Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 11° settimana del tempo ordinario (Santissima Trinità)
Vangelo secondo Giovanni 10
1"In verità, in verità vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante.2Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore.3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori.4E quando ha condotto fuori tutte le sue pecore, cammina innanzi a loro, e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce.5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei".6Questa similitudine disse loro Gesù; ma essi non capirono che cosa significava ciò che diceva loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: "In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore.8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati.9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo.10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.11Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore.12Il mercenario invece, che non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge e il lupo le rapisce e le disperde;13egli è un mercenario e non gli importa delle pecore.14Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me,15come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore.16E ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre; ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge e un solo pastore.17Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo.18Nessuno me la toglie, ma la offro da me stesso, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio".
19Sorse di nuovo dissenso tra i Giudei per queste parole.20Molti di essi dicevano: "Ha un demonio ed è fuori di sé; perché lo state ad ascoltare?".21Altri invece dicevano: "Queste parole non sono di un indemoniato; può forse un demonio aprire gli occhi dei ciechi?".
22Ricorreva in quei giorni a Gerusalemme la festa della Dedicazione. Era d'inverno.23Gesù passeggiava nel tempio, sotto il portico di Salomone.24Allora i Giudei gli si fecero attorno e gli dicevano: "Fino a quando terrai l'animo nostro sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi apertamente".25Gesù rispose loro: "Ve l'ho detto e non credete; le opere che io compio nel nome del Padre mio, queste mi danno testimonianza;26ma voi non credete, perché non siete mie pecore.27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono.28Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano.29Il Padre mio che me le ha date è più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio.30Io e il Padre siamo una cosa sola".
31I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo.32Gesù rispose loro: "Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?".33Gli risposero i Giudei: "Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio".34Rispose loro Gesù: "Non è forse scritto nella vostra Legge: 'Io ho detto: voi siete dèi'?35Ora, se essa ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata),36a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio?37Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi;38ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre".39Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani.
40Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò.41Molti andarono da lui e dicevano: "Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero".42E in quel luogo molti credettero in lui.
Primo libro delle Cronache 5
1Figli di Ruben, primogenito di Israele. Egli era il primogenito, ma, poiché aveva profanato il letto del padre, la primogenitura fu assegnata ai figli di Giuseppe, figlio d'Israele. Ma nella registrazione non si tenne conto della primogenitura,2perché Giuda ebbe il sopravvento sui fratelli, essendo il capo un suo discendente; tuttavia la primogenitura appartiene a Giuseppe.
3Figli di Ruben, primogenito di Israele: Enoch, Pallu, Chezròn e Carmi.
4Figli di Gioele: Semaià, di cui fu figlio Gog, di cui fu figlio Simei,5di cui fu figlio Mica, di cui fu figlio Reaia, di cui fu figlio Baal,6di cui fu figlio Beera, che fu deportato nella deportazione di Tiglat-Pilèzer, re d'Assiria; egli era il capo dei Rubeniti.
7Suoi fratelli, secondo le loro famiglie, come sono iscritti nelle genealogie, furono: primo Ieiel, quindi Zaccaria8e Bela figlio di Azaz, figlio di Sema, figlio di Gioele, che dimorava in Aroer e fino al Nebo e a Baal-Meòn.9A oriente si estendevano fra l'inizio del deserto che va dal fiume Eufrate in qua, perché i loro greggi erano numerosi nel paese di Gàlaad.10Al tempo di Saul mossero guerra agli Agarèni; caduti questi nelle loro mani, essi si stabilirono nelle loro tende su tutta la parte orientale di Gàlaad.
11I figli di Gad dimoravano di fronte nella regione di Basàn fino a Salca.12Gioele, il capo, Safàm, secondo, quindi Iaanài e Safat in Basàn.13Loro fratelli, secondo i loro casati, furono Michele, Mesullàm, Seba, Iorài, Iaacàn, Zia ed Eber: sette.14Costoro erano figli di Abicàil, figlio di Curì, figlio di Iaròach, figlio di Gàlaad, figlio di Michele, figlio di Iesisài, figlio di Iacdo, figlio di Buz.15Achì, figlio di Abdièl, figlio di Guni, era il capo del loro casato.16Dimoravano in Gàlaad e in Basàn e nelle loro dipendenze e in tutti i pascoli di Saron fino ai loro estremi confini.17Tutti costoro furono registrati negli elenchi genealogici di Iotam re di Giuda e al tempo di Geroboamo, re di Israele.
18I figli di Ruben, i Gaditi e metà della tribù di Manàsse, gente valorosa, armata di scudo e di spada, tiratori di arco ed esperti della guerra, potevano uscire in campo in quarantaquattromilasettecentosessanta.19Essi attaccarono gli Agarèni, Ietur, Nafis e Nodab.20Essi furono aiutati contro costoro, perché durante l'assalto si erano rivolti a Dio, che li aiutò per la loro fiducia in lui e così gli Agarèni e tutti i loro alleati furono consegnati nelle loro mani.21Essi razziarono il bestiame degli Agarèni: cinquantamila cammelli, duecentocinquantamila pecore, duemila asini e centomila persone,22poiché numerosi furono i feriti a morte, dato che la guerra era voluta da Dio. I vincitori si stabilirono nei territori dei vinti fino alla deportazione.
23I figli di metà della tribù di Manàsse abitavano dalla regione di Basàn a Baal-Ermon, a Senir e al monte Ermon; essi erano numerosi.24Questi sono i capi dei loro casati: Efer, Isèi, Elièl, Azrièl, Geremia, Odavìa e Iacdièl, uomini valorosi e famosi, capi dei loro casati.
25Ma furono infedeli al Dio dei loro padri, prostituendosi agli dèi delle popolazioni indigene, che Dio aveva distrutte davanti a essi.26Il Dio di Israele eccitò lo spirito di Pul re d'Assiria, cioè lo spirito di Tiglat-Pilèzer re d'Assiria, che deportò i Rubeniti, i Gaditi e metà della tribù di Manàsse; li condusse in Chelàch, presso Cabòr, fiume del Gozan, ove rimangono ancora.
27(6,1)Figli di Levi: Gherson, Keat e Merari.28(2)Figli di Keat: Amram, Isear, Ebron e Uzzièl.29(3)Figli di Amram: Aronne, Mosè e Maria. Figli di Aronne: Nadàb, Abìu, Eleàzaro e Itamar.30(4)Eleàzaro generò Pincas; Pincas generò Abisuà;31(5)Abisuà generò Bukki; Bukki generò Uzzi;32(6)Uzzi generò Zerachia; Zerachia generò Meraiòt;33(7)Meraiòt generò Amaria; Amaria generò Achitòb;34(8)Achitòb generò Zadòk; Zadòk generò Achimàaz;35(9)Achimàaz generò Azaria; Azaria generò Giovanni;36(10)Giovanni generò Azaria, che fu sacerdote nel tempio costruito da Salomone in Gerusalemme.37(11)Azaria generò Amaria; Amaria generò Achitòb;38(12)Achitòb generò Zadòk; Zadòk generò Sallùm;39(13)Sallùm generò Chelkia; Chelkia generò Azaria;40(14)Azaria generò Seraià; Seraià generò Iozadàk.41(15)Iozadàk partì quando il Signore, per mezzo di Nabucodònosor, fece deportare Giuda e Gerusalemme.
Proverbi 24
1Non invidiare gli uomini malvagi,
non desiderare di stare con loro;
2poiché il loro cuore trama rovine
e le loro labbra non esprimono che malanni.
3Con la sapienza si costruisce la casa
e con la prudenza la si rende salda;
4con la scienza si riempiono le sue stanze
di tutti i beni preziosi e deliziosi.
5Un uomo saggio vale più di uno forte,
un uomo sapiente più di uno pieno di vigore,
6perché con le decisioni prudenti si fa la guerra
e la vittoria sta nel numero dei consiglieri.
7È troppo alta la sapienza per lo stolto,
alla porta della città egli non potrà aprir bocca.
8Chi trama per fare il male
si chiama mestatore.
9Il proposito dello stolto è il peccato
e lo spavaldo è l'abominio degli uomini.
10Se ti avvilisci nel giorno della sventura,
ben poca è la tua forza.
11Libera quelli che sono condotti alla morte
e salva quelli che sono trascinati al supplizio.
12Se dici: "Ecco, io non ne so nulla",
forse colui che pesa i cuori non lo comprende?
Colui che veglia sulla tua vita lo sa;
egli renderà a ciascuno secondo le sue opere.
13Mangia, figlio mio, il miele, perché è buono
e dolce sarà il favo al tuo palato.
14Sappi che tale è la sapienza per te:
se l'acquisti, avrai un avvenire
e la tua speranza non sarà stroncata.
15Non insidiare, o malvagio, la dimora del giusto,
non distruggere la sua abitazione,
16perché se il giusto cade sette volte, egli si rialza,
ma gli empi soccombono nella sventura.
17Non ti rallegrare per la caduta del tuo nemico
e non gioisca il tuo cuore, quando egli soccombe,
18perché il Signore non veda e se ne dispiaccia
e allontani da lui la collera.
19Non irritarti per i malvagi
e non invidiare gli empi,
20perché non ci sarà avvenire per il malvagio
e la lucerna degli empi si estinguerà.
21Temi il Signore, figlio mio, e il re;
non ribellarti né all'uno né all'altro,
22perché improvvisa sorgerà la loro vendetta
e chi sa quale scempio faranno l'uno e l'altro?
23Anche queste sono parole dei saggi.
