Liturgia delle Ore - Letture
Sabato della 7° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Luca 1
1Poiché molti han posto mano a stendere un racconto degli avvenimenti successi tra di noi,2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni fin da principio e divennero ministri della parola,3così ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teòfilo,4perché ti possa rendere conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto.
5Al tempo di Erode, re della Giudea, c'era un sacerdote chiamato Zaccaria, della classe di Abìa, e aveva in moglie una discendente di Aronne chiamata Elisabetta.6Erano giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore.7Ma non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni.
8Mentre Zaccaria officiava davanti al Signore nel turno della sua classe,9secondo l'usanza del servizio sacerdotale, gli toccò in sorte di entrare nel tempio per fare l'offerta dell'incenso.10Tutta l'assemblea del popolo pregava fuori nell'ora dell'incenso.11Allora gli apparve un angelo del Signore, ritto alla destra dell'altare dell'incenso.12Quando lo vide, Zaccaria si turbò e fu preso da timore.13Ma l'angelo gli disse: "Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni.14Avrai gioia ed esultanza e molti si rallegreranno della sua nascita,15poiché egli sarà grande davanti al Signore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà pieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre16e ricondurrà molti figli d'Israele al Signore loro Dio.17Gli camminerà innanzi con lo spirito e la forza di Elia, 'per ricondurre i cuori dei padri verso i figli' e i ribelli alla saggezza dei giusti e preparare al Signore un popolo ben disposto".18Zaccaria disse all'angelo: "Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni".19L'angelo gli rispose: "Io sono Gabriele che sto al cospetto di Dio e sono stato mandato a portarti questo lieto annunzio.20Ed ecco, sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo".
21Intanto il popolo stava in attesa di Zaccaria, e si meravigliava per il suo indugiare nel tempio.22Quando poi uscì e non poteva parlare loro, capirono che nel tempio aveva avuto una visione. Faceva loro dei cenni e restava muto.
23Compiuti i giorni del suo servizio, tornò a casa.24Dopo quei giorni Elisabetta, sua moglie, concepì e si tenne nascosta per cinque mesi e diceva:25"Ecco che cosa ha fatto per me il Signore, nei giorni in cui si è degnato di togliere la mia vergogna tra gli uomini".
26Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret,27a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.28Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".29A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.30L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.31Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.32Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre33e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
34Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo".35Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.36Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile:37'nulla è impossibile a Dio'".38Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei.
39In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda.40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo42ed esclamò a gran voce: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.45E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore".
46Allora Maria disse:
"'L'anima mia' magnifica 'il Signore'
47e il mio spirito 'esulta in Dio, mio salvatore,'
48perché 'ha guardato l'umiltà della' sua 'serva.'
D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.
49Grandi cose ha fatto in me l'Onnipotente
e 'Santo è il suo nome:'
50'di generazione in generazione la sua misericordia
si stende su quelli che lo temono.'
51Ha spiegato la potenza del suo 'braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri' del loro cuore;
52'ha rovesciato i potenti' dai troni,
'ha innalzato gli umili;'
53'ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato a mani vuote i ricchi.'
54'Ha soccorso Israele, suo servo,
ricordandosi della sua misericordia,'
55come aveva promesso 'ai nostri padri,
ad Abramo e alla' sua 'discendenza,'
per sempre".
56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
57Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio.58I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.
59All'ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria.60Ma sua madre intervenne: "No, si chiamerà Giovanni".61Le dissero: "Non c'è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome".62Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.63Egli chiese una tavoletta, e scrisse: "Giovanni è il suo nome". Tutti furono meravigliati.64In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.65Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose.66Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: "Che sarà mai questo bambino?" si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui.
67Zaccaria, suo padre, fu pieno di Spirito Santo, e profetò dicendo:
68"'Benedetto il Signore Dio d'Israele,'
perché ha visitato e redento il suo popolo,
69e ha suscitato per noi una salvezza potente
nella casa di Davide, suo servo,
70come aveva promesso
per bocca dei suoi santi profeti d'un tempo:
71salvezza 'dai' nostri 'nemici,'
'e dalle mani di quanti ci odiano.'
72'Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri'
'e si è ricordato della sua' santa 'alleanza,'
73'del giuramento fatto ad Abramo', nostro padre,
74di concederci, liberati dalle mani dei nemici,
di servirlo senza timore,75in santità e giustizia
al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.
76E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell'Altissimo
perché andrai 'innanzi al Signore a preparargli le strade,'
77per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza
nella remissione dei suoi peccati,
78grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,
per cui verrà a visitarci dall'alto un sole che sorge
79'per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre'
'e nell'ombra della morte'
e dirigere i nostri passi sulla via della pace".
80Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.
Numeri 14
1Allora tutta la comunità alzò la voce e diede in alte grida; il popolo pianse tutta quella notte.2Tutti gli Israeliti mormoravano contro Mosè e contro Aronne e tutta la comunità disse loro: "Oh! fossimo morti nel paese d'Egitto o fossimo morti in questo deserto!3E perché il Signore ci conduce in quel paese per cadere di spada? Le nostre mogli e i nostri bambini saranno preda. Non sarebbe meglio per noi tornare in Egitto?".4Si dissero l'un l'altro: "Diamoci un capo e torniamo in Egitto".
5Allora Mosè e Aronne si prostrarono a terra dinanzi a tutta la comunità riunita degli Israeliti.6Giosuè figlio di Nun e Caleb figlio di Iefunne, che erano fra coloro che avevano esplorato il paese, si stracciarono le vesti7e parlarono così a tutta la comunità degli Israeliti: "Il paese che abbiamo attraversato per esplorarlo è un paese molto buono.8Se il Signore ci è favorevole, ci introdurrà in quel paese e ce lo darà: è un paese dove scorre latte e miele.9Soltanto, non vi ribellate al Signore e non abbiate paura del popolo del paese; è pane per noi e la loro difesa li ha abbandonati mentre il Signore è con noi; non ne abbiate paura".
10Allora tutta la comunità parlò di lapidarli; ma la Gloria del Signore apparve sulla tenda del convegno a tutti gli Israeliti.11Il Signore disse a Mosè: "Fino a quando mi disprezzerà questo popolo? E fino a quando non avranno fede in me, dopo tutti i miracoli che ho fatti in mezzo a loro?12Io lo colpirò con la peste e lo distruggerò, ma farò di te una nazione più grande e più potente di esso".
