Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 5° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Giovanni 21
1Dopo questi fatti, Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul mare di Tiberìade. E si manifestò così:2si trovavano insieme Simon Pietro, Tommaso detto Dìdimo, Natanaèle di Cana di Galilea, i figli di Zebedèo e altri due discepoli.3Disse loro Simon Pietro: "Io vado a pescare". Gli dissero: "Veniamo anche noi con te". Allora uscirono e salirono sulla barca; ma in quella notte non presero nulla.
4Quando già era l'alba Gesù si presentò sulla riva, ma i discepoli non si erano accorti che era Gesù.5Gesù disse loro: "Figlioli, non avete nulla da mangiare?". Gli risposero: "No".6Allora disse loro: "Gettate la rete dalla parte destra della barca e troverete". La gettarono e non potevano più tirarla su per la gran quantità di pesci.7Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro: "È il Signore!". Simon Pietro appena udì che era il Signore, si cinse ai fianchi il camiciotto, poiché era spogliato, e si gettò in mare.8Gli altri discepoli invece vennero con la barca, trascinando la rete piena di pesci: infatti non erano lontani da terra se non un centinaio di metri.
9Appena scesi a terra, videro un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane.10Disse loro Gesù: "Portate un po' del pesce che avete preso or ora".11Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò.12Gesù disse loro: "Venite a mangiare". E nessuno dei discepoli osava domandargli: "Chi sei?", poiché sapevano bene che era il Signore.
13Allora Gesù si avvicinò, prese il pane e lo diede a loro, e così pure il pesce.14Questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti.
15Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci i miei agnelli".16Gli disse di nuovo: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Gli rispose: "Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene". Gli disse: "Pasci le mie pecorelle".17Gli disse per la terza volta: "Simone di Giovanni, mi vuoi bene?". Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: "Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene". Gli rispose Gesù: "Pasci le mie pecorelle.18In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi".19Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: "Seguimi".
20Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: "Signore, chi è che ti tradisce?".21Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: "Signore, e lui?".22Gesù gli rispose: "Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi".23Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: "Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?".
24Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera.25Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
Secondo libro di Samuele 3
1La guerra tra la casa di Saul e la casa di Davide si protrasse a lungo. Davide con l'andar del tempo si faceva più forte, mentre la casa di Saul andava indebolendosi.
2In Ebron nacquero a Davide dei figli e furono: il maggiore Amnòn, nato da Achinoàm di Izreèl;3il secondo Kileàb, da Abigail già moglie di Nabal da Carmel; il terzo Assalonne, nato da Maaca, figlia di Talmài re di Ghesùr;4il quarto Adonìa nato da Agghìt; il quinto Sefatìa, figlio di Abitàl;5il sesto Itreàm, nato da Eglà moglie di Davide. Questi nacquero a Davide in Ebron.
6Mentre durava la lotta tra la casa di Saul e quella di Davide, Abner era diventato potente nella casa di Saul.7Saul aveva avuto una concubina chiamata Rizpà figlia di Aià. Ora Is-Bàal disse ad Abner: "Perché ti sei unito alla concubina di mio padre?".8Abner si adirò molto per le parole di Is-Bàal e disse: "Sono io una testa di cane, di quelli di Giuda? Fino ad oggi ho usato benevolenza alla casa di Saul tuo padre, favorendo i suoi fratelli e i suoi amici, e non ti ho fatto cadere nelle mani di Davide; oggi tu mi rimproveri una colpa di donna.9Tanto faccia Dio ad Abner e anche peggio, se io non farò per Davide ciò che il Signore gli ha giurato:10trasferire cioè il regno dalla casa di Saul e stabilire il trono di Davide su Israele e su Giuda, da Dan fino a Bersabea".11Quegli non fu capace di rispondere una parola ad Abner, perché aveva paura di lui.
12Abner inviò subito messaggeri a Davide per dirgli: "A chi il paese?". Intendeva dire: "Fa' alleanza con me ed ecco, la mia mano sarà con te per ricondurre a te tutto Israele".13Rispose: "Bene! Io farò alleanza con te. Però ho una cosa da chiederti ed è questa: non verrai alla mia presenza, se prima non mi condurrai davanti Mikal figlia di Saul, quando verrai a vedere il mio volto".14Davide spedì messaggeri a Is-Bàal, figlio di Saul, intimandogli: "Restituisci mia moglie Mikal, che feci mia sposa al prezzo di cento membri di Filistei".15Is-Bàal mandò incaricati a toglierla al suo marito, Paltiel figlio di Lais.16Suo marito la seguì, camminando e piangendo dietro di lei fino a Bacurim. Poi Abner gli disse: "Torna indietro!" e quegli tornò.
17Intanto Abner rivolse questo discorso agli anziani d'Israele: "Da tempo voi ricercate Davide come vostro re.18Ora mettetevi al lavoro, perché il Signore ha detto e confermato a Davide: Per mezzo di Davide mio servo libererò Israele mio popolo dalle mani dei Filistei e dalle mani di tutti i suoi nemici".19Abner ebbe colloqui anche con gli uomini di Beniamino. Poi Abner tornò solo da Davide in Ebron a riferirgli quanto era stato approvato da Israele e da tutta la casa di Beniamino.20Abner venne dunque a Davide in Ebron con venti uomini e Davide fece servire un banchetto ad Abner e ai suoi uomini.21Abner disse poi a Davide: "Sono pronto! Vado a radunare tutto Israele intorno al re mio signore. Essi faranno alleanza con te e regnerai su quanto tu desideri". Davide congedò poi Abner, che partì in pace.
22Ed ecco, gli uomini di Davide e Ioab tornavano da una scorreria e portavano con sé grande bottino. Abner non era più con Davide in Ebron, perché questi lo aveva congedato, ed egli era partito in pace.23Quando arrivarono Ioab e la sua truppa, fu riferito a Ioab: "È venuto dal re Abner figlio di Ner ed egli l'ha congedato e se n'è andato in pace".24Ioab si presentò al re e gli disse: "Che hai fatto? Ecco, è venuto Abner da te; perché l'hai congedato ed egli se n'è andato?25Non sai chi è Abner figlio di Ner? È venuto per ingannarti, per conoscere le tue mosse, per sapere ciò che fai".
26Ioab si allontanò da Davide e mandò messaggeri dietro Abner e lo fece tornare indietro dalla cisterna di Sira, senza che Davide lo sapesse.27Abner tornò a Ebron e Ioab lo prese in disparte in mezzo alla porta, come per parlargli in privato, e qui lo colpì al basso ventre e lo uccise, per vendicare il sangue di Asaèl suo fratello.28Davide seppe più tardi la cosa e protestò: "Sono innocente io e il mio regno per sempre davanti al Signore del sangue di Abner figlio di Ner.29Ricada sulla testa di Ioab e su tutta la casa di suo padre. Nella casa di Ioab non manchi mai chi soffra gonorrea o sia colpito da lebbra o maneggi il fuso, chi cada di spada o chi sia senza pane".30Ioab e suo fratello Abisài avevano trucidato Abner, perché aveva ucciso Asaèl loro fratello a Gàbaon in battaglia.31Davide disse a Ioab e a tutta la gente che era con lui: "Stracciatevi le vesti, vestitevi di sacco e fate lutto davanti ad Abner". Anche il re Davide seguiva la bara.32Seppellirono Abner in Ebron e il re levò la sua voce e pianse davanti al sepolcro di Abner; pianse tutto il popolo.33Il re intonò un lamento funebre su Abner e disse:
"Come muore un insensato,
doveva dunque Abner morire?
34Le tue mani non erano state legate,
i tuoi piedi non erano stati stretti in catene!
Sei caduto come si cade
davanti ai malfattori!".
Tutto il popolo riprese a piangere su di lui.35Tutto il popolo venne a invitare Davide perché prendesse cibo, mentre era ancora giorno; ma Davide giurò: "Tanto mi faccia Dio e anche di peggio, se io gusterò pane o qualsiasi altra cosa prima del tramonto del sole".36Tutto il popolo notò la cosa e la trovò giusta; quanto fece il re ebbe l'approvazione del popolo intero.37Tutto il popolo, cioè tutto Israele, fu convinto in quel giorno che la morte di Abner figlio di Ner non era stata provocata dal re.38Disse ancora il re ai suoi ministri: "Sappiate che oggi è caduto un capo, un grande in Israele. Io, oggi, mi sono comportato dolcemente, sebbene già consacrato re, mentre questi uomini, i figli di Zeruià, sono stati più duri di me. Provveda il Signore a trattare il malvagio secondo la sua malvagità".
