Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

La ruota che ritorna allo stesso punto dal quale è partita, è il simbolo della natura umana, della vita dell'uomo, al quale fu detto: "Sei terra e in terra ritornerai" (cf. Gn 3,19). (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Lunedi della 6° settimana del Tempo di Pasqua (San Filippo Neri)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 15

1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.2I farisei e gli scribi mormoravano: "Costui riceve i peccatori e mangia con loro".3Allora egli disse loro questa parabola:

4"Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?5Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento,6va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta.7Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.

8O quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova?9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta.10Così, vi dico, c'è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte".

11Disse ancora: "Un uomo aveva due figli.12Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze.13Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto.14Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno.15Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci.16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci; ma nessuno gliene dava.17Allora rientrò in se stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!18Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;19non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni.20Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò.21Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio.22Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l'anello al dito e i calzari ai piedi.23Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa,24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze;26chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò.27Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo.28Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo.29Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso.31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo;32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato".


Primo libro dei Re 8

1A questo punto Salomone convocò in assemblea a Gerusalemme gli anziani di Israele, tutti i capitribù, i principi dei casati degli Israeliti, per trasportare l'arca dell'alleanza del Signore dalla città di Davide, cioè da Sion.2Tutto Israele si radunò presso il re Salomone per la festa, nel mese di Etanim, cioè il settimo mese.3Presenti tutti gli anziani di Israele, l'arca del Signore fu sollevata e i sacerdoti e i leviti la trasportarono4con la tenda del convegno e con tutti gli arredi sacri che erano nella tenda.5Il re Salomone e tutta la comunità di Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all'arca pecore e buoi che non si contavano né si calcolavano.6I sacerdoti introdussero l'arca dell'alleanza del Signore al suo posto nella cella del tempio, cioè nel Santo dei santi, sotto le ali dei cherubini.7Difatti i cherubini stendevano le ali sopra l'arca; essi coprivano l'arca e le sue stanghe dall'alto.8Le stanghe erano più lunghe, per questo le loro punte si vedevano dal Santo di fronte alla cella, ma non si vedevano di fuori; tali cose ci sono fino ad oggi.9Nell'arca non c'era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposte Mosè sull'Oreb, cioè le tavole dell'alleanza conclusa dal Signore con gli Israeliti quando uscirono dal paese d'Egitto.
10Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nuvola riempì il tempio11e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio.12Allora Salomone disse:

"Il Signore ha deciso di abitare sulla nube.
13Io ti ho costruito una casa potente,
un luogo per la tua dimora perenne".

14Il re si voltò e benedisse tutta l'assemblea di Israele, mentre tutti i presenti stavano in piedi.15Salomone disse: "Benedetto il Signore, Dio di Israele, che ha adempiuto con potenza quanto aveva promesso con la sua bocca a Davide mio padre:16Da quando ho fatto uscire Israele mio popolo dall'Egitto, io non mi sono scelto una città fra tutte le tribù di Israele perché mi si costruisse una casa, ove abitasse il mio nome; ora mi sono scelto Gerusalemme perché vi dimori il mio nome e mi sono scelto Davide perché sia capo del popolo di Israele.17Davide mio padre aveva deciso di costruire un tempio al nome del Signore, Dio di Israele,18ma il Signore gli disse: Tu hai pensato di edificare un tempio al mio nome; hai fatto bene a formulare tale progetto.19Non tu costruirai il tempio, ma il figlio che uscirà dai tuoi fianchi, lui costruirà un tempio al mio nome.20Il Signore ha attuato la parola che aveva pronunziata; io ho preso il posto di Davide mio padre, mi sono seduto sul trono di Israele, come aveva preannunziato il Signore, e ho costruito il tempio al nome del Signore, Dio di Israele.21In esso ho fissato un posto per l'arca, dove c'è l'alleanza che il Signore aveva conclusa con i nostri padri quando li fece uscire dal paese di Egitto".