13Mosè disse al Signore: "Ma gli Egiziani hanno saputo che tu hai fatto uscire questo popolo con la tua potenza14e lo hanno detto agli abitanti di questo paese. Essi hanno udito che tu, Signore, sei in mezzo a questo popolo, e ti mostri loro faccia a faccia, che la tua nube si ferma sopra di loro e che cammini davanti a loro di giorno in una colonna di nube e di notte in una colonna di fuoco.15Ora se fai perire questo popolo come un solo uomo, le nazioni che hanno udito la tua fama, diranno:16Siccome il Signore non è stato in grado di far entrare questo popolo nel paese che aveva giurato di dargli, li ha ammazzati nel deserto.17Ora si mostri grande la potenza del mio Signore, perché tu hai detto:18Il Signore è lento all'ira e grande in bontà, perdona la colpa e la ribellione, ma non lascia senza punizione; castiga la colpa dei padri nei figli fino alla terza e alla quarta generazione.19Perdona l'iniquità di questo popolo, secondo la grandezza della tua bontà, così come hai perdonato a questo popolo dall'Egitto fin qui".
20Il Signore disse: "Io perdono come tu hai chiesto;21ma, per la mia vita, com'è vero che tutta la terra sarà piena della gloria del Signore,22tutti quegli uomini che hanno visto la mia gloria e i prodigi compiuti da me in Egitto e nel deserto e tuttavia mi hanno messo alla prova già dieci volte e non hanno obbedito alla mia voce,23certo non vedranno il paese che ho giurato di dare ai loro padri. Nessuno di quelli che mi hanno disprezzato lo vedrà;24ma il mio servo Caleb che è stato animato da un altro spirito e mi ha seguito fedelmente io lo introdurrò nel paese dove è andato; la sua stirpe lo possiederà.25Gli Amaleciti e i Cananei abitano nella valle; domani tornate indietro, incamminatevi verso il deserto, per la via del Mare Rosso".
26Il Signore disse ancora a Mosè e ad Aronne:27"Fino a quando sopporterò io questa comunità malvagia che mormora contro di me? Io ho udito le lamentele degli Israeliti contro di me.28Riferisci loro: Per la mia vita, dice il Signore, io vi farò quello che ho sentito dire da voi.29I vostri cadaveri cadranno in questo deserto. Nessuno di voi, di quanti siete stati registrati dall'età di venti anni in su e avete mormorato contro di me,30potrà entrare nel paese nel quale ho giurato di farvi abitare, se non Caleb, figlio di Iefunne, e Giosuè figlio di Nun.31I vostri bambini, dei quali avete detto che sarebbero diventati una preda di guerra, quelli ve li farò entrare; essi conosceranno il paese che voi avete disprezzato.32Ma i vostri cadaveri cadranno in questo deserto.33I vostri figli saranno nòmadi nel deserto per quarant'anni e porteranno il peso delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri siano tutti quanti nel deserto.34Secondo il numero dei giorni che avete impiegato per esplorare il paese, quaranta giorni, sconterete le vostre iniquità per quarant'anni, un anno per ogni giorno e conoscerete la mia ostilità.35Io, il Signore, ho parlato. Così agirò con tutta questa comunità malvagia che si è riunita contro di me: in questo deserto saranno annientati e qui moriranno".
36Gli uomini che Mosè aveva mandati a esplorare il paese e che, tornati, avevano fatto mormorare tutta la comunità contro di lui diffondendo il discredito sul paese,37quegli uomini che avevano propagato cattive voci su quel paese, morirono colpiti da un flagello, davanti al Signore.38Ma di quelli che erano andati a esplorare il paese rimasero vivi Giosuè, figlio di Nun, e Caleb, figlio di Iefunne.
39Mosè riferì quelle parole a tutti gli Israeliti; il popolo ne fu molto turbato.40La mattina si alzarono presto per salire verso la cima del monte, dicendo: "Eccoci qua; noi saliremo al luogo del quale il Signore ha detto che noi abbiamo peccato".41Ma Mosè disse: "Perché trasgredite l'ordine del Signore? La cosa non vi riuscirà.42Poiché il Signore non è in mezzo a voi, non salite perché non siate sconfitti dai vostri nemici!43Perché di fronte a voi stanno gli Amaleciti e i Cananei e voi cadrete di spada; perché avete abbandonato il Signore, il Signore non sarà con voi".44Si ostinarono a salire verso la cima del monte, ma l'arca dell'alleanza del Signore e Mosè non si mossero dall'accampamento.45Allora gli Amaleciti e i Cananei che abitavano su quel monte scesero, li batterono e ne fecero strage fino a Corma.
Sapienza 9
1"Dio dei padri e Signore di misericordia,
che tutto hai creato con la tua parola,
2che con la tua sapienza hai formato l'uomo,
perché domini sulle creature fatte da te,
3e governi il mondo con santità e giustizia
e pronunzi giudizi con animo retto,
4dammi la sapienza, che siede in trono accanto a te
e non mi escludere dal numero dei tuoi figli,
5perché io sono tuo servo e figlio della tua ancella,
uomo debole e di vita breve,
incapace di comprendere la giustizia e le leggi.
6Se anche uno fosse il più perfetto tra gli uomini,
mancandogli la tua sapienza, sarebbe stimato un nulla.
7Tu mi hai prescelto come re del tuo popolo
e giudice dei tuoi figli e delle tue figlie;
8mi hai detto di costruirti un tempio sul tuo santo monte,
un altare nella città della tua dimora,
un'imitazione della tenda santa
che ti eri preparata fin da principio.
9Con te è la sapienza che conosce le tue opere,
che era presente quando creavi il mondo;
essa conosce che cosa è gradito ai tuoi occhi
e ciò che è conforme ai tuoi decreti.
10Inviala dai cieli santi,
mandala dal tuo trono glorioso,
perché mi assista e mi affianchi nella mia fatica
e io sappia ciò che ti è gradito.
11Essa infatti tutto conosce e tutto comprende,
e mi guiderà prudentemente nelle mie azioni
e mi proteggerà con la sua gloria.
12Così le mie opere ti saranno gradite;
io giudicherò con equità il tuo popolo
e sarò degno del trono di mio padre.
13Quale uomo può conoscere il volere di Dio?
