Liturgia delle Ore - Letture
Domenica della 6° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Luca 13
1In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici.2Prendendo la parola, Gesù rispose: "Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte?3No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo.4O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Sìloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme?5No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo".
6Disse anche questa parabola: "Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò.7Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno?8Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime9e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai".
10Una volta stava insegnando in una sinagoga il giorno di sabato.11C'era là una donna che aveva da diciotto anni uno spirito che la teneva inferma; era curva e non poteva drizzarsi in nessun modo.12Gesù la vide, la chiamò a sé e le disse: "Donna, sei libera dalla tua infermità",13e le impose le mani. Subito quella si raddrizzò e glorificava Dio.
14Ma il capo della sinagoga, sdegnato perché Gesù aveva operato quella guarigione di sabato, rivolgendosi alla folla disse: "Ci sono sei giorni in cui si deve lavorare; in quelli dunque venite a farvi curare e non in giorno di sabato".15Il Signore replicò: "Ipocriti, non scioglie forse, di sabato, ciascuno di voi il bue o l'asino dalla mangiatoia, per condurlo ad abbeverarsi?16E questa figlia di Abramo, che satana ha tenuto legata diciott'anni, non doveva essere sciolta da questo legame in giorno di sabato?".17Quando egli diceva queste cose, tutti i suoi avversari si vergognavano, mentre la folla intera esultava per tutte le meraviglie da lui compiute.
18Diceva dunque: "A che cosa è simile il regno di Dio, e a che cosa lo rassomiglierò?19È simile a un granellino di senapa, che un uomo ha preso e gettato nell'orto; poi è cresciuto e diventato un arbusto, e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami".
20E ancora: "A che cosa rassomiglierò il regno di Dio?21È simile al lievito che una donna ha preso e nascosto in tre staia di farina, finché sia tutta fermentata".
22Passava per città e villaggi, insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme.23Un tale gli chiese: "Signore, sono pochi quelli che si salvano?". Rispose:24"Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete.26Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze.27Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori d'iniquità!28Là ci sarà pianto e stridore di denti quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.30Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi".
31In quel momento si avvicinarono alcuni farisei a dirgli: "Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere".32Egli rispose: "Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito.33Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io vada per la mia strada, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme.
34Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che sono mandati a te, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina la sua covata sotto le ali e voi non avete voluto!35Ecco, 'la vostra casa vi viene lasciata deserta'! Vi dico infatti che non mi vedrete più fino al tempo in cui direte: 'Benedetto colui che viene nel nome del Signore!'".
Levitico 13
1Il Signore aggiunse a Mosè e ad Aronne:2"Quando uno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.3Il sacerdote esaminerà la piaga sulla pelle del corpo; se il pelo della piaga è diventato bianco e la piaga appare depressa rispetto alla pelle del corpo, è piaga di lebbra; il sacerdote, dopo averlo esaminato, dichiarerà quell'uomo immondo.4Ma se la macchia sulla pelle del corpo è bianca e non appare depressa rispetto alla pelle e il suo pelo non è diventato bianco, il sacerdote isolerà per sette giorni colui che ha la piaga.5Al settimo giorno il sacerdote l'esaminerà ancora; se gli parrà che la piaga si sia fermata senza allargarsi sulla pelle, il sacerdote lo isolerà per altri sette giorni.6Il sacerdote, il settimo giorno, lo esaminerà di nuovo; se vedrà che la piaga non è più bianca e non si è allargata sulla pelle, dichiarerà quell'uomo mondo: è una pustola. Quegli si laverà le vesti e sarà mondo.7Ma se la pustola si è allargata sulla pelle, dopo che egli si è mostrato al sacerdote per essere dichiarato mondo, si farà esaminare di nuovo dal sacerdote;8il sacerdote l'esaminerà e se vedrà che la pustola si è allargata sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è lebbra.
9Quando uno avrà addosso una piaga di lebbra, sarà condotto al sacerdote,10ed egli lo esaminerà; se vedrà che sulla pelle c'è un tumore bianco, che questo tumore ha fatto imbiancare il pelo e che nel tumore si trova carne viva,11è lebbra inveterata nella pelle del corpo e il sacerdote lo dichiarerà immondo; non lo terrà isolato, perché certo è immondo.
12Se la lebbra si propaga sulla pelle in modo da coprire tutta la pelle di colui che ha la piaga, dal capo ai piedi, dovunque il sacerdote guardi,13questi lo esaminerà; se vedrà che la lebbra copre tutto il corpo, dichiarerà mondo colui che ha la piaga: essendo tutto bianco, è mondo.14Ma quando apparirà in lui carne viva, sarà chiamato immondo.15Il sacerdote, vista la carne viva, lo dichiarerà immondo; la carne viva è immonda: è lebbra.16Ma se la carne viva ridiventa bianca, egli vada dal sacerdote e il sacerdote lo esaminerà;17se vedrà che la piaga è ridiventata bianca, il sacerdote dichiarerà mondo colui che ha la piaga: è mondo.
18Quando uno ha avuto sulla pelle della carne un'ulcera che sia guarita19e poi, sul luogo dell'ulcera, appaia un tumore bianco o una macchia bianca, rosseggiante, quel tale si mostrerà al sacerdote,20il quale l'esaminerà e se vedrà che la macchia è depressa rispetto alla pelle e che il pelo è diventato bianco, il sacerdote lo dichiarerà immondo; è una piaga di lebbra che è scoppiata nell'ulcera.21Ma se il sacerdote, esaminandola, vede che nella macchia non ci sono peli bianchi, che non è depressa rispetto alla pelle e che si è attenuata, il sacerdote lo isolerà per sette giorni.22Se la macchia si allarga sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è una piaga di lebbra.23Ma se la macchia è rimasta allo stesso punto, senza allargarsi, è una cicatrice di ulcera e il sacerdote lo dichiarerà mondo.
24Quando uno ha sulla pelle del corpo una scottatura prodotta da fuoco e su questa appaia una macchia lucida, bianca, rossastra o soltanto bianca,25il sacerdote l'esaminerà; se vedrà che il pelo della macchia è diventato bianco e la macchia appare depressa rispetto alla pelle, è lebbra scoppiata nella scottatura. Il sacerdote lo dichiarerà immondo: è una piaga di lebbra.26Ma se il sacerdote, esaminandola, vede che non c'è pelo bianco nella macchia e che essa non è depressa rispetto alla pelle e si è attenuata, il sacerdote lo isolerà per sette giorni.27Al settimo giorno il sacerdote lo esaminerà e se la macchia si è diffusa sulla pelle, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è una piaga di lebbra.28Ma se la macchia è rimasta ferma nella stessa zona e non si è diffusa sulla pelle, ma si è attenuata, è un tumore di bruciatura; il sacerdote dichiarerà quel tale mondo, perché si tratta di una cicatrice della bruciatura.
29Quando un uomo o una donna ha una piaga sul capo o nella barba,30il sacerdote esaminerà la piaga; se riscontra che essa è depressa rispetto alla pelle e che v'è del pelo gialliccio e sottile, il sacerdote lo dichiarerà immondo: è tigna, lebbra del capo o della barba.31Ma se il sacerdote, esaminando la piaga della tigna, riscontra che non è depressa rispetto alla pelle e che non vi è pelo scuro, il sacerdote isolerà per sette giorni colui che ha la piaga della tigna.32Se il sacerdote, esaminando al settimo giorno la piaga, vedrà che la tigna non si è allargata e che non v'è pelo gialliccio e che la tigna non appare depressa rispetto alla pelle,33quel tale si raderà, ma non raderà il luogo dove è la tigna; il sacerdote lo terrà isolato per altri sette giorni.34Al settimo giorno, il sacerdote esaminerà la tigna; se riscontra che la tigna non si è allargata sulla pelle e non appare depressa rispetto alla pelle, il sacerdote lo dichiarerà mondo; egli si laverà le vesti e sarà mondo.35Ma se, dichiarato mondo, la tigna si è allargata sulla pelle,36il sacerdote l'esaminerà; se nota che la tigna si è allargata sulla pelle, non cercherà se vi è il pelo giallo; quel tale è immondo.37Ma se vedrà che la tigna si è fermata e vi è cresciuto il pelo scuro, la tigna è guarita; quel tale è mondo e il sacerdote lo dichiarerà tale.
38Quando un uomo o una donna ha sulla pelle del corpo macchie lucide, bianche,39il sacerdote le esaminerà; se vedrà che le macchie sulla pelle del loro corpo sono di un bianco pallido, è un'eruzione cutanea; quel tale è mondo.
40Chi perde i capelli del capo è calvo, ma è mondo.41Se i capelli gli sono caduti dal lato della fronte, è calvo davanti, ma è mondo.42Ma se sulla calvizie del cranio o della fronte appare una piaga bianca tendente al rosso, è lebbra scoppiata sulla calvizie del cranio o della fronte;43il sacerdote lo esaminerà: se riscontra che il tumore della piaga nella parte calva del cranio o della fronte è bianco tendente al rosso, simile alla lebbra della pelle del corpo,44quel tale è un lebbroso; è immondo e lo dovrà dichiarare immondo; la piaga è sul suo capo.
45Il lebbroso colpito dalla lebbra porterà vesti strappate e il capo scoperto, si coprirà la barba e andrà gridando: Immondo! Immondo!46Sarà immondo finché avrà la piaga; è immondo, se ne starà solo, abiterà fuori dell'accampamento.
47Quando apparirà una macchia di lebbra su una veste, di lana o di lino,48nel tessuto o nel manufatto di lino o di lana, su una pelliccia o qualunque altra cosa di cuoio,49se la macchia sarà verdastra o rossastra, sulla veste o sulla pelliccia, sul tessuto o sul manufatto o su qualunque cosa di cuoio, è macchia di lebbra e sarà mostrata al sacerdote.50Il sacerdote esaminerà la macchia e rinchiuderà per sette giorni l'oggetto che ha la macchia.51Al settimo giorno esaminerà la macchia; se la macchia si sarà allargata sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sulla pelliccia o sull'oggetto di cuoio per qualunque uso, è una macchia di lebbra maligna, è cosa immonda.52Egli brucerà quella veste o il tessuto o il manufatto di lana o di lino o qualunque oggetto fatto di pelle, sul quale è la macchia; perché è lebbra maligna, saranno bruciati nel fuoco.53Ma se il sacerdote, esaminandola, vedrà che la macchia non si è allargata sulle vesti o sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di cuoio,54il sacerdote ordinerà che si lavi l'oggetto su cui è la macchia e lo rinchiuderà per altri sette giorni.55Il sacerdote esaminerà la macchia, dopo che sarà stata lavata; se vedrà che la macchia non ha mutato colore, benché non si sia allargata, è un oggetto immondo; lo brucerai nel fuoco; vi è corrosione, sia che la parte corrosa si trovi sul diritto o sul rovescio dell'oggetto.56Se il sacerdote, esaminandola, vede che la macchia, dopo essere stata lavata, è diventata pallida, la strapperà dalla veste o dalla pelle o dal tessuto o dal manufatto.57Se appare ancora sulla veste o sul tessuto o sul manufatto o sull'oggetto di cuoio, è una eruzione in atto; brucerai nel fuoco l'oggetto su cui è la macchia.58La veste o il tessuto o il manufatto o qualunque oggetto di cuoio che avrai lavato e dal quale la macchia sarà scomparsa, si laverà una seconda volta e sarà mondo.59Questa è la legge relativa alla macchia di lebbra sopra una veste di lana o di lino, sul tessuto o sul manufatto o su qualunque oggetto di pelle, per dichiararli mondi o immondi".
Giobbe 9
1Giobbe rispose dicendo:
2In verità io so che è così:
e come può un uomo aver ragione innanzi a Dio?
3Se uno volesse disputare con lui,
non gli risponderebbe una volta su mille.
4Saggio di mente, potente per la forza,
chi s'è opposto a lui ed è rimasto salvo?
5Sposta le montagne e non lo sanno,
egli nella sua ira le sconvolge.
6Scuote la terra dal suo posto
e le sue colonne tremano.
7Comanda al sole ed esso non sorge
e alle stelle pone il suo sigillo.