Aver preferenze personali in giudizio non è bene.
24Se uno dice all'empio: "Tu sei innocente",
i popoli lo malediranno, le genti lo esecreranno,
25mentre tutto andrà bene a coloro che rendono giustizia,
su di loro si riverserà la benedizione.
26Dà un bacio sulle labbra
colui che risponde con parole rette.
27Sistema i tuoi affari di fuori
e fatti i lavori dei campi
e poi costruisciti la casa.
28Non testimoniare alla leggera contro il tuo prossimo
e non ingannare con le labbra.
29Non dire: "Come ha fatto a me così io farò a lui,
renderò a ciascuno come si merita".
30Sono passato vicino al campo di un pigro,
alla vigna di un uomo insensato:
31ecco, ovunque erano cresciute le erbacce,
il terreno era coperto di cardi
e il recinto di pietre era in rovina.
32Osservando, riflettevo
e, vedendo, ho tratto questa lezione:
33un po' dormire, un po' sonnecchiare,
un po' incrociare le braccia per riposare
34e intanto viene passeggiando la miseria
e l'indigenza come un accattone.
Salmi 57
1'Al maestro del coro. Su "Non distruggere". Di Davide.'
'Miktam. Quando fuggì da Saul nella caverna.'
2Pietà di me, pietà di me, o Dio,
in te mi rifugio;
mi rifugio all'ombra delle tue ali
finché sia passato il pericolo.
3Invocherò Dio, l'Altissimo,
Dio che mi fa il bene.
4Mandi dal cielo a salvarmi
dalla mano dei miei persecutori,
Dio mandi la sua fedeltà e la sua grazia.
5Io sono come in mezzo a leoni,
che divorano gli uomini;
i loro denti sono lance e frecce,
la loro lingua spada affilata.
6Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
7Hanno teso una rete ai miei piedi,
mi hanno piegato,
hanno scavato davanti a me una fossa
e vi sono caduti.
8Saldo è il mio cuore, o Dio,
saldo è il mio cuore.
9Voglio cantare, a te voglio inneggiare:
svègliati, mio cuore,
svègliati arpa, cetra,
voglio svegliare l'aurora.
10Ti loderò tra i popoli, Signore,
a te canterò inni tra le genti.
11perché la tua bontà è grande fino ai cieli,
e la tua fedeltà fino alle nubi.
12Innàlzati sopra il cielo, o Dio,
su tutta la terra la tua gloria.
Geremia 32
1Parola che fu rivolta a Geremia dal Signore nell'anno decimo di Sedecìa re di Giuda, cioè nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor.2L'esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nell'atrio della prigione, nella reggia del re di Giuda,3e ve lo aveva rinchiuso Sedecìa re di Giuda, dicendo: "Perché profetizzi con questa minaccia: Dice il Signore: Ecco metterò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la occuperà;4Sedecìa re di Giuda non scamperà dalle mani dei Caldei, ma sarà dato in mano del re di Babilonia e parlerà con lui faccia a faccia e si guarderanno negli occhi;5egli condurrà Sedecìa in Babilonia dove egli resterà finché io non lo visiterò - oracolo del Signore -; se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla"?
6Geremia disse: Mi fu rivolta questa parola del Signore:7"Ecco Canamèl, figlio di Sallùm tuo zio, viene da te per dirti: Cómprati il mio campo, che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di riscatto per acquistarlo".8Venne dunque da me Canamèl, figlio di mio zio, secondo la parola del Signore, nell'atrio della prigione e mi disse: "Compra il mio campo che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di acquisto e a te tocca il riscatto. Cómpratelo!".
Allora riconobbi che questa era la volontà del Signore9e comprai il campo da Canamèl, figlio di mio zio, e gli pagai il prezzo: diciassette sicli d'argento.10Stesi il documento del contratto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai l'argento sulla stadera.11Quindi presi il documento di compra, quello sigillato e quello aperto, secondo le prescrizioni della legge.12Diedi il contratto di compra a Baruc figlio di Neria, figlio di Macsia, sotto gli occhi di Canamèl figlio di mio zio e sotto gli occhi dei testimoni che avevano sottoscritto il contratto di compra e sotto gli occhi di tutti i Giudei che si trovavano nell'atrio della prigione.13Diedi poi a Baruc quest'ordine:14"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Prendi i contratti di compra, quello sigillato e quello aperto, e mettili in un vaso di terra, perché si conservino a lungo.15Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese".
16Pregai il Signore, dopo aver consegnato il contratto di compra a Baruc figlio di Neria:17"Ah, Signore Dio, tu hai fatto il cielo e la terra con grande potenza e con braccio forte; nulla ti è impossibile.18Tu usi misericordia con mille e fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di essi, Dio grande e forte, che ti chiami Signore degli eserciti.19Tu sei grande nei pensieri e potente nelle opere, tu, i cui occhi sono aperti su tutte le vie degli uomini, per dare a ciascuno secondo la sua condotta e il merito delle sue azioni.20Tu hai operato segni e miracoli nel paese di Egitto e fino ad oggi in Israele e fra tutti gli uomini e ti sei fatto un nome come appare oggi.21Tu hai fatto uscire dall'Egitto il tuo popolo Israele con segni e con miracoli, con mano forte e con braccio possente e incutendo grande spavento.22Hai dato loro questo paese, che avevi giurato ai loro padri di dare loro, terra in cui scorre latte e miele.
23Essi vennero e ne presero possesso, ma non ascoltarono la tua voce, non camminarono secondo la tua legge, non fecero quanto avevi comandato loro di fare; perciò tu hai mandato su di loro tutte queste sciagure.
24Ecco, le opere di assedio hanno raggiunto la città per occuparla; la città sarà data in mano ai Caldei che l'assediano con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu avevi detto avviene; ecco, tu lo vedi.25E tu, Signore Dio, mi dici: Comprati il campo con denaro e chiama i testimoni, mentre la città sarà messa in mano ai Caldei".
26Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:27 "Ecco, io sono il Signore Dio di ogni essere vivente; qualcosa è forse impossibile per me?28Pertanto dice il Signore: Ecco io darò questa città in mano ai Caldei e a Nabucodònosor re di Babilonia, il quale la prenderà.29Vi entreranno i Caldei che combattono contro questa città, bruceranno questa città con il fuoco e daranno alle fiamme le case sulle cui terrazze si offriva incenso a Baal e si facevano libazioni agli altri dèi per provocarmi.30Gli Israeliti e i figli di Giuda non hanno fatto che quanto è male ai miei occhi fin dalla loro giovinezza; gli Israeliti hanno soltanto saputo offendermi con il lavoro delle loro mani. Oracolo del Signore.
31Poiché causa della mia ira e del mio sdegno è stata questa città da quando la edificarono fino ad oggi; così io la farò scomparire dalla mia presenza,32a causa di tutto il male che gli Israeliti e i figli di Giuda commisero per provocarmi, essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme.
33Essi mi voltarono la schiena invece della faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non ascoltarono e non impararono la correzione.34Essi collocarono i loro idoli abominevoli perfino nel tempio che porta il mio nome per contaminarlo35e costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Hinnòn per far passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloch - cosa che io non avevo comandato, anzi neppure avevo pensato di istituire un abominio simile -, per indurre a peccare Giuda".
36Ora così dice il Signore Dio di Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste:37 "Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli.38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.39Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi.40Concluderò con essi un'alleanza eterna e non mi allontanerò più da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si distacchino da me.41Godrò nel beneficarli, li fisserò stabilmente in questo paese, con tutto il cuore e con tutta l'anima".42Poiché così dice il Signore: "Come ho mandato su questo popolo tutto questo grande male, così io manderò su di loro tutto il bene che ho loro promesso.43E compreranno campi in questo paese, di cui voi dite: È una desolazione, senza uomini e senza bestiame, lasciato in mano ai Caldei.44Essi si compreranno campi con denaro, stenderanno contratti e li sigilleranno e si chiameranno testimoni nella terra di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda e nelle città della montagna e nelle città della Sefèla e nelle città del mezzogiorno, perché cambierò la loro sorte". Oracolo del Signore.
Seconda lettera ai Corinzi 6
1E poiché siamo suoi collaboratori, vi esortiamo a non accogliere invano la grazia di Dio.2Egli dice infatti:
'Al momento favorevole ti ho esaudito
e nel giorno della salvezza ti ho soccorso'.
Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!
3Da parte nostra non diamo motivo di scandalo a nessuno, perché non venga biasimato il nostro ministero;4ma in ogni cosa ci presentiamo come ministri di Dio, con molta fermezza nelle tribolazioni, nelle necessità, nelle angosce,5nelle percosse, nelle prigioni, nei tumulti, nelle fatiche, nelle veglie, nei digiuni;6con purezza, sapienza, pazienza, benevolenza, spirito di santità, amore sincero;7con parole di verità, con la potenza di Dio; con le armi della giustizia a destra e a sinistra;8nella gloria e nel disonore, nella cattiva e nella buona fama. Siamo ritenuti impostori, eppure siamo veritieri;9sconosciuti, eppure siamo notissimi; moribondi, ed ecco viviamo; puniti, ma non messi a morte;10afflitti, ma sempre lieti; poveri, ma facciamo ricchi molti; gente che non ha nulla e invece possediamo tutto!
11La nostra bocca vi ha parlato francamente, Corinzi, e il nostro cuore si è tutto aperto per voi.12Non siete davvero allo stretto in noi; è nei vostri cuori invece che siete allo stretto.13Io parlo come a figli: rendeteci il contraccambio, aprite anche voi il vostro cuore!
14Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli. Quale rapporto infatti ci può essere tra la giustizia e l'iniquità, o quale unione tra la luce e le tenebre?15Quale intesa tra Cristo e Beliar, o quale collaborazione tra un fedele e un infedele?16Quale accordo tra il tempio di Dio e gli idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto:
'Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò
e sarò il loro Dio,
ed essi saranno il mio popolo.'
17Perciò 'uscite di mezzo a loro
e riparatevi, dice il Signore,
non toccate nulla d'impuro.
E io vi accoglierò',
18e 'sarò' per voi 'come un padre,
e' voi 'mi' sarete 'come figli' e figlie,
'dice il Signore onnipotente'.
Capitolo XII: I vantaggi delle avversità
Leggilo nella Biblioteca1. E' bene per noi che incontriamo talvolta difficoltà e contrarietà; queste, infatti, richiamano l'uomo a se stesso, nel profondo, fino a che comprenda che quaggiù egli è in esilio e che la sua speranza non va riposta in alcuna cosa di questo mondo. E' bene che talvolta soffriamo contraddizione e che la gente ci giudichi male e ingiustamente, anche se le nostre azioni e le nostre intenzioni sono buone. Tutto ciò suol favorire l'umiltà, e ci preserva dalla vanagloria. Invero, proprio quando la gente attorno a noi ci offende e ci scredita, noi aneliamo con maggior forza al testimone interiore, Iddio.
2. Dovremmo piantare noi stessi così saldamente in Dio, da non avere necessità alcuna di andar cercando tanti conforti umani. Quando un uomo di buona volontà soffre tribolazioni e tentazioni, o è afflitto da pensieri malvagi, allora egli sente di aver maggior bisogno di Dio, e di non poter fare nulla di bene senza di lui. E si rattrista e piange e prega, per il male che soffre; gli viene a noia che la vita continui; e spera che sopraggiunga la morte (2 Cor 1,8), così da poter scomparire e dimorare in Cristo (Fil 1,23). Allora egli capisce che nel mondo non può esserci completa serenità e piena pace.
Omelia 112: Gesù arrestato.
Commento al Vangelo di San Giovanni - Sant'Agostino d'Ippona
Leggilo nella Biblioteca1. Dopo aver riferito il grande e lungo discorso che il Signore, prossimo ormai a versare il sangue per noi, tenne dopo la cena ai discepoli che erano allora con lui, e dopo aver riportato l'orazione che rivolse al Padre, l'evangelista Giovanni così comincia il racconto della Passione: Detto questo, Gesù andò con i suoi discepoli di là del torrente Cedron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli. Anche Giuda, il traditore, conosceva quel posto, perché spesso Gesù si ritirava là con i suoi discepoli (Gv 18, 1-2). L'ingresso del Signore e dei suoi discepoli nel giardino, di cui parla l'evangelista, non avvenne subito appena finita l'orazione, a proposito della quale dice: Appena Gesù ebbe pronunciato queste parole. Nel frattempo accaddero altri fatti, che, se sono omessi da questo evangelista, sono però ricordati dagli altri, così come, del resto, si trovano nella narrazione di Giovanni molti particolari di cui tacciono gli altri evangelisti. Se uno poi vuole rendersi conto come concordino tra loro, e come uno non contraddica la verità annunciata dall'altro, non deve cercare le prove in questi nostri discorsi, ma in altri nostri studi specifici. E non è stando in piedi e ascoltando un discorso che si possono approfondire le cose, ma stando comodamente seduti, leggendo o ascoltando con molta attenzione e serio impegno chi legge. Tuttavia, sia che si giunga a tale accertamento in questa vita, sia che non vi si possa giungere per qualche impedimento, prima ancora di conoscere si deve credere che il racconto di un evangelista, che gode presso la Chiesa di autorità canonica, non può essere in contraddizione con se stesso né con quanto altrettanto veracemente un altro evangelista riferisce. Vediamo dunque ora la narrazione del nostro san Giovanni, che abbiamo preso a commentare, senza confrontarla con quella degli altri, e senza soffermarci sui punti che sono chiari, per poterlo fare dove il testo lo richieda. Le parole dell'evangelista: Detto questo, Gesù andò con i suoi discepoli di là dal torrente Cedron, dove c'era un giardino nel quale entrò con i suoi discepoli, non dobbiamo intenderle come se subito dopo il discorso e l'orazione Gesù sia entrato nel giardino; ma le parole: Dette Gesù queste cose, vogliono dire semplicemente che Gesù entrò nel giardino non prima di aver concluso il suo discorso e completata la sua orazione.
2. Conosceva anche Giuda, il traditore, quel posto. L'ordine logico delle parole è questo: Quel posto era ben noto al traditore perché - nota l'evangelista - spesso Gesù si ritirava là con i suoi discepoli. Il lupo, coperto di pelle di pecora, e, per misteriosa disposizione del padre di famiglia, tollerato in mezzo alle pecore, studiò il luogo, dove per un po' di tempo potesse disperdere il piccolo gregge, insidiando il pastore. Giuda, dunque, conducendo la coorte e guardie fornite dai gran sacerdoti, arriva là con lanterne, torce e armi (Gv 18, 3). La coorte non era formata di Giudei ma di soldati romani. Ciò significa che era stata inviata dal governatore romano, come se si trattasse di arrestare un colpevole, in difesa dell'ordine costituito, cosicché nessuno osasse impedire l'arresto; quantunque quel dispiegamento di forze fosse sufficiente a spaventare, nonché a mettere in fuga chiunque avesse osato difendere Cristo. Talmente era nascosta la sua potenza, e talmente era palese la sua debolezza, che ai nemici erano parse sufficienti queste misure nei confronti di Cristo, contro il quale niente sarebbe servito se egli non avesse voluto. Ma egli, che era buono, si serviva dei malvagi come strumenti per compiere il bene, traendo così il bene dal male per far diventare buoni i malvagi e discernere i buoni dai malvagi.
3. Allora Gesù, - prosegue l'evangelista -, che sapeva tutto ciò che stava per accadergli, si avanzò e disse loro: Chi cercate? Gli risposero: Gesù il Nazareno. Dice loro Gesù: Sono io! Anche Giuda, il traditore, stava con loro. Come, dunque, ebbe detto loro: Sono io, indietreggiarono e caddero in terra (Gv 18, 4-6). Dove sono ora la coorte dei soldati, e le guardie dei grandi sacerdoti e dei farisei? Dov'è il terrore che doveva essere prodotto da tutto quel dispiegamento di forze? E' bastata una voce che ha detto: Sono io! a colpire, senza alcun dardo, a respingere e ad atterrare tutta quella folla, inferocita dall'odio e terribilmente armata. Nella carne infatti si nascondeva Dio, e il giorno eterno era talmente occultato dalle membra umane che le tenebre, per ucciderlo, dovettero cercarlo con lanterne e torce. Sono io, egli dice, e atterra gli empi. Che cosa farà quando verrà a giudicare, colui che ha fatto questo quando doveva essere giudicato? Quale sarà la sua potenza quando verrà per regnare, se era tanta quando stava per morire? Anche adesso, per mezzo del Vangelo, Cristo fa sentire ovunque la sua voce: Sono io, e i Giudei aspettano l'Anticristo per indietreggiare e cadere in terra, perché, disertando le cose celesti, aspirano a quelle terrene. E' certo che i persecutori andarono, guidati dal traditore, per arrestare Gesù; trovarono colui che cercavano e udirono la sua voce: Sono io: perché non lo presero, ma indietreggiarono e caddero in terra, se non perché così volle colui che poteva tutto ciò che voleva? Ma in verità, se egli non si fosse mai lasciato prendere, essi certamente non avrebbero potuto compiere ciò per cui erano andati, ma nemmeno lui avrebbe potuto effettuare ciò per cui era venuto. Essi lo cercavano, nella loro crudeltà, per metterlo a morte; egli cercava noi per salvarci con la sua morte. Egli ha dato una prova della sua potenza a coloro che invano hanno tentato di arrestarlo; lo prendano ormai, affinché egli possa compiere la sua volontà per mezzo di essi che lo ignorano.
4. Di nuovo egli domandò: Chi cercate? Essi dissero: Gesù il Nazareno. Rispose Gesù: Vi ho detto che sono io! Se dunque cercate me, lasciate che costoro se ne vadano. Così si adempiva la parola da lui detta: Di coloro che mi hai dato, non ho perduto nessuno (Gv 18, 7-9). Disse: Se cercate me, lasciate che costoro se ne vadano. Egli ha di fronte a sé dei nemici che obbediscono ai suoi ordini: lasciano andare quelli che Gesù volle sottrarre alla morte. Ma non sarebbero forse morti più tardi? E perché egli li avrebbe perduti, se fossero morti allora? E' perché essi allora non credevano ancora in lui nel modo che credono tutti quelli che non si perdono.
[Colui che beve il calice ne è anche l'autore.]