Chi può immaginare che cosa vuole il Signore?
14I ragionamenti dei mortali sono timidi
e incerte le nostre riflessioni,
15perché un corpo corruttibile appesantisce l'anima
e la tenda d'argilla grava la mente dai molti pensieri.
16A stento ci raffiguriamo le cose terrestri,
scopriamo con fatica quelle a portata di mano;
ma chi può rintracciare le cose del cielo?
17Chi ha conosciuto il tuo pensiero,
se tu non gli hai concesso la sapienza
e non gli hai inviato il tuo santo spirito dall'alto?
18Così furono raddrizzati i sentieri di chi è sulla terra;
gli uomini furono ammaestrati in ciò che ti è gradito;
essi furono salvati per mezzo della sapienza".
Salmi 118
1Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono;
perché eterna è la sua misericordia.
2Dica Israele che egli è buono:
eterna è la sua misericordia.
3Lo dica la casa di Aronne:
eterna è la sua misericordia.
4Lo dica chi teme Dio:
eterna è la sua misericordia.
5Nell'angoscia ho gridato al Signore,
mi ha risposto, il Signore, e mi ha tratto in salvo.
6Il Signore è con me, non ho timore;
che cosa può farmi l'uomo?
7Il Signore è con me, è mio aiuto,
sfiderò i miei nemici.
8È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
9È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.
10Tutti i popoli mi hanno circondato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
11Mi hanno circondato, mi hanno accerchiato,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
12Mi hanno circondato come api,
come fuoco che divampa tra le spine,
ma nel nome del Signore li ho sconfitti.
13Mi avevano spinto con forza per farmi cadere,
ma il Signore è stato mio aiuto.
14Mia forza e mio canto è il Signore,
egli è stato la mia salvezza.
15Grida di giubilo e di vittoria,
nelle tende dei giusti:
la destra del Signore ha fatto meraviglie,
16la destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto meraviglie.
17Non morirò, resterò in vita
e annunzierò le opere del Signore.
18Il Signore mi ha provato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
19Apritemi le porte della giustizia:
voglio entrarvi e rendere grazie al Signore.
20 È questa la porta del Signore,
per essa entrano i giusti.
21Ti rendo grazie, perché mi hai esaudito,
perché sei stato la mia salvezza.
22La pietra scartata dai costruttori
è divenuta testata d'angolo;
23ecco l'opera del Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
24Questo è il giorno fatto dal Signore:
rallegriamoci ed esultiamo in esso.
25Dona, Signore, la tua salvezza,
dona, Signore, la vittoria!
26Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore;
27Dio, il Signore è nostra luce.
Ordinate il corteo con rami frondosi
fino ai lati dell'altare.
28Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
29Celebrate il Signore, perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
Isaia 38
1In quei giorni Ezechia si ammalò gravemente.
Il profeta Isaia figlio di Amoz si recò da lui e gli parlò: "Dice il Signore: Disponi riguardo alle cose della tua casa, perché morirai e non guarirai".
2Ezechia allora voltò la faccia verso la parete e pregò il Signore.3Egli disse: "Signore, ricordati che ho passato la vita dinanzi a te con fedeltà e con cuore sincero e ho compiuto ciò che era gradito ai tuoi occhi". Ezechia pianse molto.
4Allora la parola del Signore fu rivolta a Isaia:5"Va' e riferisci a Ezechia: Dice il Signore Dio di Davide tuo padre: Ho ascoltato la tua preghiera e ho visto le tue lacrime; ecco io aggiungerò alla tua vita quindici anni.6Libererò te e questa città dalla mano del re di Assiria; proteggerò questa città.7Da parte del Signore questo ti sia come segno che egli manterrà la promessa che ti ha fatto.8Ecco, io faccio tornare indietro di dieci gradi l'ombra sulla meridiana, che è già scesa con il sole sull'orologio di Acaz".
E il sole retrocesse di dieci gradi sulla scala che aveva disceso.
9Cantico di Ezechia re di Giuda, quando cadde malato e guarì dalla malattia.
10Io dicevo: "A metà della mia vita
me ne vado alle porte degli inferi;
sono privato del resto dei miei anni".
11Dicevo: "Non vedrò più il Signore
sulla terra dei viventi,
non vedrò più nessuno
fra gli abitanti di questo mondo.
12La mia tenda è stata divelta e gettata lontano da me,
come una tenda di pastori.
Come un tessitore hai arrotolato la mia vita,
mi recidi dall'ordito.
In un giorno e una notte mi conduci alla fine".
13Io ho gridato fino al mattino.
Come un leone, così egli stritola
tutte le mie ossa.
14Come una rondine io pigolo,
gemo come una colomba.
Sono stanchi i miei occhi di guardare in alto.
Signore, io sono oppresso; proteggimi.15Che dirò? Sto in pena
poiché è lui che mi ha fatto questo.
Il sonno si è allontanato da me
per l'amarezza dell'anima mia.
16Signore, in te spera il mio cuore;
si ravvivi il mio spirito.
Guariscimi e rendimi la vita.
17Ecco, la mia infermità si è cambiata in salute!
Tu hai preservato la mia vita
dalla fossa della distruzione,
perché ti sei gettato dietro le spalle
tutti i miei peccati.
18Poiché non gli inferi ti lodano,
né la morte ti canta inni;
quanti scendono nella fossa
non sperano nella tua fedeltà.
19Il vivente, il vivente ti rende grazie
come io oggi faccio.
Il padre farà conoscere ai figli
la tua fedeltà.
20Il Signore si è degnato di aiutarmi;
per questo canteremo sulle cetre
tutti i giorni della nostra vita,
canteremo nel tempio del Signore.
21Isaia disse: "Si prenda un impiastro di fichi e si applichi sulla ferita, così guarirà".22Ezechia disse: "Qual è il segno per cui io entrerò nel tempio?".
Atti degli Apostoli 14
1Anche ad Icònio essi entrarono nella sinagoga dei Giudei e vi parlarono in modo tale che un gran numero di Giudei e di Greci divennero credenti.2Ma i Giudei rimasti increduli eccitarono e inasprirono gli animi dei pagani contro i fratelli.3Rimasero tuttavia colà per un certo tempo e parlavano fiduciosi nel Signore, che rendeva testimonianza alla predicazione della sua grazia e concedeva che per mano loro si operassero segni e prodigi.4E la popolazione della città si divise, schierandosi gli uni dalla parte dei Giudei, gli altri dalla parte degli apostoli.5Ma quando ci fu un tentativo dei pagani e dei Giudei con i loro capi per maltrattarli e lapidarli,6essi se ne accorsero e fuggirono nelle città della Licaònia, Listra e Derbe e nei dintorni,7e là continuavano a predicare il vangelo.
