Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 7° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Luca 5
1Un giorno, mentre, levato in piedi, stava presso il lago di Genèsaret2e la folla gli faceva ressa intorno per ascoltare la parola di Dio, vide due barche ormeggiate alla sponda. I pescatori erano scesi e lavavano le reti.3Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
4Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: "Prendi il largo e calate le reti per la pesca".5Simone rispose: "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti".6E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.7Allora fecero cenno ai compagni dell'altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.8Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù, dicendo: "Signore, allontanati da me che sono un peccatore".9Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto;10così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedèo, che erano soci di Simone. Gesù disse a Simone: "Non temere; d'ora in poi sarai pescatore di uomini".11Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
12Un giorno Gesù si trovava in una città e un uomo coperto di lebbra lo vide e gli si gettò ai piedi pregandolo: "Signore, se vuoi, puoi sanarmi".13Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: "Lo voglio, sii risanato!". E subito la lebbra scomparve da lui.14Gli ingiunse di non dirlo a nessuno: "Va', mostrati al sacerdote e fa' l'offerta per la tua purificazione, come ha ordinato Mosè, perché serva di testimonianza per essi".15La sua fama si diffondeva ancor più; folle numerose venivano per ascoltarlo e farsi guarire dalle loro infermità.16Ma Gesù si ritirava in luoghi solitari a pregare.
17Un giorno sedeva insegnando. Sedevano là anche farisei e dottori della legge, venuti da ogni villaggio della Galilea, della Giudea e da Gerusalemme. E la potenza del Signore gli faceva operare guarigioni.18Ed ecco alcuni uomini, portando sopra un letto un paralitico, cercavano di farlo passare e metterlo davanti a lui.19Non trovando da qual parte introdurlo a causa della folla, salirono sul tetto e lo calarono attraverso le tegole con il lettuccio davanti a Gesù, nel mezzo della stanza.20Veduta la loro fede, disse: "Uomo, i tuoi peccati ti sono rimessi".21Gli scribi e i farisei cominciarono a discutere dicendo: "Chi è costui che pronuncia bestemmie? Chi può rimettere i peccati, se non Dio soltanto?".22Ma Gesù, conosciuti i loro ragionamenti, rispose: "Che cosa andate ragionando nei vostri cuori?23Che cosa è più facile, dire: Ti sono rimessi i tuoi peccati, o dire: Àlzati e cammina?24Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere sulla terra di rimettere i peccati: io ti dico - esclamò rivolto al paralitico - alzati, prendi il tuo lettuccio e va' a casa tua".25Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e si avviò verso casa glorificando Dio.26Tutti rimasero stupiti e levavano lode a Dio; pieni di timore dicevano: "Oggi abbiamo visto cose prodigiose".
27Dopo ciò egli uscì e vide un pubblicano di nome Levi seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi!".28Egli, lasciando tutto, si alzò e lo seguì.
29Poi Levi gli preparò un grande banchetto nella sua casa. C'era una folla di pubblicani e d'altra gente seduta con loro a tavola.30I farisei e i loro scribi mormoravano e dicevano ai suoi discepoli: "Perché mangiate e bevete con i pubblicani e i peccatori?".31Gesù rispose: "Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati;32io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori a convertirsi".
33Allora gli dissero: "I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece i tuoi mangiano e bevono!".34Gesù rispose: "Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro?35Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno".36Diceva loro anche una parabola: "Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio; altrimenti egli strappa il nuovo, e la toppa presa dal nuovo non si adatta al vecchio.37E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si versa fuori e gli otri vanno perduti.38Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi.39Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: Il vecchio è buono!".
Levitico 7
1Questa è la legge del sacrificio di riparazione; è cosa santissima.2Nel luogo, dove si immola l'olocausto, si immolerà la vittima di riparazione; se ne spargerà il sangue attorno all'altare3e se ne offrirà tutto il grasso: la coda, il grasso che copre le viscere,4i due reni con il loro grasso e il grasso attorno ai lombi e al lobo del fegato che si distaccherà sopra i reni.5Il sacerdote brucerà tutto questo sull'altare come sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore. Questo è un sacrificio di riparazione.6Ogni maschio di famiglia sacerdotale ne potrà mangiare; lo si mangerà in luogo santo; è cosa santissima.
7Il sacrificio di riparazione è come il sacrificio espiatorio; la stessa legge vale per ambedue; la vittima sarà del sacerdote che avrà compiuta l'espiazione.8Il sacerdote, che avrà fatto l'olocausto per qualcuno, avrà per sé la pelle dell'olocausto da lui offerto.9Così anche ogni oblazione, cotta nel forno o preparata nella pentola o nella teglia, sarà del sacerdote che l'ha offerta.10Ogni oblazione impastata con olio o asciutta sarà per tutti i figli di Aronne in misura uguale.
11Questa è la legge del sacrificio di comunione, che si offrirà al Signore.12Se uno l'offre in ringraziamento, offrirà, con il sacrificio di comunione, focacce senza lievito intrise con olio, schiacciate senza lievito unte con olio e fior di farina cotta, in forma di focacce intrise con olio.13Presenterà anche, come offerta, oltre le dette focacce, focacce di pan lievitato, insieme con il sacrificio di ringraziamento.14Di ognuna di queste offerte una parte si presenterà come oblazione prelevata in onore del Signore; essa sarà del sacerdote che ha sparso il sangue della vittima del sacrificio di comunione.15La carne del sacrificio di ringraziamento dovrà mangiarsi il giorno stesso in cui esso viene offerto; non se ne lascerà nulla fino alla mattina.
16Ma se il sacrificio che uno offre è votivo o volontario, la vittima si mangerà il giorno in cui verrà offerta, il resto dovrà esser mangiato il giorno dopo;17ma quel che sarà rimasto della carne del sacrificio fino al terzo giorno, dovrà bruciarsi nel fuoco.
18Se uno mangia la carne del sacrificio di comunione il terzo giorno, l'offerente non sarà gradito; dell'offerta non gli sarà tenuto conto; sarà un abominio; chi ne avrà mangiato subirà la pena della sua iniquità.19La carne che sarà stata in contatto con qualche cosa di immondo, non si potrà mangiare; sarà bruciata nel fuoco.
20Chiunque sarà mondo potrà mangiare la carne del sacrificio di comunione; ma la persona che, immonda, mangerà la carne del sacrificio di comunione offerto al Signore sarà eliminata dal suo popolo.21Se uno toccherà qualsiasi cosa immonda: un'immondezza umana, un animale immondo o qualsiasi cosa abominevole, immonda, e mangerà la carne d'un sacrificio di comunione offerto al Signore, quel tale sarà eliminato dal suo popolo".
22Il Signore disse ancora a Mosè:23"Parla agli Israeliti e riferisci loro: Non mangerete alcun grasso, né di bue, né di pecora, né di capra.24Il grasso di una bestia che è morta naturalmente o il grasso d'una bestia sbranata potrà servire per qualunque altro uso; ma non ne mangerete affatto;25perché chiunque mangerà il grasso di animali che si possono offrire in sacrificio consumato dal fuoco in onore del Signore, sarà eliminato dal suo popolo.26E non mangerete affatto sangue, né di uccelli né di animali domestici, dovunque abitiate.27Chiunque mangerà sangue di qualunque specie sarà eliminato dal suo popolo".
28Il Signore aggiunse a Mosè:29"Parla agli Israeliti e di' loro: Chi offrirà al Signore il sacrificio di comunione porterà una offerta al Signore, prelevandola dal sacrificio di comunione.30Porterà con le proprie mani ciò che deve essere offerto al Signore con il fuoco: porterà il grasso insieme con il petto, il petto per presentarlo con il rito d'agitazione davanti al Signore.31Il sacerdote brucerà il grasso sopra l'altare; il petto sarà di Aronne e dei suoi figli.32Darete anche in tributo al sacerdote la coscia destra dei vostri sacrifici di comunione.33Essa spetterà, come sua parte, al figlio di Aronne che avrà offerto il sangue e il grasso dei sacrifici di comunione.34Poiché, dai sacrifici di comunione offerti dagli Israeliti, io mi riservo il petto della vittima offerta con l'agitazione di rito e la coscia della vittima offerta con l'elevazione di rito e li dò al sacerdote Aronne e ai suoi figli per legge perenne, che gli Israeliti osserveranno.35Questa è la parte dovuta ad Aronne e ai suoi figli, dei sacrifici bruciati in onore del Signore, dal giorno in cui eserciteranno il sacerdozio del Signore.36Agli Israeliti il Signore ha ordinato di dar loro questo, dal giorno della loro unzione. È una parte che è loro dovuta per sempre, di generazione in generazione.
37Questa è la legge per l'olocausto, l'oblazione, il sacrificio espiatorio, il sacrificio di riparazione, l'investitura e il sacrificio di comunione: legge che il Signore ha dato a Mosè sul monte Sinai, quando ordinò agli Israeliti di presentare le offerte al Signore nel deserto del Sinai".
Salmi 10
1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'
2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.
4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.
6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.
8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.
10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.
12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.
14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.
16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.
22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.
26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".
33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?
35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Salmi 10
1'Al maestro del coro. In sordina. Salmo. Di Davide.'
2Loderò il Signore con tutto il cuore
e annunzierò tutte le tue meraviglie.
3Gioisco in te ed esulto,
canto inni al tuo nome, o Altissimo.
4Mentre i miei nemici retrocedono,
davanti a te inciampano e periscono,
5perché hai sostenuto il mio diritto e la mia causa;
siedi in trono giudice giusto.
6Hai minacciato le nazioni, hai sterminato l'empio,
il loro nome hai cancellato in eterno, per sempre.
7Per sempre sono abbattute le fortezze del nemico,
è scomparso il ricordo delle città che hai distrutte.
8Ma il Signore sta assiso in eterno;
erige per il giudizio il suo trono:
9giudicherà il mondo con giustizia,
con rettitudine deciderà le cause dei popoli.
10Il Signore sarà un riparo per l'oppresso,
in tempo di angoscia un rifugio sicuro.
11Confidino in te quanti conoscono il tuo nome,
perché non abbandoni chi ti cerca, Signore.
12Cantate inni al Signore, che abita in Sion,
narrate tra i popoli le sue opere.
13Vindice del sangue, egli ricorda,
non dimentica il grido degli afflitti.
14Abbi pietà di me, Signore,
vedi la mia miseria, opera dei miei nemici,
tu che mi strappi dalle soglie della morte,
15perché possa annunziare le tue lodi,
esultare per la tua salvezza
alle porte della città di Sion.
16Sprofondano i popoli nella fossa che hanno scavata,
nella rete che hanno teso si impiglia il loro piede.
17Il Signore si è manifestato, ha fatto giustizia;
l'empio è caduto nella rete, opera delle sue mani.
18Tornino gli empi negli inferi,
tutti i popoli che dimenticano Dio.
19Perché il povero non sarà dimenticato,
la speranza degli afflitti non resterà delusa.
20Sorgi, Signore, non prevalga l'uomo:
davanti a te siano giudicate le genti.
21Riempile di spavento, Signore,
sappiano le genti che sono mortali.
22Perché, Signore, stai lontano,
nel tempo dell'angoscia ti nascondi?
23Il misero soccombe all'orgoglio dell'empio
e cade nelle insidie tramate.
24L'empio si vanta delle sue brame,
l'avaro maledice, disprezza Dio.
25L'empio insolente disprezza il Signore:
"Dio non se ne cura: Dio non esiste";
questo è il suo pensiero.
26Le sue imprese riescono sempre.
Son troppo in alto per lui i tuoi giudizi:
disprezza tutti i suoi avversari.
