Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Nella vita spirituale si deve camminare senza cercare tante sottigliezze. (San Francesco di Sales)

Liturgia delle Ore - Letture

Giovedi della 10° settimana del tempo ordinario

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 15

1Al mattino i sommi sacerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenuto consiglio, misero in catene Gesù, lo condussero e lo consegnarono a Pilato.2Allora Pilato prese a interrogarlo: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici".3I sommi sacerdoti frattanto gli muovevano molte accuse.4Pilato lo interrogò di nuovo: "Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accusano!".5Ma Gesù non rispose più nulla, sicché Pilato ne restò meravigliato.
6Per la festa egli era solito rilasciare un carcerato a loro richiesta.7Un tale chiamato Barabba si trovava in carcere insieme ai ribelli che nel tumulto avevano commesso un omicidio.8La folla, accorsa, cominciò a chiedere ciò che sempre egli le concedeva.9Allora Pilato rispose loro: "Volete che vi rilasci il re dei Giudei?".10Sapeva infatti che i sommi sacerdoti glielo avevano consegnato per invidia.11Ma i sommi sacerdoti sobillarono la folla perché egli rilasciasse loro piuttosto Barabba.12Pilato replicò: "Che farò dunque di quello che voi chiamate il re dei Giudei?".13Ed essi di nuovo gridarono: "Crocifiggilo!".14Ma Pilato diceva loro: "Che male ha fatto?". Allora essi gridarono più forte: "Crocifiggilo!".15E Pilato, volendo dar soddisfazione alla moltitudine, rilasciò loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.

16Allora i soldati lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la coorte.17Lo rivestirono di porpora e, dopo aver intrecciato una corona di spine, gliela misero sul capo.18Cominciarono poi a salutarlo: "Salve, re dei Giudei!".19E gli percuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegando le ginocchia, si prostravano a lui.20Dopo averlo schernito, lo spogliarono della porpora e gli rimisero le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo.

21Allora costrinsero un tale che passava, un certo Simone di Cirene che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e Rufo, a portare la croce.22Condussero dunque Gesù al luogo del Gòlgota, che significa luogo del cranio,23e gli offrirono vino mescolato con mirra, ma egli non ne prese.

24Poi lo crocifissero 'e si divisero le' sue 'vesti, tirando a sorte su di esse' quello che ciascuno dovesse prendere.25Erano le nove del mattino quando lo crocifissero.26E l'iscrizione con il motivo della condanna diceva: 'Il re dei Giudei'.27Con lui crocifissero anche due ladroni, uno alla sua destra e uno alla sinistra.28.

29I passanti lo insultavano e, 'scuotendo il capo', esclamavano: "Ehi, tu che distruggi il tempio e lo riedifichi in tre giorni,30salva te stesso scendendo dalla croce!".31Ugualmente anche i sommi sacerdoti con gli scribi, facendosi beffe di lui, dicevano: "Ha salvato altri, non può salvare se stesso!32Il Cristo, il re d'Israele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo". E anche quelli che erano stati crocifissi con lui lo insultavano.

33Venuto mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra, fino alle tre del pomeriggio.34Alle tre Gesù gridò con voce forte: 'Eloì, Eloì, lemà sabactàni?', che significa: 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?'35Alcuni dei presenti, udito ciò, dicevano: "Ecco, chiama Elia!".36Uno corse a inzuppare di 'aceto' una spugna e, postala su una canna, gli 'dava da bere', dicendo: "Aspettate, vediamo se viene Elia a toglierlo dalla croce".37Ma Gesù, dando un forte grido, spirò.
38Il velo del tempio si squarciò in due, dall'alto in basso.
39Allora il centurione che gli stava di fronte, vistolo spirare in quel modo, disse: "Veramente quest'uomo era Figlio di Dio!".

40C'erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di ioses, e Salome,41che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme.

42Sopraggiunta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato,43Giuseppe d'Arimatéa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anche lui il regno di Dio, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù.44Pilato si meravigliò che fosse già morto e, chiamato il centurione, lo interrogò se fosse morto da tempo.45Informato dal centurione, concesse la salma a Giuseppe.46Egli allora, comprato un lenzuolo, lo calò giù dalla croce e, avvoltolo nel lenzuolo, lo depose in un sepolcro scavato nella roccia. Poi fece rotolare un masso contro l'entrata del sepolcro.47Intanto Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano ad osservare dove veniva deposto.


Esodo 21

1Queste sono le norme che tu esporrai loro.
2Quando tu avrai acquistato uno schiavo ebreo, egli ti servirà per sei anni e nel settimo potrà andarsene libero, senza riscatto.3Se è entrato solo, uscirà solo; se era coniugato, sua moglie se ne andrà con lui.4Se il suo padrone gli ha dato moglie e questa gli ha partorito figli o figlie, la donna e i suoi figli saranno proprietà del padrone ed egli se ne andrà solo.5Ma se lo schiavo dice: Io sono affezionato al mio padrone, a mia moglie, ai miei figli; non voglio andarmene in libertà,6allora il suo padrone lo condurrà davanti a Dio, lo farà accostare al battente o allo stipite della porta e gli forerà l'orecchio con la lesina; quegli sarà suo schiavo per sempre.
7Quando un uomo venderà la figlia come schiava, essa non se ne andrà come se ne vanno gli schiavi.8Se essa non piace al padrone, che così non se la prende come concubina, la farà riscattare. Comunque egli non può venderla a gente straniera, agendo con frode verso di lei.9Se egli la vuol dare come concubina al proprio figlio, si comporterà nei suoi riguardi secondo il diritto delle figlie.10Se egli ne prende un'altra per sé, non diminuirà alla prima il nutrimento, il vestiario, la coabitazione.11Se egli non fornisce a lei queste cose, essa potrà andarsene, senza che sia pagato il prezzo del riscatto.
12Colui che colpisce un uomo causandone la morte, sarà messo a morte.13Però per colui che non ha teso insidia, ma che Dio gli ha fatto incontrare, io ti fisserò un luogo dove potrà rifugiarsi.14Ma, quando un uomo attenta al suo prossimo per ucciderlo con inganno, allora lo strapperai anche dal mio altare, perché sia messo a morte.
15Colui che percuote suo padre o sua madre sarà messo a morte.
16Colui che rapisce un uomo e lo vende, se lo si trova ancora in mano a lui, sarà messo a morte.
17Colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte.
18Quando alcuni uomini rissano e uno colpisce il suo prossimo con una pietra o con il pugno e questi non è morto, ma debba mettersi a letto,19se poi si alza ed esce con il bastone, chi lo ha colpito sarà ritenuto innocente, ma dovrà pagare il riposo forzato e procurargli le cure.
20Quando un uomo colpisce con il bastone il suo schiavo o la sua schiava e gli muore sotto le sue mani, si deve fare vendetta.21Ma se sopravvive un giorno o due, non sarà vendicato, perché è acquisto del suo denaro.
22Quando alcuni uomini rissano e urtano una donna incinta, così da farla abortire, se non vi è altra disgrazia, si esigerà un'ammenda, secondo quanto imporrà il marito della donna, e il colpevole pagherà attraverso un arbitrato.23Ma se segue una disgrazia, allora pagherai vita per vita:24occhio per occhio, dente per dente, mano per mano, piede per piede,25bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, livido per livido.
26Quando un uomo colpisce l'occhio del suo schiavo o della sua schiava e lo acceca, gli darà la libertà in compenso dell'occhio.27Se fa cadere il dente del suo schiavo o della sua schiava, gli darà la libertà in compenso del dente.
28Quando un bue cozza con le corna contro un uomo o una donna e ne segue la morte, il bue sarà lapidato e non se ne mangerà la carne. Però il proprietario del bue è innocente.
29Ma se il bue era solito cozzare con le corna già prima e il padrone era stato avvisato e non lo aveva custodito, se ha causato la morte di un uomo o di una donna, il bue sarà lapidato e anche il suo padrone dev'essere messo a morte.30Se invece gli viene imposta una compensazione, egli pagherà il riscatto della propria vita, secondo quanto gli verrà imposto.31Se cozza con le corna contro un figlio o se cozza contro una figlia, si procederà nella stessa maniera.
32Se il bue colpisce con le corna uno schiavo o una schiava, si pagheranno al padrone trenta sicli d'argento e il bue sarà lapidato.
33Quando un uomo lascia una cisterna aperta oppure quando un uomo scava una cisterna e non la copre, se vi cade un bue o un asino,34il proprietario della cisterna deve dare l'indennizzo: verserà il denaro al padrone della bestia e l'animale morto gli apparterrà.
35Quando il bue di un uomo cozza contro il bue del suo prossimo e ne causa la morte, essi venderanno il bue vivo e se ne divideranno il prezzo; si divideranno anche la bestia morta.36Ma se è notorio che il bue cozzava già prima e il suo padrone non lo ha custodito, egli dovrà dare come indennizzo bue per bue e la bestia morta gli apparterrà.
37Quando un uomo ruba un bue o un montone e poi lo scanna o lo vende, darà come indennizzo cinque capi di grosso bestiame per il bue e quattro capi di bestiame per il montone.


Siracide 13

1Chi maneggia la pece si sporca,
chi frequenta il superbo diviene simile a lui.
2Non portare un peso troppo grave,
non associarti ad uno più forte e più ricco di te.
Come una pentola di coccio farà società con una caldaia?
Questa l'urterà e quella andrà in frantumi.
3Il ricco commette ingiustizia e per di più grida
forte,
il povero riceve ingiustizia e per di più deve scusarsi.
4Se puoi essergli utile, approfitterà di te;
se hai bisogno, ti abbandonerà.
5Se possiedi, vivrà con te;
ti spoglierà e non ne avrà alcuna pena.
6Ha bisogno di te? Ti imbroglierà, ti sorriderà
e ti darà una speranza, ti rivolgerà belle parole
e domanderà: "Di che cosa hai bisogno?".
7Ti farà arrossire con i suoi banchetti,
finché non ti avrà spremuto due o tre volte.
Alla fine ti deriderà; poi vedendoti ti eviterà
e scuoterà il capo davanti a te.
8Sta' attento a non lasciarti imbrogliare
né umiliare per la tua stoltezza.
9Quando un potente ti chiama, allontànati;
egli ti chiamerà sempre di più.
10Non essere invadente per non essere respinto,
ma non allontanarti troppo per non essere dimenticato.
11Non credere di trattare alla pari con lui
e non fidarti delle sue molte parole;
12con la sua molta loquacità ti metterà alla prova
e quasi sorridendo ti esaminerà.
13Spietato chi non mantiene le parole,
non ti risparmierà maltrattamenti e catene.
14Guardati e sta' attento,
perché cammini insieme alla tua rovina.
15Ogni creatura vivente ama il suo simile,
ogni uomo il suo vicino.
16Ogni essere si accoppia secondo la sua specie;
l'uomo si associa a chi gli è simile.
17Che cosa vi può essere in comune tra il lupo e
l'agnello?
Lo stesso accade fra il peccatore e il pio.
18Quale pace può esservi fra la iena e il cane?
Quale intesa tra il ricco e il povero?
19Sono preda dei leoni gli ònagri nel deserto;
così pascolo dei ricchi sono i poveri.
20La condizione umile è in abominio al superbo,
così il povero è in abominio al ricco.
21Se il ricco vacilla, è sostenuto dagli amici;
se il povero cade, anche dagli amici è respinto.
22Se cade il ricco, molti lo aiutano;
dice cose insulse? Eppure lo si felicita.
Se cade il povero, lo si rimprovera;
se dice cose assennate, non ci si bada.
23Parla il ricco, tutti tacciono
ed esaltano fino alle nuvole il suo discorso.
Parla il povero e dicono: "Chi è costui?".
Se inciampa, l'aiutano a cadere.
24La ricchezza è buona, se è senza peccato;
la povertà è cattiva a detta dell'empio.
25Il cuore dell'uomo cambia il suo volto
o in bene o in male.
26Indice di un cuore buono è una faccia gioiosa,
ma la scoperta di proverbi è un lavoro ben faticoso.


Salmi 33

1Esultate, giusti, nel Signore;
ai retti si addice la lode.
2Lodate il Signore con la cetra,
con l'arpa a dieci corde a lui cantate.
3Cantate al Signore un canto nuovo,
suonate la cetra con arte e acclamate.

4Poiché retta è la parola del Signore
e fedele ogni sua opera.
5Egli ama il diritto e la giustizia,
della sua grazia è piena la terra.
6Dalla parola del Signore furono fatti i cieli,
dal soffio della sua bocca ogni loro schiera.
7Come in un otre raccoglie le acque del mare,
chiude in riserve gli abissi.

