Sotto il Tuo Manto

Martedi, 3 giugno 2025 - San Carlo Lwanga (Letture di oggi)

Sulla terra non bisogna attaccarsi a nulla, neppure alle cose più semplici e innocenti, perché ci vengono a mancare quando meno ci si pensa. Non c'è che l'eterno che ci può contentare. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 5° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 14

1In quel tempo il tetrarca Erode ebbe notizia della fama di Gesù.2Egli disse ai suoi cortigiani: "Costui è Giovanni il Battista risuscitato dai morti; per ciò la potenza dei miracoli opera in lui".

3Erode aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione per causa di Erodìade, moglie di Filippo suo fratello.4Giovanni infatti gli diceva: "Non ti è lecito tenerla!".5Benché Erode volesse farlo morire, temeva il popolo perché lo considerava un profeta.
6Venuto il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode7che egli le promise con giuramento di darle tutto quello che avesse domandato.8Ed essa, istigata dalla madre, disse: "Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista".9Il re ne fu contristato, ma a causa del giuramento e dei commensali ordinò che le fosse data10e mandò a decapitare Giovanni nel carcere.11La sua testa venne portata su un vassoio e fu data alla fanciulla, ed ella la portò a sua madre.12I suoi discepoli andarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informarne Gesù.

13Udito ciò, Gesù partì di là su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città.14Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
15Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: "Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare".16Ma Gesù rispose: "Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare".17Gli risposero: "Non abbiamo che cinque pani e due pesci!".18Ed egli disse: "Portatemeli qua".19E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull'erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla.20Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati.21Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.

22Subito dopo ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull'altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla.23Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
24La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario.25Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.26I discepoli, a vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: "È un fantasma" e si misero a gridare dalla paura.27Ma subito Gesù parlò loro: "Coraggio, sono io, non abbiate paura".28Pietro gli disse: "Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque".29Ed egli disse: "Vieni!". Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù.30Ma per la violenza del vento, s'impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: "Signore, salvami!".31E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: "Uomo di poca fede, perché hai dubitato?".
32Appena saliti sulla barca, il vento cessò.33Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: "Tu sei veramente il Figlio di Dio!".

34Compiuta la traversata, approdarono a Genèsaret.35E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati,36e lo pregavano di poter toccare almeno l'orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano.


Esdra 7

1Dopo questi avvenimenti, sotto il regno di Artaserse, re di Persia, Esdra,
figlio di Seraia,
figlio di Azaria,
figlio di Chelkia,
2figlio di Sallùm,
figlio di Zadòk,
figlio di Achitùb,
3figlio di Amaria,
figlio di Azaria,
figlio di Meraiòt,
4figlio di Zerachia,
figlio di Uzzi,
figlio di Bukki,
5figlio di Abisua,
figlio di Pincas,
figlio di Eleàzaro,
figlio di Aronne sommo sacerdote:6questo Esdra, partì da Babilonia. Egli era uno scriba abile nella legge di Mosè, data dal Signore Dio d'Israele e, poiché la mano del Signore suo Dio era su di lui, il re aveva aderito a ogni sua richiesta.7Nel settimo anno del re Artaserse anche un gruppo di Israeliti, sacerdoti, leviti, cantori, portieri e oblati partirono per Gerusalemme.8Egli arrivò a Gerusalemme nel quinto mese: era l'anno settimo del re.9Egli aveva stabilito la partenza da Babilonia per il primo giorno del primo mese e il primo del quinto mese arrivò a Gerusalemme, poiché la mano benevola del suo Dio era con lui.10Infatti Esdra si era dedicato con tutto il cuore a studiare la legge del Signore e a praticarla e ad insegnare in Israele la legge e il diritto.
11Questa è la copia del documento che il re Artaserse consegnò a Esdra sacerdote, scriba esperto nei comandi del Signore e nei suoi statuti dati a Israele:
12"Artaserse, re dei re, al sacerdote Esdra, scriba della legge del Dio del cielo, salute perfetta. Ora:13da me è dato questo decreto. Chiunque nel mio regno degli appartenenti al popolo d'Israele, dei sacerdoti e dei leviti ha deciso liberamente di andare a Gerusalemme, può venire con te;14infatti da parte del re e dei suoi sette consiglieri tu sei inviato a fare inchiesta in Giudea e a Gerusalemme intorno all'osservanza della legge del tuo Dio, che hai nelle mani,15e a portare l'argento e l'oro che il re e i suoi consiglieri inviano come offerta volontaria per devozione al Dio d'Israele che è in Gerusalemme,16e tutto l'argento e l'oro che troverai in tutte le province di Babilonia insieme con le offerte volontarie che il popolo e i sacerdoti offriranno per la casa del loro Dio a Gerusalemme.
17Perciò con questo argento ti prenderai cura di acquistare tori, arieti, agnelli e ciò che occorre per le offerte e libazioni che vi si uniscono e li offrirai sull'altare della casa del vostro Dio che è in Gerusalemme.18Quanto al resto dell'argento e dell'oro farete come sembrerà bene a te e ai tuoi fratelli, secondo la volontà del vostro Dio.19Gli arredi che ti sono stati consegnati per il culto del tuo Dio, rimettili davanti al Dio di Gerusalemme.20Per il resto di quanto occorre per la casa del tuo Dio e che spetta a te di procurare, lo procurerai a spese del tesoro reale.21Io, il re Artaserse, ordino a tutti i tesorieri dell'Oltrefiume:
Tutto ciò che Esdra, sacerdote e scriba della legge del Dio del cielo, vi domanderà, dateglielo puntualmente,22fino a cento talenti d'argento, cento 'kor' di grano, cento 'bat' di vino, cento 'bat' di olio e sale a volontà.23Quanto è secondo la volontà del Dio del cielo sia fatto con precisione per la casa del Dio del cielo, perché non venga l'ira sul regno del re e dei suoi figli.24Vi rendiamo poi noto che non è permesso riscuotere tributi e diritti di pedaggio su tutti i sacerdoti, leviti, cantori, portieri, oblati e inservienti di questa casa di Dio.
25Quanto a te, Esdra, con la sapienza del tuo Dio, che ti è stata data, stabilisci magistrati e giudici, ai quali sia affidata l'amministrazione della giustizia per tutto il popolo dell'Oltrefiume, cioè per quanti conoscono la legge del tuo Dio, e istruisci quelli che non la conoscono.26A riguardo di chiunque non osserverà la legge del tuo Dio e la legge del re, sia fatta prontamente giustizia o con la morte o con il bando o con ammenda in denaro o con il carcere".
27Benedetto il Signore, Dio dei padri nostri, che ha disposto il cuore del re a glorificare la casa del Signore che è a Gerusalemme,28e ha volto verso di me la benevolenza del re, dei suoi consiglieri e di tutti i potenti principi reali. Allora io mi sono sentito incoraggiato, perché la mano del Signore mio Dio era su di me e ho radunato alcuni capi d'Israele, perché partissero con me.