27Egli pensa: "Non sarò mai scosso,
vivrò sempre senza sventure".
28Di spergiuri, di frodi e d'inganni ha piena la bocca,
sotto la sua lingua sono iniquità e sopruso.
29Sta in agguato dietro le siepi,
dai nascondigli uccide l'innocente.
30I suoi occhi spiano l'infelice,
sta in agguato nell'ombra come un leone nel covo.
Sta in agguato per ghermire il misero,
ghermisce il misero attirandolo nella rete.
31Infierisce di colpo sull'oppresso,
cadono gl'infelici sotto la sua violenza.
32Egli pensa: "Dio dimentica,
nasconde il volto, non vede più nulla".
33Sorgi, Signore, alza la tua mano,
non dimenticare i miseri.
34Perché l'empio disprezza Dio
e pensa: "Non ne chiederà conto"?
35Eppure tu vedi l'affanno e il dolore,
tutto tu guardi e prendi nelle tue mani.
A te si abbandona il misero,
dell'orfano tu sei il sostegno.
Spezza il braccio dell'empio e del malvagio;
36Punisci il suo peccato e più non lo trovi.
37Il Signore è re in eterno, per sempre:
dalla sua terra sono scomparse le genti.
38Tu accogli, Signore, il desiderio dei miseri,
rafforzi i loro cuori, porgi l'orecchio
39per far giustizia all'orfano e all'oppresso;
e non incuta più terrore l'uomo fatto di terra.
Geremia 32
1Parola che fu rivolta a Geremia dal Signore nell'anno decimo di Sedecìa re di Giuda, cioè nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor.2L'esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nell'atrio della prigione, nella reggia del re di Giuda,3e ve lo aveva rinchiuso Sedecìa re di Giuda, dicendo: "Perché profetizzi con questa minaccia: Dice il Signore: Ecco metterò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la occuperà;4Sedecìa re di Giuda non scamperà dalle mani dei Caldei, ma sarà dato in mano del re di Babilonia e parlerà con lui faccia a faccia e si guarderanno negli occhi;5egli condurrà Sedecìa in Babilonia dove egli resterà finché io non lo visiterò - oracolo del Signore -; se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla"?
6Geremia disse: Mi fu rivolta questa parola del Signore:7"Ecco Canamèl, figlio di Sallùm tuo zio, viene da te per dirti: Cómprati il mio campo, che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di riscatto per acquistarlo".8Venne dunque da me Canamèl, figlio di mio zio, secondo la parola del Signore, nell'atrio della prigione e mi disse: "Compra il mio campo che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di acquisto e a te tocca il riscatto. Cómpratelo!".
Allora riconobbi che questa era la volontà del Signore9e comprai il campo da Canamèl, figlio di mio zio, e gli pagai il prezzo: diciassette sicli d'argento.10Stesi il documento del contratto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai l'argento sulla stadera.11Quindi presi il documento di compra, quello sigillato e quello aperto, secondo le prescrizioni della legge.12Diedi il contratto di compra a Baruc figlio di Neria, figlio di Macsia, sotto gli occhi di Canamèl figlio di mio zio e sotto gli occhi dei testimoni che avevano sottoscritto il contratto di compra e sotto gli occhi di tutti i Giudei che si trovavano nell'atrio della prigione.13Diedi poi a Baruc quest'ordine:14"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Prendi i contratti di compra, quello sigillato e quello aperto, e mettili in un vaso di terra, perché si conservino a lungo.15Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese".
16Pregai il Signore, dopo aver consegnato il contratto di compra a Baruc figlio di Neria:17"Ah, Signore Dio, tu hai fatto il cielo e la terra con grande potenza e con braccio forte; nulla ti è impossibile.18Tu usi misericordia con mille e fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di essi, Dio grande e forte, che ti chiami Signore degli eserciti.19Tu sei grande nei pensieri e potente nelle opere, tu, i cui occhi sono aperti su tutte le vie degli uomini, per dare a ciascuno secondo la sua condotta e il merito delle sue azioni.20Tu hai operato segni e miracoli nel paese di Egitto e fino ad oggi in Israele e fra tutti gli uomini e ti sei fatto un nome come appare oggi.21Tu hai fatto uscire dall'Egitto il tuo popolo Israele con segni e con miracoli, con mano forte e con braccio possente e incutendo grande spavento.22Hai dato loro questo paese, che avevi giurato ai loro padri di dare loro, terra in cui scorre latte e miele.
23Essi vennero e ne presero possesso, ma non ascoltarono la tua voce, non camminarono secondo la tua legge, non fecero quanto avevi comandato loro di fare; perciò tu hai mandato su di loro tutte queste sciagure.
24Ecco, le opere di assedio hanno raggiunto la città per occuparla; la città sarà data in mano ai Caldei che l'assediano con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu avevi detto avviene; ecco, tu lo vedi.25E tu, Signore Dio, mi dici: Comprati il campo con denaro e chiama i testimoni, mentre la città sarà messa in mano ai Caldei".
26Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:27 "Ecco, io sono il Signore Dio di ogni essere vivente; qualcosa è forse impossibile per me?28Pertanto dice il Signore: Ecco io darò questa città in mano ai Caldei e a Nabucodònosor re di Babilonia, il quale la prenderà.29Vi entreranno i Caldei che combattono contro questa città, bruceranno questa città con il fuoco e daranno alle fiamme le case sulle cui terrazze si offriva incenso a Baal e si facevano libazioni agli altri dèi per provocarmi.30Gli Israeliti e i figli di Giuda non hanno fatto che quanto è male ai miei occhi fin dalla loro giovinezza; gli Israeliti hanno soltanto saputo offendermi con il lavoro delle loro mani. Oracolo del Signore.
31Poiché causa della mia ira e del mio sdegno è stata questa città da quando la edificarono fino ad oggi; così io la farò scomparire dalla mia presenza,32a causa di tutto il male che gli Israeliti e i figli di Giuda commisero per provocarmi, essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme.
33Essi mi voltarono la schiena invece della faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non ascoltarono e non impararono la correzione.34Essi collocarono i loro idoli abominevoli perfino nel tempio che porta il mio nome per contaminarlo35e costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Hinnòn per far passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloch - cosa che io non avevo comandato, anzi neppure avevo pensato di istituire un abominio simile -, per indurre a peccare Giuda".
36Ora così dice il Signore Dio di Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste:37 "Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli.38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.39Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi.40Concluderò con essi un'alleanza eterna e non mi allontanerò più da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si distacchino da me.41Godrò nel beneficarli, li fisserò stabilmente in questo paese, con tutto il cuore e con tutta l'anima".42Poiché così dice il Signore: "Come ho mandato su questo popolo tutto questo grande male, così io manderò su di loro tutto il bene che ho loro promesso.43E compreranno campi in questo paese, di cui voi dite: È una desolazione, senza uomini e senza bestiame, lasciato in mano ai Caldei.44Essi si compreranno campi con denaro, stenderanno contratti e li sigilleranno e si chiameranno testimoni nella terra di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda e nelle città della montagna e nelle città della Sefèla e nelle città del mezzogiorno, perché cambierò la loro sorte". Oracolo del Signore.
Lettera agli Efesini 2
1Anche voi eravate morti per le vostre colpe e i vostri peccati,2nei quali un tempo viveste alla maniera di questo mondo, seguendo il principe delle potenze dell'aria, quello spirito che ora opera negli uomini ribelli.3Nel numero di quei ribelli, del resto, siamo vissuti anche tutti noi, un tempo, con i desideri della nostra carne, seguendo le voglie della carne e i desideri cattivi; ed eravamo per natura meritevoli d'ira, come gli altri.4Ma Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati,5da morti che eravamo per i peccati, ci ha fatti rivivere con Cristo: per grazia infatti siete stati salvati.6Con lui ci ha anche risuscitati e ci ha fatti sedere nei cieli, in Cristo Gesù,7per mostrare nei secoli futuri la straordinaria ricchezza della sua grazia mediante la sua bontà verso di noi in Cristo Gesù.
8Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio;9né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.10Siamo infatti opera sua, creati in Cristo Gesù per le opere buone che Dio ha predisposto perché noi le praticassimo.
11Perciò ricordatevi che un tempo voi, pagani per nascita, chiamati incirconcisi da quelli che si dicono circoncisi perché tali sono nella carne per mano di uomo,12ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d'Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio in questo mondo.13Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo.
14Egli infatti è la nostra pace,
colui che ha fatto dei due un popolo solo,
abbattendo il muro di separazione che era frammezzo,
cioè l'inimicizia,
15annullando, per mezzo della sua carne,
la legge fatta di prescrizioni e di decreti,
per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace,
16e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo,
per mezzo della croce,
distruggendo in se stesso l'inimicizia.
17Egli è venuto perciò ad 'annunziare pace'
a voi 'che eravate lontani e pace a coloro che erano vicini'.
18Per mezzo di lui possiamo presentarci, gli uni e gli altri,
al Padre in un solo Spirito.
19Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio,20edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, e avendo come pietra angolare lo stesso Cristo Gesù.21In lui ogni costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore;22in lui anche voi insieme con gli altri venite edificati per diventare dimora di Dio per mezzo dello Spirito.
Capitolo XLII: La nostra pace non dobbiamo porla negli uomini
Leggilo nella Biblioteca1. O figlio, se la tua pace l'attendi da qualcuno, secondo il tuo sentimento e il piacere di stare con lui, avrai sempre incertezza ed impacci. Se, invece, tu ricorrerai alla verità, sempre viva e stabile, non sarai contristato per l'abbandono da parte di un amico; neppure per la sua morte. Su di me deve essere fondato l'amore per l'amico; in me deve essere amato chi ti appare degno e ti è particolarmente caro in questa vita; senza di me non regge e non dura l'amicizia; non c'è legame d'amicizia veramente puro, se non sono io ad annodarlo. Perciò tu devi essere totalmente morto ad ogni attaccamento verso persone che ti siano care così da preferire, per quanto sta in te, di essere privo di ogni umana amicizia.
2. Tanto più ci si avvicina a Dio, quanto più ci si ritira lontano da ogni conforto terreno. Tanto più si ascende in alto, a Dio, quanto più si entra nel profondo di noi stessi, persuadendosi di non valere proprio nulla. Che se uno, invece, attribuisce a sé qualcosa di buono, questi ostacola la venuta della grazia divina il lui; giacché la grazia dello Spirito Santo cerca sempre un cuore umile. Se tu sapessi annichilirti e uscire da ogni affetto di quaggiù, liberandoti da ogni attaccamento di questo mondo, allora, certamente, io verrei a te, con larghezza di grazia; infatti, quando guardi alle creature, ti si sottrae la vista del Creatore. Per amore del Creatore, dunque, vinci te stesso, in tutte le cose; così potrai giungere a conoscere Dio. Se una cosa, per quanto piccola sia, la si ama e ad essa si guarda non rettamente, questa ti ostacola la via verso il sommo Dio, e ti corrompe.
Omelia VIII sul Genesi
Origene - Origene
Leggilo nella Biblioteca
Abrahamo offre suo figlio Isacco
1. Porgete orecchio, o voi che vi siete avvicinati a Dio, che vi credete fedeli, e considerate con grande diligenza come viene messa a prova la fede dei fedeli, dalla lettura che ci è stata proclamata.E avvenne, dopo queste parole, che Iddio tentò Abrahamo, e gli disse: Abrahamo, Abrahamo. Ed egli disse: Eccomi (Gen 22, 1). Osserva bene le parole scritte, una per una: in ciascuna, infatti, se uno sa scavare in profondo, troverà un tesoro; e forse, anche dove non pensa, sono nascosti i gioielli preziosi dei misteri.