8Tema il Signore tutta la terra,
tremino davanti a lui gli abitanti del mondo,
9perché egli parla e tutto è fatto,
comanda e tutto esiste.
10Il Signore annulla i disegni delle nazioni,
rende vani i progetti dei popoli.
11Ma il piano del Signore sussiste per sempre,
i pensieri del suo cuore per tutte le generazioni.

12Beata la nazione il cui Dio è il Signore,
il popolo che si è scelto come erede.
13Il Signore guarda dal cielo,
egli vede tutti gli uomini.
14Dal luogo della sua dimora
scruta tutti gli abitanti della terra,
15lui che, solo, ha plasmato il loro cuore
e comprende tutte le loro opere.

16Il re non si salva per un forte esercito
né il prode per il suo grande vigore.
17Il cavallo non giova per la vittoria,
con tutta la sua forza non potrà salvare.
18Ecco, l'occhio del Signore veglia su chi lo teme,
su chi spera nella sua grazia,
19per liberarlo dalla morte
e nutrirlo in tempo di fame.

20L'anima nostra attende il Signore,
egli è nostro aiuto e nostro scudo.
21In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome.
22Signore, sia su di noi la tua grazia,
perché in te speriamo.


Isaia 6

1Nell'anno in cui morì il re Ozia, io vidi il Signore seduto su un trono alto ed elevato; i lembi del suo manto riempivano il tempio.2Attorno a lui stavano dei serafini, ognuno aveva sei ali; con due si copriva la faccia, con due si copriva i piedi e con due volava.3Proclamavano l'uno all'altro:

"Santo, santo, santo è il Signore degli eserciti.
Tutta la terra è piena della sua gloria".

4Vibravano gli stipiti delle porte alla voce di colui che gridava, mentre il tempio si riempiva di fumo.5E dissi:

"Ohimè! Io sono perduto,
perché un uomo dalle labbra impure io sono
e in mezzo a un popolo
dalle labbra impure io abito;
eppure i miei occhi hanno visto
il re, il Signore degli eserciti".

6Allora uno dei serafini volò verso di me; teneva in mano un carbone ardente che aveva preso con le molle dall'altare.7Egli mi toccò la bocca e mi disse:

"Ecco, questo ha toccato le tue labbra,
perciò è scomparsa la tua iniquità
e il tuo peccato è espiato".
8Poi io udii la voce del Signore che diceva: "Chi manderò e chi andrà per noi?". E io risposi: "Eccomi, manda me!".9Egli disse: "Va' e riferisci a questo popolo:

Ascoltate pure, ma senza comprendere,
osservate pure, ma senza conoscere.
10Rendi insensibile il cuore di questo popolo,
fallo duro d'orecchio e acceca i suoi occhi
e non veda con gli occhi
né oda con gli orecchi
né comprenda con il cuore
né si converta in modo da esser guarito".

11Io dissi: "Fino a quando, Signore?". Egli rispose:

"Finché non siano devastate
le città, senza abitanti,
le case senza uomini
e la campagna resti deserta e desolata".
12Il Signore scaccerà la gente
e grande sarà l'abbandono nel paese.
13Ne rimarrà una decima parte,
ma di nuovo sarà preda della distruzione
come una quercia e come un terebinto,
di cui alla caduta resta il ceppo.
Progenie santa sarà il suo ceppo.


Atti degli Apostoli 21

1Appena ci fummo separati da loro, salpammo e per la via diretta giungemmo a Cos, il giorno seguente a Rodi e di qui a Pàtara.2Trovata qui una nave che faceva la traversata per la Fenicia, vi salimmo e prendemmo il largo.3Giunti in vista di Cipro, ce la lasciammo a sinistra e, continuando a navigare verso la Siria, giungemmo a Tiro, dove la nave doveva scaricare.4Avendo ritrovati i discepoli, rimanemmo colà una settimana, ed essi, mossi dallo Spirito, dicevano a Paolo di non andare a Gerusalemme.5Ma quando furon passati quei giorni, uscimmo e ci mettemmo in viaggio, accompagnati da tutti loro con le mogli e i figli sin fuori della città. Inginocchiati sulla spiaggia pregammo, poi ci salutammo a vicenda;6noi salimmo sulla nave ed essi tornarono alle loro case.7Terminata la navigazione, da Tiro approdammo a Tolemàide, dove andammo a salutare i fratelli e restammo un giorno con loro.
8Ripartiti il giorno seguente, giungemmo a Cesarèa; ed entrati nella casa dell'evangelista Filippo, che era uno dei Sette, sostammo presso di lui.9Egli aveva quattro figlie nubili, che avevano il dono della profezia.10Eravamo qui da alcuni giorni, quando giunse dalla Giudea un profeta di nome Àgabo.11Egli venne da noi e, presa la cintura di Paolo, si legò i piedi e le mani e disse: "Questo dice lo Spirito Santo: l'uomo a cui appartiene questa cintura sarà legato così dai Giudei a Gerusalemme e verrà quindi consegnato nelle mani dei pagani".12All'udir queste cose, noi e quelli del luogo pregammo Paolo di non andare più a Gerusalemme.13Ma Paolo rispose: "Perché fate così, continuando a piangere e a spezzarmi il cuore? Io sono pronto non soltanto a esser legato, ma a morire a Gerusalemme per il nome del Signore Gesù".14E poiché non si lasciava persuadere, smettemmo di insistere dicendo: "Sia fatta la volontà del Signore!".

15Dopo questi giorni, fatti i preparativi, salimmo verso Gerusalemme.16Vennero con noi anche alcuni discepoli da Cesarèa, i quali ci condussero da un certo Mnasóne di Cipro, discepolo della prima ora, dal quale ricevemmo ospitalità.
17Arrivati a Gerusalemme, i fratelli ci accolsero festosamente.18L'indomani Paolo fece visita a Giacomo insieme con noi: c'erano anche tutti gli anziani.19Dopo aver rivolto loro il saluto, egli cominciò a esporre nei particolari quello che Dio aveva fatto tra i pagani per mezzo suo.20Quand'ebbero ascoltato, essi davano gloria a Dio; quindi dissero a Paolo: "Tu vedi, o fratello, quante migliaia di Giudei sono venuti alla fede e tutti sono gelosamente attaccati alla legge.21Ora hanno sentito dire di te che vai insegnando a tutti i Giudei sparsi tra i pagani che abbandonino Mosè, dicendo di non circoncidere più i loro figli e di non seguire più le nostre consuetudini.22Che facciamo? Senza dubbio verranno a sapere che sei arrivato.23Fa' dunque quanto ti diciamo: vi sono fra noi quattro uomini che hanno un voto da sciogliere.24Prendili con te, compi la purificazione insieme con loro e paga tu la spesa per loro perché possano radersi il capo. Così tutti verranno a sapere che non c'è nulla di vero in ciò di cui sono stati informati, ma che invece anche tu ti comporti bene osservando la legge.25Quanto ai pagani che sono venuti alla fede, noi abbiamo deciso ed abbiamo loro scritto che si astengano dalle carni offerte agli idoli, dal sangue, da ogni animale soffocato e dalla impudicizia".
26Allora Paolo prese con sé quegli uomini e il giorno seguente, fatta insieme con loro la purificazione, entrò nel tempio per comunicare il compimento dei giorni della purificazione, quando sarebbe stata presentata l'offerta per ciascuno di loro.

27Stavano ormai per finire i sette giorni, quando i Giudei della provincia d'Asia, vistolo nel tempio, aizzarono tutta la folla e misero le mani su di lui gridando:28"Uomini d'Israele, aiuto! Questo è l'uomo che va insegnando a tutti e dovunque contro il popolo, contro la legge e contro questo luogo; ora ha introdotto perfino dei Greci nel tempio e ha profanato il luogo santo!".29Avevano infatti veduto poco prima Tròfimo di Èfeso in sua compagnia per la città, e pensavano che Paolo lo avesse fatto entrare nel tempio.30Allora tutta la città fu in subbuglio e il popolo accorse da ogni parte. Impadronitisi di Paolo, lo trascinarono fuori del tempio e subito furono chiuse le porte.31Stavano già cercando di ucciderlo, quando fu riferito al tribuno della coorte che tutta Gerusalemme era in rivolta.32Immediatamente egli prese con sé dei soldati e dei centurioni e si precipitò verso i rivoltosi. Alla vista del tribuno e dei soldati, cessarono di percuotere Paolo.33Allora il tribuno si avvicinò, lo arrestò e ordinò che fosse legato con due catene; intanto s'informava chi fosse e che cosa avesse fatto.34Tra la folla però chi diceva una cosa, chi un'altra. Nell'impossibilità di accertare la realtà dei fatti a causa della confusione, ordinò di condurlo nella fortezza.35Quando fu alla gradinata, dovette essere portato a spalla dai soldati a causa della violenza della folla.36La massa della gente infatti veniva dietro, urlando: "A morte!".
37Sul punto di esser condotto nella fortezza, Paolo disse al tribuno: "Posso dirti una parola?". "Conosci il greco?, disse quello,38Allora non sei quell'Egiziano che in questi ultimi tempi ha sobillato e condotto nel deserto i quattromila ribelli?".39Rispose Paolo: "Io sono un Giudeo di Tarso di Cilicia, cittadino di una città non certo senza importanza. Ma ti prego, lascia che rivolga la parola a questa gente".40Avendo egli acconsentito, Paolo, stando in piedi sui gradini, fece cenno con la mano al popolo e, fattosi un grande silenzio, rivolse loro la parola in ebraico dicendo:


Capitolo XXXVIII: Il buon governo di sé nelle cose esterne e il ricorso a Dio nei pericolo

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1. O figlio, tu devi attentamente mirare a questo, che dappertutto, e in qualunque azione ed occupazione esterna, tu rimanga interiormente libero e padrone di te; che le cose siano tutte sotto di te, e non tu sotto di esse. Cosicché tu abbia a dominare e governare i tuoi atti, e tu non sia come un servo o mercenario, ma tu sia libero veramente come l'ebreo, che passa dalla servitù alla condizione di erede e alla libertà dei figli di Dio. I figli di Dio stanno al di sopra delle cose di questo mondo, e tengono gli occhi fissi all'eterno; guardano con l'occhio sinistro le cose che passano, e con il destro le cose del cielo; infine non sono attratti, così da attaccarvisi, dalle cose di questo tempo, ma traggono le cose a sé, perché servano al bene, così come sono state disposte da Dio e istituite dal sommo artefice. Il quale nulla lascia, in alcuna sua creatura, che non abbia il suo giusto posto.

2. Se, di fronte a qualunque avvenimento, non ti fermerai all'apparenza esterna e non apprezzerai con occhio carnale tutto ciò che vedi ed ascolti; se, all'incontro, in ogni questione, entrerai subito, come Mosè, sotto la tenda, per avere consiglio dal Signore, udrai talvolta la risposta di Dio, e ne uscirai istruito su molte cose di oggi e del futuro. Era solito Mosè ritornare alla sua tenda, per dubbi e quesiti da risolvere; era solito rifugiarsi nella preghiera, per alleviare i pericoli e le perversità degli uomini. Così anche tu devi rifugiarti nel segreto del tuo cuore, implorando con tanta intensità l'aiuto divino. Che se - come si legge - Giosuè e i figli di Israele furono raggirati dai Gabaoniti, fu proprio perché non chiesero prima il responso del Signore; ma, facendo troppo affidamento su questi allettanti discorsi, furono traditi da una falsa benevolenza.


DISCORSO 159/B DISCORSO DI SANT'AGOSTINO SULLE PAROLE DELL'APOSTOLO: O PROFONDITÀ DELLE RICCHEZZE DELLA SAPIENZA E SCIENZA DI DIO! E SUL SALMO 59: DIO, TU CI HAI RESPINTI, CI HAI ABBATTUTI; TI SEI SDEGNATO, MA CI HAI USATO MISERICORDIA; E SUL SALMO 118: BUON PER ME SE SONO STATO UMILIATO: COSÌ IMPARO LE VIE DELLA TUA GIUSTIZIA 1

Discorsi - Sant'Agostino

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Le ricchezze della sapienza e scienza di Dio.