8Egli da solo stende i cieli
e cammina sulle onde del mare.
9Crea l'Orsa e l'Orione,
le Pleiadi e i penetrali del cielo australe.
10Fa cose tanto grandi da non potersi indagare,
meraviglie da non potersi contare.
11Ecco, mi passa vicino e non lo vedo,
se ne va e di lui non m'accorgo.
12Se rapisce qualcosa, chi lo può impedire?
Chi gli può dire: "Che fai?".
13Dio non ritira la sua collera:
sotto di lui sono fiaccati i sostenitori di Raab.
14Tanto meno io potrei rispondergli,
trovare parole da dirgli!
15Se avessi anche ragione, non risponderei,
al mio giudice dovrei domandare pietà.
16Se io lo invocassi e mi rispondesse,
non crederei che voglia ascoltare la mia voce.
17Egli con una tempesta mi schiaccia,
moltiplica le mie piaghe senza ragione,
18non mi lascia riprendere il fiato,
anzi mi sazia di amarezze.
19Se si tratta di forza, è lui che dà il vigore;
se di giustizia, chi potrà citarlo?
20Se avessi ragione, il mio parlare mi
condannerebbe;
se fossi innocente, egli proverebbe che io sono reo.
21Sono innocente? Non lo so neppure io,
detesto la mia vita!
22Per questo io dico: "È la stessa cosa":
egli fa perire l'innocente e il reo!
23Se un flagello uccide all'improvviso,
della sciagura degli innocenti egli ride.
24La terra è lasciata in balìa del malfattore:
egli vela il volto dei suoi giudici;
se non lui, chi dunque sarà?
25I miei giorni passano più veloci d'un corriere,
fuggono senza godere alcun bene,
26volano come barche di giunchi,
come aquila che piomba sulla preda.
27Se dico: "Voglio dimenticare il mio gemito,
cambiare il mio volto ed essere lieto",
28mi spavento per tutti i miei dolori;
so bene che non mi dichiarerai innocente.
29Se sono colpevole,
perché affaticarmi invano?
30Anche se mi lavassi con la neve
e pulissi con la soda le mie mani,
31allora tu mi tufferesti in un pantano
e in orrore mi avrebbero le mie vesti.
32Poiché non è uomo come me, che io possa
rispondergli:
"Presentiamoci alla pari in giudizio".
33Non c'è fra noi due un arbitro
che ponga la mano su noi due.
34Allontani da me la sua verga
sì che non mi spaventi il suo terrore:
35allora io potrò parlare senza temerlo,
perché così non sono in me stesso.
Salmi 136
1Alleluia.
Lodate il Signore perché è buono:
perché eterna è la sua misericordia.
2Lodate il Dio degli dèi:
perché eterna è la sua misericordia.
3Lodate il Signore dei signori:
perché eterna è la sua misericordia.
4Egli solo ha compiuto meraviglie:
perché eterna è la sua misericordia.
5Ha creato i cieli con sapienza:
perché eterna è la sua misericordia.
6Ha stabilito la terra sulle acque:
perché eterna è la sua misericordia.
7Ha fatto i grandi luminari:
perché eterna è la sua misericordia.
8Il sole per regolare il giorno:
perché eterna è la sua misericordia;
9la luna e le stelle per regolare la notte:
perché eterna è la sua misericordia.
10Percosse l'Egitto nei suoi primogeniti:
perché eterna è la sua misericordia.
11Da loro liberò Israele:
perché eterna è la sua misericordia;
12con mano potente e braccio teso:
perché eterna è la sua misericordia.
13Divise il mar Rosso in due parti:
perché eterna è la sua misericordia.
14In mezzo fece passare Israele:
perché eterna è la sua misericordia.
15Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso:
perché eterna è la sua misericordia.
16Guidò il suo popolo nel deserto:
perché eterna è la sua misericordia.
17Percosse grandi sovrani
perché eterna è la sua misericordia;
18uccise re potenti:
perché eterna è la sua misericordia.
19Seon, re degli Amorrei:
perché eterna è la sua misericordia.
20Og, re di Basan:
perché eterna è la sua misericordia.
21Diede in eredità il loro paese;
perché eterna è la sua misericordia;
22in eredità a Israele suo servo:
perché eterna è la sua misericordia.
23Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi:
perché eterna è la sua misericordia;
24ci ha liberati dai nostri nemici:
perché eterna è la sua misericordia.
25Egli dà il cibo ad ogni vivente:
perché eterna è la sua misericordia.
26Lodate il Dio del cielo:
perché eterna è la sua misericordia.
Ezechiele 16
1Mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, fa' conoscere a Gerusalemme tutti i suoi abomini.3Dirai loro: Così dice il Signore Dio a Gerusalemme: Tu sei, per origine e nascita, del paese dei Cananei; tuo padre era Amorreo e tua madre Hittita. Alla tua nascita, quando fosti partorita, non ti fu tagliato l'ombelico e non fosti lavata con l'acqua per purificarti; non ti fecero le frizioni di sale, né fosti avvolta in fasce.4.5Occhio pietoso non si volse su di te per farti una sola di queste cose e usarti compassione, ma come oggetto ripugnante fosti gettata via in piena campagna, il giorno della tua nascita.
6Passai vicino a te e ti vidi mentre ti dibattevi nel sangue e ti dissi: Vivi nel tuo sangue7e cresci come l'erba del campo. Crescesti e ti facesti grande e giungesti al fiore della giovinezza: il tuo petto divenne fiorente ed eri giunta ormai alla pubertà; ma eri nuda e scoperta.
8Passai vicino a te e ti vidi; ecco, la tua età era l'età dell'amore; io stesi il lembo del mio mantello su di te e coprii la tua nudità; giurai alleanza con te, dice il Signore Dio, e divenisti mia.9Ti lavai con acqua, ti ripulii del sangue e ti unsi con olio;10ti vestii di ricami, ti calzai di pelle di tasso, ti cinsi il capo di bisso e ti ricoprii di seta;11ti adornai di gioielli: ti misi braccialetti ai polsi e una collana al collo:12misi al tuo naso un anello, orecchini agli orecchi e una splendida corona sul tuo capo.13Così fosti adorna d'oro e d'argento; le tue vesti eran di bisso, di seta e ricami; fior di farina e miele e olio furono il tuo cibo; diventasti sempre più bella e giungesti fino ad esser regina.14La tua fama si diffuse fra le genti per la tua bellezza, che era perfetta, per la gloria che io avevo posta in te, parola del Signore Dio.
15Tu però, infatuata per la tua bellezza e approfittando della tua fama, ti sei prostituita concedendo i tuoi favori ad ogni passante.16Prendesti i tuoi abiti per adornare a vari colori le alture su cui ti prostituivi.17Con i tuoi splendidi gioielli d'oro e d'argento, che io ti avevo dati, facesti immagini umane e te ne servisti per peccare;18poi tu le adornasti con le tue vesti ricamate e davanti a quelle immagini presentasti il mio olio e i miei profumi.19Il pane che io ti avevo dato, il fior di farina, l'olio e il miele di cui ti nutrivo ponesti davanti ad esse come offerta di soave odore. Oracolo del Signore Dio.
20Prendesti i figli e le figlie che mi avevi generati e li sacrificasti loro in cibo. Erano forse poca cosa le tue infedeltà?21Immolasti i miei figli e li offristi a loro, facendoli passare per il fuoco.22Fra tutte le tue nefandezze e infedeltà non ti ricordasti del tempo della tua giovinezza, quando eri nuda e ti dibattevi nel sangue!23Ora, dopo tutta la tua perversione, guai, guai a te! Oracolo del Signore Dio.24In ogni piazza ti sei fabbricata un tempietto e costruita una altura;25ad ogni crocicchio ti sei fatta un altare, disonorando la tua bellezza, offrendo il tuo corpo a ogni passante, moltiplicando le tue prostituzioni.26Hai concesso i tuoi favori ai figli d'Egitto, tuoi corpulenti vicini, e hai moltiplicato le tue infedeltà per irritarmi.27Ed ecco io ho steso la mano su di te; ho ridotto il tuo cibo e ti ho abbandonato in potere delle tue nemiche, le figlie dei Filistei, che erano disgustate della tua condotta sfrontata.
28Non ancora sazia, hai concesso i tuoi favori agli Assiri; ma non soddisfatta29hai moltiplicato le tue infedeltà nel paese di Canaan, fino nella Caldea: e neppure allora ti sei saziata.30Come è stato abbietto il tuo cuore - dice il Signore Dio - facendo tutte queste azioni degne di una spudorata sgualdrina!31Quando ti costruivi un postribolo ad ogni crocevia e ti facevi un'altura in ogni piazza, tu non eri come una prostituta in cerca di guadagno,32ma come un'adultera che, invece del marito, accoglie gli stranieri!33Ad ogni prostituta si da' un compenso, ma tu hai dato il compenso a tutti i tuoi amanti e hai distribuito loro doni perché da ogni parte venissero da te per le tue prostituzioni.34Tu hai fatto il contrario delle altre donne, quando ti prostituivi: nessuno è corso dietro a te, mentre tu hai distribuito doni e non ne hai ricevuti, tanto eri pervertita.
35Perciò, o prostituta, ascolta la parola del Signore.36Così dice il Signore Dio: Per le tue ricchezze sperperate, per la tua nudità scoperta nelle prostituzioni con i tuoi amanti e con tutti i tuoi idoli abominevoli, per il sangue dei tuoi figli che hai offerto a loro,37ecco, io adunerò da ogni parte tutti i tuoi amanti con i quali sei stata compiacente, coloro che hai amati insieme con coloro che hai odiati, e scoprirò di fronte a loro la tua nudità perché essi la vedano tutta.
38Ti infliggerò la condanna delle adultere e delle sanguinarie e riverserò su di te furore e gelosia.
39Ti abbandonerò nelle loro mani e distruggeranno i tuoi postriboli, demoliranno le tue alture; ti spoglieranno delle tue vesti e ti toglieranno i tuoi splendidi ornamenti: ti lasceranno scoperta e nuda.40Poi ecciteranno contro di te la folla, ti lapideranno e ti trafiggeranno con la spada.41Incendieranno le tue case e sarà fatta giustizia di te sotto gli occhi di numerose donne: ti farò smettere di prostituirti e non distribuirai più doni.42Quando avrò saziato il mio sdegno su di te, la mia gelosia si allontanerà da te; mi calmerò e non mi adirerò più.43Per il fatto che tu non ti sei ricordata del tempo della tua giovinezza e mi hai provocato all'ira con tutte queste cose, ecco anch'io farò ricadere sul tuo capo le tue azioni, parola del Signore Dio; non accumulerai altre scelleratezze oltre tutti gli altri tuoi abomini.
44Ecco, ogni esperto di proverbi dovrà dire questo proverbio a tuo riguardo: Quale la madre, tale la figlia.45Tu sei la degna figlia di tua madre, che ha abbandonato il marito e i suoi figli: tu sei sorella delle tue sorelle, che hanno abbandonato il marito e i loro figli. Vostra madre era una Hittita e vostro padre un Amorreo.46Tua sorella maggiore è Samaria, che con le sue figlie abita alla tua sinistra; tua sorella più piccola è Sòdoma, che con le sue figlie abita alla tua destra.47Tu non soltanto hai seguito la loro condotta e agito secondo i loro costumi abominevoli, ma come se ciò fosse stato troppo poco, ti sei comportata peggio di loro in tutta la tua condotta.48Per la mia vita - dice il Signore Dio - tua sorella Sòdoma e le sue figlie non fecero quanto hai fatto tu e le tue figlie!49Ecco, questa fu l'iniquità di tua sorella Sòdoma: essa e le sue figlie avevano superbia, ingordigia, ozio indolente, ma non stesero la mano al povero e all'indigente:50insuperbirono e commisero ciò che è abominevole dinanzi a me: io le vidi e le eliminai.51Samaria non ha peccato la metà di quanto hai peccato tu. Tu hai moltiplicato le tue nefandezze più di loro, le tue sorelle, tanto da farle apparire giuste, con tutte le nefandezze che hai commesse.
