Liturgia delle Ore - Letture
Giovedi della 7° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Giovanni 2
1Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.2Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.3Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino".4E Gesù rispose: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora".5La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà".
6Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.7E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le giare"; e le riempirono fino all'orlo.8Disse loro di nuovo: "Ora attingete e portatene al maestro di tavola". Ed essi gliene portarono.9E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo10e gli disse: "Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po' brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono".11Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.
12Dopo questo fatto, discese a Cafàrnao insieme con sua madre, i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono colà solo pochi giorni.
13Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.14Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco.15Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi,16e ai venditori di colombe disse: "Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato".17I discepoli si ricordarono che sta scritto: 'Lo zelo per la tua casa mi divora'.18Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?".19Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere".20Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?".21Ma egli parlava del tempio del suo corpo.22Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
23Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa molti, vedendo i segni che faceva, credettero nel suo nome.24Gesù però non si confidava con loro, perché conosceva tutti25e non aveva bisogno che qualcuno gli desse testimonianza su un altro, egli infatti sapeva quello che c'è in ogni uomo.
Secondo libro delle Cronache 25
1Quando divenne re, Amazia aveva venticinque anni; regnò ventinove anni in Gerusalemme. Sua madre, di Gerusalemme, si chiamava Ioaddan.2Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore, ma non con cuore perfetto.3Quando il regno si fu rafforzato nelle sue mani, egli uccise gli ufficiali che avevano assassinato il re suo padre.4Ma non uccise i loro figli, perché sta scritto nel libro della legge di Mosè il comando del Signore: "I padri non moriranno per i figli, né i figli per i padri, ma ognuno morirà per il suo peccato".
5Amazia riunì quelli di Giuda e li distribuì, secondo i casati, sotto capi di migliaia e sotto capi di centinaia, per tutto Giuda e Beniamino. Fece un censimento di tutti gli abitanti dai vent'anni in su e trovò che c'erano trecentomila uomini atti alla guerra, armati di lancia e di scudo.6Egli assoldò da Israele centomila uomini valorosi per cento talenti d'argento.
7Gli si presentò un uomo di Dio che gli disse: "O re, non si unisca a te l'esercito di Israele, perché il Signore non è con Israele, né con alcuno dei figli di Èfraim.8Ma se tu vuoi marciare con loro, fa' pure. Raffòrzati pure per la battaglia; Dio ti farà stramazzare davanti al nemico, poiché Dio ha la forza per aiutare e per abbattere".9Amazia rispose all'uomo di Dio: "Che ne sarà dei cento talenti che ho dato per la schiera di Israele?". L'uomo di Dio rispose: "Il Signore può darti molto più di questo".10Amazia congedò la schiera venuta a lui da Èfraim perché se ne tornasse a casa; ma la loro ira divampò contro Giuda; tornarono a casa loro pieni di sdegno.
11Amazia, fattosi animo, andò a capo del suo esercito nella Valle del sale, ove sconfisse diecimila figli di Seir.12Quelli di Giuda ne catturarono diecimila vivi e, condottili sulla cima della Roccia, li precipitarono giù; tutti si sfracellarono.13I componenti della schiera, che Amazia aveva congedato perché non andassero con lui, assalirono le città di Giuda, da Samaria a Bet-Coròn, uccidendo in esse tremila persone e facendo un immenso bottino.
14Tornato dalla vittoria sugli Idumei, Amazia fece portare le divinità dei figli di Seir e le costituì suoi dèi e si prostrò davanti a loro e offrì loro incenso.15Perciò l'ira del Signore divampò contro Amazia; gli mandò un profeta che gli disse: "Perché ti sei rivolto a dèi che non sono stati capace di liberare il loro popolo dalla tua mano?".16Mentre costui lo apostrofava, il re lo interruppe: "Forse ti abbiamo costituito consigliere del re? Smettila! Perché vuoi farti uccidere?". Il profeta cessò, ma disse: "Vedo che Dio ha deciso di distruggerti, perché hai fatto una cosa simile e non hai dato retta al mio consiglio".
17Consigliatosi, Amazia re di Giuda mandò a dire a Ioas figlio di Ioacaz, figlio di Ieu, re di Israele: "Su, misuriamoci in guerra!".18Ioas re di Israele fece rispondere ad Amazia re di Giuda: "Il cardo del Libano mandò a dire al cedro del Libano: Da' in moglie tua figlia a mio figlio. Ma una bestia selvatica del Libano passò e calpestò il cardo.19Tu ripeti: Ecco ho sconfitto Edom! E il tuo cuore si è inorgoglito esaltandosi. Ma stattene a casa! Perché provocare una calamità e precipitare tu e Giuda con te?".
20Ma Amazia non diede ascolto. Era volontà di Dio che fossero consegnati nelle mani del nemico, perché si erano rivolti agli dèi di Edom.21Allora si mosse Ioas re di Israele; si sfidarono a battaglia, lui e Amazia re di Giuda, in Bet-Sèmes che appartiene a Giuda.22Giuda fu sconfitto di fronte a Israele e ognuno fuggì nella sua tenda.23Ioas re di Israele in Bet-Sèmes fece prigioniero Amazia re di Giuda, figlio di Ioas, figlio di Ioacaz. Condottolo in Gerusalemme, demolì una parte delle mura cittadine, dalla porta di Èfraim fino alla porta dell'Angolo, per quattrocento cubiti.24Prese tutto l'oro, l'argento e tutti gli oggetti trovati nel tempio di Dio, che erano affidati a Obed-Èdom, i tesori della reggia e alcuni ostaggi e poi tornò a Samaria.
25Amazia figlio di Ioas, re di Giuda, visse ancora quindici anni dopo la morte di Ioas figlio di Ioacaz, re di Israele.26Le altre gesta di Amazia, le prime come le ultime, sono descritte nel libro dei re di Giuda e di Israele.
27Dopo che Amazia si fu allontanato dal Signore, fu ordita una congiura contro di lui in Gerusalemme. Egli fuggì in Lachis, ma lo fecero inseguire fino a Lachis e là l'uccisero.28Lo caricarono su cavalli e lo seppellirono con i suoi padri nella città di Davide.
Giobbe 40
1Il Signore riprese e disse a Giobbe:
2Il censore vorrà ancora contendere con l'Onnipotente?
L'accusatore di Dio risponda!
3Giobbe rivolto al Signore disse:
4Ecco, sono ben meschino: che ti posso rispondere?