1. Le divine Scritture, che sono il nostro alimento spirituale, richiamano la nostra attenzione su ciò che dobbiamo porgere a voi così desiderosi nell'attesa, cioè su quanto dobbiamo attingere dalla dispensa del Signore, di cui siamo amministratori, per offrirlo alla vostra fame. Ci è stato proclamato il testo dell'Apostolo che insieme a noi la vostra santità ben ricorda. Ecco le sue parole: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono inscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie! Infatti chi ha mai conosciuto la mente del Signore? o chi è stato il suo consigliere? o chi ha prima dato a lui perché gli si debba restituire il contraccambio? Poiché da lui e per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen 2. L'Apostolo esce in questa esclamazione e, come spaventato dalla profondità dei giudizi di Dio, dice: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio!, perché prima aveva asserito: Dio racchiuse tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia. Dunque, dopo aver detto: Dio racchiuse tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia 3 (è effettivamente di una, diciamo pure, profondità insondabile il fatto che gli uomini siano stati costituiti rei in modo palese nella propria coscienza, affinchè, confessando le proprie colpe, si potesse venire loro in soccorso!), ora esclama: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! 4 Dove troviamo questa profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio? Nell'avere egli racchiuso tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia 5. Sotto quale peccato? Quello dell'incredulità. Egli infatti usa proprio questa parola: Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia. Ci assista dunque lo stesso Signore Dio nostro, del quale l'Apostolo lodando le ricchezze, esce in quella esclamazione; e si degni di accordarci almeno una particella della sua ricchezza imperscrutabile e profonda. Egli ci conceda di poter parlare in qualche modo di ciò che sentiamo essere inesprimibile, non per spiegarvelo ma per inculcarvelo come inesprimibile. Sembra infatti che persino l'Apostolo, per la propria umana limitatezza, sia stato, direi, incapace di esprimere quanto con gioia aveva potuto contemplare. Aveva visto un qualcosa che la lingua non era in grado di spiegare; aveva ammirato col cuore cose che a parole non riusciva a narrare, sicchè, volendo dirigere la nostra attenzione su ciò che aveva visto, non trovò altro modo che uscire in una esclamazione che elevasse i nostri cuori: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! 6 Ascoltandolo, i nostri cuori si sarebbero non diretti alla bocca del fragile dispensatore, incapace di spiegare quelle ricchezze, ma innalzati a colui le cui ricchezze lo avevano fatto gridare di gioia. La stessa cosa ci proponiamo di fare noi secondo le nostre possibilità: anche noi intendiamo indirizzare i vostri cuori a colui al quale tutti apparteniamo, a quell'unico maestro alla cui scuola siamo tutti condiscepoli. Lì è la ricchezza di Dio, lì è la profondità di questa ricchezza, lì sono i suoi giudizi inscrutabili e le sue vie impenetrabili 7, poiché egli ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia 8.


La miseria dell’umanità peccatrice.

2. Chi ha racchiuso tutti nell'incredulità sembra mosso dall'ira, ma chi usa misericordia con tutti ha certamente l'animo mite. Perciò il detto dell'Apostolo concorda col salmo: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti; ti sei adirato ma hai avuto pietà di noi 9. Considera come egli sia adirato e come usi misericordia: Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia 10. Cosa volle fare il Signore nostro Dio? In un primo tempo adirarsi, respingere, umiliare; in seguito soccorrere, richiamare chi gli si era ribellato, esaudire chi si era nuovamente rivolto a lui; aiutare chi aveva esaudito, trasformare chi aveva aiutato, coronare chi aveva trasformato. Metti insieme le altre testimonianze scritturali. Ecco la voce di uno che vive e si affatica sulla terra. È la voce di Adamo, la voce dell'intero genere umano: di quel genere umano che non fu abbandonato dal secondo Adamo che venne dal cielo affinchè gli uomini, originariamente terreni, in seguito divenissero celesti 11. Terreni perché umiliati, perché abbattuti, perché cacciati fuori; ma celesti perché colui che ci aveva cacciati e abbattuti e umiliati ebbe compassione di noi 12. Ascoltiamo dunque la voce del medesimo uomo che altrove dice: Prima di essere umiliato io ho peccato. Gemendo nella sua abiezione, egli riconosce il suo peccato; attribuisce a sé la colpa, a Dio la giustizia. Cosa dice infatti? Prima di essere umiliato (questa è la pena inflitta da Dio) io ho peccato 13. Ecco cosa dice. Non deve in alcun modo sembrare che Dio nell'umiliarmi sia stato ingiusto: prima c'è stata la mia colpa e dopo è venuta la mia umiliazione. Giudice giusto è pertanto il Signore mio Dio 14: non mi sarebbe infatti toccata l'umiliazione se prima non avessi peccato. Ma poiché proprio la sua umiliazione potrebbe apparire come un gesto di collera da parte di Dio giudice, mentre è un tratto di misericordia, ascolta ciò che altrove dice lo stesso salmo: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così io imparo le vie della tua giustizia 15. Badate, carissimi, a quel che dice: Prima di essere umiliato io ho peccato. Appare come uno che gema nella pena, sospiri nei ceppi, mediante la confessione cerchi nella sua condizione di mortalità e miseria umana l'aiuto di colui che aveva offeso col peccato. Questo infatti indicano le parole: Prima di essere umiliato io ho peccato 16. Mio Dio - sembra dire - non attribuisco a te la mia umiliazione; sono stato io a compiere ciò che è male 17, tu hai operato secondo giustizia.

Dio umilia per salvare.

3. S'accordano con queste parole le altre che abbiamo cantato. Infatti chi dice: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti 18, è lo stesso che dice: Prima di essere umiliato io ho peccato 19. Hai ascoltato che Dio l'ha respinto, hai ascoltato che Dio lo ha abbattuto, cioè dalla sua altezza lo ha prostrato a terra. Lo hai ascoltato. Ora cerca il motivo per cui Dio ha fatto questo. Dice: Prima di essere umiliato io ho peccato. Hai ascoltato come in precedenza ci sia stato il tuo peccato e solo in seguito sia intervenuta la giustizia di Dio; ascolta ora come la stessa giustizia di Dio, che ti ha umiliato, non rivela solamente la severità del giudice giusto ma anche la clemenza di colui che usa misericordia. Dice infatti quanto sopra vi citavo, e cioè: Buon per me che tu mi abbia umiliato; così io imparo le vie della tua giustizia 20. Che diremmo dunque, fratelli miei? Quando Dio umiliava, era adirato o mosso da compassione? Se dall'umiliazione non avessimo ricavato alcun vantaggio, la cosa si potrebbe ascrivere a eccesso di severità da parte di Dio: nel qual caso tuttavia in nessun modo potremmo certo accusarlo di ingiustizia. Sconti pure il peccatore quanto si è meritato! Il superbo ed iniquo non lusinghi ingiustamente se stesso, ma veda di trovar cosa gli fosse dovuto, e in tal modo conoscere come Dio lo ha ripagato. Quale peccatore infatti in fondo al cuore oserebbe proclamarsi non meritevole di supplizio, non meritevole di un giusto castigo? Oppure, se la punizione ha fatto seguito al peccato dell'uomo, si potrà forse dire al giusto giudice: " Hai fatto male a condannare il colpevole "? Questo dunque, avendo noi peccato, dobbiamo attribuirci; e quando siamo puniti dobbiamo confessare e le nostre colpe e la giustizia del nostro Dio. In tal modo nella nostra stessa punizione meriteremo di incontrare la misericordia di Dio. Questo risultato però, fratelli carissimi, nessuno lo raggiunge se prima non si sarà umiliato. Io parlerò come mi è possibile; tuttavia ritengo che nessuno di voi riuscirà a capire ciò che dico se prima non avrà dissipato i fumi della superbia che gli ottenebrano l'occhio della mente, impedendogli di vedere la misericordia di Dio anche nella pena che da lui riceve.

Il genitore saggio punisce per amore il figlio degenere.

4. E prima di tutto osservate come la stessa cosa accada nella vita di ogni giorno. Da ciò potrete ricavare un esempio per capire come Dio non abbia abbandonato l'uomo nella sua condizione mortale. Da confronti con il comportamento degli uomini si mostra come anche a noi si possa infliggere una pena per misericordia. E che dirò? Ecco, tu prendi misure disciplinari con il tuo servo e lo tratti con severità. Così facendo sembrerebbe che tu lo punisca, in realtà sei misericordioso con lui. Ma lasciamo da parte il servo, poiché potresti essere talmente arrabbiato con il servo da portargli odio. È vero che, essendo cristiano, questo non dovresti farlo; non dovresti farlo nemmeno se consideri che anche tu sei uomo. Non lo dovresti fare se pensassi che gli appellativi " servo " e " padrone " sono certamente diversi, ma non è diverso il nome di uomo: uomo lui, uomo tu. Non dovresti perciò lasciarti indurre dall'odio a punire il tuo servo reo di colpa. Ma siccome questo è frequente fra gli uomini, lasciamo da parte il servo e parliamo del figlio. A un figlio non si può che voler bene, tanto che nessuno elogia un padre che ama suo figlio. È quanto diceva il Signore: Se amate coloro che vi amano, che merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 21 Quanto più dunque è normale che si amino i figli, generati perché succedano ai genitori! Per legge di natura nessuno assolutamente può odiare il figlio che ha generato. Non si può lodare l'uomo per quello che si trova anche nelle bestie. Nessuno loda l'uomo che ama i propri figli. Questo si riscontra non solo negli animali domestici: anche i leoni, pur così feroci, sono mansueti con i propri figli; anche le tigri amano i figli; i serpenti covano le uova e nutrono i loro piccoli. Se dunque questi animali, che sembrano così feroci e crudeli, perdono la loro crudeltà e ferocia di fronte alla prole, cosa fa di straordinario l'uomo che ama suo figlio? Vi sto dicendo questo, fratelli, perchè, dall'esempio dei figli, dall'esempio di quella creatura che nessuno può odiare, vi convinciate che può esserci una pena inflitta per misericordia. Ecco un padre che vede suo figlio montare in superbia, ribellarsi al padre stesso, appropriarsi dei beni di casa più di quanto gli spetti, dissiparli in piaceri insulsi, sperperare ciò che ancora non è suo. E lui, il figlio, mentre fa così, è tutto allegro, ride, canta e balla. Il padre cerca di frenarlo, lo sgrida, lo punisce, lo bastona: gli toglie il riso, lo fa piangere. Sembra che così gli tolga il bene e gli porti il male; e in realtà gli toglie l'allegria e gli porta il pianto. Però, se avesse lasciato correre quell'allegria, sarebbe stato crudele, mentre facendolo piangere è stato misericordioso. E allora, se il padre che fa piangere il proprio figlio è giudicato misericordioso, come non comprendere che anche il nostro Creatore può agire secondo quel che abbiamo cantato: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti? Ma perché? Forse per rovinarci, per perderci? Ecco come prosegue: Ti sei adirato, ma hai avuto pietà di noi 22. In che senso egli è giusto quando si adira con te? Collega queste parole con le altre: Prima di essere umiliato io ho peccato 23. Quale vantaggio dunque ti reca l'essere stato respinto e atterrato? Buon per me che tu mi abbia umiliato: così io imparo le vie della tua giustizia 24.

L’uomo intermediario tra Dio e il creato.