Quest'uomo prima si chiamava Abramo, e da nessuna parte leggiamo che Dio lo abbia chiamato con questo nome, o gli abbia detto: Abramo, Abramo. Infatti non poteva essere chiamato da Dio con un nome destinato a essere cancellato, ma lo chiama con il nome che egli stesso gli ha donato (Gen 17, 5), e non solo lo chiama con questo nome, ma anche lo ripete.
E quando egli ha risposto: Eccomi, gli dice: Prendi il tuo figlio carissimo, che ami, Isacco, e offrilo a me. Va' in un luogo elevato, e là offrilo in olocausto su uno dei monti che ti mostrerò (Gen 22, 2). Dio stesso poi spiega perché gli ha dato un nome e lo ha chiamato Abrahamo: Poiché ti ho posto padre di molte genti (Gen 17, 5). Dio gli fece questa promessa quando aveva il figlio Ismaele, ma gli promise che tale promessa si sarebbe compiuta nel figlio che sarebbe nato da Sara. Aveva dunque infiammato i suoi desideri per l'amore di un figlio non solo a motivo della discendenza, ma anche per la speranza delle promesse.
Ma ora gli è ingiunto di offrire in olocausto al Signore su uno dei monti questi, nel quale sono state riposte per lui queste promesse grandi e mirabili, questo figlio, dico, nel quale il suo nome è stato chiamato Abrahamo.
Come reagisci tu a queste cose, o Abrahamo? Quali pensieri, e di qual genere, si agitano nel tuo cuore? Da Dio è uscita una voce per vagliare e mettere alla prova la tua fede. Cosa rispondi a queste cose? Cosa pensi? Cosa rimetti in discussione? Forse che rivolgi in cuor tuo il pensiero: se in Isacco mi è stata fatta la promessa, e ora lo offro in olocausto, resta che io non debba sperare più in quella promessa? O pensi piuttosto, e dici che è impossibile che mentisca colui che ha promesso, e che, qualunque cosa accada, la promessa resterà?
Davvero, io che sono il minimo (cf 1 Cor 15, 9), non sono capace di scrutare i pensieri di un così grande patriarca, e non posso sapere quali pensieri gli abbia mosso, quale sentimento gli abbia arrecato la voce di Dio, che si era manifestata per tentarlo, quando gli comandò di uccidere il figlio unico. Ma poiché lo spirito dei profeti è soggetto ai profeti (1 Cor 14, 32), l'apostolo Paolo che, per opera dello Spirito, credo, aveva appreso quale sentimento, quale consiglio portasse in sé Abrahamo, li indicò dicendo: Per la fede Abrahamo non esitò, nell'offrire l'unico figlio, nel quale aveva ricevuto le promesse, pensando che Dio è potente a risuscitarlo anche dai morti (Eb 11, 17. 19). L'Apostolo ci ha dunque rivelato i pensieri dell'uomo fedele, e cioè che già allora, in Isacco, ebbe il suo inizio la fede nella risurrezione. Abrahamo dunque sperava che Isacco sarebbe risorto, e credeva che sarebbe accaduto quel che ancora non si era verificato. Come dunque possono essere figli di Abrahamo (Gv 8, 37), coloro che non credono che si sia compiuto nel Cristo quello che egli credette sarebbe accaduto in Isacco?
Anzi, per esprimermi più chiaramente, Abrahamo sapeva di prefigurare un'immagine della verità futura, sapeva che dal suo seme sarebbe nato il Cristo, il quale avrebbe dovuto essere offerto come vera vittima di tutto il mondo, e sarebbe risorto dai morti.
In Isacco le promesse
2. Ma intanto ora Dio tentava Abrahamo, e gli dice: Prendi il tuo figlio carissimo, che ami (Gen 22, 1-2); non gli era bastato aver detto figlio, ma aggiunge anche carissimo; sia pure, ma perché aggiunge ancora: che ami? Considera la gravità della tentazione: mediante questi dolci e cari nomi, di nuovo e più volte ripetuti, sono eccitati i sentimenti del padre, affinché, essendo ben desta la memoria dell'amore, la destra del padre sia trattenuta nell'immolare il figlio, e tutta la milizia della carne faccia lotta contro la fede dell'anima.Prendi, dice dunque, il tuo figlio carissimo, che ami, Isacco ; sia pure, Signore, che tu ricordi il figlio al padre; aggiungi anche carissimo di colui che comandi di uccidere; basti questo al supplizio del padre; di nuovo aggiungi anche che ami; pure in questo siano triplicati i supplizi del padre; ma che bisogno c'è ancora che tu ricordi anche Isacco? Forse che Abrahamo non sapeva che quel suo figlio carissimo, colui che egli amava, si chiamava Isacco? Ma perché si aggiunge ciò a questo punto? Perché Abrahamo si ricordasse che gli avevi detto: In Isacco si chiamerà per te la discendenza, e in Isacco saranno per te le promesse (cf Gen 21, 12; Rm 9, 7-8; Eb 11, 18; Gal 3, 16.18; 4, 23). Viene anche ricordato il nome, affinché subentri la disperazione nei confronti delle promesse che erano state fatte in questo nome. Ma tutto questo, perché Iddio tentava Abrahamo.
Il luogo elevato
3. E dopo ciò? Va' in un luogo elevato, su uno dei monti che ti mostrerò, e là offrilo in olocausto (Gen 22, 2); considerate dai particolari come si accresce la tentazione: Va' in un luogo elevato; forse che Abrahamo, con il fanciullo, non poteva essere condotto prima a quel luogo elevato, ed essere collocato prima sul monte, scelto dal Signore, e lì essergli detto di offrire il suo figlio? Ma prima gli viene detto che deve offrire il suo figlio, e poi gli è comandato di andare in un luogo elevato e di salire sul monte. A che mira ciò?A che, mentre cammina, mentre fa la strada, per tutta la via sia lacerato dai pensieri, e a tratti sia tormentato dall'urgenza del comando, a tratti dall'affetto riluttante per l'unico figlio.
Per questo, dunque, gli è comandata anche la via, anche l'ascesa del monte, perché in tutti questi passi possano ampiamente misurarsi a battaglia i sentimenti e la fede, l'amore di Dio e l'amore della carne, la grazia delle cose presenti e l'attesa delle future. E' mandato dunque in un luogo elevato, e il luogo elevato non basta per il patriarca che deve compiere per il Signore un'opera così grande, ma gli viene comandato anche di salire su un monte, ossia che, elevatosi per la fede, abbandoni le cose terrene e ascenda alle cose celesti.
Il terzo giorno
4. Si levò dunque Abrahamo al mattino, e mise il basto alla sua asina, e tagliò la legna per l'olocausto. E prese il suo fglio Isacco e due servi, e giunse al luogo che Dio gli aveva detto, il terzo giorno (Gen 22, 3-4). Si levò Abrahamo al mattino (con l'aggiunta al mattino, ha forse voluto mostrare che un principio di luce splendeva nel suo cuore), mise il basto alla sua asina, preparò la legna, prese con sé il figlio. Non riflette, non mette in discussione, non comunica ad alcun uomo la sua intenzione, ma subito affretta il viaggio.E giunse al luogo che il Signore gli aveva detto, il terzo giorno: tralascio ora quale mistero contenga il terzo giorno; considero la sapienza e il consiglio di colui che tenta.
E così nelle vicinanze non c'era alcun monte, benché tutto accadesse fra i monti, ma il cammino si prolunga per tre giorni, e per tre giorni le viscere del padre sono tormentate dai pensieri ricorrenti, cosi che per tutto questo spazio tanto lungo il padre guardava il figlio, mangiava con lui, e per tante notti il fanciullo riposava nelle braccia del padre, gli si stringeva al petto, gli giaceva in grembo. Vedi fino a qual punto aumenta la tentazione.
Il terzo giorno, poi è sempre stato adatto ai misteri: infatti anche il popolo, uscito dall'Egitto, offre a Dio il sacrificio il terzo giorno, e si purifica nel terzo giorno; il terzo giorno è quello della risurrezione del Signore; e molti altri misteri sono racchiusi in questo giorno (cf Es 19, 16; 24, 5; Mt 27, 63; Mc 8, 31).
Dio è potente
5. Guardando, Abrahamo vide il luogo di lontano, e disse ai suoi servi: sedetevi qui con l'asina, io e il fanciullo andremo fin là, e, quando avremo adorato, ritorneremo a voi (Gen 22, 4-5). Lascia i servi; infatti i servi non potevano salire con Abrahamo al luogo dell'olocausto, che Dio gli aveva mostrato.Dice dunque: Voi sedete qui, io e il bambino andremo, e, quando avremo adorato, ritorneremo a voi. Dimmi, Abrahamo, dici il vero ai servi, che adorerai e ritornerai con il bambino, o menti? Se dici il vero, dunque non farai olocausto di lui; se menti... a un così grande patriarca non si addice mentire. Dunque, quale intenzione manifesta in te questa parola?
Dico il vero, afferma, e offro il fanciullo in olocausto; per questo infatti porto anche con me la legna, e con lui ritornerò a voi, perché credo, e questa è la mia fede: Che Dio è potente a risuscitarlo anche dai morti (Eb 11, 19).
Isacco figura del Cristo
6. Dopo ciò, Abrahamo prese la legna per l'olocausto, vi pose sopra Isacco suo figlio, e prese nelle sue mani il fuoco e la spada, e si avviarono insieme (Gen 22, 6). Per il fatto che Isacco si porta lui stesso la legna per l'olocausto, è figura del Cristo che si portò lui stesso la croce (Gv 19, 17); e tuttavia portare la legna per l'olocausto è compito del sacerdote; diviene cosi insieme vittima e sacerdote.Ma anche l'aggiunta: E si avviarono tutti e due insieme , si riferisce a ciò: infatti, mentre Abrahamo, che si accingeva a sacrificare, portava il fuoco e il coltello, Isacco non va dietro a lui, ma con lui, affinché appaia che egli, con lui, parimenti funge da sacerdote.
Cosa avviene dopo questo? Isacco disse ad Abrahamo suo padre: Padre (Gen 22, 7). In questo momento la voce che proviene dal figlio è una tentazione. Infatti come pensi che il figlio, che doveva essere immolato, abbia scosso le viscere paterne con questa voce? E benché Abrahamo fosse così inflessibile in grazia della fede, tuttavia anch'egli ricambiò una parola d'affetto e disse: Cosa c'è, figlio? E lui: Ecco il fuoco e la legna, ma dov'è la pecora per l'olocausto? (Gen 22, 7). Abrahamo rispose: Dio stesso si provvederà la pecora per l'olocausto, figlio (Gen 22, 8).
Mi commuove la risposta di Abrahamo, così attenta e cauta; non so quel che vedeva in spirito, perché non riguardo al presente, ma al futuro dice: Dio stesso si provvederà la pecora : al figlio che gli domanda del presente, risponde le cose future. Infatti il Signore stesso si provvederà la pecora nel Cristo, poiché anche la sapienza stessa si è edificata una casa (Pv 9, 1), ed egli ha umiliato se stesso fino alla morte (Fil 2, 8); e troverai che tutto quello che leggi del Cristo, è stato fatto non di necessità, ma liberamente.