52Devi portare anche tu la tua umiliazione, tu che hai giustificato le tue sorelle. Per i tuoi peccati che superano i loro esse sono più giuste di te: anche tu dunque devi essere svergognata e portare la tua umiliazione, perché hai giustificato le tue sorelle.53Ma io cambierò le loro sorti: cambierò le sorti di Sòdoma e delle città dipendenti, cambierò le sorti di Samaria e delle città dipendenti; anche le tue sorti muterò in mezzo a loro,54perché tu porti la tua umiliazione e tu senta vergogna di quanto hai fatto per consolarle.55Tua sorella Sòdoma e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima; Samaria e le città dipendenti torneranno al loro stato di prima e anche tu e le città dipendenti tornerete allo stato di prima.56Eppure tua sorella Sòdoma non era forse sulla tua bocca al tempo del tuo orgoglio,57prima che fosse scoperta la tua malvagità? Perché ora tu sei disprezzata dalle figlie di Aram e da tutte le figlie dei Filistei che sono intorno a te, le quali ti dileggiano da ogni parte?58Tu stai scontando la tua scelleratezza e i tuoi abomini. Parola del Signore.59Poiché, dice il Signore Dio: Io ho ricambiato a te quello che hai fatto tu, che hai disprezzato il giuramento e violato l'alleanza.60Anch'io mi ricorderò dell'alleanza conclusa con te al tempo della tua giovinezza e stabilirò con te un'alleanza eterna.61Allora ti ricorderai della tua condotta e ne sarai confusa, quando riceverai le tue sorelle maggiori insieme a quelle più piccole e io le darò a te per figlie, ma non in forza della tua alleanza;62io ratificherò la mia alleanza con te e tu saprai che io sono il Signore,63perché te ne ricordi e ti vergogni e, nella tua confusione, tu non apra più bocca, quando ti avrò perdonato quello che hai fatto. Parola del Signore Dio".
Atti degli Apostoli 4
1Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei,2irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti.3Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera.4Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila.
5Il giorno dopo si radunarono in Gerusalemme i capi, gli anziani e gli scribi,6il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti.7Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: "Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?".8Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: "Capi del popolo e anziani,9visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute,10la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo.11Questo Gesù è
'la pietra che, scartata' da voi, 'costruttori,
è diventata testata d'angolo.'
12In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati".
13Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù;14quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere.15Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo:16"Che dobbiamo fare a questi uomini? Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo.17Ma perché la cosa non si divulghi di più tra il popolo, diffidiamoli dal parlare più ad alcuno in nome di lui".18E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù.19Ma Pietro e Giovanni replicarono: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi;20noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato".21Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando motivi per punirli, li rilasciarono a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l'accaduto.22L'uomo infatti sul quale era avvenuto il miracolo della guarigione aveva più di quarant'anni.
23Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani.24All'udire ciò, tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: "Signore, tu che 'hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi',25tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide:
'Perché si agitarono le genti
e i popoli tramarono cose vane?'
26'Si sollevarono i re della terra
e i principi si radunarono insieme,
contro il Signore e contro il suo Cristo;'
27davvero in questa città 'si radunarono' insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele,28per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse.29Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola.30Stendi la mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù".
31Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza.
32La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.33Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia.34Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto35e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.
36Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa "figlio dell'esortazione", un levita originario di Cipro,37che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli.
Capitolo L: Chi è nella desolazione deve mettersi nelle mani di Dio
Leggilo nella Biblioteca1. Signore Dio, Padre santo, che tu sia, ora e sempre, benedetto, perché come tu vuoi così è stato fatto, e quello che fai è buono. Che in te si allieti il tuo servo, non in se stesso o in alcunché d'altro. Tu solo sei letizia vera; tu la mia speranza e il mio premio; tu, o Signore, la mia gioia e la mia gloria. Che cosa ha il tuo servo , se non quello che, pur senza suo merito, ha ricevuto da te? Quello che hai dato e hai fatto a me, tutto è tuo. "Povero io sono, e tribolato, fin dagli anni della mia giovinezza" (Sal 87,16); talvolta l'anima mia è triste fino alle lacrime, talvolta si turba in se stessa sotto l'incombere delle passioni. Desidero il gaudio della pace; domando la pace dei tuoi figli, da te nutriti nello splendore della consolazione. Se tu doni questa pace, se tu infondi questa santa letizia, l'anima del tuo servo sarà tutta un canto nel dar lode a te, devotamente. Se, invece, tu ti ritrai, come fai talvolta, il tuo servo non potrà percorrere lesto la "via dei tuoi comandamenti" (Sal 118,32). Di più, gli si piegheranno le ginocchia, fino a toccargli il petto; per lui non sarà più come prima, ieri o ier l'altro, quando il tuo lume gli splendeva sul capo e l'ombra delle tue ali lo proteggeva dall'irrompere delle tentazioni.
2. Padre giusto e degno di perpetua lode, giunga l'ora in cui il tuo servo deve essere provato. Padre degno di amore, è giusto che in questo momento il tuo servo patisca un poco per te. Padre degno di eterna venerazione, giunge l'ora, che da sempre sapevi sarebbe venuta, l'ora in cui il tuo servo - pur se interiormente sempre vivo in te - deve essere sopraffatto da cose esteriori, vilipeso anche ed umiliato, scomparendo dinanzi agli uomini , afflitto dalle passioni e dalla tiepidezza; e ciò per risorgere di nuovo con te, in una aurora di nuova luce, nello splendore dei cieli. Padre santo, così hai disposto, così hai voluto; e come hai voluto è stato fatto. Giacché questo è il dono che tu fai all'amico tuo, di patire e di essere tribolato in questo mondo, per amor tuo; e ciò quante volte e da chiunque permetterai che sia fatto. Nulla accade quaggiù senza che tu lo abbia provvidenzialmente disposto, e senza una ragione. "Cosa buona è per me, che tu mi abbia umiliato, per farmi conoscere la tua giustizia" (Sal 118,71) e per far sì che io abbandoni ogni orgoglio interiore e ogni temerarietà. Cosa per me vantaggiosa, che la vergogna abbia ricoperto il mio volto, così che, per essere consolato, io abbia a cercare te, piuttosto che gli uomini. In tal modo imparo a temere l'imperscrutabile tuo giudizio, con il quale tu colpisci il giusto insieme con l'empio, ma sempre con imparziale giustizia. Siano rese grazie a te, che non sei stato indulgente verso i miei peccati e mi hai invece scorticato con duri colpi, infliggendomi dolori e dandomi angustie, esterne ed interiori. Nessuno, tra tutti coloro che stanno sotto il cielo, quaggiù, mi può dare consolazione; tu solo lo puoi, o Signore mio Dio, celeste medico delle anime, che colpisci e risani, "cacci all'inferno e da esso ritogli" (Tb 13,2). La rigida tua regola stia sopra di me; essa mi ammaestrerà.
3. Padre diletto, ecco, io sono nelle tue mani; mi curvo sotto la verga, che mi corregge. Percuotimi il dorso e il collo, affinché io indirizzi la mia vita tortuosa secondo la tua volontà. Come tu suoli, e con giustizia, fa' di me un devoto e umile discepolo, pronto a camminare a ogni tuo cenno. A te affido me stesso, e tutto ciò che è mio, per la necessaria correzione. E' preferibile essere aspramente rimproverato quaggiù, che nella vita futura. Tu conosci tutte le cose, nel loro insieme e una per una; nulla rimane a te nascosto dell'animo umano. Tu conosci le cose che devono venire, prima che esse siano, e non hai bisogno che alcuno ti indichi o ti rammenti quello che accade su questa terra. Tu conosci ciò che mi aiuta a progredire, e sai quanto giova la tribolazione per togliere la ruggine dei vizi. Fa' di me quello che ti piace, e che io, appunto, desidero; e non voler giudicare severamente la mia vita di peccato, che nessuno conosce più perfettamente e chiaramente di te. Fa' che io comprenda ciò che è da comprendere; che io ami ciò che è da amare; fa' che io approvi ciò che sommamente piace a te; che io apprezzi ciò che a te pare prezioso; fa' che io disprezzi ciò che è abietto ai tuoi occhi. Non permettere che io giudichi "secondo la veduta degli occhi materiali; che io non mi pronunzi secondo quel che si sente dire" da gente profana (Is 11,3). Fa' che io, invece, discerna le cose esteriori e le cose spirituali in spirito di verità; fa' che, sopra ogni cosa, io vada sempre ricercando il tuo volere. Se il giudizio umano, basato sui sensi, sovente trae in inganno, si ingannano anche coloro che sono attaccati alle cose del mondo, amando soltanto le cose visibili. Forse che uno è migliore perché è considerato qualcosa di più, nel giudizio di un altro? Quando questi lo esalta, è un uomo fallace che inganna un uomo fallace, un essere vano che inganna un essere vano, un cieco che inganna un cieco, un miserabile che inganna un miserabile; quando lo elogia a vuoto, realmente lo fa vergognare ancor più. Invero, secondo il detto dell'umile san Francesco, quanto ciascuno è ai tuoi occhi, tanto egli è; e nulla di più.
DISCORSO 22/A DISCORSO SUL RESPONSORIO DEL SALMO 70: "DIO MIO, LIBERAMI DALLA MANO DEL PECCATORE"
Discorsi - Sant'Agostino
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1. Ognuno che con attenzione canta a Dio con la voce del salmo, deve pensare ai propri pericoli personali e deve essere toccato nella sua privata emotività, se cioè sta soffrendo qualche pena da parte di altri o qualche difficoltà interiore. In tal caso ovviamente riferisce le parole che canta alla propria situazione di sofferenza. Rispondiamo: "Signore, liberami dalla mano del peccatore e dalla mano dello scellerato e del malvagio" 1. Probabilmente ciascuno di voi, nell'ascoltare queste parole dal lettore o nel ripeterle egli stesso, pensa a qualche proprio nemico, che lo calunnia o che si accinge a mandarlo in carcere o forse sta compilando contro di lui un falso chirografo. Per chi soffre così, colui che lo fa soffrire è il peccatore, lo scellerato da cui desidera essere liberato. Lo vedi cantare e cantare con sentimento, adattare i lineamenti del volto alle parole del salmo, ogni tanto vedi le lacrime solcargli le gote, lo vedi emettere sospiri tra una parola e l'altra del canto. Chi non sa discernere le disposizioni dell'animo, loda quell'uomo dicendo: "Ascolta la lettura con profondo sentimento. Come geme, come sospira!". Egli invece sta pensando al suo nemico, dal quale teme qualche calunnia, qualche atto di forza, qualche inganno o raggiro; e con tutte le forze, con tutto il cuore, con la voce, con l'atteggiamento del volto, con sospiri dice: Signore, liberami dalla mano del peccatore e dalla mano dello scellerato e del malvagio. Chi canta in tale modo canta da uomo vecchio e, vedendo le cose alla maniera carnale, si sforza, pur essendo uomo vecchio, di cantare il cantico nuovo. Canti da uomo nuovo, se canta il cantico nuovo. Che cosa significa: canti da uomo nuovo? Si rinnovi nel desiderio di una vita nuova, desideri altre cose, per altre cose sospiri verso Dio, sia innamorato del regno dei cieli. Per dirla in breve: sia innamorato di Dio, ami Dio, lo ami gratuitamente. Anche il diavolo voleva fare questa insinuazione e di ciò voleva accusare il santo uomo Giobbe: che cioè egli fosse uomo vecchio. Non voleva che raggiungesse le promesse riservate all'uomo nuovo, quando disse: Forse gratuitamente Giobbe onora Dio? 2. Se perciò Giobbe onora Dio gratuitamente, vince sul diavolo; se non lo onora gratuitamente viene vinto dal diavolo. L'insinuazione del calunniatore avrebbe ragione di essere se Giobbe non onorasse Dio gratuitamente. "Per questo ti onora - dice - perché gli hai dato tanti beni". Perciò Dio permise che Giobbe venisse messo alla prova per mostrarcelo come esempio. Egli sapeva bene che veniva onorato gratuitamente da lui 3; ma ciò era conosciuto da Dio, a noi nascosto. Vedete dunque a che cosa ha approdato la perversità del diavolo: volendo far passare una persona per prevaricatore, ha fatto sì che molti diventassero imitatori del santo uomo. Non è riuscito a soggiogarlo, anzi ha ottenuto l'effetto di farcelo conoscere. Che dunque? Da dove si è capito che Giobbe onorava Dio gratuitamente? Dal fatto che non ha ringraziato Dio nella ricchezza per bestemmiarlo poi nella miseria, ma ha anteposto la volontà di Dio ad ogni sua ricchezza, come se dicesse: "Possiedo colui che ha dato perché cerco ciò che ha dato?".