Giobbe 38

1Il Signore rispose a Giobbe di mezzo al turbine:

2Chi è costui che oscura il consiglio
con parole insipienti?
3Cingiti i fianchi come un prode,
io t'interrogherò e tu mi istruirai.
4Dov'eri tu quand'io ponevo le fondamenta della terra?
Dillo, se hai tanta intelligenza!
5Chi ha fissato le sue dimensioni, se lo sai,
o chi ha teso su di essa la misura?
6Dove sono fissate le sue basi
o chi ha posto la sua pietra angolare,
7mentre gioivano in coro le stelle del mattino
e plaudivano tutti i figli di Dio?
8Chi ha chiuso tra due porte il mare,
quando erompeva uscendo dal seno materno,
9quando lo circondavo di nubi per veste
e per fasce di caligine folta?
10Poi gli ho fissato un limite
e gli ho messo chiavistello e porte
11e ho detto: "Fin qui giungerai e non oltre
e qui s'infrangerà l'orgoglio delle tue onde".
12Da quando vivi, hai mai comandato al mattino
e assegnato il posto all'aurora,
13perché essa afferri i lembi della terra
e ne scuota i malvagi?
14Si trasforma come creta da sigillo
e si colora come un vestito.
15È sottratta ai malvagi la loro luce
ed è spezzato il braccio che si alza a colpire.
16Sei mai giunto alle sorgenti del mare
e nel fondo dell'abisso hai tu passeggiato?
17Ti sono state indicate le porte della morte
e hai visto le porte dell'ombra funerea?
18Hai tu considerato le distese della terra?
Dillo, se sai tutto questo!
19Per quale via si va dove abita la luce
e dove hanno dimora le tenebre
20perché tu le conduca al loro dominio
o almeno tu sappia avviarle verso la loro casa?
21Certo, tu lo sai, perché allora eri nato
e il numero dei tuoi giorni è assai grande!
22Sei mai giunto ai serbatoi della neve,
hai mai visto i serbatoi della grandine,
23che io riserbo per il tempo della sciagura,
per il giorno della guerra e della battaglia?
24Per quali vie si espande la luce,
si diffonde il vento d'oriente sulla terra?
25Chi ha scavato canali agli acquazzoni
e una strada alla nube tonante,
26per far piovere sopra una terra senza uomini,
su un deserto dove non c'è nessuno,
27per dissetare regioni desolate e squallide
e far germogliare erbe nella steppa?
28Ha forse un padre la pioggia?
O chi mette al mondo le gocce della rugiada?
29Dal seno di chi è uscito il ghiaccio
e la brina del cielo chi l'ha generata?
30Come pietra le acque induriscono
e la faccia dell'abisso si raggela.
31Puoi tu annodare i legami delle Plèiadi
o sciogliere i vincoli di Orione?
32Fai tu spuntare a suo tempo la stella del mattino
o puoi guidare l'Orsa insieme con i suoi figli?
33Conosci tu le leggi del cielo
o ne applichi le norme sulla terra?
34Puoi tu alzare la voce fino alle nubi
e farti coprire da un rovescio di acqua?
35Scagli tu i fulmini e partono
dicendoti: "Eccoci!"?
36Chi ha elargito all'ibis la sapienza
o chi ha dato al gallo intelligenza?
37Chi può con sapienza calcolare le nubi
e chi riversa gli otri del cielo,
38quando si fonde la polvere in una massa
e le zolle si attaccano insieme?
39Vai tu a caccia di preda per la leonessa
e sazi la fame dei leoncini,
40quando sono accovacciati nelle tane
o stanno in agguato fra le macchie?
41Chi prepara al corvo il suo pasto,
quando i suoi nati gridano verso Dio
e vagano qua e là per mancanza di cibo?


Salmi 82

1'Salmo. Di Asaf.'

Dio si alza nell'assemblea divina,
giudica in mezzo agli dèi.

2"Fino a quando giudicherete iniquamente
e sosterrete la parte degli empi?
3Difendete il debole e l'orfano,
al misero e al povero fate giustizia.
4Salvate il debole e l'indigente,
liberatelo dalla mano degli empi".

5Non capiscono, non vogliono intendere,
avanzano nelle tenebre;
vacillano tutte le fondamenta della terra.
6Io ho detto: "Voi siete dèi,
siete tutti figli dell'Altissimo".
7Eppure morirete come ogni uomo,
cadrete come tutti i potenti.

8Sorgi, Dio, a giudicare la terra,
perché a te appartengono tutte le genti.


Gioele 2

1Suonate la tromba in Sion
e date l'allarme sul mio santo monte!
Tremino tutti gli abitanti della regione
perché viene il giorno del Signore,
perché è vicino,
2giorno di tenebra e di caligine,
giorno di nube e di oscurità.
Come l'aurora, si spande sui monti
un popolo grande e forte;
come questo non ce n'è stato mai
e non ce ne sarà dopo,
per gli anni futuri di età in età.

3Davanti a lui un fuoco divora
e dietro a lui brucia una fiamma.
Come il giardino dell'Eden è la terra davanti a lui
e dietro a lui è un deserto desolato,
non resta alcun avanzo.
4Il loro aspetto è aspetto di cavalli,
come destrieri essi corrono.
5Come fragore di carri
che balzano sulla cima dei monti,
come crepitìo di fiamma avvampante
che brucia la stoppia, come un popolo forte
schierato a battaglia.
6Davanti a loro tremano i popoli,
tutti i volti impallidiscono.
7Corrono come prodi,
come guerrieri che scalano le mura;
ognuno procede per la strada,
nessuno smarrisce la via.
8L'uno non incalza l'altro,
ognuno va per il suo sentiero.
Si gettano fra i dardi, ma non rompono le file.
9Piombano sulla città, si precipitano sulle mura,
salgono sulle case, entrano dalle finestre come ladri.

10Davanti a loro la terra trema,
il cielo si scuote,
il sole, la luna si oscurano
e le stelle cessano di brillare.
11Il Signore fa udire il tuono dinanzi alla sua schiera,
perché molto grande è il suo esercito,
perché potente è l'esecutore della sua parola,
perché grande è il giorno del Signore
e molto terribile: chi potrà sostenerlo?

12"Or dunque - parola del Signore -
ritornate a me con tutto il cuore,
con digiuni, con pianti e lamenti".
13Laceratevi il cuore e non le vesti,
ritornate al Signore vostro Dio,
perché egli è misericordioso e benigno,
tardo all'ira e ricco di benevolenza
e si impietosisce riguardo alla sventura.
14Chi sa che non cambi e si plachi
e lasci dietro a sé una benedizione?
Offerta e libazione per il Signore vostro Dio.
15Suonate la tromba in Sion,
proclamate un digiuno,
convocate un'adunanza solenne.
16Radunate il popolo, indite un'assemblea,
chiamate i vecchi,
riunite i fanciulli, i bambini lattanti;
esca lo sposo dalla sua camera
e la sposa dal suo talamo.
17Tra il vestibolo e l'altare piangano
i sacerdoti, ministri del Signore, e dicano:
"Perdona, Signore, al tuo popolo
e non esporre la tua eredità al vituperio
e alla derisione delle genti".
Perché si dovrebbe dire fra i popoli:
"Dov'è il loro Dio?".