Salmi 18
1'Al maestro del coro. Di Davide, servo del Signore, che rivolse al Signore le parole di questo canto, quando il Signore lo liberò dal potere di tutti i suoi nemici,2 e dalla mano di Saul. Disse dunque:'
Ti amo, Signore, mia forza,
3Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore;
mio Dio, mia rupe, in cui trovo riparo;
mio scudo e baluardo, mia potente salvezza.
4Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
5Mi circondavano flutti di morte,
mi travolgevano torrenti impetuosi;
6già mi avvolgevano i lacci degli inferi,
già mi stringevano agguati mortali.
7Nel mio affanno invocai il Signore,
nell'angoscia gridai al mio Dio:
dal suo tempio ascoltò la mia voce,
al suo orecchio pervenne il mio grido.
8La terra tremò e si scosse;
vacillarono le fondamenta dei monti,
si scossero perché egli era sdegnato.
9Dalle sue narici saliva fumo,
dalla sua bocca un fuoco divorante;
da lui sprizzavano carboni ardenti.
10Abbassò i cieli e discese,
fosca caligine sotto i suoi piedi.
11Cavalcava un cherubino e volava,
si librava sulle ali del vento.
12Si avvolgeva di tenebre come di velo,
acque oscure e dense nubi lo coprivano.
13Davanti al suo fulgore si dissipavano le nubi
con grandine e carboni ardenti.
14Il Signore tuonò dal cielo,
l'Altissimo fece udire la sua voce:
grandine e carboni ardenti.
15Scagliò saette e li disperse,
fulminò con folgori e li sconfisse.
16Allora apparve il fondo del mare,
si scoprirono le fondamenta del mondo,
per la tua minaccia, Signore,
per lo spirare del tuo furore.
17Stese la mano dall'alto e mi prese,
mi sollevò dalle grandi acque,
18mi liberò da nemici potenti,
da coloro che mi odiavano
ed eran più forti di me.
19Mi assalirono nel giorno di sventura,
ma il Signore fu mio sostegno;
20mi portò al largo,
mi liberò perché mi vuol bene.
21Il Signore mi tratta secondo la mia giustizia,
mi ripaga secondo l'innocenza delle mie mani;
22perché ho custodito le vie del Signore,
non ho abbandonato empiamente il mio Dio.
23I suoi giudizi mi stanno tutti davanti,
non ho respinto da me la sua legge;
24ma integro sono stato con lui
e mi sono guardato dalla colpa.
25Il Signore mi rende secondo la mia giustizia,
secondo l'innocenza delle mie mani davanti ai suoi occhi.
26Con l'uomo buono tu sei buono
con l'uomo integro tu sei integro,
27con l'uomo puro tu sei puro,
con il perverso tu sei astuto.
28Perché tu salvi il popolo degli umili,
ma abbassi gli occhi dei superbi.
29Tu, Signore, sei luce alla mia lampada;
il mio Dio rischiara le mie tenebre.
30Con te mi lancerò contro le schiere,
con il mio Dio scavalcherò le mura.
31La via di Dio è diritta,
la parola del Signore è provata al fuoco;
egli è scudo per chi in lui si rifugia.
32Infatti, chi è Dio, se non il Signore?
O chi è rupe, se non il nostro Dio?
33Il Dio che mi ha cinto di vigore
e ha reso integro il mio cammino;
34mi ha dato agilità come di cerve,
sulle alture mi ha fatto stare saldo;
35ha addestrato le mie mani alla battaglia,
le mie braccia a tender l'arco di bronzo.
36Tu mi hai dato il tuo scudo di salvezza,
la tua destra mi ha sostenuto,
la tua bontà mi ha fatto crescere.
37Hai spianato la via ai miei passi,
i miei piedi non hanno vacillato.
38Ho inseguito i miei nemici e li ho raggiunti,
non sono tornato senza averli annientati.
39Li ho colpiti e non si sono rialzati,
sono caduti sotto i miei piedi.
40Tu mi hai cinto di forza per la guerra,
hai piegato sotto di me gli avversari.
41Dei nemici mi hai mostrato le spalle,
hai disperso quanti mi odiavano.
42Hanno gridato e nessuno li ha salvati,
al Signore, ma non ha risposto.
43Come polvere al vento li ho dispersi,
calpestati come fango delle strade.
44Mi hai scampato dal popolo in rivolta,
mi hai posto a capo delle nazioni.
Un popolo che non conoscevo mi ha servito;
45all'udirmi, subito mi obbedivano,
stranieri cercavano il mio favore,
46impallidivano uomini stranieri
e uscivano tremanti dai loro nascondigli.
47Viva il Signore e benedetta la mia rupe,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
48Dio, tu mi accordi la rivincita
e sottometti i popoli al mio giogo,
49mi scampi dai nemici furenti,
dei miei avversari mi fai trionfare
e mi liberi dall'uomo violento.
50Per questo, Signore, ti loderò tra i popoli
e canterò inni di gioia al tuo nome.
51Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato,
a Davide e alla sua discendenza per sempre.
Salmi 62
1'Al maestro del coro. Su "Iduthun". Salmo. Di Davide.'
2Solo in Dio riposa l'anima mia;
da lui la mia salvezza.
3Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
4Fino a quando vi scaglierete contro un uomo,
per abbatterlo tutti insieme,
come muro cadente,
come recinto che crolla?
5Tramano solo di precipitarlo dall'alto,
si compiacciono della menzogna.
Con la bocca benedicono,
e maledicono nel loro cuore.
6Solo in Dio riposa l'anima mia,
da lui la mia speranza.
7Lui solo è mia rupe e mia salvezza,
mia roccia di difesa: non potrò vacillare.
8In Dio è la mia salvezza e la mia gloria;
il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.
9Confida sempre in lui, o popolo,
davanti a lui effondi il tuo cuore,
nostro rifugio è Dio.
10Sì, sono un soffio i figli di Adamo,
una menzogna tutti gli uomini,
insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.
11Non confidate nella violenza,
non illudetevi della rapina;
alla ricchezza, anche se abbonda,
non attaccate il cuore.
12Una parola ha detto Dio,
due ne ho udite:
il potere appartiene a Dio,
tua, Signore, è la grazia;
13secondo le sue opere
tu ripaghi ogni uomo.
Geremia 13
1Il Signore mi parlò così: "Va' a comprarti una cintura di lino e mettitela ai fianchi senza immergerla nell'acqua".2Io comprai la cintura secondo il comando del Signore e me la misi ai fianchi.
3Poi la parola del Signore mi fu rivolta una seconda volta:4"Prendi la cintura che hai comprato e che porti ai fianchi e va' subito verso l'Eufrate e nascondila nella fessura di una pietra".5Io andai e la nascosi presso l'Eufrate, come mi aveva comandato il Signore.6Ora, dopo molto tempo, il Signore mi disse: "Alzati, va' all'Eufrate e prendi di là la cintura che ti avevo comandato di nascondervi".7Io andai verso l'Eufrate, cercai e presi la cintura dal luogo in cui l'avevo nascosta; ed ecco, la cintura era marcita, non era più buona a nulla.
8Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:9"Dice il Signore: In questo modo ridurrò in marciume la grande gloria di Giuda e di Gerusalemme.10Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole, che si comporta secondo la caparbietà del suo cuore e segue altri dèi per servirli e per adorarli, diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla.11Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo, così io volli che aderisse a me tutta la casa di Israele e tutta la casa di Giuda - parola del Signore - perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, ma non mi ascoltarono.
12Ora, tu riferirai a questo popolo: Così dice il Signore Dio di Israele: Ogni boccale va riempito di vino. Se essi ti diranno: Forse non sappiamo che ogni boccale va riempito di vino?13tu risponderai loro : Così parla il Signore: Ecco io renderò tutti ubriachi gli abitanti di questo paese, i re che siedono sul trono di Davide, i sacerdoti, i profeti e tutti gli abitanti di Gerusalemme.14Poi fracasserò, gli uni contro gli altri, i padri e i figli insieme - dice il Signore -; non avrò pietà, non li risparmierò né userò misericordia nel distruggerli".