Mi metto la mano sulla bocca.
5Ho parlato una volta, ma non replicherò.
ho parlato due volte, ma non continuerò.
6Allora il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine e disse:
7Cingiti i fianchi come un prode:
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
8Oseresti proprio cancellare il mio giudizio
e farmi torto per avere tu ragione?
9Hai tu un braccio come quello di Dio
e puoi tuonare con voce pari alla sua?
10Ornati pure di maestà e di sublimità,
rivestiti di splendore e di gloria;
11diffondi i furori della tua collera,
mira ogni superbo e abbattilo,
12mira ogni superbo e umilialo,
schiaccia i malvagi ovunque si trovino;
13nascondili nella polvere tutti insieme,
rinchiudili nella polvere tutti insieme,
14anch'io ti loderò,
perché hai trionfato con la destra.
15Ecco, l'ippopotamo, che io ho creato al pari di te,
mangia l'erba come il bue.
16Guarda, la sua forza è nei fianchi
e il suo vigore nel ventre.
17Rizza la coda come un cedro,
i nervi delle sue cosce s'intrecciano saldi,
18le sue vertebre, tubi di bronzo,
le sue ossa come spranghe di ferro.
19Esso è la prima delle opere di Dio;
il suo creatore lo ha fornito di difesa.
20I monti gli offrono i loro prodotti
e là tutte le bestie della campagna si trastullano.
21Sotto le piante di loto si sdraia,
nel folto del canneto della palude.
22Lo ricoprono d'ombra i loti selvatici,
lo circondano i salici del torrente.
23Ecco, si gonfi pure il fiume: egli non trema,
è calmo, anche se il Giordano gli salisse fino alla bocca.
24Chi potrà afferrarlo per gli occhi,
prenderlo con lacci e forargli le narici?
25Puoi tu pescare il Leviatan con l'amo
e tener ferma la sua lingua con una corda,
26ficcargli un giunco nelle narici
e forargli la mascella con un uncino?
27Ti farà forse molte suppliche
e ti rivolgerà dolci parole?
28Stipulerà forse con te un'alleanza,
perché tu lo prenda come servo per sempre?
29Scherzerai con lui come un passero,
legandolo per le tue fanciulle?
30Lo metteranno in vendita le compagnie di pesca,
se lo divideranno i commercianti?
31Crivellerai di dardi la sua pelle
e con la fiocina la sua testa?
32Metti su di lui la mano:
al ricordo della lotta, non rimproverai!
Salmi 106
1Alleluia.
Celebrate il Signore, perché è buono,
perché eterna è la sua misericordia.
2Chi può narrare i prodigi del Signore,
far risuonare tutta la sua lode?
3Beati coloro che agiscono con giustizia
e praticano il diritto in ogni tempo.
4Ricordati di noi, Signore, per amore del tuo popolo,
visitaci con la tua salvezza,
5perché vediamo la felicità dei tuoi eletti,
godiamo della gioia del tuo popolo,
ci gloriamo con la tua eredità.
6Abbiamo peccato come i nostri padri,
abbiamo fatto il male, siamo stati empi.
7I nostri padri in Egitto
non compresero i tuoi prodigi,
non ricordarono tanti tuoi benefici
e si ribellarono presso il mare, presso il mar Rosso.
8Ma Dio li salvò per il suo nome,
per manifestare la sua potenza.
9Minacciò il mar Rosso e fu disseccato,
li condusse tra i flutti come per un deserto;
10li salvò dalla mano di chi li odiava,
li riscattò dalla mano del nemico.
11L'acqua sommerse i loro avversari;
nessuno di essi sopravvisse.
12Allora credettero alle sue parole
e cantarono la sua lode.
13Ma presto dimenticarono le sue opere,
non ebbero fiducia nel suo disegno,
14arsero di brame nel deserto,
e tentarono Dio nella steppa.
15Concesse loro quanto domandavano
e saziò la loro ingordigia.
16Divennero gelosi di Mosè negli accampamenti,
e di Aronne, il consacrato del Signore.
17Allora si aprì la terra e inghiottì Datan,
e seppellì l'assemblea di Abiron.
18Divampò il fuoco nella loro fazione
e la fiamma divorò i ribelli.
19Si fabbricarono un vitello sull'Oreb,
si prostrarono a un'immagine di metallo fuso;
20scambiarono la loro gloria
con la figura di un toro che mangia fieno.
21Dimenticarono Dio che li aveva salvati,
che aveva operato in Egitto cose grandi,
22prodigi nel paese di Cam,
cose terribili presso il mar Rosso.
23E aveva già deciso di sterminarli,
se Mosè suo eletto
non fosse stato sulla breccia di fronte a lui,
per stornare la sua collera dallo sterminio.
24Rifiutarono un paese di delizie,
non credettero alla sua parola.
25Mormorarono nelle loro tende,
non ascoltarono la voce del Signore.
26Egli alzò la mano su di loro
giurando di abbatterli nel deserto,
27di disperdere i loro discendenti tra le genti
e disseminarli per il paese.
28Si asservirono a Baal-Peor
e mangiarono i sacrifici dei morti,
29provocarono Dio con tali azioni
e tra essi scoppiò una pestilenza.
30Ma Finees si alzò e si fece giudice,
allora cessò la peste
31e gli fu computato a giustizia
presso ogni generazione, sempre.
32Lo irritarono anche alle acque di Meriba
e Mosè fu punito per causa loro,
33perché avevano inasprito l'animo suo
ed egli disse parole insipienti.
34Non sterminarono i popoli
come aveva ordinato il Signore,
35ma si mescolarono con le nazioni
e impararono le opere loro.
36Servirono i loro idoli
e questi furono per loro un tranello.
37Immolarono i loro figli
e le loro figlie agli dèi falsi.
38Versarono sangue innocente,
il sangue dei figli e delle figlie
sacrificati agli idoli di Canaan;
la terra fu profanata dal sangue,
39si contaminarono con le opere loro,
si macchiarono con i loro misfatti.
40L'ira del Signore si accese contro il suo popolo,
ebbe in orrore il suo possesso;
41e li diede in balìa dei popoli,
li dominarono i loro avversari,
42li oppressero i loro nemici
e dovettero piegarsi sotto la loro mano.
43Molte volte li aveva liberati;
ma essi si ostinarono nei loro disegni
e per le loro iniquità furono abbattuti.
44Pure, egli guardò alla loro angoscia
quando udì il loro grido.