18Il Signore si mostri geloso per la sua terra
e si muova a compassione del suo popolo.

19Il Signore ha risposto al suo popolo:
"Ecco, io vi mando il grano, il vino nuovo e l'olio
e ne avrete a sazietà;
non farò più di voi il ludibrio delle genti.
20Allontanerò da voi quello che viene dal settentrione
e lo spingerò verso una terra arida e desolata:
spingerò la sua avanguardia verso il mare d'oriente
e la sua retroguardia verso il mare occidentale.
Esalerà il suo lezzo, salirà il suo fetore,
perché ha fatto molto male.

21Non temere, terra,
ma rallegrati e gioisci,
poiché cose grandi ha fatto il Signore.
22Non temete, animali della campagna,
perché i pascoli del deserto hanno germogliato,
perché gli alberi producono i frutti,
la vite e il fico danno il loro vigore.
23Voi, figli di Sion, rallegratevi,
gioite nel Signore vostro Dio,
perché vi da' la pioggia in giusta misura,
per voi fa scendere l'acqua,
la pioggia d'autunno e di primavera, come in passato.
24Le aie si riempiranno di grano
e i tini traboccheranno di mosto e d'olio.
25"Vi compenserò delle annate
che hanno divorate la locusta e il bruco,
il grillo e le cavallette,
quel grande esercito
che ho mandato contro di voi.
26Mangerete in abbondanza, a sazietà,
e loderete il nome del Signore vostro Dio,
che in mezzo a voi ha fatto meraviglie.
27Voi riconoscerete che io sono in mezzo ad Israele,
e che sono io il Signore vostro Dio,
e non ce ne sono altri:
mai più vergogna per il mio popolo.


Prima lettera ai Corinzi 10

1Non voglio infatti che ignoriate, o fratelli, che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, tutti attraversarono il mare,2tutti furono battezzati in rapporto a Mosè nella nuvola e nel mare,3tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale,4tutti bevvero la stessa bevanda spirituale: bevevano infatti da una roccia spirituale che li accompagnava, e quella roccia era il Cristo.5Ma della maggior parte di loro Dio non si compiacque e perciò furono abbattuti nel deserto.
6Ora ciò avvenne come esempio per noi, perché non desiderassimo cose cattive, come essi le desiderarono.7Non diventate idolàtri come alcuni di loro, secondo quanto sta scritto: 'Il popolo sedette a mangiare e a bere e poi si alzò per divertirsi'.8Non abbandoniamoci alla fornicazione, come vi si abbandonarono alcuni di essi e ne caddero in un solo giorno ventitremila.9Non mettiamo alla prova il Signore, come fecero alcuni di essi, e caddero vittime dei serpenti.10Non mormorate, come mormorarono alcuni di essi, e caddero vittime dello sterminatore.11Tutte queste cose però accaddero a loro come esempio, e sono state scritte per ammonimento nostro, di noi per i quali è arrivata la fine dei tempi.12Quindi, chi crede di stare in piedi, guardi di non cadere.13Nessuna tentazione vi ha finora sorpresi se non umana; infatti Dio è fedele e non permetterà che siate tentati oltre le vostre forze, ma con la tentazione vi darà anche la via d'uscita e la forza per sopportarla.

14Perciò, o miei cari, fuggite l'idolatria.15Parlo come a persone intelligenti; giudicate voi stessi quello che dico:16il calice della benedizione che noi benediciamo, non è forse comunione con il sangue di Cristo? E il pane che noi spezziamo, non è forse comunione con il corpo di Cristo?17Poiché c'è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell'unico pane.18Guardate Israele secondo la carne: quelli che mangiano le vittime sacrificali non sono forse in comunione con l'altare?
19Che cosa dunque intendo dire? Che la carne immolata agli idoli è qualche cosa? O che un idolo è qualche cosa?20No, ma dico che i sacrifici dei pagani sono fatti a demòni e non a Dio. Ora, io non voglio che voi entriate in comunione con i demòni;21non potete bere il calice del Signore e il calice dei demòni; non potete partecipare alla mensa del Signore e alla mensa dei demòni.22O vogliamo provocare la gelosia del Signore? Siamo forse più forti di lui?

23"Tutto è lecito!". Ma non tutto è utile! "Tutto è lecito!". Ma non tutto edifica.24Nessuno cerchi l'utile proprio, ma quello altrui.25Tutto ciò che è in vendita sul mercato, mangiatelo pure senza indagare per motivo di coscienza,26perché 'del Signore è la terra e tutto ciò che essa contiene'.
27Se qualcuno non credente vi invita e volete andare, mangiate tutto quello che vi viene posto davanti, senza fare questioni per motivo di coscienza.28Ma se qualcuno vi dicesse: "È carne immolata in sacrificio", astenetevi dal mangiarne, per riguardo a colui che vi ha avvertito e per motivo di coscienza;29della coscienza, dico, non tua, ma dell'altro. Per qual motivo, infatti, questa mia libertà dovrebbe esser sottoposta al giudizio della coscienza altrui?30Se io con rendimento di grazie partecipo alla mensa, perché dovrei essere biasimato per quello di cui rendo grazie?

31Sia dunque che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.32Non date motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio;33così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare l'utile mio ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.


Capitolo IX: Riferire tutto a Dio, ultimo fine

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1. O figlio, se veramente desideri farti santo, devo essere io il tuo supremo ed ultimo fine: un fine che renderà puri i tuoi affetti, troppo spesso piegati verso te stesso e verso le creature; ed è male giacché, quando in qualche cosa cerchi te stesso, immediatamente vieni meno ed inaridisci. Tutto devi dunque ricondurre, in primo luogo, a me; perché tutto da me proviene. Considera ogni cosa come emanata dal sommo bene, e perciò riferisci tutto a me, come alla sua origine. Acqua viva attingono a me, come a fonte viva, l'umile e il grande, il povero e il ricco. Colui che si mette al mio servizio, con spontaneità e libertà di spirito, riceverà grazia. Invece colui che cerca onore e gloria, non in me, ma altrove; colui che cerca diletto in ogni bene particolare non godrà di quella gioia vera e duratura che allarga il cuore. Anzi incontrerà molti ostacoli ed angustie.

2. Nulla di ciò che è buono devi ascrivere a te; nessuna capacità, devi attribuire ad un mortale. Riconosci, invece, che tutto è di Dio, senza del quale nulla ha l'uomo. Tutto è stato dato da me, tutto voglio riavere; e chiedo con forza che l'uomo me ne sia grato. E' questa la verità, che mette in fuga ogni inconsistente vanteria. Quando verranno la grazia celeste e il vero amore, allora scompariranno l'invidia e la grettezza del cuore; perché l'amore di Dio vince ogni cosa e irrobustisce le forze dell'anima. Se vuoi essere saggio, poni la tua gioia e la tua speranza soltanto in me. Infatti "nessuno è buono; buono è soltanto Iddio" (Lc 18,19). Sia egli lodato, al di sopra di ogni cosa; e sia in ogni cosa benedetto.


