Sotto il Tuo Manto

Sabato, 31 maggio 2025 - Visitazione della Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

Quanto scrissi non è che una pallida ombra delle cose che io ho visto. Un fatto ho potuto rimarcare: il maggior numero di anime che si trovano all'inferno è di coloro che non credevano alla sua esistenza. Scrivo per ordine di Dio, affinché non vi sia persona che abbia il pretesto per dire che l'inferno non esiste, che nessuno lo vide e che perciò nessuno può sapere la verità  su queste cose. Io, suor Faustina, per ordine di Dio, fui nelle voragini infernali per attestare e proclamare che l'inferno esiste. Ho ricevuto l'ordine da Dio di lasciare queste cose per iscritto. Quando tornai in me stessa, non riuscivo a riavermi dal terrore. Ora prego con maggior ardore, affinché i peccatori si convertano. Invoco senza sosta la misericordia di Dio per essi. Gesù mio, preferirei agonizzare fino al termine del mondo, fra le peggiori sofferenze, piuttosto che offenderti con il minimo peccato. (Santa Faustina Kowalska)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 6° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 6

1Un giorno di sabato passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.2Alcuni farisei dissero: "Perché fate ciò che non è permesso di sabato?".3Gesù rispose: "Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni?4Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell'offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?".5E diceva loro: "Il Figlio dell'uomo è signore del sabato".

6Un altro sabato egli entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c'era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita.7Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.8Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all'uomo che aveva la mano inaridita: "Alzati e mettiti nel mezzo!". L'uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.9Poi Gesù disse loro: "Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?".10E volgendo tutt'intorno lo sguardo su di loro, disse all'uomo: "Stendi la mano!". Egli lo fece e la mano guarì.11Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

12In quei giorni Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.13Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli:14Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo,15Matteo, Tommaso, Giacomo d'Alfeo, Simone soprannominato Zelota,16Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.

17Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C'era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone,18che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.19Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

20Alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
"Beati voi poveri,
perché vostro è il regno di Dio.
21Beati voi che ora avete fame,
perché sarete saziati.
Beati voi che ora piangete,
perché riderete.
22Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v'insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell'uomo.23Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

24Ma guai a voi, ricchi,
perché avete già la vostra consolazione.
25Guai a voi che ora siete sazi,
perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete,
perché sarete afflitti e piangerete.
26Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti.

27Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano,28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano.29A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l'altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica.30Da' a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo.31Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro.32Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.33E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso.34E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto.35Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo; perché egli è benevolo verso gl'ingrati e i malvagi.

36Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro.37Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato;38date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio".

39Disse loro anche una parabola: "Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt'e due in una buca?40Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.41Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non t'accorgi della trave che è nel tuo?42Come puoi dire al tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, e tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall'occhio del tuo fratello.
43Non c'è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni.44Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.45L'uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l'uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.

46Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?47Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile:48è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.49Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande".


Esodo 13

1Il Signore disse a Mosè:2"Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliti - di uomini o di animali -: esso appartiene a me".
3Mosè disse al popolo: "Ricordati di questo giorno, nel quale siete usciti dall'Egitto, dalla condizione servile, perché con mano potente il Signore vi ha fatti uscire di là: non si mangi ciò che è lievitato.4Oggi voi uscite nel mese di Abib.5Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, dell'Hittita, dell'Amorreo, dell'Eveo e del Gebuseo, che ha giurato ai tuoi padri di dare a te, terra dove scorre latte e miele, allora tu compirai questo rito in questo mese.
6Per sette giorni mangerai azzimi.
Nel settimo vi sarà una festa in onore del Signore.
7Nei sette giorni si mangeranno azzimi e non ci sarà presso di te ciò che è lievitato; non ci sarà presso di te il lievito, entro tutti i tuoi confini.
8In quel giorno tu istruirai tuo figlio: È a causa di quanto ha fatto il Signore per me, quando sono uscito dall'Egitto.
9Sarà per te segno sulla tua mano e ricordo fra i tuoi occhi, perché la legge del Signore sia sulla tua bocca. Con mano potente infatti il Signore ti ha fatto uscire dall'Egitto.10Osserverai questo rito alla sua ricorrenza ogni anno.
11Quando il Signore ti avrà fatto entrare nel paese del Cananeo, come ha giurato a te e ai tuoi padri, e te lo avrà dato in possesso,12tu riserverai per il Signore ogni primogenito del seno materno; ogni primo parto del bestiame, se di sesso maschile, appartiene al Signore.13Riscatterai ogni primo parto dell'asino mediante un capo di bestiame minuto; se non lo riscatti, gli spaccherai la nuca. Riscatterai ogni primogenito dell'uomo tra i tuoi figli.14Quando tuo figlio domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, dalla condizione servile.15Poiché il faraone si ostinava a non lasciarci partire, il Signore ha ucciso ogni primogenito nel paese d'Egitto, i primogeniti degli uomini e i primogeniti del bestiame. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile, e riscatto ogni primogenito dei miei figli.16Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento fra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto".
17Quando il faraone lasciò partire il popolo, Dio non lo condusse per la strada del paese dei Filistei, benché fosse più corta, perché Dio pensava: "Altrimenti il popolo, vedendo imminente la guerra, potrebbe pentirsi e tornare in Egitto".18Dio guidò il popolo per la strada del deserto verso il Mare Rosso. Gli Israeliti, ben armati uscivano dal paese d'Egitto.19Mosè prese con sé le ossa di Giuseppe, perché questi aveva fatto giurare solennemente gli Israeliti: "Dio, certo, verrà a visitarvi; voi allora vi porterete via le mie ossa".20Partirono da Succot e si accamparono a Etam, sul limite del deserto.21Il Signore marciava alla loro testa di giorno con una colonna di nube, per guidarli sulla via da percorrere, e di notte con una colonna di fuoco per far loro luce, così che potessero viaggiare giorno e notte.22Di giorno la colonna di nube non si ritirava mai dalla vista del popolo, né la colonna di fuoco durante la notte.