45Si ricordò della sua alleanza con loro,
si mosse a pietà per il suo grande amore.
46Fece loro trovare grazia
presso quanti li avevano deportati.
47Salvaci, Signore Dio nostro,
e raccoglici di mezzo ai popoli,
perché proclamiamo il tuo santo nome
e ci gloriamo della tua lode.
48Benedetto il Signore, Dio d'Israele
da sempre, per sempre.
Tutto il popolo dica: Amen.
Geremia 43
1Quando Geremia finì di riferire a tutto il popolo tutte le parole del Signore loro Dio - tutte quelle parole per cui il Signore lo aveva inviato a loro -2Azaria figlio di Osaia e Giovanni figlio di Kàreca e tutti quegli uomini superbi e ribelli dissero a Geremia: "Una menzogna stai dicendo! Non ti ha inviato il Signore nostro Dio a dirci: Non andate in Egitto per dimorare là;3ma Baruch figlio di Neria ti istiga contro di noi per consegnarci nelle mani dei Caldei, perché ci uccidano e ci deportino in Babilonia".
4Pertanto Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate e tutto il popolo non obbedirono all'invito del Signore di rimanere nel paese di Giuda.
5Così Giovanni figlio di Kàreca e tutti i capi delle bande armate raccolsero tutti i superstiti di Giuda, che erano ritornati per abitare nella terra di Giuda da tutte le regioni in mezzo alle quali erano stati dispersi,6uomini, donne, bambini, le principesse reali e tutte le persone che Nabuzaradàn, capo delle guardie, aveva lasciate con Godolia figlio di Achikàm, figlio di Safàn, insieme con il profeta Geremia e con Baruch figlio di Neria,7e andarono nel paese d'Egitto, non avendo dato ascolto alla voce del Signore, e giunsero fino a Tafni.
8Allora la parola del Signore fu rivolta a Geremia in Tafni:9"Prendi in mano grandi pietre e sotterrale nella mota nel quadrato dei mattoni all'ingresso della casa del faraone in Tafni, sotto agli occhi dei Giudei.10Quindi dirai loro: Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ecco, io manderò a prendere Nabucodònosor re di Babilonia, mio servo; egli porrà il trono su queste pietre che hai sotterrate e stenderà il baldacchino sopra di esse.11Verrà infatti e colpirà il paese d'Egitto, mandando a morte chi è destinato alla morte, alla schiavitù chi è destinato alla schiavitù e uccidendo di spada chi è destinato alla spada.12Darà alle fiamme i templi degli dèi d'Egitto, li brucerà e porterà gli dèi in esilio; ripulirà il paese di Egitto come un pastore pulisce dai pidocchi il mantello; poi se ne andrà tranquillo.13Frantumerà gli obelischi del tempio del sole nel paese d'Egitto e darà alle fiamme i templi degli dèi d'Egitto".
Prima lettera di Pietro 1
1Pietro, apostolo di Gesù Cristo, ai fedeli dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadòcia, nell'Asia e nella Bitinia, eletti2secondo la prescienza di Dio Padre, mediante la santificazione dello Spirito, per obbedire a Gesù Cristo e per essere aspersi del suo sangue: grazia e pace a voi in abbondanza.
3Sia benedetto Dio e Padre del Signore nostro Gesù Cristo; nella sua grande misericordia egli ci ha rigenerati, mediante la risurrezione di Gesù Cristo dai morti, per una speranza viva,4per una eredità che non si corrompe, non si macchia e non marcisce. Essa è conservata nei cieli per voi,5che dalla potenza di Dio siete custoditi mediante la fede, per la vostra salvezza, prossima a rivelarsi negli ultimi tempi.
6Perciò siete ricolmi di gioia, anche se ora dovete essere un po' afflitti da varie prove,7perché il valore della vostra fede, molto più preziosa dell'oro, che, pur destinato a perire, tuttavia si prova col fuoco, torni a vostra lode, gloria e onore nella manifestazione di Gesù Cristo:8voi lo amate, pur senza averlo visto; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa,9mentre conseguite la mèta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime.
10Su questa salvezza indagarono e scrutarono i profeti che profetizzarono sulla grazia a voi destinata11cercando di indagare a quale momento o a quali circostanze accennasse lo Spirito di Cristo che era in loro, quando prediceva le sofferenze destinate a Cristo e le glorie che dovevano seguirle.12E fu loro rivelato che non per se stessi, ma per voi, erano ministri di quelle cose che ora vi sono state annunziate da coloro che vi hanno predicato il vangelo nello Spirito Santo mandato dal cielo; cose nelle quali gli angeli desiderano fissare lo sguardo.
13Perciò, dopo aver preparato la vostra mente all'azione, siate vigilanti, fissate ogni speranza in quella grazia che vi sarà data quando Gesù Cristo si rivelerà.14Come figli obbedienti, non conformatevi ai desideri d'un tempo, quando eravate nell'ignoranza,15ma ad immagine del Santo che vi ha chiamati, diventate santi anche voi in tutta la vostra condotta;16poiché sta scritto: 'Voi sarete santi, perché io sono santo'.17E se pregando chiamate Padre colui che senza riguardi personali giudica ciascuno secondo le sue opere, comportatevi con timore nel tempo del vostro pellegrinaggio.18Voi sapete che non a prezzo di cose corruttibili, come l'argento e l'oro, foste liberati dalla vostra vuota condotta ereditata dai vostri padri,19ma con il sangue prezioso di Cristo, come di agnello senza difetti e senza macchia.20Egli fu predestinato già prima della fondazione del mondo, ma si è manifestato negli ultimi tempi per voi.21E voi per opera sua credete in Dio, che l'ha risuscitato dai morti e gli ha dato gloria e così la vostra fede e la vostra speranza sono fisse in Dio.
22Dopo aver santificato le vostre anime con l'obbedienza alla verità, per amarvi sinceramente come fratelli, amatevi intensamente, di vero cuore, gli uni gli altri,23essendo stati rigenerati non da un seme corruttibile, ma immortale, cioè dalla parola di Dio viva ed eterna.24Poiché
'tutti i mortali sono come l'erba
e ogni loro splendore è come fiore d'erba.
L'erba inaridisce, i fiori cadono,'
25'ma la parola del Signore rimane in eterno'.
E questa è la parola del vangelo che vi è stato annunziato.