LETTERA 119: Consenzio pone ad Agostino questioni sulla Trinità, quali la relazione tra le due nature in Cristo, fra le tre Persone divine

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta nel 410.

Consenzio pone ad Agostino questioni sulla Trinità, quali la relazione tra le due nature in Cristo, fra le tre Persone divine (n. 1-5) ed afferma che tali delucidazioni saranno utili a molti (n. 6).

CONSENZIO SALUTA IL SANTO E BEATISSIMO PADRE AGOSTINO

La ragione e la fede nelle verità rivelate.

1. Al tuo santo fratello, il vescovo Alipio, ammirabile per tante virtù del suo animo, avevo già esposto in poche parole l'oggetto specifico della presente domanda nella speranza che si degnasse di raccomandarti la mia istanza. Purtroppo, poiché hai dovuto recarti in villa, sono stato privato della possibilità di un incontro personale con te: per questo ho preferito esporti per lettera la mia preghiera, anziché rimanere nell'ansia e nell'incertezza della aspettativa; e ciò soprattutto perché, se comprenderai la necessità d'accordarmi il favore richiesto, la tua mente si troverà nella condizione migliore per penetrare i profondi misteri, in quanto adesso ti trovi in un luogo lontano dal chiasso e dalle distrazioni. Io poi sono intimamente e pienamente convinto che la verità riguardante la natura di Dio deve raggiungersi più con la fede che con la ragione: se la dottrina della santa Chiesa potesse comprendersi per mezzo della ragione e non in virtù del sentimento religioso della fede, nessuno, tranne i filosofi e i professori, arriverebbero al possesso della felicità. A Dio però, che ha scelto le cose deboli di questo mondo per confondere i forti, è piaciuto di salvare i credenti mediante la stoltezza della predicazione 1; quando perciò si tratta di problemi teologici, non si deve andare in cerca d'argomenti razionali, quanto piuttosto è da seguire l'autorità dei santi. Eccone una prova: se avessero prestato fede alle Sacre Scritture anziché alle proprie argomentazioni, non avrebbero persistito nella loro eresia gli Ariani, i quali considerano il Figlio minore del Padre, mentre noi lo confessiamo generato dal Padre; allo stesso modo i Macedoniani non avrebbero cacciato via dall'eccelso trono della divinità lo Spirito Santo, che noi non crediamo né generato né non generato.

Consenzio si affida al magistero di Agostino.

2. Ciononostante ascoltami, o ammirabile uomo, poiché il Padre nostro, il quale è il solo a conoscere i misteri ed ha la chiave di Davide 2 ti ha concesso la grazia di penetrare con l'acuto sguardo della tua mente limpidissima il mirabile congegno dei cieli e contemplare a faccia scoperta la gloria del Signore 3. Nella misura in cui Colui, che ha infuso nella tua mente un pensiero così profondo, ti concederà anche la facoltà di esprimerlo, spiegaci qualcosa dell'ineffabile natura di Dio; per quanto puoi e con il suo aiuto, sforzati di esprimere con parole un'immagine della sua natura. Se non ci verrai in soccorso tu, come guida e maestro, per un'impresa così ardua, la nostra mente avrà paura di fissare lo sguardo nella natura stessa di Dio, come accecata dalla sua sfolgorante luce. Penetra dunque nella nube oscurissima dei misteri di Dio, ove il nostro sguardo non può entrare. Correggi anzitutto in me e poi nei miei libri la soluzione di certe questioncelle che riconosco sbagliate, poiché preferisco seguire con la fede l'autorevole giudizio della Santità tua, anziché avere idee storte a causa di argomentazioni della mia mente sedotta da false immaginazioni.

Le due nature in Gesù Cristo.

3. Ora io, con tutta la prudente semplicità del mio spirito, ho sentito dire ed ho creduto che nostro Signore Gesù Cristo è luce secondo quanto sta scritto: Fate conoscere di giorno in giorno come una lieta novella la felicità promessaci da Dio 4, come è detto pure nella Sapienza di Salomone: È candore di luce eterna 5. Credevo quindi, pur non arrivando a una fede degna di sì alto mistero, che Dio è potenza infinita di luce inconcepibile, della quale la mente umana (a qualunque altezza possa innalzarsi col pensiero) non può giudicare la natura né misurare il volume né immaginare la forma; pensavo tuttavia che è qualcosa, qualunque essa sia, dotata d'incomparabile e inconcepibile bellezza, che almeno Cristo può vedere anche con gli occhi del corpo. Orbene, verso la fine del mio primo libro, come certamente hai la bontà di ricordare, volendo dimostrare che il Signore Gesù Cristo, cioè l'uomo assunto, possiede la divina potenza senza perdere la materia della carne umana da Lui assunta, avevo spiegato che nelle sue viscere era sparita solo la debolezza: a questo punto mi è stata fatta la seguente obiezione: se l'uomo assunto da Cristo s'è trasformato in Dio, non doveva essere localizzato in uno spazio determinato; perché dunque dopo la risurrezione disse: Non toccarmi, poiché non sono ancora asceso al Padre mio 6.

La Trinità e l'Unità di Dio

4. Mentre dunque mi sforzavo di dimostrare che Cristo è dovunque con la potenza, ma non con le azioni, con la divinità ma non col corpo, ho scritto sull'unità di Dio e la trinità delle Persone espressioni di questo tenore: V'è un solo Dio, ma tre Persone. Dio è in sé indistinto, mentre le Persone sono distinte tra di loro. Dio è presente in tutte le cose e al di sopra di tutte, abbraccia gli esseri infimi, riempie quelli intermedi, trascende i più sublimi; si diffonde oltre l'universo e per l'universo; le Persone della Trinità invece, sussistendo in se stesse, si distinguono per le rispettive proprietà né si confondono mescolandosi tra di loro. Dio dunque è uno solo ed è dovunque, poiché non può essercene un altro oltre a Lui, né vi è spazio vuoto in cui possa essercene un altro. Tutte le cose sono piene di Dio e non v'è nulla al di sopra di Dio. Lo stesso unico Dio è nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo; perciò il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo non sono altrettanti dèi, ma uno stesso ed unico Dio. Il Padre non è il Figlio e il Figlio non è lo Spirito Santo. Il Padre è nel Figlio e il Figlio nel Padre e lo Spirito Santo in ambedue, poiché Dio, uno ed indivisibile, abita nelle tre Persone: tre per numero ma non per grado, e non distinte per potenza. Tutto ciò che appartiene al Padre, appartiene pure al Figlio; tutto ciò che appartiene al Figlio appartiene pure al Padre e tutto ciò che appartiene a loro due appartiene pure allo Spirito Santo, poiché possiedono non una sostanza quasi uguale, ma la medesima sostanza della uguale, identica, indivisibile divinità. Nessuna delle tre Persone è quindi superiore all'altra per maestà o per età, poiché l'assoluto non può dividersi, così come nell'assoluto non può esservi neppure qualcosa che possa separarsi in modo da rimanere una parte maggiore ad una e minore ad un'altra. Per quanto riguarda invece le Persone non è così, poiché la Persona del Padre non è quella del Figlio, né la Persona del Figlio è quella dello Spirito Santo. Una sola dunque è la potenza posseduta dalla potenza delle tre Persone, una sola è la sostanza nella quale sussistono le tre Persone. Per questo motivo il Padre e il Figlio e lo Spirito Santo sono dovunque rispetto alla maestà, poiché sono una sola cosa, mentre soltanto riguardo alle Persone ciascuna è in se stessa, poiché sono tre Persone distinte. Svolgendo concetti consimili sono arrivato alla conclusione che le Persone sono presenti ovunque ma riconfermando [quanto detto sulla sostanza], che è una e identica e che è per la sua maestà sopra i cieli, di là dai mari e oltre gli abissi. Da ciò dimostravo doversi trarre la conclusione che l'uomo, assunto da Cristo, divenuto Dio, non ha perduto la natura da Lui assunta ma non deve essere considerato una quarta persona.