Siracide 30

1Chi ama il proprio figlio usa spesso la frusta,
per gioire di lui alla fine.
2Chi corregge il proprio figlio ne trarrà vantaggio
e se ne potrà vantare con i suoi conoscenti.
3Chi ammaestra il proprio figlio renderà geloso il
nemico,
mentre davanti agli amici potrà gioire.
4Muore il padre? È come se non morisse,
perché lascia un suo simile dopo di sé.
5Durante la vita egli gioiva nel contemplarlo,
in punto di morte non prova dolore.
6Di fronte ai nemici lascia un vendicatore,
per gli amici uno che sa ricompensarli.
7Chi accarezza un figlio ne fascerà poi le ferite,
a ogni grido il suo cuore sarà sconvolto.
8Un cavallo non domato diventa restio,
un figlio lasciato a se stesso diventa sventato.
9Coccola il figlio ed egli ti incuterà spavento,
scherza con lui, ti procurerà dispiaceri.
10Non ridere con lui per non doverti con lui rattristare,
che non debba digrignare i denti alla fine.
11Non concedergli libertà in gioventù,
non prendere alla leggera i suoi difetti.
12Piegagli il collo in gioventù
e battigli le costole finché è fanciullo,
perché poi intestardito non ti disobbedisca
e tu ne abbia un profondo dolore.
13Educa tuo figlio e prenditi cura di lui,
così non dovrai affrontare la sua insolenza.

14Meglio un povero di aspetto sano e forte
che un ricco malato nel suo corpo.
15Salute e vigore valgono più di tutto l'oro,
un corpo robusto più di un'immensa fortuna.
16Non c'è ricchezza migliore della salute del corpo
e non c'è contentezza al di sopra della gioia del cuore.
17Meglio la morte che una vita amara,
il riposo eterno che una malattia cronica.
18Leccornie versate su una bocca chiusa
tali le offerte cibarie poste su una tomba.
19A che serve all'idolo l'offerta di frutti?
Esso non mangia né sente il profumo;
così è il perseguitato dal Signore.
20Osserva con gli occhi e sospira,
come un eunuco che abbraccia una vergine e sospira.

21Non abbandonarti alla tristezza,
non tormentarti con i tuoi pensieri.
22La gioia del cuore è vita per l'uomo,
l'allegria di un uomo è lunga vita.
23Distrai la tua anima, consola il tuo cuore,
tieni lontana la malinconia.
La malinconia ha rovinato molti,
da essa non si ricava nulla di buono.
24Gelosia e ira accorciano i giorni,
la preoccupazione anticipa la vecchiaia.
25Un cuore sereno è anche felice davanti ai cibi,
quello che mangia egli gusta.


Salmi 38

1'Salmo. Di Davide. In memoria.'

2Signore, non castigarmi nel tuo sdegno,
non punirmi nella tua ira.
3Le tue frecce mi hanno trafitto,
su di me è scesa la tua mano.

4Per il tuo sdegno non c'è in me nulla di sano,
nulla è intatto nelle mie ossa per i miei peccati.
5Le mie iniquità hanno superato il mio capo,
come carico pesante mi hanno oppresso.

6Putride e fetide sono le mie piaghe
a causa della mia stoltezza.
7Sono curvo e accasciato,
triste mi aggiro tutto il giorno.

8Sono torturati i miei fianchi,
in me non c'è nulla di sano.
9Afflitto e sfinito all'estremo,
ruggisco per il fremito del mio cuore.
10Signore, davanti a te ogni mio desiderio
e il mio gemito a te non è nascosto.
11Palpita il mio cuore,
la forza mi abbandona,
si spegne la luce dei miei occhi.

12Amici e compagni si scostano dalle mie piaghe,
i miei vicini stanno a distanza.
13Tende lacci chi attenta alla mia vita,
trama insidie chi cerca la mia rovina.
e tutto il giorno medita inganni.

14Io, come un sordo, non ascolto
e come un muto non apro la bocca;
15sono come un uomo che non sente e non risponde.

16In te spero, Signore;
tu mi risponderai, Signore Dio mio.
17Ho detto: "Di me non godano,
contro di me non si vantino
quando il mio piede vacilla".

18Poiché io sto per cadere
e ho sempre dinanzi la mia pena.
19Ecco, confesso la mia colpa,
sono in ansia per il mio peccato.
20I miei nemici sono vivi e forti,
troppi mi odiano senza motivo,
21mi pagano il bene col male,
mi accusano perché cerco il bene.

22Non abbandonarmi, Signore,
Dio mio, da me non stare lontano;
23accorri in mio aiuto,
Signore, mia salvezza.


Michea 6

1Ascoltate dunque ciò che dice il Signore:
"Su, fa' lite con i monti
e i colli ascoltino la tua voce!
2Ascoltate, o monti, il processo del Signore
e porgete l'orecchio, o perenni fondamenta della terra,
perché il Signore è in lite con il suo popolo,
intenta causa con Israele.
3Popolo mio, che cosa ti ho fatto?
In che cosa ti ho stancato? Rispondimi.
4Forse perché ti ho fatto uscire dall'Egitto,
ti ho ridi schiavitù
e ho mandato davanti a te
Mosè, Aronne e Maria?
5Popolo mio, ricorda le trame
di Balàk re di Moab,
e quello che gli rispose
Bàlaam, figlio di Beor.
Ricordati di quello che è avvenuto
da Sittìm a Gàlgala,
per riconoscere
i benefici del Signore".
6Con che cosa mi presenterò al Signore,
mi prostrerò al Dio altissimo?
Mi presenterò a lui con olocausti,con vitelli di un anno?
7Gradirà il Signore
le migliaia di montoni
e torrenti di olio a miriadi?
Gli offrirò forse il mio primogenito
per la mia colpa,
il frutto delle mie viscere
per il mio peccato?
8Uomo, ti è stato insegnato ciò che è buono
e ciò che richiede il Signore da te:
praticare la giustizia,
amare la pietà,
camminare umilmente con il tuo Dio.