L'esempio di Giobbe.
2. Dirò dunque, fratelli, che chiunque onora il Signore per avere ricchezze, per averne gli onori del mondo, e chiede queste cose, è chiaro che non lo onora gratuitamente. Lo onora per riceverne la ricompensa. Se Dio non gli accordasse tali cose, lo abbandonerebbe. [Logicamente] chi dà è da valutarsi più di quello che dà. E chi dà non è se non lui. Tuttavia, se un altro potesse dare, i desiderosi di queste cose, abbandonato Dio, ricorrerebbero a quest'altro. Appoggiati a Dio, sia Dio tutto il tuo bene, sia Dio il vero tuo bene. Nonostante che il diavolo avesse sottratto a Giobbe tutti i suoi beni - ma non gli sottrasse colui che egli amava disinteressatamente - venne dalla parola di lui sonoramente sconfitto: Il Signore ha dato e il Signore ha tolto; come a Dio è piaciuto è avvenuto 4. Non disse: "Che cosa posso fare contro il Signore? Mi batterò il petto, perché non posso vincere su di lui". Sia benedetto - disse - il nome del Signore 5. Solo per i suoi figli che temeva essere morti nel peccato, stracciò le sue vesti, pregando con paterno affetto per essi 6. Accettò di buon grado invece il fatto che Dio gli aveva tolto le altre cose, poiché in quella maniera poteva meglio accogliere Dio stesso.
Che cosa significa amare Dio gratuitamente.
3. Viene un tale e dice: "Non onoro Dio per le ricchezze, ed egli lo sa, né per gli onori passeggeri e temporali". E per che cosa? - Cerchiamo l'uomo che onori gratuitamente Dio, che gratuitamente lo ami -. E per che cosa? "Non voglio - risponde - le ricchezze, voglio le cose che mi sono necessarie. Niente manchi nella mia casa, sia sano io, insieme a mia moglie e ai figli. Questo mi basta". Ancora non onori Dio gratuitamente. Dio ce lo ha mostrato nello stesso Giobbe. Il diavolo infatti, con il permesso certamente di Dio - era stato lui che gli aveva tolto le ricchezze non il diavolo - lo aveva colpito, perché disprezzava le ricchezze per dipendere da Dio. Gli tolse anche la salute, permettendolo Dio 7. E Giobbe diede prova di onorare Dio in modo talmente disinteressato da non onorarlo né amarlo nemmeno per la salute del corpo 8. Né il diavolo si limitò a colpirlo in una sola parte del corpo. Lo fece diventare pieno di piaghe dal capo fino ai piedi 9. E poté fare ciò perché la sua umiliazione fosse più piena, perché la sua sconfitta fosse maggiore perché chi aveva sedotto Adamo immortale, venisse vinto da un uomo in decomposizione. Lo colpì dunque con una piaga maligna dal capo fino ai piedi e, pieno di vermi, Giobbe deve sopportare anche la moglie che lo tenta, lasciatagli come collaboratrice del diavolo 10. Lei era Eva, ma lui non era Adamo. Gli suggerì di bestemmiare perché, perduta la pazienza, perdesse anche colui che onorava gratuitamente. Ma come avrebbe potuto perdere colui a cui era unito così strettamente? Che cosa rispose infatti alla donna che gli suggeriva tali cose? Hai parlato come parlerebbe una stupida! Se abbiamo ricevuto i beni dalla mano del Signore, perché non dovremmo accettare anche i mali? 11. Ecco come risponde chi onora Dio gratuitamente, chi non lo onora per qualcosa, neanche per la stessa salute del corpo, che abbiamo in comune con le bestie.
Ama ora Dio nella fede, lo amerai nella visione.
4. Un'altra è dunque la cosa che il Signore ci riserva. Per questa cosa venga onorato, per questa cosa venga amato. Riserva se stesso a coloro che lo amano. Vuol mostrare il suo volto a coloro che hanno l'occhio purificato, non quello del corpo ma quello del cuore: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 12. Ama per vedere, perché non è cosa da nulla ciò che vedrai, né insignificante. Vedrai colui che ha fatto tutto quanto desideri. E se le cose che desideri sono belle, come sarà colui che le ha fatte? Dio non vuole che ami la terra, Dio non vuole che ami il cielo, cioè le cose che vedi, ma vuole che ami lui, che non vedi. Ma un giorno lo vedrai, se lo amerai. Amalo mentre sei lontano da lui, per goderlo quando sarai davanti a lui. Desidera di possederlo, di abbracciarlo. Rimani prima unito a lui con la fede, poi sarai unito a lui nella visione. Ora infatti cammini pellegrino nella fede e nella speranza 13. Quando sarai giunto alla meta godrai di colui che, mentre eri pellegrino, hai amato. Egli stesso ha costruito la patria, alla quale ti affretti di giungere. Di lì ti ha inviato delle lettere perché tu non abbia a procrastinare il ritorno dal pellegrinaggio. Perciò, se tendi a quella patria dove potrai godere il Creatore stesso della patria, ora, trovandoti nel deserto e fra molte tentazioni, ti devi guardare dal nemico. Impara contro quale nemico devi cantare: Dio mio, liberami dalla mano del peccatore e dalla mano dello scellerato e del malvagio 14. Questo peccatore è il diavolo, fratelli; lo scellerato, il malvagio è il diavolo. Dalla sua mano desidera di essere liberato affinché, percorsa la via, lungo la quale egli cercherà di insidiarti, arrivi alla patria, dove egli non potrà entrare.
Il nemico è il diavolo.
5. Ascolta dove si dice che il peccatore è il diavolo. È scritto: Il diavolo è peccatore fin da principio 15. Che sia scellerato e malvagio, chi non lo sa? Chi è più scellerato di un omicida? 16 E chi per primo ha ucciso l'uomo se non chi ingannò Adamo? Ed è malvagio, agisce contro la giustizia, perché mai è stato nella verità 17. Contro questo scellerato e malvagio si canta: Signore, liberami... dalla mano dello scellerato e del malvagio 18. Non rivolgere questa preghiera contro il tuo vicino che ti calunnia, non rivolgerla contro il potente che sposta il tuo confine, non rivolgerla neanche contro chi, insidiandoti, si prepara ad ucciderti. Tutti costoro che tramano contro di te sono uomini. Sono carne, sono sangue, passano. Da' ascolto all'Apostolo che dice: La vostra lotta non è contro la carne e il sangue 19. Allora contro chi è la lotta? Contro chi bisogna pregare: Liberami, Signore, dalla mano del peccatore, e dalla mano dello scellerato e del malvagio? La vostra lotta -dice l'Apostolo - non è contro la carne e il sangue, ma contro i principati e le potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebre, contro gli spiriti del male sparsi nell'aria 20. Ti puoi guardare dall'uomo evitandolo, dal diavolo pregando. Il nemico visibile si evita in questo modo: dove è lui, tu non ti ci rechi; si tratta infatti di evitare uno che vedi. Ma come eviterai uno che non vedi? Pregando. Prega contro di lui: le tue armi sono quelle della preghiera. Tu taci ed egli ti tende insidie; preghi ed egli arde di rabbia. Ma prega con quel sentimento con il quale ami Dio gratuitamente, perché la tua preghiera giunga fino a lui, che ami gratuitamente.
1 - Sal 70, 4.
2 - Gb 1, 9.
3 - Cf. Gb 1, 12; 2, 10.
4 - Gb 1, 21.
5 - Gb 1, 21.
6 - Cf - Gb 1, 20.
7 - Cf. Gb 2, 7.
8 - Cf. Gb 2, 10.
9 - Cf. Gb 2, 7.
10 - Cf. Gb 2, 7-9.
11 - Gb 2, 10.
12 - Mt 5, 8.
13 - Cf. 2 Cor 5, 6-7.
14 - Sal 70, 4.
15 - 1 Gv 3, 8.
16 - Cf. Gv 8, 44.
17 - Cf. Gv 8, 44.
18 - Sal 70, 4.
19 - Ef 6, 12.
20 - Ef 6, 12.
Capitolo 7 - Maria santissima e le pie donne si recano al Calvario
La Passione di Gesù - Anna Caterina Emmerick
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Dopo il doloroso incontro con il Signore la santa Vergine aveva perso i sensi; le compagne la ricondussero nel palazzo per sottrarla alla plebaglia infuriata. Il portone si chiuse tra lei e il Figlio carico della croce.
Le pie donne trovarono immediato rifugio nella casa di Lazzaro, luogo di conforto per Maria santissima. Presto ella fu presa di nuovo dall'ardente desiderio dì soffrire accanto al Figlio, il che le rese i forza di ripercorrere la via della passione. Ripartì con Maria Maddalena e le pie donne. Erano in diciassette, velate e piene di dolore. Marta, Maria Maddalena e le altre piangevano sulle sofferenze del loro Signore, indifferenti alle ingiurie e al sarcasmo della plebaglia. Ciò nonostante, imponevano a molti un senti mento di rispetto.
Le vidi baciare la terra su cui Gesù era stato caricato della croce, quindi proseguirono il doloroso cammino da lui percorso.
L'Addolorata mostrò alle pie discepole le varie stazioni santificate dal sangue e dai dolori del suo amatissimo Figlio, e tutte fecero oggetto di venerazione. Così esse diedero pubblicamente inizio alla devozione più commovente nella tradizione della Chiesa, fissata per la prima volta nel cuore della Vergine dalla profezia del vecchio Simeone.
Fin dai tempi più antichi gli Ebrei venerarono i luoghi santi della loro storia e vi si recavano a pregare.
Allo stesso modo nacque il culto della Via Crucis, affermatosi mediante i dolorosi pellegrinaggi della Vergine e delle pie donne, non già per un disegno meditato, ma per servire i disegni di Dio sul suo popolo.
Le pie donne ripararono a casa di Veronica per non incontrare Pilato con i suoi cavalieri che stava rientrando per la stessa via.
Le vidi molto commosse di fronte al santo volto di Gesù impresso nel sudario.
Più tardi, presero il vaso di vino aromatizzato e si di ressero verso il Golgota.
Giunte in cima al Calvario, la Madre di Gesù, sua nipote Maria, figlia di Cleofa, e Salomè avanzarono fino al promontorio delle croci. Con loro c'era anche Giovanni. Marta, Maria Heli, Veronica, Giovanna Cusa e Susanna si man tennero più distanti, accanto a Maria Maddalena che sembrava uscita fuori di sé. Più lontano si trovavano altre set te donne circondate da alcune persone compassionevoli.
E impossibile descrivere il dolore della Vergine Maria quando vide il luogo della crocifissione: la terribile croce, i martelli, le corde, i chiodi spaventosi e gli orrendi carnefici, i quali, mezzo nudi e ubriachi, compivano il loro lavoro lanciando continue imprecazioni. Il suo sguardo andò oltre, posandosi sui farisei a cavallo, che, impazienti di vedere Gesù crocifisso, impartivano ordini e andavano su e giù dal promontorio.
Di fronte a quella scena tremenda, la Madre di Gesù si sentì morire e patì interiormente le sofferenze del suo Figlio dilettissimo.
Il martirio della Vergine fu ancora più doloroso perché non vide Gesù e tremava al pensiero degli indicibili tormenti a cui sarebbe stato sottoposto.
Dall'alba fino alle dieci, ora in cui era stata pronunciata la
condanna del Signore, grandinò a tratti, poi il cielo si rischiarò, ma
verso mezzogiorno una nebbia rossastra velò completamente il sole.