Impossibile immaginare l'essenza di Dio.

5. A te però è stato concesso, a mio parere, di penetrare il cielo con l'acume del tuo pensiero, poiché verace è Colui che ha detto: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio 7. Tu quindi innalzi la purezza della tua mente sopra tutte le stelle fino alla contemplazione e dici che Dio non deve essere pensato come un corpo. In realtà quand'anche s'immaginasse una luce mille volte più smagliante e più intensa di quella del sole, non ci si potrebbe formare alcuna immagine che abbia una certa somiglianza con Dio, poiché tutto quello che si può vedere è sempre qualcosa di materiale. Ma allo stesso modo che non possiamo pensare come qualcosa di corporeo la giustizia e la pietà se non forse immaginando una creatura femminile (come erroneamente la concepivano i pagani) così pure dobbiamo pensare Iddio senza ricorrere per quanto ci è possibile ad alcuna immaginazione della fantasia. A me poi che a mala pena posso percepire con la mia debolissima mente ragionamenti troppo sottili, sembrava che nella giustizia, considerata come sostanza, non potesse esserci alcunché di vivo; finora quindi non riesco a pensare Iddio, ch'è natura vivente, come un essere simile alla giustizia, appunto perché la giustizia vive non in se stessa ma in noi, o meglio siamo noi a vivere secondo la giustizia, mentre la giustizia non vive affatto di vita propria, salvo che per caso si affermi che la giustizia non è il sentimento umano della giustizia, ma quella che si identifica con Dio.

Rinnovata istanza d'essere illuminato.

6. Vorrei quindi venire rassicurato in proposito non solo con una risposta a viva voce, ma più completamente con una tua lettera. Non sta affatto bene che i tuoi consigli ritraggano soltanto me dalla via dell'errore in cui siamo molti a camminare. Purtroppo nelle isole in cui abitiamo, molti, mentre avanzavamo sul retto sentiero, sono andati a imboccare senz'avvedersene nel viottolo di questo tortuoso errore. Vi sarà forse qui un Agostino, al cui autorevole giudizio cedere, al cui insegnamento credere, dal cui ingegno lasciarsi vincere? O forse, spinto dal tuo affetto paterno, tu preferisci guidarmi con segreti consigli, anziché indirizzarmi un rimprovero come ad un compagno fuorviato? No, il tuo rimprovero non sarà né inutile né sgradevole, dal momento che desidero avanzare speditamente più per il bene dell'anima che per essere lodato dal mondo, soprattutto se penso che un tale rimprovero potrà recare vita e lode non solo a me, ma pure agli altri. Sicuro: penso che nessuno potrebbe essere così ingiusto che, per il fatto che una volta sono uscito dalla retta via, preferisca accusarmi di stoltezza anziché andare adagio ed aver la prudenza di giudicarmi per l'indirizzo giusto da me scelto. Non si Possono infatti giudicare stolti coloro, ai quali l'apostolo Paolo, affinché non corressero a casaccio, rivolgeva il suo ammonimento: Correte anche voi in modo da raggiungere la mèta 8. È necessario quindi che io non solo lasci la via finora percorsa, ma trovi chi me la sbarri e me la tronchi addirittura, affinché per caso non tragga in inganno altri con la falsa apparenza dell'amore. Ma oltre a ciò, se non erro, t'ho scelto non tanto per farti leggere i libri da me pubblicati, quanto per farteli esaminare e correggere. Difatti nella lettera, da me premessa come piccola prefazione ai miei libri, si legge la seguente espressione: '' Ci è piaciuto di fissare l'ondeggiante barchetta della nostra fede al giudizio del beato vescovo Agostino ". Perché dunque tu, che sei maestro insuperato della dottrina cristiana, perché mai esiti a riprendere apertamente un tuo figlio al fine di correggerlo, dal momento che l'àncora del tuo giudizio non mi può dare sicura stabilità se non morde profondamente? Ora, non può considerarsi in realtà soltanto lieve e biasimevole una discussione, in cui non solo si corre il pericolo di non far proseguire la verità, ma in cui - come hai detto tu stesso con tanta forza - l'accecamento dello spirito conduce al peccato d'idolatria! Ebbene, io vorrei che tale questione fosse da te discussa con circospezione e prudenza, in modo che la limpidezza del tuo sapere e del tuo ingegno dissipasse la nebbia della mia mente. In tal modo quel che ora non sono capace di pensare, potrei poi vederlo con gli occhi del mio spirito, una volta spiegato chiaramente dalla luce della tua intelligenza. Ti auguro, signore mio santo e padre beatissimo, d'essere sano e d'arrivare dopo una vita felice al possesso del regno celeste; ricordati ognora di me.

 

1 - 1 Cor 1, 27.

2 - Ap 3, 7.

3 - 2 Cor 3, 18.

4 - Sal 95, 2.

5 - Sap 7, 26.

6 - Gv 20, 17.

7 - Mt 5, 8.

8 - 1 Cor 9, 24.


9 - Si narrano l'intervento di Maria nella formazione dei Vangeli.

La mistica Città di Dio - Libro ottavo - Suor Maria d'Agreda

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557. Ho già spiegato, per quanto ho potuto, quale fos­se lo stato della nostra Regina dopo il primo concilio e do­po le vittorie da lei conseguite su Lucifero e i suoi. Ben­ché tutte le meraviglie che compì in questo ed in altri periodi non siano sintetizzabili in una storia, mi è stata con­cessa una particolare illuminazione per illustrare come fu intrapresa la stesura dei Vangeli e come ella vi contribuì e si prese cura in modo miracoloso degli apostoli assenti. Nella seconda parte e altrove ho riferito che ebbe notizia di tutti gli arcani concernenti la legge di grazia ed i testi che le avrebbero conferito fondamento e stabilità. Questa cognizione le fu confermata più volte, specialmente quan­do salì al cielo all'ascensione del suo Figlio santissimo, e da allora ogni giorno, senza tralasciarne alcuno, prostrata pregava intensamente il Signore perché rischiarasse colo­ro che li avrebbero redatti e disponesse che lo facessero al momento opportuno.