22Poi Salomone si pose davanti all'altare del Signore, di fronte a tutta l'assemblea di Israele, e, stese le mani verso il cielo,23disse: "Signore, Dio di Israele, non c'è un Dio come te, né lassù nei cieli né quaggiù sulla terra! Tu mantieni l'alleanza e la misericordia con i tuoi servi che camminano davanti a te con tutto il cuore.24Tu hai mantenuto nei riguardi del tuo servo Davide mio padre quanto gli avevi promesso; quanto avevi detto con la bocca l'hai adempiuto con potenza, come appare oggi.25Ora, Signore Dio di Israele, mantieni al tuo servo Davide mio padre quanto gli hai promesso: Non ti mancherà un discendente che stia davanti a me e sieda sul trono di Israele, purché i tuoi figli veglino sulla loro condotta camminando davanti a me come vi hai camminato tu.26Ora, Signore Dio di Israele, si adempia la parola che tu hai rivolta a Davide mio padre.
27Ma è proprio vero che Dio abita sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che io ho costruita!28Volgiti alla preghiera del tuo servo e alla sua supplica, Signore mio Dio; ascolta il grido e la preghiera che il tuo servo oggi innalza davanti a te!29Siano aperti i tuoi occhi notte e giorno verso questa casa, verso il luogo di cui hai detto: Lì sarà il mio nome! Ascolta la preghiera che il tuo servo innalza in questo luogo.
30Ascolta la supplica del tuo servo e di Israele tuo popolo, quando pregheranno in questo luogo. Ascoltali dal luogo della tua dimora, dal cielo; ascolta e perdona.
31Se uno pecca contro il suo fratello e, perché gli è imposto un giuramento di imprecazione, viene a giurare davanti al tuo altare in questo tempio,32tu ascoltalo dal cielo, intervieni e fa' giustizia con i tuoi servi; condanna l'empio, facendogli ricadere sul capo la sua condotta, e dichiara giusto l'innocente rendendogli quanto merita la sua innocenza.
33Quando il tuo popolo Israele sarà sconfitto di fronte al nemico perché ha peccato contro di te, se si rivolge a te, se loda il tuo nome, se ti prega e ti supplica in questo tempio,34tu ascolta dal cielo, perdona il peccato di Israele tuo popolo e fallo tornare nel paese che hai dato ai suoi padri.
35Quando si chiuderà il cielo e non ci sarà pioggia perché hanno peccato contro di te, se ti pregano in questo luogo, se lodano il tuo nome e si convertono dal loro peccato perché tu li hai umiliati,36tu ascolta dal cielo e perdona il peccato dei tuoi servi e di Israele tuo popolo, ai quali indicherai la strada buona su cui camminare, e concedi la pioggia alla terra che hai dato in eredità al tuo popolo.
37Quando nella regione ci sarà carestia o peste, carbonchio o ruggine, invasione di locuste o di bruchi; quando il nemico assedierà il tuo popolo in qualcuna delle sue porte o quando scoppierà un'epidemia o un flagello qualsiasi;38se uno qualunque oppure tutto Israele tuo popolo, dopo avere provato il rimorso nel cuore, ti prega o supplica con le mani tese verso questo tempio,39tu ascoltalo dal cielo, luogo della tua dimora, perdona, intervieni e rendi a ognuno secondo la sua condotta, tu che conosci il suo cuore - tu solo conosci il cuore di tutti i figli degli uomini -40perché ti temano durante tutti i giorni della loro vita nel paese che hai dato ai nostri padri.
41Anche lo straniero, che non appartiene a Israele tuo popolo, se viene da un paese lontano a causa del tuo nome42perché si sarà sentito parlare del tuo grande nome, della tua mano potente e del tuo braccio teso, se egli viene a pregare in questo tempio,43tu ascoltalo dal cielo, luogo della tua dimora, e soddisfa tutte le richieste dello straniero, perché tutti i popoli della terra conoscano il tuo nome, ti temano come Israele tuo popolo e sappiano che al tuo nome è stato dedicato questo tempio che io ho costruito.
44Quando il tuo popolo uscirà in guerra contro il suo nemico, seguendo le vie in cui l'avrai indirizzato, se ti pregheranno rivolti verso la città che ti sei scelta e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome,45ascolta dal cielo la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia.
46Quando peccheranno contro di te, poiché non c'è nessuno che non pecchi, e tu, adirato contro di loro, li consegnerai a un nemico e i loro conquistatori li deporteranno in un paese ostile, lontano o vicino,47se nel paese in cui saranno deportati rientreranno in se stessi e faranno ritorno a te supplicandoti nel paese della loro prigionia, dicendo: Abbiamo peccato, abbiamo agito da malvagi e da empi,48se torneranno a te con tutto il cuore e con tutta l'anima nel paese dei nemici che li avranno deportati, e ti supplicheranno rivolti verso il paese che tu hai dato ai loro padri, verso la città che ti sei scelta e verso il tempio che io ho costruito al tuo nome,49tu ascolta dal cielo, luogo della tua dimora, la loro preghiera e la loro supplica e rendi loro giustizia.50Perdona al tuo popolo, che ha peccato contro di te, tutte le ribellioni di cui si è reso colpevole verso di te, fa' che i suoi deportatori gli usino misericordia,51perché si tratta del tuo popolo e della tua eredità, di coloro che hai fatto uscire dall'Egitto, da una fornace per fondere il ferro.
52Siano attenti i tuoi occhi alla preghiera del tuo servo e del tuo popolo Israele e ascoltali in quanto ti chiedono,53perché tu li hai separati da tutti i popoli del paese come tua proprietà secondo quanto avevi dichiarato per mezzo di Mosè tuo servo, mentre facevi uscire, o Signore, i nostri padri dall'Egitto".
54Quando Salomone ebbe finito di rivolgere al Signore questa preghiera e questa supplica, si alzò davanti all'altare del Signore, dove era inginocchiato con le palme tese verso il cielo,55si mise in piedi e benedisse tutta l'assemblea di Israele, a voce alta:56"Benedetto il Signore, che ha concesso tranquillità a Israele suo popolo, secondo la sua parola. Non è venuta meno neppure una delle parole buone che aveva pronunziate per mezzo di Mosè suo servo.57Il Signore nostro Dio sia con noi come è stato con i nostri padri; non ci abbandoni e non ci respinga,58ma volga piuttosto i nostri cuori verso di lui, perché seguiamo tutte le sue vie e osserviamo i comandi, gli statuti e i decreti che ha imposti ai nostri padri.59Queste parole, usate da me per supplicare il Signore, siano presenti davanti al Signore nostro Dio, giorno e notte, perché renda giustizia al suo servo e a Israele suo popolo secondo le necessità di ogni giorno.60Allora tutti i popoli della terra sapranno che il Signore è Dio e che non ce n'è altri.61Il vostro cuore sarà tutto dedito al Signore nostro Dio, perché cammini secondo i suoi decreti e osservi i suoi comandi, come avviene oggi".
62Il re e tutto Israele offrirono un sacrificio davanti al Signore.63Salomone immolò al Signore, in sacrificio di comunione, ventiduemila buoi e centoventimila pecore; così il re e tutti gli Israeliti dedicarono il tempio al Signore.64In quel giorno il re consacrò il centro del cortile di fronte al tempio del Signore; infatti ivi offrì l'olocausto, l'oblazione e il grasso dei sacrifici di comunione, perché l'altare di bronzo, che era davanti al Signore, era troppo piccolo per contenere l'olocausto, l'oblazione e il grasso dei sacrifici di comunione.
65In quell'occasione Salomone celebrò la festa davanti al Signore nostro Dio per sette giorni: tutto Israele, dall'ingresso di Amat al torrente d'Egitto, un'assemblea molto grande, era con lui.66Nel giorno ottavo congedò il popolo. I convenuti, salutato il re, tornarono alle loro case, contenti e con la gioia nel cuore per tutto il bene concesso dal Signore a Davide suo servo e a Israele suo popolo.


Siracide 50

1Simone, figlio di Onia, sommo sacerdote,
nella sua vita riparò il tempio,
e nei suoi giorni fortificò il santuario.
2Da lui furon poste le fondamenta del doppio rialzo,
l'alto contrafforte della cinta del tempio.
3Ai suoi tempi fu scavato il deposito per le acque,
un serbatoio ampio come il mare.
4Premuroso di impedire la caduta del suo popolo,
fortificò la città contro un assedio.
5Come era stupendo quando si aggirava fra il popolo,
quando usciva dal santuario dietro il velo.
6Come un astro mattutino fra le nubi,
come la luna nei giorni in cui è piena,
7come il sole sfolgorante sul tempio dell'Altissimo,
come l'arcobaleno splendente fra nubi di gloria,
8come il fiore delle rose nella stagione di primavera,
come un giglio lungo un corso d'acqua,
come un germoglio d'albero d'incenso nella stagione estiva
9come fuoco e incenso su un braciere,
come un vaso d'oro massiccio,
ornato con ogni specie di pietre preziose,
10come un ulivo verdeggiante pieno di frutti,
e come un cipresso svettante tra le nuvole.
11Quando indossava i paramenti solenni,
quando si rivestiva con gli ornamenti più belli,
salendo i gradini del santo altare dei sacrifici,
riempiva di gloria l'intero santuario.
12Quando riceveva le parti delle vittime
dalle mani dei sacerdoti,
mentre stava presso il braciere dell'altare,
circondato dalla corona dei fratelli
come fronde di cedri nel Libano,
e lo circondavano come fusti di palme,
13mentre tutti i figli di Aronne nella loro gloria,
con le offerte del Signore nelle mani,
stavano davanti a tutta l'assemblea di Israele,
14egli compiva il rito liturgico sugli altari,
preparando l'offerta all'Altissimo onnipotente.
15Egli stendeva la mano sulla coppa
e versava succo di uva,
lo spargeva alle basi dell'altare
come profumo soave all'Altissimo, re di tutte le cose.
16Allora i figli di Aronne alzavano la voce,
suonavano le trombe di metallo lavorato
e facevano udire un suono potente
come richiamo davanti all'Altissimo.
17E subito tutto il popolo insieme
si prostrava con la faccia a terra,
per adorare il Signore, Dio onnipotente e altissimo.
18I cantori intonavano canti di lodi,
il loro canto era addolcito da una musica melodiosa.
19Il popolo supplicava il Signore altissimo
in preghiera davanti al Misericordioso,
finché fosse compiuto il servizio del Signore
e terminasse la funzione liturgica.
20Allora, scendendo, egli alzava le mani
su tutta l'assemblea dei figli di Israele
per dare con le sue labbra la benedizione del Signore,
gloriandosi del nome di lui.
21Tutti si prostravano di nuovo
per ricevere la benedizione dell'Altissimo.

22Ora benedite il Dio dell'universo,
che compie in ogni luogo grandi cose,
che ha esaltato i nostri giorni fino dalla nascita,
che ha agito con noi secondo la sua misericordia.
23Ci conceda la gioia del cuore
e ci sia pace nei nostri giorni
in Israele, per tutti i giorni futuri.
24La sua misericordia resti fedelmente con noi
e ci riscatti nei nostri giorni.