15Ascoltate e porgete l'orecchio, non montate in superbia,
perché il Signore parla.
16Date gloria al Signore vostro Dio,
prima che venga l'oscurità
e prima che inciampino i vostri piedi
sui monti, al cadere della notte.
Voi aspettate la luce, ma egli la ridurrà in tenebre
e la muterà in densa oscurità!
17Se voi non ascolterete,
io piangerò in segreto
dinanzi alla vostra superbia;
il mio occhio si scioglierà in lacrime,
perché sarà deportato il gregge del Signore.
18Dite al re e alla regina madre:
"Sedete giù in basso,
poiché vi è caduta dalla testa
la vostra preziosa corona".
19Le città del mezzogiorno sono bloccate,
nessuno le libera.
Tutto Giuda è stato deportato
con una deportazione totale.
20Alza gli occhi e osserva
coloro che vengono dal settentrione;
dov'è il gregge che ti è stato consegnato,
le tue pecore magnifiche?
21Che dirai quando saranno posti sopra di te come capi
coloro che tu stessa hai abituato
a essere tuoi amici?
Non ti prenderanno forse i dolori
come una partoriente?
22Se dirai in cuor tuo:
"Perché mi capita tutto ciò?".
Per l'enormità delle tue iniquità
sono stati strappati i lembi della tua veste,
il tuo corpo ha subìto violenza.
23Cambia forse un Etiope la sua pelle
o un leopardo la sua picchiettatura?
Allo stesso modo, potrete fare il bene
anche voi abituati a fare il male?
24Perciò vi disperderò come paglia
portata via dal vento del deserto.
25Questa è la tua sorte,
la parte che ti è destinata da me
- oracolo del Signore -
perché mi hai dimenticato
e hai confidato nella menzogna.
26Anch'io solleverò le tue vesti fino al volto,
così si vedrà la tua vergogna,
27i tuoi adultéri e i tuoi richiami d'amore,
l'ignominia della tua prostituzione!
Sulle colline e per i piani ho visto i tuoi orrori.
Guai a te, Gerusalemme, perché non ti purifichi!
Per quanto tempo ancora?
Prima lettera ai Corinzi 12
1Riguardo ai doni dello Spirito, fratelli, non voglio che restiate nell'ignoranza.2Voi sapete infatti che, quando eravate pagani, vi lasciavate trascinare verso gli idoli muti secondo l'impulso del momento.3Ebbene, io vi dichiaro: come nessuno che parli sotto l'azione dello Spirito di Dio può dire "Gesù è anàtema", così nessuno può dire "Gesù è Signore" se non sotto l'azione dello Spirito Santo.
4Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito;5vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore;6vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti.7E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l'utilità comune:8a uno viene concesso dallo Spirito il linguaggio della sapienza; a un altro invece, per mezzo dello stesso Spirito, il linguaggio di scienza;9a uno la fede per mezzo dello stesso Spirito; a un altro il dono di far guarigioni per mezzo dell'unico Spirito;10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di distinguere gli spiriti; a un altro le varietà delle lingue; a un altro infine l'interpretazione delle lingue.11Ma tutte queste cose è l'unico e il medesimo Spirito che le opera, distribuendole a ciascuno come vuole.
12Come infatti il corpo, pur essendo uno, ha molte membra e tutte le membra, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche Cristo.13E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti ci siamo abbeverati a un solo Spirito.14Ora il corpo non risulta di un membro solo, ma di molte membra.15Se il piede dicesse: "Poiché io non sono mano, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo.16E se l'orecchio dicesse: "Poiché io non sono occhio, non appartengo al corpo", non per questo non farebbe più parte del corpo.17Se il corpo fosse tutto occhio, dove sarebbe l'udito? Se fosse tutto udito, dove l'odorato?18Ora, invece, Dio ha disposto le membra in modo distinto nel corpo, come egli ha voluto.19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo?20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo.21Non può l'occhio dire alla mano: "Non ho bisogno di te"; né la testa ai piedi: "Non ho bisogno di voi".22Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie;23e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza,24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava,25perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre.26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.27Ora voi siete corpo di Cristo e sue membra, ciascuno per la sua parte.
28Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi vengono i miracoli, poi i doni di far guarigioni, i doni di assistenza, di governare, delle lingue.29Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti operatori di miracoli?30Tutti possiedono doni di far guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano?
31Aspirate ai carismi più grandi! E io vi mostrerò una via migliore di tutte.
Capitolo II: Nel Sacramento si manifestano all’uomo la grande bontà e l’amore di Dio
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1. O Signore, confidando nella tua bontà e nella tua grande misericordia, mi appresso infermo al Salvatore, affamato e assetato alla fonte della vita, povero al re del cielo, servo al Signore, creatura al Creatore, desolato al pietoso mio consolatore. Ma "per qual ragione mi è dato questo, che tu venga a me?" (Lc 1,43). Chi sono io, perché tu ti doni a me; come potrà osare un peccatore di apparirti dinanzi; come ti degnerai di venire ad un peccatore? Ché tu lo conosci, il tuo servo; e sai bene che in lui non c'è alcunché di buono, per cui tu gli dia tutto ciò. Confesso, dunque, la mia pochezza, riconosco la tua bontà, glorifico la tua misericordia e ti ringrazio per il tuo immenso amore. Infatti non è per i miei meriti che fai questo, ma per il tuo amore: perché mi si riveli maggiormente la tua bontà, più grande mi si offra il tuo amore e l'umiltà ne risulti più perfettamente esaltata. Poiché, dunque, questo ti è caro, e così tu comandasti che si facesse, anche a me è cara questa tua degnazione. E voglia il Cielo che a questo non sia di ostacolo la mia iniquità.
2. Gesù, pieno di dolcezza e di benignità, quanta venerazione ti dobbiamo, e gratitudine e lode incessante, per il fatto che riceviamo il tuo santo corpo, la cui grandezza nessuno può comprendere pienamente. Ma quali saranno i miei pensieri in questa comunione con te, in questo avvicinarmi al mio Signore; al mio Signore che non riesco a venerare nella misura dovuta e che tuttavia desidero accogliere devotamente? Quale pensiero più opportuno e più salutare di quello di abbassarmi totalmente di fronte a te, esaltando, su di me la tua bontà infinita? Ti glorifico, o mio Dio, e ti esalto in eterno; disprezzo me stesso, sottoponendomi a te, dal profondo della mia pochezza. Ecco, tu sei il santo dei santi, ed io una sozzura di peccati. Ecco, tu ti abbassi verso di me, che non sono degno neppure di rivolgerti lo sguardo. Ecco, tu vieni a me, vuoi stare con me, mi inviti al tuo banchetto; tu mi vuoi dare il cibo celeste, mi vuoi dare da mangiare il pane degli angeli: nient'altro, veramente, che te stesso, "pane vivo, che sei disceso dal cielo e dai la vita al mondo (Gv 6,33.51). Se consideriamo da dove parte questo amore, quale degnazione ci appare; quanto profondi ringraziamenti e quante lodi ti si debbono!
3. Quanto fu utile per la nostra salvezza il tuo disegno, quando hai istituito questo sacramento; come è soave e lieto questo banchetto, nel quale hai dato in cibo te stesso! Come è ammirabile questo che tu fai; come è efficace la tua potenza e infallibile la tua verità. Infatti, hai parlato "e le cose furono" (Sal 148, 5); e fu anche questo sacramento, che tu hai comandato. Mirabile cosa, degna della nostra fede; cosa che oltrepassa la umana comprensione che tu, o Signore Dio mio, vero Dio e uomo, sia tutto sotto quella piccola apparenza del pane e del vino; e che tu sia mangiato senza essere consumato. "Tu, o Signore di tutti", che, di nessuno avendo bisogno, hai voluto, per mezzo del Sacramento, abitare fra noi (2 Mac 14,35), conserva immacolato il mio cuore e il mio corpo, affinché io possa celebrare sovente i tuoi misteri, con lieta e pura coscienza; e possa ricevere, a mia salvezza eterna, ciò che tu hai stabilito e istituito massimamente a tua glorificazione e perenne memoria di te.