8C'era a Listra un uomo paralizzato alle gambe, storpio sin dalla nascita, che non aveva mai camminato.9Egli ascoltava il discorso di Paolo e questi, fissandolo con lo sguardo e notando che aveva fede di esser risanato,10disse a gran voce: "Alzati diritto in piedi!". Egli fece un balzo e si mise a camminare.11La gente allora, al vedere ciò che Paolo aveva fatto, esclamò in dialetto licaonio e disse: "Gli dèi sono scesi tra di noi in figura umana!".12E chiamavano Bàrnaba Zeus e Paolo Hermes, perché era lui il più eloquente.
13Intanto il sacerdote di Zeus, il cui tempio era all'ingresso della città, recando alle porte tori e corone, voleva offrire un sacrificio insieme alla folla.14Sentendo ciò, gli apostoli Bàrnaba e Paolo si strapparono le vesti e si precipitarono tra la folla, gridando:15"Cittadini, perché fate questo? Anche noi siamo esseri umani, mortali come voi, e vi predichiamo di convertirvi da queste vanità al Dio vivente 'che ha fatto il cielo, la terra, il mare e tutte le cose che in essi si trovano'.16Egli, nelle generazioni passate, ha lasciato che ogni popolo seguisse la sua strada;17ma non ha cessato di dar prova di sé beneficando, concedendovi dal cielo piogge e stagioni ricche di frutti, fornendovi il cibo e riempiendo di letizia i vostri cuori".18E così dicendo, riuscirono a fatica a far desistere la folla dall'offrire loro un sacrificio.
19Ma giunsero da Antiòchia e da Icònio alcuni Giudei, i quali trassero dalla loro parte la folla; essi presero Paolo a sassate e quindi lo trascinarono fuori della città, credendolo morto.20Allora gli si fecero attorno i discepoli ed egli, alzatosi, entrò in città. Il giorno dopo partì con Bàrnaba alla volta di Derbe.
21Dopo aver predicato il vangelo in quella città e fatto un numero considerevole di discepoli, ritornarono a Listra, Icònio e Antiòchia,22rianimando i discepoli ed esortandoli a restare saldi nella fede poiché, dicevano, è necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel regno di Dio.23Costituirono quindi per loro in ogni comunità alcuni anziani e dopo avere pregato e digiunato li affidarono al Signore, nel quale avevano creduto.24Attraversata poi la Pisidia, raggiunsero la Panfilia25e dopo avere predicato la parola di Dio a Perge, scesero ad Attalìa;26di qui fecero vela per Antiòchia là dove erano stati affidati alla grazia del Signore per l'impresa che avevano compiuto.
27Non appena furono arrivati, riunirono la comunità e riferirono tutto quello che Dio aveva compiuto per mezzo loro e come aveva aperto ai pagani la porta della fede.28E si fermarono per non poco tempo insieme ai discepoli.
Capitolo XIV: Pensare all’occulto giudizio di Dio, per non insuperbirci del bene
Leggilo nella Biblioteca1. Come tuono fai scendere sopra di me i tuoi giudizi, Signore; timore e terrore scuotono tutte le mie ossa; l'anima mia si ritrae spaventata. Sbigottito penso che neppure i cieli sono puri, di fronte a te. Se hai trovato dei malvagi persino tra gli angeli e non li hai risparmiati, che cosa accadrà di me? Caddero le stelle del cielo, ed io, che sono polvere, che cosa presumo di me? Caddero nel profondo certuni, che sembrava avessero compiuto opere degne di lode; certuni che mangiavano il pane degli angeli, li ho visti contentarsi delle carrube che mangiavano i porci. Invero, non c'è santità se tu, o Signore, togli la tua mano; la sapienza non serve a nulla, se tu cessi di reggerci; la fortezza non giova, se tu cessi di custodirla; la castità non è sicura, se tu non la difendi; la vigilanza su se stessi non vale, se tu non sei presente con la tua santa protezione. Infatti se tu ci abbandoni, andiamo a fondo e moriamo; se tu, invece, ci assisti ci teniamo ritti e viviamo. In verità, noi siamo malfermi, ma tu ci rafforzi; siamo tiepidi, ma tu ci infiammi.
2. Oh!, come devo essere conscio della mia bassezza e della mia abiezione; e come devo considerare un nulla quel poco di bene che mi possa sembrare di aver fatto. Con quale pienezza di sottomissione devo accettare, o Signore, i tuoi profondi giudizi, giacché mi trovo ad essere nient'altro che nulla e poi nulla. E' cosa grande, invalicabile, questo riscontrare che di mio non c'è assolutamente niente. Dove mai si nasconde la mia boria, dove finisce la sicurezza che riponevo nella mia virtù. Ogni mia vuota vanteria è inghiottita nella profondità dei tuoi giudizi sopra di me. Che cosa mai è l'uomo di fronte a te? Forse che la creta può vantarsi nei confronti di colui che la plasma? (cfr. Is 45,9). Come può gonfiarsi, con vane parole, colui che, in verità, nell'intimo è soggetto a Dio? Neppure il mondo intero lo potrebbe far montare in superbia, poiché la Verità stessa lo ha soggiogato. Neppure un elogio da parte di tutti gli uomini lo potrebbe smuovere, poiché ha posto interamente la sua speranza in Dio: infatti, quelli che fanno tanti elogi, ecco, non sono che nulla, e scompariranno con il suono delle loro parole. Mentre la "parola del Signore resta in eterno" (Sal 116,2).
LETTERA 29* [300] AGOSTINO SALUTA NEL SIGNORE PAOLINO, GIUSTAMENTE AMATISSIMO SIGNORE, SCHIETTISSIMO SUO FIGLIO E COLLEGA NEL DIACONATO
Lettere - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaTra gli Atti dei martiri inviatigli da Paolino Ag. preferisce quelli giudiziari.