558. In seguito, mentre era nell'empireo prima che le fossero affidati i credenti, fu informata che era ormai tem­po di dare avvio all'opera, affinché provvedesse come mae­stra della Chiesa. Per la sua profonda umiltà e prudenza ottenne che ciò avvenisse tramite il capo della comunità e che questi fosse assistito in una responsabilità di tanto gran­de importanza. Dunque, allorché il sacro collegio, come ri­ferisce il quindicesimo capitolo degli Atti, si riunì per ri­solvere i dubbi relativi alla circoncisione, egli affermò che occorreva fissare le verità circa la vita del nostro Redento­re, così che tutti le esponessero senza differenze o discor­danze e, bandendo l'antico patto, annunciassero il nuovo.

559. Aveva già consultato al riguardo la Madre della sa­pienza e tutti, accolta la proposta, invocarono lo Spirito perché indicasse chi scegliere. Immediatamente un raggio splendente investì Pietro e si udì una voce che proclama­va: «Il pontefice nomini quattro persone che annotino le azioni e gli insegnamenti del Salvatore del mondo». Il vi­cario di Cristo, imitato dagli altri, si gettò al suolo per rendere grazie, e quindi rialzatosi disse: «Matteo, nostro ca­rissimo fratello, scriva subito il suo Vangelo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Marco sia il secondo a scrivere il suo Vangelo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Luca sia il terzo a scrivere il suo Van­gelo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Il nostro carissimo fratello Giovanni sia il quarto ed ulti­mo a scrivere il suo Vangelo nel nome del Padre, del Fi­glio e dello Spirito Santo». L'Altissimo approvò la sua de­cisione con lo stesso fulgore, che rimase finché non fu co­municata e accettata concordemente.

560. Dopo pochi giorni Matteo determinò di principia­re, e una notte stava in orazione in una stanza appartata della casa del cenacolo a chiedere luce quando gli com­parve la Signora seduta su un trono maestoso, senza che le porte si fossero aperte. Si chinò con la faccia a terra in segno di riverenza e di rispetto e, levatosi su ad un cen­no di lei, la supplicò di benedirlo. Gli furono rivolte que­ste parole: «Mio diletto, l'Onnipotente mi manda a voi con la sua benedizione, affinché con essa vi applichiate all'in­carico che per vostra buona sorte vi è toccato. Il suo Spi­rito vi aiuterà ed io ve lo impetrerò con tutto l'affetto del­l'anima mia. Quanto a me, però, conviene che palesiate solo ciò che è necessario per manifestare l'incarnazione e gli altri misteri di lui e per piantare la fede; questa si con­soliderà e quindi verranno secoli nei quali saranno rive­lati gli straordinari favori a me elargiti». Promise di ob­bedire e, mentre si faceva consigliare sull'ordine da dare al racconto, venne visibilmente il Paràclito; in presenza di lei, si mise allora a comporlo come lo leggiamo e conti­nuò anche dopo che fu sparita, terminandolo poi in Giu­dea. Lo stilò in ebraico, nel quarantaduesimo anno dalla nascita di Gesù.

561. Marco iniziò quattro anni dopo, egli pure in Pale­stina ed esprimendosi in ebraico. In tale occasione pregò il suo custode di avvertire Maria beatissima della sua inten­zione, domandando il suo aiuto e la sua intercessione. El­la lo esaudì e l'Eterno stabilì che fosse portata con la con­sueta gloria presso di lui, che perseverava nella sua implo­razione e che scorgendola su un seggio di mirabile bellez­za si prostrò e dichiarò: «O voi che avete generato il mio Maestro, io non sono degno di questo beneficio, benché sia schiavo suo e vostro». Gli fu risposto: «Colui che voi servi­te ed amate mi invia per assicurarvi che ascolta il vostro grido e che il suo Spirito vi sosterrà nel compito che vi è stato affidato». Ebbe il comando di non trattare di quanto la concerneva e in quell'istante lo Spirito scese sotto la for­ma di un magnifico chiarore circondandolo e illuminando­lo interiormente, così che intraprese il lavoro davanti alla nostra Principessa, che aveva sessantuno anni. San Girola­mo asserisce che egli redasse il testo a Roma, sollecitato dai credenti del luogo, ma avviso che questo era una tra­duzione che fece nella loro lingua, cioè in latino.

562. Due anni dopo Luca stese la sua opera in greco, vi­sitato come gli altri dalla Vergine. Considerò con lei che, per parlare dell'incarnazione e della vita del suo Unigenito, occorreva illustrare come era avvenuto il concepimento del Verbo e altre verità relative alla sua maternità, e per quel­lo si soffermò maggiormente su ciò, pur non tralasciando di tacere i segreti e le meraviglie che le appartenevano per la sua eccelsa dignità. Subito ricevette lo Spirito e comin­ciò la narrazione. Restò sempre molto devoto alla Regina e mai si cancellarono nella sua mente le specie o immagi­ni impresse da tale apparizione, che ebbe in Acaia.

563. Giovanni li imitò nel cinquantottesimo anno del Si­gnore, usando il greco poiché era in Asia Minore, dopo il transito e l'assunzione della sovrana dell'universo. Volle contrastare gli errori e le eresie che il demonio non aveva tardato a seminare e che tendevano principalmente ad an­nientare la fede nell'incarnazione del Verbo, mistero che l'aveva umiliato e vinto; per questo superò quanti l'aveva­no preceduto proponendo eccellenti argomenti per prova­re la reale ed autentica divinità di sua Maestà.

564. La Madre , sebbene fosse già tra i comprensori in cielo, si recò di persona da lui con ineffabile splendore e accompagnata da migliaia di angeli di tutte le gerarchie e di tutti i cori. Gli disse: «Mio carissimo e ministro dell'Al­tissimo, è giunto il momento opportuno perché scriviate la storia del Redentore e sia a tutti più chiara la sua natura, affinché lo confessino come Figlio del Padre, vero Dio e vero uomo. Non è ancora conveniente, però, che sveliate al mondo, tanto assuefatto all'idolatria, gli arcani che mi riguardano, perché chi deve aderire a lui non sia molesta­to da Lucifero. Sarete assistito dal Paràclito e bramo che iniziate il racconto dinanzi a me». Egli la venerò, fu riem­pito di Spirito Santo come gli altri e soddisfece il suo de­siderio; le chiese quindi la sua benedizione e la sua pro­tezione, che prima di tornare all'empireo ella gli garantì per tutta la sua esistenza terrena. Così ebbero origine i Vangeli, grazie all'intervento di lei, e i cristiani si profes­sino suoi debitori. Questa precisazione era necessaria per procedere nell'esposizione.

565. Nel nuovo modo di essere in cui si trovava, la Si ­gnora, come era più elevata nella conoscenza e nella vi­sione astrattiva, aveva anche più premura per la comunità, che si allargava di giorno in giorno. La sua attenzione era rivolta innanzitutto verso gli apostoli, che erano come par­te del suo cuore, dove li teneva incisi. Si allontanarono tut­ti dalla città, tranne Giovanni e Giacomo il Minore, e dun­que ebbe straordinaria compassione per le tribolazioni che sopportavano a causa della parola che proclamavano. Se­guiva le loro peregrinazioni con questo sentimento, ma pu­re con somma riverenza per la loro condizione di sacer­doti, fondatori della Chiesa, annunciatori del messaggio di salvezza, prescelti per ciò dalla sapienza superna. Se fosse stata in uno stato inferiore non sarebbe stata in grado di vigilare su tante cose, accogliendo in sé con quella fa­cilità simili preoccupazioni e godendo contemporanea­mente di tranquillità, quiete e pace.