4. Rallegrati, anima mia, e rendi grazie a Dio per un dono così sublime, per un conforto così straordinario, lasciato a te in questa valle di lacrime. In verità, ogni qualvolta medito questo mistero e ricevi il corpo di Cristo, lavori alla tua redenzione e ti rendi partecipe di tutti i meriti di Cristo. Mai non viene meno, infatti, l'amore di Cristo; né si esaurisce la grandezza della sua intercessione. E' dunque con animo sempre rinnovato che ti devi disporre a questo Sacramento; è con attenta riflessione che devi meditare il mistero della salvezza. E quando celebri la Messa, o l'ascolti, ciò deve apparirti un fatto così grande, così straordinario e così pieno di gioia, come se, in quello stesso giorno, scendendo nel seno della Vergine, Cristo si facesse uomo, patisse e morisse pendendo dalla croce.
DISCORSO 159/B DISCORSO DI SANT'AGOSTINO SULLE PAROLE DELL'APOSTOLO: O PROFONDITÀ DELLE RICCHEZZE DELLA SAPIENZA E SCIENZA DI DIO! E SUL SALMO 59: DIO, TU CI HAI RESPINTI, CI HAI ABBATTUTI; TI SEI SDEGNATO, MA CI HAI USATO MISERICORDIA; E SUL SALMO 118: BUON PER ME SE SONO STATO UMILIATO: COSÌ IMPARO LE VIE DELLA TUA GIUSTIZIA 1
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLe ricchezze della sapienza e scienza di Dio.
1. Le divine Scritture, che sono il nostro alimento spirituale, richiamano la nostra attenzione su ciò che dobbiamo porgere a voi così desiderosi nell'attesa, cioè su quanto dobbiamo attingere dalla dispensa del Signore, di cui siamo amministratori, per offrirlo alla vostra fame. Ci è stato proclamato il testo dell'Apostolo che insieme a noi la vostra santità ben ricorda. Ecco le sue parole: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! Quanto sono inscrutabili i suoi giudizi e impenetrabili le sue vie! Infatti chi ha mai conosciuto la mente del Signore? o chi è stato il suo consigliere? o chi ha prima dato a lui perché gli si debba restituire il contraccambio? Poiché da lui e per mezzo di lui e in lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli dei secoli. Amen 2. L'Apostolo esce in questa esclamazione e, come spaventato dalla profondità dei giudizi di Dio, dice: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio!, perché prima aveva asserito: Dio racchiuse tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia. Dunque, dopo aver detto: Dio racchiuse tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia 3 (è effettivamente di una, diciamo pure, profondità insondabile il fatto che gli uomini siano stati costituiti rei in modo palese nella propria coscienza, affinchè, confessando le proprie colpe, si potesse venire loro in soccorso!), ora esclama: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! 4 Dove troviamo questa profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio? Nell'avere egli racchiuso tutti sotto il peccato per usare a tutti misericordia 5. Sotto quale peccato? Quello dell'incredulità. Egli infatti usa proprio questa parola: Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia. Ci assista dunque lo stesso Signore Dio nostro, del quale l'Apostolo lodando le ricchezze, esce in quella esclamazione; e si degni di accordarci almeno una particella della sua ricchezza imperscrutabile e profonda. Egli ci conceda di poter parlare in qualche modo di ciò che sentiamo essere inesprimibile, non per spiegarvelo ma per inculcarvelo come inesprimibile. Sembra infatti che persino l'Apostolo, per la propria umana limitatezza, sia stato, direi, incapace di esprimere quanto con gioia aveva potuto contemplare. Aveva visto un qualcosa che la lingua non era in grado di spiegare; aveva ammirato col cuore cose che a parole non riusciva a narrare, sicchè, volendo dirigere la nostra attenzione su ciò che aveva visto, non trovò altro modo che uscire in una esclamazione che elevasse i nostri cuori: O profondità delle ricchezze della sapienza e della scienza di Dio! 6 Ascoltandolo, i nostri cuori si sarebbero non diretti alla bocca del fragile dispensatore, incapace di spiegare quelle ricchezze, ma innalzati a colui le cui ricchezze lo avevano fatto gridare di gioia. La stessa cosa ci proponiamo di fare noi secondo le nostre possibilità: anche noi intendiamo indirizzare i vostri cuori a colui al quale tutti apparteniamo, a quell'unico maestro alla cui scuola siamo tutti condiscepoli. Lì è la ricchezza di Dio, lì è la profondità di questa ricchezza, lì sono i suoi giudizi inscrutabili e le sue vie impenetrabili 7, poiché egli ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia 8.
La miseria dell’umanità peccatrice.
2. Chi ha racchiuso tutti nell'incredulità sembra mosso dall'ira, ma chi usa misericordia con tutti ha certamente l'animo mite. Perciò il detto dell'Apostolo concorda col salmo: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti; ti sei adirato ma hai avuto pietà di noi 9. Considera come egli sia adirato e come usi misericordia: Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia 10. Cosa volle fare il Signore nostro Dio? In un primo tempo adirarsi, respingere, umiliare; in seguito soccorrere, richiamare chi gli si era ribellato, esaudire chi si era nuovamente rivolto a lui; aiutare chi aveva esaudito, trasformare chi aveva aiutato, coronare chi aveva trasformato. Metti insieme le altre testimonianze scritturali. Ecco la voce di uno che vive e si affatica sulla terra. È la voce di Adamo, la voce dell'intero genere umano: di quel genere umano che non fu abbandonato dal secondo Adamo che venne dal cielo affinchè gli uomini, originariamente terreni, in seguito divenissero celesti 11. Terreni perché umiliati, perché abbattuti, perché cacciati fuori; ma celesti perché colui che ci aveva cacciati e abbattuti e umiliati ebbe compassione di noi 12. Ascoltiamo dunque la voce del medesimo uomo che altrove dice: Prima di essere umiliato io ho peccato. Gemendo nella sua abiezione, egli riconosce il suo peccato; attribuisce a sé la colpa, a Dio la giustizia. Cosa dice infatti? Prima di essere umiliato (questa è la pena inflitta da Dio) io ho peccato 13. Ecco cosa dice. Non deve in alcun modo sembrare che Dio nell'umiliarmi sia stato ingiusto: prima c'è stata la mia colpa e dopo è venuta la mia umiliazione. Giudice giusto è pertanto il Signore mio Dio 14: non mi sarebbe infatti toccata l'umiliazione se prima non avessi peccato. Ma poiché proprio la sua umiliazione potrebbe apparire come un gesto di collera da parte di Dio giudice, mentre è un tratto di misericordia, ascolta ciò che altrove dice lo stesso salmo: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così io imparo le vie della tua giustizia 15. Badate, carissimi, a quel che dice: Prima di essere umiliato io ho peccato. Appare come uno che gema nella pena, sospiri nei ceppi, mediante la confessione cerchi nella sua condizione di mortalità e miseria umana l'aiuto di colui che aveva offeso col peccato. Questo infatti indicano le parole: Prima di essere umiliato io ho peccato 16. Mio Dio - sembra dire - non attribuisco a te la mia umiliazione; sono stato io a compiere ciò che è male 17, tu hai operato secondo giustizia.
Dio umilia per salvare.