Costanza nel proposito
7. Proseguirono dunque entrambi, e giunsero al luogo che Dio gli aveva detto (Gen 22, 8-9). A Mosè, giunto al luogo che il Signore gli aveva mostrato, non è consentito di salire, ma prima gli viene detto: Sciogli il legaccio dei calzari dai tuoi piedi (Es 3, 5); ad Abrahamo ed Isacco non è detto nulla di simile, ma salgono, e non depongono i calzari. In ciò, forse, il motivo è che Mosè, benché fosse grande (Es 11, 3), tuttavia veniva dall'Egitto, e vi erano alcuni legami di mortalità annodati ai suoi piedi; invece Abrahamo e Isacco non hanno nulla di ciò, ma giungono al luogo. Abrahamo edifica l'altare, pone sopra l'altare la legna, lega il fanciullo, si prepara a scannare (cf Gen 22, 9-10).Siete in molti, nella Chiesa di Dio, che ascoltate queste cose e siete padri. Pensate che qualcuno dì voi, dalla narrazione stessa del fatto acquisti tanta costanza e forza d'animo, che, se per caso perde un figlio per la morte comune e che spetta a tutti, anche se è unico, anche se è amato, prenda come esempio Abrahamo, e si ponga davanti agli occhi la sua grandezza d'animo? Eppure da te non si richiede questa grandezza d'animo, da legare proprio tu il figlio, da forzarlo tu stesso, da essere tu a preparare la spada, da scannare tu l'unico figlio. Non ti sono domandati tutti questi servizi.
Sii almeno costante nel proposito e nell'animo: saldo nella fede offri lieto il figlio a Dio; sii sacerdote della vita del tuo figlio; giacché non conviene piangere al sacerdote che immola a Dio.
Vuoi vedere che questo ti è richiesto? Dice il Signore nel Vangelo: Se foste figli di Abrahamo, certo fareste le opere di Abrahamo (Gv 8, 39). Ecco, questa è l'opera di Abrahamo. Fate le opere che ha fatto Abrahamo, ma non con tristezza, giacché Dio ama chi dà con gioia (2 Cor 9, 7). Che se anche voi sarete tanto pronti per Dio, anche a voi si dirà: Sali a una terra elevata e al monte che io ti mostrerò; e là offrimi il tuo figlio (Gen 22, 2). Non nelle profondità della terra, non nella valle del pianto (Sal 84, 7), ma nei monti alti ed eccelsi offri il tuo figlio. Mostra che la fede in Dio è più forte degli affetti della carne. Infatti Abrahamo amava Isacco suo figlio, ma all'amore della carne antepose l'amore di Dio, e fu trovato non nelle viscere della carne, ma nelle viscere di Cristo (Fil 1, 8), cioè nelle viscere del Verbo di Dio, della verità, della sapienza.
Non risparmiò il proprio figlio
8. Dice: E Abrahamo stese la sua mano, per prendere la spada, e scannare il suo figlio. E l'angelo del Signore lo chiamò dal cielo, e disse: Abrahamo, Abrahamo. Ed egli disse: Eccomi. E disse: Non mettere la tua mano sopra il fanciullo, e non fargli niente [di male]. Ora infatti so che tu temi Dio (Gen 22, 10-12). Riguardo a questo discorso ci si obietta di solito che Dio dice che ora sa che Abrahamo teme Dio, come se prima lo avesse ignorato.Dio lo sapeva, e non gli era nascosto, in quanto è colui che conosce tutte le cose prima che siano (Dn 13, 42), ma per te sono state scritte, poiché anche tu, certo, hai creduto a Dio, ma se non compirai le opere della fede (cf 2 Ts 1, 11), se non sarai obbediente in tutti i comandamenti, anche i più difficili, se non offrirai il sacrificio e non mostrerai che non preferisci a Dio né il padre, né la madre, né i figli (cf Mt 10, 37), non si riconoscerà che temi Dio, e non si dirà di te: Poiché ora so che tu temi Dio(Gen 22, 12).
Dobbiamo poi considerare che si riferisce che un angelo dice queste cose ad Abrahamo, e che nel seguito questo angelo appare chiaramente come il Signore . Per cui ritengo che, come fra noi uomini fu trovato nel sembiante come uomo (Fil 2, 7), così anche fra gli angeli sia stato trovato nel sembiante come angelo. E, seguendo il suo esempio, gli angeli nel cielo si rallegrano per un solo peccatore che faccia penitenza (Lc 15, 10), e si gloriano dei progressi degli uomini. Essi hanno come l'incarico delle nostre anime, e a loro, mentre ancora siamo piccoli, siamo affidati come a tutori e amministratori fino al tempo stabilito dal padre (cf Gal 4, 3-2). Dunque, essi stessi, ora, riguardo al progresso di ciascuno di noi dicono: Ora so che tu temi Dio.
Per esempio, se ho il proposito del martirio, non per questo l'angelo mi potrà dire: Ora so che tu temi Dio; poiché il proposito dell'anima è noto solo a Dio. Ma se accederò ai combattimenti, proferirò la bella confessione (1 Tm 6, 12), sosterrò senza vacillare tutte le prove che mi verranno inflitte, allora l'angelo, come per confermarmi e darmi forza, potrà dire: Ora so che tu temi Dio.
Ma in verità queste cose sono state dette ad Abrahamo, ed è stato proclamato che egli teme Dio. Perché? Perché non ha risparmiato il suo figlio. E noi ora rapportiamo questo alle parole dell'Apostolo, ove dice di Dio: Egli che non risparmiò il proprio Figlio, ma lo consegnò per noi tutti (Rm 8, 32). Vedi che Dio lotta con gli uomini con magnifica liberalità: Abrahamo offri a Dio un figlio mortale, che non sarebbe morto; Dio, per gli uomini, consegnò alla morte il Figlio immortale. Che diremo noi di fronte a queste cose? Che cosa renderemo al Signore, per tutto quello che egli ci ha donato (cf Sal 116, 12)?
Iddio Padre, per noi, non risparmiò il proprio Figlio .
Secondo te, chi di voi udrà una buona volta la voce dell'angelo che dice: Ora so che tu temi Dio, poiché non hai risparmiato il tuo figlio , la tua figlia, o la tua moglie, o non hai risparmiato il denaro, o gli onori del secolo e le ambizioni del mondo, ma hai disprezzato tutto, e tutto hai stimato come sterco, per guadagnare Cristo (Fil 3, 8), hai venduto tutto, e l'hai dato ai poveri e hai seguito la parola di Dio (cf Mt 19, 21)? Secondo te, chi di voi udrà dall'angelo parole di tal genere?
Intanto, Abrahamo ode questa voce e gli viene detto: Poiché non hai risparmiato il tuo figlio diletto per me.
Cristo patisce nella carne
9. E volgendosi indietro a guardare, Abrahamo vide coi suoi occhi, ed ecco un ariete era impigliato per le corna in un roveto (Gen 22, 13).Abbiamo detto, mi pare, in precedenza, che Isacco era figura del Cristo, ma qui anche l'ariete sembra altrettanto figura del Cristo; vale la pena di conoscere come l'uno e l'altro convengano al Cristo, sia Isacco, che non è stato sgozzato, sia l'ariete, che è stato sgozzato.
Il Cristo è il Verbo di Dio, ma il Verbo si è fatto carne (Ap 19, 13; Gv 1, 14): per un aspetto, dunque, il Cristo è dall'alto, per un altro è assunto dall'umana natura e dall'utero verginale. Infatti il Cristo patisce, ma nella carne; e ha sopportato la morte, ma nella carne, di cui è figura l'ariete; come diceva anche Giovanni: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che prende il peccato del mondo (Gv 1, 29).
Quanto al Verbo, rimase nella incorruzione (cf 1 Cor 15, 42), e questo è il Cristo secondo lo Spirito, di cui è immagine Isacco: perciò egli stesso è vittima e sacerdote. Infatti secondo lo Spirito offre la vittima al Padre, secondo la carne egli stesso viene offerto sull'altare della croce, poiché, come è stato detto di lui: Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che prende il peccato del mondo (Gv 1, 29), così è stato detto di lui: Tu sei sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedec (Sal 110, 4). Dunque l'ariete è impigliato per le corna in un cespuglio (Gen 22, 13).
Il Signore ha veduto
10. Dice: E prese l'ariete, e l'offri in olocausto al posto di Isacco suo figlio, e Abrahamo chiamò il nome di quel luogo: Il Signore ha veduto (Gen 22, 13-14).Per chi sa ascoltare queste cose, si spalanca con evidenza la via dell'intelligenza spirituale; infatti, tutte le cose che si sono compiute giungono alla visione; giacché è detto che il Signore ha veduto.
La visione, poi, che il Signore ha veduto, è nello spirito, affinché anche tu veda in spirito queste cose che sono state scritte, e, come in Dio nulla è corporeo, così anche tu non intenda nulla di corporeo in tutte queste cose, ma generi anche tu nello spirito il figlio Isacco, quando incomincerai ad avere il frutto dello spirito, la gioia, la pace (Gal 5, 22).
Questo figlio, tuttavia, allora soltanto lo genererai, se, come è stato scritto di Sara che erano cessati a Sara i corsi delle donne (Gen 18, 11), e allora generò Isacco, parimenti anche nella tua anima cessi ciò che è femminile, così che tu non abbia più nella tua anima nulla di muliebre e di effeminato, ma ti comporti virilmente (cf Dt 31, 6), e virilmente cinga i tuoi fianchi, se il tuo petto sarà difeso dalla corazza della giustizia, se ti rivestirai dell'elmo della salvezza e della spada dello spirito (cf Ef 6, 14. 17).
Se dunque verrà meno ciò che è femminile nella tua anima, genererai dalla tua moglie - la virtù e la sapienza -, un figlio: la gioia e la pace.
Generi poi la gioia, se tutto stimerai gioia, quando ti imbatterai in varie tentazioni (Gc 1, 2), e offrirai questa gioia in sacrificio a Dio; e quando ti avvicinerai lieto a Dio, ti renderà nuovamente quello che avrai offerto, e ti dirà: Di nuovo mi vedrete, e gioirà il vostro cuore, e nessuno vi toglierà la vostra gioia (cf Gv 16, 22. 17). Così dunque riceverai moltiplicato quel che avrai offerto a Dio.
Qualcosa di simile, anche se sotto altra figura, è riportato negli Evangeli, quando è detto in parabola che un tale ricevette una mina, per trafficarla e guadagnare il denaro per il padre di famiglia (cf Lc 19, 12 ss. e Mt 25, 14 ss.); ma se tu ne porterai cinque moltiplicate in dieci, saranno donate e concesse proprio a te. Senti infatti quel che dice: Prendete a questi la mina, e datela a quello che ne ha dieci (Lc 19, 24).
Così dunque sembra che traffichiamo per il Signore, ma i guadagni del commercio sono ceduti a noi; e sembra che offriamo vittime al Signore, ma esse sono ridonate a noi che offriamo. Dio infatti non ha bisogno di nessuno, ma vuole che noi siamo ricchi, desidera il nostro profitto in ogni cosa.
Questa figura ci è mostrata anche in quel che si è compiuto per Giobbe: anch'egli infatti, essendo ricco, perdette tutto per Dio. Ma poiché sopportò bene i combattimenti della pazienza, e fu magnanimo in tutto quello che patì, e disse: Il Signore ha dato, il Signore ha tolto; come è piaciuto al Signore, cosi è accaduto, sia benedetto il Nome del Signore (Gb 1, 21), vedi, alla fine, ciò che si scrive di lui: Ricevette il doppio di tutto quello che aveva perduto (Gb 42, 10).
Vedi cosa vuol dire perdere qualcosa per Dio? Riceverla per te moltiplicata. Ma a te, gli Evangeli promettono qualcosa di più abbondante: ti offrono il centuplo, e per di più la vita eterna (cf Mt 19, 29 e par.) in Gesù Cristo nostro Signore, al quale è la gloria e il dominio nei secoli dei secoli. Amen (1 Pt 4, 11).