1. Non riesco ancora a concepire in qual modo, pur avendone una grandissima voglia, potrei soddisfare il tuo desiderio ch'io redigessi gli Atti dei martiri con parole mie. Ho letto infatti ciò che mi hai inviato e ho trovato alcuni racconti [sui martiri] esposti con parole altrui; altri al contrario, che mi hanno procurato un immenso piacere, esposti solo negli Atti giudiziari. Se quindi adesso volessi narrare anch'io quei fatti, nel raccontare i quali ci hanno preceduto altri autori, darò l'impressione di essere un insegnante importuno o un operaio inutile; se invece nell'esporre i fatti vorrò ricordare quelli contenuti negli Atti giudiziari, ho paura non solo di non aggiungere nulla all'emozione più schietta che quei fatti produssero in me stesso mentre leggevo solamente gli stessi Atti [...].
Gli scritti agiografici di Ambrogio sono importanti per completare le notizie degli Atti giudiziari.
2. In effetti, a spingermi a far qualcosa di simile allorché parlai di questo argomento alla tua Carità furono alcune agiografie dei martiri composte nella sua vecchiaia da Ambrogio, di venerata memoria; queste agiografie, paragonate a tutte le altre scritte sui martiri e che io avevo lette, le presi a modello, ma Ambrogio nella sua vecchiaia raccontò soprattutto episodi che non sarebbe stato possibile trovare nei processi verbali pubblici. La sua opera appare quindi non solo per nulla inutile ma anche sommamente necessaria, come ciò che si legge scritto da non so chi anche sul beatissimo Cipriano, che cioè egli si trovava nei suoi giardini quando si andò per condurlo al martirio, che, quando era detenuto nella strada di Saturno e una folla di fratelli vegliava davanti alla porta, raccomandò che fossero tenute al sicuro le giovinette, e altri particolari di tal genere che non possono trovarsi negli Atti giudiziari.
Ag. dichiara di non essere in grado di compilare l'opera propostagli da Paolino.
3. Io, invece, che cosa potrei fare, dal momento che, all'infuori degli Atti pubblici, non ho [a disposizione] altri documenti con i quali conoscere le notizie che occorre sapere riguardo ai martiri, tranne gli scritti di coloro che mi hanno preceduto in quest'opera e che avevo già letto? Se invece io volessi narrare con le mie parole solo ciò che leggo negli Atti pubblici, il mio sforzo finirebbe col guastarne la bellezza anziché abbellirli. Ti prego di considerare questo mio parere e rispondimi che cosa te ne pare con fraterna franchezza.
11 - Con nuovi benefici il Signore sollevò Maria santissima.
La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca595. La Signora del cielo, trovandosi nella disposizione da me narrata nel capitolo ottavo, fu nutrita con il cibo assegnatole da Dio per i milleduecentosessanta giorni menzionati dall'Evangelista nell'Apocalisse. Questo lasso di tempo corrisponde più o meno a tre anni e mezzo, trascorsi i quali Maria santissima compì sessant'anni. Ciò accadde nel quarantacinquesimo anno del Signore. E come la pietra aumenta di velocità avvicinandosi al centro, verso il quale si muove naturalmente, così più la Regina dell'universo si approssimava al termine della sua santa vita, più erano forti gli impeti del suo desiderio e rapidi i voli della sua anima purissima per giungere al centro della sua eterna pace. Nell'istante della sua immacolata concezione era uscita, simile a un ricco fiume, dall'oceano della Trinità, dalla quale era stata pensata da sempre e, grazie alle correnti di molteplici doni, favori, virtù e meriti, era cresciuta in modo che ormai il mondo creato le risultava angusto. Con un movimento accelerato e quasi impaziente della sua sapienza e della sua carità, si affrettava a ritornare ad unirsi al mare dal quale era fluita per traboccare poi un'altra volta, con materna clemenza, sulla Chiesa.
596. Già negli ultimi anni, per la dolce violenza dell'amore, ella viveva una sorta di martirio continuo. Infatti, è senza dubbio verità filosofica che in questi moti dello spirito il centro attragga con forza crescente ciò che gli si avvicina. Ora, tra l'infinito, sommo Bene e la beatissima Vergine c'era una prossimità tale che solo il muro della mortalità li separava - come ella disse nel Cantico - senza tuttavia impedire loro di vedersi e guardarsi reciprocamente con amore; ed era un amore tanto impaziente di soffrire a causa degli ostacoli all'unione con l'oggetto amato da non volere altro che vincerli per giungere a realizzarla. Il Figlio bramava questa unione, ma lo tratteneva il bisogno della Chiesa di avere una simile maestra; anche la dolcissima Madre vi aspirava e, benché si trattenesse dal domandare di morire per conseguirla, non poteva raffreddare il fervore che provava nell'intimo, per il quale sentiva acutamente il tormento della vita terrena e delle sue catene che le frenavano il volo.
597. Ella intanto pativa i dolori dell'amore, che è forte come la morte, finché non fosse arrivato il tempo stabilito dall'eterna Sapienza. In mezzo a quelle pene, chiamava l'amato perché uscisse fuori dalle sue stanze segrete, scendesse nella campagna, si fermasse nel suo villaggio e vedesse i fiori fragranti e i dolci frutti della sua vigna. Con le frecce dei suoi sguardi e dei suoi desideri ella ferì l'amato nell'intimo, lo fece volare dalle altezze e venire alla sua presenza. Un giorno avvenne che l'ardente anelito del la Tuttasanta crebbe talmente che ella poteva veramente affermare di essere malata d'amore. Infatti, pur non avendo i difetti delle nostre umane passioni, si ammalò per gli slanci del cuore, che si mosse dal suo posto. Il Signore lo permise affinché, come egli stesso era la causa dell'infermità, così lo fosse gloriosamente della guarigione. Gli spiriti celesti che aiutavano la Regina , meravigliati per la forza e per gli effetti della sua carità, le parlarono con il linguaggio loro proprio per darle un po' di sollievo con la sicura speranza del bramato possesso dell'amato. Simili rimedi, però, non spegnevano la fiamma, ed anzi la ravvivavano maggiormente. Sua Altezza li scongiurò di riferire al suo diletto che era malata d'amore ed essi replicarono consegnandole i contrassegni da lei desiderati; ma per la veemenza dei dolori, dovette essere sorretta dai suoi custodi lì presenti in forma visibile. In questa e in altre circostanze dei suoi ultimi anni, si realizzarono nell'unica e degna sposa tutti i misteri nascosti nel Cantico di Salomone.