Gesù è spogliato delle vesti. La compassione di Jonadab
«Gli offrirono vino mescolato con mirra» (Marco 15,23) ».
Gesù, richiuso nella piccola caverna, aveva pregato il Padre di dargli la forza necessaria per affrontare il supremo supplizio. Quattro sgherri lo fecero uscire dalla prigione e lo trascinarono verso la croce.
Nemmeno questa volta gli risparmiarono calci, pugni e maltrattamenti d'ogni genere. Non era di meno il popolo che insultava il Signore facendo uso dei più abominevoli improperi. I soldati romani mantenevano l'ordine con atteggiamento altero e distaccato.
Le pie donne diedero del denaro ai carnefici affinché permettessero a Gesù di bere il vino aromatizzato di Veronica, ma i furfanti presero il denaro e si bevvero il vino.
I carnefici avevano portato due vasi di color bruno, dei quali uno conteneva aceto e fiele e un altro vino mescolato a fiele. Da quest'ultimo ne presentarono una coppa a Gesù, che bagnò appena le labbra riarse, ma non bevve.
Sul promontorio delle crocifissioni vidi diciotto sgherri: i sei che avevano flagellato Gesù, i quattro che l'avevano trascinato, i due che avevano tenuto le funi attaccate alla croce e sei crocifissori. Erano uomini piccoli e forti dal l'aspetto truce, quasi animalesco; servivano per denaro i Romani e i Giudei.
Vidi quegli uomini crudeli guidati da figure demoniache che li ispiravano a compiere le azioni più infami.
Sopra il Salvatore vidi gli angeli piangenti, e anche sulla Vergine e i fedeli di Gesù si libravano creature celesti.
Gli sgherri strapparono a nostro Signore il mantello, la cintura di ferro e la sua propria cintura, quindi gli tolsero la veste di lana bianca facendola passare sopra la sua testa. Non riuscendo a sfilargli la tunica inconsutile, impedita dalla corona di spine, gli strapparono quest'ultima con violenza, riaprendogli tutte le ferite del capo.
Il Signore rimase con un panno attorno alle reni e lo scapolare di lana che gli proteggeva le spalle; il medesimo si era appiccicato alle piaghe del corpo ed egli patì dolori strazianti quando glielo strapparono.
La profonda ferita scavata sulla spalla dall'enorme peso della croce gli provocava una sofferenza indicibile; il dorso e le spalle erano lacerati fino all'osso, il corpo nudo era orribilmente sfigurato, gonfio e piagato.
Gesù, sfinito per questi ultimi tormenti, minacciava di perdere conoscenza. Tuttavia i carnefici lo fecero sedere su un masso, gli rimisero la corona di spine e gli presentarono il vaso colmo di fiele e aceto, ma egli chinò il capo in silenzio e anche questa volta non bevve. Allorché gli aguzzini lo aiutarono ad alzarsi e gli strapparono la fascia dalle reni, si sollevarono tra i suoi amici grida di dolore e morii d'indignazione per questa ennesima ignominia.
Sua Madre pregava ardentemente e già pensava di precipitarsi da suo Figlio per coprirlo col proprio velo, quando vide che Dio l'aveva già esaudita: un uomo uscì dalla folla e si gettò ai piedi del Signore tendendogli un lino con il quale Gesù si avvolse le reni.
L'uomo, inviato da Dio in seguito alla preghiera della Vergine, impressionò i carnefici per il suo coraggio. Egli mostrò loro il pugno e disse:
«Lasciate che questo poveretto si copra! ».
Poi scomparve rapidamente tra la folla.
Costui si chiamava Jonadab, era nipote di san Giuseppe e abitava nei dintorni di Betlemme; non aveva mai avuto interesse per l'insegnamento di Gesù e durante la crocifissione si trovava nel tempio per assistere alle celebrazioni. All'improvviso, sentendosi profondamente indignato dalle crudeltà che il Signore stava soffrendo, ebbe la santa intuizione di correre sui Golgota per coprirne la nudità.
Dopo il magnifico atto di carità, Jonadab sentì il suo cuore purificato. Ancora commosso, rientrò a casa e narrò a sua moglie la crocifissione di Gesù, il Cristo, che lui aveva servito per ispirazione divina.
Jonadab restò illuminato in Cristo e si unì alla comunità cristiana.
Gesù, vera immagine di dolore, fu disteso dai carnefici sul letto della sua morte. Dopo avergli sollevato il braccio destro, questi poggiarono la sua mano sul foro praticato nel braccio della croce e ve la legarono strettamente. Poi uno dei due crocifissori pose il ginocchio sui sacratissimo petto del Signore, mentre gli manteneva aperta la mano che si contraeva, e subito l'altro gli conficcò nel palmo di quella stessa mano un chiodo spesso e lungo, dalla punta acuminata. Quindi gli diede sopra dei pesanti colpi di martello.
Il Salvatore emise un gemito di dolore e il suo sangue sprizzò sulle braccia dei carnefici.
Contai i colpi di martello, ma ne ho dimenticato il numero.
I mazzuoli dei carnefici erano di ferro, avevano pressappoco la forma dei martelli da falegname, però erano più grandi e formavano un pezzo unico col manico. I chiodi, la cui dimensione aveva fatto fremere Gesù, erano talmente lunghi che quando furono conficcati nelle mani e nei piedi del Redentore uscivano dietro la croce.
Dopo aver inchiodato la mano destra di Gesù al legno della croce, i carnefici si accorsero che l'altra mano non arrivava al foro praticato nell'asse sinistro della croce. Allora legarono una fune al braccio sinistro di Gesù e, puntando i piedi contro la croce, lo tirarono con tutte le loro forze, finché la sua mano raggiunse il foro.
Gesù soffriva indicibilmente perché gli avevano slogato interamente il braccio.
I crocifissori s'inginocchiarono sopra le braccia e sui petto del Signore e conficcarono il chiodo nella sua mano sinistra, che subito sprizzò un gettito di sangue.
I gemiti di dolore del Salvatore si udivano attraverso il rumore dei pesanti colpi di mazzuolo.
La santissima Vergine risentiva nel corpo e nello spirito la crocifissione di Gesù; il suo viso era pallido come la cera e interrotte esclamazioni di dolore uscivano frementi dalle sue labbra. Fu condotta più indietro, accanto alle pie donne, per evitare gli insulti che le indirizzavano i farisei.
Maria Maddalena era come uscita di senno, si graffiava il volto e aveva gli occhi e le gote insanguinate.
Sul piede della croce, a circa un terzo della sua altezza, era stato collocato uno zoccolo di legno che doveva servire a sostenere Gesù, in modo che egli fosse più in piedi che appeso alla croce. In quel pezzo di legno era stato praticato un foro per il chiodo che doveva trapassare i piedi, nel legno della croce era stato inciso un incavo per appoggiare i talloni.
I carnefici distesero le gambe del Signore, che si erano ritratte verso il corpo a causa della violenta tensione delle braccia, e le legarono con le corde. Non riuscendo però a far arrivare i piedi al supporto di legno destinato a sostenerlo, essi rinnovarono gli insulti contro di lui. Intervennero alcuni crocifissori propensi a fare nuovi fori per i chiodi conficcati nelle mani perché sembrava difficile spostare lo zoccolo di legno che avrebbe dovuto sostenere i piedi, altri però esclamarono:
«Non vuole allungarsi? Ebbene, lo aiuteremo noi!».
Detto questo, legarono con le funi la gamba destra e la tirarono con violenza crudele finché non raggiunse lo zoccolo di legno, provocando a Gesù un'orribile stiramento. Era così estrema la tensione del corpo, che il petto di Cristo crepitò. Egli gemendo esclamò:
«Mio Dio! Mio Dio!».
Essi gli avevano legato il petto e le braccia perché le mani non si staccassero dai chiodi. Poi legarono il piede sinistro sopra il destro, presero un chiodo ben più lungo di quello delle mani e glielo infissero, conficcandolo fin nel legno della croce. Io guardai quel chiodo trapassare i due piedi del Signore e il supporto di legno. La chiodatura dei piedi fu più crudele di ogni altra, a causa della tensione di tutto il corpo.
Gesù è crocifisso
«Al di sopra del capo posero scritta la causa della sua condanna» (Matteo 23,37).
Ho contato trentasei colpi di martello, tutti accompagnati dai dolorosi gemiti del Signore.
Durante l'orribile supplizio vidi molti angeli in lacrime.
La santa Vergine era appena ritornata sul promontorio delle crocifissioni. Quando udì i gemiti di suo Figlio misti ai colpi del martello, e vide l'atroce chiodatura dei piedi, cadde di nuovo svenuta fra le braccia delle sue compagne. I farisei a cavallo le si avvicinarono per coprirla d'ingiurie. I suoi amici la trasportarono distante.
Gesù pregò ininterrottamente fino alla morte. I suoi gemiti sommessi interrompevano appena le preghiere e i passaggi dei salmi e dei profeti, che egli recitò nei diversi momenti della sua passione.
Ho ripetuto con lui le sue sante parole, ma sono tanto oppressa dal dolore che non saprei ripeterle.
Il centurione aveva fatto attaccare sulla croce l'iscrizione di Pilato, e poiché i Romani ridevano del titolo di re dei Giudei, numerosi farisei fecero ritorno in città per chiedere di nuovo al procuratore un'altra iscrizione.
Intanto si continuava a lavorare di scalpello intorno alla buca in cui doveva essere piantata la croce di Gesù. Straordinariamente la buca risultava sempre troppo piccola e il suolo era durissimo in quel punto.
I carnefici, che avevano bevuto il vino aromatico di santa Veronica, si erano ubriacati e sentivano in corpo un fuoco tale che li aveva resi frenetici, chiamavano Gesù stregone ed erano furiosi per la sua paziente sopportazione.
A turno, discesero più volte il Calvario per bere il latte d'asina e rinfrescare il loro ventre infiammato, poiché sotto al monte si trovavano alcune donne che mungevano due asine e ne vendevano il latte.
Era circa mezzogiorno e un quarto quando la croce fu innalzata con Gesù crocifisso.
Nello stesso momento si udirono le trombe del tempio che annunziavano il sacrificio dell'agnello pasquale.
Innalzamento della croce
Quando la croce fu innalzata, e fu lasciata cadere di peso nella buca, tremò tutta per il contraccolpo. Gesù levò un profondo gemito di dolore, le sue ferite si allargarono, il sangue ne sgorgò più copioso e le sue ossa slogate si urtarono. La testa, cinta dalla corona di spine, sanguinò violentemente.
La croce fu fissata nella buca con cinque cunei attorno al suo piede, uno a destra, uno a sinistra, uno davanti e due dietro. Il legno della morte oscillò e poi s'innalzò fra gli insulti dei carnefici, dei farisei e della marmaglia. Fu un momento molto drammatico.
Verso il Crocifisso non si levarono solo insulti e improperi, ma anche le voci sofferenti dei suoi devoti. Le sante voci dell'Addolorata, delle pie donne e di tutti coloro che avevano il cuore puro salutarono con tristi lamenti l'elevazione del Verbo incarnato.
Durante la crocifissione di Gesù, e la successiva erezione della croce, le pie donne avevano lanciato grida di orrore e di sgomento:
«Perché mai la terra non inghiotte questi miserabili? Per ché il fuoco del cielo non scende a consumarli!».
A queste parole i nemici di Gesù avevano risposto con tremende offese.
I carnefici appoggiarono le scale alla croce e slegarono le funi che avevano trattenuto il santo corpo di Gesù durante la chiodatura; in tal modo il sangue riprese a circolare improvvisamente affluendo alle sue piaghe. Ciò causò al Signore altri indicibili dolori.
Sfinito dalle sofferenze, Gesù chinò il capo sul petto e rimase come morto per circa sette minuti.
Subentrò un profondo silenzio, in cui tutti sembrarono rapiti da un sentimento sconosciuto fino allora.
Il suono delle trombe del tempio era svanito nell'aria e tutti i presenti erano sfiniti di rabbia o di dolore.
I puri di cuore tesero in alto le loro mani, verso lo Sposo delle loro anime.