Terza decina: L'eccellenza del Santo Rosario nella meditazione della vita e della passione di N.S. Gesù Cristo
Il segreto ammirabile del Santo Rosario - San Luigi Maria Grignion de Montfort
Leggilo nella BibliotecaI quindici misteri del Rosario
[60] Cosa sacra che difficilmente si può comprendere è un mistero. Le opere di Cristo Gesù sono tutte sacre e divine, perché Egli è uomo e Dio insieme; quelle della Vergine sono santissime, perché ella è la più perfetta fra tutte le pure creature. Ben a ragione le opere di Gesù e della sua santa Madre sono dette “misteri” perché sono ricolme delle innumerevoli meraviglie, perfezioni, delle sublimi e profonde istruzioni che lo Spirito Santo rivela agli umili ed ai semplici che le apprezzano.
Queste opere di Gesù e di Maria possono essere chiamate fiori stupendi, il profumo e la bellezza dei quali sono noti soltanto a coloro che si avvicinano ad essi, ne aspirano la fragranza e ne aprono la corolla con una attenta e seria meditazione.
[61] San Domenico distribuì la vita di Nostro Signore e della Vergine santa in quindici misteri che ci presentano le loro virtù e le principali azioni; sono quindici quadri, le cui scene ci devono servire di regola e di guida nel nostro modo di vivere; quindici fiaccole per far luce ai nostri passi in questo mondo; quindici specchi luminosi adatti per conoscere Gesù e Maria, per conoscere noi stessi e per accendere nel nostro cuore il fuoco del loro amore; quindici fornaci per consumarci totalmente nelle loro celesti fiamme.
Fu la Madonna ad insegnare a san Domenico questo eccellente modo di pregare quando gli ordinò di predicarlo per risvegliare la pietà dei cristiani e per far rivivere nei cuori l'amore per Gesù Cristo. L'insegnò anche al beato Alano della Rupe: “La recita di centocinquanta Ave Maria è una preghiera molto utile gli aveva detto ed è un omaggio che gradisco immensamente. E questa recita del saluto angelico mi piace ancor di più se coloro che la praticano vi uniranno la meditazione della vita, della passione e della gloria di Gesù Cristo, poiché tale meditazione è l'anima di questa preghiera”. Infatti, senza la meditazione dei sacri misteri della nostra redenzione, il Rosario sarebbe quasi come un corpo senz'anima, una materia eccellente priva di forma, poiché è proprio la meditazione che distingue il Rosario dalle altre devozioni.
[62] La prima parte del Rosario contiene cinque misteri: il primo è l'Annunciazione dell'Arcangelo Gabriele alla Vergine, il secondo è la Visitazione di Maria a santa Elisabetta, il terzo è la Nascita di Gesù Cristo, il quarto è la Presentazione del bambino Gesù al tempio e la Purificazione della santa Vergine, il quinto, il Ritrovamento di Gesù nel tempio fra i dottori. Si chiamano gaudiosi questi misteri a causa della gioia che recarono all'universo intero: la Vergine santa e gli Angeli furono inondati di gioia nel felice istante in cui il Figlio di Dio si incarnò; santa Elisabetta e san Giovanni Battista furono ripieni di gioia per la visita di Gesù e di Maria; il cielo e la terra si rallegrarono alla nascita del Salvatore; Simeone fu consolato e ripieno di letizia quando ricevette Gesù fra le braccia; i dottori erano rapiti di ammirazione nell'ascoltare le risposte di Gesù. E chi saprà esprimere la gioia di Maria e di Giuseppe nel ritrovare Gesù dopo tre giorni di assenza?
[63] La seconda parte del Rosario si compone anch'essa di cinque misteri, detti Misteri dolorosi perché ci presentano Gesù oppresso dalla tristezza, coperto di piaghe, carico di obbrobri, di dolori e di tormenti. Il primo di tali misteri è la preghiera di Gesù e la sua Agonia nel giardino degli Ulivi; il secondo, la sua Flagellazione; il terzo, la sua Incoronazione dì spine; lì quarto, la salita di Gesù al Calvario, carico della croce; il quinto, la sua crocifissione e morte sul Calvario.
[64] La terza parte del Rosario contiene cinque altri misteri detti gloriosi perché in essi contempliamo Gesù e Maria nel trionfo e nella gloria. Il primo è la Risurrezione di Cristo Gesù il secondo, la sua Ascensione al cielo; il terzo, la Discesa dello Spirito Santo sugli Apostoli; il quarto, l'Assunzione della gloriosa Vergine Maria; il quinto, la sua Incoronazione.
Sono questi i quindici fiori profumati del Roseto mistico sui quali le anime pie amano soffermarsi come api sagge per coglierne il succo mirabile e come porre il miele di una solida devozione.
ROSA VENTIDUESIMA
La meditazione dei misteri ci rende conformi a Gesù
[65] Precipua cura dell'anima cristiana è di tendere alla perfeziono: Fatevi, dunque, imitatori di Dio quali figli carissimi (Ef 5,1), ci dice il grande Apostolo.
E' un obbligo, questo, contenuto nell'eterno decreto della nostra predestinazione, essendo l'unico mezzo ordinato per giungere alla gloria eterna.
San Gregorio Nisseno dice graziosamente che noi siamo dei pittori: l'anima nostra è la tela preparata su cui passano i pennelli; le virtù sono i colori che servono per dar risalto alla bellezza dell'originale da riprodurre: Gesù Cristo, immagine viva e rappresentazione perfetta dell'eterno Padre. Come, dunque, un pittore per eseguire il ritratto dal vero si pone davanti all'originale e ad ogni pennellata lo osserva, così il cristiano deve sempre tenere presente la vita e le virtù di Gesù Cristo per dire, pensare e fare soltanto ciò che è conforme ad esse.
[66] Per aiutarci nell'importante opera della nostra predestinazione, la Vergine santa ordinò a san Domenico di esporre ai devoti del Rosario i sacri misteri della vita di Gesù Cristo non soltanto perché adorino e glorifichino Nostro Signore, ma soprattutto perché regolino la loro vita sulle opere e virtù di Lui. Come i bambini, infatti, imitano i loro genitori osservandoli e conversando con loro e ne imparano il modo di esprimersi ascoltandoli parlare; come un apprendista impara l'arte guardando lavorare il maestro, così i fedeli confratelli del Rosario, meditando devotamente le virtù di Gesù Cristo nei quindici misteri della sua vita, diventano somiglianti al divino Maestro con l'aiuto della sua grazia e per l'intercessione della Vergine santa.
[67] Se Mosè ordinò al popolo ebreo da parte di Dio stesso di non dimenticare mai i benefici di cui l'aveva colmato, con maggior ragione il Figlio di Dio può comandarci di imprimere nel nostro cuore e di avere costantemente davanti agli occhi i misteri della sua vita, passione e gloria, poiché questi sono altrettanti benefici dei quali ci favorì e con i quali ci mostrò l'eccesso del suo amore per la nostra salvezza.
“Voi tutti che passate per la via ci dice - considerate e osservate se ci sono dolori simili ai dolori ch'io ho sofferto per amor vostro. Ricordatevi della mia povertà e del mio annientamento, pensate all'assenzio e al fiele che presi per voi nella mia passione” (Cfr. Lam 1,12; 3,19). Queste parole e molte altre che si potrebbero ricordare, convincono abbastanza dell'obbligo che abbiamo di non contentarci di recitare vocalmente il Rosario in onore di Cristo Gesù e della Vergine santa, ma di recitarlo meditandone i sacri misteri.
ROSA VENTITREESIMA
Il Rosario, memoriale della vita e della morte di Gesù
[68] Gesù, il divino sposo dell'anima nostra, l'amico dolcissimo, desidera che ricordiamo i suoi benefici e li stimiamo sopra ogni cosa. Egli prova una gioia sovrabbondante, come la Vergine e tutti i Santi del Paradiso, quando noi meditiamo devotamente e con affetto i misteri del Rosario che sono gli effetti più evidenti del suo amore per noi e i doni più ricchi ch'egli potesse farei, poiché è proprio per tali doni che la Vergine stessa e tutti i Santi godono della gloria eterna.
La beata Angela da Foligno un giorno pregò Nostro Signore che le insegnasse con quale esercizio avrebbe potuto onorarlo meglio. E Gesù le apparve appeso alla croce e le disse: “Figlia mia, osserva le mie piaghe”. E così ella apprese dall'amabilissimo Salvatore che nulla gli era più gradito quanto la meditazione sulle sue sofferenze. Poi Gesù le mostrò le ferite del capo, le rivelò parecchi particolari dei tormenti patiti, e soggiunse: “Tutto questo ho sofferto per la tua salvezza; che cosa puoi fare tu che uguagli il mio amore per te?”.
[69] Il santo Sacrificio della Messa onora infinitamente la Santissima Trinità perché è rappresentazione della Passione di Gesù Cristo ed è offerta da parte nostra dei meriti della sua obbedienza, delle sofferenze e del sangue suo. L'intera Corte celeste ne riceve, anch'essa, sovrabbondanza di gloria; parecchi autori, con san Tommaso, ci parlano, per lo stesso motivo, della gioia degli Angeli nel vedere i fedeli accostarsi alla comunione sia perché il SS. Sacramento è il memoriale della Passione e della Morte di Cristo Gesù, sia perché con tale mezzo gli uomini partecipano ai frutti della redenzione e assicurano la propria salvezza.
Ora, il santo Rosario, recitato con la meditazione dei misteri, è un sacrificio di lode a Dio per il beneficio della nostra Redenzione; è un devoto ricordo della sofferenza, della morte e della gloria di Gesù Cristo. E' vero, perciò, che il Rosario dà gloria e gioia di sovrabbondanza a Gesù Cristo, alla Vergine santa e a tutti i beati poiché essi nulla desiderano di più importante, per la nostra felicità eterna, che vederci impegnati in un esercizio tanto glorioso per il nostro Salvatore e tanto salutare per noi.
[70] Il Vangelo ci assicura che un peccatore che si converte e fa penitenza procura gioia a tutti gli Angeli. Se per rallegrare gli Angeli basta che un peccatore lasci le vie del peccato e ne faccia penitenza, quale gioia, quale giubilo sarà per l'intera Corte celeste, quale gloria per Gesù stesso vederci qui in terra meditare devotamente e con amore le sue umiliazioni, i suoi tormenti, la sua morte crudele e ignominiosa? Vi può essere, forse, qualcosa di più efficace per commuoverci e indurci a sincera penitenza?
Il cristiano che non medita sui misteri del Rosario dà prova di molta ingratitudine verso Cristo Gesù e rivela d'avere poca stima per quanto il divino Salvatore ha sofferto per la salvezza del mondo. Il suo contegno sembra dire ch'egli ignora la vita di Gesù, che si preoccupa ben poco di sapere ciò che Gesù fece e sofferse per redimerci. Un tale cristiano deve temere assai che, non avendo conosciuto Gesù Cristo o avendolo dimenticato, Egli lo respinga nel giorno del giudizio con quel rimprovero: “In verità ti dico, non ti conosco” (Mt 25,12).
Meditiamo, dunque, la vita e le sofferenze del Salvatore nel santo Rosario, impariamo a conoscerlo bene, a riconoscere i suoi benefici affinché Egli ci riconosca per suoi figli e amici nel giorno del giudizio.
ROSA VENTIQUATTRESIMA
La meditazione dei misteri del Rosario, grande mezzo di perfezione
[71] I santi facevano oggetto principale di studio la vita di Gesù Cristo e ne meditavano le virtù e patimenti: è così che giunsero alla perfezione cristiana.