25Contro due popoli sono irritato,
il terzo non è neppure un popolo:
26quanti abitano sul monte Seir e i Filistei
e lo stolto popolo che abita in Sichem.

27Una dottrina di sapienza e di scienza
ha condensato in questo libro
Gesù figlio di Sirach, figlio di Eleàzaro, di
Gerusalemme,
che ha riversato come pioggia la sapienza dal cuore.
28Beato chi mediterà queste cose;
le fissi bene nel cuore e diventerà saggio;
29se le metterà in pratica, sarà forte in tutto,
perché la luce del Signore è la sua strada.


Salmi 89

1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".

6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.

9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.

12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.

16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.

20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.

23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.

27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.

31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.

34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".

39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.

47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?

50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.


Ezechiele 33

1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, parla ai figli del tuo popolo e di' loro: Se mando la spada contro un paese e il popolo di quella terra prende un uomo del suo territorio e lo pone quale sentinella,3e questa, vedendo sopraggiungere la spada sul paese, suona la tromba e da' l'allarme al popolo:4se colui che ben sente il suono della tromba non ci bada e la spada giunge e lo sorprende, egli dovrà a se stesso la propria rovina.5Aveva udito il suono della tromba, ma non ci ha badato: sarà responsabile della sua rovina; se ci avesse badato, si sarebbe salvato.6Se invece la sentinella vede giunger la spada e non suona la tromba e il popolo non è avvertito e la spada giunge e sorprende qualcuno, questi sarà sorpreso per la sua iniquità: ma della sua morte domanderò conto alla sentinella.7O figlio dell'uomo, io ti ho costituito sentinella per gli Israeliti; ascolterai una parola dalla mia bocca e tu li avvertirai da parte mia.8Se io dico all'empio: Empio tu morirai, e tu non parli per distoglier l'empio dalla sua condotta, egli, l'empio, morirà per la sua iniquità; ma della sua morte chiederò conto a te.
9Ma se tu avrai ammonito l'empio della sua condotta perché si converta ed egli non si converte, egli morirà per la sua iniquità. Tu invece sarai salvo.

10Tu, figlio dell'uomo, annunzia agli Israeliti: Voi dite: I nostri delitti e i nostri peccati sono sopra di noi e in essi noi ci consumiamo! In che modo potremo vivere?11Di' loro: Com'è vero ch'io vivo - oracolo del Signore Dio - io non godo della morte dell'empio, ma che l'empio desista dalla sua condotta e viva. Convertitevi dalla vostra condotta perversa! Perché volete perire, o Israeliti?
12Figlio dell'uomo, di' ancora ai figli del tuo popolo: La giustizia del giusto non lo salva se pecca, e l'empio non cade per la sua iniquità se desiste dall'iniquità, come il giusto non potrà vivere per la sua giustizia se pecca.13Se io dico al giusto: Vivrai, ed egli, confidando sulla sua giustizia commette l'iniquità, nessuna delle sue azioni buone sarà più ricordata e morirà nella malvagità che egli ha commesso.14Se dico all'empio: Morirai, ed egli desiste dalla sua iniquità e compie ciò che è retto e giusto,15rende il pegno, restituisce ciò che ha rubato, osserva le leggi della vita, senza commettere il male, egli vivrà e non morirà;16nessuno dei peccati che ha commessi sarà più ricordato: egli ha praticato ciò che è retto e giusto e certamente vivrà.
17Eppure, i figli del tuo popolo vanno dicendo: Il modo di agire del Signore non è retto. È invece il loro modo di agire che non è retto!18Se il giusto desiste dalla giustizia e fa il male, per questo certo morirà.19Se l'empio desiste dall'empietà e compie ciò che è retto e giusto, per questo vivrà.20Voi andate dicendo: Non è retto il modo di agire del Signore. Giudicherò ciascuno di voi secondo il suo modo di agire, Israeliti".

21Il cinque del decimo mese dell'anno decimosecondo della nostra deportazione arrivò da me un fuggiasco da Gerusalemme per dirmi: La città è presa.22La sera prima dell'arrivo del fuggiasco, la mano del Signore fu su di me e al mattino, quando il fuggiasco giunse, il Signore mi aprì la bocca. La mia bocca dunque si aprì e io non fui più muto.
23Mi fu rivolta questa parola del Signore:24"Figlio dell'uomo, gli abitanti di quelle rovine, nel paese d'Israele, vanno dicendo: Abramo era uno solo ed ebbe in possesso il paese e noi siamo molti: a noi dunque è stato dato in possesso il paese!
25Perciò dirai loro: Così dice il Signore Dio: Voi mangiate la carne con il sangue, sollevate gli occhi ai vostri idoli, versate il sangue, e vorreste avere in possesso il paese?26Voi vi appoggiate sulle vostre spade, compite cose nefande, ognuno di voi disonora la donna del suo prossimo e vorreste avere in possesso il paese?27Annunzierai loro: Dice il Signore Dio: Com'è vero ch'io vivo, quelli che stanno fra le rovine periranno di spada; darò in pasto alle belve quelli che sono per la campagna e quelli che sono nelle fortezze e dentro le caverne moriranno di peste.28Ridurrò il paese ad una solitudine e a un deserto e l'orgoglio della sua forza cesserà. I monti d'Israele saranno devastati, non ci passerà più nessuno.29Sapranno che io sono il Signore quando farò del loro paese una solitudine e un deserto, a causa di tutti gli abomini che hanno commessi.

30Figlio dell'uomo, i figli del tuo popolo parlano di te lungo le mura e sulle porte delle case e si dicono l'un l'altro: Andiamo a sentire qual è la parola che viene dal Signore.31In folla vengono da te, si mettono a sedere davanti a te e ascoltano le tue parole, ma poi non le mettono in pratica, perché si compiacciono di parole, mentre il loro cuore va dietro al guadagno.32Ecco, tu sei per loro come una canzone d'amore: bella è la voce e piacevole l'accompagnamento musicale. Essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica.33Ma quando ciò avverrà ed ecco avviene, sapranno che c'è un profeta in mezzo a loro".


Lettera agli Ebrei 1

1Dio, che aveva già parlato nei tempi antichi molte volte e in diversi modi ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente,2in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio, che ha costituito erede di tutte le cose e per mezzo del quale ha fatto anche il mondo.3Questo Figlio, che è irradiazione della sua gloria e impronta della sua sostanza e sostiene tutto con la potenza della sua parola, dopo aver compiuto la purificazione dei peccati si è assiso alla destra della maestà nell'alto dei cieli,4ed è diventato tanto superiore agli angeli quanto più eccellente del loro è il nome che ha ereditato.

5Infatti a quale degli angeli Dio ha mai detto:

'Tu sei mio figlio; oggi ti ho generato?'

E ancora:

'Io sarò per lui padre ed egli sarà per me figlio?'

6E di nuovo, quando introduce il primogenito nel mondo, dice:

'Lo adorino tutti gli angeli di Dio'.

7Mentre degli angeli dice:

'Egli fa i suoi angeli pari ai venti,
e i suoi ministri come fiamma di fuoco',

8del Figlio invece afferma:

'Il tuo trono, Dio, sta in eterno'

e:

'Scettro giusto è lo scettro del tuo regno;'
9'hai amato la giustizia e odiato l'iniquità,
perciò ti unse Dio, il tuo Dio,
con olio di esultanza più dei tuoi compagni'.