9La voce del Signore grida alla città!
Ascoltate tribù
e convenuti della città:
10Ci sono ancora nella casa dell'empio
i tesori ingiustamente acquistati
e le misure scarse, detestabili?
11Potrò io giustificare
le false bilance
e il sacchetto di pesi falsi?
12I ricchi della città sono pieni di violenza
e i suoi abitanti dicono menzogna.
13Anch'io ho cominciato a colpirti,
a devastarti per i tuoi peccati.
14Mangerai, ma non ti sazierai,
e la tua fame rimarrà in te;
metterai da parte, ma nulla salverai
e se qualcuno salverai io lo consegnerò alla spada.
15Seminerai, ma non mieterai,
frangerai le olive, ma non ti ungerai d'olio;
produrrai mosto, ma non berrai il vino.

16Tu osservi gli statuti di Omri
e tutte le pratiche della casa di Acab,
e segui i loro propositi,
perciò io farò di te una desolazione,
i tuoi abitanti oggetto di scherno
e subirai l'obbrobrio dei popoli.


Atti degli Apostoli 16

1Paolo si recò a Derbe e a Listra. C'era qui un discepolo chiamato Timòteo, figlio di una donna giudea credente e di padre greco;2egli era assai stimato dai fratelli di Listra e di Icònio.3Paolo volle che partisse con lui, lo prese e lo fece circoncidere per riguardo ai Giudei che si trovavano in quelle regioni; tutti infatti sapevano che suo padre era greco.4Percorrendo le città, trasmettevano loro le decisioni prese dagli apostoli e dagli anziani di Gerusalemme, perché le osservassero.5Le comunità intanto si andavano fortificando nella fede e crescevano di numero ogni giorno.

6Attraversarono quindi la Frigia e la regione della Galazia, avendo lo Spirito Santo vietato loro di predicare la parola nella provincia di Asia.7Raggiunta la Misia, si dirigevano verso la Bitinia, ma lo Spirito di Gesù non lo permise loro;8così, attraversata la Misia, discesero a Tròade.9Durante la notte apparve a Paolo una visione: gli stava davanti un Macedone e lo supplicava: "Passa in Macedonia e aiutaci!".10Dopo che ebbe avuto questa visione, subito cercammo di partire per la Macedonia, ritenendo che Dio ci aveva chiamati ad annunziarvi la parola del Signore.

11Salpati da Tròade, facemmo vela verso Samotràcia e il giorno dopo verso Neàpoli e12di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni;13il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite.14C'era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo.15Dopo esser stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: "Se avete giudicato ch'io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa". E ci costrinse ad accettare.

16Mentre andavamo alla preghiera, venne verso di noi una giovane schiava, che aveva uno spirito di divinazione e procurava molto guadagno ai suoi padroni facendo l'indovina.17Essa seguiva Paolo e noi gridando: "Questi uomini sono servi del Dio Altissimo e vi annunziano la via della salvezza".18Questo fece per molti giorni finché Paolo, mal sopportando la cosa, si volse e disse allo spirito: "In nome di Gesù Cristo ti ordino di partire da lei". E lo spirito partì all'istante.19Ma vedendo i padroni che era partita anche la speranza del loro guadagno, presero Paolo e Sila e li trascinarono nella piazza principale davanti ai capi della città;20presentandoli ai magistrati dissero: "Questi uomini gettano il disordine nella nostra città; sono Giudei21e predicano usanze che a noi Romani non è lecito accogliere né praticare".22La folla allora insorse contro di loro, mentre i magistrati, fatti strappare loro i vestiti, ordinarono di bastonarli23 e dopo averli caricati di colpi, li gettarono in prigione e ordinarono al carceriere di far buona guardia.24Egli, ricevuto quest'ordine, li gettò nella cella più interna della prigione e strinse i loro piedi nei ceppi.

25Verso mezzanotte Paolo e Sila, in preghiera, cantavano inni a Dio, mentre i carcerati stavano ad ascoltarli.26D'improvviso venne un terremoto così forte che furono scosse le fondamenta della prigione; subito tutte le porte si aprirono e si sciolsero le catene di tutti.27Il carceriere si svegliò e vedendo aperte le porte della prigione, tirò fuori la spada per uccidersi, pensando che i prigionieri fossero fuggiti.28Ma Paolo gli gridò forte: "Non farti del male, siamo tutti qui".29Quegli allora chiese un lume, si precipitò dentro e tremando si gettò ai piedi di Paolo e Sila;30poi li condusse fuori e disse: "Signori, cosa devo fare per esser salvato?".31Risposero: "Credi nel Signore Gesù e sarai salvato tu e la tua famiglia".32E annunziarono la parola del Signore a lui e a tutti quelli della sua casa.33Egli li prese allora in disparte a quella medesima ora della notte, ne lavò le piaghe e subito si fece battezzare con tutti i suoi;34poi li fece salire in casa, apparecchiò la tavola e fu pieno di gioia insieme a tutti i suoi per avere creduto in Dio.
35Fattosi giorno, i magistrati inviarono le guardie a dire: "Libera quegli uomini!".36Il carceriere annunziò a Paolo questo messaggio: "I magistrati hanno ordinato di lasciarvi andare! Potete dunque uscire e andarvene in pace".37Ma Paolo disse alle guardie: "Ci hanno percosso in pubblico e senza processo, sebbene siamo cittadini romani, e ci hanno gettati in prigione; e ora ci fanno uscire di nascosto? No davvero! Vengano di persona a condurci fuori!".38E le guardie riferirono ai magistrati queste parole. All'udire che erano cittadini romani, si spaventarono;39vennero e si scusarono con loro; poi li fecero uscire e li pregarono di partire dalla città.40Usciti dalla prigione, si recarono a casa di Lidia dove, incontrati i fratelli, li esortarono e poi partirono.