Perfino l'inferno restò annichilito dalla pesante scossa della croce: per alcuni minuti cessò di ispirare bestemmie e oltraggi ai suoi seguaci.
Vidi le anime dei defunti sospirare di gioia perché quel la croce piantata nella terra apriva le porte della loro sospirata redenzione.
Di fronte ad essa molti cuori pentiti compresero le parole di Giovanni Battista: «Ecco l'Agnello di, Dio che toglie i peccati dal mondo».
I piedi di Gesù si trovavano a un'altezza tale che i suoi amici potevano venerarli. Il suo volto era girato verso nord ovest.
Crocifissione dei due ladroni
«Venivano condotti anche due malfattori, per essere giustiziati insieme con Gesù» (Luca 23,32).
Durante la crocifissione del Signore i due ladroni erano rimasti sul lato orientale del Calvario sorvegliati dalle guardie. Entrambi erano stati condannati per l'assassinio di una giovane donna ebrea e dei suoi figli.
Il cosiddetto ladrone di sinistra, il più anziano, era stato il corruttore e il maestro di quello che poi si sarebbe convertito.
I due sono chiamati Dismas e Gesma; il primo è il buon ladrone.
Avevano fatto parte di quella banda di assassini sotto il cui tetto aveva pernottato la santa famiglia durante la fuga in Egitto. Dismas era il ragazzo lebbroso sanato nell'acqua dov'era stato bagnato il bambino Gesù.
La guarigione miracolosa fu il frutto della carità e dell'amore che sua madre aveva usato verso la Vergine.
Dio aveva reso possibile, per mezzo dell'intercessione della Vergine, la salvezza fisica di quell'anima sciagurata, la cui salvezza spirituale sarebbe avvenuta sulla croce con la promessa di Cristo.
Dismas non aveva una natura cattiva, si era pervertito col tempo; non poteva ricordarsi di Gesù, ma la mite pazienza del Signore l'aveva commosso profondamente. In attesa della propria crocifissione egli così discuteva col suo compagno:
«Questa gente si comporta in modo orribile contro il Galileo, forse egli ha commesso qualche delitto più grave del nostro, ma ha una pazienza enorme e un potere grandissimo sopra tutti gli uomini».
Rispose Gesma:
«Ma che potere avrebbe mai costui sugli altri? Se fosse davvero potente, come dice, potrebbe liberarsi e aiutare noi».
Così parlavano tra loro, quando vennero gli sgherri e dissero:
«Ora tocca a voi!».
Slegarono i ladroni e li portarono vicino ciascuno alla propria croce, in tutta fretta, poiché il cielo si era oscurato e si preannunciava un forte temporale. Sulle croci erano state montate le assi trasversali. Dopo averli spogliati delle misere tuniche, diedero loro a bere aceto e mirra e li costrinsero a salire sulle scale a pioli tempestandoli di calci e di pugni. Furono legati sulle croci con solide corde fatte di corteccia d'albero. Li legarono così stretti che le giunture e le ossa delle mani e dei piedi scricchiolarono e i loro muscoli sanguinarono.
Tra le atroci sofferenze, il buon ladrone disse ai carnefici:
«Se ci aveste maltrattati come quel povero Galileo, non avreste più avuto bisogno di legarci qui sopra».
La veste di Gesù è giocata a sorte
«Essi divisero le sue vesti tirandole a sorte» (Luca 23,34).
Vidi i crocifissori di Gesù che avevano fatto dei suoi indumenti piccoli mucchietti per dividerseli. Il mantello, più stretto sopra che sotto, fu lacerato in lunghe strisce; si divisero anche il suo scapolare, la cintura e la biancheria.
Decisero di giocare a sorte la tunica inconsutile già lacera, perché quei brandelli, se divisi, non sarebbero serviti loro a nulla.
Avevano appena preso i dadi nelle mani, quando giunse un inviato di Nicodemo e Giuseppe d'Arimatea ad avvertirli che ai piedi del monte si trovava gente disposta ad acquistare le vesti di Gesù. I crocifissori, raccolti in fretta gli indumenti, corsero giù e li vendettero. Così quelle sante reliquie entrarono in possesso dei cristiani.
Gesù in mezzo ai due ladroni
«Crocifissero lui e i malfattori, uno alla sua destra e uno alla sua sinistra» (Luca 23,33).
Piena di dolore guardavo nostro Signore in croce.
Il mio cuore era colmo di languore e di profondo amore per lui. Credetti che fosse già morto.
Sentivo la mia testa come se fosse incoronata di spine, mentre il mio intelletto si perdeva nel nulla. Le mani e i piedi mi bruciavano come se fossero arsi dalle fiamme, mentre le membra e le viscere mi procuravano tormenti inauditi. Queste tremende sofferenze non erano altro che amore puro per Gesù Salvatore. Nelle cupe tenebre io vedevo solo il mio Sposo in croce che recava consolazione alle anime del mondo.
Contemplai con tenera compassione il mio Signore con l'orribile corona di spine, il sangue che gli riempiva gli occhi, la bocca semiaperta, la chioma e la barba insanguinata, il capo abbattuto sul petto. Dopo lo svenimento, a causa del peso della corona di spine, egli rialzò la testa con fatica. Il suo petto si era rialzato, scavando al di sotto una depressione profonda, l'addome era cavo e rientrato; le spalle, i gomiti, i polsi, le cosce e le gambe tutte slogate. Le sue membra erano tese e i muscoli dilaniati, al punto tale che era possibile contarne le ossa.
Il suo santo corpo era ricoperto di macchie orribili, nere, blu e giallastre. Il sangue gli colava dalle mani lungo le braccia e scorreva dal foro prodotto nei suoi sacratissimi piedi, irrorando la parte inferiore dell'albero della croce.
Il sangue, dapprima rosso vivo, divenne alla fine pallido e acquoso.
Eppure, anche così sfigurato, il santo corpo del Signore, simile a un cadavere dissanguato, conservava un'esprimibile luce di maestosa potenza.
Nonostante i maltrattamenti e le atroci torture, il Figlio di Dio restava bello e santo in quel corpo d'Agnello pasquale, immolato sotto il peso dei peccati del mondo.
Il petto di Gesù era alto e ampio, non era villoso come quello di Giovanni Battista.
Le sue ginocchia erano forti e robuste, tipiche di un uomo che ha viaggiato spesso e si è inginocchiato a pregare; le gambe erano lunghe e muscolose. I suoi piedi avevano una forma solida e graziosa, sotto la cui pianta la pelle era divenuta callosa a motivo del molto camminare; le mani erano belle, con dita lunghe e delicate.
Il collo era moderatamente lungo, robusto e muscoloso, la testa non troppo grande, la fronte alta e spaziosa, l'ovale del viso era ben tratteggiato dalla carnagione pallida, simile a quella della santa Vergine. Il suo aspetto era purissimo.
Gesù aveva i capelli bruno dorati, lunghi e ricadenti sul le spalle; la barba non era lunga, ma terminava a punta ed era divisa in due parti sotto il mento.
Adesso, sulla croce, la sua capigliatura era in parte strappata e piena di sangue raggrumato, il corpo era una piaga sola e si era talmente assottigliato che non copriva nemmeno interamente l'albero della croce.
La croce di Gesù era stata costruita con alcuni legni di color bruno e altri giallastri. Il tronco era di colore scuro, come quello del legno che è stato a lungo immerso nell'acqua. Tra le croci dei ladroni e quella del Signore vi era uno spazio sufficiente per il passaggio di un uomo a cavallo.
I due ladroni presentavano uno spettacolo ripugnante, sopratutto Gesma, quello che era stato crocifisso alla sinistra del Signore. Era completamente ebbro e ripeteva pesanti imprecazioni e ingiurie.
I due corpi sospesi erano slogati, i loro volti erano lividi con gli occhi iniettati di sangue.
Il dolore causato dalle corde strappava loro grida spaventose.
La prima parola di Gesù in croce
Dopo la crocifissione dei ladroni, i carnefici raccolsero i loro strumenti e lanciarono al Signore gli ultimi insulti prima di ritirarsi.
I farisei, a loro volta, passando a cavallo davanti a Gesù gli indirizzarono alcune parole oltraggiose e poi si ritirarono anch'essi.
Cinquanta soldati romani, al comando dell'arabo Abenadar, diedero il cambio ai primi cento.
Dopo la morte di Gesù, Abenadar si fece battezzare prendendo il nome di Ctesifon. Il comandante in seconda si chiamava Cassio, e anch'egli divenne cristiano col nome di Longino.
Sopraggiunsero sul monte altri dodici farisei, dodici sadducei, dodici scribi e parecchi anziani. Tra questi ultimi si trovavano coloro che avevano chiesto a Pilato di modificare l'iscrizione e erano esasperati perché il procuratore non aveva voluto nemmeno riceverli. Quelli a cavallo fecero il giro della piattaforma e scacciarono la santa Vergine chiamandola donna perversa.
Giovanni la condusse tra le braccia di Maria Maddalena e di Marta.
I farisei, arrivati di fronte a Gesù, scuoterono la testa con disprezzo e lo beffeggiarono con queste parole:
«Vergognati, impostore! Come farai a distruggere il tempio e a ricostruirlo in tre giorni? Hai sempre voluto aiutare gli altri e non hai neppure la forza di aiutare te stesso. Se sei figlio del Dio d'Israele, discendi da quel la croce e fatti aiutare da lui!».
Anche i soldati romani lo schernivano dicendo:
«Se tu sei il re lei Giudei e il Figlio di Dio, salva te stesso!».
Gesù stava crocifisso privo di sensi. Allora Gesma disse:
«Il suo demoni l'ha abbandonato!».
Intanto un soldato romano pose sopra un bastone una spugna inzuppata di aceto e l'innalzò fino alle labbra di Gesù, il quale ne gustò un poco. Compiendo quel gesto, il sol dato fece da eco al ladrone e disse:
«Se sei il re di Giudei, aiutati da te stesso!».
Il Signore sollevò un poco la testa e disse:
«Padre, perdona loro, perché non sanno quel che fanno.
Poi proseguì la sua preghiera in silenzio.
Nell'udire qu parole, Gesma gli gridò:
«Se tu sei il Cristo, aiuta te e noi!».
E così dicendo continuò a schernirlo.
Ma Dismas, il ladrone alla destra, si commosse profondamente quando udì Gesù pregare per i suoi nemici.
Udendo la voce di suo Figlio, la Vergine Maria si precipitò verso la croce seguita da Giovanni, da Salomè e da Maria di Cleofa, incapaci di trattenerla.
Il centurione di guardia non li respinse e li lasciò passare.
Appena la Madre si avvicinò alla croce, si sentì confortata dalla preghiera di Gesù. Nello stesso momento, illuminato dalla grazia, Dismas riconobbe che Gesù e sua Madre l'avevano guarito nella sua infanzia, e con voce forte e rotta dall'emozione gridò:
«Come potete ingiuriare Gesù mentre prega per voi? Egli ha sofferto pazientemente tutte le vostre ingiurie e i vostri affronti. Costui è veramente il Profeta, il nostro Re e il Figlio di Dio».
A quelle parole di biasimo, uscite dalla bocca di un assassino sul patibolo, scoppiò un grande tumulto fra gli astanti. Molti presero delle pietre per lapidarlo, ma Abenadar non lo permise, li fece disperdere e ristabilì l'ordine.
Rivolto al suo compagno, che continuava ad ingiuriare Gesù, Dismas gli disse:
«Non temi dunque il Signore, tu che sei condannato al lo stesso supplizio? Noi ci troviamo giustamente qui per ché la pena l'abbiamo meritata con le nostre azioni, ma lui non ha fatto nulla di male, ha sempre consolato il prossimo. Pensa alla tua ultima ora e convertiti!».
Quindi, profondamente commosso, confessò a Gesù tutti i suoi peccati dicendogli:
«Signore, se tu mi condanni, è secondo giustizia; ma, ciò nonostante, abbi pietà di me!».
Gesù gli rispose:
«Tu proverai la mia misericordia!».
Così Dismas ottenne la grazia di un sincero pentimento.