10E ancora:

'Tu, Signore, da principio hai fondato la terra
e opera delle tue mani sono i cieli'.
11'Essi periranno, ma tu rimani;
invecchieranno tutti come un vestito'.
12'Come un mantello li avvolgerai,'
come un abito 'e saranno cambiati;
ma tu rimani lo stesso, e gli anni tuoi non avranno fine'.

13A quale degli angeli poi ha mai detto:

'Siedi alla mia destra,
finché io non abbia posto i tuoi nemici sotto i tuoi
piedi?'

14Non sono essi tutti spiriti incaricati di un ministero, inviati per servire coloro che devono ereditare la salvezza?


Capitolo IX: Obbedienza e sottomissione

Leggilo nella Biblioteca

 1.     Stare sottomessi, vivere soggetti a un superiore e non disporre di sé è cosa grande e valida. E' molto più sicura la condizione di sudditanza, che quella di comando. Ci sono molti che stanno sottomessi per forza, più che per amore: da ciò traggono sofferenza, e facilmente se ne lamentano; essi non giungono a libertà di spirito, se la loro sottomissione non viene dal profondo del cuore e non ha radice in Dio. Corri pure di qua e di là; non troverai pace che nell'umile sottomissione sotto la guida di un superiore. Andar sognando luoghi diversi, e passare dall'uno all'altro, è stato per molti un inganno.  

2.     Certamente ciascuno preferisce agire a suo talento, ed è maggiormente portato verso chi gli dà ragione. Ma, se Dio è dentro di noi, dobbiamo pur talvolta lasciar perdere i nostri desideri, per amore della pace. C'è persona così sapiente che possa conoscere pienamente ogni cosa? Perciò non devi avere troppa fiducia nelle tue impressioni; devi ascoltare volentieri anche il parere degli altri. Anche se la tua idea era giusta, ma la abbandoni per amore di Dio seguendo quella di altri, da ciò trarrai molto profitto. Stare ad ascoltare ed accettare un consiglio - come spesso ho sentito dire - è cosa più sicura che dare consigli. Può anche accadere che l'idea di uno sia buona; ma è sempre segno di superbia e di pertinacia non volersi arrendere agli altri, quando la ragionevolezza o l'evidenza lo esigano.


DISCORSO 123 DALLE PAROLE DEL VANGELO DI GIOVANNI (2, 1-11): " FU INVITATO ALLE NOZZE ANCHE GESÙ CON I SUOI DISCEPOLI ", ECC.

Discorsi - Sant'Agostino

Leggilo nella Biblioteca

L'umiltà di Cristo rimedio alla nostra superbia.

1. Avete imparato a conoscere, fratelli, perché credenti in Cristo avete infatti appreso e, mediante il nostro ministero, anche noi vi abbiamo assiduamente inculcato, che rimedio alla superbia dell'uomo è l'umiltà di Cristo. L'uomo non si sarebbe infatti perduto se non si fosse gonfiato di superbia. Poiché, come dice la Scrittura: Principio di ogni peccato la superbia 1. Contro il principio del peccato fu necessario il principio della giustizia. Se la superbia fu principio di ogni peccato, allora da che sarebbe venuto il rimedio al gonfiore della superbia, se Dio non si fosse degnato di farsi umile? Si vergogni l'uomo di essere superbo, poiché Dio si è umiliato. Ad esempio, quando infatti si parla ad un uomo per indurlo ad un sentire umile di sé, reagisce sdegnato; è pure opera della superbia che gli uomini siano decisi a vendicarsi, se offesi. Mentre rifuggono dall'essere umiliati, si vogliono vendicare, quasi che il male altrui possa tornare a profitto di alcuno. Chi ha subito un torto ed è stato ferito da un'ingiuria, è deciso a vendicarsi; dall'altrui danno vuole ricavare di che essere soddisfatto, ma si procura un grande tormento. Perciò Cristo Signore in ogni circostanza si degnò di essere umiliato, mostrandoci la via, se pure è vero che ci degniamo di percorrerla.

Perché Cristo, avendo fame, non mutò la pietra in pane, così come alle nozze mutò l'acqua in vino.

2. Ecco che, tra l'altro, il Figlio della Vergine si recò alle nozze: egli istituì le nozze quando era presso il Padre. A quel modo che la prima donna, per la quale entrò il peccato, fu formata dall'uomo senza la donna, così l'uomo, per il quale fu cancellato il peccato, fu formato dalla donna senza l'uomo. A causa di quello precipitammo, in grazia di questo ci eleviamo. E proprio in quelle nozze che cosa creò? Vino dall'acqua. C'è un potere più grande? Chi aveva il potere di compiere tali opere, si abbassò fino al bisogno. Chi dell'acqua fece vino, ebbe il potere di mutare in pane le pietre. Riguardava la medesima potenza: ma allora fu il diavolo a proporre, perciò Cristo se ne astenne. Sapete di certo che quando Cristo Signore fu tentato, questo glielo insinuò il diavolo. Ebbe fame, infatti, perché si abbassò fino a questo punto, perché anche questo servì all'umiltà. Ebbe fame il Pane, come pure fu allo stremo delle forze la Via, come pure fu ferita la Salute, come pure si spense la Vita. Avendo fame, come sapete, gli disse il tentatore: Se sei Figlio di Dio, comanda a queste pietre che diventino pani. E rispose al tentatore insegnando a te a rispondere al tentatore. Il Comandante in capo entra in battaglia infatti a questo scopo: perché i soldati apprendano. Che rispose? Non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola di Dio. E delle pietre non fece pani egli che indubbiamente ebbe il potere di farlo, così come da acqua vino. E' proprio della medesima potenza infatti fare di una pietra un pane, ma non lo fece per disprezzare la volontà del tentatore. Poiché altrimenti il tentatore non resta vinto, a meno che non venga disprezzato. Avendo sconfitto il diavolo tentatore, vennero gli angeli e lo servivano 2. Per quale ragione allora chi aveva tanta potenza non attuò quello, ma operò questo? Leggi, o meglio, ricorda quello che poco fa hai ascoltato, quando operò questo, cioè cambiare acqua in vino; che cosa aggiunse l'Evangelista? E i suoi discepoli credettero in lui 3. Allora il diavolo era forse disposto a credere?

Cristo umile, via alla Patria.

3. Così colui che ebbe il potere di compiere grandi prodigi soffrì la fame, la sete, si assoggettò alla fatica, cedette al sonno, fu arrestato, fu flagellato, fu crocifisso, fu ucciso. Codesta è la via: cammina attraverso l'umiltà per giungere all'eternità. Cristo Dio è la patria dove siamo diretti; Cristo uomo è la via per la quale procediamo. Andiamo a lui, andiamo attraverso lui; perché temiamo di allontanarci dalla mèta? Non si allontanò dal Padre e venne fino a noi. Era nutrito al seno e conservava il mondo. Giaceva in una mangiatoia ed era il cibo degli angeli. Dio e uomo: lo stesso che Dio egli uomo, lo stesso che uomo egli Dio. Ma non in quanto uomo egli Dio. Dio perché è il Verbo; uomo perché il Verbo si fece carne; e sussistendo come Dio e prendendo su di sé la carne propria dell'uomo; assumendo ciò che non era, non perdendo ciò che era. Per conseguenza, dopo aver ormai sofferto proprio a motivo dello stato di umiliazione, avendo ormai subito la morte, ormai la sepoltura, risuscitò infine, salì al cielo infine; si trova là e siede alla destra del Padre; e si trova quaggiù nella persona dei suoi poveri. Anche ieri l'ho fatto notare alla Carità vostra [nel discorso precedente] in riferimento a ciò che disse a Natanaele: Vedrai cose più grandi di queste. In verità vi dico: Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo 4. Ne abbiamo ricercato il senso e abbiamo parlato a lungo; ancora oggi dobbiamo ripetere le medesime cose? Quanti sono intervenuti vedano di ricordarlo; tuttavia, lo richiamo in breve alla memoria.