Capitolo XXI: La compunzione del cuore

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 1. Se vuoi fare qualche progresso conservati nel timore di Dio, senza ambire a una smodata libertà; tieni invece saldamente a freno i tuoi sensi, senza lasciarti andare a una stolta letizia. Abbandonati alla compunzione di cuore, e ne ricaverai una vera devozione. La compunzione infatti fa sbocciare molte cose buone, che, con la leggerezza di cuore, sogliono subitamente disperdersi. E' meraviglia che uno possa talvolta trovare piena letizia nella vita terrena, se considera che questa costituisce un esilio e se riflette ai tanti pericoli che la sua anima vi incontra. Per leggerezza di cuore e noncuranza dei nostri difetti spesso non ci rendiamo conto dei guai della nostra anima; anzi, spesso ridiamo stoltamente, quando, in verità, dovremmo piangere. Non esiste infatti vera libertà, né santa letizia, se non nel timore di Dio e nella rettitudine di coscienza. Felice colui che riesce a liberarsi da ogni impaccio dovuto a dispersione spirituale, concentrando tutto se stesso in una perfetta compunzione. Felice colui che sa allontanare tutto ciò che può macchiare o appesantire il suo spirito. Tu devi combattere da uomo: l'abitudine si vince con l'abitudine. Se impari a non curarti della gente, questa lascerà che tu attenda tranquillamente a te stesso. Non portare dentro di te le faccende degli altri, non impicciarti neppure di quello che fanno le persone più in vista; piuttosto vigila sempre e in primo luogo su di te, e rivolgi il tuo ammonimento particolarmente a te stesso, prima che ad altre persone, anche care. Non rattristarti se non ricevi il favore degli uomini; quello che ti deve pesare, invece, è la constatazione di non essere del tutto e sicuramente nella via del bene, come si converrebbe a un servo di Dio e a un monaco pieno di devozione.  

2. E' grandemente utile per noi, e ci dà sicurezza di spirito, non ricevere molte gioie in questa vita; particolarmente gioie materiali. Comunque, è colpa nostra se non riceviamo consolazioni divine o ne proviamo raramente; perché non cerchiamo la compunzione del cuore e non respingiamo del tutto le vane consolazioni che vengono dal di fuori. Riconosci di essere indegno della consolazione divina, e meritevole piuttosto di molte sofferenze, Quando uno è pienamente compunto in se stesso, ogni cosa di questo mondo gli appare pesante e amara. L'uomo retto, ben trova motivo di pianto doloroso. Sia che rifletta su di sé o che vada pensando agli altri, egli comprende che nessuno vive quaggiù senza afflizioni; e quanto più severamente si giudica, tanto maggiormente si addolora. Sono i nostri peccati e i nostri vizi a fornire materia di giusto dolore e di profonda compunzione; peccato e vizi dai quali siamo così avvolti e schiacciati che raramente riusciamo a guardare alle cose celesti. Se il nostro pensiero andasse frequentemente alla morte, più che alla lunghezza della vita, senza dubbio ci emenderemmo con maggior fervore. Di più, se riflettessimo nel profondo del cuore alle sofferenze future dell'inferno e del purgatorio, accetteremmo certamente fatiche e dolori, e non avremmo paura di un duro giudizio. Invece queste cose non penetrano nel nostro animo; perciò restiamo attaccati alle dolci mollezze, restiamo freddi e assai pigri. Spesso, infatti, è sorta di spirituale povertà quella che facilmente invade il nostro misero corpo. Prega dunque umilmente il Signore che ti dia lo spirito di compunzione; e di', con il profeta: nutrimi, o Signore, "con il pane delle lacrime; dammi, nelle lacrime, copiosa bevanda" (Sal 79,6).


DISCORSO 335/H NEL GIORNO NATALIZIO DEI MARTIRI

Discorsi - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca

Cristo ci ha esortato a disprezzare la vita presente e a desiderare quella futura.

1. Tutte le solennità dei beatissimi martiri ci inducono a riflettere sulla necessità di non far conto della vita presente e sull'importanza di un'ardente ricerca della vita futura. Per questo anche lo stesso Signore nostro Gesù Cristo, principe dei martiri, la cui Passione fu il prezzo dei martiri, che nacque mortale non per esigenza di natura ma per misericordiosa degnazione, volle e morire e risorgere. Egli, infatti, se non avesse voluto la morte, non sarebbe morto; non sarebbe allora risuscitato se non fosse morto. Per questo, dunque, volle l'una e l'altra cosa: morendo, ci esortò a disprezzare la vita presente; risorgendo, a desiderare la vita futura: nella mia passione e risurrezione ravvisate per voi l'uno e l'altro di questi eventi, cioè, e che cosa dovete sopportare in questa vita e che cosa desiderare nella vita futura. Cristo, nei suoi tormenti, ci ha mostrato una vita laboriosa, piena di stenti, di prove, di ansietà e di dolori nel corso della quale si svolge l'esistenza del mondo. Persino quella vita quando nessuno avrà dolore, quando nessuno avrà ansietà, nessuno morirà, nessuno esorterà alla pace perché nessuno sarà in lite egli ci ha mostrato con la sua risurrezione, quasi a dire: Ecco che dovete soffrire e che dovete sperare; dovete soffrire tormenti e sperare la risurrezione. E quale risurrezione! Non quella che fu la risurrezione di Lazzaro che tornò a morire. Risorgendo, Cristo risuscitato dai morti - come dice l'apostolo - non muore più e la morte non ha più alcun potere su di lui 1. So che desiderate tale vita. E chi non la può desiderare, infatti? Gli stessi pagani empi vogliono essere immortali; non credono però di poter essere immortali. Coloro che non hanno accettato la fede hanno infatti perduto la speranza dell'immortalità. Non è quindi gran cosa desiderare l'immortalità: tale è appunto il desiderio anche degli empi; ma è certamente d'importanza essenziale credere che saremo immortali, e vivere in modo da poter raggiungere proprio l'immortalità. Per questo ogni uomo, se potesse, vorrebbe avere il potere dell'angelo, ma non vuole avere la giustizia dell'angelo. Vuole avere l'immortalità, ma non vuole la pietà. Vogliono dove si giunge ma non vogliono per dove si passa.