San Bernardo incominciò da tale esercizio e vi perseverò sempre e fedelmente: “Dall'inizio della mia conversione egli dice io feci un mazzetto di mirra, composto dei dolori del mio Salvatore e me lo posi sul cuore pensando ai flagelli, alle spine e ai chiodi della passione e impegnandomi con tutto l'animo a meditare ogni giorno su questi misteri”.
Questo era anche l'esercizio dei Martiri: noi ammiriamo il modo con cui seppero trionfare dei più crudeli tormenti. Ma “donde poteva venire osserva san Bernardo la mirabile costanza dei martiri se non dalle piaghe di Gesù Cristo, sulle quali essi frequentemente meditavano? Dov'era l'anima di questi generosi atleti, quando il loro sangue colava e i loro corpi erano straziati dai supplizi, se non nelle piaghe di Gesù Cristo? E quelle piaghe li rese invincibili”.
[72] Anche la santissima Madre del Salvatore meditò durante tutta la sua vita, sulle virtù e le sofferenze del Figlio. Quando, alla nascita di Lui, udì gli Angeli cantare l'inno di gioia, quando vide i pastori adorarlo nella stalla, la sua anima, rapita di ammirazione, meditava su tutte quelle meraviglie: ella paragonava le grandezze del Verbo incarnato al suo profondo abbassamento; la paglia e la mangiatoia col trono e il seno del Padre; la potenza di Dio con la debolezza di un bambino, la sapienza di lui con la semplicità.
La Vergine disse un giorno a santa Brigida: “Quando contemplavo la bellezza, la modestia e la sapienza di mio Figlio, l'anima mia era fuori di sé per la gioia, e quando consideravo che le sue mani e i suoi piedi sarebbero stati trafitti dai chiodi, versavo copiose lacrime e il cuore mi si spezzava per la tristezza e il dolore”.
[73] Dopo l'Ascensione di Gesù, la Madonna trascorse il resto della vita nel visitare i luoghi santificati dal Salvatore con la sua presenza e i suoi tormenti. E ivi meditava sull'eccesso della sua carità e sui rigori della passione. Lo stesso esercizio fece santa Maria Maddalena nei trent'anni che visse solitaria nella grotta della “Sainte Baume”. San Girolamo dice che questa era anche la devozione dei primi fedeli: “da tutti i paesi del mondo egli scrive venivano in Terra santa per imprimersi più profondamente nel cuore l'amore e il ricordo del Salvatore degli uomini, alla vista degli oggetti e dei luoghi consacrati dalla nascita, dalle fatiche, dalle sofferenze e dalla morte di Lui”.
[74] Tutti i cristiani hanno una sola fede, adorano un solo Dio, sperano la stessa felicità nel cielo; tutti conoscono un solo Mediatore, Gesù Cristo; tutti, dunque, devono imitare questo divino modello e perciò considerare i misteri della sua vita, delle virtù e della sua gloria.
E' un errore credere che la meditazione delle verità della fede e dei misteri della vita di Gesù sia solo per i sacerdoti, i religiosi e per coloro che si sono ritirati dai fastidi del mondo. Se i religiosi e gli ecclesiastici hanno l'obbligo di meditare sulle grandi verità della nostra santa religione perché rispondano degnamente alla loro vocazione, i secolari vi sono altrettanto obbligati a causa dei pericoli di perdersi nei quali si trovano ogni giorno. Devono, perciò, armarsi del ricordo assiduo della vita, delle virtù e delle sofferenze del Salvatore che i quindici misteri dei Rosario presentano.
ROSA VENTICINQUESIMA
Tesori di santificazione racchiusi nelle preghiere e nelle meditazioni del Rosario
[75] Nessuno mai potrà comprendere i tesori mirabili di santificazione contenuti nelle preghiere e nei misteri del Rosario. La meditazione dei misteri della vita e della morte di Nostro Signore Gesù Cristo è sorgente dei più meravigliosi frutti per chi vi si applica. Oggi si vogliono cose che colpiscano, che commuovano, che producano nell'animo impressioni profonde. Ma esiste mai al mondo una storia più commovente di quella stupenda del Redentore che si dispiega al nostro sguardo in quindici quadri che ricordano le grandi scene della vita, morte, gloria del Salvatore del mondo? Quali preghiere sono più eccellenti e più sublimi dell'orazione domenicale e dell'Ave dell'Angelo? In esse sono racchiusi tutti i nostri desideri, tutti i nostri bisogni.
[76] La meditazione dei misteri e delle preghiere del Rosario è la più facile fra tutte le orazioni poiché la varietà delle virtù e degli stati di Gesù su cui a mano a mano si riflette, ricrea e fortifica in modo ineffabile lo spirito e impedisce le distrazioni. I sapienti trovano in queste formule la dottrina più elevata, i semplici le istruzioni più familiari.
Prima di elevarsi al grado più sublime della contemplazione bisogna passare per questa facile meditazione. Tale è il pensiero di san Tommaso d'Aquino (S. Th, IIa IIae p. 182, art. 3); è il consiglio ch'egli suggerisce quando dice che bisogna prima allenarsi come in un campo di battaglia con l'acquisto di tutte le virtù di cui abbiamo il modello perfetto nei misteri del santo Rosario. E', infatti, proprio in quella meditazione dice il dotto Cajetano che otterremo l'intima unione con Dio, senza la quale la contemplazione è soltanto un'illusione capace di sedurre le anime.
[77] Se i falsi illuminati dei nostri giorni, i quietisti, avessero seguito questo consiglio, non avrebbero subìto tante vergognose cadute né causato tanti scandali. E' singolare illusione del demonio credere che esistano preghiere più sublimi del Pater e dell'Ave, e abbandonare queste preghiere divine che sono sostegno, forza e custodia dell'anima.
Convengo che non sempre è necessario recitarle vocalmente e che la preghiera interiore è, in certo senso, più perfetta della vocale: ma vi assicuro che è molto pericoloso, per non dire dannoso, abbandonare di propria iniziativa la recita del Rosario col pretesto di una più perfetta unione con Dio. L'anima sottilmente orgogliosa, ingannata dal demonio meridiano, si sforza quanto le è possibile per elevarsi interiormente al grado sublime dell'orazione dei Santi, disprezza e trascura, perciò, i tradizionali metodi di preghiera che giudica buoni solo per le anime ordinarie; chiude da sé medesima l'orecchio al saluto di un Angelo e perfino alla preghiera composta da Dio e da Lui praticata e comandata: Voi pregherete così: Padre nostro (Mt 6,9. 53 Il Montfort pone in nota il testo seguente di S. CATERINA DA SIENA, Rivelazioni: “ Chiunque, giusto o peccatore, ricorre a Lei con devoto rispetto non sarà mai né deluso né divorato dal demonio dell'inferno”). E in tal modo cade da illusione in illusione, da precipizio in precipizio.
[78] Credimi, caro confratello del Rosario, vuoi tu arrivare ad un alto grado di orazione, senza affettazioni e senza i pericoli di cadere nelle illusioni del demonio, tanto comuni nelle persone pie, recita tutti i giorni, se puoi, il Rosario intero o almeno una parte. Può darsi che, per grazia di Dio, ci sei già arrivato: allora, se vuoi restarci e progredire nell'umiltà, conserva la pratica del santo Rosario; una anima fedele alla recita quotidiana del Rosario, infatti, non sarà mai formalmente eretica né potrà essere ingannata dal demonio: è, questa, un'affermazione che sottoscriverei con il mio sangue.
Se, poi, Dio, per sua misericordia, ti attira a sé mentre dici il Rosario, tanto potentemente come fece con alcuni Santi, lasciati pure attirare, abbandonati a Lui, lascia che Egli operi e preghi in te, e a modo suo reciti in te il Rosario; e questo ti sarà sufficiente e per la giornata. Se invece sei solamente nella contemplazione attiva o orazione ordinaria di quiete, di presenza di Dio e di affetto, allora hai ancor meno motivo di tralasciare il Rosario poiché, ben lontano dal farti retrocedere nell'orazione e nella virtù, esso ti sarà di meraviglioso aiuto, vera scala di Giacobbe dai quindici gradini per i quali salirai di virtù in virtù, di chiarezza in chiarezza e giungerai facilmente, senza illusioni, fino alla pienezza dell'età di Gesù Cristo.
[79] Guardati bene dall'imitare l'ostinazione di quella pia persona di Roma di cui si parla in Le Meraviglie del Rosario. Era costei tanto devota e tanto fervorosa da confondere con la sua santa vita i religiosi più austeri della Chiesa di Dio. Un giorno, volle consultare san Domenico ed essendosi, perciò, confessata da lui, questi le impose come penitenza la recita di un solo Rosario e la consigliò anche di recitarlo ogni giorno. Immediatamente lei prese a scusarsi: aveva i suoi esercizi, tutti ben regolati, acquistava ogni giorno l'indulgenza delle Stazioni di Roma, portava sempre il cilicio, si dava la disciplina più volte nella settimana, faceva tanti digiuni ed altre penitenze. San Domenico la esortò con insistenza a seguire il suo consiglio, ma lei non ne volle sapere; uscì dal confessionale quasi scandalizzata dal modo di procedere di quel nuovo direttore che la voleva persuadere ad accettare una devozione contraria al suo gusto.
Qualche tempo dopo, stando in preghiera e rapita in estasi, ella vede la sua anima obbligata a comparire davanti al Supremo Giudice. San Michele mette su un piatto della bilancia tutte le sue penitenze e preghiere e sull'altro i suoi peccati e le sue imperfezioni, poi alza la bilancia ed ecco: il piatto delle buone opere sale, sale, e non può fare da contrappeso al piatto dei peccati e delle imperfezioni. Angosciata, ella implora misericordia e si rivolge alla Vergine Santa, sua Avvocata, la quale lascia cadere sul piatto delle buone opere l'unico Rosario che aveva recitato per penitenza. Questo è tanto pesante da stabilire l'equilibrio tra i peccati e le buone opere. In pari tempo la Vergine la rimprovera per essersi rifiutata di seguire il consiglio del suo servo Domenico di recitare ogni giorno il santo Rosario. Ritornata in sé la pia donna andò a gettarsi ai piedi di san Domenico e, raccontato quanto le era accaduto, gli chiese perdono per l'incredulità e promise di recitare il Rosario tutti i giorni. Giunse, così, alla perfezione cristiana ed alla gloria eterna.
O anime d'orazione, imparate da questo fatto quanto sia efficace, preziosa e importante la pratica del santo Rosario con la meditazione dei misteri.
[80] Chi fu più elevata nell'orazione di santa Maddalena che sette volte al giorno era trasportata dagli Angeli al di sopra del Saint Pillon e che era stata alla scuola di Gesù e della santa sua Madre? Eppure un giorno ella chiese a Dio un mezzo efficace per avanzare nell'amore per Lui e giungere alla più alta perfezione. L'arcangelo san Michele le disse da parte di Dio di non conoscerne altro che quello di considerare i misteri dolorosi ch'ella aveva già visto svolgersi sotto i propri occhi, ai piedi della croce ch'egli Aveva piantato davanti alla grotta dove lei era rifugiata.
L'esempio di san Francesco di Sales, il grande direttore di anime spirituali del suo tempo, possa risolvervi a far parte della confraternita così santa del Rosario! Santo come era, egli si obbligò con voto a recitarlo per intero ogni giorno della sua vita. Anche san Carlo Borromeo lo recitava tutti i giorni e lo raccomandava con insistenza ai suoi sacerdoti, ai chierici del seminario e a tutto il popolo.