5. Allora Simon Pietro, che aveva una spada, la sguainò e colpì il servo del sommo sacerdote mozzandogli l'orecchio destro. Il servo si chiamava Malco (Gv 18, 10). Solo Giovanni riferisce il nome di questo servo, così come soltanto Luca riferisce che il Signore gli toccò l'orecchio e lo guarì (cf. Lc 22, 51). Malco vuol dire "colui che regnerà". Che significa quindi questo orecchio mozzato per difendere il Signore e dal Signore guarito, se non l'orecchio rinnovato mediante la rimozione di quanto fa parte dell'uomo vecchio, affinché si ascolti in novità di spirito e non in vetustà di lettera (cf. Rm 7, 6)? Se uno ha ricevuto da Cristo un tale beneficio, potrà dubitare che regnerà con Cristo? Il fatto poi che a ottenere questo beneficio sia stato un servo, è simbolo dell'antica Alleanza che non generava che schiavi, come Agar (cf. Gal 4, 24). Nella guarigione ottenuta c'era anche l'annuncio della libertà. Il Signore tuttavia disapprovò il gesto di Pietro, e gli proibì di procedere oltre, dicendo: Rimetti la spada nel fodero. Non berrò il calice che il Padre mi ha dato? (Gv 18, 11). E' certo che quel discepolo, con il suo gesto, aveva voluto soltanto difendere il maestro, senza riflettere sul significato che esso poteva assumere. Era quindi opportuno che Pietro ricevesse una lezione di pazienza e che l'episodio fosse riferito a nostro ammaestramento. Quanto al calice della passione, che dice offertogli dal Padre, trova conferma nelle parole dell'Apostolo: Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato alla morte per tutti noi (Rm 8, 31-32). In verità, anche colui che lo beve è l'autore di questo calice, come appunto dice il medesimo Apostolo: Cristo ci ha amato e ha offerto se stesso per noi come oblazione e sacrificio a Dio in odore di soavità (Ef 5, 2).
6. Allora la coorte, il tribuno e le guardie dei Giudei si impadronirono di Gesù e lo legarono (Gv 18, 12). Si impadronirono di colui al quale prima neppure avevano potuto avvicinarsi. Egli era il giorno, ed essi le tenebre, e tenebre rimasero perché non ascoltarono l'invito: Avvicinatevi a lui e sarete illuminati (Sal 33, 6). Se si fossero avvicinati a lui in questo modo, lo avrebbero preso non per ucciderlo ma per accoglierlo nel loro cuore. Ma siccome lo presero in ben altro modo, si allontanarono da lui ancora di più; e legarono colui dal quale piuttosto avrebbero dovuto essere sciolti. E forse, tra coloro che caricarono Cristo di catene, vi era qualcuno che più tardi, da lui liberato, disse: Tu hai spezzato le mie catene (Sal 115, 16). Per oggi basta così. Il seguito, se Dio vorrà, ad un altro discorso.
Capitolo ottavo - E mostraci, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto del tuo seno
Le glorie di Maria - Sant'Alfonso Maria de Liguori
Leggilo nella Biblioteca1. Maria libera i suoi devoti dall'inferno
È impossibile che si danni un devoto di Maria che fedelmente la onora e si raccomanda a lei. A prima vista questa proposizione sembrerà forse a qualcuno troppo azzardata, ma io lo pregherei di non respingerla prima di leggere quello che dirò su questo punto. Quando si afferma che è impossibile che un devoto della Madonna si danni, non si intende parlare di quei devoti che abusano della loro devozione per peccare con minor timore. Perciò ingiustamente alcuni sembrano disapprovare che noi esaltiamo tanto la pietà di Maria verso i peccatori perché dicono che questi ne abusano per peccare ancora di più; tali presuntuosi per la loro temeraria fiducia meritano il castigo, non la misericordia. Si intende invece parlare di quei devoti che, desiderosi di emendarsi, sono fedeli nell'onorare la Madre di Dio e nel raccomandarsi a lei. Questi, dico, è moralmente impossibile che si perdano. Lo ha affermato anche il padre Crasset nel suo libro sulla devozione verso Maria Vergine, e prima di lui il Vega nella sua Teologia mariana, il Mendoza e altri teologi. Per assicurarci che essi non hanno parlato a caso, vediamo quel che ne hanno detto i dottori e i santi. Nessuno si meravigli se riporterò molte sentenze somiglianti; ho voluto registrarle tutte, per dimostrare quanto sono stati concordi gli autori su questo punto. Sant'Anselmo dice che, come è impossibile che si salvi chi non è devoto a Maria e da lei non è protetto, così è impossibile che si danni chi si raccomanda alla Vergine e da lei è guardato con amore. Sant'Antonino conferma quasi con le stesse parole: « Come è impossibile che possano essere salvi quelli dai quali Maria distoglie gli sguardi della sua misericordia, così è necessario che quelli sui quali rivolge i suoi occhi implorando per loro siano salvi ed entrino nella gloria ». Si noti la prima parte della proposizione di questi santi e tremino quelli che tengono in poco conto o abbandonano per trascuratezza la devozione alla divina Madre: dicono che è impossibile salvarsi per quelli che non sono protetti da Maria. Lo asseriscono anche altri, come il beato Alberto Magno: « O Maria, tutti quelli che non sono tuoi servi si perderanno ». San Bonaventura: « Chi trascura di servire la Vergine morirà in peccato ». E altrove: « Chi non ti invoca in questa vita, Signora, non giungerà in paradiso ». A proposito del salmo 99 il santo arriva a dire che quelli da cui Maria distoglie lo sguardo non solo non si salveranno, ma che per loro non vi sarà neppure speranza di salvezza. Già prima di lui sant'Ignazio martire aveva affermato che un peccatore non può salvarsi se non per mezzo della santa Vergine, la quale con la sua pietosa intercessione salva tanti che secondo la divina giustizia sarebbero dannati. Alcuni dubitano che questa sentenza sia di sant'Ignazio; il padre Crasset dice che questo detto l'ha fatto suo san Giovanni Crisostomo. Lo troviamo ugualmente ripetuto dall'abate di Selles. E in questo senso la santa Chiesa applica a Maria le parole dei Proverbi: « Tutti quelli che mi odiano, amano la morte» (Pro 8,36). Infatti - come dice Riccardo di san Lorenzo a proposito delle parole « Ella è simile alla nave di un mercante » (Pro 31,14) - «saranno sommersi nel mare di questo mondo tutti quelli che sono fuori di questa nave». Anche l'eretico Ecolampadio diceva: « Non mi si sentirà mai parlare contro Maria, poiché stimo segno certo di riprovazione la poca devozione verso di lei». Al contrario, Maria afferma: « Chi mi ascolta non sarà confuso » (Eccli [= Sir] 24,30 Volg.), non si perderà. « Signora, le dice san Bonaventura, chi attende ad onorarti sarà lontano dalla perdizione». Ciò avverrà, dice sant'Ilario, anche se costui in passato avesse molto offeso Dio. Perciò il demonio si dà tanto da fare perché i peccatori, dopo aver perduto la grazia divina, perdano anche la devozione a Maria. Sara, vedendo Isacco scherzare con Ismaele che gli insegnava cattive abitudini, chiese ad Abramo di allontanarlo e di allontanare anche sua madre Agar: « Scaccia questa serva e il figlio di lei » (Gn 21,10). Non le bastò che fosse mandato via solamente il figlio senza che venisse mandata via anche la madre; pensava infatti che altrimenti il figlio, venendo a vedere la madre, avrebbe continuato a frequentare la casa. Così il demonio non si accontenta di vedere che un' anima scaccia da sé Gesù Cristo, se non ne scaccia anche la madre, altrimenti teme che la Madre con la sua intercessione riconduca di nuovo in essa il Figlio. E teme con ragione, poiché, come dice il dotto padre Paciuchelli, « colui che persevera nel rendere omaggio alla Madre di Dio, presto riceverà Dio stesso». Perciò a buon diritto sant'Efrem chiama la devozione alla Madonna « la Carta della libertà», il salva-condotto per non essere relegato all'inferno. E la divina Madre era da lui proclamata « la protettrice dei dannati ». San Bernardo assicura che a Maria « non può mancare né la potenza né la volontà di salvarci ». Non le manca la potenza, perché, dice sant'Antonino, « è impossibile che non siano esaudite le sue preghiere». E san Bernardo assicura che « quel che Maria cerca, trova e le sue domande non possono essere mai deluse ». Non le manca la volontà di salvarci, poiché Maria ci è madre e desidera la nostra salvezza più di quanto la desideriamo noi. Se ciò e vero, come può mai succedere che un devoto di Maria si perda? Egli può essere peccatore, ma se con perseveranza e volontà di emendarsi si raccomanderà a questa buona Madre, sarà sua cura ottenergli lume per uscire dal suo miserevole stato, dolore dei suoi peccati, perseveranza nel bene e infine una buona morte. Quale madre, se potesse facilmente liberare un figlio dalla morte pregando il giudice di graziarlo, non io farebbe? Possiamo forse pensare che Maria, la madre più amorevole che possa trovarsi dei suoi devoti, potendo così facilmente liberare un figlio dalla morte eterna, non lo farà? Devoto lettore, ringraziamo il Signore se vediamo che ci ha donato l'affetto e la fiducia verso la Regina del cielo, poiché Dio, dice san Giovanni Damasceno, fa questa grazia solo a quelli che vuole salvi. Ecco le belle parole con cui il santo ravviva la sua e nostra speranza: « O