598. Il Redentore scese dal paradiso a visitarla seduto su un trono di gloria e accompagnato da migliaia di angeli che lo lodavano e magnificavano. Accostandosi alla gran Signora, la confortò nel suo struggimento e la rinvigorì, dicendole allo stesso tempo: «Dilettissima Madre mia, scelta per il nostro beneplacito, i gemiti e i sospiri del vostro cuore amorevole hanno ferito il mio. Venite, mia colomba, alla patria beata dove la vostra sofferenza si cambierà in gaudio, le vostre lacrime in gioia; là vi riposerete dalle vostre pene». Subito le schiere celesti, per ordine del Signore, posero Maria santissima sul trono accanto a lui e tra musiche divine salirono tutti all'empireo, dove ella adorò la Tri nità. L'umanità di Cristo nostro salvatore la teneva sempre vicino a sé, procurando giubilo accidentale ai cortigiani del cielo; quand'ecco che sua Maestà, mostrando di voler parlare e quasi chiedendo - a nostro modo d'intendere - nuova attenzione ai santi, si rivolse così all'Eterno:
599. «Padre mio, questa è la donna che mi diede forma d'uomo nel suo talamo verginale, che mi nutrì al suo seno e mi sostentò col suo lavoro, che mi accompagnò nei miei affanni e cooperò con me alla redenzione umana, che fu sempre fedelissima e obbedì indefettibilmente alla nostra volontà col nostro pieno compiacimento. È immacolata e pura, in quanto degna madre mia; per ciò che ha fatto ha raggiunto la santità perfetta che la nostra infinita potenza le ha comunicato. Quando aveva già conquistato il premio e avrebbe potuto goderne definitivamente, se ne privò per la sola nostra gloria, ritornando nella Chiesa militante al fine di collaborare alla sua fondazione, al suo governo e al suo' magistero. Inoltre, poiché vivendo in essa sosteneva i fedeli, le abbiamo differito il riposo imperituro di cui più volte avrebbe avuto il diritto. Nella somma benevolenza ed equità della nostra provvidenza, è giusto che ella venga ricompensata dell'amore e delle opere con cui ci obbliga più di tutti, né per lei deve valere la legge comune agli altri esseri umani. Sebbene io abbia guadagnato loro premi e grazie senza misura, è giusto che colei che mi generò, la più alta delle creature, ne riceva di maggiori, giacché col suo agire corrisponde perfettamente alla nostra generosità e niente in lei ostacola la manifestazione della forza del nostro braccio e la partecipazione, da parte sua, ai nostri tesori quale regina dell'universo».
600. A queste parole il Padre rispose: «Figlio mio, nel quale ho posto la mia compiacenza, voi siete il primogenito e il capo dei predestinati, ogni cosa ho messo nelle vostre mania affinché giudichiate rettamente le tribù, le generazioni e tutti i viventi'. Distribuite i miei inesauribili doni e comunicateli a vostro arbitrio alla nostra Diletta, che vi vestì di carne mortale, conformemente al suo titolo e al suo merito, tanto stimabili ai nostri occhi».
601. Il Redentore promise all'augusta genitrice che da allora in avanti, quando la domenica ella terminava gli esercizi corrispondenti alla risurrezione, fosse innalzata dagli angeli in paradiso e, stando alla presenza dell'Altissimo, celebrasse là in anima e corpo il gaudio di quel mistero. Così stabilì il Verbo incarnato con il beneplacito dell'Eterno e davanti ai santi; inoltre decise che al momento della comunione le avrebbe mostrato la sua santissima umanità e divinità in un modo nuovo, mirabile, diverso dal precedente, cosicché tale beneficio fosse una ricca caparra della gloria che egli le aveva preparato nell'eternità. I beati conobbero quanto fosse giusto che, in onore di Dio e a dimostrazione della sua grandezza, Maria santissima ricevesse simili favori a motivo della propria santità e dignità e della conveniente retribuzione che ella sola rendeva per quelle azioni; e insieme agli spiriti celesti intonarono nuovi cantici di lode al Signore, che è santo, giusto e ammirabile in tutto ciò che compie.
602. Cristo nostro bene, poi, si rivolse alla gran Signora: «Amatissima Madre mia, vi do la mia parola: finché rimarrete sulla terra starò sempre con voi, in una maniera straordinaria sinora ignorata dagli uomini e dagli angeli. Con la mia presenza non proverete mai la solitudine; dove sono io, lì sarà la mia patria; in me troverete riposo dalle vostre ansie amorose. Io compenserò il vostro esilio, che pure è di breve durata. Non siano più una pena i legami del corpo mortale, perché presto ne sarete libera. Fintantoché non giungerà quel giorno, io sarò la fine delle vostre afflizioni e di tanto in tanto aprirò la cortina che impedisce la realizzazione delle vostre aspirazioni». La Vergine ascoltava tali promesse di grazia mantenendosi profondamente umile, lodando, esaltando e ringraziando l'Onnipotente per la generosità del grande beneficio accordatole, e ritenendosi un nulla. Un simile spettacolo non si può spiegare né intendere in questa vita: Dio che innalza giustamente la sua degna Madre a così sublime altezza e nella sua sapienza e volontà tanto la stima, ed ella che è come in lotta col potere divino per abbassarsi e annientarsi, meritando proprio con ciò l'esaltazione che riceve!