3. S'accordano con queste parole le altre che abbiamo cantato. Infatti chi dice: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti 18, è lo stesso che dice: Prima di essere umiliato io ho peccato 19. Hai ascoltato che Dio l'ha respinto, hai ascoltato che Dio lo ha abbattuto, cioè dalla sua altezza lo ha prostrato a terra. Lo hai ascoltato. Ora cerca il motivo per cui Dio ha fatto questo. Dice: Prima di essere umiliato io ho peccato. Hai ascoltato come in precedenza ci sia stato il tuo peccato e solo in seguito sia intervenuta la giustizia di Dio; ascolta ora come la stessa giustizia di Dio, che ti ha umiliato, non rivela solamente la severità del giudice giusto ma anche la clemenza di colui che usa misericordia. Dice infatti quanto sopra vi citavo, e cioè: Buon per me che tu mi abbia umiliato; così io imparo le vie della tua giustizia 20. Che diremmo dunque, fratelli miei? Quando Dio umiliava, era adirato o mosso da compassione? Se dall'umiliazione non avessimo ricavato alcun vantaggio, la cosa si potrebbe ascrivere a eccesso di severità da parte di Dio: nel qual caso tuttavia in nessun modo potremmo certo accusarlo di ingiustizia. Sconti pure il peccatore quanto si è meritato! Il superbo ed iniquo non lusinghi ingiustamente se stesso, ma veda di trovar cosa gli fosse dovuto, e in tal modo conoscere come Dio lo ha ripagato. Quale peccatore infatti in fondo al cuore oserebbe proclamarsi non meritevole di supplizio, non meritevole di un giusto castigo? Oppure, se la punizione ha fatto seguito al peccato dell'uomo, si potrà forse dire al giusto giudice: " Hai fatto male a condannare il colpevole "? Questo dunque, avendo noi peccato, dobbiamo attribuirci; e quando siamo puniti dobbiamo confessare e le nostre colpe e la giustizia del nostro Dio. In tal modo nella nostra stessa punizione meriteremo di incontrare la misericordia di Dio. Questo risultato però, fratelli carissimi, nessuno lo raggiunge se prima non si sarà umiliato. Io parlerò come mi è possibile; tuttavia ritengo che nessuno di voi riuscirà a capire ciò che dico se prima non avrà dissipato i fumi della superbia che gli ottenebrano l'occhio della mente, impedendogli di vedere la misericordia di Dio anche nella pena che da lui riceve.
Il genitore saggio punisce per amore il figlio degenere.
4. E prima di tutto osservate come la stessa cosa accada nella vita di ogni giorno. Da ciò potrete ricavare un esempio per capire come Dio non abbia abbandonato l'uomo nella sua condizione mortale. Da confronti con il comportamento degli uomini si mostra come anche a noi si possa infliggere una pena per misericordia. E che dirò? Ecco, tu prendi misure disciplinari con il tuo servo e lo tratti con severità. Così facendo sembrerebbe che tu lo punisca, in realtà sei misericordioso con lui. Ma lasciamo da parte il servo, poiché potresti essere talmente arrabbiato con il servo da portargli odio. È vero che, essendo cristiano, questo non dovresti farlo; non dovresti farlo nemmeno se consideri che anche tu sei uomo. Non lo dovresti fare se pensassi che gli appellativi " servo " e " padrone " sono certamente diversi, ma non è diverso il nome di uomo: uomo lui, uomo tu. Non dovresti perciò lasciarti indurre dall'odio a punire il tuo servo reo di colpa. Ma siccome questo è frequente fra gli uomini, lasciamo da parte il servo e parliamo del figlio. A un figlio non si può che voler bene, tanto che nessuno elogia un padre che ama suo figlio. È quanto diceva il Signore: Se amate coloro che vi amano, che merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? 21 Quanto più dunque è normale che si amino i figli, generati perché succedano ai genitori! Per legge di natura nessuno assolutamente può odiare il figlio che ha generato. Non si può lodare l'uomo per quello che si trova anche nelle bestie. Nessuno loda l'uomo che ama i propri figli. Questo si riscontra non solo negli animali domestici: anche i leoni, pur così feroci, sono mansueti con i propri figli; anche le tigri amano i figli; i serpenti covano le uova e nutrono i loro piccoli. Se dunque questi animali, che sembrano così feroci e crudeli, perdono la loro crudeltà e ferocia di fronte alla prole, cosa fa di straordinario l'uomo che ama suo figlio? Vi sto dicendo questo, fratelli, perchè, dall'esempio dei figli, dall'esempio di quella creatura che nessuno può odiare, vi convinciate che può esserci una pena inflitta per misericordia. Ecco un padre che vede suo figlio montare in superbia, ribellarsi al padre stesso, appropriarsi dei beni di casa più di quanto gli spetti, dissiparli in piaceri insulsi, sperperare ciò che ancora non è suo. E lui, il figlio, mentre fa così, è tutto allegro, ride, canta e balla. Il padre cerca di frenarlo, lo sgrida, lo punisce, lo bastona: gli toglie il riso, lo fa piangere. Sembra che così gli tolga il bene e gli porti il male; e in realtà gli toglie l'allegria e gli porta il pianto. Però, se avesse lasciato correre quell'allegria, sarebbe stato crudele, mentre facendolo piangere è stato misericordioso. E allora, se il padre che fa piangere il proprio figlio è giudicato misericordioso, come non comprendere che anche il nostro Creatore può agire secondo quel che abbiamo cantato: Dio, tu ci hai respinti e abbattuti? Ma perché? Forse per rovinarci, per perderci? Ecco come prosegue: Ti sei adirato, ma hai avuto pietà di noi 22. In che senso egli è giusto quando si adira con te? Collega queste parole con le altre: Prima di essere umiliato io ho peccato 23. Quale vantaggio dunque ti reca l'essere stato respinto e atterrato? Buon per me che tu mi abbia umiliato: così io imparo le vie della tua giustizia 24.
L’uomo intermediario tra Dio e il creato.
5. Ora volgiamo l'attenzione a quanto dice l'Apostolo: Dio racchiuse tutti nell'incredulità per usare a tutti misericordia 25. Il primo peccato dell'uomo fu la superbia. Così leggiamo nella Genesi; così troviamo in un altro testo della Scrittura 26. Nella Genesi cosa leggiamo? Che l'uomo, creato e formato [da Dio], fu collocato nel paradiso, sottoposto a una legge, sottoposto a un comando. Questo comando 27 era per ricordargli che, per quanto egli fosse diventato grande, c'era però sopra di lui un altro più grande. Così Dio indicava all'uomo, che, essendo una creatura da lui dipendente, si doveva mantenere sempre umile; in altre parole, l'uomo, per natura inferiore a Dio, doveva mantenersi nell'umiltà. Non v'è dubbio che l'uomo era stato fatto ad immagine di Dio 28, e Dio, come sta scritto in un altro testo, gli aveva dato il potere di reggere tutte le cose 29. Sì, tutte le cose erano sotto di lui, ma sopra c'era Colui che aveva creato tutto. E l'uomo doveva rendersi conto di ciò che era al di sotto di lui, ma più ancora doveva badare a colui che gli era al di sopra. Tenendo conto di colui che gli era sopra, avrebbe dominato con tranquillità ciò che gli era sotto. Staccandosi da colui che gli era sopra veniva dominato da ciò che gli era sotto. Facciamo l'esempio di tre uomini. Uno di essi ha un servo e ha anche un padrone. Capita spesso che dei servi danarosi abbiano dei servi sotto di sé. Notatelo bene: un tal uomo ha un servo e ha un padrone; a uno è soggetto, all'altro comanda; nei confronti del servo è superiore, nei confronti del padrone è inferiore. Al terzo posto poniamo colui che è servo del servo; al primo posto colui che è padrone del padrone; in mezzo colui che è servo e padrone: padrone del suo servo e servo del suo padrone. Il terzo quindi è soltanto servo, il primo è solo padrone, quello di mezzo è insieme servo e padrone. Questi è tranquillo nel possesso del suo servo se non è in urto con il suo padrone. E tuttavia noi abbiamo parlato di tre uomini: tutti e tre dello stesso genere, tutti e tre della stessa sostanza, tutti e tre della stessa natura. Non altrettanto si può dire dei tre seguenti: Dio, l'uomo e le creature inferiori all'uomo. Di tutt'altra condizione, di sostanza ben diversa sono il fattore e la fattura, il produttore e il prodotto, l'artefice e la sua opera, il creatore e la creatura. Quanto poi alle cose create, con termine generico si chiamano tutte creature; però tra di loro differiscono per natura, dignità, meriti e condizione. Sebbene tutte create da Dio e da lui fatte, stanno prima le creature spirituali, poi quelle carnali: le creature spirituali stanno al primo posto, quelle carnali all'ultimo. Un qualcosa di spirituale è la mente umana, dove sono impresse la somiglianza e l'immagine di Dio 30; sono creature corporee tutte quelle che constatiamo essere oggetto dei sensi del corpo. Le conosciamo tutti. Si vedono, si odono, emanano odori, hanno sapori, si toccano; sono dure o molli, calde o fredde, ruvide o lisce. Sono, tutte, creature corporee e quindi inferiori. L'uomo è costituito al di sopra di tutte queste cose 31 solo a motivo della sua anima, della sua mente, di quel qualcosa per cui egli fu creato a immagine e somiglianza di Dio. E Dio non è circoscritto o racchiuso in una forma corporale, per cui da una parte abbia il dorso e da un'altra gli occhi. Egli è una luce, ma non una luce come quella che vediamo con gli occhi, neanche se la vorrai ingrandire e con la fantasia e il pensiero la ingigantisci sì da immaginare campi di luce, montagne di luce, alberi di luce, svolazzando dietro le vanità del tuo pensiero. Vuoi capire cos'è questa luce spirituale? Pensa [alla luce] per la quale comprendi.