Il beato Pio V, uno dei più grandi Pontefici che governarono la Chiesa, recitava ogni giorno il Rosario. San Tommaso da Villanova, arcivescovo di Valenza, sant'Ignazio, san Francesco Saverio, san Francesco Borgia, santa Teresa, san Filippo Neri e molti altri illustri personaggi che non nomino, si distinsero in questa devozione. Seguitene l'esempio: i vostri direttori spirituali saranno soddisfatti e se li informerete dei frutti che ne avrete ricavato, saranno essi stessi i primi a consigliarvelo.
ROSA VENTISETTESIMA
[81] Per invogliarti ancor più ad abbracciare questa devozione delle anime grandi, aggiungo che il Rosario recitato con la meditazione dei misteri:
1) ci eleva insensibilmente alla perfetta conoscenza di Gesù Cristo;
2) purifica le anime nostre dal peccato;
3) ci rende vittoriosi su tutti i nostri nemici;
4) ci facilita la pratica delle virtù;
5) ci infiamma d'amore per Gesù;
6) ci arricchisce di grazie e di meriti;
7) ci fornisce i mezzi per pagare a Dio e agli uomini tutti i nostri debiti e infine ci ottiene ogni sorta di grazie.
[82] La conoscenza di Gesù Cristo è la scienza dei cristiani, la scienza della salvezza; supera in eccellenza e in pregio dice san Paolo tutte le scienze umane: 1) per la dignità dell'oggetto, un Dio uomo, al cospetto del Quale l'universo intero non è che una stilla di rugiada o un granello di sabbia; 2) per l'utilità poiché le scienze umane ci riempiono solo di vanità e del fumo d'orgoglio; 3) per la sua necessità poiché non è possibile salvarsi senza la conoscenza di Gesù Cristo, mentre chi ignora tutte le altre scienze ma è istruito nella scienza di Cristo Gesù, sarà salvo.
Benedetto Rosario, che ci dai questa scienza e conoscenza di Gesù facendocene meditare la vita, la morte, la passione e la gloria! La regina di Saba, ammirata per la saggezza di Salomone, esclamò: Beati i tuoi uomini, beati questi tuoi ministri che stanno sempre davanti a te e ascoltano la tua saggezza! (1 Re 10,8. Cfr. Gv 17,3). Ma più felici sono i fedeli che meditano attentamente la vita, le virtù, le sofferenze e la gloria del Salvatore, perché acquistano con tale mezzo, la perfetta conoscenza di Lui nella quale consiste la vita eterna.
[83] La Vergine santa rivelò al beato Alano che non appena san Domenico prese a predicare il Rosario, i peccatori più induriti si commossero e piansero amaramente le loro colpe. Perfino i giovanetti fecero delle incredibili penitenze; ovunque predicava il Rosario il fervore era tanto grande che i peccatori cambiarono vita, edificando tutti con le penitenze e l'emendamento della loro vita.
Se quindi ti senti la coscienza gravata di colpe, prendi la corona e recita una parte del Rosario in onore di qualche mistero della vita, della passione o della gloria di Gesù. E sii convinto che mentre mediterai ed onorerai quei misteri Egli mostrerà al Padre celeste le sue sacre Piaghe, intercederà per te e ti otterrà la contrizione ed il perdono dei peccati.
Disse un giorno Nostro Signore al beato Alano: “Se questi poveri peccatori recitassero spesso il mio Rosario parteciperebbero ai meriti della mia passione, ed io come loro avvocato, placherei la divina giustizia”.
[84] La vita dell'uomo è una guerra ed una tentazione continua; noi dobbiamo lottare non con nemici di carne e di sangue ma contro le potenze stesse dell'inferno (Cfr. Ef 6, 12. Ef 6,1 1). Quali armi migliori impugneremo noi allora se non la preghiera insegnataci dal nostro grande Capitano e il saluto angelico che scacciò i demoni, distrusse il peccato e rinnovò il mondo? Se non la meditazione della vita, della passione di Cristo Gesù, del pensiero della quale ci dobbiamo armare come ordina san Pietro per difenderci dagli stessi nemici che Egli vinse e che ci assalgono ogni giorno?
“Da quando il demonio fu vinto dall'umiltà e dalla passione di Gesù Cristo scrive il card. Hugues non può quasi più attaccare un'anima che sia armata della meditazione di questi misteri. E se l'attacca, ne è ignominiosamente vinto”. Rivestitevi, dunque, dell'armatura di Dio.
[85] Impugnate quest'arma di Dio, il santo Rosario, e schiaccerete il capo al demonio, resisterete a tutte le tentazioni. Certamente è per questo motivo che anche la semplice corona materiale fa tanta paura al diavolo e i Santi se ne sono spesso serviti per incatenarlo e scacciarlo dal corpo degli ossessi, come attestano molti fatti.
[86] Un tale narra il beato Alano avendo tentato inutilmente ogni pratica devota per essere liberato dallo spirito maligno che lo possedeva, pensò di mettersi al collo la corona del Rosario; ne ebbe sollievo. Constatando poi, che quando se la toglieva il demonio riprendeva a tormentarlo crudelmente, decise di portarla al collo giorno e notte: in tal modo gli riuscì di scacciare per sempre il diavolo che non poteva sopportare quella orribile catena. Il beato Alano assicura inoltre, di aver egli stesso liberato molti ossessi ponendo loro al collo la corona.
[87] Il Padre Giovanni Amát, domenicano, predicava il quaresimale in una contrada del regno d'Aragona. Un giorno gli fu presentata una giovanetta posseduta dal demonio. Egli tentò più volte di esorcizzarla, ma non ottenendo alcun risultato le pose al collo la propria corona del Rosario. Immediatamente la fanciulla dette in smanie e in urla spaventose: “Via, via questi grani gridava che mi tormentano; toglietemeli”. Per compassione verso la povera figliola il Padre gliela tolse. La notte seguente mentre questi riposava, gli stessi demoni che possedevano la giovane s'avventarono rabbiosamente su di lui per impadronirsi della sua persona; egli, però, con la corona che teneva stretta in mano, nonostante gli sforzi che quelli facevano per strappargliela, li flagellò con energia e li mise in fuga con la ripetuta invocazione: “Santa Maria, nostra Signora del Rosario, aiutami”.
L'indomani, mentre si recava in chiesa, s'imbatté con l'infelice giovanetta tuttora posseduta dai demoni; uno di questi gli disse burlandosi di lui: Frate, se tu non avessi avuto la corona ti avremmo conciato per le feste. Il Padre allora gettò di nuovo la corona al collo della giovanetta dicendo: “Per i sacratissimi nomi di Gesù e di Maria sua Madre e per la virtù del Santo Rosario, io vi comando, o maligni spiriti, di uscire subito da questo corpo”. I diavoli furono costretti ad obbedire all'istante e la ragazza fu liberata.
Questi fatti dimostrano quanta sia la forza del santo Rosario per vincere ogni tentazione del demonio ed ogni pericolo di peccato perché i grani benedetti della corona lo mettono in fuga.
ROSA VENTOTTESIMA
[88] Sant'Agostino assicura che non vi è esercizio tanto fruttuoso e utile per la salvezza quanto il pensare di frequente alle sofferenze di Nostro Signore (S. Agostino, Sermo 23 ad fratres in eremo PL 40, 1273 1274). Il beato Alberto Magno, maestro di san Tommaso, seppe per rivelazione che il semplice ricordo ossia la meditazione della passione di Gesù è più meritoria per il cristiano che digiunare a pane ed acqua ogni venerdì per un intero anno o disciplinarsi a sangue ogni settimana o recitare ogni giorno il Salterio. Quale sarà, dunque, il merito del Rosario che ci ricorda tutta la vita e la passione di Nostro Signore?
La Madonna rivelò un giorno al beato Alano de la Rupe che dopo il santo sacrificio della Messa, la prima e più viva commemorazione della Passione di Nostro Signore, non vi è devozione più eccellente e più meritoria del Rosario il quale è come un secondo memoriale e una rappresentazione della vita e della passione di Gesù.
[89] Il padre Dorland riferisce che la Vergine santa disse un giorno al venerabile Domenico, certosino, devotissimo del Rosario, residente a Treviri nel 1481. “ogni volta che un fedele recita in stato di grazia il Rosario meditando i misteri della vita e della passione di Gesù, ottiene piena e totale remissione dei suoi peccati”. Anche al beato Alano Ella disse: “Sappi che sebbene siano già numerose le indulgenze concesse al mio Rosario, io ne aggiungerò molte altre per ogni cinquanta Ave Maria in favore di quanti le reciteranno in stato di grazia e devotamente in ginocchio. A chi avrà perseverato nella recita del Rosario in quelle condizioni e meditandone i quindici misteri, otterrò al termine della sua vita, come ricompensa del buon servizio, che gli siano pienamente rimesse e la colpa e la pena di tutte le sue manchevolezze. Tutto ciò non ti sembri incredibile poiché è facile per me che sono la madre del Re dei cieli, di Colui che mi chiama la Piena di grazia; se, infatti, ne sono ricolma, posso distribuirne con abbondanza ai miei cari figli”.
[90] San Domenico era tanto convinto dell'efficacia e del merito del Rosario che non imponeva quasi mai altra penitenza a chi si confessava da lui se non quella di recitarlo, come abbiamo visto più sopra quando riferimmo di quella donna romana alla quale diede per penitenza un solo Rosario.
I confessori, anch'essi, se vogliono seguire l'esempio del grande Santo, dovrebbero imporre ai loro penitenti il Rosario con la meditazione dei misteri, invece di altre penitenze che non sono così meritorie né così gradite a Dio e neppure tanto profittevoli alle anime per farle avanzare in virtù o tanto efficaci per impedire loro di ricadere nel peccato. Senza dire, poi, che recitando il Rosario si lucrano numerose indulgenze non annesse a molte altre devozioni.
[91] Dice l'abate Blosio: “Sicuramente il Rosario con la meditazione della vita e della passione di Nostro Signore è graditissimo a Gesù e alla Vergine ed è molto efficace per ottenere ogni grazia; perciò lo possiamo, recitare per noi stessi o per coloro che a noi si raccomandano o anche per tutta la Chiesa. Ricorriamo, dunque, alla devozione del Rosario in ogni nostra necessità ed otterremo senza dubbio quanto avremo chiesto a Dio in ordine alla nostra salvezza”.
ROSA VENTINOVESIMA
[92] Secondo san Dionigi nulla di più divino, di più nobile, di più gradito a Dio quanto il cooperare alla salvezza delle anime e rovesciare i perfidi piani del demonio che tutto mette in opera per perderle. Questo fu il motivo per cui il Figlio di Dio scese sulla terra: Egli, fondando la Chiesa, aveva distrutto il dominio di Satana. Purtroppo questo tiranno aveva ripreso forza esercitando crudele violenza sulle anime, come si vide per esempio nel secolo XI quando sorse l'eresia degli Albigesi, con tutti gli odi, le contese, i vizi più abominevoli che, gli riuscì di far regnare nel mondo.
Quale il rimedio a questi grandi disordini? come abbattere la forza di Satana? La Madonna, protettrice della Chiesa, per calmare la collera del Figlio, per estirpare l'eresia e riformare i costumi dei cristiani, offerse come il mezzo più efficace la confraternita del Rosario e i fatti lo provarono: la carità si ravvivò, la frequenza ai sacramenti ritornò come nei primi secoli d'oro della Chiesa ed i costumi dei cristiani si riformarono.