Madre di Dio, se io metto la mia fiducia in te sarò salvo. Se io sono sotto la tua protezione, non ho nulla da temere, perché essere tuo devoto è avere armi sicure di salvezza che Dio concede solamente a coloro che vuole salvi ». Perciò Erasmo così salutava la Vergine: «Dio ti salvi, o spavento dell'inferno, speranza dei cristiani; la fiducia in te ci assicura la salvezza». Quanto dispiace al demonio vedere un'anima che per severa nella devozione alla divina Madre! Si legge nella Vita del padre Alfonso Alvarez, molto devoto a Maria, che un giorno mentre egli pregava ed era assalito dalle tentazioni impure con cui lo tormentava il demonio, il nemico gli disse: « Smetti questa tua devozione a Maria e io smetterò di tentarti ». Come riferisce Ludovico Biosio, il Signore rivelò a santa Caterin~ da Siena che per sua bontà aveva concesso a Maria, per riguardo al suo Unigenito di cui è Madre, che nessuno, anche se peccatore, che a lei devotamente si raccomanda, sia preda dell'inferno. Anche il profeta Davide pregava di essere liberato dall'inferno per l'amore che portava all'onore di Maria: « Io amo, o Signore, la maestà della tua casa... non perdere insieme con gli empi l'anima mia » (Sal 25,8-9). Dice: « della tua casa », perché Maria fu quella casa che Dio stesso si fabbricò su questa terra come sua abitazione e per trovarvi il suo riposo, quando si fece uomo, come sta scritto nei Proverbi: « La sapienza si è fabbricata una casa » (Pro 9,1). « Certamente non si perderà, diceva sant'Ignazio martire, chi attenderà ad essere devoto alla Vergine Madre ». San Bonaventura lo conferma: « Signora, quelli che ti amano godono grande pace in questa vita; la loro anima non vedrà la morte in eterno ». Non è mai accaduto, « non può accadere - ci assicura il devoto Blosio - che un servo umile e attento di Maria si perda eternamente» «Quanti sarebbero stati eternamente dannati o sarebbero rimasti impenitenti se la beata Vergine Maria non si fosse interposta presso il Figlio, affinché usasse loro misericordia! ». Così dice Tommaso da Kempis e molti teologi, specialmente san Tommaso, pensano che a molte persone, morte in peccato mortale, la divina Madre abbia ottenuto da Dio la sospensione della sentenza e di ritornare in vita a far penitenza. Autori importanti ne citano diversi esempi. Fra gli altri Flodoardo, che visse verso il secolo IX, nella sua Cronaca narra di un certo diacono Adelmano che, creduto morto, stava per essere seppellito quando ritornò in vita e disse di aver veduto il luogo del-l'inferno a cui era stato condannato. Ma per le preghiere della beata Vergine era stato rimandato nel mondo a far penitenza. Anche il Surio riferisce che un cittadino romano chiamato Andrea era morto in peccato mortale e che Maria gli aveva ottenuto di ritornare in vita per poter essere perdonato. Pelbarto racconta che ai suoi tempi, mentre l'imperatore Sigismondo attraversava le Alpi con il suo esercito, da un cadavere in cui erano rimaste soltanto le ossa si udì uscire una voce che chiedeva un confessore, dicendo che la Madre di Dio, alla quale era stato devoto durante la sua vita di soldato, gli aveva ottenuto di vivere in quelle ossa fin che si fosse confessato. E dopo essersi confessato morì. Questi e altri esempi non debbono indurre qualche temerario che volesse vivere in peccato e sperare che Maria lo libererà dall'inferno anche se morisse nel peccato. Infatti, come sarebbe una grande pazzia gettarsi in un pozzo con la speranza che Maria lo preservi dalla morte, perché ne ha preservato alcuni in simili casi, così sarebbe maggior pazzia rischiare di morire in peccato, con la presunzione che la santa Vergine lo preservi dall'inferno. Ma questi esempi devono servire a ravvivare la nostra fiducia, pensando che se l'intercessione della divina Madre ha potuto liberare dall'inferno anche coloro che sono morti nel peccato, tanto più potrà impedire che cadano nell'inferno coloro che in vita ricorrono a lei con l'intenzione di emendarsi e la servono fedelmente. Diciamole dunque con san Germano: « Che ne sarà di noi, o Vergine santa, vita dei cristiani? ». Noi siamo peccatori, ma vogliamo emendarci e ricorriamo a te. Sant'Anselmo afferma: « Non si dannerà quello per cui Maria avrà pregato anche una sola volta ». Prega dunque per noi e saremo salvi dall'inferno. « Chi mai mi dirà che quando arriverò al tribunale divino non avrò favorevole il giudice, se nella mia causa avrò te a difendermi, Madre di misericordia? » esclama Riccardo di san Vittore. Il beato Enrico Suso dichiarava di aver posto la sua anima nelle mani di Maria e diceva che, se il giudice avesse voluto condannare il suo servo, voleva che la sentenza passasse per le mani di Maria. Sperava infatti che se la condanna fosse giunta nelle mani pietose della Vergine, ne sarebbe certamente stata impedita l'esecuzione. Lo stesso dico e spero per me, o mia santissima Regina. Perciò voglio sempre ripeterti con san Bonaventura: « Signora, ho sperato in te, non sarò confuso in eterno ». In te ho posto tutte le mie speranze; perciò spero con certezza di non vedermi perduto, ma salvo in cielo a lodarti e amarti in eterno.
Esempio
Nell'anno 1604 in una città della Fiandra vivevano due giovani studenti, i quali, invece di dedicarsi alle lettere, si abbandonavano a gozzoviglie e ad azioni disoneste. Una notte, andarono a peccare in casa di una donna di facili costumi. Uno di loro, chiamato Riccardo, dopo un po' ritornò a casa sua; l'altro rimase. Mentre si spogliava prima di coricarsi, Riccardo si ricordò di non aver recitato quel giorno alcune Ave Maria alla santa Vergine, come era solito fare. Benché oppresso dal sonno, si sforzò di recitarle, anche se senza devozione e mezzo addormentato. Mentre era immerso nel primo sonno, senti bussare con forza alla porta e subito dopo, senza aver aperto, si vide davanti il suo compagno, che aveva un aspetto orribile. - Chi sei? - gli chiese. - Non mi riconosci? - rispose l'altro. - Ma come sei così cambiato? Sembri un demonio. - Povero me! - esclamò quell'infelice - sono dannato. - E come? - Sappi che mentre uscivo da quella casa infame venne un demonio e mi soffocò. Il mio corpo è restato in mezzo alla strada e la mia anima sta all'inferno. Sappi che il mio stesso castigo toccava anche a te, ma la beata Vergine te ne ha liberato per quel piccolo omaggio delle tue Ave Maria. Felice te se saprai profittare di questo avvertimento che la Madre di Dio ti manda per mezzo mio! - Ciò detto, il dannato slacciò il suo mantello mostrando le fiamme e i serpenti che lo tormentavano; poi scomparve. Allora il giovane scoppiò in un pianto dirotto e si gettò con la faccia per terra per ringraziare la sua liberatrice Maria e mentre pensava di cambiare vita, sentì suonare il mattutino al monastero dei Francescani. Allora disse tra sé: « Dio mi chiama a far penitenza » e subito andò al convento pregando di essere ricevuto. I religiosi erano riluttanti, poiché conoscevano la sua vita dissoluta, ma egli narrò loro tutto l'accaduto piangendo dirottamente. Allora due padri andarono in quella strada, trovarono il cadavere del compagno soffocato e nero come il carbone, e ricevettero il giovane. Riccardo si diede quindi a una vita esemplare, poi andò nelle Indie a predicare la fede; di là passò in Giappone dove infine ebbe la sorte e la grazia di morire martire per Gesù Cristo, bruciato vivo.
Preghiera
O Maria, madre mia carissima, in quale abisso di mali mi troverei, se con la tua mano pietosa non me ne avessi tante volte preservato? Da quanti anni sarei già nell'inferno, se con le tue potenti preghiere non me ne avessi liberato? I miei gravi peccati là mi cacciavano, la divina giustizia mi ci aveva già condannato, i demoni fremevano impazienti di eseguire la sentenza. Tu accorresti, o Madre, senza essere pregata né invocata da me e mi salvasti. Mia amata liberatrice, che mai ti renderò per tanta grazia e per tanto amore? Poi vincesti la durezza del mio cuore inducendomi ad amarti e a riporre in te la mia fiducia. In quale abisso di mali sarei precipitato se con la tua mano pietosa tu non mi avessi tante volte aiutato nei pericoli in cui sono stato in procinto di cadere! Continua, speranza mia, vita mia, madre mia più cara della mia stessa vita, continua a salvarmi dall'inferno e anzitutto dai peccati in cui posso ricadere. Non permettere che io arrivi a maledirti nell'inferno. Mia diletta Signora, io ti amo. Come potrà la tua bontà sopportare di veder dannato un tuo servo che ti ama? Ottienimi di non essere più ingrato verso dite e verso il mio Dio che per amor tuo mi ha concesso tante grazie. Che mi dici, Maria? Mi dannerò? Mi dannerò se ti abbandono. Ma come potrei più abbandonarti? Come potrei scordarmi dell'amore che mi hai dimostrato? Dopo Dio, sei tu l'amore dell'anima mia. Io non ho la forza di continuare a vivere senza amarti. Ti voglio bene, ti amo e spero di amarti sempre nel tempo e nell'eternità, o creatura la più bella, la più santa, la più dolce, la più amabile che ci sia nell'universo. Amen.