Cristo e in cielo e in terra. Cristo e ricco e povero.

4. Non direbbe: Salivano al Figlio dell'uomo, se non fosse anche in cielo; non direbbe: Scendevano sul Figlio dell'uomo, se non fosse anche sulla terra. Egli stesso in cielo, egli stesso sulla terra; quanto a sé in cielo, quanto ai suoi, sulla terra; in cielo presso il Padre, sulla terra in mezzo a noi. In forza di ciò quel richiamo a Saulo: Saulo, Saulo, perché mi perseguiti? 5 Poteva dire: Saulo, Saulo, proprio perché era in cielo. Saulo non lo perseguitava in cielo; se non era anche sulla terra, chi era in cielo non poteva dire: Perché mi perseguiti? Temete il Cristo che è in cielo, riconoscete il Cristo che è sulla terra. Il Cristo in cielo consideralo quale dispensatore di doni, il Cristo sulla terra riconoscilo povero. Quaggiù è povero, lassù è ricco. Che quaggiù Cristo è povero in luogo nostro egli stesso lo dice: Ho avuto fame, ho avuto sete, ero nudo, ero forestiero, ero carcerato. E ad alcuni ha detto: Mi avete provveduto; ad altri ha detto: Non mi avete provveduto 6. Ecco, abbiamo dato a conoscere l'identità del Cristo povero: chi non conosce il Cristo ricco? Ed anche sulla terra il potere di cambiare acqua in vino era proprio di quelle ricchezze. Se è ricco chi possiede vino, qual grado di ricchezza contraddistingue chi crea il vino? Ricco e povero perciò il Cristo; come Dio, ricco, come uomo, povero. E infatti lo stesso uomo già ricco ascese al cielo, siede alla destra del Padre, eppure quaggiù tuttora povero soffre la fame, la sete, è nudo.

Ogni uomo è il povero e il mendico di Dio.

5. Tu che sei? Ricco, o povero? Molti mi dicono: Sono povero, e dicono il vero. Riconosco povero chi possiede qualcosa, riconosco povero anche l'indigente. Ma c'è chi possiede in abbondanza oro e argento. O se si riconoscesse povero! Si riconosce povero chi si accorge di avere accanto a sé un povero. Com'è? Per molto che tu voglia avere, chiunque ricco tu sia, sei il mendìco di Dio. Si viene all'ora della preghiera e proprio in questo momento ti metto alla prova. Tu chiedi. Come, non sei povero tu che chiedi? Aggiungo di più: chiedi pane. Non sei forse sul punto di dire: Dacci il nostro pane quotidiano 7? Tu che chiedi il pane quotidiano sei povero o ricco? Eppure Cristo ti dice: Dammi di ciò che ti ho dato. Che hai portato con te quando sei venuto al mondo? Quaggiù hai trovato esistente tutto ciò che ho creato. Niente hai recato, nulla porterai via di qui. Per quale ragione non mi doni del mio? E' perché sei ricco, mentre il povero è privo di tutto. Considerate all'origine la vostra vita: entrambi veniste alla luce nudi. Anche tu perciò nascesti nudo. Trovasti qui molte cose: recasti con te qualcosa? Ti chiedo del mio: dammi ed io ti rendo. Hai avuto in me il donatore, rendimi presto debitore. E' dir poco ciò che ho detto: hai avuto in me il donatore, fa' di me un debitore; che io abbia in te un creditore. Mi dai poco, renderò di più. Mi dài beni terreni, te ne renderò di celesti. Mi dài beni temporali, ti renderò beni eterni. A te renderò te stesso quando avrò restituito te a me.

1 - Sir 10, 15.

2 - Mt 2, 4-10.

3 - Gv 2, 11.

4 - Gv 1, 50-51.

5 - At 9, 4.

6 - Mt 25, 35-45.

7 - Mt 6, 11.


8 - La virtù della carità di Maria santissima nostra signora.

La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda

Leggilo nella Biblioteca

514. La virtù sovraeccellentissima della carità è la signora, la regina, la madre, l'anima, la vita e la bellezza di tutte le altre virtù. La carità è quella che le governa tutte, le muove e le guida al loro vero ed ultimo fine. Essa le genera nel loro essere perfetto, le sviluppa e conserva, le illumina e adorna, e dà loro vita ed efficacia. E se tutte le altre procurano alla creatura qualche perfezione e ornamento, la carità è quella che origina l'uno e l'altra in esse e che le perfeziona, perché senza la carità sono tutte deformi, oscure, languide, morte e senza profitto, e in esse il dinamismo della vita non è perfetto. La carità è benigna, paziente, mansuetissima, senza emulazione, senza invidia, senza risentimento. Essa di niente si appropria, tutto distribuisce, origina tutti i beni e non acconsente ad alcuno dei mali per quanto dipende da lei, perché è la maggiore partecipazione del vero e sommo Bene. O virtù delle virtù e somma dei tesori del cielo! Tu sola tieni la chiave del paradiso, tu sei l'aurora dell'eterna luce, il sole del giorno dell'eternità, il fuoco che purifica, il vino che inebria dando un nuovo sentimento, il nettare che letifica, la dolcezza che sazia senza fastidio, il talamo in cui riposa l'anima. Sei vincolo così stretto che ci fai uno col medesimo Dio, nella maniera in cui lo sono l'eterno Padre col Figlio ed entrambi con lo Spirito Santo.

515. Per l'incomparabile nobiltà di questa signora delle virtù, cioè della carità, lo stesso Dio e Signore volle - a nostro modo d'intendere - onorare se stesso col nome di lei, chiamandosi egli stesso Amore, come disse san Giovanni. A ben donde la Chiesa cattolica, delle perfezioni divine, attribuisce al Padre l'onnipotenza, al Figlio la sapienza e allo Spirito Santo l'amore, perché il Padre è principio senza principio, il Figlio è generato dal Padre attraverso l'intelletto e lo Spirito Santo da entrambi procede attraverso la volontà. Nondimeno, lo stesso Signore applica a se stesso il nome di carità nella sua pienezza e perfezione senza differenza di Persone, poiché di tutte e tre senza distinzione l'Evangelista disse: Dio è amore. Tale virtù, nel Signore, ha questa peculiarità: è il termine, lo scopo di tutte le operazioni ad intra e ad extra, perché tutte le divine processioni, che sono le attività di Dio dentro di sé, vanno a terminare nell'unione dell'amore e della carità reciproca delle tre Persone divine, per cui tra loro hanno un altro vincolo indissolubile, oltre all'unità della natura indivisa nella quale sono un solo e medesimo Dio. Tutte le opere ad extra, ovvero le creature, hanno avuto origine dalla carità divina e ad essa sono ordinate, in modo che, uscendo dal mare immenso di quella bontà infinita, facciano poi ritorno, mediante la carità e l'amore, all'origine da cui provengono. Questo è pregio singolare della virtù della carità tra tutte le altre virtù e gli altri doni ed è perfetta partecipazione della carità divina, ha origine dallo stesso principio, mira al medesimo fine ed è inoltre proporzionata ad essa più delle altre virtù. Infatti, se chiamiamo Dio nostra speranza, nostra pazienza e sapienza, è solo perché riceviamo dalla sua mano queste virtù e non perché siano presenti in Dio come in noi. Tuttavia, non solamente riceviamo la carità dal Signore, né egli si chiama Amore solo perché ce la comunica, ma anche perché la possiede in se stesso nella sua essenza. Perciò la nostra carità scaturisce da tale perfezione divina, che noi c'immaginiamo come forma e attributo della sua natura, con più proporzione e perfezione di qualsiasi altra virtù.