5. Ora volgiamo l'attenzione a quanto dice l'Apostolo: Dio racchiuse tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia 25. Il primo peccato dell'uomo fu la superbia. Così leggiamo nella Genesi; così troviamo in un altro testo della Scrittura 26. Nella Genesi cosa leggiamo? Che l'uomo, creato e formato [da Dio], fu collocato nel paradiso, sottoposto a una legge, sottoposto a un comando. Questo comando 27 era per ricordargli che, per quanto egli fosse diventato grande, c'era però sopra di lui un altro più grande. Così Dio indicava all'uomo, che, essendo una creatura da lui dipendente, si doveva mantenere sempre umile; in altre parole, l'uomo, per natura inferiore a Dio, doveva mantenersi nell'umiltà. Non v'è dubbio che l'uomo era stato fatto ad immagine di Dio 28, e Dio, come sta scritto in un altro testo, gli aveva dato il potere di reggere tutte le cose 29. Sì, tutte le cose erano sotto di lui, ma sopra c'era Colui che aveva creato tutto. E l'uomo doveva rendersi conto di ciò che era al di sotto di lui, ma più ancora doveva badare a colui che gli era al di sopra. Tenendo conto di colui che gli era sopra, avrebbe dominato con tranquillità ciò che gli era sotto. Staccandosi da colui che gli era sopra veniva dominato da ciò che gli era sotto. Facciamo l'esempio di tre uomini. Uno di essi ha un servo e ha anche un padrone. Capita spesso che dei servi danarosi abbiano dei servi sotto di sé. Notatelo bene: un tal uomo ha un servo e ha un padrone; a uno è soggetto, all'altro comanda; nei confronti del servo è superiore, nei confronti del padrone è inferiore. Al terzo posto poniamo colui che è servo del servo; al primo posto colui che è padrone del padrone; in mezzo colui che è servo e padrone: padrone del suo servo e servo del suo padrone. Il terzo quindi è soltanto servo, il primo è solo padrone, quello di mezzo è insieme servo e padrone. Questi è tranquillo nel possesso del suo servo se non è in urto con il suo padrone. E tuttavia noi abbiamo parlato di tre uomini: tutti e tre dello stesso genere, tutti e tre della stessa sostanza, tutti e tre della stessa natura. Non altrettanto si può dire dei tre seguenti: Dio, l'uomo e le creature inferiori all'uomo. Di tutt'altra condizione, di sostanza ben diversa sono il fattore e la fattura, il produttore e il prodotto, l'artefice e la sua opera, il creatore e la creatura. Quanto poi alle cose create, con termine generico si chiamano tutte creature; però tra di loro differiscono per natura, dignità, meriti e condizione. Sebbene tutte create da Dio e da lui fatte, stanno prima le creature spirituali, poi quelle carnali: le creature spirituali stanno al primo posto, quelle carnali all'ultimo. Un qualcosa di spirituale è la mente umana, dove sono impresse la somiglianza e l'immagine di Dio 30; sono creature corporee tutte quelle che constatiamo essere oggetto dei sensi del corpo. Le conosciamo tutti. Si vedono, si odono, emanano odori, hanno sapori, si toccano; sono dure o molli, calde o fredde, ruvide o lisce. Sono, tutte, creature corporee e quindi inferiori. L'uomo è costituito al di sopra di tutte queste cose 31 solo a motivo della sua anima, della sua mente, di quel qualcosa per cui egli fu creato a immagine e somiglianza di Dio. E Dio non è circoscritto o racchiuso in una forma corporale, per cui da una parte abbia il dorso e da un'altra gli occhi. Egli è una luce, ma non una luce come quella che vediamo con gli occhi, neanche se la vorrai ingrandire e con la fantasia e il pensiero la ingigantisci sì da immaginare campi di luce, montagne di luce, alberi di luce, svolazzando dietro le vanità del tuo pensiero. Vuoi capire cos'è questa luce spirituale? Pensa [alla luce] per la quale comprendi.

La conoscenza sensibile e la conoscenza spirituale.

6. Cerca di comprendere - dico - quella luce mediante la quale tu stesso comprendi. Cosa intendo dire? Se con gli occhi del corpo distingui gli oggetti bianchi da quelli neri, lo puoi fare perché aiutato da una luce esterna, per esempio, del sole o della luna o di una lampada o di una qualche fiammella. Se questa luce esterna non venisse in aiuto dei tuoi occhi, inutilmente terresti aperti i tuoi " lumi " e senza alcun fondamento li chiameresti lumi. Ecco dunque, tu conosci e distingui le varie cose: l'occhio, che tieni aperto e riscontri sano; la luce, che dall'esterno ti aiuta a vedere; i colori e le forme, che, così aiutato, riesci a vedere. Questo per gli occhi. Ma tu ascolti delle voci e sai in che modo le ascolti. Non sono gli occhi che ascoltano né gli orecchi che vedono. Agli occhi manca qualcosa per sentire le voci, come agli orecchi manca qualcosa per vedere i colori. A te invece non manca nessuna delle due cose perché con gli occhi vedi e con gli orecchi ascolti. E così conosci gli odori e sai qual è l'organo che devi avvicinare per sentirli. Non accosti infatti l'orecchio per sentire la fragranza d'un odore, ma ti servi di quell'organo che Dio creatore ti ha dato per odorare. Lo stesso quando vuoi gustare una qualche vivanda: non la accosti agli orecchi o agli occhi, perché sai che non sono quelli i sensi per giudicare i sapori. E se vuoi sapere se una cosa è dura o molle, calda o fredda, lo puoi conoscere col tatto, che è diffuso su tutto il corpo. Tutto questo lo sai. Bene! Ora guardate al vostro interno. Cos'è questa realtà interiore alla quale tutti i sensi esterni portano le sensazioni dell'uomo? I sensi infatti sono come degli strumenti, e sono a lei sottomessi come dei servi. C'è un senso interno, non definibile, che è come un comandante al quale i sensi del corpo, quasi fossero suoi messi, riferiscono tutto ciò che sentono all'esterno. Questo senso interno, che sa distinguere tutte le altre cose, è senza dubbio superiore alle cose stesse. E allora, se l'occhio ha cose da vedere, l'orecchio cose da udire, le narici cose da odorare, il palato cose da gustare, le mani cose da toccare, non avrà la mente qualcosa che possa percepire direttamente? Certo, è la mente che percepisce il bianco e il nero, ma per mezzo degli occhi che glielo trasmettono; è la mente che percepisce nei suoni ciò che è melodioso o stridulo, ma per mezzo degli orecchi che glielo trasmettono; è la mente che percepisce negli odori ciò che è gradito o sgradito, ma per mezzo delle narici che glielo trasmettono; è la mente che percepisce nei sapori ciò che è dolce o amaro, ma per mezzo del palato che glielo trasmette; è la mente che percepisce ciò che è duro o molle, ma per mezzo della mano che ha toccato l'oggetto. Tutte queste cose, così molteplici e varie, la mente le sente perché gliele riferisce il corpo; e non sarà in grado di percepire qualcosa direttamente, da sola, senza che qualche organo del corpo gliela debba trasmettere? Chiediti dunque che cosa può percepire direttamente l'anima, e troverai dove è l'immagine di Dio. Il nero e il bianco lo sentiva per mezzo degli occhi, il melodioso e lo stonato per mezzo degli orecchi; e senza dover di nuovo elencare tutte quelle cose che passano attraverso il corpo, erano le membra del corpo che facevano da tramite. Ma il giusto o l'ingiusto forse che glielo comunicano gli occhi? È la mente che distingue il giusto dall'ingiusto; essa afferma: " Questo è giusto, questo è ingiusto ". Chiediti chi glielo ha comunicato. Se la giustizia è un colore, glielo avranno comunicato gli occhi; se è un suono, glielo avranno comunicato gli orecchi; se un odore, le narici, se un sapore, la bocca; se un corpo duro o molle, le mani. Ma se non è nessuna di queste cose, chi glielo ha comunicato se non una luce interiore? Orbene, questa natura, questa sostanza che vedete così superiore (mi mancherebbe il tempo se di essa volessi parlare più diffusamente) è qualcosa di interiore, qualcosa di divino, creato in noi da Dio a sua immagine e somiglianza 32, ed è superiore a tutto ciò che è corporeo; anzi essa fu creata in modo che tutto ciò che è corporeo le fosse sottomesso e la servisse. Però questa mente non è Dio. Se fosse stata Dio, come avrebbe potuto peccare? Dio infatti è immutabile; la nostra mente invece, poiché è creata, poiché è fatta, non è ciò che è Dio. Essa è mutabile. Queste mutazioni le vediamo: ora sa, ora non sa; ora ricorda, ora dimentica; ora vuole, ora non vuole; ora gioisce, ora si rattrista. Queste mutazioni non sono in Dio: egli è al di sopra della mente, è il creatore della mente.

Il corpo, servo dell’anima; l’uomo, servo di Dio.

7. Ebbene, tutto questo di cui vi ho parlato è superiore al corpo e inferiore a Dio: è al di sotto del padrone, al di sopra del servo. Sono le tre cose di cui parlavo poc'anzi. Se dunque tre uomini, tutti e tre uomini, nella loro condizione sono ordinati secondo una certa gerarchia (per cui uno è padrone e basta, l'altro è servo e basta, il terzo è servo rispetto al padrone e padrone rispetto al servo), non vi pare che tutto il creato sia ordinato anch'esso in maniera più semplice ma insieme più diversificata? La natura e la sostanza della mente è al di sotto di Dio, la natura di ogni essere corporeo è al di sotto della mente. Ma, come dicevo prima, un padrone tiene senza difficoltà sotto di sé il suo servo se lui stesso non è in contrasto con il suo padrone. Così per la mente: se non si fosse messa contro il suo padrone, per quella superbia per cui pretese d'essere indipendente ed autonoma, l'universo corporeo le sarebbe rimasto sempre soggetto come un suo servo. Ma poiché, spinta da superbia, si mise contro il suo Padrone, ecco che il suo corpo, creatura a lei data per servirla, è diventato per lei tormento di pena, tormento di vendetta. Ora infatti la mente è tormentata per le resistenze del corpo, mentre prima aveva il dominio su tutta la natura corporea. Come se quell'uomo... -dall'esempio infatti vi si rende più comprensibile la nostra situazione, e cioè come la difficoltà stessa che abbiamo nel capire fa parte anch'essa di quella pena con cui siamo stati umiliati. Cerchiamo di spiegare la cosa da quello che capita comunemente -. Mettiti di nuovo davanti agli occhi quelle tre persone, perché è cosa abbastanza comprensibile, pur presentando delle differenze. Le cose infatti sono tanto più distanti da noi quanto più diverse. Molto distanti sono Dio e la mente, e molto distanti la mente e il corpo. Invece in quei tre, uno è uomo, l'altro è uomo e il terzo anch'egli uomo. Non è diversa la natura; solo la condizione crea l'ordine gerarchico. Tuttavia, siccome queste cose sono nella nostra esperienza quotidiana, le comprendiamo più facilmente di quelle che sono da noi così distanti. Cerca dunque di capire quel che stiamo dicendo. Pensa a quell'uomo di mezzo, che è servo ma anche padrone, padrone ma anche servo; servo di quello che gli è sopra, padrone di quello che gli è sotto. Supponi ora che egli abbia offeso quello che gli sta sopra. Offeso in che modo? Per un atto di superbia. Ha considerato che anche lui aveva un servo, e così, pensando al servo sottoposto alla sua autorità, ha osato ergersi contro il padrone. Si è innalzato contro il suo padrone; ma il padrone lo ha fatto bastonare dal suo servo. Perché quel padrone del " servo-padrone " era padrone di tutti e due, e quel servo non aveva tanto potere sull'altro servo quanto ne aveva lui su tutti e due. E questo servo come avrebbe potuto rifiutarsi di obbedire a quel signore che non era servo di nessuno, quando questi, da padrone com'era di tutti e due, gli intimava di picchiare il suo [immediato] padrone? Così il nostro Dio. Avendolo noi offeso, comandò che fossimo tormentati attraverso il nostro corpo: la morte si impadronì del corpo e noi cominciammo a soffrire pene proprio lì dove avevamo osato levarci in superbia contro il Padrone. E così ora siamo bastonati dal nostro servo. Siamo tormentati dalle tribolazioni della nostra carne. Il Signore ci ha umiliati, facendoci percuotere dal servo.

Perseverare nel servizio di Dio.

8. Ma perché Dio ci ha umiliati facendoci percuotere dal servo? Perché noi prima avevamo peccato: Prima di essere umiliato io ho peccato 33. Messo dunque sotto la sferza del tuo servo, grida al Signore tuo Dio dicendo: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia 34. Quali sono queste vie della giustizia? Che, come io ho a mio servizio il corpo, così tu hai me al tuo servizio; e come io esigo che mi obbedisca il corpo, così dovevo obbedire io a te. Da questo dunque ho imparato le vie della tua giustizia, come se dall'alto mi avesse parlato il mio Signore e mi avesse detto: " O servo malvagio 35, almeno adesso, in questa umiliazione, riconosci chi ha offeso e a chi avresti dovuto essere sottomesso! È vero che sei tormentato dal tuo servo: hai il corpo e vorresti che ti obbedisse in tutto. Tu esigi che quando vuoi alzare la mano, la mano si alzi; che quando vuoi muovere il piede, il piede si muova; e in fondo, per quanto io abbia disposto che tu sia tormentato da questo tuo servo, tuttavia esso ancora ti obbedisce ". E infatti se vogliamo camminare e cambiare posto al corpo, diamo ordini ai piedi ed essi obbediscono; se vogliamo vedere qualcosa, comandiamo all'occhio di guardare ed esso non oppone resistenza: guarda e riferisce. Tendiamo l'orecchio al suono e subito ci riferisce sul tipo di suono. Alziamo la mano per toccare qualcosa; non ci oppone resistenza. Orbene, nel fatto che ci obbedisce, il corpo ci indica che noi ne siamo i padroni; nel fatto invece che ci oppone resistenza, ci ricorda che anche noi abbiamo un padrone. E allora vediamo in che cosa il tuo corpo si rifiuta di obbedirti. Per esempio: tu sei in grado di camminare per diecimila passi e ne vorresti fare ventimila: non ti obbedisce. Puoi camminare per cinquantamila passi e tu ne vorresti fare sessantamila: non ti obbedisce. Vorresti vegliare due notti: per un po' ti obbedisce, per un po' non ti obbedisce. Vorresti muovere il braccio per sollevare un peso: fino ad un certo punto ci riesci, oltre, non ti obbedisce. Aggiungici poi i tanti disturbi che ti affliggono per le infermità e il deterioramento, che non si possono contare, e renditi conto di come " un corpo corruttibile appesantisce l'anima 36 ". Ecco dunque: per quel tanto che ti obbedisce, il corpo ti conferma che sei tu il suo padrone; laddove invece ti oppone resistenza, ti ricorda che tu devi servire il tuo Signore. E allora di' al tuo Signore: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia 37. E come puoi imparare le vie della sua giustizia? Non rifiutandoti di servire il tuo Signore, così come vuoi che a te serva il tuo corpo. E tu già cominci a servire il tuo Signore; però il tuo corpo non ti serve ancora come vorresti. Tu adesso credi, mentre prima eri un infedele; tu metti in pratica i precetti del Signore, percorri la sua via; ma in te la giustizia non è ancora perfetta. Per questo non è ancora perfetta l'obbedienza di chi è al tuo servizio. Ancora rimane in te qualcosa di amaro, affinchè questo mondo non ti sia del tutto dolce, con il pericolo che tu smetta di desiderare il tuo Signore, che ha fatto il mondo.