Tutto quanto è stato narrato avvenne tra mezzogiorno e mezzogiorno e mezzo. Mentre il buon ladrone si pentiva, si verificavano nella natura segni straordinari che riempirono tutti di spavento.
Verso le dieci, momento in cui fu pronunziato il giudizio di Pilato, aveva grandinato a tratti, poi il cielo si era schiarito ed era uscito il sole. A mezzogiorno, nubi fitte e rossastre coprirono il cielo; a mezzogiorno e mezzo, che corrisponde alla cosiddetta ora sesta dei Giudei, vi fu l'oscuramento miracoloso del sole.
Per grazia divina «ho vissuto molti particolari di quel l'avvenimento prodigioso, ma non riesco a descriverli in modo adeguato».
Posso solo dire che fui trasportata nell'universo, dove mi ritrovai fra miriadi di vie celesti che si incrociano in un'armonia meravigliosa. La luna, simile a un globo di fuoco, apparve a oriente e si mise rapidamente davanti al sole già coperto dalle nubi.
Poi, sempre in spirito, discesi a Gerusalemme, da dove, con spavento, vidi al lato orientale del sole un corpo oscuro che presto lo coprì interamente.
Il fondo di questo corpo era giallo scuro, aureolato da un cerchio rosso come il fuoco.
Un poco alla volta, il cielo intero s'incupì e si tinse di rosso. Uomini e bestie furono afferrati dalla paura; il bestiame fuggì via e gli uccelli cercarono riparo verso le col line del Calvario. Erano così spaventati che passavano rasenti al suolo e si lasciavano catturare con le mani. Le strade della città erano avvolte in una fitta nebbia, gli abitanti cercavano il cammino a tentoni. Molti giacevano a terra con il capo coperto, altri si battevano il petto gemendo di dolore. Gli stessi farisei guardavano con timore il cielo: essi erano talmente spaventati da quelle tenebre rossastre che cessarono perfino d'ingiuriare Gesù. Tuttavia cercavano di fare intendere questi fenomeni come naturali.
Le tenebre. Seconda e terza parola di Gesù in croce
«Era quasi l'ora sesta, quando le tenebre si stesero su tutta la terra, fino all'ora nona» (Luca 23,44).
Ma molti non si lasciarono convincere e, continuando a torcersi le mani, gridavano:
«Che il suo sangue ricada sugli assassini!». Quindi, gettandosi in ginocchio, imploravano il perdono del Signore. Gesù volse i suoi occhi sofferenti verso di loro.
Con l'intensificarsi delle tenebre molte persone hanno abbandonato la croce, tranne la santa Vergine e gli amici più fedeli di Gesù. Profondamente pentito, Dismas rivolse al Signore parole di timida speranza:
«Signore, pensa a me quando sarai nel tuo regno!».
Gesù gli rispose:
«In verità ti dico: tu sarai oggi con me in paradiso».
Adesso la Madre di Gesù, Maria Maddalena, Maria di Cleofa e Giovanni stavano fra la croce di Gesù e quelle dei ladroni, e guardavano il Signore. Maria santissima prega va interiormente il Figlio di permetterle di morire con lui. Il Salvatore comprese quella preghiera e la guardò con ineffabile tenerezza, poi rivolse lo sguardo a Giovanni e disse a sua Madre:
«Donna, ecco tuo figlio. Egli ti sarà tale più che se tu lo avessi generato!».
Quindi disse a Giovanni:
«Ecco tua Madre!».
Giovanni abbracciò rispettosamente la Madre di Gesù divenuta ormai anche la sua.
A queste ultime disposizioni del Figlio, accasciata dal dolore, la Vergine cadde priva di sensi sotto la croce; fu subito sorretta dalle pie donne e fatta sedere su un terrapieno poco distante.
Giovanni, l'apostolo spirituale, era divenuto figlio di Dio perché Cristo già viveva in lui. Non fa meraviglia, infatti, che il Signore abbia dato Giovanni per figlio a colei che l'angelo aveva salutato «piena di grazia», perché il nome Giovanni significa appunto “grazia”.
Il tempio durante le tenebre. Angoscia di Pilato
La gente, gemendo per la paura, vagava disorientata per le strade o si era rinchiusa in casa.
Vidi Pilato nella casa di Erode. I due scrutavano costernati il cielo: si trovavano sulla medesima terrazza dalla quale Erode aveva guardato il Signore in balìa della marmaglia.
Essi erano convinti che tutto quello che stava accadendo aveva certamente relazione con la condanna di Gesù.
Più tardi, scortati da numerose guardie, si recarono al palazzo del procuratore romano; con il cuore angustiato, attraversarono a grandi passi il loro deserto. Pilato non osò nemmeno guardare il tribunale detto Gabbata.
Rientrato nel suo palazzo, egli fece convocare gli anziani del popolo ebraico per conoscere la loro opinione riguardo i segni del cielo. Il procuratore sosteneva davanti ai sinedriti che la crocifissione del Galileo, provocata dalla loro ostinazione, era la causa della collera degli dèi e aveva suscitato i segni contrari della natura. Ma i Giudei, niente affatto pentiti, continuavano a considerare quei sinistri presagi come fenomeni naturali. Molti altri però si erano già convertiti, come le guardie che erano cadute davanti al santo nome del Signore.
Davanti al palazzo di Pilato vidi un grande affollamento. La gente urlava:
«Il suo sangue cada sui suoi assassini! Abbasso il giudice iniquo!».
Erano gli stessi che al mattino avevano gridato: «Crocifiggilo!».
Il miserabile Pilato replicò, gridando, che egli non c'entrava nulla con la condanna del Galileo; disse che i Giudei l'avevano voluta e che costui era il loro re e profeta, e non il suo.
Anche nel tempio aveva regnato l'angoscia durante l'immolazione dell'agnello pasquale. Quando il cielo si era oscurato completamente, i fedeli erano caduti in preda al terrore. Alcune volte crollarono, il velo del “santo dei santi” si squarciò e i fedeli videro i morti risuscitati.
I sommi sacerdoti avevano tentato in tutti i modi di tranquillizzare la folla. Accesero perfino tutti i candelieri, il panico era continuato a crescere.
Lasciai la città mentre l'oscurità si faceva sempre più cupa. Alla periferia nord-est di Gerusalemme, vicino al muro di cinta, si aprì il terreno che copriva alcune tombe.
Abbandono di Gesù.
Quarta parola in croce
«Egli portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della cr ce» (iPietro 2,24).
In un primo momento l'oscurità non fu notata sul Calvario, perché vi regnava una grande agitazione: i crocifissori occupati a rizzare la croce e a lanciare bestemmie, le urla dei due ladroni sulle croci, gli insulti a Gesù da parte dei farisei a cavallo, il cambio dei soldati romani e la tumultuosa partenza dei carnefici ebbri... Poi venne il pentimento di Dismas, e i farisei si sdegnarono contro di lui.
Ma quando le tenebre divennero fitte produssero un'impressione terribile nei presenti, i quali, molto preoccupati, si allontanarono dalla croce.
Fu allora che Gesù raccomandò sua Madre a Giovanni e la Vergine fu subito dopo allontanata perché svenne.
Seguì un momento di silenzio solenne, in cui la maggior parte degli astanti rivolse gli occhi al cielo e alle stelle, che scintillavano di luce vermiglia. Alcuni guardarono il Crocifisso e conobbero la grazia del pentimento: in tal modo la loro coscienza si risvegliò straordinariamente alla vera vita.
Infine quasi tutti andarono via e la calma regnò intorno alla croce. Vidi una schiera di angeli levarsi accanto al Salvatore crocifisso, abbandonato nelle profondità del suo martirio.
Fu l'unico conforto prima di restare solo nell'oscurità.
Il Signore concludeva nelle tenebre più scure la sua missione umana, in intimità di preghiera con il suo Padre celeste. Lo pregava con amore raccomandandogli i suoi nemici, mentre recitava i salmi che andavano compiendosi. Egli patì l'angoscia più profonda, come un povero uomo privato di ogni consolazione umana e divina. Quando la fede, la carità e la speranza restano vuote e spoglie nel deserto della prova, questo dolore è inesprimibile.
Abbandonato completamente nell'oscurità più fitta, Gesù donò se stesso e tutti i suoi infiniti meriti per noi peccatori, affinché non dovessimo più discendere soli nella notte interiore.
Verso le tre Gesù si lamentò:
«Eh, Eh, lama sabachtani!», che significa: «Mio Dio! Mio Dio! Perché mi hai lasciato?».
Con questo grido di dolore filiale il Signore permise agli afflitti di riconoscere Dio come Padre.
Nell'udire il suo lamento lacerante, uno di quelli che lo oltraggiavano disse:
«Chiama Elia!».
Un altro intervenne:
«Vedremo se Elia verrà a soccorrerlo!».
La Vergine santa corse di nuovo ai piedi della croce, seguita da Giovanni, da Maria figlia di Cleofa, da Maria Maddalena e Salomè.
Una trentina di cavalieri stranieri, provenienti dai dintorni di Giaffa, nel vedere Gesù sopra la croce, gridarono con rabbia:
«Se non vi fosse il tempio di Dio, questa città meriterebbe di essere bruciata! ».
Il grido di sdegno, uscito dalla bocca di quegli uomini di rango, provocò la protesta dei Giudei rimasti vicino alla croce.
Tra questi ultimi si erano formati spontaneamente due gruppi: da uno provenivano gemiti di dolore, dall'altro, che protestò al grido degli stranieri, si levavano solo ingiurie e bestemmie contro il Redentore.
I farisei erano diventati meno arroganti e, temendo un'insurrezione popolare, chiesero al centurione Abenadar di chiudere la porta più vicina alla città; furono pure richiesti consistenti rinforzi a Pilato e a Erode.
Appena dopo le quindici, il cielo si schiarì e la luna incominciò ad allontanarsi dal sole nella direzione opposta, ma il sole apparve annebbiato, privo di raggi e rosso. A poco a poco riapparvero i raggi del sole e le stelle scomparvero, e tuttavia il cielo rimase offuscato.
Con il ritorno della luce i nemici di Gesù ripresero la loro baldanza, ma il centurione Abenadar impose l'ordine, impedendo che Gesù fosse lapidato.
La morte di Gesù.
Quinta, sesta e settima parola
«Sapendo Gesù che già tutto era compiuto, affinché si adempisse la Scrittura, disse: “Ho sete”» (Giovanni 19,28).
Quando tornò la luce del giorno, si vide il santo corpo del Signore appeso alla croce, esangue, livido e più bianco di prima a causa del sangue versato.
Gesù era moribondo; con la lingua riarsa pronunciò:
«Ho sete».
Ma poiché i suoi amici fedeli continuavano a guardarlo dolorosamente senza far niente, il Signore chiese:
«Non potreste darmi una goccia d'acqua?».
Egli voleva intendere che durante l'oscurità nessuno li avrebbe visti. Giovanni rispose addolorato:
«Oh, Signore! Ti abbiamo dimenticato!».
Questa dimenticanza da parte dei suoi più intimi amici deluse Gesù al punto tale che egli sussurrò interiormente:
«Anche i miei più prossimi dovevano dimenticarmi e non darmi da bere, affinché ciò che sta scritto trovasse compimento».
Gli amici di Gesù offrirono denaro alle guardie perché gli portassero un po' d'acqua, ma anche questi ultimi presero il compenso e non gli diedero nulla. Uno di loro immerse una spugna nell'aceto, in un bariletto di scorza, e vi aggiunse del fiele per darglielo a bere. Il centurione Abenadar non lo permise: strappò dalle mani del soldato la spugna, la svuotò e l'impregnò d'aceto puro. Poi l'adattò a una canna d'issopo e la pose in cima alla sua lancia, che portò fino alla bocca del Signore. Gesù pronunciò alcune parole, di cui ricordo solo queste:
«Quando io non avrò più la mia voce, parlerà la bocca dei morti!».
L'ultima ora del Signore era ormai prossima. Egli lotta va contro la morte come un uomo comune; un sudore freddo gli copriva tutto il corpo e il petto ansimava sempre più forte.
Giovanni, sotto la croce, gli asciugava i piedi con un sudario.