516. La carità di Dio possiede a nostro vantaggio altre qualità ammirabili. Difatti, essendo essa il principio che ci comunicò tutto il bene del nostro essere ed essendo anche il sommo bene che è lo stesso Dio, viene ad essere lo stimolo e l'esempio della nostra carità e del nostro amore verso lo stesso Signore. Infatti, se per amarlo non ci desta e non ci muove il sapere che in se stesso è infinito e sommo Bene, almeno ci attirerà e ci obbligherà ad amarlo il sapere che egli è il nostro sommo bene. E se forse non potevamo né sapevamo amarlo prima che ci desse il suo Figlio unigenito, ora però, dopo che ce l'ha donato, come potremmo osare non amarlo? O con quale giustificazione? Poiché, se abbiamo una discolpa nel non saperci guadagnare tale beneficio, nessuna però ne avremo se, dopo averlo ricevuto senza meritarlo, non ce ne mostreremo riconoscenti ricambiando amore con amore.

517. L'esempio, che la nostra carità ha in quella divina, dimostra molto più l'eccellenza di tale virtù, benché con difficoltà io possa esprimere in questo il mio pensiero. In verità, quando Cristo Signore nostro fondava la sua perfettissima legge di amore e di grazia, c'insegnò ad essere perfetti a imitazione del nostro Padre celeste, il quale fa sorgere il sole, che è cosa sua, sopra i giusti e gli ingiusti senza differenza. Solamente il Figlio dell'eterno Padre poteva dare agli uomini tale insegnamento e tale esempio, perché, tra tutte le creature visibili, nessuna come il sole ci manifesta la carità divina e ce la propone per imitarla. Difatti questo nobilissimo pianeta, per sua medesima natura e senz'altra deliberazione fuorché la sua sola inclinazione innata, comunica la sua luce a tutte le parti e a tutti quelli che sono capaci di riceverla, senza differenza: per quanto dipende da lui non la nega mai e non la toglie a nessuno. Inoltre fa questo senza che vi sia obbligato da alcuno, senza riceverne beneficio né contraccambio di cui abbia necessità e senza trovare nelle cose, che illumina e riscalda, bontà alcuna antecedente che valga a muoverlo o ad attirarlo; anzi fa questo senza avere altro interesse fuorché quello di spargere la stessa virtù che contiene in sé, affinché tutti ne partecipino e la comunichino.

518. Considerando dunque le qualità di una così generosa creatura, chi è colui che non scorga in essa un'immagine della Carità increata, che si deve imitare? E chi vi sarà che non si curi di imitarla? Chi potrà immaginare di se stesso che abbia vera carità se non la imita? La nostra carità e il nostro amore non possono produrre bontà alcuna nell'oggetto amato, come fa la carità increata del Signore. Tuttavia, se non possiamo migliorare quelli che amiamo, possiamo almeno amare tutti senza interesse e senza scegliere chi amare e a chi fare del bene con la speranza del contraccambio. Non dico che la carità non sia libera, né che Dio abbia fatto qualche opera fuori di sé per naturale necessità, né mira a questo l'esempio, perché tutte le opere ad extra, che sono quelle della creazione, sono libere in Dio. Tuttavia la volontà libera non deve deviare né violentare l'inclinazione e l'impulso della carità, anzi deve assecondarla ad imitazione del sommo Bene. Egli, poiché la sua natura domanda di comunicarsi, non trovò a tal fine alcun ostacolo nella sua volontà divina, ma si lasciò trasportare e muovere dalla sua stessa inclinazione per comunicare i raggi della luce inaccessibile a tutte le creature, secondo la capacità insita in ciascuna di riceverla, senza che da parte nostra vi fossero prima bontà alcuna, servizio o beneficio, e senza che egli sperasse d'avere tale contraccambio dopo. Infatti, non ha bisogno di nessuno.

519. Avendo già conosciuto in parte la condizione della carità nel suo principio, che è Dio, dove mai al di fuori dello stesso Signore la ritroveremo noi in tutta la sua perfezione possibile a una semplice creatura se non in Maria santissima, dalla quale più immediatamente possiamo imitare come dev'essere la nostra carità? È chiaro che, uscendo i raggi di questa luce e carità dal Sole increato, dove sta senza termine e fine, essa si va comunicando a tutte le creature, fino alla più remota, con ordine, con misura ed esclusivamente secondo il grado di ciascuna, a seconda che si trovi più vicina o più distante dal suo principio. Quest'ordine mostra la pienezza e la perfezione della Provvidenza divina, poiché senza di essa sarebbe difettosa, confusa e incompleta l'armonia delle creature, che Dio ha creato per farle partecipi della sua bontà e del suo amore. Il primo posto in quest'ordine doveva essere occupato, dopo il medesimo Dio, da quell'anima e da quella persona che allo stesso tempo fosse Dio increato e uomo creato, affinché alla somma e suprema unione di natura seguisse la somma grazia e partecipazione d'amore, come si trovò e si trova in Cristo Signore nostro.

520. Il secondo posto spetta alla sua madre Maria santissima, nella quale in modo singolare riposò la carità e l'amore divino. Infatti, a nostro modo d'intendere, la Carità increata non sarebbe stata affatto quieta e soddisfatta se non si fosse riversata in una creatura semplicemente tale, e con tale abbondanza che in lei venisse ad essere nepilogato l'amore e raccolta la carità di tutto il genere umano, in modo che ella sola potesse supplire per le altre semplici creature, dando così il contraccambio possibile alla Carità increata e partecipando della stessa senza le mancanze e i difetti che vi mescolano tutti gli altri mortali corrotti dal peccato. Solo Maria fra tutte le creature fu eletta, come il Sole di giustizia, affinché lo emulasse nella carità e imitasse lui in questa sua virtù con la massima conformità all'originale. Ella sola seppe amare più, e meglio, di tutte le altre insieme, amando Dio puramente, perfettamente, intimamente e sommamente per Dio stesso e le creature per suo amore, nel modo in cui egli stesso le ama. Ella sola assecondò adeguatamente l'impulso della carità e la sua inclinazione generosa, amando il sommo Bene come sommo bene senza alcun altro scopo, amando le creature per la partecipazione che hanno di Dio e non per il contraccambio, né per la speranza di una retribuzione. Di conseguenza, imitando in tutto la Carità increata, solo Maria poté e seppe amare in modo da migliorare chi amava. In verità, col suo amore operò in maniera tale che migliorò il cielo e la terra in tutto ciò che esiste, eccetto Dio.