Da Cristo la nostra speranza.

9. Dagli estremi confini della terra grida dunque a lui, o Chiesa diffusa in tutto il mondo, e digli con le parole del salmo: Dagli estremi confini della terra a te ho gridato, poiché il mio cuore era in angustia 38. Nel salmo però c'è anche scritto: Mi hai innalzato sulla pietra, mi hai guidato, poiché sei diventato la mia speranza 39. Dio ci ha innalzati sulla pietra. Su quale pietra? Lo dice l'Apostolo: La pietra poi era Cristo 40. E come su quella pietra è sorta per noi la speranza? Perché il nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale noi siamo stati fatti, è il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 41. Egli assunse la carne dalla massa della nostra mortalità: prese su di sé la morte, che era la pena del peccato, ma non prese il peccato; e, mosso da misericordia, consegnò alla morte quella sua propria carne per liberarci dal peccato. Non fu consegnato [alla morte] contro sua voglia: non sarebbe stato crocifisso se non si fosse consegnato liberamente. E se fu Giuda a consegnarlo, lo consegnò perché lui voleva, sicchè a Giuda non va attribuito il merito di quanto voluto da Cristo, ma gli spetta solo la condanna per la sua cupidigia. Nel tradire il Signore infatti non aveva in mente la nostra salvezza ma la sua avarizia e la sua perfidia. Fu infatti Giuda a consegnare Cristo, ma anche Cristo consegnò se stesso, e il Padre di Cristo lo consegnò. Apparentemente tutti fecero la stessa cosa. Fecero la stessa cosa ma non la fecero con la stessa intenzione. Il Padre consegnò il Figlio per misericordia, il Figlio si consegnò parimenti per misericordia, Giuda consegnò il Maestro per la sua perfidia. Nel fatto di consegnare sembra che non ci sia alcuna differenza, ma c'è molta differenza tra la misericordia e la perfidia. In che senso lo consegnò il Padre? Ascolta l'Apostolo: Egli non risparmiò il suo proprio Figlio ma per tutti noi lo consegnò 42. E il Figlio in che senso si consegnò? È ancora l'Apostolo che del Signore afferma: Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me 43: ossia consegnò questa carne per essere uccisa, affinchè tu non avessi da temere per la tua carne. Con la sua resurrezione dopo tre giorni ti fece vedere quel che tu devi sperare per la fine del mondo. Egli dunque ti va avanti, diventato la tua speranza 44. Tu ora vivi con la speranza della resurrezione, ma se prima non fosse risorto il nostro capo, le diverse membra del corpo non avrebbero avuto alcuna speranza.

Cristo soffrí liberamente.

10. Che diremo dunque, fratelli miei? Nel nostro Signore, anche prima della passione il suo corpo era a lui sottomesso come un servo al suo padrone. Egli infatti non era legato al corpo per un castigo o una punizione, quasi che dovesse essere schiaffeggiato dal suo servo come lo siamo noi. Se egli volle soffrire nel corpo, lo volle di propria libertà e potenza, non per necessità o debolezza. Lo dichiarò lui stesso: Ho il potere di privarmi della mia anima e ho il potere di riprenderla. Nessuno me la toglie, ma io stesso da me, liberamente, me ne privo 45. Grande potenza era dunque in lui; accettando però di soffrire nella carne, con ciò stesso dimostrò cosa tu meriti di soffrire. Lui soffrì senza che se lo fosse meritato, tu perché te lo sei meritato. Ma affinchè tu sopporti con pazienza i patimenti che hai meritato, viene a consolarti colui che patì senza averlo meritato. Accetta dunque la tua sofferenza finchè non passi la tua mortalità. Il regno a cui appartieni avanza a tappe distribuite nel tempo; ma egli ti fa già vedere quello che ha promesso mostrando nella propria persona di essere già risuscitato. Egli infatti dopo tre giorni risuscitò: volle risorgere per primo per mostrarci cosa dobbiamo noi sperare per la fine. Noi pensavamo che la carne fosse destinata a perire; è per questo che non volle prendere la carne se non da quell'umanità dalla quale la prendiamo anche noi. Se l'avesse presa da qualche altra parte, noi avremmo potuto dire: " Quella carne è potuta risorgere perché assunta da una natura diversa ". È stata presa infatti da quella sorgente da cui la prendiamo noi. Egli, è vero, non volle che la madre avesse rapporti maritali, perché era l'unico Figlio di Dio e, avendo un Padre in cielo, in terra non si cercò se non una madre. In tal modo ci mostrò che nulla è male di quanto aveva creato. Aveva creato il maschio e la femmina, aveva creato ambedue i sessi 46; ma poiché Adamo era stato sedotto dalla donna, le donne avrebbero potuto disperare della propria salvezza, se il sesso femminile non fosse stato onorato nella persona della Vergine Maria. Egli scelse di nascere da una donna. Era conveniente che si facesse uomo, che nascesse uomo. Ma Dio non ha creato solo l'uomo; ha creato anche la donna: e, come ho detto, le donne avrebbero potuto disperare e dire di essere escluse dalla misericordia di Dio perché a causa di una donna l'uomo era stato traviato. Perciò il Signore si degnò di nascere da una donna, assumendo per sè il sesso maschile, e così conferì dignità ad entrambi i sessi : si presentò come creatore di entrambi e di entrambi salvatore. È come all'uomo la morte tramata dal serpente era stata comunicata per mezzo di una donna, così la vita fu annunziata agli uomini per mezzo di donne 47. Infatti a vedere il Signore risorto furono prima le donne, le quali poi lo annunziarono agli uomini, cioè agli apostoli. E così il Signore nostro Gesù Cristo ha fatto vedere nella sua carne ciò che noi dobbiamo sperare per la fine. Egli ci ha umiliati perché noi imparassimo le vie della sua giustizia 48.

Radice di ogni male, la superbia.

11. E allora riaccostiamoci per la via dell'umiltà, noi che eravamo stati buttati fuori per la superbia. La causa della nostra mortalità, la causa della nostra infermità, la causa di tutti i nostri affanni, di tutte le nostre difficoltà, di tutte le sventure che nella vita presente soffre il genere umano, non è che la superbia. Lo trovi nella Scrittura che dice: L'origine di ogni peccato è la superbia 49. E cosa dice inoltre? L'inizio della superbia dell'uomo è l'apostatare da Dio 50. Se la superbia vi sembra un male da poco, tremate almeno di fronte a questo apostatare da Dio. E se vi spaventa l'apostatare da Dio, sradicate la causa di questa apostasia. Perché è stata la superbia a far apostatare l'uomo da Dio. È proprio lei l'origine di tutti i nostri mali, poiché noi in questa vita siamo dei malati. E allora succede come con un bravo medico: quando vede un malato che soffre diversi disturbi, non si sofferma alle cause prossime del male, tralasciando quelle che sono all'origine di tutti i mali. Se infatti si limitasse a curare il male nelle sue cause prossime tralasciando quella che è all'origine dei disturbi, tornerebbero presto le manifestazioni del male: per un po' di tempo il malato sembrerebbe guarito, ma la guarigione non dura. Il medico veramente bravo è quello che raccoglie bene tutti i sintomi di ogni male; e quando ne scopre la causa prima, quella da cui derivano tutti i mali come rami di un'unica radice, strappa questa radice, e allora tutto il groviglio dei malanni viene eliminato. Così si comporta il Signore Gesù Cristo; e per questo è chiamato Salvatore. Egli affermò: Non i sani hanno bisogno del medico ma i malati 51, e venne verso i malati, perché noi malati non potevamo andare verso di lui. Cercò quelli che non lo cercavano; si rivolse a chi era infermo: soffrì molti dolori, sopportò che dei ciechi lo uccidessero, per risanare con la sua morte i loro occhi. Tutto questo egli fece e, siccome vedeva che la causa di ogni nostro male è la superbia, ci ha guariti con la sua umiltà.

Realtà dei patimenti di Cristo.

12. E allora non irridere l'umiltà di Cristo! Che Cristo sia venuto nell'umiltà è motivo di beffe per molti pagani e magari lo fosse per loro soli! Lo è anche per molti eretici, che pur si dicono cristiani. Per loro è sconveniente che Cristo sia nato da donna; è sconveniente che sia stato inchiodato alla croce e coperto di piaghe: ed erano vere quelle piaghe che egli ricevette, e veri quei chiodi che lo trafissero! Per loro tutto ciò ripugna, e quindi dicono: " Era simulazione. Egli finse di soffrire, ma in realtà non soffrì ". Ma allora è con una menzogna che ti ha liberato la Verità? Tu eri malato di menzogna e con una menzogna fosti risanato? Come si può sostenere una cosa simile? Quelli che parlano così mostrano all'evidenza che sorta di maestri siano. Quando il Signore risuscitò, a quel suo discepolo che dubitava egli presentò le mani perché le toccasse e le cicatrici perché le palpasse. E mentre lui diceva: " Non crederò se non avrò messo le mie dita nel suo costato 52 ", egli si presentò non solo per essere visto con gli occhi ma anche toccato con le mani. E il discepolo, toccate le sue cicatrici, raggiunse l'evidenza della verità ed esclamò: Mio Signore e mio Dio! 53 Ebbene se Cristo ci ha ingannati, come puoi tu pretendere di dire la verità? Dimmi: a quale titolo vuoi che io ti ascolti? Che ti ascolti come maestro? " Sì, mi risponde, come maestro ". Ma cosa mi dici, cosa mi insegni? " Ti insegno che Cristo non è nato da donna, non ha avuto una vera carne, e non fu vera morte la sua, né vere furono quelle ferite; e, se non furono vere quelle ferite, neppure vere furono le cicatrici ". Io, però, dal Vangelo sento dire che il Signore Gesù Cristo al discepolo che dubitava ha presentato le sue cicatrici. Certo, avrebbe potuto risorgere senza cicatrici lui che aveva potuto risanare gli occhi al cieco nato. Ma perché volle presentare la testimonianza delle cicatrici? Perché la testimonianza di quelle cicatrici nel corpo doveva essere medicina per le ferite dell'anima. E allora che mi vai raccontando? Che esse erano false? Che Cristo simulò tutte queste cose e che quel discepolo esclamò: Mio Signore e mio Dio ingannato da tale simulazione? E se Cristo mediante una menzogna volle risanare quel discepolo, come faccio io a sapere se tu mi dici la verità o la menzogna? Tu infatti non ritieni che il mentire sia cosa illecita se cerchi di presentarmi Cristo come autore di menzogna. Io ti potrei dire: " Anche tu menti ". E tu a me: " Oh! No. Io non mento ". Tu menti di sicuro! " Per carità! Io non mento ". Certamente mi diresti così perché io ti creda. Che se mi dicessi: " Sì, sto mentendo ", vorrei sapere come ti si possa credere in qualche cosa. Perché io ti possa credere in qualche modo, bisogna che tu mi dica: " Per carità! Io non mento ". Bene, tu mi dici " Per carità! Io non mento " perché consideri peccato mentire quando insegni qualcosa. E allora una cosa che consideri per te peccato tu la vuoi imputare a Cristo? Via dunque tutte le falsificazioni umane! Come è scritto nel Vangelo, così è venuto Cristo. E non ti sembri sconveniente l'umiltà di Cristo; essa ripugna solo a chi è superbo. Non essere superbo e non ti sembrerà ripugnante l'umiltà di Cristo.