566. Incaricò un'altra volta i suoi custodi di avere cura di tutti coloro che stavano predicando e di accorrere pron­tamente a soccorrerli nelle sofferenze: potevano farlo senza che alcun ostacolo impedisse loro di continuare a contem­plare il volto dell'Onnipotente ed era importantissimo che cooperassero alla diffusione della lieta novella. Ebbero da Maria l'ordine di informarla di tutto, comunicandole spe­cialmente se essi mancassero di vestiti, perché indossasse­ro, come quando li aveva congedati, un abito somigliante per modello e colore a quello di Gesù e persino con l'aspetto esteriore ne trasmettessero la dottrina; a tal fine l'aiutavano a filare e tessere delle tuniche, che poi consegnavano ai de­stinatari. Quanto al cibo e al sostentamento, lasciò che ognu­no se li procurasse con il mendicare, con il lavoro delle pro­prie mani e con le elemosine che erano offerte.

567. Tramite le creature celesti, la Vergine favorì ripe­tutamente quei suoi figli negli spostamenti e nelle angu­stie che erano inflitte loro dai gentili, dai giudei e dai dia­voli che aizzavano gli uni e gli altri. Parlavano con loro e li confortavano, in forma visibile o interiormente, li libe­ravano dalle carceri, li avvisavano dei pericoli e dei com­plotti, li guidavano per le strade che dovevano percorrere scortandoli nei luoghi nei quali era bene che andassero, li istruivano su come comportarsi secondo le diverse circo­stanze e nazioni. Davano quindi ragguaglio di tutto alla lo­ro Regina, che sola si prodigava e affaticava per tutti e più di tutti. Non è possibile riferire nel dettaglio la sua dili­genza e la sua sollecitudine, poiché non passava giorno né notte senza compiere molte meraviglie ed inoltre scriveva agli Undici consigli e insegnamenti con cui li incoraggia­va, esortava e colmava di consolazione e forza d'animo.

568. È motivo di stupore ancora maggiore il fatto che talora si manifestasse personalmente ad essi allorché la in­vocavano o erano in particolari afflizioni e travagli. Al pro­posito mi limiterò a narrare quanto concerne Pietro, che in ragione della sua responsabilità era più bisognoso dei suoi suggerimenti e del suo ausilio, e per questo con più frequenza riceveva i suoi angeli e mandava quelli che gli spettavano per la sua autorità. Immediatamente dopo il concilio di Gerusalemme si recò in Asia Minore e si fermò ad Antiochia, ove pose per la prima volta la santa sede in­contrando rilevanti difficoltà. Ella, che non ne era all'o­scuro, per assisterlo in modo adeguato in una questione di tale rilievo fu sollevata sin lì su un trono glorioso dai suoi ministri. Egli era in orazione e, appena la vide tanto ri­fulgente, si stese al suolo con il consueto fervore e tra le lacrime la interrogò: «A che debbo che la Madre del mio Signore venga a me che sono un peccatore?». La Maestra degli umili scese dal suo seggio e, attenuatosi lo splendo­re, si inginocchiò domandandogli la benedizione; soltanto con lui agì così durante un'apparizione, benché lo facesse anche con i suoi compagni se conversava con loro in ma­niera naturale.

569. Volle, infatti, venerare il pontefice della comunità ecclesiale, in cui viveva come pellegrina quaggiù. Dialoga­rono subito familiarmente affrontando gli ardui problemi da risolvere, uno dei quali riguardava la necessità di co­minciare a stabilire delle feste di sua Maestà, e poi tornò indietro. Quando per comando divino la sede apostolica fu trasferita a Roma, gli si presentò nuovamente e decisero di celebrare il Natale nonché la passione del Salvatore e l'istituzione dell'eucaristia, riunite insieme nel giovedì san­to. La solennità del Corpus Domini, nel primo giovedì che segue l'ottava di Pentecoste, ebbe origine parecchi anni do­po, ma l'altra è da ricondursi direttamente a Pietro e al­l'intervento della nostra Principessa, come la Pasqua , le domeniche, l'Ascensione, la Pentecoste ed altre festività. Suc­cessivamente il capo dei fedeli stette per qualche tempo in Spagna, dove visitò alcune chiese fondate da Giacomo e ne eresse delle altre.

570. In precedenza, in un periodo più prossimo al tran­sito della nostra sovrana, mentre era a Roma era scoppia­ta nella città una sommossa contro i credenti, procurando loro grande affanno. Si era ricordato allora dei benefici che in molte occasioni ella gli aveva concesso, sentendo la man­canza delle sue parole e del suo sostegno, e aveva suppli­cato i suoi angeli custodi e quelli che lo aiutavano nella sua responsabilità di informarla del suo stato, affinché lo soccorresse con la sua efficace intercessione presso il suo Unigenito; ma questi, che ne conosceva l'ardore e l'umiltà, per esaudire il suo desiderio aveva ordinato ad essi di por­tarlo al cenacolo da lei. Avevano obbedito all'istante e l'A­postolo, ancor più infiammato per il singolare favore, si era gettato pieno di giubilo ai piedi di Maria e aveva pian­to di gioia. Ella gli aveva chiesto di rialzarsi e, prostrata­si, aveva detto: «Signore mio, benedite la vostra ancella co­me vicario di Gesù». Aveva acconsentito e poi avevano re­so grazie all'Onnipotente. Pur essendole ben nota la tribo­lazione in cui era, la Vergine aveva lasciato che le fosse raccontato che cosa era accaduto.

571. Gli aveva comunicato quindi tutto ciò che in quel frangente conveniva che apprendesse per sedare il tumul­to, con una sapienza tale che egli, sebbene ne avesse già un altissimo concetto, avendo modo di sperimentare la sua prudenza con più chiara luce era restato fuori di sé per lo stupore e per la felicità. Dopo averlo istruito con vari av­vertimenti, lo aveva pregato di benedirla e lo aveva con­gedato, rimanendo a terra a forma di croce, come era sua abitudine, ad implorare che avesse termine quella perse­cuzione. Così era avvenuto, per cui Pietro aveva trovato la situazione migliorata e presto i consoli avevano permesso di professare liberamente il Vangelo. Dalle meraviglie che ho riferito si intuirà qualcosa delle altre che la Regina com­piva nel governo degli Undici e della Chiesa, che, se si do­vessero esporre tutte, occuperebbero numerosi volumi. Me ne dispenso, preferendo narrare i mirabili doni che le fu­rono elargiti negli ultimi anni, anche se di quanto ho com­preso non riuscirò a fornire che qualche indizio, dal qua­le alla pietà dei devoti sia possibile trarre motivi per lo­dare l'Autore di tanto sublimi prodigi.