Cercare con la vita di meritare come i martiri. Siamo amici di Dio per grazia sua, non per merito nostro.

2. Perciò, fratelli, vi invito, vi esorto, vi scongiuro perché come celebrate con devozione la solennità dei martiri, così vi sia caro il santo modo di vivere dei martiri. Sono martiri, ma sono stati uomini. Ci sostengono con le preghiere, ma erano ciò che noi siamo. Non rinunziate, dunque a meritare come loro. Chi ne ha fatto dono a loro può farlo infatti anche a noi. In verità abbiamo il culto dei martiri non come se fossero dèi, ma li onoriamo per Dio; lui, che è il Signore nostro e loro, adoriamo appunto quale Dio. Quegli gli sono amici grazie a lui, noi vediamo di essere almeno i servi di lui. Nondimeno, se avremo amato sinceramente i martiri e avremo seguito le loro orme, non saremo dunque anche noi amici di Dio, per grazia sua, non per merito nostro? Per la felicità che è in noi viene lodato egli che, da infelici, ci rende felici. Noi infatti, da parte nostra, abbiamo potuto renderci infelici, ma noi non siamo in grado di procurarci la felicità. Facciamo presto a rivolgerci a lui, supplichiamolo, ed anche noi riceveremo quello che i martiri hanno ricevuto.

È meglio il volere di Dio che il nostro.

3. Ieri ho rivolto questa esortazione alla Carità vostra: quanti di voi, Catecumeni, trascurano ogni dilazione, dovete affrettarvi al lavacro della rigenerazione; quelli di voi che, per consuetudine riprovevole, eravate nei peccati, nelle turpitudini, nelle impurità, dovete cambiare vita, far penitenza e non disperare di raggiungere la vita; anche voi che fate penitenza - e il dolce per voi non è la penitenza dei peccati ma la dissolutezza - dovete cambiare vita e tutti siate solleciti a ritornare in pace alla volontà di Dio, poiché, per l'uomo, è meglio quel che Dio ha disposto, non quel che vogliamo noi. Almeno preghiamo lui che è potente a liberarci da tutti i mali e a darci la pace, come liberò i tre fanciulli nella fornace. Questi fanciulli, o meglio, questi giovani - per consuetudine sono infatti detti fanciulli - poiché la Scrittura li.

1 - Rm 6, 9.


9 - Il viaggio che Maria santissima fece da Nazaret a Betlemme in compagnia del santo sposo Giuseppe e degli angeli che l'assistevano.

La mistica Città di Dio - Libro quarto - Suor Maria d'Agreda

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456. Partirono da Nazaret per Betlemme Maria purissima e il glorioso san Giuseppe, agli occhi del mondo tanto soli quanto poveri ed umili pellegrini, senza che nessuno dei mortali li reputasse o stimasse più di quello che l'umiltà e la povertà giungono ad ottenere da loro. Ma, o ammirabili misteri dell'Altissimo, nascosti ai superbi ed imperscrutabili alla prudenza umana! Non camminavano soli, né poveri, né disprezzati, ma prosperi, ricchi e onorati. Erano l'oggetto più degno dell'eterno Padre e del suo amore immenso, e il più stimabile ai suoi occhi. Portavano con sé il tesoro del cielo e della Divinità stessa, e tutta la corte dei cittadini celesti li venerava. Tutte le creature insensibili riconoscevano la viva e vera arca dell'alleanza meglio di come le acque del Giordano riconobbero la sua ombra e figura quando, docili, si divisero per dare libero passaggio ad essa e a quelli che la seguivano. Li accompagnavano i diecimila angeli di cui in precedenza ho detto che erano stati destinati da Dio a servire sua Maestà e la sua santissima Madre in tutto questo viaggio. Queste schiere celesti camminavano in forma umana visibile agli occhi della divina Signora, ciascuno più risplendente di altrettanti soli, facendole scorta. Ella procedeva in mezzo a tutti, presidiata e difesa più di quanto non lo fosse la lettiga di Salomone dai sessanta prodi d'Israele che, con la spada alla cintura, la circondavano. Oltre a questi diecimila angeli, li assistevano molti altri che scendevano e salivano al cielo, inviati dall'eterno Padre al suo Figlio unigenito e alla sua Madre santissima, e da loro ritornavano con i messaggi per cui erano mandati.

457. Con questo seguito regale, nascosto agli occhi dei mortali, Maria santissima e Giuseppe camminavano, sicuri che i loro piedi non sarebbero inciampati nella pietra della tribolazione, perché il Signore aveva comandato ai suoi angeli di portarli sulle mania della loro difesa e custodia. I fedelissimi ministri adempivano quest'ordine, servendo come vassalli la loro grande Regina con ammirazione, lode e giubilo, vedendo contenuti in una semplice creatura tanti misteri insieme e tali perfezioni, grandezze e tesori di Dio, il tutto con tale dignità e decoro, che superava perfino la loro capacità angelica. Cantavano nuovi cantici al Signore, contemplandolo quale sommo re di gloria, che riposava appoggiato alla sua spalliera d'oro, e guardando la Madre divina ora come cocchio incorruttibile e vivo, ora come spiga fertile della terra promessa b, che racchiudeva il grano vivo, ora come la nave ricca del mercante, che portava il grano a nascere nella casa del pane, affinché morendo in terra si moltiplicasse in cielo. Il cammino durò cinque giorni, giacché per la gravidanza della Madre vergine il suo sposo decise di procedere molto lentamente. Per Maria e Giuseppe in questo viaggio non scesero mai le tenebre, perché se talvolta camminavano in qualche ora notturna, gli angeli diffondevano un grandissimo splendore, come se tutte le stelle del cielo messe insieme facessero luce con maggior potenza nel mezzogiorno più chiaro e più sereno. In quelle ore della notte godeva di questo beneficio e della visione degli angeli anche san Giuseppe; in quei momenti formavano tutti insieme un coro celeste, nel quale la grande Signora e il suo sposo si alternavano con gli spiriti superni in ammirabili cantici ed inni di lode, al punto che i campi parevano trasformati in tanti cieli. Così la Regina godette in tutto il viaggio della visione e dello splendore dei suoi ministri e sudditi, nonché dei dolcissimi colloqui interiori che aveva con essi.