2. Maria soccorre i suoi devoti nel purgatorio
Felici sono i devoti di questa Madre così pietosa, poiché non solo sono da lei soccorsi su questa terra, ma anche nel purgatorio sono assistiti e consolati dalla sua protezione. Anzi, dato che le anime del purgatorio sono le più bisognose di sollievo perché sono le più tormentate e non possono aiutarsi da sé, la nostra Madre di misericordia si prodiga per portare soprattutto ad esse il suo soccorso. San Bernardino da Siena dice che in quel carcere di anime spose di Gesù Cristo, Maria ha pieno dominio per dar loro sollievo e per liberarle dalle loro pene. Maria dà sollievo anzitutto alle anime del purgatorio. Applicando a lei le parole dell'Ecclesiastico: « Sui flutti del mare passeggiai » (Eccli [= Sir] 24,8 Volg.), san Bernardino da Siena aggiunge: « Cioè visitando e soccorrendo nelle necessità e nelle pene i miei devoti, perché sono miei figli ». Il santo dice che le pene del purgatorio sono chiamate « flutti » perché sono transitorie, a differenza di quelle dell'inferno che non passano mai, e sono paragonate ai « flutti del mare », perché sono molto amare. I devoti di Maria afflitti da queste pene sono spesso da lei visitati e confortati. « Vedete dunque, dice il Novarino, quanto importa essere servi della Vergine, poiché ella non li dimentica quando soffrono in mezzo a quelle fiamme e, benché soccorra tutte le anime purganti, tuttavia ottiene sempre più indulgenza e sollievo ai suoi devoti ». La divina Madre rivelò a santa Brigida: «Io sono la madre di tutte le anime che stanno in purgatorio e tutte le pene che esse meritano per le colpe commesse durante la loro vita, in ogni ora per le mie preghiere vengono in qualche modo mitigate». La pietosa Madre non disdegna talvolta di entrare in quella santa prigione per visitare e consolare quelle anime afflitte sue figlie. « Penetrai nelle profondità dell'abisso » (Eccli [= Sir] 24,8 Volg.). San Bonaventura applica a Maria queste parole, aggiungendo: «Dell'abisso, cioè del purgatorio, per dar sollievo con la sua presenza a quelle anime sante». «Quanto grande è la bontà di Maria verso quelli che si trovano nel purgatorio, poiché per suo mezzo essi ricevono continui conforti e refrigeri», dice san Vincenzo Ferreri. Quale altra consolazione hanno nelle loro pene se non Maria e il soccorso di questa Madre di misericordia? Santa Brigida udì un giorno Gesù dire a Maria: « Tu sei mia madre, tu sei la madre della misericordia, tu sei la consolazione di quanti sono in purgatorio ». La beata Vergine stessa disse a santa Brigida: « Come un povero infermo, afflitto e abbandonato nel suo letto, si sente confortato da una parola di consolazione, così le anime del purgatorio si rallegrano al solo udire il mio nome ». Dunque il solo nome di Maria - nome di speranza e di salvezza - che spesso invocano in quel carcere quelle anime sue figlie dilette, è per esse un gran conforto. Dice il Novarino: « L'amorevole Madre, sentendosi invocare da loro, aggiunge le sue preghiere a Dio da cui quelle anime vengono soccorse come da una celeste rugiada che mitiga l'ardore dei loro tormenti ». Maria non solo consola e conforta i suoi devoti nel purgatorio, ma spezza le loro catene e li libera con la sua intercessione. Sin dal giorno della sua gloriosa Assunzione, in cui si dice che « tutto il purgatorio rimase vuoto », come scrive Giovanni Gersone - e lo conferma il Novarino: «Autori degni di fede affermano che Maria, quando stava per andare in cielo, chiese al Figlio la grazia di poter condurre con sé nella gloria tutte le anime che Si trovavano allora in purgatorio»: sin da allora dice Gersone che la beata Vergine ebbe il privilegio di liberare i suoi servi da quelle pene. Lo asserisce anche risolutamente san Bernardino da Siena: « La beata Vergine, con le sue preghiere e anche con l'applicazione dei suoi meriti, ha la facoltà di liberare le anime del purgatorio, e massimamente i suoi devoti». Lo stesso dice il Novarino: « Non stento a credere che per i meriti di Maria le pene di tutte le anime del purgatorio, non solo sono alleviate, ma anche abbreviate, di modo che per intercessione della Vergine si accorcia il tempo della loro espiazione ». Basta che ella preghi. San Pier Damiani racconta che una donna chiamata Marozia, essendo già morta, apparve a una sua comare e le disse che nel giorno dell'Assunzione di Maria era stata da lei liberata dal purgatorio insieme con tante altre anime il cui numero superava quello degli abitanti di Roma. La stessa cosa afferma san Dionisio Cartusiano, dicendo che ogni anno nelle festività della Nascita e della Risurrezione di Gesù Cristo, la beata Vergine, accompagnata da schiere di angeli, scende nel purgatorio e libera molte anime da quelle pene. E il Novarino non esiterebbe a credere che in qualunque festa solenne della santa Vergine molte anime siano liberate dal purgatorio. Ben nota è la promessa che Maria fece al papa Giovanni XXII, quando gli apparve e gli ordinò di far sapere a tutti coloro che avrebbero portato il sacro scapolare del Carmelo, che il sabato dopo la loro morte sarebbero stati liberati dal purgatorio. E quel che il pontefice, come riferisce il padre Crasset, dichiarò nella Bolla da lui pubblicata, che fu poi confermata da Alessandro V, Clemente VII, Pio V, Gregorio XIII e Paolo V, il quale, in una Bolla del 1612, disse: «Il popolo cristiano può piamente credere che la beata Vergine aiuterà con le sue continue intercessioni, con i suoi meriti e la sua protezione speciale dopo la morte e principalmente nel giorno di sabato - che le è consacrato dalla Chiesa - le anime dei fratelli della confraternita di santa Maria del monte Carmelo che saranno uscite da questa vita in stato di grazia, avranno portato lo scapolare osservando la castità secondo il loro stato, e avranno recitato l'officio della Vergine o, se non hanno potuto recitarlo, avranno osservato i digiuni della Chiesa, astenendosi dal mangiare carne il mercoledì, eccettuato il giorno di Natale ». E nell'officio solenne della festa di santa Maria del Carmine si legge che si può credere piamente che la santa Vergine con amore di madre consoli i confratelli del Carmine nel purgatorio e con la sua intercessione li conduca presto nella patria celeste. Perché non dobbiamo sperare anche noi le stesse grazie e favori, se saremo devoti a questa buona Madre? E se la serviremo con speciale amore, perché non possiamo sperare di andare subito dopo la morte in paradiso, senza passare per il purgatorio? È quel che la santa Vergine per mezzo di frate Abondo mandò a dire al beato Godifredo con queste parole: « Di' a fra Godifredo di avanzare sempre nella virtù. Così apparterrà a mio Figlio e a me e quando la sua anima si separerà dal corpo, non lascerò che vada in purgatorio, ma la prenderò e l'offrirò a mio Figlio ». E se desideriamo suffragare le anime sante del purgatorio, rivolgiamoci alla santa Vergine in tutte le nostre preghiere, applicando ad esse specialmente il santo rosario, che apporta loro un grande sollievo, come si legge nel seguente esempio.
Esempio
Il padre Eusebio Nieremberg racconta che nella città di Aragona viveva una fanciulla chiamata Alessandra, nobile e bellissima, che era amata da due giovani. Un giorno, trasportati dalla gelosia, essi si affrontarono in uno scontro e morirono tutti e due. I loro parenti, pieni di collera, uccisero la povera ragazza ritenendola causa di così grave sventura; le tagliarono la testa e la buttarono in un pozzo. Alcuni giorni dopo passa di lì san Domenico che, ispirato dal Signore, si china sul pozzo e dice: «Alessandra, esci fuori!». Ed ecco la testa dell'uccisa esce, si mette sull'orlo del pozzo e chiede a san Domenico di confessarla. Il santo la confessa e poi le dà la comunione, alla presenza di un'immensa folla accorsa stupita. Poi san Domenico ordinò ad Alessandra di dire perché aveva ricevuto quella grazia. La giovane rispose che, quando le era stata tagliata la testa, era in peccato mortale, ma che la santa Vergine per ricompensarla della sua devozione nel recitare il rosario, l'aveva conservata in vita. Per due giorni la testa rimase viva sull'orlo del pozzo a vista di tutti, e dopo l'anima andò in purgatorio. Ma quindici giorni dopo a san Domenico apparve l'anima di Alessandra, bella e risplendente come una stella e gli disse che uno dei principali suffragi che ricevono le anime nelle pene del purgatorio è il rosario che si recita per loro. Quando poi queste anime giungono in paradiso, pregano per quelli che hanno applicato ad esse questa potente preghiera. Dopo di che, san Domenico vide quell'anima fortunata salire giubilante al regno dei beati,
Preghiera
O regina del cielo e della terra, Madre del Signore del mondo, Maria, la più grande, la più eccelsa, la più amabile di tutte le creature, è vero che sulla terra molti non ti amano e non ti conoscono; ma vi sono tanti milioni di angeli e di beati in cielo che ti amano e ti lodano continuamente. Anche in questo mondo quante anime felici ardono d'amore per te e vivono innamorate della tua bontà! Ti amassi anch'io, mia amabile Signora! Pensassi sempre a servirti, a lodarti, ad onorarti e a farti amare da tutti! Con la tua bellezza tu hai conquistato l'amore di un Dio, strappandolo, per così dire, dal seno dell'Eterno Padre, attirandolo sulla terra per farsi uomo e figlio tuo; e io misero verme non ti amerò? No, mia dolce Madre, anch'io voglio amarti' amarti molto e voglio fare tutto ciò che posso per vederti amata anche dagli altri. Gradisci dunque, Maria, questo mio desiderio e aiutami a realizzarlo. Io so che quelli che ti amano sono guardati con compiacimento dal tuo Dio. Dopo la sua gloria egli non desidera altro che la tua gloria nel vederti onorata e amata da tutti. Da te, Signora, io spero ogni mia fortuna. Sei tu che mi devi ottenere il perdono di tutti i miei peccati e la perseveranza; sei tu che mi devi assistere nell'ora della mia morte; sei tu che mi devi far uscire dal purgatorio; sei tu che mi devi condurre in paradiso. Tutto questo sperano da te quelli che ti amano e non restano delusi; tutto questo spero anch'io che ti amo con tutto il cuore e sopra ogni cosa dopo Dio.