Capitolo XIX: La capacità di sopportare le offese e la vera provata pazienza
Leggilo nella Biblioteca1. Che è quello che vai dicendo, o figlio? Cessa il tuo lamento, tenendo presenti le sofferenze mie e quelle degli altri santi. "Non hai resistito ancora fino al sangue" (Eb 12,4). Ciò che tu soffri è poca cosa, se ti metti a confronto con coloro che patirono tanto gravemente: così fortemente tentati, così pesantemente tribolati, provati in vari modi e messi a dura prova. Occorre dunque che tu rammenti le sofferenze più gravi degli altri, per imparare a sopportare le tue, piccole. Che se piccole non ti sembrano, vedi se anche questo non dipenda dalla tua incapacità di sopportazione. Comunque, siano piccoli o grandi questi mali, fa' in modo di sopportare tutto pazientemente. Il tuo agire sarà tanto più saggio, e tanto più grande sarà il tuo merito, quanto meglio ti sarai disposto al patire; anzi lo troverai anche più lieve, se, intimamente e praticamente, sarai pronto e sollecito. E non dire: questo non lo posso sopportare; non devo tollerare cose simili da una tale persona, che mi fa del male assai, e mi rimprovera cose che non avevo neppure pensato; da un altro, non da lui, le tollererei di buon grado, e riterrei giusto doverle sopportare. E' una stoltezza un simile ragionamento. Esso non tiene conto della virtù della pazienza, né di colui a cui spetta di premiarla; ma tiene conto piuttosto delle persone e delle offese ricevute. Vero paziente non è colui che vuole sopportare soltanto quel che gli sarà sembrato giusto, e da chi gli sarà piaciuto. Vero paziente, invece, è colui che non guarda da quale persona egli venga messo alla prova: se dal superiore, oppure da un suo pari, o da un inferiore; se da un uomo buono o santo, oppure da un malvagio, o da persona che non merita nulla. Vero paziente è colui che indifferentemente - da qualunque persona, e per quante volte, gli venga qualche contrarietà - tutto accetta con animo grato dalla mano di Dio; anzi lo ritiene un vantaggio grande, poiché non c'è cosa, per quanto piccola, purché sopportata per amore di Dio, che passi senza ricompensa, presso Dio.
2. Sii dunque preparato al combattimento, se vuoi ottenere vittoria. Senza lotta non puoi giungere ad essere premiato per la tua sofferenza. Se rifiuti la sofferenza, rifiuti anche il premio; se invece desideri essere premiato, devi combattere da vero uomo e saper sopportare con pazienza. Come al riposo non si giunge se non dopo aver faticato, così alla vittoria non si giunge se non dopo aver combattuto. Oh, Signore, che mi diventi possibile, per tua grazia, quello che mi sembra impossibile per la mia natura: tu sai che ben scarsa è la mia capacità di soffrire, e che al sorgere di una, sia pur piccola, difficoltà, mi trovo d'un colpo atterrato. Che mi diventi cara e desiderabile, in tuo nome, qualsiasi prova e qualsiasi tribolazione: soffrire ed essere tribolato per amor tuo, ecco ciò che è grandemente salutare all'anima mia.
DISCORSO 70 DI NUOVO SULLE PAROLE DEL VANGELO DI MT 11, 28-30: "VENITE A ME, VOI TUTTI CHE SIETE AFFATICATI E OPPRESSI" ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaIl giogo di Cristo.
1. A molti pare strano, fratelli miei, quando sentono il Signore che dice: Venite da me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò riposo. Prendete su di voi il mio giogo e imparate da me che sono mite e umile di cuore, e troverete riposo per le anime vostre. Poiché il mio giogo è soave e il mio peso è leggero 1. Essi considerano che coloro che hanno coraggiosamente sottoposto a questo giogo il collo e hanno preso quel carico sulle spalle con perfetta docilità, sono agitati e travagliati da sì grandi difficoltà di questo mondo che pare siano stati invitati a passare non dalle fatiche al riposo, ma dal riposo alla fatica. L'Apostolo infatti afferma: Coloro i quali vogliono rimanere fedeli e vivere uniti a Cristo, saranno perseguitati 2. Orbene, qualcuno dice: "In qual modo è soave il giogo e leggero il carico, dal momento che portare il giogo e il carico non è altro che vivere fedeli al Cristo?". E come mai è detto: Venite da me tutti voi che siete stanchi e oppressi e io vi farò riposare, e non è detto piuttosto: "Venite, voi che siete disoccupati, a lavorare"? Infatti trovò anche dei disoccupati e li condusse [a lavorare] nella vigna perché sopportassero la calura del giorno 3. Eppure, sotto quel giogo soave e quel carico leggero, sentiamo che l'Apostolo dice: In ogni circostanza ci presentiamo come ministri di Dio con molta pazienza nelle sofferenze, nelle difficoltà e nelle angosce, nelle percosse, ecc. 4. E in un altro passo della stessa lettera sentiamo che dice: Dai giudei ho ricevuto cinque volte quaranta frustate meno una. Tre volte sono stato percosso con le verghe, una volta sono stato lapidato, tre volte ho fatto naufragio; ho trascorso un giorno e una notte in alto mare 5, e tutti gli altri pericoli che si possono contare ma non si possono sopportare se non con l'aiuto dello Spirito Santo.
Come mai è soave il giogo di Cristo.