La conoscenza sensibile e la conoscenza spirituale.
6. Cerca di comprendere - dico - quella luce mediante la quale tu stesso comprendi. Cosa intendo dire? Se con gli occhi del corpo distingui gli oggetti bianchi da quelli neri, lo puoi fare perché aiutato da una luce esterna, per esempio, del sole o della luna o di una lampada o di una qualche fiammella. Se questa luce esterna non venisse in aiuto dei tuoi occhi, inutilmente terresti aperti i tuoi " lumi " e senza alcun fondamento li chiameresti lumi. Ecco dunque, tu conosci e distingui le varie cose: l'occhio, che tieni aperto e riscontri sano; la luce, che dall'esterno ti aiuta a vedere; i colori e le forme, che, così aiutato, riesci a vedere. Questo per gli occhi. Ma tu ascolti delle voci e sai in che modo le ascolti. Non sono gli occhi che ascoltano né gli orecchi che vedono. Agli occhi manca qualcosa per sentire le voci, come agli orecchi manca qualcosa per vedere i colori. A te invece non manca nessuna delle due cose perché con gli occhi vedi e con gli orecchi ascolti. E così conosci gli odori e sai qual è l'organo che devi avvicinare per sentirli. Non accosti infatti l'orecchio per sentire la fragranza d'un odore, ma ti servi di quell'organo che Dio creatore ti ha dato per odorare. Lo stesso quando vuoi gustare una qualche vivanda: non la accosti agli orecchi o agli occhi, perché sai che non sono quelli i sensi per giudicare i sapori. E se vuoi sapere se una cosa è dura o molle, calda o fredda, lo puoi conoscere col tatto, che è diffuso su tutto il corpo. Tutto questo lo sai. Bene! Ora guardate al vostro interno. Cos'è questa realtà interiore alla quale tutti i sensi esterni portano le sensazioni dell'uomo? I sensi infatti sono come degli strumenti, e sono a lei sottomessi come dei servi. C'è un senso interno, non definibile, che è come un comandante al quale i sensi del corpo, quasi fossero suoi messi, riferiscono tutto ciò che sentono all'esterno. Questo senso interno, che sa distinguere tutte le altre cose, è senza dubbio superiore alle cose stesse. E allora, se l'occhio ha cose da vedere, l'orecchio cose da udire, le narici cose da odorare, il palato cose da gustare, le mani cose da toccare, non avrà la mente qualcosa che possa percepire direttamente? Certo, è la mente che percepisce il bianco e il nero, ma per mezzo degli occhi che glielo trasmettono; è la mente che percepisce nei suoni ciò che è melodioso o stridulo, ma per mezzo degli orecchi che glielo trasmettono; è la mente che percepisce negli odori ciò che è gradito o sgradito, ma per mezzo delle narici che glielo trasmettono; è la mente che percepisce nei sapori ciò che è dolce o amaro, ma per mezzo del palato che glielo trasmette; è la mente che percepisce ciò che è duro o molle, ma per mezzo della mano che ha toccato l'oggetto. Tutte queste cose, così molteplici e varie, la mente le sente perché gliele riferisce il corpo; e non sarà in grado di percepire qualcosa direttamente, da sola, senza che qualche organo del corpo gliela debba trasmettere? Chiediti dunque che cosa può percepire direttamente l'anima, e troverai dove è l'immagine di Dio. Il nero e il bianco lo sentiva per mezzo degli occhi, il melodioso e lo stonato per mezzo degli orecchi; e senza dover di nuovo elencare tutte quelle cose che passano attraverso il corpo, erano le membra del corpo che facevano da tramite. Ma il giusto o l'ingiusto forse che glielo comunicano gli occhi? È la mente che distingue il giusto dall'ingiusto; essa afferma: " Questo è giusto, questo è ingiusto ". Chiediti chi glielo ha comunicato. Se la giustizia è un colore, glielo avranno comunicato gli occhi; se è un suono, glielo avranno comunicato gli orecchi; se un odore, le narici, se un sapore, la bocca; se un corpo duro o molle, le mani. Ma se non è nessuna di queste cose, chi glielo ha comunicato se non una luce interiore? Orbene, questa natura, questa sostanza che vedete così superiore (mi mancherebbe il tempo se di essa volessi parlare più diffusamente) è qualcosa di interiore, qualcosa di divino, creato in noi da Dio a sua immagine e somiglianza 32, ed è superiore a tutto ciò che è corporeo; anzi essa fu creata in modo che tutto ciò che è corporeo le fosse sottomesso e la servisse. Però questa mente non è Dio. Se fosse stata Dio, come avrebbe potuto peccare? Dio infatti è immutabile; la nostra mente invece, poiché è creata, poiché è fatta, non è ciò che è Dio. Essa è mutabile. Queste mutazioni le vediamo: ora sa, ora non sa; ora ricorda, ora dimentica; ora vuole, ora non vuole; ora gioisce, ora si rattrista. Queste mutazioni non sono in Dio: egli è al di sopra della mente, è il creatore della mente.
Il corpo, servo dell’anima; l’uomo, servo di Dio.
7. Ebbene, tutto questo di cui vi ho parlato è superiore al corpo e inferiore a Dio: è al di sotto del padrone, al di sopra del servo. Sono le tre cose di cui parlavo poc'anzi. Se dunque tre uomini, tutti e tre uomini, nella loro condizione sono ordinati secondo una certa gerarchia (per cui uno è padrone e basta, l'altro è servo e basta, il terzo è servo rispetto al padrone e padrone rispetto al servo), non vi pare che tutto il creato sia ordinato anch'esso in maniera più semplice ma insieme più diversificata? La natura e la sostanza della mente è al di sotto di Dio, la natura di ogni essere corporeo è al di sotto della mente. Ma, come dicevo prima, un padrone tiene senza difficoltà sotto di sé il suo servo se lui stesso non è in contrasto con il suo padrone. Così per la mente: se non si fosse messa contro il suo padrone, per quella superbia per cui pretese d'essere indipendente ed autonoma, l'universo corporeo le sarebbe rimasto sempre soggetto come un suo servo. Ma poiché, spinta da superbia, si mise contro il suo Padrone, ecco che il suo corpo, creatura a lei data per servirla, è diventato per lei tormento di pena, tormento di vendetta. Ora infatti la mente è tormentata per le resistenze del corpo, mentre prima aveva il dominio su tutta la natura corporea. Come se quell'uomo... -dall'esempio infatti vi si rende più comprensibile la nostra situazione, e cioè come la difficoltà stessa che abbiamo nel capire fa parte anch'essa di quella pena con cui siamo stati umiliati. Cerchiamo di spiegare la cosa da quello che capita comunemente -. Mettiti di nuovo davanti agli occhi quelle tre persone, perché è cosa abbastanza comprensibile, pur presentando delle differenze. Le cose infatti sono tanto più distanti da noi quanto più diverse. Molto distanti sono Dio e la mente, e molto distanti la mente e il corpo. Invece in quei tre, uno è uomo, l'altro è uomo e il terzo anch'egli uomo. Non è diversa la natura; solo la condizione crea l'ordine gerarchico. Tuttavia, siccome queste cose sono nella nostra esperienza quotidiana, le comprendiamo più facilmente di quelle che sono da noi così distanti. Cerca dunque di capire quel che stiamo dicendo. Pensa a quell'uomo di mezzo, che è servo ma anche padrone, padrone ma anche servo; servo di quello che gli è sopra, padrone di quello che gli è sotto. Supponi ora che egli abbia offeso quello che gli sta sopra. Offeso in che modo? Per un atto di superbia. Ha considerato che anche lui aveva un servo, e così, pensando al servo sottoposto alla sua autorità, ha osato ergersi contro il padrone. Si è innalzato contro il suo padrone; ma il padrone lo ha fatto bastonare dal suo servo. Perché quel padrone del " servo-padrone " era padrone di tutti e due, e quel servo non aveva tanto potere sull'altro servo quanto ne aveva lui su tutti e due. E questo servo come avrebbe potuto rifiutarsi di obbedire a quel signore che non era servo di nessuno, quando questi, da padrone com'era di tutti e due, gli intimava di picchiare il suo [immediato] padrone? Così il nostro Dio. Avendolo noi offeso, comandò che fossimo tormentati attraverso il nostro corpo: la morte si impadronì del corpo e noi cominciammo a soffrire pene proprio lì dove avevamo osato levarci in superbia contro il Padrone. E così ora siamo bastonati dal nostro servo. Siamo tormentati dalle tribolazioni della nostra carne. Il Signore ci ha umiliati, facendoci percuotere dal servo.