603. Dopo questo fu illuminata e le sue facoltà vennero accresciute - come già altre volte si è detto -, affinché fosse pronta per la visione beatifica. Fu aperto il velo e vide Dio intuitivamente, godendo per alcune ore la fruizione e la gloria essenziale più di tutti i beati. Beveva le acque della vita alla loro stessa sorgente, appagava i suoi ardentissimi desideri, giungeva al suo centro e cessava quel movimento velocissimo per poi riprenderlo daccapo. Al termine di quella visione rese grazie alla beatissima Trinità e ancora pregò per la Chiesa. Completamente rinnovata e confortata, fu ricondotta dagli spiriti celesti all'oratorio, dove sembrava che fosse rimasto il suo corpo - secondo le modalità da me narrate altre volte - perché non si venisse a sapere della sua assenza. Appena scesa dalla nuvola nella quale era stata portata al cospetto della divina Maestà, si prostrò a terra come al suo solito e si umiliò più di quanto abbiano fatto i figli di Adamo riconoscendo la loro indegnità in seguito al peccato. Da quel giorno si adempì in lei la promessa del Signore: ogni domenica, quando, passata la mezzanotte, finiva gli esercizi della passione e giungeva l'ora della risurrezione, veniva sollevata dai suoi angeli su un trono di nube e trasportata in paradiso, dove suo Figlio le andava incontro e con una sorta d'ineffabile abbraccio la univa a sé. Non sempre le si manifestava intuitivamente la Divinità ; tuttavia quella visione, che non era gloriosa, aveva effetti analoghi che superavano ogni capacità umana. In tali circostanze le schiere beate le cantavano "Regina coeli, laetare, alleluia" e quello era giorno di grande festa per i santi, specialmente per san Giuseppe, sant'Anna, san Gioacchino, per i più stretti congiunti della gran Signora e per i suoi angeli custodi. Ella subito parlava col Signore delle questioni più complesse della Chiesa, pregava per essa e per ciascuno degli apostoli e ritornava sulla terra colma di ricchezze, simile alla nave del mercante menzionata da Salomone nei Proverbi.
604. Maria aveva in qualche modo diritto a questo favore, che pur restava singolare dono dell'Altissimo, per due motivi: primo, perché ella stessa aveva rinunciato volontariamente alla visione beatifica che le era dovuta per i suoi meriti; se ne era infatti privata per occuparsi del governo della Chiesa. L:intensità dell'amore e della brama di vedere Dio la condusse molte volte vicino alla morte, cosicché il mezzo più adatto a conservarla in vita era quello di trasportarla di tanto in tanto alla sua presenza; e ciò che era possibile e opportuno veniva ad essere come debito del Figlio verso la Madre. L'altro motivo consisteva nel fatto che doveva risuscitare con Gesù, lei che ogni settimana ne rinnovava in sé la passione e in un certo senso moriva di nuovo con lui. Siccome sua Maestà si trovava già glorioso nel cielo, era logico che con la sua presenza rendesse la Ver gine partecipe e imitatrice del gaudio della risurrezione, affinché con quella gioia raccogliesse il frutto dei dolori e delle lacrime che aveva seminato.
605. Riguardo al secondo beneficio che Cristo le promise a proposito dell'eucaristia, avverto che, fino al tempo di cui sto parlando, in alcuni giorni la gran Regina non si cibava del pane celeste, come durante il viaggio ad Efeso, o quando san Giovanni era assente, o se capitavano altri contrattempi. La sua profonda umiltà la obbligava ad adattarsi alle evenienze senza chiedere nulla agli apostoli, rimettendosi a quanto essi avrebbero disposto. In tutto infatti fu modello e maestra di perfezione, insegnandoci l'abbandono necessario anche in ciò che ci pare molto santo e opportuno. Ma il Salvatore, che riposa nei cuori semplici e che soprattutto voleva dimorare in quello di sua Madre rinnovandovi spesso i suoi prodigi, ordinò che ella si comunicasse quotidianamente per il resto della sua vita. Sua Altezza conobbe nel cielo la volontà del Figlio, ma, essendo prudentissima nell'agire, decise che questa si compisse per mezzo dell'obbedienza e di san Giovanni, al fine di comportarsi in ogni cosa che la riguardava come inferiore, umile, soggetta a chi la guidava.
606. Per tale ragione non volle essere lei a manifestare all'Evangelista quello che sapeva del volere divino. Un giorno accadde che il santo Apostolo fu molto occupato nella predicazione e l'ora consueta della comunione passò. L'umilissima Signora consultò i santi angeli su ciò che dovesse fare ed essi le risposero che si doveva eseguire il comando di Cristo, che avrebbero avvertito san Giovanni e gli avrebbero ingiunto l'ordine del Maestro. Subito uno di loro si recò dove egli stava predicando e apparendogli disse: «Giovanni, il Signore vuole che sua Madre, nostra regina, lo riceva sacramentato tutti i giorni finché vivrà nel mondo». All'udire il messaggio, l'Evangelista ritornò immediatamente nel cenacolo, dove Maria si trovava in raccoglimento, aspettando la comunione. Le disse: «Madre e signora mia, un angelo mi ha manifestato l'ordine del nostro Dio di amministrarvi ogni giorno il suo corpo sacramentato». Ed ella rispose: «Voi che cosa mi ordinate al proposito?». Replicò san Giovanni: «Che si faccia ciò che il vostro Figlio comanda». Ed ella: «Ecco la sua schiava pronta ad ubbidirvi». In seguito a questo episodio partecipò al sacro convito quotidianamente per tutto il resto della sua vita. Quanto ai tre giorni degli esercizi, soltanto il venerdì e il sabato riceveva l'eucaristia, perché - lo si è detto precedentemente - la domenica essa era sostituita dalla sua salita all'empireo.
607. Da allora in avanti, quando si cibava del pane divino, le si rivelava il Verbo come uomo, dell'età che egli aveva quando aveva istituito il santo sacramento. In tale circostanza, benché la Divinità le si svelasse solamente con la visione astrattiva che sempre aveva, l'umanità santissima le si manifestava gloriosa, molto più risplendente ed ammirabile che nella trasfigurazione sul Tabor. Questa sublime esperienza, di cui godeva per tre ore di seguito e con effetti inesprimibili a parole, fu il secondo beneficio che suo Figlio le aveva promesso per compensarla un po' della dilazione della gloria eterna preparata per lei. Sua Maestà operò quella meraviglia anche per essere ripagato anzitempo dell'ingratitudine, della tiepidezza e della cattiva disposizione che noi figli di Adamo avremmo avuto lungo i secoli nell'accostarci al sacro mistero del suo corpo e del suo sangue. Se la Vergine immacolata non avesse supplito alla mancanza di tutte le creature, tale favore non sarebbe stato degnamente riconosciuto da parte della Chiesa e Cristo non sarebbe rimasto soddisfatto della corrispondenza che gli uomini gli devono per essersi d to a loro in questo sacramento.