 

Insegnamento della Regina del cielo

572. Mia carissima, in altre circostanze ti ho manifesta­to una delle rimostranze che ho contro i cristiani, e spe­cialmente contro le donne, nelle quali la colpa è maggiore e a me più ripugnante poiché si oppone a ciò che io feci nella mia esistenza mortale; voglio ribadire il mio disap­punto, affinché tu mi imiti e ti tenga lontana dal compor­tamento delle stolte figlie di Belial. I sacri ministri sono trat­tati senza riguardo e questa negligenza cresce ogni giorno di più. A chi può sembrare ragionevole che gli unti di Dio, eletti per santificare il mondo, per rappresentare il Reden­tore e per consacrare il suo corpo e il suo sangue, servano alcune donne ignobili e viziose? Che stiano in piedi e con il capo scoperto, e omaggino una donna altera e spregevo­le solo perché è facoltosa mentre essi sono privi di mezzi? Ha forse un sacerdote povero minor valore di uno agiato? Conferiscono forse i possessi onore, autorità ed eccellenza uguale o superiore a quella che dà sua Maestà? Gli angeli non ossequiano quanti sono nell'abbondanza per il loro de­naro, ma ossequiano i presbiteri per la loro eccelsa dignità. Come succede, dunque, che questi sono disprezzati dai me­desimi fedeli, che li riconoscono consacrati dal Salvatore?

573. È indubbio che sono assai riprensibili per il loro assoggettarsi ad altri, svilendo la propria condizione; ma, se essi hanno qualche giustificazione nella loro miseria, non l'hanno di certo nella loro superbia i ricchi, che li ob­bligano ad essere servi quando in verità sono signori. Una simile nefandezza è ripugnante per i beati ed è molto sgra­dita a me. Io, che ero Madre del Creatore, mi inginocchiavo al loro cospetto e sovente baciavo la polvere che calpesta­vano, e lo giudicavo un grande favore. La cecità del mon­do ha oscurato la loro dignità confondendo ciò che è pre­zioso e ciò che è vile, e facendo sì che nelle leggi e nei disordini siano reputati come gli altri del popolo. Gli uo­mini si lasciano servire da questi e da quelli senza diffe­renza, così che chi offre sull'altare il tremendo sacrificio dell'eucaristia ne scende immediatamente per aiutare ed accompagnare persino le donne, che per natura sono tan­to inferiori a loro e talvolta ancor più indegne per i pec­cati commessi.

574. Desidero che procuri, nella misura che ti sarà pos­sibile, di compensare questa mancanza e questo abuso. A tal fine, dal mio trono di gloria, fisso con venerazione i sa­cerdoti che sono sulla terra; guardali sempre con la mas­sima stima, come ti è normale allorché hanno il Santissi­mo Sacramento fra le mani o nel petto. Pure verso i loro ornamenti e le loro vesti sei tenuta alla riverenza con la quale io stessa lavorai le tuniche per gli apostoli. Per quan­to concerne le divine Scritture, poi, anche quello che con­tengono e il modo in cui l'Altissimo dispose che fossero re­datte ti rivelano la considerazione che devi averne. Gli evangelisti e gli altri furono assistiti dallo Spirito, affinché la Chiesa fosse colma di dottrina, scienza e luce sui mi­steri di Gesù e sulle sue opere. Presta somma obbedienza al pontefice e, all'udir pronunciare il suo nome, inchinati in segno di rispetto, come fai per il mio e per quello del mio Unigenito, perché egli è il suo vicario; così facevo con Pietro quando ero viatrice. Sii attenta in tutto, imitami per­fettamente e ricalca le mie orme, per trovare grazia agli occhi del supremo sovrano, che si ritiene profondamente vincolato da questi atti, nessuno dei quali è per lui picco­lo se eseguito per suo amore.


12-141 Novembre 28, 1920 Quando Gesù vuol dare, chiede. Effetti della benedizione di Gesù.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Stavo pensando quando il mio dolce Gesù, per dar principio alla sua dolorosa Passione, volle andare dalla sua Mamma a chiederle la sua benedizione; ed il benedetto Gesù mi ha detto:

(2) “Figlia mia, quante cose dice questo mistero, Io volli andare a chiedere la benedizione alla mia cara Mamma per darle l’occasione di chiedermi anche Lei la benedizione. Erano troppi i dolori che doveva sopportare, ed era giusto che la mia benedizione la rafforzasse. E’ mio solito, che quando voglio dare, chiedo; e la mia Mamma mi comprese subito, tanto vero, che non mi benedisse se non quando mi chiese la mia benedizione, e dopo benedetta da Me, mi benedisse Lei. Ma questo non è tutto, per creare l’universo dissi un Fiat, e col solo Fiat riordinai ed abbellii cielo e terra. Nel creare l’uomo, il mio alito onnipotente gli infuse la vita. Nel dar principio alla mia Passione, volli con la mia parola onnipotente e creatrice benedire la mia Mamma, ma non era solo Lei che benedivo, nella mia Mamma vedevo tutte le creature, era Lei che teneva il primato su tutto, ed in Lei benedivo tutti e ciascuno; anzi, benedivo ciascun pensiero, parola, atto, ecc.; benedivo ciascuna cosa che doveva servire alla creatura, come quando il mio Fiat onnipotente creò il sole, e questo sole, senza diminuire di luce né di calore, sta facendo il suo corso per tutti e per ciascuno dei mortali; così la mia parola creatrice, benedicendo, restava in atto di benedire sempre, sempre, senza mai cessare di benedire, come mai cesserà di dare la sua luce il sole a tutte le creature. Ma non è tutto ancora, con la mia benedizione volli rinnovare i pregi della Creazione; volli chiamare il mio Celeste Padre a benedire, per comunicare alla creatura la potenza; volli benedirla a nome mio e dello Spirito Santo, per comunicarle la sapienza e l’amore, e così rinnovare la memoria, l’intelletto e la volontà della creatura, restituendola sovrana di tutto. Sappi però che nel dare voglio, e la mia cara Mamma comprese e subito mi benedisse, non solo per Sé, ma a nome di tutti. Oh! se tutti potessero vedere questa mia benedizione, la sentirebbero nell’acqua che bevono, nel fuoco che li riscalda, nel cibo che prendono, nel dolore che li affligge, nei gemiti della preghiera, nei rimorsi della colpa, nell’abbandono delle creature, in tutto sentirebbero la mia parola creatrice che gli dice, ma sventuratamente non sentita: “Ti benedico in nome del Padre, di Me, Figlio, e dello Spirito Santo, ti benedico per aiutarti, ti benedico per difenderti, per perdonarti, per consolarti, ti benedico per farti santo”. E la creatura farebbe eco alle mie benedizioni, col benedirmi anche lei in tutto.

(3) Questi sono gli effetti della mia benedizione, cui la mia Chiesa, ammaestrata da Me, mi fa eco e quasi in tutte le circostanze, nell’amministrazione dei sacramenti ed altro, dà la sua benedizione”.