458. A questi mirabili favori e piaceri il Signore mescolava alcune pene e alcuni disagi, che la sua divina Madre incontrava nel viaggio. Infatti, l'afflusso della gente nelle locande a motivo del gran numero di persone che viaggiavano in occasione dell'editto imperiale, risultava molto penoso e scomodo per la modestia e riservatezza della purissima Madre vergine e per il suo sposo. Essendo poveri e umili, erano accolti meno degli altri e toccava loro maggiore disagio che non ai ricchi, perché il mondo governato dai sensi normalmente distribuisce i suoi favori a rovescio facendo differenza di persone. I nostri santi pellegrini si sentivano spesso dire parole aspre negli alberghi, dove giungevano stanchi, e in alcuni li congedavano come gente inutile e spregevole; molte volte non davano alla Signora del cielo e della terra altro alloggio che l'angolo di un atrio, mentre altre volte non otteneva neppure questo, cosicché lei e il suo sposo si ritiravano in luoghi più umili e meno dignitosi secondo il giudizio del mondo. Ma in qualsiasi luogo, per vile che fosse, la corte dei cittadini del cielo se ne stava col proprio Re supremo e con la propria Regina. Subito tutti la circondavano come facendo un muro impenetrabile e il talamo di Salomone rimaneva al sicuro e difeso dai timori notturni. Il fedelissimo Giuseppe riposava e dormiva, perché vedeva la Regina dei cieli così custodita dai suoi eserciti divini, e perché ella faceva in modo che il suo sposo si riposasse un po' dalla fatica del cammino. Intanto Maria santissima rimaneva in celesti colloqui con i diecimila angeli che l'assistevano.

459. Benché Salomone nel Cantico abbia racchiuso misteri grandi della Regina del cielo sotto diverse metafore e similitudini, nel capitolo terzo parla più espressamente di quanto accadde alla divina madre durante la gravidanza del suo Figlio santissimo e in questo viaggio, che compì per il suo sacro parto. Fu allora, infatti, che si adempì alla lettera tutto quello che vi si dice della lettiga di Salomone, del suo cocchio e della sua spalliera d'oro, della guardia dei forti d'Israele, i quali godono della visione divina, e tutto il resto di cui parla quella profezia. Mi basta avere accennato alla sua spiegazione in quello che si è detto, per rivolgere tutta la mia ammirazione al mistero della Sapienza infinita in queste opere tanto venerabili per la creatura. Chi tra i mortali sarà così duro da non sentirsi intenerire il cuore? O tanto superbo da non vergognarsi? O tanto spensierato da non restare stupefatto nel vedere una meraviglia composta di così vari e contrari estremi? Un Dio infinito e insieme veramente nascosto nel talamo verginale di una giovane donna, piena di bellezza e di grazia, innocente, pura, graziosa, dolce, amabile agli occhi di Dio e degli uomini, più di tutto quanto il Signore abbia mai creato e creerà in futuro! Questa grande Signora col tesoro della Divinità, disprezzata, afflitta, oltraggiata e rifiutata dalla cieca ignoranza e superbia del mondo! E dall'altra parte nei luoghi più abietti amata e stimata dalla beatissima Trinità, favorita con le sue carezze, servita dai suoi angeli, riverita e difesa dalla loro grande e vigilante custodia! O figli degli uomini, duri di cuore, quanto falsi sono i vostri metri e giudizi, come dice Davide! Stimate infatti i ricchi, disprezzate i poveri, sollevate i superbi, annientate gli umili, rigettate i giusti ed applaudite gli stolti! Cieca è la vostra volontà e fallaci le vostre scelte, per le quali vi trovate poi delusi nei vostri stessi desideri. O ambiziosi, che cercate ricchezze e tesori, e vi trovate poveri ed abbracciati al vento! Se accoglieste la vera arca di Dio, ricevereste e conseguireste molte benedizioni dalla destra divina, come Obed-Èdom! Ma poiché la disprezzaste, successe a molti di voi ciò che avvenne ad Uzzà, venendo castigati come lui.

460. La divina Signora, in mezzo a tutto questo, conosceva e guardava la varietà delle anime di tutti quelli che andavano e venivano; penetrava i loro pensieri più nascosti, lo stato di grazia o di peccato in cui ciascuna anima si trovava e i gradi che vi erano tra questi due estremi. Di molte conosceva se erano predestinate o reprobe, se avrebbero perseverato, se sarebbero cadute o si sarebbero rialzate. Tutta questa varietà le dava motivo di esercitare atti eroici di virtù verso gli uni e a vantaggio degli altri: a molti otteneva la perseveranza, ad alcuni efficace aiuto per sollevarsi dal peccato alla grazia, per altri piangeva e invocava il Signore con intimi affetti e, per i reprobi, benché non chiedesse tanto efficacemente, sentiva un dolore intensissimo per la loro perdizione finale. A volte, affaticata da queste pene assai più che dalle difficoltà del viaggio, sveniva, per cui i santi angeli, pieni di rifulgente luce e bellezza, l'adagiavano fra le loro braccia, affinché in esse riposasse e ricevesse un po' di sollievo. Quanto agli infermi, agli afflitti e ad altri bisognosi, ella li consolava lungo il cammino con la sola preghiera, chiedendo al suo Figlio santissimo il rimedio per le loro tribolazioni e necessità, perché in questo viaggio, per la moltitudine e l'afflusso della gente, si ritirava in disparte senza parlare, occupandosi molto del bambino divino che portava nel grembo e che già si manifestava a tutti. Tale era il contraccambio che la Madre della misericordia dava ai mortali per la cattiva ospitalità che riceveva da loro!