521. Quindi, se la carità di questa gran Signora si ponesse su una bilancia e quella di tutti gli uomini e gli angeli su un'altra, peserebbe più quella di Maria purissima che quella di tutte le altre creature, poiché queste fra tutte non giunsero a saper tanto, come ella sola, della natura e qualità della carità di Dio. Conseguentemente, solo Maria seppe imitarla con adeguata perfezione in modo superiore all'intera natura delle creature intelligenti. Con questo eccesso d'amore e di carità soddisfece il debito che le creature avevano di corrispondere all'amore infinito del Signore verso di esse, cioè di corrispondervi per quanto si poteva richiedere da loro, non dovendo il loro amore equivalere a quello infinito di Dio, perché ciò non era possibile. E come l'amore e la carità dell'anima santissima di Gesù Cristo furono in qualche misura proporzionate all'unione ipostatica, nel grado possibile, così la carità di Maria fu in altro modo proporzionata al beneficio di averle l'eterno Padre dato il suo Figlio santissimo, affinché fosse unitamente madre di lui e lo concepisse e partorisse per rimedio del mondo.

522. Da ciò intenderemo che tutto il bene e la felicità delle creature si viene a risolvere in qualche maniera nella carità e nell'amore che Maria santissima ebbe per Dio. Ella fece sì che queste virtù e questa partecipazione dell'amore divino si trovassero fra le creature nella loro ultima e somma perfezione. Ella pagò interamente per tutti questo debito, mentre tutti gli altri insieme non avrebbero potuto dare a Dio la ricompensa dovuta né tantomeno giungevano a conoscerla. Con questa perfettissima carità ella obbligò, per quanto era possibile, l'eterno Padre a donarle, per sé e per tutto il genere umano, il suo Figlio santissimo. Infatti, se Maria purissima avesse amato meno e se nella sua carità si fosse trovata qualche mancanza, non vi sarebbe stata disposizione nella natura creata perché il Verbo s'incarnasse, mentre invece, trovandosi fra le creature qualcuna che giungesse ad imitare la carità divina in grado tanto sublime, ne veniva di conseguenza che in lei sarebbe sceso il medesimo Dio, come fece.

523. Tutto questo si trova racchiuso in quella frase con cui lo Spirito Santo la chiamò Madre del bell'amore, attribuendo pure a lei queste parole - come si è riferito della santa speranza. In verità Maria è madre di colui che è nostro dolcissimo amore, Gesù Signore e redentore nostro, il più bello tra i figli dell'uomo, sia per la divinità che è d'infinita ed increata bellezza, sia per l'umanità che non ebbe colpa né inganno e alla quale non mancò grazia alcuna di quelle che la divinità poté comunicarle. Inoltre è Madre del bell'amore, perché ella sola generò nella sua mente l'amore, la carità perfetta e la bellissima dilezione, che tutte le altre creature non seppero generare in tutta la sua bellezza, e senza difetto alcuno, in modo che potesse chiamarsi un amore assolutamente bello. Madre è del nostro amore, perché ella lo portò al mondo, ella ce lo guadagnò ed ella c'insegnò a conoscerlo e a praticarlo. Infatti, esclusa Maria santissima, non si poteva trovare né in cielo né in terra un'altra semplice creatura che gli uomini e gli angeli potessero seguire come maestra del bell'amore. Così, tutti i santi sono come raggi di questo sole, come condotti escono da questo mare e, tanto più sanno amare, quanto più partecipano dell'amore e della carità di Maria santissima, imitandola e perciò rendendosi conformi a lei.

524. Cause di tale carità e amore nella nostra principessa Maria furono la profondità della sua altissima conoscenza e sapienza, per la fede e la speranza infuse come per i doni dello Spirito Santo, di scienza, intelletto e sapienza, e soprattutto per le visioni intuitive, nonché per quelle astrattive della Divinità. Mediante tutti questi mezzi conobbe in sommo grado la Carità increata e la bevve alla sua medesima fonte. Avendo conosciuto che Dio doveva essere amato per se stesso e la creatura per Dio, così fece e praticò con intensissimo e ferventissimo amore. D'altronde il potere divino, non trovando impedimento, né ostacolo di colpa, né di inavvertenza, ignoranza, imperfezione o indugio nella volontà di questa Regina, poté operare in lei tutto ciò che volle e tutto ciò che non fece con le altre creature, perché nessun'altra ebbe la disposizione di Maria santissima.

525. Quindi la carità di Maria fu un vero prodigio del potere divino; fu il maggior saggio e la maggior testimonianza della carità increata di Dio in una creatura puramente tale e fu il disimpegno di quel gran precetto naturale e divino: Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze, perché solo Maria disobbligò tutte le creature da questo impegno e da questo debito, che in questa vita, prima di vedere Dio, non sapevano né potevano pagare interamente. Questa Signora l'adempì, quando era ancora viatrice, meglio dei medesimi serafini, che già erano comprensori. Ella in un certo senso disimpegnò anche Dio, poiché lo tolse dall'obbligo di far sì che questo precetto non restasse vano e come frustrato da parte dei viatori. Infatti Maria purissima, ed ella sola, lo osservò con tutta santità e perfezione per tutti loro, supplendo abbondantemente a quanto loro mancava. E se, quando Dio volle stabilire questo precetto di tanto amore e di così perfetta carità ai mortali, egli non avesse avuto presente Maria santissima, nostra regina, forse non lo avrebbe dato in tale forma, ma in vista di questa Signora ben si compiacque di fissarlo in questi termini; quindi noi le siamo debitori sia dell'avere ricevuto questo precetto della perfetta carità sia dell'averlo adeguatamente adempiuto.

526. O dolcissima Madre del bell'amore, tutte le nazioni ti conoscano, tutte le generazioni ti benedicano, tutte le creature ti esaltino e ti lodino! Tu sola sei la perfetta, tu sola la diletta, tu sola la prescelta per tua madre che è la carità increata. Ella ti formò unica e fulgida come il sole, per risplendere col tuo bellissimo e perfettissimo amore. Avviciniamoci dunque tutti, noi miseri figli di Eva, a questo sole, affinché ci illumini ed accenda. Andiamo a questa Madre, affinché ci rigeneri nell'amore. Avviciniamoci a questa maestra, affinché c'insegni ad esercitare l'amore, la dilezione e la carità bella e senza difetti. L'amore è un affetto col quale chi ama si compiace e riposa nell'amato. La dilezione inoltre fa una certa scelta e separazione della cosa che si ama da tutto il resto. Ma la carità, oltre a tutto ciò, significa un'intima preziosità dell'oggetto amato, per cui si stima e brama. Tutto questo ci verrà insegnato dalla Madre di questo bell'amore, il quale, appunto perché ha in lei tutte queste qualità, viene ad esser tale. Da lei apprenderemo ad amare Dio per Dio, riposando in lui tutto il nostro cuore e tutti i nostri affetti. Apprenderemo a separare questo cuore da tutto ciò che non è lo stesso sommo Bene, poiché lo ama meno chi con lui vuole amare altre cose. Apprenderemo ad apprezzarlo e stimarlo più dell'oro e più di ogni altra cosa preziosa, poiché, al suo confronto, ogni cosa preziosa è vile, ogni bellezza è bruttezza e ogni cosa grande e stimabile agli occhi carnali viene ad essere spregevole e senza valore alcuno. Quanto agli effetti della carità di Maria santissima, io ne parlo in tutta quest'Opera e di essi sono pieni il cielo e la terra. Quindi non mi trattengo a raccontare in particolare quello che non si può spiegare con la lingua né con parole umane o angeliche.