Perseverare nel servizio di Dio.
8. Ma perché Dio ci ha umiliati facendoci percuotere dal servo? Perché noi prima avevamo peccato: Prima di essere umiliato io ho peccato 33. Messo dunque sotto la sferza del tuo servo, grida al Signore tuo Dio dicendo: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia 34. Quali sono queste vie della giustizia? Che, come io ho a mio servizio il corpo, così tu hai me al tuo servizio; e come io esigo che mi obbedisca il corpo, così dovevo obbedire io a te. Da questo dunque ho imparato le vie della tua giustizia, come se dall'alto mi avesse parlato il mio Signore e mi avesse detto: " O servo malvagio 35, almeno adesso, in questa umiliazione, riconosci chi ha offeso e a chi avresti dovuto essere sottomesso! È vero che sei tormentato dal tuo servo: hai il corpo e vorresti che ti obbedisse in tutto. Tu esigi che quando vuoi alzare la mano, la mano si alzi; che quando vuoi muovere il piede, il piede si muova; e in fondo, per quanto io abbia disposto che tu sia tormentato da questo tuo servo, tuttavia esso ancora ti obbedisce ". E infatti se vogliamo camminare e cambiare posto al corpo, diamo ordini ai piedi ed essi obbediscono; se vogliamo vedere qualcosa, comandiamo all'occhio di guardare ed esso non oppone resistenza: guarda e riferisce. Tendiamo l'orecchio al suono e subito ci riferisce sul tipo di suono. Alziamo la mano per toccare qualcosa; non ci oppone resistenza. Orbene, nel fatto che ci obbedisce, il corpo ci indica che noi ne siamo i padroni; nel fatto invece che ci oppone resistenza, ci ricorda che anche noi abbiamo un padrone. E allora vediamo in che cosa il tuo corpo si rifiuta di obbedirti. Per esempio: tu sei in grado di camminare per diecimila passi e ne vorresti fare ventimila: non ti obbedisce. Puoi camminare per cinquantamila passi e tu ne vorresti fare sessantamila: non ti obbedisce. Vorresti vegliare due notti: per un po' ti obbedisce, per un po' non ti obbedisce. Vorresti muovere il braccio per sollevare un peso: fino ad un certo punto ci riesci, oltre, non ti obbedisce. Aggiungici poi i tanti disturbi che ti affliggono per le infermità e il deterioramento, che non si possono contare, e renditi conto di come " un corpo corruttibile appesantisce l'anima 36 ". Ecco dunque: per quel tanto che ti obbedisce, il corpo ti conferma che sei tu il suo padrone; laddove invece ti oppone resistenza, ti ricorda che tu devi servire il tuo Signore. E allora di' al tuo Signore: Buon per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia 37. E come puoi imparare le vie della sua giustizia? Non rifiutandoti di servire il tuo Signore, così come vuoi che a te serva il tuo corpo. E tu già cominci a servire il tuo Signore; però il tuo corpo non ti serve ancora come vorresti. Tu adesso credi, mentre prima eri un infedele; tu metti in pratica i precetti del Signore, percorri la sua via; ma in te la giustizia non è ancora perfetta. Per questo non è ancora perfetta l'obbedienza di chi è al tuo servizio. Ancora rimane in te qualcosa di amaro, affinchè questo mondo non ti sia del tutto dolce, con il pericolo che tu smetta di desiderare il tuo Signore, che ha fatto il mondo.
Da Cristo la nostra speranza.
9. Dagli estremi confini della terra grida dunque a lui, o Chiesa diffusa in tutto il mondo, e digli con le parole del salmo: Dagli estremi confini della terra a te ho gridato, poiché il mio cuore era in angustia 38. Nel salmo però c'è anche scritto: Mi hai innalzato sulla pietra, mi hai guidato, poiché sei diventato la mia speranza 39. Dio ci ha innalzati sulla pietra. Su quale pietra? Lo dice l'Apostolo: La pietra poi era Cristo 40. E come su quella pietra è sorta per noi la speranza? Perché il nostro Signore Gesù Cristo, per mezzo del quale noi siamo stati fatti, è il Verbo di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose 41. Egli assunse la carne dalla massa della nostra mortalità: prese su di sé la morte, che era la pena del peccato, ma non prese il peccato; e, mosso da misericordia, consegnò alla morte quella sua propria carne per liberarci dal peccato. Non fu consegnato [alla morte] contro sua voglia: non sarebbe stato crocifisso se non si fosse consegnato liberamente. E se fu Giuda a consegnarlo, lo consegnò perché lui voleva, sicchè a Giuda non va attribuito il merito di quanto voluto da Cristo, ma gli spetta solo la condanna per la sua cupidigia. Nel tradire il Signore infatti non aveva in mente la nostra salvezza ma la sua avarizia e la sua perfidia. Fu infatti Giuda a consegnare Cristo, ma anche Cristo consegnò se stesso, e il Padre di Cristo lo consegnò. Apparentemente tutti fecero la stessa cosa. Fecero la stessa cosa ma non la fecero con la stessa intenzione. Il Padre consegnò il Figlio per misericordia, il Figlio si consegnò parimenti per misericordia, Giuda consegnò il Maestro per la sua perfidia. Nel fatto di consegnare sembra che non ci sia alcuna differenza, ma c'è molta differenza tra la misericordia e la perfidia. In che senso lo consegnò il Padre? Ascolta l'Apostolo: Egli non risparmiò il suo proprio Figlio ma per tutti noi lo consegnò 42. E il Figlio in che senso si consegnò? È ancora l'Apostolo che del Signore afferma: Egli mi ha amato e ha dato se stesso per me 43: ossia consegnò questa carne per essere uccisa, affinchè tu non avessi da temere per la tua carne. Con la sua resurrezione dopo tre giorni ti fece vedere quel che tu devi sperare per la fine del mondo. Egli dunque ti va avanti, diventato la tua speranza 44. Tu ora vivi con la speranza della resurrezione, ma se prima non fosse risorto il nostro capo, le diverse membra del corpo non avrebbero avuto alcuna speranza.
Cristo soffrí liberamente.