Insegnamento della Regina del cielo
608. Figlia mia, quando i mortali giungono al termine del fugace corso della loro esistenza, fissato da Dio perché meritino quella imperitura, svaniscono anche i loro inganni con l'esperienza dell'eternità, nella quale entrano per ricevere la gloria o la pena senza fine. Allora conoscono i giusti la loro felicità, i reprobi la loro perdizione. Oh, quanto è fortunata, figlia mia, l'anima che nel breve tempo della sua vita procura di acquistare anticipatamente la scienza divina di ciò che così presto dovrà imparare per esperienza! Questa è la vera sapienza: non aspettare di conoscere la meta alla conclusione della corsa, ma farlo al principio per correre con qualche sicurezza e non con tanti dubbi di conseguirla. Adesso, dunque, considera tu come si comporterebbero quelli che, all'inizio di una gara, guardassero all'inestimabile premio posto al traguardo e dovessero guadagnarlo correndo fin là con ogni diligenza. Certamente costoro correrebbero alla massima velocità senza distrarsi e, se non lo facessero, sarebbero considerati pazzi o ignari di quello che perdono.
609. Così è la vita terrena degli uomini: è limitata nel tempo ma le è preparata, quale ricompensa o punizione, un'eternità di gloria oppure di tormento, che mette termine alla corsa. Si nasce per parteciparvi con l'uso della ragione e con il libero arbitrio; in tale verità nessuno può addurre la scusa dell'ignoranza, tantomeno i figli della Chiesa. Dov'è dunque il senno di quanti professano la fede cattolica? Perché si lasciano irretire dalla vanità? Perché o a quale scopo s'inviluppano nell'amore per ciò che è fallace? Perché ignorano pervicacemente la fine a cui giungeranno tanto in fretta? Come mai fingono di misconoscere quello che li attende? Non sanno, forse, che nascono per morire, che il loro passaggio sulla terra è veloce, la morte ineluttabile, il premio o il castigo inevitabile ed eterno? Che cosa rispondono a tutto questo coloro che vivono secondo la carne, che consumano la loro esistenza transeunte - giacché ogni vita lo è - acquistando beni, accumulando onori, impiegando le proprie capacità ed energie nel godere di piaceri corruttibili e vilissimi?
610. Guarda, figlia mia: è falso e sleale il mondo nel quale sei nata e che hai davanti agli occhi. Voglio che tu, abitando in esso, sia mia discepola ed imitatrice, parto dei miei desideri e frutto delle mie preghiere. Dimenticalo interamente con intima ripugnanza; non perdere di vista la meta verso cui cammini sollecita e il fine per cui il tuo Creatore ti formò dal nulla. Questa sia sempre la tua brama, l'oggetto dei tuoi pensieri e dei tuoi desideri; non volgerti verso realtà vane e transitorie; viva in te solo la carità divina e consumi tutte le tue forze, poiché quella che le lascia libere di amare un'altra cosa e non le assoggetta, doma e mortifica non è vera carità. In te essa sia forte come la morte, affinché tu venga rinnovata conforme al mio volere. Non ostacolare la volontà del mio Figlio santissimo in ciò che intende operare con te e sii certa della sua fedeltà, che rimunera dando il cento per uno. Medita con umile venerazione in quale modo egli finora si sia manifestato a te. Inoltre, ti esorto a fare ancora esperienza della sua verità, secondo il mio comando. Tenendo presenti queste finalità, appena avrai finito di scrivere questa Storia continuerai i miei esercizi con attenzione sempre vigile. Rendi grazie al Signore per il grande e stimabile beneficio di aver disposto, per mezzo dei tuoi superiori, che tu lo riceva ogni giorno sacramentato e, preparandoti alla comunione sul mio esempio, continua le preghiere che ti ho insegnato.
Maggio 1961.
Camilla Bravi
Dieci mesi or sono, il Signore mi fece una grazia particolare che mi aveva promesso. Infatti la mia natura si ribellava e non riusciva a vincersi, a non giustificarsi. Nella terribile prova io rispondevo all'insulto inumano e ingiusto. Tutto e tutti erano contro di me. Allora Dio, per purificarmi, permise che tutto il mio orgoglio si ribellasse; e mi sentivo cattiva.
In una di queste bufere, esaurita e ridotta all'immagine del Signore, straziata nel corpo, tutta deforme per l'artrite deformante, dopo trent'anni di sofferenze e infermità, un giorno esclamai: «Basta, Gesù, non riesco più; faccio il male che non voglio, sono un aborto di orgoglio e miseria».
Allora il demonio, che stava in agguato per riavermi, mi convinse che io ero nata per il male, e cercò di farmi perdere la fede e farmi cadere nella disperazione, dicendomi che il Signore mi aveva abbandonata e io sarei sempre stata sua preda e mi sarei dannata. E mentre la bufera da tre giorni imperversava, e notte e giorno ero turbata, non riuscivo né a dormire né a pregare, e stavo peccando di disperazione, il Signore venne a salvarmi dagli artigli di Satana.
E mi disse: «Ora ti faccio la grazia che pochi mesi or sono ti avevo predetto senza accennarti di che si trattava. Da questo momento ti dono la grazia particolare e grande dell'Infanzia Spirituale e dell'Amore mio, e ad imitazione di Santa Teresina, ora che ti ho donato l'Amore di abbandono in Me e nella mia Madre Vergine Immacolata, ad ogni tua caduta, senza indugiare un attimo, ti rialzerai, e cadrai nelle mie braccia misericordiose; e perché tu riesca, lo farai per fare grande piacere al mio Cuore che gioisce quando un'anima si fida di Me, che sono l'Amore e la Misericordia infinita».
«Il demonio tornerà ancora; la prova purificatrice e santificatrice aumenterà sempre più intensamente, più crudele e inumana, e allora il maligno cercherà di convincerti che sei in peccato mortale. Ma questo, in verità ti dico, che Io non lo permetterò, ed Io e la Madonna non solo non ti lasceremo cadere nel peccato grave, ma ti nasconderemo nel nostro Cuore perché nella prova terribile tu possa sopportare tutto, ti spoglieremo del tuo io e ti rivestiremo di Noi».
«Il demonio ritornerà ancora, ma Noi ti renderemo vittoriosa e ti salveremo dai suoi artigli. Tu confida in Noi. Più confiderai e più otterrai, e constaterai tu stessa che si effettua in te quello che ora ti concedo per farmi piacere. Subito ti rialzerai e verrai a Me».
Infatti, nonostante tutto e tutti, io, da otto mesi e più, torno subito a Gesù e mi rifugio in Lui per far gioire il suo Cuore.