461. E per maggiore vergogna dell'ingratitudine umana, successe qualche volta che, essendo inverno, giungevano alle locande assai infreddoliti per la neve e la pioggia, non volendo il Signore che mancasse loro questa sofferenza. Era dunque necessario rifugiarsi negli stessi luoghi umili dove stavano gli animali, perché gli uomini non ne accordavano loro uno migliore; così, la cortesia e l'umanità che a questi mancava veniva esercitata dalle bestie, le quali si facevano da parte rispettando il loro Creatore e sua Madre, che lo teneva nel grembo verginale. La Signora delle creature avrebbe anche potuto comandare ai venti, al ghiaccio e alla neve che non la sferzassero, ma non lo faceva, per non privarsi dell'imitazione del suo Figlio santissimo nel patire, ancora prima che egli uscisse dal suo seno. Così queste intemperie la fecero molto affaticare nel cammino. Nonostante ciò, il diligente e fedele sposo san Giuseppe si preoccupava di ripararla e ancor più lo facevano gli spiriti angelici, soprattutto il principe san Michele, il quale rimase sempre al lato destro della sua Regina, senza lasciarla un momento in questo viaggio. Spesso la serviva sostenendola col braccio, se era veramente sfinita. Quando era volontà del Signore, la difendeva dall'inclemenza dei temporali e prestava molti altri servizi in ossequio della divina Signora e del frutto benedetto del suo seno, Gesù.

462. Tra l'alternarsi di queste meraviglie, i nostri pellegrini Maria santissima e san Giuseppe giunsero alla città di Betlemme il quinto giorno del loro viaggio, di sabato, alle quattro del pomeriggio, ora in cui nel tempo del solstizio d'inverno il sole va già tramontando e la notte si avvicina. Entrarono nella città cercando qualche albergo e girando molte strade non solo per le locande e le osterie, ma anche per le case dei conoscenti e dei parenti più prossimi; da nessuno furono ricevuti, anzi da molti vennero mandati via bruscamente e con disprezzo. L'onestissima Regina seguiva il suo sposo, che bussava casa per casa e porta per porta, tra il tumulto della molta gente. E quantunque non ignorasse che le porte dei cuori e delle case degli uomini sarebbero rimaste chiuse per loro, per ubbidire a san Giuseppe volle patire quella tribolazione ed onestissima vergogna, che per la sua modestia, per lo stato e l'età in cui si trovava, le fu di maggior dolore che la mancanza dell'alloggio. Girando per la città giunsero alla casa dove stava il registro pubblico e, per non ritornarvi di nuovo, si fecero iscrivere e pagarono il fisco e la moneta del tributo imperiale, liberandosi da questo pensiero. Proseguirono poi la loro ricerca e si recarono ad altri alberghi, ma, avendo chiesto alloggio in più di cinquanta case, da tutti furono rifiutati e mandati via. Gli spiriti superni si meravigliarono dei misteri altissimi del Signore, della pazienza e mansuetudine della sua Madre vergine e dell'incredibile durezza degli uomini. Così stupefatti, benedicevano l'Altissimo per le sue opere e per i suoi arcani misteri, perché da allora in poi volle accreditare e sollevare a tanta gloria l'umiltà e la povertà disprezzata dai mortali.

463. Erano già le nove di sera quando il fedelissimo Giuseppe, pieno di amarezza e di intimo dolore, si rivolse alla sua prudentissima sposa e le disse: «Signora mia dolcissima, in questa situazione il mio cuore viene meno per il dolore, vedendo che non solo non posso trovarvi un posto come voi meritate e il mio affetto desiderava, ma neppure quel tipo di riparo che rare volte, per non dire mai, si nega al più povero e disprezzato del mondo. Vi è senza dubbio qualche mistero, se il cielo permette che i cuori degli uomini non si commuovano a riceverci nelle loro case. Mi ricordo, o Signora, che fuori della città c'è una grotta, che di solito serve ai pastori e al loro gregge. Andiamo là, perché se per caso fosse vuota, lì avrete dal cielo il rifugio che ci manca dalla terra». Gli rispose la prudentissima Vergine: «Sposo e signore mio, non si affligga il vostro pietosissimo cuore nel vedere non adempiuti i vostri desideri ardentissimi, dovuti all'affetto che avete per il Signore. E dato che io lo porto nel mio grembo, per lui stesso vi supplico che vogliamo ringraziarlo di aver disposto così. Il luogo di cui mi parlate soddisferà pienamente i miei desideri. Si cambino in gaudio le vostre lacrime con l'amore ed il possesso della povertà, che è il tesoro ricco ed inestimabile del mio Figlio santissimo. Questo egli viene a cercare dal cielo; prepariamoglielo con cuore lieto, perché la mia anima non ha altra consolazione: dimostratemi che me la date in questo. Andiamo contenti dove il Signore ci guida». I santi angeli indirizzarono a quella destinazione i celesti sposi, facendo loro da luminosissime fiaccole. Arrivati alla grotta, la trovarono deserta, cosicché, pieni di consolazione per questo beneficio, lodarono il Signore e qui avvenne ciò che racconterò nel prossimo capitolo.