 

Insegnamento della Regina del cielo

 

527. Figlia mia, se con affetto di madre desidero che tu mi segua e mi imiti in tutte le altre virtù, in questa poi della carità, che è il fine e la corona di tutte, ti ordino espressamente come mia volontà che tu dilati oltremisura tutte le tue forze per copiare nell'anima tua con maggiore perfezione tutto ciò che ti fu fatto conoscere nella mia. Accendi la lucerna della fede e della ragione per ritrovare questa dramma d'infinito valore e, avendola poi ritrovata, dimentica e disprezza tutto ciò che è terreno e corruttibile. Molte volte medita, considera e pondera le infinite ragioni e cause che vi sono in Dio perché egli debba essere amato sopra tutte le cose. E affinché tu sappia come devi fare per amarlo con la perfezione che desideri, questi saranno i segni e gli effetti dell'amore dai quali conoscerai se il tuo è perfetto e vero. Osserva cioè se mediti e pensi a Dio continuamente; se adempi i suoi precetti e consigli senza tedio né disgusto; se temi di offenderlo; se, offeso, procuri subito di placarlo; se ti dispiace che sia offeso; se ti rallegri che tutte le creature lo servano; se desideri e gusti il parlare continuamente del suo amore; se ti consoli nel ricordarlo e averlo presente; se ti rattristi della sua dimenticanza e lontananza; se ami ciò che egli ama e aborrisci ciò che egli aborrisce; se procuri di attirare tutti alla sua amicizia e grazia; se gli domandi con confidenza; se ricevi con riconoscenza i suoi benefici; se procuri di non perderli e se li converti ad onore e gloria sua; se desideri e ti sforzi di estinguere in te stessa i moti delle passioni, che ti ritardano ed impediscono l'affetto amoroso e l'opera delle virtù.

528. Questi ed altri effetti sono altrettanti indizi che la carità si trova nell'anima con più o meno perfezione. E soprattutto quando è forte e ardente, non lascia inattive le facoltà, né tollera errori nella volontà, perché subito le purifica e perfeziona tutte e non riposa se non quando gusta la dolcezza del sommo Bene che ama; senza di lui viene meno ed è come ferita, inferma e assetata di quel vino che inebria il cuore, provocando la dimenticanza di tutto ciò che è terreno, corruttibile e momentaneo. Inoltre, siccome la carità è la madre e la radice di tutte le altre virtù, subito si sente la sua fecondità in quell'anima in cui essa è permanente e viva, perché la riempie e adorna con gli abiti delle altre virtù, che con ripetuti atti va generando, come spiegò l'Apostolo. Non solamente l'anima che vive nella carità possiede gli effetti di questa virtù, con la quale ama il Signore, ma, stando nella carità, è vicendevolmente amata dal medesimo Dio. Di conseguenza riceve dall'amore divino quel reciproco effetto per cui Dio rimane in colui che ama, cosicché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo pongono in lui il tempio della loro dimora. Questo beneficio è talmente grande ed eccelso che con nessun termine né esempio si può far conoscere nella vita mortale.

529. L'ordine di questa virtù sta nell'amare prima Dio, il quale è sopra la creatura, subito dopo amare se stesso e dopo di sé amare ciò che è più vicino a sé, cioè il proprio prossimo. Dio si deve amare con tutto l'intelletto senza errore, con tutta la volontà senza frode né divisione, con tutta la mente senza dimenticanza, con tutte le forze senza lentezza, tiepidezza o negligenza. Il motivo che la carità ha di amare Dio e tutto il resto a cui si estende, è il medesimo Dio, perché egli, che è sommo bene infinitamente perfetto e santo, deve essere amato per se stesso. Amando Dio per questo motivo, ne segue che la creatura ama se stessa, perché essa ed il suo prossimo non sono suoi tanto quanto sono del Signore dal quale ricevono l'essere, la vita e il movimento. E chi con verità ama Dio perché egli è ciò che è, ama anche tutto quello che è di Dio ed ha qualche partecipazione della sua bontà. Per questo la carità, considerando il prossimo come opera e partecipazione di Dio, non fa differenza tra amico e nemico, perché considera solamente ciò che hanno di Dio e che sono cosa sua. Inoltre questa virtù non fa caso se la creatura che deve amare è un amico piuttosto che un nemico, un benefattore piuttosto che un offensore, ma solamente fa caso se partecipa più o meno della bontà dell'Altissimo e così, col dovuto ordine, ama tutti in Dio e per Dio.

530. Tutto il resto che le creature amano per altri fini e motivi sperandone qualche interesse, comodità o ricambio, lo amano con amore di concupiscenza disordinata o con amore umano e naturale e, quand'anche fosse amore virtuoso e ben ordinato, non apparterrebbe alla carità infusa. Di conseguenza, muovendosi gli uomini ordinariamente in vista di questi beni particolari e con fini interessati e terreni, risulta che sono molto pochi quelli che considerano, abbracciano e conoscono la nobiltà di questa generosa virtù, esercitandola con la dovuta perfezione, poiché cercano ed invocano per i beni temporali o per il beneficio e il gusto spirituale persino lo stesso Dio. Da tutto questo sregolato amore voglio, figlia mia, che allontani il tuo cuore e che viva in, esso solo la carità ben ordinata, alla quale l'Altissimo ha inclinato i tuoi desideri. E se tante volte ripeti che questa virtù è la più bella, la più gentile, e che è degna di essere amata e stimata da tutte le creature, impegnati molto per conoscerla e, avendola conosciuta, compra una così preziosa gemma dimenticando ed estinguendo nel tuo cuore ogni amore che non sia di carità perfettissima. D'ora innanzi, non devi più amare nessuna creatura se non per Dio, per quegli attributi divini che in essa vedi rappresentati e come cosa sua, nel modo in cui la sposa ama tutti i servi e i familiari della casa dello sposo, perché sono suoi. E se, amando qualche creatura, ti dimentichi che devi vedere Dio in essa e così non la ami solo per questo Signore, sappi che tu non la ami con amore di carità, né come da te voglio, né come l'Altissimo ti ha ordinato. Conoscerai se la ami con carità anche dalla differenza che farai tra amico e nemico, gradevole e sgradevole, tra più o meno cortese, tra chi ha e chi non ha grazie naturali. Tutte queste differenze non le fa la carità vera, ma piuttosto l'inclinazione naturale e le passioni degli appetiti, che tu devi governare con questa virtù, estinguendoli ed eliminandoli.


Gesù mi presenta le sue Piaghe Io Gli rinnovo la mia offerta di vittima

Beata Alexandrina Maria da Costa

Una notte mi apparve Gesù: nelle mani, nei piedi e nel costato aveva le piaghe aperte, molto profonde, da cui sgorgava sangue in abbondanza; da quella del costato il sangue scorreva fino alla cintola, attraversava la fascia e giungeva fino a terra. Baciai le piaghe delle mani con molto amore e bramavo bacìare quelle dei piedi, ma, stando nel letto, non potevo. Non dissi nulla, ma Egli lesse il mio desiderio e mi diede la possi­bilità di farlo. Fissai poi la piaga del costato. Piena di com­passione mi buttai nelle braccia di Gesù dicendo: - Oh, quan­to hai sofferto per amor mio! - Rimasi così alcuni istanti finché Gesù scomparve. È inutile dire che non si cancellerà mai più dalla mia me­moria questa visione. Ancora oggi ne sento il cuore ferito. Ne parlo soltanto per obbedienza e per amore di Gesù. Penso che Egli abbia fatto questo per prepararmi a ciò che ora dirò: che Egli me ne dia la forza e la grazia!