Bevendo al calice dell’umiltà conseguirai la salute.

13. L'Apostolo dice: Per chi è puro, tutto è puro; ma per i contaminati e per gli infedeli nulla è puro: sono contaminate la loro mente e la loro coscienza 54. Con cuore casto tu dunque dichiara: " Lo concepì una donna, lo concepì una vergine ". Lo concepì nella fede: vergine lo concepì, vergine lo partorì, vergine rimase. Credi a tutte queste cose e non ti appaiano immonde quelle viscere. Che se anche quella carne fosse stata davvero immonda, Cristo, venendo nella carne, avrebbe purificato quella carne immonda e non sarebbe stato reso immondo da colei che fosse stata immonda. Rifletti sull'umiltà del tuo Signore. Se essa ti turba, è perché tu sei superbo. L'umiltà turba il superbo. E siccome tu sei superbo, fatti violenza perché non ti ripugni la medicina a te somministrata contro il tuo gonfiore. Se infatti tu sei superbo, sei gonfio, non grande. E se sei gonfio, manda giù la medicina, perché le tue viscere si sgonfino e tu possa guarire. Questa medicina, il medico te l'ha preparata perché tu possa berla. Il medico te l'ha preparata nel calice. Bevi il calice amaro, se vuoi acquistar la salute. Non vedi che sei gonfio? Non vedi che le tue viscere sono malate? Ti sembra di essere grande, ed invece sei soltanto gonfio. La tua non è grandezza, ma malattia. Vuoi liberarti dal male? Vuoi liberarti dal tuo gonfiore? Bevi al calice dell'umiltà. Te l'ha preparato colui che è venuto a te nell'umiltà. E perché non avessi difficoltà a berlo, per primo l'ha bevuto il medico: non perché il medico ne avesse bisogno, ma per togliere ogni esitazione al malato. Quindi non disprezzare l'umiltà dalla quale ti viene la salute. Il capo di tutti i mali è la superbia. È venuto a liberarci dal capo di tutti i mali colui che si è degnato farsi capo della Chiesa 55. Tolta via l'origine di tutti i mali, tu sarai guarito. Umìliati e sarai sano, e allora potrai dire con sicurezza: È un bene per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia 56. Tu ti eri innalzato e sei stato abbassato. Umìliati e sarai innalzato, perché Dio resiste ai superbi ma dà la sua grazia agli umili 57. Ed è per questo che Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per avere di tutti misericordia 58.

La legge non toglie ma svela il peccato.

14. L'uomo si era allontanato da Dio, si era abbandonato alle proprie concupiscenze 59, aveva rotto i freni. Errando, vagando di qua e di là era arrivato ad adorare gli idoli. Era montato in superbia perfino il popolo giudaico, che pure adorava l'unico Dio; era montato in superbia ed era caduto nell'iniquità. E Dio, per mostrar loro che anch'essi erano infermi, per mostrar loro che anch'essi erano soggetti alla fragilità della carne (poiché quella cupidigia che si è propagata dal seme dei progenitori rimaneva anche in loro) diede ad essi la legge e dei precetti giusti e buoni e santi, come dichiara l'Apostolo: In effetti la legge è santa e il comandamento giusto e santo e buono. Ma allora, egli soggiunge, una cosa che è buona, per me è diventata morte? Non sia mai! Ma il peccato, per rivelarsi come peccato, per mezzo di una cosa buona ha causato in me la morte 60. Osserva come egli definisce buona la legge che era stata data ai giudei. La definisce buona perché data da Dio. Nel decalogo infatti sono comandate cose che sono tutte buone. Che forse era un male il Non rubare, non uccidere, non commettere adulterio, non dire falsa testimonianza, ecc., fino al Non desiderare la roba d'altri 61? Infatti se non porti via la roba d'altri ma solo la desideri, non cadi sotto le leggi del foro, ma Dio ti condanna nel suo giudizio. Badate perciò, fratelli: la legge fu data ai giudei infermi ma superbi. Essi cominciarono a compiere degli sforzi per eseguire quel che è giusto secondo la legge, ma furono abbattuti dalle loro concupiscenze, e così divennero trasgressori essi che prima erano iniqui ma non trasgressori secondo la legge, non prevaricatori di essa. Difatti l'Apostolo dice: Dove non c'è legge non c'è nemmeno la prevaricazione 62. Quando viene data la legge, chi agisce contro di essa, anche se fa le stesse cose che faceva prima (quando era peccatore ma non prevaricatore), dopo, venuta la legge, non solo è peccatore ma anche prevaricatore. E siccome ormai è non solo peccatore ma anche prevaricatore, si avvera quanto dice l'Apostolo: La legge è subentrata perché abbondasse il peccato 63. Ma perché doveva abbondare il peccato? Vi si riferisce quel: O Dio, tu ci hai respinti e ci hai dispersi 64. Però l'Apostolo prosegue dicendo: Ma dove ha abbondato il peccato ivi ha sovrabbondato la grazia. Ecco dunque che, per il fatto che ha abbondato il peccato, noi diciamo giustamente: O Dio tu ci hai respinti, ci hai dispersi: ti sei adirato. Per il fatto che ha sovrabbondato la grazia continuiamo giustamente: Ma hai avuto misericordia di noi 65. I giudei dunque non possono dire: " Noi siamo questo e quello ". Dio infatti ha racchiuso tutti nell'incredulità perché di tutti potesse avere misericordia 66.

Nella fede prepariamoci alla visione.

15. Riconosciamo dunque, fratelli carissimi, la nostra vita, cioè il Signore nostro Gesù Cristo; e sapendo che essa è medicina della nostra superbia, teniamoci stretti all'umiltà del Signore nostro Gesù Cristo. Crediamo in lui; tutto speriamo dalla misericordia di colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato alla morte per tutti noi 67. E se facciamo progressi nelle vie della sua giustizia, non insuperbiamoci e non disprezziamo gli altri. Nel cammino della giustizia non stiamo a guardare quanta strada abbiamo fatto, ma quanta ce ne resta da fare. E sempre gemiamo. Gemiamo finchè siamo pellegrini, perché la nostra gioia non l'avremo se non nella patria quando saremo uguali agli angeli 68. Finchè siamo nel corpo siamo pellegrini lontano dal Signore 69. Perché pellegrini lontano dal Signore? Perché, risponde, noi camminiamo nella fede e non nella visione 70. Fede è credere ciò che non vedi, visione è vedere le cose in cui hai creduto. Quando arriverà la visione, la fiamma della carità sarà bruciante perché quello che avevi bramato assente lo abbraccerai presente, contemplerai presente quel che avevi creduto quand'era assente. E se così dolce è Dio raggiunto con la fede, che cosa sarà nella visione? Ecco, quando tutte le cose di adesso, che pur ci fanno soffrire per i postumi dei nostri peccati, saranno passate, allora avremo conseguito la pienezza della giustizia; allora, aggregati agli angeli, canteremo l'inno sempiterno dell'" alleluia ". Saremo nella lode di Dio senza interruzione, e non ce ne distrarrà la fame, perché la fame non la sente se non il corpo che si corrompe e appesantisce l'anima 71. Non avremo sete, non ci ammaleremo, non invecchieremo, non avremo sonno, non soffriremo nessuna infermità; ma, come sono i corpi degli angeli, tali saranno i nostri corpi nella resurrezione dei morti 72. Non ti meravigliare che nella resurrezione dei morti questi nostri corpi carnali diverranno corpi celesti. Pensate che prima di venire all'esistenza, noi non eravamo affatto; e da questo credete a ciò che saremo quando risorgeremo. Ognuno rifletta dentro di sé: prima di esser nato, che cosa era, dov'era, dove si nascondeva? Le parti del nostro corpo adesso fra loro distinte, gli orecchi, gli occhi, il volto, lo spirito che dà vita a tutto il complesso del corpo, tutte queste cose dov'erano? Certo nel segreto della natura, certo dove nessuno le vedeva. Da lì saltarono fuori: tu non esistevi affatto e Dio ti ha dato la forma. Ti pare grande cosa che Dio possa farti diventare da uomo angelo, lui che dal fango ti ha fatto uomo 73? Che cosa eri prima? Eppure sei uomo. Sei uomo, e non puoi diventare angelo? È più vicino diventare da uomo angelo che dal niente diventare uomo. Ciò che era più straordinario in te Dio l'ha già fatto: e allora non farà quel tanto che resta?

Dio è fedele alle promesse.

16. È necessario che tu creda, è necessario che la tua fede non si distacchi da Cristo né dal suo Vangelo né dalle sue promesse. È necessario che tu comprenda come la quasi totalità di ciò che è stato scritto si è realizzato, ed è poco ciò che resta ancora da realizzarsi. Così la Chiesa. Ora la vedete diffusa in tutto il mondo, mentre fino a poco tempo fa neppure esisteva. Pochi anni fa voi eravate pagani, ora siete cristiani. I vostri genitori prestavano il culto ai demoni, e i templi erano affollati di gente che bruciava incenso; ora invece la Chiesa si riempie di gente che loda Dio. Con quanta rapidità Dio ha cambiato la storia! Tutti questi eventi prima che si realizzassero erano già stati scritti: li si leggeva e, sebbene non si vedessero ancora, vi si credeva. Noi al presente vediamo realizzate le cose che i nostri antenati leggevano sui libri. Se quindi si sono realizzati così numerosi e importanti avvenimenti, non si avvereranno quei pochi che restano? Con fede salda, fratelli, credete che si avvereranno, dal momento che tutti gli eventi del passato sono avvenuti proprio in quella maniera come erano stati descritti e preannunziati prima che accadessero. Molte migliaia di anni prima fu detto ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 74. A un solo uomo si diceva: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. Questi considerava che appunto era solo e per di più vecchio, che anche sua moglie era vecchia, anzi consunta dalla vecchiaia, eppure gli si diceva: " Da te nascerà un figlio ". Cosa ci poteva essere di più impensabile? Ma - quasi fosse stato poco dire a un uomo vecchio decrepito: " Tu avrai un figlio " - gli si aggiungeva: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. Dio prometteva cose straordinarie, cose in sé impossibili ma a lui facili 75. Quell'uomo, allora solo, credette in quel che non vedeva, mentre noi lo vediamo. Egli lo credette; a noi sta davanti agli occhi. Anzi, quanto sta davanti ai nostri occhi è l'attuazione della promessa a lui fatta. Da Abramo infatti nacque Isacco, da Isacco Giacobbe, da Giacobbe il popolo giudeo; dal popolo giudeo nacque Davide e dalla stirpe di Davide la vergine Maria, dalla vergine Maria nacque il Signore Gesù Cristo. Nella discendenza di Abramo dunque saranno benedette tutte le genti 76, poiché tutte le genti sono benedette in Cristo. Ecco al presente a noi si addita quel che ad Abramo fu promesso. E allora, se Dio - che è onnipotente e fedele - ha attuato quel che aveva promesso a un solo uomo, non attuerà ciò che ha promesso all'umanità intera? Miei fratelli, cresca l'edificio della vostra fede, si irrobustisca la vostra speranza! Dio non ingannò quel singolo uomo: potrà ingannare tutto il genere umano? A lui fece intravvedere l'universo popolato di cristiani; a noi mostrerà l'universo che, unito a Cristo suo Figlio, vive la vita eterna.

La Chiesa di Cristo e le fazioni scismatiche.

17. Ritenendo queste verità, comprendete, fratelli, che la Chiesa non la si trova in una fazione ma nella totalità. Tutti redense Cristo, per tutti versò il suo sangue. Vi sono cristiani in tutto il mondo; e la loro unità è la Chiesa di Cristo. Senza fondamento gli eretici si sollevano contro la Chiesa di Cristo: è loro sembrata piccola cosa essere privati dell'eredità; osano anche lanciare calunnie agli eredi. Richiamateli alla totalità dove regna l'unità, e che essi non vi attirino in una qualche fazione. Se voi li seguite, andrete a finire nella fazione; se loro dan retta a voi, verranno all'universalità: saranno vinti a tutto loro vantaggio. Cristo infatti, miei fratelli, quando fu sospeso alla croce, redense l'universalità [degli uomini]. Contratto di Cristo fu la passione di Cristo: lì ci ha riscattati dove fu crocifisso. Lì infatti versò il sangue, prezzo di riscatto per noi, lì dove secondo i salmi era stato predetto che sarebbe avvenuto. Considerate quanti anni prima era stato predetto: Hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa. Mi guardavano e scrutavano attentamente; si sono divisi le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte 77. È difficile distinguere se tutte queste affermazioni le si ascolti dal salmo o le si proclami dal Vangelo. Non è forse vero che come si canta nel salmo così si legge nel Vangelo: Hanno forato le mie mani e i miei piedi: hanno contato tutte le mie ossa 78?. Ecco dove Cristo ci ha redenti. Ci ha redenti là dove furono contate tutte le sue ossa, dove furono trafitti dai chiodi i suoi piedi e le sue mani. Là egli versò il suo sangue, che è il prezzo del nostro riscatto. Nello stesso salmo ci si lascia comprendere anche cosa abbia comprato. Lo volete sapere? Interrogate lo stesso salmo. Cosa comprò Cristo appeso alla croce? Lo dice dopo pochi versetti: Se ne ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e lo adoreranno tutte le famiglie delle genti 79. Perché lo adoreranno? Poiché suo è il regno ed egli dominerà sulle genti 80. Come volendo rispondere sul perché e su chi sia costui al quale si convertiranno tutti i confini della terra e dinanzi al quale si prostreranno adoranti tutte le famiglie della terra 81, dice: Poiché suo è il regno ed egli dominerà sulle genti 82. Perché è suo? Perché lo ha comprato.