 

Insegnamento che mi diede la Regina del cielo

 

464. Figlia mia carissima, se sarai di cuore condiscendente e docile verso il Signore, i misteri divini che hai scritto e compreso saranno potenti per suscitare in te sentimenti dolci e pieni d'amore verso l'autore di tali e tante meraviglie. Alla sua presenza voglio da te che da oggi in poi tu dia nuovo e grande valore al vederti rifiutata e disprezzata dal mondo. Dimmi sinceramente, amica mia: se in cambio di questo oblio e disprezzo, accettato con volontà lieta, Dio posa su di te i suoi occhi e in te pone la forza del suo amore soavissimo, forse non comprerai a così buon mercato ciò che vale non meno di un prezzo infinito? Che ti daranno gli uomini, quand'anche ti celebrassero e stimassero? E che lascerai tu, se li disprezzi? Non è tutto menzogna e vanità? Non è un'ombra fugace e momentanea che sfugge tra le mani a quelli che si affaticano per stringerla? Dunque, quando tu lo avessi tutto nelle tue, che faresti di grande disprezzandolo per niente? Considera bene che è ancor meno ciò che farai rigettandolo per acquistare l'amore di Dio, quello dei suoi angeli e il mio. Rifiutalo tutto, carissima, e di cuore. E se il mondo non ti disprezzerà tanto quanto devi desiderare, disprezzalo tu e resta libera, procedi spedita e sola, perché si unisca a te il tutto e sommo Bene, perché tu possa ricevere in pienezza i felicissimi effetti del suo amore e corrispondergli liberamente.

465. Il mio Figlio santissimo è amante così fedele delle anime, che pose me come maestra e vivo esempio per insegnare loro l'amore all'umiltà e l'efficace disprezzo della vanità e della superbia. Fu anche sua disposizione che per la sua grandezza e per me, sua serva e madre, mancasse alloggio ed accoglienza tra gli uomini, dando motivo, con questo abbandono, alle anime innamorate ed affettuose di offrirglielo in seguito, cosicché egli si veda obbligato da così ingegnosa volontà a prendere dimora in esse. Inoltre, considera come cercò la solitudine e la povertà, non perché avesse bisogno per sé di questi mezzi per esercitare le virtù in grado perfettissimo, ma per insegnare ai mortali che questo era il cammino più breve e sicuro per giungere all'altezza dell'amore divino e all'unione con Dio.

466. Sai bene, carissima, che sei esortata ed ammaestrata incessantemente con la luce dall'alto, perché, dimentica di quanto è terreno e visibile, ti cinga di fortezza e t'innalzi ad imitarmi, ricopiando in te secondo le tue forze gli atti e le virtù che della mia vita ti manifesto. Questo è il primo scopo della conoscenza che ricevi per scriverla: che tu abbia in me questa norma e di essa ti avvalga per regolare la tua vita e le tue opere nella maniera in cui io imitavo quelle del mio Figlio dolcissimo. Inoltre, devi moderare il timore che ti ha procurato questo comando, che tu hai creduto superiore alle tue forze, prendendo coraggio da quel che dice il mio Figlio santissimo attraverso l'evangelista san Matteo: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste. Questa volontà dell'Altissimo, che egli propone alla sua santa Chiesa, non è impossibile ai suoi figli: se essi da parte loro si dispongono bene, a nessuno sarà negata la grazia di conseguire la somiglianza col Padre celeste, perché il mio Figlio santissimo la meritò loro. Ma l'insensato oblio e disprezzo degli uomini per la propria redenzione impedisce loro di conseguire efficacemente il suo frutto.

467. Da te specialmente, figlia mia, voglio questa perfezione, e t'invito ad essa per mezzo della soave legge dell'amore, a cui indirizzo il mio insegnamento. Considera e pondera con la divina luce in quale obbligo io ti pongo e impegnati per corrispondere ad essa con prudenza di figlia fedele e sollecita, senza che t'intralci difficoltà o tribolazione alcuna e senza tralasciare nessuna virtù o azione di perfezione, per ardua che sia. Non devi accontentarti di cercare solamente per te stessa l'amicizia con Dio e la salvezza, ma, se vuoi essere perfetta a mia imitazione e adempiere ciò che il Vangelo insegna, devi procurare la salvezza delle altre anime e l'esaltazione del santo nome del mio Figlio, facendoti strumento nelle sue mani onnipotenti per cose forti e di sua maggior compiacenza e gloria.


Martedì, 28 agosto - Dopo la confessione l'angelo torna a esserle sorridente e amabile, e la assicura del perdono di Gesù.

Santa Gemma Galgani

L'angelo custode si è mantenuto così severo fino a stamani, che non ho palesato ogni cosa al confessore. Subito uscita di confessionario, mi ha guardato ridendo, con un'aria di compiacenza: sono ritornata da morte a vita. Più tardi poi mi ha parlato da se stesso (io non avevo coraggio d'interrogarlo): mi ha domandato come stavo, perché non mi sentivo bene la notte innanzi. Gli ho risposto che solo lui poteva guarirmi; si è avvicinato, mi accarezzava tanto tanto e mi diceva che fossi buona.

Ripetutamente gli dimandavo se mi volesse bene come prima, e se mi amasse egualmente; mi rispondeva in questo modo: « Oggi non mi vergogno di te, ieri sì ». Gli demandavo più volte perdono, e faceva cenno di essere [stato perdonato] ogni trascorso. Infine l'ho mandato da Gesù per tre cose:

1) Se fosse ora contento di me?

2) Se mi avesse perdonato ogni cosa?

3) E che mi levasse una certa vergogna da dosso per far l'obbedienza al confessore...

È andato subito via, ed è tornato assai tardi: mi ha detto che Gesù è assai contento; che mi ha perdonato, ma per l'ultima volta; in quanto alla vergogna disse che Gesù gli aveva risposto queste precise parole: «Digli che obbedisca perfettamente ».

Più tardi poi andai a letto, ma sentii poco dopo un po' di rimorso. Pensavo, è vero, al soggetto della meditazione della Passione, ma nel letto. Mi ha demandato a che cosa pensassi il mio angelo. «Alla Passione», ho risposto. «Che dirà di me Gesù che faccio questa vita sì comoda, prego poco, e nel letto; insomma tutto il tempo della preghiera lo passo nel letto? ». Questo purtroppo è ogni cosa vero. Mi rispose che ne pensavo io di questa cosa. « È svogliatezza», soggiunsi. Ma gli promisi che, da quella sera in poi, mai più avrei pregato nel letto; altro che il giorno a me destinato per obbedienza. Da ieri sera e per tutta la notte mai si è allontanato da me, ma con un patto però: di stare zitta e dormire. L'ho fatto.