quali soffrirono, invece, tante difficoltà e tentazioni di ogni genere e grandi desolazioni. Sennonché, con la virtù della sopportazione, essi si tennero sempre ritti, confidando più in Dio che in se stessi; consci che "le sofferenze del momento presente non sono nulla a confronto della conquista della gloria futura" (Rm 8,18). O vuoi tu avere subito quello che molti ottennero a stento, dopo tante lacrime e tante fatiche? "Aspetta il Signore, comportati da uomo" (Sal 26,14), e fatti forza; non disperare, non disertare. Disponiti, invece, fermamente, anima e corpo, per la gloria di Dio. Strabocchevole sarà la mia ricompensa. Io sarò con te in ogni tribolazione.


14 ottobre 1941

Madre Pierina Micheli

Ho procurato di stare calma e serena, nonostante l'angoscia interna nell'ubbidienza. Solo in essa trovo la pace e la forza di camminare; Gesù, non permettere che mi diparta mai, proprio mai, altri­menti mi perdo... Verso sera il ricordo di quella brutta notte mi si presenta come uno spauracchio e mi agita tutta, ma poi con la presen­za del Padre ritorno calma. O Gesù quanto sei buono! specialmente coi cattivi come me.