Rallegriamoci di essere nell’unità della Chiesa.

18. Ecco ora irrompere il nemico avido di possedervi, e questo in nome di Cristo. Egli può, è vero, dividere alcune delle vesti di Cristo ma quella tunica nessuno la può dividere, essendo stata cucita dall'alto 83. Dice: Si son divisi le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte 84. E l'Evangelista afferma: C'era lì una tunica tessuta dall'alto [fino in basso], e dissero coloro che avevano crocifisso il Signore: Non la dividiamo ma tiriamola a sorte 85. Quella tunica non era oggetto di divisione, era al di fuori di ogni divisione. Perché quella tunica era esente da divisioni? Perché era tessuta dall'alto. È indicato anche perché una tunica tessuta dall'alto non era suscettibile di divisioni. Che cosa si cuce dall'alto? Ciò di cui a noi vien detto: " In alto il cuore! ". Pertanto chi ha il cuore in alto non può essere diviso in parti, perché appartiene a quella tunica che è indivisibile. Orbene, miei fratelli, questa tunica è stata per sorte assegnata allo stesso Signore nostro Gesù Cristo, perché la sua sorte è la stessa sua eredità. Inoltre pur essendo sua eredità egli se la comprò. Coloro che si sono separati possono, sì, appartenere a qualcuna delle altre vesti di Cristo essendosi egli vestito di tutte, e tutti coloro che credono in lui egli in qualche modo li indossa. Tuttavia coloro che bramano onori terreni, agi temporali, miraggi corporei, non sono tessuti dall'alto, perché hanno in cuore desideri mondani, e quindi possono dividersi. Viceversa, quella tunica che è tessuta dall'alto non può essere divisa. Voi dunque, germogli della Cattolica, rallegratevi perché appartenete a questa tunica. Interrogate il vostro cuore per vedere se da Cristo non vi aspettate altro che il Regno dei cieli. Non cercate le cose vane, i beni terreni, le immagini corporee e tutto quello che soddisfa in questo mondo, in questa terra. Se vi interrogate, la vostra coscienza vi risponderà che voi avete " in alto il cuore ". E se avete " in alto il cuore ", siete tessuti dall'alto; e se siete tessuti dall'alto, è impossibile che siate divisi. 

 

1 - Rm 11, 33 - Sal 59, 3 - Sal 118, 71.

2 - Rm 11, 33-36.

3 - Rm 11, 32 (Gal 3, 22).

4 - Rm 11, 33.

5 - Rm 11, 32.

6 - Rm 11, 33.

7 - Cf. Rm 11, 33.

8 - Rm 11, 32.

9 - Sal 59, 3.

10 - Rm 11, 32.

11 - Cf. 1 Cor 15, 47-48.

12 - Cf. Sal 59, 3; 1 Cor 15, 48.

13 - Sal 118, 67.

14 - Cf. 2 Tm 4, 8.

15 - Sal 118, 71.

16 - Sal 118, 67.

17 - Cf. Sal 50, 6.

18 - Sal 59, 3.

19 - Sal 118, 67.

20 - Sal 118, 71.

21 - Mt 5, 46.

22 - Sal 59, 3.

23 - Sal 118, 67.

24 - Sal 118, 71.

25 - Rm 11, 32.

26 - Cf. Gn 2-3; Sir 10, 15.

27 - Cf. Gn 2, 7-8 e 16-17

28 - Cf. Gn 1, 26-27 (9, 6).

29 - Sap 10, 2.

30 - Cf. Gn 1, 26 (5, 3).

31 - Cf. Sal 8, 7 (Eb 2, 7).

32 - Cf. Gn 1, 26 (5, 3).

33 - Sal 118, 67.

34 - Sal 118, 71.

35 - Mt 18, 32 (Lc 19, 22).

36 - Cf. Sap 9, 15.

37 - Sal 118, 71.

38 - Sal 60, 3.

39 - Sal 60, 3-4.

40 - 1 Cor 10, 4.

41 - Cf. Gv 1, 1-3.

42 - Rm 8, 32.

43 - Gal 2, 20.

44 - Cf. Sal 60, 3-4.

45 - Gv 10, 18 (18b + 18a).

46 - Cf. Gn 1, 27 (5, 2).

47 - Cf. Gn 3, 1-7; Mt 28, 8-10.

48 - Cf. Sal 118, 71.

49 - Sir 10, 15.

50 - Sir 10, 14.

51 - Mt 9, 12.

52 - Cf. Gv 20, 25.

53 - Gv 20, 28.

54 - Tt 1, 15.

55 - Cf. Ef 5, 23 (Col 1, 18).

56 - Sal 118, 71.

57 - Prv 3, 34 [LXX] (Gc 4, 6; I Pt 5, 5).

58 - Rm 11, 32.

59 - Cf. Sir 18, 30.

60 - Rm 7, 12-13.

61 - Es 20, 13-17.

62 - Rm 4, 15.

63 - Rm 5, 20.

64 - Sal 59, 3.

65 - Rm 5, 20 - Sal 59, 3.

66 - Rm 11, 32.

67 - Rm 8, 32.

68 - Cf. Lc 20, 36.

69 - 2 Cor 5, 6.

70 - 2 Cor 5, 7.

71 - Cf. Sap 9, 15.

72 - Cf. Mt 22, 30.

73 - Cf. Gn 2, 7

74 - Gn 22, 18 (26, 4).

75 - Cf. Lc 18, 27.

76 - Cf. Gn 22, 18 (26, 4).

77 - Sal 21, 17-19.

78 - Sal 21, 17-18.

79 - Sal 21, 28.

80 - Sal 21, 29.

81 - Cf. Sal 21, 28.

82 - Sal 21, 29.

83 - Gv 19, 23.

84 - Sal 21, 19.

85 - Gv 19, 23-24.


23 - Le occupazioni che la vergine Madre svolgeva in assenza del suo Figlio santissimo.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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965. I sensi della Madre, quando il Redentore del mondo si separò da lei, restarono come eclissati e in un'ombra oscura, essendo venuto meno il Sole di giustizia, che li illuminava e riempiva di gaudio. Tuttavia la vista interiore della sua anima non perse neppure un solo grado della luce soprannaturale che la rischiarava tutta e la sollevava al di sopra del più alto amore dei più accesi serafini. E poiché l'impiego principale delle sue facoltà, nella lontananza dell'umanità santissima del Figlio, doveva essere unicamente rivolto all'oggetto incomparabile della divinità, ella dispose tutte le sue occupazioni in modo da poter attendere, nell'intimità della sua casa e senza comunicare con l'esterno, all'adorazione e alle lodi del Signore, e darsi tutta a questo esercizio e alla preghiera. Così fece al fine di ottenere che l'insegnamento e il seme della parola, che il Maestro doveva seminare nel cuore degli uomini, non rimanesse sterile per la durezza della loro ingratitudine, ma desse copioso frutto di salvezza e di vita eterna. Ben conoscendo gli intenti per i quali egli era partito, si impose di non conversare con alcuna creatura, per imitarlo nel digiuno e nel ritiro del deserto, perché fu in tutto un vivo ritratto delle azioni da lui compiute anche in sua assenza, così come lo era stata quando egli era presente.

966. In tali esercizi si tenne occupata nella solitudine della sua abitazione. Le sue orazioni erano così fervorose che spargeva lacrime di sangue piangendo le colpe di tutti, e faceva genuflessioni e prostrazioni più di duecento volte al giorno. Ebbe molto cara questa pratica, che continuò per tutta la sua esistenza terrena in segno della sua umiltà, carità, riverenza e del suo culto incomparabile; di esso parlerò molte volte nel corso di questa Storia. Tali consuetudini le permisero di divenire ausiliatrice e collaboratrice nell'opera della redenzione, e furono così potenti ed efficaci presso il Padre che, per i suoi meriti e per il fatto che ella si trovava nel mondo, egli - a nostro modo di intendere - si dimenticò dei peccati di tutti i mortali, che ancora non erano degni della predicazione e dell'insegnamento del suo Unigenito. Maria tolse questo impedimento con le sue implorazioni e il suo ardore: fu la mediatrice che ci ottenne che avessimo come guida Gesù e che ricevessimo la legge del Vangelo dalla sua stessa bocca.

967. Quando la Regina abbandonava l'alto e sovraeminente grado della contemplazione, nel tempo che le rimaneva si intratteneva in colloquio con i suoi angeli, che avevano di nuovo ricevuto da sua Maestà l'ordine di prestarle assistenza in forma visibile sino a quando egli non fosse rientrato, con l'obbligo di servire così il suo tabernacolo, custodendo la città santa della sua dimora; essi obbedivano in tutto, servendola con mirabile e degno ossequio. L'amore, che per sua essenza è molto attivo e stenta a tollerare il distacco e la privazione dell'oggetto che lo attira dietro di sé, non trova maggior conforto che nel discorrere della sua sofferenza e replicarne le giuste cause, rinnovando il ricordo del diletto e riferendone le qualità ed eccellenze. In tal modo si sforza di arginare le sue pene e inganna o distrae il suo dolore, ricorrendo, in luogo dell'originale, alle immagini lasciate nella memoria dall'amato. Così avveniva nell'intimo della Madre; infatti, mentre con tutte le sue facoltà era immersa nell'oceano della Divinità non sentiva la mancanza fisica di Cristo, ma allorché ritornava all'uso dei sensi, che assuefatti a un bene così attraente ora venivano ad esserne privati, speri-

mentava subito la forza struggente dell'amore più acceso, casto e vero che si possa concepire, perché la natura umana non avrebbe potuto sopportare tanto tormento senza che in esso venisse meno la vita, se non fosse stata sorretta dagli aiuti divini.

968. Per dare qualche sollievo alla sua afflizione, la Ver gine si rivolgeva agli esseri celesti e diceva loro: «Ministri diligenti dell'Onnipotente, plasmati dalle sue mani, amici e compagni miei, datemi sue notizie: rivelatemi dove sta e confidategli che muoio per la sua lontananza, perché egli è tutto per me. O dolce tesoro dell'anima mia! Dove si trova ora la vostra bellezza, che per grazia e armonia supera quella di tutti i figli degli uomini? Dove reclinerete il vostro capo? Dove riposerà dalle sue fatiche la vostra delicatissima e santissima umanità? Chi avrà cura di voi, luce dei miei occhi? E come cesseranno le mie lacrime, senza il chiaro Sole che mi illuminava? Dove troverete un po' di riposo? E dove lo troverà questa sola e povera tortorella? In quale porto approderà questa navicella scossa dalle onde dell'amore? Dove troverà tranquillità? O centro dei miei desideri, non è possibile dimenticare la vostra presenza! Come dunque sarà viverla soltanto nella memoria, senza poterne realmente godere? Che farò? Chi mi consolerà e mi farà compagnia in questa amara solitudine? Ma che cosa cerco, e che cosa potrò mai trovare tra le creature, se mi mancate voi, voi che siete l'unico che il mio cuore brami? Spiriti sovrani, ditemi: Che cosa fa il mio Signore? Raccontatemi le sue azioni, e di ciò che vive intimamente non nascondetemi nulla per quanto vi sarà manifesto nello specchio del suo essere divino e del suo volto. Riferitemi tutti i suoi passi, perché io li segua e li ricalchi».