2. Tutte queste avversità e pene ch'egli ha ricordato, le sopportava dunque di frequente e in gran numero; egli però era assistito dallo Spirito Santo, il quale, mentre l'uomo esteriore si corrompeva, rinnovava di giorno in giorno l'uomo interiore 6, gli faceva gustare nel riposo spirituale l'abbondanza delle delizie divine e con la speranza della beatitudine futura leniva tutti i disagi e alleviava tutti i pesi del presente. Ecco quant'era soave il giogo di Cristo e quanto leggero il peso ch'egli portava, fino al punto che chiamava lieve sofferenza tutte le avversità e tutte le terribili prove enumerate poco prima, di cui inorridisce chiunque le sente raccontare. Egli mirava con gli occhi interiori, illuminati dalla fede, come metta conto comprare con le pene temporali la vita futura per non soffrire i dolori eterni degli empi e, liberi da ogni affanno, godere la felicità eterna dei giusti. Gli uomini si lasciano tagliare e bruciare un membro pur di allontanare a prezzo di dolori più acuti non già i dolori eterni, ma le sofferenze un po' prolungate d'una piaga. Per arrivare alla fine di questa vita a godere d'un riposo incerto e malfermo, il sol dato esaurisce le sue forze in guerre quanto mai crudeli ed orrende, vivendo forse senza pace e negli affanni più anni di quelli ch'egli potrà passare nella pace e nella tranquillità. Quante sofferenze a causa di tempeste e burrasche dell'orrenda e tremenda inclemenza del clima e del mare devono sopportare i mercanti per acquistare ricchezze gonfie solo di vento e piene di pericoli e tempeste maggiori di quelle a prezzo delle quali furono acquistate! Quali pene per la calura, per il freddo, quali pericoli da parte dei cavalli, delle fosse, dei precipizi, dei fiumi, delle belve, sopportano i cacciatori! Quanto penano per le angustie della fame e della sete, come sopportano di nutrirsi e dissetarsi con cibi grossolani e spregevoli ed in piccola quantità, pur di prendere un animale! E talora non sono utili alla tavola neppure le carni della stessa bestia, per catturar la quale sopportano queste fatiche così gravi. Del resto, anche se viene preso un cinghiale o un cervo, il cacciatore sente più il piacere d'aver catturato quella selvaggina che non il gusto di mangiarla quando è cotta. A quanti tormenti di battiture quasi quotidiane viene sottoposta la tenera età dei ragazzi! Anche nelle scuole, da quante molestie di veglie e di privazioni sono straziati, non perché imparino la saggezza, ma perché imparino l'aritmetica, le lettere e le faconde falsità dell'eloquenza, per acquistare le ricchezze e le cariche che solleticano la vanità!.
L'amore rende dolce ogni fatica.
3. A proposito di queste soddisfazioni si deve dire che in genere coloro che non le amano soffrono le medesime pene. Coloro invece che le amano, le soffrono ugualmente, è vero, ma non sembra loro di sopportare pene opprimenti. L'amore, in effetti, rende assolutamente facili e riduce quasi a nulla le cose più spaventose ed orrende. Quanto dunque la carità rende più sicuro e più facile il cammino verso l'acquisto della vera felicità, mentre la cupidigia, per quanto lo può, rende facile il cammino alla miseria! Quanto facilmente si sopporta qualsiasi avversità temporale per evitare l'eterno castigo e acquistare l'eterno riposo! Non a torto l'Apostolo, strumento scelto da Dio, con gran gioia disse: Le sofferenze del tempo presente non hanno assolutamente un valore proporzionato alla gloria che si manifesterà in noi 7. Ecco perché ciò rende soave il giogo e leggero il peso. E anche se esso è difficile da portare per i pochi che lo scelgono, è facile per tutti quelli che amano. Dice il Salmista: A causa delle parole delle tue labbra ho battuto vie faticose 8. Ma le cose che sono aspre per coloro che provano affanno, si addolciscono per quelli che amano. Per un disegno della divina bontà è quindi avvenuto che l'uomo interiore, che si rinnova di giorno in giorno 9, non vivesse più sotto la Legge, ma ormai sotto la grazia, liberato dal peso d'innumerevoli osservanze, ch'erano davvero un giogo gravoso, ma giustamente imposto a quelle dure cervici 10; e in virtù della gioia interiore e grazie alla facilità proveniente da una sincera fede, da una ferma speranza e da una santa carità, divenisse leggera ogni difficoltà apportata dal principe [di questo mondo] ch'è stato buttato fuori 11. Niente infatti è tanto facile alla buona volontà quanto essa a se stessa; e a Dio ciò è sufficiente. Per quanto possano essere crudeli le persecuzioni di questo mondo, non v'è nulla di più vero di quello che gli angeli proclamarono alla nascita del Signore: Gloria a Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà 12, poiché soave è il giogo e lieve il carico di Colui ch'era nato. Inoltre, come dice l'Apostolo: Fedele è Dio, il quale non permetterà che siamo tentati al di là della nostra possibilità di resistere, ma con la tentazione darà anche il mezzo per sopportarla 13.
1 - Mt 11, 28-30.
2 - 2 Tm 3, 12.
3 - Cf. Mt 20, 3-7.
4 - 2 Cor 6, 4.
5 - 2 Cor 11, 24-25.
6 - Cf. 2 Cor 4, 16.
7 - Rm 8, 18.
8 - Sal 16, 4.
9 - Cf. 2 Cor 4, 16.
10 - Cf. Rm 6, 14.
11 - Gv 12, 13.
12 - Lc 2, 14.
13 - 1 Cor 10, 13.
9 - Il viaggio che Maria santissima fece da Nazaret a Betlemme in compagnia del santo sposo Giuseppe e degli angeli che l'assistevano.
La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca456. Partirono da Nazaret per Betlemme Maria purissima e il glorioso san Giuseppe, agli occhi del mondo tanto soli quanto poveri ed umili pellegrini, senza che nessuno dei mortali li reputasse o stimasse più di quello che l'umiltà e la povertà giungono ad ottenere da loro. Ma, o ammirabili misteri dell'Altissimo, nascosti ai superbi ed imperscrutabili alla prudenza umana! Non camminavano soli, né poveri, né disprezzati, ma prosperi, ricchi e onorati. Erano l'oggetto più degno dell'eterno Padre e del suo amore immenso, e il più stimabile ai suoi occhi. Portavano con sé il tesoro del cielo e della Divinità stessa, e tutta la corte dei cittadini celesti li venerava. Tutte le creature insensibili riconoscevano la viva e vera arca dell'alleanza meglio di come le acque del Giordano riconobbero la sua ombra e figura quando, docili, si divisero per dare libero passaggio ad essa e a quelli che la seguivano. Li accompagnavano i diecimila angeli di cui in precedenza ho detto che erano stati destinati da Dio a servire sua Maestà e la sua santissima Madre in tutto questo viaggio. Queste schiere celesti camminavano in forma umana visibile agli occhi della divina Signora, ciascuno più risplendente di altrettanti soli, facendole scorta. Ella procedeva in mezzo a tutti, presidiata e difesa più di quanto non lo fosse la lettiga di Salomone dai sessanta prodi d'Israele che, con la spada alla cintura, la circondavano. Oltre a questi diecimila angeli, li assistevano molti altri che scendevano e salivano al cielo, inviati dall'eterno Padre al suo Figlio unigenito e alla sua Madre santissima, e da loro ritornavano con i messaggi per cui erano mandati.