[93] Dice papa Leone X nella sua Bolla (4 ottobre 1520), che questa confraternita fu fondata ad onore di Dio e di Maria come un baluardo per stornare le sciagure che stavano per abbattersi sulla Chiesa. E Gregorio XIII afferma che il Rosario fu dato dal Cielo come un mezzo per calmare la collera divina ed implorare l'intercessione della Vergine santa. Giulio III aggiunge che il Rosario fu ispirato per aprirci più facilmente il cielo, grazie alla intercessione della Madonna. Paolo III e il beato Pio V dichiarano che il Rosario fu stabilito e dato ai fedeli perché potessero procurarsi in modo più efficiente il riposo, e la consolazione spirituale. Chi, dunque, potrà trascurare di iscriversi ad una confraternita istituita per così nobili intenti?
[94] Un giorno Padre Domenico, certosino, molto devoto del Rosario, vide il cielo aperto e tutta la corte celeste disposta in mirabile ordine; e udì cantare con dolcissima melodia il Rosario mentre si onorava ad ogni decina un mistero della vita, della passione e della gloria di Gesù e della Madonna. Egli notò che al santo nome di Maria tutti i beati inchinavano il capo e a quello di Gesù genuflettevano e ringraziavano Dio per i grandi benefici elargiti in cielo e in terra in virtù del Rosario. Vide pure la Vergine e i Santi presentare a Dio i Rosari che i confratelli recitavano sulla terra e pregavano per tutti quelli che praticano questa devozione; vide ancora innumerevoli corone di splendidi e profumati fiori preparate per chi recita con devozione il Rosario, le corone che essi medesimi stanno intessendo per esserne adorni in cielo.
La visione del pio certosino ricorda la visione del Discepolo prediletto che vide una moltitudine stragrande di angeli e di santi intenti a lodare e a benedire Nostro Signore per quanto aveva fatto e sofferto per la nostra salvezza. Ebbene, non è questo che fanno anche i confratelli del Rosario?
[95] Non è da credere che il Rosario sia buono soltanto per le donne, per i piccoli e gli ignoranti; esso è buono altresì per gli uomini e tra essi per i più ragguardevoli. Non appena san Domenico ebbe riferito a Papa Innocenzo III l'ordine ricevuto dal cielo di istituire questa Confraternita, il Pontefice approvò ed esortò il Santo a predicarla; anzi volle farne parte egli stesso, e con lui diedero il proprio nome entusiasticamente gli stessi cardinali, tanto che Lopez non esitò a dire: “Nessun sesso, nessuna età, nessuna condizione sociale si è potuta sottrarre alla devozione del Rosario”.
Sono, infatti, iscritti in questa Confraternita persone di ogni categoria: duchi, principi, re, prelati, cardinali, sommi Pontefici. Troppo lungo sarebbe enumerarli. Perciò, caro lettore, se entrerai in questa confraternita parteciperai alla loro devozione, alle loro grazie qui in terra e alla loro gloria in cielo: associato con loro nella devozione, avrai in comune anche la dignità.
ROSA TRENTESIMA
[96] Se i privilegi, i favori e le indulgenze rendono raccomandabile una Confraternita, si deve dire che quella del Rosario è la più raccomandabile nella Chiesa perché è la meglio dotata di indulgenze. Dalla sua istituzione in poi quasi tutti i Papi hanno fatto prelievi dal tesoro della Chiesa per arricchirla. E poiché l'esempio persuade più delle parole e degli stessi favori, essi testimoniarono la stima in cui tenevano la Confraternita, dando ad essa il proprio nome.
Ecco un breve compendio delle indulgenze accordate dai Sommi Pontefici alla Confraternita; indulgenze confermate nuovamente dal Santo Padre Innocenzo XI il 31 luglio 1679 e comunicate, col permesso di pubblicarle, all'arcivescovo di Parigi il 25 settembre dello stesso anno:
1) indulgenza plenaria nel giorno dell'iscrizione; 2) indulgenza plenaria in punto di morte; 3) indulgenza parziale di 10 anni e 10 quarantene per ciascuna delle tre corone; 4) indulgenza parziale di 7 giorni ogni volta che gli associati pronunceranno devotamente il nome di Gesù e di Maria; 5) indulgenza parziale di 7 anni e 7 quarantene a coloro che assisteranno con pietà alla processione del Rosario; 6) indulgenza plenaria nella prima domenica del mese e nelle feste di Nostro Signore e della Madonna a quanti veramente pentiti e confessati visiteranno la cappella del Rosario nella chiesa sede della confraternita; 7) indulgenza parziale di 100 giorni ai presenti al canto della Salve Regina; 8) indulgenza parziale di 100 giorni a coloro che con devozione e allo scopo di darne l'esempio, portano visibilmente la corona; 9) indulgenza plenaria nei giorni indicati per lucrarla ai confratelli ammalati o impediti di recarsi in chiesa, che confessati e comunicati reciteranno in giornata il Rosario o almeno una parte. 10) Per un insigne e speciale favore verso i confratelli del Rosario, i Sommi Pontefici danno loro possibilità di lucrare le indulgenze delle chiese stazionali di Roma, con la semplice visita a cinque altari recitando davanti a ciascuno di essi cinque Pater e cinque Ave per il bene della Chiesa. Qualora nella chiesa sede della Confraternita vi fossero solo uno o due altari, potranno recitare i 25 Pater e Ave davanti a quelli. (Si veda al riguardo, Papa Paolo VI… concernenti le attuali Indulgenze)
[97] Gran favore, quest'ultimo, per i confratelli poiché nelle chiese stazionali di Roma si lucrano indulgenze plenarie in suffragio delle anime del purgatorio e si ottengono tante remissioni che essi possono acquistare senza fatica, senza spese e senza neppure uscire dal proprio paese! Che se la Confraternita non esistesse là dove essi dimorano, potrebbero egualmente acquistare le predette indulgenze, stando alla concessione di Leone X, con la visita a cinque altari in qualsiasi chiesa.
I giorni stabiliti e determinati per coloro che risiedono fuori Roma nei quali i confratelli possono lucrare queste indulgenze secondo il decreto della Sacra Congregazione per le indulgenze, approvato dal santo Padre il 7 marzo 1678, purché le condizioni siano esattamente osservate sono: tutte le domeniche di Avvento; i tre giorni delle Quattro Tempora di Avvento; la vigilia di Natale, alla Messa della notte, dell'aurora e del giorno di Natale; la festività di santo Stefano, di san Giovanni evangelista, dei santi Innocenti, della Circoncisione e dell'Epifania; le tre domeniche prima della Quaresima; dal giorno delle Ceneri alla domenica in Albis inclusa; i tre giorni delle Rogazioni; il giorno del]'Ascensione; la vigilia di Pentecoste e tutti i giorni dell'ottava; i tre giorni delle Quattro Tempora di settembre.
Caro confratello del Rosario, vi sono altre innumerevoli indulgenze; se le vuoi conoscere leggi il Sommario delle indulgenze accordate ai confratelli, dove troverai pure i nomi dei Papi che le elargirono, l'anno della concessione e diversi particolari che non è possibile qui riferire in compendio.
21 novembre 1975 - BATTAGLIA IMPORTANTISSIMA
Mons. Ottavio Michelini
Figlio mio scrivi.
Sta scritto: " Meditare Novissima tua et in aeternum non peccabis ".
Queste parole, uscite dalle labbra della Sapienza, sono date al popolo di Dio come norma di vita.
Sono state come sorgente di luce perché l'uomo, caduto nelle tenebre, potesse camminare sicuro verso il traguardo finale della sua esistenza umana.
Ora questo precetto, così importante e così efficace, è stato accantonato con altri in nome della evoluzione dei tempi, richiedenti forme nuove di vita e di costumi.
Sarebbe bastato un poco di discernimento per vedere, in questo desiderio sfrenato del nuovo, un astuto inganno del Nemico dell'uomo.
Il precetto di meditare, giorno e notte, le grandi verità della fede ci viene da Dio; la bruciante sete di novità ci viene dal Maligno.
Se i consacrati in modo particolare avessero (p. 27) richiesto lume, non l'avrei negato loro; ma, abbagliati dal Nemico, si sono da lui lasciati convincere con tutte le conseguenze che tu stesso puoi vedere.
Dio vuole guidare l'uomo al raggiungimento della salvezza eterna della sua anima, ma quando l'uomo rifiuta quel poco di collaborazione che può dare, Dio l'abbandona a se stesso.
Dio vuole salvo l'uomo, ma con il suo consenso.
Dio lo vuole salvo, però non contro le sue scelte.
Cercare Dio nel silenzio
In un precedente messaggio, ti ho detto chiaramente che solo nel silenzio dell'anima Dio fa sentire la sua voce.
Ma chi, figlio mio, oggi cerca Dio nel silenzio?
Gli uomini in genere ed anche i miei ministri si sono alleati a Satana nell'opera di avvilimento della dignità umana. Non solo nell'avvilirla, si aiutano nel distruggerla, tanto da non riconoscersi più.
L'uomo non sa più chi è. A tanto è arrivata l'opera nefasta del materialismo, incarnato da Satana.
Coloro che dovevano impegnare tutte le energie (p. 28) possibili per impedire una così drammatica situazione, non solo non l'hanno fatto, ma hanno accettato di allearsi con le tenebrose potenze del Male aggravando e accelerando il processo di disintegrazione di tutti i valori spirituali e soprannaturali che facevano e fanno grande l'uomo, creatura libera e intelligente, fatto ad immagine e somiglianza di Dio.
Figlio mio, già ti dissi che l'ora delle tenebre è vicina e che l'umanità conoscerà la più tremenda lotta scatenata nel mondo dall'Inferno che tutto farà per non perdere quella vittoria che è convinto di tenere in pugno.
Ti ho detto che questa battaglia troverà riscontro solo nell'immane lotta combattuta in Cielo tra i figli della luce e quelli delle tenebre. Intravedi ora la ragione di questa mia affermazione?
Molti, anche fra i miei consacrati e fra gli stessi successori degli Apostoli, non sanno che questa ora, dalla caduta di Adamo ed Eva, Satana con le sue legioni l'ha sempre desiderata, l'ha agognata e perseguita con tutti i mezzi a sua disposizione. Ritiene questa battaglia una rivincita sicura su Dio, su Me Redentore, sulla Chiesa frutto della mia Redenzione, su Me e sulla mia Chiesa, perché Io ho strappato a lui l'umanità fatta sua schiava. (p. 29)
Che tutti sappiano
Voglio che tutti sappiano i prossimi avvenimenti, te lo ripeto ancora, come i più gravi della storia del genere umano.
Ma perché non si voglion convincere, mentre palesi ne sono i segni e avvertiti sono stati dalla Madre mia?
Ora, pur di chiudere gli occhi alla luce, si parla della Misericordia. Perché non ne parlarono prima, quando a Fatima, a Lourdes e altrove la Misericordia così prodigiosamente si è manifestata per richiamare al pentimento e alla preghiera?
E' presunzione rifiutare Dio e poi parlare della sua misericordia.
La misericordia di Dio è come la calamita; deve trovare il suo punto di attrazione e non di repulsione.
Io non voglio la sventura.
Piegherò la stoltezza e la malvagità umana in un'opera di purificazione per il trionfo e della Misericordia e della Giustizia.
Chi ha rinunciato alla luce per farsi figlio delle tenebre, non può avere parole di verità e di luce. (p.30)
Meditare novissima tua et in aeternum non peccabis!
Ma nessuno più medita, fatta eccezione di pochi. Sono illusi, sono come fanciulli che rincorrono la farfalla variopinta e, fattala prigioniera, aprendo le loro mani si accorgono che della farfalla non è rimasto che un verme. Povera umanità che, sempre più disillusa e smarrita, non sa ancora trovare la retta via...
Prega, figlio mio; ti benedico. (p.31)