3. Maria conduce i suoi servi in paradiso
Che bel segno di predestinazione hanno i servi di Maria! La santa Chiesa applica alla divina Madre e le fa dire a conforto dei suoi devoti queste parole dell'Ecclesiastico: « Fra tutti cercai riposo e dimorerò nell'eredità del Signore » (Eccli [= Sir] 24,11 Volg.). Il cardinale Ugo di san Caro commenta: « Beato colui nella cui casa la beata Vergine avrà trovato riposo »'. Per l'amore che porta a tutti, Maria cerca di far regnare in tutti la devozione verso di lei. Molti o non la ricevono o non la conservano: beato colui che la riceve e la conserva. « E dimorerò nell'eredità del Signore, vale a dire, aggiunge il dotto Paciuchelli, la devozione verso la Vergine dimora in tutti coloro che sono l'eredità del Signore», cioè che staranno in cielo a lodarlo eternamente. Maria seguita a parlare, facendo sue le parole dell'Ecclesiastico nel testo citato: « Colui che mi ha creato si è riposato nel mio tabernacolo e mi ha detto: "Abita in Giacobbe e in Israele abbi la tua eredità, e tra i miei eletti metti radici" » (Eccli [= Sir] 24,12-13 Volg.). Il mio Creatore, ci dice Maria, si è degnato di venire a riposare nel mio seno e ha voluto che io abitassi nei cuori di tutti gli eletti - di cui fu figura Giacobbe e che sono l'eredità della Vergine - e ha disposto che in tutti i predestinati fosse radicata la devozione e la fiducia verso di me. Il cardinale Ugo mètte sulle labbra di Maria queste parole dell'Ecclesiastico: « Io feci sorgere nel cielo una luce indefettibile » (Eccli [= Sir] 24,6 Volg.); ho fatto risplendere in cielo tanti lumi eterni quanti sono i miei devoti. L'autore aggiunge: « Quanti santi non sarebbero ora in cielo, se Maria con la sua potente intercessione non ce li avesse condotti! ». « A tutti coloro che confidano nella protezione di Maria, si aprirà la porta del cielo per riceverli », dice san Bonaventura. Perciò sant'Efrem chiamava la devozione verso la divina Madre « l'entrata della Gerusalemme celeste ». E l'abate Blosio dice alla Vergine: « Signora, a te sono consegnate le chiavi e i tesori del regno dei cieli ». Perciò dobbiamo continuamente pregarla con le parole di sant'Ambrogio: « Aprici, o Vergine, le porte del cielo, poiché ne hai le chiavi », anzi, ne sei la porta, conie ti dice la Chiesa: « lanua caeli, porta del cielo ». La santa Madre è anche chiamata dalla Chiesa stella del mare: « Ave, maris stella ». Infatti, dice san Tommaso, « come i naviganti sono guidati al porto per mezzo della stella, così i cristiani sono guidati al paradiso per mezzo di Maria». Allo stesso modo, san Pier Damiani la chiama « scala del cielo » poiché « per mezzo di Maria Dio è sceso dal cielo in terra, affinché grazie a lei gli uomini meritassero di salire dalla terra al cielo». Sant'Anastasio esclama: « Ave, sei stata ripiena di grazia perché tu fossi la via della nostra salvezza e il cammino per ascendere alla patria celeste ». Perciò san Bernardo chiama la Vergine « veicolo per salire al cielo» e san Giovanni Geometra la saluta: « Salve, nobilissimo cocchio » sul quale i suoi devoti sono condotti in cielo. San Bonaventura dice: « Beati quelli che ti conoscono, o Madre di Dio! Il conoscerti è la strada della vita immortale e il pubblicare le tue virtù è la via della salvezza eterna». Nelle Cronache francescane si narra che fra Leone vide un giorno una scala rossa sopra cui stava Gesù Cristo e una scala bianca sopra cui stava la sua santa Madre. Osservò che alcuni cominciavano a salire la scala rossa ma, dopo pochi gradini, cadevano; ricominciavano a salire e cadevano di nuovo. Esortati ad andare per la scala bianca, li vide salire felicemente, mentre la beata Vergine porgeva loro la mano e così giungevano senza difficoltà in paradiso. San Dionisio Cartusiano domanda: « Chi mai si salva? Chi giunge a regnare in cielo? » e risponde: « Quelli per i quali la regina della misericordia offre le sue preghiere ». Lo afferma Maria stessa: « Per me regnano i re» (Pro 8,15). Per mezzo della mia intercessione le anime regnano prima nella vita mortale su questa terra, dominando le loro passioni; poi vengono a regnare eternamente in cielo dove, dice sant'Agostino: « Quanti sono cittadini, tutti sono re». Maria insomma, è la padrona del paradiso. Applicando a lei le parole dell'Ecclesiastico: « In Gerusalemme è la sede della mia potenza » (Eccli [= Sir] 24,15 Volg.), Riccardo di san Lorenzo le fa dire: « Comando in cielo ciò che voglio e vi introduco quelli che voglio». Poiché ella è la Madre del Signore del paradiso, con ragione, dice Ruperto, è anche la Signora del paradiso. Questa divina Madre, con le sue potenti preghiere e con il suo aiuto, ci ha ottenuto il paradiso, se non vi mettiamo ostacolo, scrive sant'Antonino. Perciò, afferma l'abate Guerrico, « colui che serve Maria e per cui intercede Maria è così sicuro del paradiso come se stesse gia in paradiso ». «Servire Maria e far parte della sua corte, aggiunge san Giovanni Damasceno, è l'onore più grande che possiamo avere, poiché servire la regina del cielo è già regnare in cielo e vivere sotto i suoi comandi è più che regnare. Al contrario, quelli che non servono Maria non si salveranno, poiché coloro che sono privi dell'aiuto di una tale Madre sono abbandonati dal soccorso del Figlio e di tutta la corte celeste». Sempre sia lodata la bontà infinita del nostro Dio che ha costituito in cielo per nostra avvocata Maria, affinché ella, come madre del giudice e madre di misericordia, con la sua intercessione possa trattare efficacemente la causa della nostra salvezza eterna. È questo il pensiero che esprime san Bernardo. E il monaco Giacomo, celebre dottore tra i padri greci, così si rivolge a Dio: « Tu hai stabilito Maria come un ponte di salvezza, per cui facendoci passare sopra le onde di questo mondo, possiamo giungere al tuo porto tranquillo». «Udite, o genti che desiderate il regno di Dio, esclama san Bonaventura, servite e onorate la Vergine Maria e troverete sicuramente la vita eterna». Non debbono disperare di ottenere il regno celeste nemmeno quelli che hanno meritato l'inferno, se si mettono a servire fedelmente la nostra regina. Dice san Germano: « Quanti peccatori hanno cercato di trovare Dio per mezzo tuo, o Maria, e si sono salvati!» Riccardo di san Lorenzo fa notare che, secondo san Giovanni, Maria ha « una corona di dodici stelle sul capo » (Ap 12,1), mentre nel Cantico dei cantici è scritto che la Vergine è coronata di fiere, di leoni, di leopardi: « Vieni dal Libano, mia sposa, vieni dal Libano, vieni; sarai coronata... dalle tane dei leoni, dai monti dei leopardi » (Ct 4,8 Volg.). Che significa ciò? si domanda Riccardo e risponde: « Queste fiere sono i peccatori che per grazia e intercessione di Maria divengono stelle del paradiso, che si addicono come corona alla testa di questa regina di misericordia più di tutte le stelle del cielo». Leggiamo nella Vita di suor Serafina da Capri che un giorno questa serva del Signore, durante la novena dell'Assunzione, mentre pregava la santa Vergine, le chiese la conversione di mille peccatori. Temeva che la sua domanda fosse troppo audace, ma le apparve Maria che dissipò questo suo vano timore dicendole: « Perché temi? Non sono forse abbastanza potente per ottenerti dal Figlio mio la salvezza di mille peccatori? Eccoli, l'ho già ottenuta ». Poi la condusse in spirito in paradiso, dove le mostrò innumerevoli anime di peccatori che avevano meritato l'inferno, ma che per la sua intercessione si erano salvati e già godevano la beatitudine eterna. E’ vero che in questa vita nessuno può essere sicuro della sua salvezza eterna: « Non sa l'uomo se è degno d'amore o di odio, ma tutto è riservato nella sua incertezza al futuro » (Eccle [= Qo] 9,1-2 Volg.). Davide domanda a Dio: « Chi abiterà nella tua tenda? » (Sal 14,1). San Bonaventura risponde: « Peccatori, seguiamo le orme di Maria, buttiamoci ai suoi santi piedi e non la lasciamo finché non avremo meritato di essere benedetti da lei», poiché la sua benedizione ci assicurerà il paradiso. « Signora, le dice sant'Anselmo, basta che tu voglia salvarci e non potremo non essere salvi». Sant'Antonino aggiunge che le anime sulle quali Maria rivolge i suoi occhi necessariamente si salvano e saranno glorificate. La santa Vergine predisse che tutte le generazioni l'avrebbero chiamata beata (Lc 1,48). Con ragione, dice sant'Ildefonso, perché tutti gli eletti ottengono la beatitudine eterna per mezzo di Maria. «Tu, Vergine Madre di Dio, sei il principio, il mezzo e la fine della nostra felicità», esclama san Metodio. Principio, perché Maria ci ottiene il perdono dei peccati; mezzo, perché ci ottiene la perseveranza nella grazia divina; fine, perché alla fine ci ottiene il paradiso. « Grazie