457. Con questo seguito regale, nascosto agli occhi dei mortali, Maria santissima e Giuseppe camminavano, sicuri che i loro piedi non sarebbero inciampati nella pietra della tribolazione, perché il Signore aveva comandato ai suoi angeli di portarli sulle mania della loro difesa e custodia. I fedelissimi ministri adempivano quest'ordine, servendo come vassalli la loro grande Regina con ammirazione, lode e giubilo, vedendo contenuti in una semplice creatura tanti misteri insieme e tali perfezioni, grandezze e tesori di Dio, il tutto con tale dignità e decoro, che superava perfino la loro capacità angelica. Cantavano nuovi cantici al Signore, contemplandolo quale sommo re di gloria, che riposava appoggiato alla sua spalliera d'oro, e guardando la Madre divina ora come cocchio incorruttibile e vivo, ora come spiga fertile della terra promessa b, che racchiudeva il grano vivo, ora come la nave ricca del mercante, che portava il grano a nascere nella casa del pane, affinché morendo in terra si moltiplicasse in cielo. Il cammino durò cinque giorni, giacché per la gravidanza della Madre vergine il suo sposo decise di procedere molto lentamente. Per Maria e Giuseppe in questo viaggio non scesero mai le tenebre, perché se talvolta camminavano in qualche ora notturna, gli angeli diffondevano un grandissimo splendore, come se tutte le stelle del cielo messe insieme facessero luce con maggior potenza nel mezzogiorno più chiaro e più sereno. In quelle ore della notte godeva di questo beneficio e della visione degli angeli anche san Giuseppe; in quei momenti formavano tutti insieme un coro celeste, nel quale la grande Signora e il suo sposo si alternavano con gli spiriti superni in ammirabili cantici ed inni di lode, al punto che i campi parevano trasformati in tanti cieli. Così la Regina godette in tutto il viaggio della visione e dello splendore dei suoi ministri e sudditi, nonché dei dolcissimi colloqui interiori che aveva con essi.
458. A questi mirabili favori e piaceri il Signore mescolava alcune pene e alcuni disagi, che la sua divina Madre incontrava nel viaggio. Infatti, l'afflusso della gente nelle locande a motivo del gran numero di persone che viaggiavano in occasione dell'editto imperiale, risultava molto penoso e scomodo per la modestia e riservatezza della purissima Madre vergine e per il suo sposo. Essendo poveri e umili, erano accolti meno degli altri e toccava loro maggiore disagio che non ai ricchi, perché il mondo governato dai sensi normalmente distribuisce i suoi favori a rovescio facendo differenza di persone. I nostri santi pellegrini si sentivano spesso dire parole aspre negli alberghi, dove giungevano stanchi, e in alcuni li congedavano come gente inutile e spregevole; molte volte non davano alla Signora del cielo e della terra altro alloggio che l'angolo di un atrio, mentre altre volte non otteneva neppure questo, cosicché lei e il suo sposo si ritiravano in luoghi più umili e meno dignitosi secondo il giudizio del mondo. Ma in qualsiasi luogo, per vile che fosse, la corte dei cittadini del cielo se ne stava col proprio Re supremo e con la propria Regina. Subito tutti la circondavano come facendo un muro impenetrabile e il talamo di Salomone rimaneva al sicuro e difeso dai timori notturni. Il fedelissimo Giuseppe riposava e dormiva, perché vedeva la Regina dei cieli così custodita dai suoi eserciti divini, e perché ella faceva in modo che il suo sposo si riposasse un po' dalla fatica del cammino. Intanto Maria santissima rimaneva in celesti colloqui con i diecimila angeli che l'assistevano.
459. Benché Salomone nel Cantico abbia racchiuso misteri grandi della Regina del cielo sotto diverse metafore e similitudini, nel capitolo terzo parla più espressamente di quanto accadde alla divina madre durante la gravidanza del suo Figlio santissimo e in questo viaggio, che compì per il suo sacro parto. Fu allora, infatti, che si adempì alla lettera tutto quello che vi si dice della lettiga di Salomone, del suo cocchio e della sua spalliera d'oro, della guardia dei forti d'Israele, i quali godono della visione divina, e tutto il resto di cui parla quella profezia. Mi basta avere accennato alla sua spiegazione in quello che si è detto, per rivolgere tutta la mia ammirazione al mistero della Sapienza infinita in queste opere tanto venerabili per la creatura. Chi tra i mortali sarà così duro da non sentirsi intenerire il cuore? O tanto superbo da non vergognarsi? O tanto spensierato da non restare stupefatto nel vedere una meraviglia composta di così vari e contrari estremi? Un Dio infinito e insieme veramente nascosto nel talamo verginale di una giovane donna, piena di bellezza e di grazia, innocente, pura, graziosa, dolce, amabile agli occhi di Dio e degli uomini, più di tutto quanto il Signore abbia mai creato e creerà in futuro! Questa grande Signora col tesoro della Divinità, disprezzata, afflitta, oltraggiata e rifiutata dalla cieca ignoranza e superbia del mondo! E dall'altra parte nei luoghi più abietti amata e stimata dalla beatissima Trinità, favorita con le sue carezze, servita dai suoi angeli, riverita e difesa dalla loro grande e vigilante custodia! O figli degli uomini, duri di cuore, quanto falsi sono i vostri metri e giudizi, come dice Davide! Stimate infatti i ricchi, disprezzate i poveri, sollevate i superbi, annientate gli umili, rigettate i giusti ed applaudite gli stolti! Cieca è la vostra volontà e fallaci le vostre scelte, per le quali vi trovate poi delusi nei vostri stessi desideri. O ambiziosi, che cercate ricchezze e tesori, e vi trovate poveri ed abbracciati al vento! Se accoglieste la vera arca di Dio, ricevereste e conseguireste molte benedizioni dalla destra divina, come Obed-Èdom! Ma poiché la disprezzaste, successe a molti di voi ciò che avvenne ad Uzzà, venendo castigati come lui.