969. Essi la sostenevano nell'affanno dei suoi lamenti, parlandole dell'Altissimo e ripetendole magnifiche lodi del Verbo incarnato e delle sue perfezioni. Con sollecitudine poi la informavano di tutto quello che egli faceva e dei luoghi in cui stava, illuminando il suo intelletto nello stesso modo in cui un angelo superiore illumina l'inferiore; ella infatti conferiva e trattava con loro interiormente secondo tale ordine e modalità spirituale, senza alcun impedimento da parte del corpo e senza l'uso dei sensi. Così le veniva comunicato quando Gesù era raccolto in orazione, quando predicava, quando visitava i poveri e gli ammalati e quando era impegnato in altre attività. Per quanto poteva, Maria lo imitava, fino a compiere opere eccellenti, che almeno in parte alleviavano la sua intensa sofferenza.

970. Talvolta gli inviava i medesimi custodi, perché lo assistessero in suo nome, e diceva loro parole molto prudenti di grande saggezza e riverenza, che essi avrebbero dovuto riferirgli. Soleva anche dar loro un pezzo di tela o un fazzoletto che aveva ricamato con le sue mani, in modo che potessero usarlo per asciugare il suo venerabile viso, qualora l'avessero visto angosciato e sudar sangue mentre pregava; le era noto infatti che egli avrebbe patito più volte questa agonia, e tanto maggiormente quanto più avrebbe dato corso ai misteri della redenzione. Essi in tutte queste cose le obbedivano con incredibile rispetto e timore, perché coscienti del fatto che era volontà superna che la assecondassero. Altre volte, per avviso dei suoi messaggeri o per speciale visione e rivelazione di Dio, ella veniva a conoscere che sua Maestà si ritirava sui monti ad intercedere per i mortali; allora dalla sua casa l'accompagnava in ogni azione, ed elevava suppliche mantenendo la sua stessa posizione e usando le sue stesse espressioni. In alcune occasioni ancora, si prodigava per la sua alimentazione inviandogli del cibo, quando sapeva che non c'era nessuno che gliene desse. Tuttavia ciò accadde poche volte, poiché egli non consentì che sua Madre si comportasse sempre come avrebbe voluto, e così nell'arco dei quaranta giorni in cui digiunò ella non gli mandò nulla.

971. Altre volte poi si dedicava alla composizione di cantici di lode all'Onnipotente, o da sola durante l'orazione o in compagnia degli angeli, alternandosi a loro nella disposizione dei versetti: questi inni erano sublimi per stile e profondissimi per contenuto. Molte erano anche le circostanze in cui, a emulazione di Cristo, attendeva alle necessità del prossimo: visitava gli infermi, consolava i tribolati e gli afflitti, illuminava gli ignoranti e ricolmava tutti di grazie celesti, rendendoli più buoni. Solamente nel periodo in cui il Maestro fece astinenza rimase rinchiusa e isolata senza conversare con alcuno. In tale stato di solitudine e di distacco da qualunque creatura, le sue estasi furono più prolungate e frequenti, e con esse ricevette incomparabili favori dall'Eterno, la cui mano scriveva e dipingeva in lei, come in una tela ben preparata e disposta, mirabili disegni e forme delle sue infinite virtù. Utilizzava tutti questi doni per la salvezza del genere umano e, impegnandosi, rivolgeva ogni sforzo a seguire più perfettamente suo Figlio e ad aiutarlo come coadiutrice nelle opere della redenzione. Sebbene poi questi benefici e questo intimo dialogo non potessero aver luogo senza nuovo e rigenerante giubilo dello Spirito Santo in lei, contemporaneamente avveniva che, nella sensibilità, ella soffrisse a sua imitazione, come aveva desiderato e chiesto. Poiché era insaziabile in questa brama, implorava il Padre con fervente ardore, rinnovando il sacrificio a lui gradito della vita dell'Unigenito e della sua, che per sua stessa volontà aveva offerto. Nel tormentarsi per il suo diletto, l'aspirazione e l'angoscia della sua anima erano incessanti e la infiammavano a tal punto che pativa perché non pativa.

 

Insegnamento della Regina del cielo

972. Carissima, la sapienza della carne ha reso gli uomini stolti e nemici dell'Altissimo, perché è diabolica, fraudolenta, terrena e non si assoggetta alla legge divina. E quanto più essi si affaticano per comprendere i malvagi fini delle loro passioni carnali e animali e i mezzi per conseguirli, tanto più ignari divengono delle cose del Signore, indispensabili per arrivare al loro vero ed ultimo fine. Questa insipienza nei credenti è più deplorevole e odiosa ai suoi occhi. A qual titolo i figli di questo secolo pretendono di chiamarsi figli di Dio, fratelli di Gesù e suoi eredi? Per quanto è possibile, il figlio adottivo deve essere simile in tutto al figlio naturale; nei fratelli si nota una certa somiglianza; l'erede non è tale per qualunque parte gli tocchi degli averi di suo padre, se cioè non gode del patrimonio e dell'eredità principale. Come dunque saranno eredi con Cristo coloro che amano e cercano soltanto i beni caduchi, e si compiacciono in essi? Come saranno suoi fratelli coloro che tanto si discostano dalle sue caratteristiche e dal suo insegnamento? Come saranno conformi alla sua immagine coloro che la cancellano tante volte e si lasciano così spesso imprimere quella della bestia infernale?

973. Tu, grazie alla luce superna, conosci queste verità e sai quanto io faticai per rendermi somigliante a sua Maestà, ma non pensare che ti abbia dato una cognizione così sublime dei miei atti gratuitamente, perché la mia speranza è che questo ricordo resti inciso nel tuo intimo e sia come un libro sempre aperto innanzi a te: su di esso aggiusta la tua condotta e regola le tue azioni per tutto il tempo del tuo pellegrinaggio, che non può durare molto a lungo. Non ti confondere e non ti impelagare nei rapporti con le creature in modo da ritardare nel seguirmi: lasciale andare, evitale e aborriscile nella misura in cui ti possono essere in ciò di impedimento. Per farti progredire alla mia scuola, io ambisco che tu sia povera, umile, disprezzata, umiliata ed in tutto con viso lieto e animo allegro. Non ti appaghino gli applausi né gli affetti di alcuno e non gradire la benevolenza dei mortali, perché l'Onnipotente non ti vuole per cure così inutili, né per occupazioni così basse ed incompatibili con lo stato al quale ti chiama. Pondera con docile attenzione le dimostrazioni di tenerezza che hai avuto dalla sua mano, e come per arricchirti abbia impiegato i grandi tesori dei suoi doni. Hanno ben chiaro questo Lucifero e i suoi, che sono armati di sdegno e di artifici contro di te, e non lasceranno pietra che non muovano per distruggerti. La guerra più accanita sarà contro la tua anima, dove essi indirizzano tutto il potenziale della loro astuzia e sagacia. Sii attenta e vigilante, chiudi gli accessi ai tuoi sensi e custodisci la tua volontà, impedendole di volgersi a qualunque cosa umana, per buona ed onesta che appaia. Sappi infatti che, se con il tuo amore non colmerai la misura voluta dall'Eterno, per quel poco che lo amerai di meno egli aprirà la porta ai tuoi avversari. Tutto il regno è dentro di te': l'hai nel cuore e lì lo troverai, e con esso ti verrà il beneficio cui aneli. Non dimenticare la mia dottrina, nascondila nella tua cella interiore e medita che è ingente il pericolo e il danno da cui desidero allontanarti. Considera anche che il tentare di ricalcare le mie orme è il maggior bene che tu possa opinare. Ora io mi sento mossa da enorme clemenza a concedertelo, se tu ti disponi a ciò con pensieri elevati, parole sante ed opere perfette, che ti innalzino allo stato in cui l'Altissimo ed io vogliamo collocarti.


Sete di salvare il mondo

Beata Alexandrina Maria da Costa


Non so dire ciò che avviene nella mia anima, ma lo sa Gesù, sa che non mento... Sento di essere un cumulo di peccati, di corruzione; un cu­mulo di freddezza, di ingratitudine, di dimenticanze nei riguardi di Gesù, mi pare di essere un mare di sangue. Che dolore nel sentire che ho fatto tutto e più nulla posso fare per il mondo! Ma, mio Dio, che cosa ho fatto io se tutto ciò che soffro e faccio non mi appartiene? Il come posso sentire che ho fatto tutto per la salvezza del mondo? Non ho dato per esso la mia vita, ma questa stessa l'ho già offerta a Gesù. Che cosa è questo mare di sangue che io sento di essere? Lo sai Tu, Gesù: è quanto basta. Mi pare che tutta l'umanità vi sia immersa. Oh, se io sapessi ciò che posso fare per salvarla! E i poveri bambini del limbo? Non tralascio la mia offerta, la mia richiesta a Gesù di andare a battezzarli. Se io potessi, e Gesù lo consentisse, vorrei stare in ginocchio fin che dura il mondo, per ottenere da Gesù questa grazia: battezzare le creaturine. Mi pare di morire di compassione per loro.

E le anime che stanno all'inferno!... La mia anima sente un dolore indicibile, non tanto per i tormenti che soffrono là, ma piuttosto perché non potranno mai vedere Dio. Oh, che tenebrosa sofferenza!... Non so cosa mi dico: vorrei soffrire tutto per rimediare a tutti questi mali. - O Gesù, mio amore, Tu vedi, Tu sai la sincerità delle mie parole: non escono soltanto dalle mie labbra, ma dal più intimo del mio cuore, tra il più grande dolore e l'agonia della mia anima. Sì, mio buon Gesù: non è inganno la mia vita, come qualcuno afferma. Per grazia e misericordia tua non ho mai pensato di ingannare. Vi è in me qualcosa di buono e lodevole? Non lo sento, non lo conosco. Ma se vi è, appartiene a Te, non è mio. Quante spine feriscono questo cuore che non esiste se non per soffrire! Dal più intimo dell'anima Ti chiedo perdono per coloro che tanto crudelmente mi fanno soffrire. La mia anima sente che molti di costoro vogliono ora pulirsi servendosi di me, ma non possono: io sono uno straccio immondo; si spor­cherebbero di più. -

Oh, quanto sono addolorata! Ma, piuttosto soffrire milioni di volte, innocente, che una sola volta, colpevole. Non voglio perdere la mia unione con Dio un solo momento... Ho passato tutta la notte sveglia. Ho chiesto molte cose­a Gesù. Ho ripetuto la mia offerta di vittima. L'ho ringraziata del beneficio di non dormire perché così posso fargli maggior, compagnia, vivere di più la sua vita e confidarmi da sola con Lui... Durante queste confidenze a Gesù, fui assalita dal demonio. Usò astuzia, malizia e parole vergognose che non posso dire... (diario, 22-1-1945).

Il sole e la luce del giorno hanno cessato di esistere nel mondo? Mi pare che la notte più tormentosa ed oscura abbia invaso tutto: non v'è luce, non gioia, non vita. Sono morta e sento che sono morti tutti coloro che mi sono cari. È venuto il medico. Mi pareva di non vederlo: era come ­un cadavere vicino ad un altro. Come sempre, nella sua bontà e santità cercò di sollevarmi dal mio sfinimento, di infondermi coraggio e fiducia. O mio Dio, che indifferenza! Quanto diceva pareva non riguardarmi. Avevo perfino paura di lui, molta paura. - Gesù, toglimi tutto, dammi il tuo divino Amore in cam­bio di tutto quello che mi togli. Dammi un'infinità di anime; dammi l'immensità del tuo infinito amore. Voglio amarti con questo amore e amarti per quelle anime che ti chiedo. Ho sete, Gesù, ho sete; sete che mi brucia e mi consuma; sete che qui sulla terra non può mai essere saziata; ho sete di amarti e di vederti amato da quella infinità di anime che ti chiedo; ho sete di soffrire, soffrire sempre più per conquistare c salvare per Te quelle anime. - O mondo, o mondo! Senza volere appartenerti, senza volere amarti, ti amo pazzamente, ti voglio ad ogni costo; non posso lasciarti, mondo caro, senza vederti interamente salvo. Queste ansie, questi desideri non mi appartengono; non nascono da me: io sono morte, soltanto morte. Siano di chi si voglia, ap­partengano a chi si voglia, sono per Gesù; sono per conso­larlo, sono per amarlo. - O mio Gesù, lega il mio cuore al Tuo; che nulla ci possa separare. Lega a Te anche i cuori del mondo intero. Non voglio che vi sia in questa povera umanità altra cosa all'infuori dell'amore: amore puro al tuo Cuore divino. Voglio che questa mia vita sia tutta una vita solo di lode a Te. Che posso desi­derare di più? Come soffrire di più? Vorrei strapparmi il cuore e consegnarlo alle fiamme del più ardente amore e poterti dire: « questo è l'amore di tutta l'umanità »... - (diario, 25-1-1945).