Maria Maddalena, distrutta dal dolore, era appoggiata dietro la croce. La Vergine si manteneva in piedi fra la croce di Gesù e quella del buon ladrone, sostenuta da Salomè e da Maria di Cleofa.
Giunto all'estremo, Gesù disse:
«Tutto è compiuto! ».
Sollevò il capo e gettò un grido forte e soave che penetrò il cielo e la terra:
«Padre, nelle tue mani rimetto il mio spirito!
Quando il Signore chinò il capo e rese lo spirito, erano passate da poco le ore quindici. Vidi la sua anima discendere nel limbo come una figura luminosa.
Giovanni e le pie donne caddero con la fronte nella polvere.
Tutto si era ormai compiuto, l'anima del Signore aveva abbandonato il santo corpo. L'ultimo grido del Santo dei santi aveva fatto tremare la terra e quelli che lo avevano udito; la roccia del Calvario si spaccò e numerose case crollarono.
Le poche persone ancora presenti sul Golgota si percossero il petto e si affrettarono a rincasare. Le vidi profondamente commosse, mentre si laceravano le vesti e si cospargevano il capo di polvere.
Giovanni e le pie donne si rialzarono e prestarono amorevoli cure alla Vergine.
Abenadar, dopo aver presentato l'aceto al Salvatore, rimasto stranamente impressionato: fermo sul suo cavallo, egli non poteva più distogliere gli occhi dal santo volto di Gesù coronato di spine.
Perfino il cavallo abbassò il capo e il centurione gli allentò le redini.
In quel momento la luce della grazia lo illuminò ed e, si sentì trasformato. Il cuore orgoglioso del fiero centurione si era infranto come la roccia del Calvario. Egli gettò lontano la lancia, si battè il petto con forza ed emise il grido dell'uomo nuovo:
«Benedetto sia il Signore onnipotente, il Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe! Questi era certamente un giusto, ed è veramente il Figlio di Dio!».
I suoi soldati gli fecero eco, perfino alcuni farisei si batterono il petto.
Pronunciate le parole di redenzione, Abenadar consegnò il cavallo a Cassio e gli affidò il comando, poi prese commiato dai suoi soldati e lasciò il Calvario. Lo vidi annunciare la morte del Salvatore ai discepoli nella valle di Gihon, infine si diresse al palazzo di Pilato.
Il Signore aveva ormai affidato la sua anima al Padre e abbandonato il suo santo corpo alla morte. Egli aveva pagato il suo debito d'amore all'umanità.
Con un'estrema convulsione, il corpo di Cristo divenne esangue e impallidì in modo straordinario, mentre le sue ferite, dalle quali era fuoruscito il sangue in abbondanza, risaltavano come macchie scure. Il suo volto si era allungato, perché le gote erano afflosciate, il naso sembrava più affilato e gli occhi pieni di sangue erano rimasti aperti a metà.
Nell'affidarsi completamente alla morte, Gesù aveva sollevato la sua testa coronata di spine lasciandola ricadere sotto il peso dei dolori; le sue labbra, divenute livide e contratte, si erano socchiuse senza più alcuna tensione, così le sue mani sostenute dai chiodi si distesero, come anche le braccia.
Il suo dorso si irrigidì lungo la croce e tutto il peso del corpo poggiò sui piedi, le ginocchia si piegarono tutte da un lato ed i suoi piedi trafitti si girarono un poco intorno al chiodo.
La Vergine guardò quel santo corpo, concepito per opera dello Spirito Santo nella più assoluta purezza, come carne della sua carne, ossa delle sue ossa, cuore del suo cuore, adesso privato di ogni bellezza e separato dalla sua anima santissima.
La Madre lo contemplò con una sofferenza indicibile:
sospeso alla croce, tra i due ladroni, sfigurato e disprezzato da coloro che era venuto a salvare.
Adesso, pur così sfigurato, il santo corpo del Signore imponeva rispetto e toccava il cuore degli uomini. La sua dolorosa passione e l'atroce morte sulla croce ispirarono profondamente la conversione di numerosi peccatori. Gesù stesso aveva detto: «Se il seme non muore non porta frutto ! ».
I ladroni erano in preda a frequenti convulsioni. Dismas pregò per tutto il tempo del suo supplizio sulla croce.
I farisei tentarono di misurare con le corde la profondità della spaccatura della roccia, ma non riuscendo a toccarne il fondo lasciarono il Calvario, salutati dai lamenti degli amici di Gesù.
I soldati romani andarono a rinforzare quelli che custodivano le porte della città, perché si temeva una sommossa.
Il silenzio e il lutto regnavano intorno al corpo del Signore. Di fronte alla croce vidi solo gli amici di Gesù.
Dalle valli circostanti qualche discepolo del Signore guardava con inquietudine verso il Calvario.
L'aria si era rinfrescata, ma la luce del sole era ancora offuscata.
35-36 Marzo 6, 1938 Le oppressioni, le malinconie, non hanno ragione d’esistere nel Volere Divino; formano le nubi, le goccioline amari che amareggiano Dio e la creatura. Prodigi dell’abbandono nel Voler Divino. Tutte le cose create restano animate da chi vive nel Fiat Divino.
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Il mare del Voler Divino non cessa d’immergermi nelle sue onde, come se non volesse che nessun’altra cosa entrasse in me che solo la sua luce, per crescere in me a via di luce e calore, la sola Vita della sua Volontà. Ma ad onta di tutto ciò mi sentivo oppressa, con un’aria di malinconia, per le circostanze, ahimè! troppo dolorose della mia povera esistenza quaggiù, che mi formavano come le nubi per impedirmi di godere il bello della luce e la soavità del calore, in cui l’anima resta fecondata, rinata e crescente nel suo stesso Creatore. Ed il mio dolce Gesù, che con gelosia vigila la povera anima mia, tutto bontà mi ha detto:
(2) “Figlia mia buona, coraggio, le oppressioni, le malinconie, il pensiero del passato, non hanno ragione di esistere per chi vive nella mia Volontà. Queste sono note scordanti con le nostre note di gioie, di pace e d’amore, e formano suoni flebili, che suonano male alle nostre orecchie divine, sono come le goccioline amare che vorrebbero amareggiare, gettate nel nostro mare, che vorrebbero amareggiare il nostro mare divino, mentre col vivere nel nostro Volere, Noi la facciamo proprietaria dei nostri mari di gioia, di felicità, e se occorre armiamo la nostra potenza in suo potere, per fare che tutto le sia propizio e nulla le possa nuocere, perché non vi è potenza contro la nostra Volontà; anzi, Essa tiene potere di appianare e di stritolare tutto, come polvere sotto l’impero d’un vento impetuoso, perciò, quando vediamo la creatura nella nostra Volontà, afflitta, oppressa, come ci suona male, e siccome vive nel nostro Volere, siamo costretti dall’unica Volontà che ci anima, a sentire le sue afflizioni ed oppressioni; metterci da parte quando la creatura è afflitta, non è del nostro Essere Divino né del nostro amore. Piuttosto facciamo uso della nostra potenza, la inondiamo di più col nostro amore, affinché la rivediamo di nuovo col sorriso sulle labbra e con la gioia nel cuore.
(3) Poi, il pensiero del passato è proprio assurdo, è un volere arbitrarsi dei diritti divini. Tu devi sapere che ciò che la creatura ha fatto di bello e di buono, sta depositato dentro di Noi, che ci attesta il suo amore, la sua gloria che ci dà, e forma la sua corona per coronarla nel primo ingresso che farà nella nostra Patria Celeste, perciò il più bel atto della creatura è gettarsi nelle nostre braccia, abbandonarsi in modo da lasciare fare a Noi ciò che vogliamo fare di essa, tanto nel tempo quanto nell’eternità, e allora Noi prendiamo tutto il gusto di fare di essa una delle statue più belle che deve ornare la nostra Celeste Gerusalemme”.
(4) Poi ha soggiunto: “Figlia mia, quando la creatura si abbandona nella nostra Volontà, è tanto il nostro compiacimento, che essa si versa in Noi e Noi ci riversiamo in essa, e le diamo nuova Vita nostra, nuovo amore, nuova santità, nuove conoscenze del nostro Ente Supremo. Quando la creatura si abbandona nel nostro Voler Divino, Noi possiamo fare in essa i prodigi più grandi, le grazie più sorprendenti, perché c’è la nostra stessa Volontà che riceve e fa il deposito di quello che vogliamo dare alla creatura; l’abbandonarsi nel nostro Volere prende il Cielo d’assalto, ed è tanto il suo impero, che s’impone sul nostro Essere Divino, lo chiude nella sua piccolezza, ed essa, trionfante, si chiude nel nostro Seno Divino. I Cieli stupiscono, gli angeli e santi restano estasiati, e tutti sentono una nuova vita scorrere in loro in virtù dell’atto dell’abbandono che ha fatto la creatura ancor viatrice. E Noi, trovandola abbandonata nel nostro Fiat, troviamo in essa che possiamo fare ciò che vogliamo, tutta si presta alla nostra potenza, quindi diamo il principio al lavoro e formiamo nell’anima sua tante fontanine d’amore, di bontà, di santità, di Misericordia, e così di seguito, in modo che quando il nostro amore vuole amare, col nostro soffio onnipotente moviamo le fontanine dell’amore, ed essa ci ama e fa straripare dalla fonte tanto amore da allagare tutta la corte celeste; quando vogliamo usare bontà, Misericordia, Grazia, moviamo queste fonti, e viene allagata la terra dalla bontà e Misericordia nostra, e chi si converte, chi riceve grazie. Tutto ciò lo possiamo fare direttamente da Noi stessi, però proviamo più gusto, sentiamo più piacere di servircene delle fonti che Noi stessi abbiamo formato nella creatura. Per mezzo suo ci sentiamo più spinti ad usare misericordia verso tutti; teniamo l’intermediaria tra il Cielo e la terra, che col suo abbandono ci fa versare grazie e ci fa amare di nuovo amore tutte le creature. Sicché, quanto più sarai abbandonata nella nostra Volontà, più saremo larghi verso di te e verso di tutti, e tutti, almeno i più disposti troveranno nuova forza, nuova luce, nuova guida”.
(5) Io son rimasta sorpresa, e Lui ha soggiunto: “Figlia mia buona, come vorrei che tutti conoscessero che significa vivere nel mio Voler Divino, che pare che dà dell’incredibile, ma sai perché? Perché non conoscono che cosa è la mia Volontà, e tutta la serie dei prodigi che sa fare e vuol fare nella creatura; quindi, non conoscendola, credono che non sia possibile che possa fare nella creatura tutto ciò che dico, oh! se la conoscessero, è poco quello che fa e quello che dice. E’ la conoscenza che ci fa mettere in via verso la creatura, e ci prepara il posto, forma il vuoto dove deporre i nostri prodigi inauditi; è la conoscenza che forma gli occhi per poter guardare e apprezzare le nostre meraviglie divine. Tutto è prodigio per chi vive nella nostra Volontà. Tu devi sapere che come si fanno gli atti nella mia Volontà, tutte le cose create restano animate dalla volontà e parola di quella creatura, tutte posseggono una voce, e chi dice amore, chi gloria, chi adorazione, chi grazie, chi benedizione al nostro Creatore. Che armonia che formano nell’atmosfera, che dolce incanto, fino a sentirci rapire, ma di chi sono tutte quelle voci? Di chi vive nel nostro Volere. Succede come quando a via d’ingegno si chiudono le voci, i canti, negli strumenti di legno e di metallo, gli strumenti cantano e parlano. Così chi vive nel mio Volere, è tanto il suo amore che vuol vedermi amato e glorificato, che chiude la sua volontà, la sua voce, il suo amore nelle cose create, e chi mi narra la storia del mio amore, chi mi canta la gloria, pare che tutte hanno una cosa da dirmi, ed oh! come ne resto contento, perché vedo che la creatura padroneggia tutta la Creazione, e come regina qual è, anima tutto e mi fa amare da tutto. Oh! come dolce risuona al nostro udito divino. Tutto le ho dato e tutto mi dà, ed Io ritorno tutto a ridare”.