460. La divina Signora, in mezzo a tutto questo, conosceva e guardava la varietà delle anime di tutti quelli che andavano e venivano; penetrava i loro pensieri più nascosti, lo stato di grazia o di peccato in cui ciascuna anima si trovava e i gradi che vi erano tra questi due estremi. Di molte conosceva se erano predestinate o reprobe, se avrebbero perseverato, se sarebbero cadute o si sarebbero rialzate. Tutta questa varietà le dava motivo di esercitare atti eroici di virtù verso gli uni e a vantaggio degli altri: a molti otteneva la perseveranza, ad alcuni efficace aiuto per sollevarsi dal peccato alla grazia, per altri piangeva e invocava il Signore con intimi affetti e, per i reprobi, benché non chiedesse tanto efficacemente, sentiva un dolore intensissimo per la loro perdizione finale. A volte, affaticata da queste pene assai più che dalle difficoltà del viaggio, sveniva, per cui i santi angeli, pieni di rifulgente luce e bellezza, l'adagiavano fra le loro braccia, affinché in esse riposasse e ricevesse un po' di sollievo. Quanto agli infermi, agli afflitti e ad altri bisognosi, ella li consolava lungo il cammino con la sola preghiera, chiedendo al suo Figlio santissimo il rimedio per le loro tribolazioni e necessità, perché in questo viaggio, per la moltitudine e l'afflusso della gente, si ritirava in disparte senza parlare, occupandosi molto del bambino divino che portava nel grembo e che già si manifestava a tutti. Tale era il contraccambio che la Madre della misericordia dava ai mortali per la cattiva ospitalità che riceveva da loro!
461. E per maggiore vergogna dell'ingratitudine umana, successe qualche volta che, essendo inverno, giungevano alle locande assai infreddoliti per la neve e la pioggia, non volendo il Signore che mancasse loro questa sofferenza. Era dunque necessario rifugiarsi negli stessi luoghi umili dove stavano gli animali, perché gli uomini non ne accordavano loro uno migliore; così, la cortesia e l'umanità che a questi mancava veniva esercitata dalle bestie, le quali si facevano da parte rispettando il loro Creatore e sua Madre, che lo teneva nel grembo verginale. La Signora delle creature avrebbe anche potuto comandare ai venti, al ghiaccio e alla neve che non la sferzassero, ma non lo faceva, per non privarsi dell'imitazione del suo Figlio santissimo nel patire, ancora prima che egli uscisse dal suo seno. Così queste intemperie la fecero molto affaticare nel cammino. Nonostante ciò, il diligente e fedele sposo san Giuseppe si preoccupava di ripararla e ancor più lo facevano gli spiriti angelici, soprattutto il principe san Michele, il quale rimase sempre al lato destro della sua Regina, senza lasciarla un momento in questo viaggio. Spesso la serviva sostenendola col braccio, se era veramente sfinita. Quando era volontà del Signore, la difendeva dall'inclemenza dei temporali e prestava molti altri servizi in ossequio della divina Signora e del frutto benedetto del suo seno, Gesù.
462. Tra l'alternarsi di queste meraviglie, i nostri pellegrini Maria santissima e san Giuseppe giunsero alla città di Betlemme il quinto giorno del loro viaggio, di sabato, alle quattro del pomeriggio, ora in cui nel tempo del solstizio d'inverno il sole va già tramontando e la notte si avvicina. Entrarono nella città cercando qualche albergo e girando molte strade non solo per le locande e le osterie, ma anche per le case dei conoscenti e dei parenti più prossimi; da nessuno furono ricevuti, anzi da molti vennero mandati via bruscamente e con disprezzo. L'onestissima Regina seguiva il suo sposo, che bussava casa per casa e porta per porta, tra il tumulto della molta gente. E quantunque non ignorasse che le porte dei cuori e delle case degli uomini sarebbero rimaste chiuse per loro, per ubbidire a san Giuseppe volle patire quella tribolazione ed onestissima vergogna, che per la sua modestia, per lo stato e l'età in cui si trovava, le fu di maggior dolore che la mancanza dell'alloggio. Girando per la città giunsero alla casa dove stava il registro pubblico e, per non ritornarvi di nuovo, si fecero iscrivere e pagarono il fisco e la moneta del tributo imperiale, liberandosi da questo pensiero. Proseguirono poi la loro ricerca e si recarono ad altri alberghi, ma, avendo chiesto alloggio in più di cinquanta case, da tutti furono rifiutati e mandati via. Gli spiriti superni si meravigliarono dei misteri altissimi del Signore, della pazienza e mansuetudine della sua Madre vergine e dell'incredibile durezza degli uomini. Così stupefatti, benedicevano l'Altissimo per le sue opere e per i suoi arcani misteri, perché da allora in poi volle accreditare e sollevare a tanta gloria l'umiltà e la povertà disprezzata dai mortali.
463. Erano già le nove di sera quando il fedelissimo Giuseppe, pieno di amarezza e di intimo dolore, si rivolse alla sua prudentissima sposa e le disse: «Signora mia dolcissima, in questa situazione il mio cuore viene meno per il dolore, vedendo che non solo non posso trovarvi un posto come voi meritate e il mio affetto desiderava, ma neppure quel tipo di riparo che rare volte, per non dire mai, si nega al più povero e disprezzato del mondo. Vi è senza dubbio qualche mistero, se il cielo permette che i cuori degli uomini non si commuovano a riceverci nelle loro case. Mi ricordo, o Signora, che fuori della città c'è una grotta, che di solito serve ai pastori e al loro gregge. Andiamo là, perché se per caso fosse vuota, lì avrete dal cielo il rifugio che ci manca dalla terra». Gli rispose la prudentissima Vergine: «Sposo e signore mio, non si affligga il vostro pietosissimo cuore nel vedere non adempiuti i vostri desideri ardentissimi, dovuti all'affetto che avete per il Signore. E dato che io lo porto nel mio grembo, per lui stesso vi supplico che vogliamo ringraziarlo di aver disposto così. Il luogo di cui mi parlate soddisferà pienamente i miei desideri. Si cambino in gaudio le vostre lacrime con l'amore ed il possesso della povertà, che è il tesoro ricco ed inestimabile del mio Figlio santissimo. Questo egli viene a cercare dal cielo; prepariamoglielo con cuore lieto, perché la mia anima non ha altra consolazione: dimostratemi che me la date in questo. Andiamo contenti dove il Signore ci guida». I santi angeli indirizzarono a quella destinazione i celesti sposi, facendo loro da luminosissime fiaccole. Arrivati alla grotta, la trovarono deserta, cosicché, pieni di consolazione per questo beneficio, lodarono il Signore e qui avvenne ciò che racconterò nel prossimo capitolo.