a te, prosegue san Bernardo, è stato aperto il cielo; grazie a te si è vuotato l'inferno; grazie a te è stata instaurata la Gerusalemme celeste; grazie a te è stata donata la vita eterna a tanti miserabili che si meritavano la morte eterna » Ma soprattutto deve incoraggiarci a sperare con certezza il paradiso la promessa che fa Maria stessa a quelli che la onorano, specialmente a chi con le parole e con l'esempio si sforza di farla conoscere e onorare anche dagli altri: « Quelli che operano con me non peccheranno. Quelli che mi fanno conoscere avranno la vita eterna » (Eccli [= Sir] 24,30-31 Volg.). Dice san Bonaventura: « Quelli che ottengono il favore di Maria saranno riconosciuti dai cittadini del paradiso come loro compagni; chi porterà l'insegna di servo di Maria sarà iscritto nel libro della vita » A che serve dunque preoccuparsi delle questioni dibattute nelle scuole chiedendosi se la predestinazione alla gloria preceda o segua la previsione dei meriti e se siamo iscritti o no nel libro della vita? Vi saremo iscritti sicuramente se saremo veri servi di Maria e otterremo la sua protezione poiché, come dice san Giovanni Damasceno, Dio non concede la devozione verso la sua santa Madre se non a coloro che vuole salvi. E quel che il Signore fece espressamente intendere attraverso le parole di san Giovanni: «Il vittorioso... scriverò su di lui il nome del mio Dio e il nome della città del mio Dio» (Ap 3,12). Chi vincerà e si salverà porterà scritto nel cuore il nome della città di Dio. E qual è questa città di Dio se non Maria, come spiega san Gregorio commentando il passo di Davide: « Cose stupende si dicono di te, città di Dio » (Sal 86,3). Possiamo dunque dire con san Paolo: « Avendo questo sigillo, Dio conosce quelli che sotio suoi » (2Tm 2,19); chi porta il segno della devozione di Maria, è riconosciuto da Dio come suo. Perciò san Bernardo ha scritto che la devozione alla Madre di Dio « è segno certissimo della salvezza eterna » Il beato Alano, parlando dell'Ave Maria, dice che chi onora spesso la Vergine con la Salutazione Angelica ha un segno molto grande di predestinazione. Altrettanto afferma a proposito dell'abitudine di recitare con perseveranza il santo rosario ogni giorno. Inoltre, scrive il padre Eusebio Nieremberg, i servi della Madre di Dio non solo sono privilegiati e favoriti su questa terra, ma anche in cielo saranno più particolarmente onorati. E aggiunge che essi avranno in cielo una divisa e una livrea speciale, più ricca, che li faranno riconoscere come familiari della regina del cielo e persone della sua corte, secondo quel che è scritto nei Proverbi: « Tutti i suoi domestici hanno doppia veste » (Pro 31,21). Santa Maria Maddalena de' Pazzi vide in mezzo al mare una navicella in cui stavano rifugiati tutti i devoti di Maria che, facendo l'officio di nocchiera, li conduceva felicemente al porto. La santa capì da questa visione che quel che vivono sotto la protezione di Maria, in mezzo a tutii pericoli di questa vita, sono salvati dal naufragio del e della dannazione, perché sono sicuramente guidati da lei al porto del paradiso. Sforziamoci dunque di entrare in questa navicella beata del manto di Maria e rimaniamoci sicuri del regno celeste, poiché la Chiesa canta: « Santa Madre di Dio, tu sei la nostra dimora, come lo sei di tutti i beati », tutti coloro che saranno partecipi del gaudio eterno abitano in te, vivendo sotto la tua protezione.
Esempio
Cesario racconta che un monaco cistercense molto devoto alla Madonna desiderava una visita della sua amata Regina e la pregava continuamente di questo favore. Una notte, uscito in giardino, mentre se ne stava guardando il cielo e sospirava per il desiderio d'incontrare la sua sovrana, vede scendere dal cielo una vergine bella e splendente che gli domanda: « Tommaso, vorresti sentire il mio canto? ». « Certo », rispose. Allora la vergine cantò con tanta dolcezza, che al devoto religioso sembrava di essere in paradiso. Finito il canto, la visione sparì, lasciando in lui un gran desiderio di sapere chi era. Ma ecco apparire un'altra vergine bellissima che gli fece udire il suo canto. Questa volta il monaco non poté trattenersi e le domandò chi fosse. La vergine rispose: « Quella che hai visto poc'anzi era Caterina; io sono Agnese, tutte e due martiri di Gesù Cristo, mandate dalla nostra Signora a consolarti. Ringrazia Maria e preparati a ricevere una grazia maggiore ». Ciò detto scomparve, ma il religioso restò con la grande speranza di vedere finalmente la sua regina. Non s'ingannava, poiché dopo un po' vede una grande luce, sente riempirsi il cuore di una nuova allegrezza, ed ecco in mezzo a quella luce gli si fa vedere la Madre di Dio circondata da angeli, e infinitamente più bella delle altre due sante apparse. « Mio caro servo e figlio, - gli dice - io ho gradito la tua fedeltà nel servirmi e ho esaudito le tue preghiere. Hai desiderato vedermi; eccomi e voglio anche farti sentire il mio canto ». La santa Vergine cominciò a cantare con tanta dolcezza, che il devoto religioso perse i sensi e cadde con la faccia contro terra. Suonò il mattutino; i monaci si riunirono e, non vedendo Tommaso, andarono a cercarlo nella cella e in altri luoghi. Finalmente lo trovarono in giardino come morto. Il superiore gli ordinò di dire quel che gli era accaduto e allora egli, rientrando in sé in virtù dell'ubbidienza, raccontò tutti i favori della divina Madre.
Preghiera
O regina del paradiso, madre del santo amore, poiché fra tutte le creature sei la più amabile, la più amata da Dio e quella che più lo ama, lascia che ti ami pure il più ingrato e misero peccatore della terra il quale, vedendosi liberato dall'inferno per mezzo tuo e senza alcun merito così beneficato da te, si è acceso d'amore per la tua bontà e ha posto in te tutte le sue speranze. Io ti amo, mia Regina, e vorrei amarti più di quanto ti hanno amato i santi più devoti a te. Vorrei, se potessi, far conoscere a tutti gli uomini che non ti conoscono, quanto sei degna di essere amata, affinché tutti ti amassero e ti onorassero. Vorrei perfino morire per amor tuo difendendo la tua verginità, la tua dignità di Madre di Dio, la tua Immacolata Concezione, se per difendere questi tuoi privilegi dovessi morire. Madre mia dilettissima, gradisci il mio affetto e non permettere che un tuo servo che ti ama divenga mai nemico del tuo Dio che tu ami tanto. Misero me! Tale sono stato un tempo, quando offendevo il mio Signore. Ma allora, o Maria, non ti amavo e poco cercavo di essere amato da te. Ora però non desidero altro, dopo la grazia di Dio, che di amarti e di essere amato da te. Non mi fanno dubitare di ottenere tali grazie le mie colpe passate, poiché so che tu, benigna e grata Regina, non disdegni di amare nemmeno i più miserabili peccatori che ti amano; anzi, non ti lasci superare in amore da nessuno. Mia amabile sovrana, io voglio venire ad amarti in paradiso. Quando vi sarò giunto, inginocchiato ai tuoi piedi, capirò meglio quanto sei amabile e quanto hai fatto per salvarmi; perciò ti amerò con amore ancora più grande, ti amerò eternamente, senza timore di cessare mai di amarti. Maria, ho la ferma speranza di salvarmi per mezzo tuo. Prega Gesù per me. Questo basta; sei tu che mi devi salvare, sei tu la mia speranza. Andrò dunque sempre cantando: Maria, speranza mia, tu mi devi salvare.
7-20 Giugno 15, 1906 Tutta la Vita Divina riceve vita dall’Amore.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Dopo avere molto stentato, il mio benedetto Gesù alla sfuggita è venuto e mi ha detto:
(2) “Figlia mia, tutta la vita divina si può dire che riceve vita dall’amore: L’amore la fa generare, l’amore la fa produrre, l’amore la fa creare, l’amore la fa conservare e dà continua vita a tutte le sue operazioni, sicché se non avesse amore, non opererebbe o non avrebbe vita. Or, le creature non sono altro che scintille uscite dal gran fuoco d’amore, Iddio, e la loro vita riceve vita ed attitudine d’operare da questo scintilla, sicché anche la vita umana riceve vita dall’amore; però non tutti se ne servono per amare ed operare il bello, il buono, il tutto, ma trasformano questa scintilla: Chi in amare sé stesso, chi le creature, chi le ricchezze, e chi finanche le bestie, con sommo dispiacere del loro Creatore, che avendo spiccate queste scintille dal suo gran fuoco, agogna di riceverle tutte in Sé un’altra volta, più ingrandite, come altrettante immagini della sua Vita Divina; pochi sono quelli che corrispondono all’imitazione del loro Creatore. Perciò diletta mia amami, e fa che anche il tuo respiro sia un continuo atto d’amore per Me, per far che di questa scintilla si possa formare un piccolo incendio, e così dare sfogo all’amore del tuo Creatore”.