Insegnamento che mi diede la Regina del cielo
464. Figlia mia carissima, se sarai di cuore condiscendente e docile verso il Signore, i misteri divini che hai scritto e compreso saranno potenti per suscitare in te sentimenti dolci e pieni d'amore verso l'autore di tali e tante meraviglie. Alla sua presenza voglio da te che da oggi in poi tu dia nuovo e grande valore al vederti rifiutata e disprezzata dal mondo. Dimmi sinceramente, amica mia: se in cambio di questo oblio e disprezzo, accettato con volontà lieta, Dio posa su di te i suoi occhi e in te pone la forza del suo amore soavissimo, forse non comprerai a così buon mercato ciò che vale non meno di un prezzo infinito? Che ti daranno gli uomini, quand'anche ti celebrassero e stimassero? E che lascerai tu, se li disprezzi? Non è tutto menzogna e vanità? Non è un'ombra fugace e momentanea che sfugge tra le mani a quelli che si affaticano per stringerla? Dunque, quando tu lo avessi tutto nelle tue, che faresti di grande disprezzandolo per niente? Considera bene che è ancor meno ciò che farai rigettandolo per acquistare l'amore di Dio, quello dei suoi angeli e il mio. Rifiutalo tutto, carissima, e di cuore. E se il mondo non ti disprezzerà tanto quanto devi desiderare, disprezzalo tu e resta libera, procedi spedita e sola, perché si unisca a te il tutto e sommo Bene, perché tu possa ricevere in pienezza i felicissimi effetti del suo amore e corrispondergli liberamente.
465. Il mio Figlio santissimo è amante così fedele delle anime, che pose me come maestra e vivo esempio per insegnare loro l'amore all'umiltà e l'efficace disprezzo della vanità e della superbia. Fu anche sua disposizione che per la sua grandezza e per me, sua serva e madre, mancasse alloggio ed accoglienza tra gli uomini, dando motivo, con questo abbandono, alle anime innamorate ed affettuose di offrirglielo in seguito, cosicché egli si veda obbligato da così ingegnosa volontà a prendere dimora in esse. Inoltre, considera come cercò la solitudine e la povertà, non perché avesse bisogno per sé di questi mezzi per esercitare le virtù in grado perfettissimo, ma per insegnare ai mortali che questo era il cammino più breve e sicuro per giungere all'altezza dell'amore divino e all'unione con Dio.
466. Sai bene, carissima, che sei esortata ed ammaestrata incessantemente con la luce dall'alto, perché, dimentica di quanto è terreno e visibile, ti cinga di fortezza e t'innalzi ad imitarmi, ricopiando in te secondo le tue forze gli atti e le virtù che della mia vita ti manifesto. Questo è il primo scopo della conoscenza che ricevi per scriverla: che tu abbia in me questa norma e di essa ti avvalga per regolare la tua vita e le tue opere nella maniera in cui io imitavo quelle del mio Figlio dolcissimo. Inoltre, devi moderare il timore che ti ha procurato questo comando, che tu hai creduto superiore alle tue forze, prendendo coraggio da quel che dice il mio Figlio santissimo attraverso l'evangelista san Matteo: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Questa volontà dell'Altissimo, che egli propone alla sua santa Chiesa, non è impossibile ai suoi figli: se essi da parte loro si dispongono bene, a nessuno sarà negata la grazia di conseguire la somiglianza col Padre celeste, perché il mio Figlio santissimo la meritò loro. Ma l'insensato oblio e disprezzo degli uomini per la propria redenzione impedisce loro di conseguire efficacemente il suo frutto.
467. Da te specialmente, figlia mia, voglio questa perfezione, e t'invito ad essa per mezzo della soave legge dell'amore, a cui indirizzo il mio insegnamento. Considera e pondera con la divina luce in quale obbligo io ti pongo e impegnati per corrispondere ad essa con prudenza di figlia fedele e sollecita, senza che t'intralci difficoltà o tribolazione alcuna e senza tralasciare nessuna virtù o azione di perfezione, per ardua che sia. Non devi accontentarti di cercare solamente per te stessa l'amicizia con Dio e la salvezza, ma, se vuoi essere perfetta a mia imitazione e adempiere ciò che il Vangelo insegna, devi procurare la salvezza delle altre anime e l'esaltazione del santo nome del mio Figlio, facendoti strumento nelle sue mani onnipotenti per cose forti e di sua maggior compiacenza e gloria.
CONSACRATEVI AL MIO SERVIZIO A.N.A. 81 19 aprile 1995
Catalina Rivas
Gesù
Venite, figli Miei, e caricate su di voi il Mio giogo; il Mio giogo è veramente soave e il Mio carico leggero. Servire Me, non è come servire un tiranno o un altezzoso reuccio, ma è servire un Padre pieno d'amore, che sta sempre vicino ai suoi servitori, che sono lasciati liberi, per aiutarli e compiacerli.
Lo spirito del Mio servizio è l'amore e l'amore tutto trova facile. I miei comandamenti non sono pesanti né onerosi, ma soavi e dolci per coloro che Mi amano. Se cercate solamente delizie, troverete quelle vere consacrandovi al Mio servizio.
Tutti i piaceri del mondo sono o frivoli o pregiudizievoli. Ma le Mie divine consolazioni superano infinitamente tutti i piaceri della terra, deliziano il cuore con la loro purezza e lo saziano della verità.
Tutte le ricchezze della terra sono fango e sono niente comparate alle ineffabili ricchezze nei cieli. E se cercate onori, il più grande che potete avere è stare con Me, meritare la Mia approvazione, essere riconosciuti dal Padre Mio.
La gloria del mondo è fugace e inconsistente, ma la gloria di servirmi è vera e durevole per tutta l'eternità. Avete mai trovato qualche uomo che all'ora della morte si sia pentito di avermi servito? E quanto pesa ai mondani, in quei momenti, l'aver prestato servizio al mondo! E se non dovessero sentire questo peso, quanto sarebbero ancor più miserabili!
Lavorate, figli Miei, sottomettetevi al giogo che gli angeli portano in cielo e gli eletti in terra e nel quale trovano la loro perfetta beatitudine. Ricevetelo contenti e portatelo con gioia. Servite lo stesso Signore che servono gli abitanti della patria celeste e se li imitate nel servizio, li imiterete anche nel premio.
Servitemi, ma fatelo con piacere; animi i vostri volti la gioia che nutre i vostri cuori; insegnate al mondo, con questa gioia santa, quanto vi sentite lieti nel servirmi fedelmente.