10. Che diremo dunque, fratelli miei? Nel nostro Signore, anche prima della passione il suo corpo era a lui sottomesso come un servo al suo padrone. Egli infatti non era legato al corpo per un castigo o una punizione, quasi che dovesse essere schiaffeggiato dal suo servo come lo siamo noi. Se egli volle soffrire nel corpo, lo volle di propria libertà e potenza, non per necessità o debolezza. Lo dichiarò lui stesso: Ho il potere di privarmi della mia anima e ho il potere di riprenderla. Nessuno me la toglie, ma io stesso da me, liberamente, me ne privo 45. Grande potenza era dunque in lui; accettando però di soffrire nella carne, con ciò stesso dimostrò cosa tu meriti di soffrire. Lui soffrì senza che se lo fosse meritato, tu perché te lo sei meritato. Ma affinchè tu sopporti con pazienza i patimenti che hai meritato, viene a consolarti colui che patì senza averlo meritato. Accetta dunque la tua sofferenza finchè non passi la tua mortalità. Il regno a cui appartieni avanza a tappe distribuite nel tempo; ma egli ti fa già vedere quello che ha promesso mostrando nella propria persona di essere già risuscitato. Egli infatti dopo tre giorni risuscitò: volle risorgere per primo per mostrarci cosa dobbiamo noi sperare per la fine. Noi pensavamo che la carne fosse destinata a perire; è per questo che non volle prendere la carne se non da quell'umanità dalla quale la prendiamo anche noi. Se l'avesse presa da qualche altra parte, noi avremmo potuto dire: " Quella carne è potuta risorgere perché assunta da una natura diversa ". È stata presa infatti da quella sorgente da cui la prendiamo noi. Egli, è vero, non volle che la madre avesse rapporti maritali, perché era l'unico Figlio di Dio e, avendo un Padre in cielo, in terra non si cercò se non una madre. In tal modo ci mostrò che nulla è male di quanto aveva creato. Aveva creato il maschio e la femmina, aveva creato ambedue i sessi 46; ma poiché Adamo era stato sedotto dalla donna, le donne avrebbero potuto disperare della propria salvezza, se il sesso femminile non fosse stato onorato nella persona della Vergine Maria. Egli scelse di nascere da una donna. Era conveniente che si facesse uomo, che nascesse uomo. Ma Dio non ha creato solo l'uomo; ha creato anche la donna: e, come ho detto, le donne avrebbero potuto disperare e dire di essere escluse dalla misericordia di Dio perché a causa di una donna l'uomo era stato traviato. Perciò il Signore si degnò di nascere da una donna, assumendo per sè il sesso maschile, e così conferì dignità ad entrambi i sessi : si presentò come creatore di entrambi e di entrambi salvatore. È come all'uomo la morte tramata dal serpente era stata comunicata per mezzo di una donna, così la vita fu annunziata agli uomini per mezzo di donne 47. Infatti a vedere il Signore risorto furono prima le donne, le quali poi lo annunziarono agli uomini, cioè agli apostoli. E così il Signore nostro Gesù Cristo ha fatto vedere nella sua carne ciò che noi dobbiamo sperare per la fine. Egli ci ha umiliati perché noi imparassimo le vie della sua giustizia 48.
Radice di ogni male, la superbia.
11. E allora riaccostiamoci per la via dell'umiltà, noi che eravamo stati buttati fuori per la superbia. La causa della nostra mortalità, la causa della nostra infermità, la causa di tutti i nostri affanni, di tutte le nostre difficoltà, di tutte le sventure che nella vita presente soffre il genere umano, non è che la superbia. Lo trovi nella Scrittura che dice: L'origine di ogni peccato è la superbia 49. E cosa dice inoltre? L'inizio della superbia dell'uomo è l'apostatare da Dio 50. Se la superbia vi sembra un male da poco, tremate almeno di fronte a questo apostatare da Dio. E se vi spaventa l'apostatare da Dio, sradicate la causa di questa apostasia. Perché è stata la superbia a far apostatare l'uomo da Dio. È proprio lei l'origine di tutti i nostri mali, poiché noi in questa vita siamo dei malati. E allora succede come con un bravo medico: quando vede un malato che soffre diversi disturbi, non si sofferma alle cause prossime del male, tralasciando quelle che sono all'origine di tutti i mali. Se infatti si limitasse a curare il male nelle sue cause prossime tralasciando quella che è all'origine dei disturbi, tornerebbero presto le manifestazioni del male: per un po' di tempo il malato sembrerebbe guarito, ma la guarigione non dura. Il medico veramente bravo è quello che raccoglie bene tutti i sintomi di ogni male; e quando ne scopre la causa prima, quella da cui derivano tutti i mali come rami di un'unica radice, strappa questa radice, e allora tutto il groviglio dei malanni viene eliminato. Così si comporta il Signore Gesù Cristo; e per questo è chiamato Salvatore. Egli affermò: Non i sani hanno bisogno del medico ma i malati 51, e venne verso i malati, perché noi malati non potevamo andare verso di lui. Cercò quelli che non lo cercavano; si rivolse a chi era infermo: soffrì molti dolori, sopportò che dei ciechi lo uccidessero, per risanare con la sua morte i loro occhi. Tutto questo egli fece e, siccome vedeva che la causa di ogni nostro male è la superbia, ci ha guariti con la sua umiltà.
Realtà dei patimenti di Cristo.
12. E allora non irridere l'umiltà di Cristo! Che Cristo sia venuto nell'umiltà è motivo di beffe per molti pagani e magari lo fosse per loro soli! Lo è anche per molti eretici, che pur si dicono cristiani. Per loro è sconveniente che Cristo sia nato da donna; è sconveniente che sia stato inchiodato alla croce e coperto di piaghe: ed erano vere quelle piaghe che egli ricevette, e veri quei chiodi che lo trafissero! Per loro tutto ciò ripugna, e quindi dicono: " Era simulazione. Egli finse di soffrire, ma in realtà non soffrì ". Ma allora è con una menzogna che ti ha liberato la Verità? Tu eri malato di menzogna e con una menzogna fosti risanato? Come si può sostenere una cosa simile? Quelli che parlano così mostrano all'evidenza che sorta di maestri siano. Quando il Signore risuscitò, a quel suo discepolo che dubitava egli presentò le mani perché le toccasse e le cicatrici perché le palpasse. E mentre lui diceva: " Non crederò se non avrò messo le mie dita nel suo costato 52 ", egli si presentò non solo per essere visto con gli occhi ma anche toccato con le mani. E il discepolo, toccate le sue cicatrici, raggiunse l'evidenza della verità ed esclamò: Mio Signore e mio Dio! 53 Ebbene se Cristo ci ha ingannati, come puoi tu pretendere di dire la verità? Dimmi: a quale titolo vuoi che io ti ascolti? Che ti ascolti come maestro? " Sì, mi risponde, come maestro ". Ma cosa mi dici, cosa mi insegni? " Ti insegno che Cristo non è nato da donna, non ha avuto una vera carne, e non fu vera morte la sua, né vere furono quelle ferite; e, se non furono vere quelle ferite, neppure vere furono le cicatrici ". Io, però, dal Vangelo sento dire che il Signore Gesù Cristo al discepolo che dubitava ha presentato le sue cicatrici. Certo, avrebbe potuto risorgere senza cicatrici lui che aveva potuto risanare gli occhi al cieco nato. Ma perché volle presentare la testimonianza delle cicatrici? Perché la testimonianza di quelle cicatrici nel corpo doveva essere medicina per le ferite dell'anima. E allora che mi vai raccontando? Che esse erano false? Che Cristo simulò tutte queste cose e che quel discepolo esclamò: Mio Signore e mio Dio ingannato da tale simulazione? E se Cristo mediante una menzogna volle risanare quel discepolo, come faccio io a sapere se tu mi dici la verità o la menzogna? Tu infatti non ritieni che il mentire sia cosa illecita se cerchi di presentarmi Cristo come autore di menzogna. Io ti potrei dire: " Anche tu menti ". E tu a me: " Oh! No. Io non mento ". Tu menti di sicuro! " Per carità! Io non mento ". Certamente mi diresti così perché io ti creda. Che se mi dicessi: " Sì, sto mentendo ", vorrei sapere come ti si possa credere in qualche cosa. Perché io ti possa credere in qualche modo, bisogna che tu mi dica: " Per carità! Io non mento ". Bene, tu mi dici " Per carità! Io non mento " perché consideri peccato mentire quando insegni qualcosa. E allora una cosa che consideri per te peccato tu la vuoi imputare a Cristo? Via dunque tutte le falsificazioni umane! Come è scritto nel Vangelo, così è venuto Cristo. E non ti sembri sconveniente l'umiltà di Cristo; essa ripugna solo a chi è superbo. Non essere superbo e non ti sembrerà ripugnante l'umiltà di Cristo.
Bevendo al calice dell’umiltà conseguirai la salute.
13. L'Apostolo dice: Per chi è puro, tutto è puro; ma per i contaminati e per gli infedeli nulla è puro: sono contaminate la loro mente e la loro coscienza 54. Con cuore casto tu dunque dichiara: " Lo concepì una donna, lo concepì una vergine ". Lo concepì nella fede: vergine lo concepì, vergine lo partorì, vergine rimase. Credi a tutte queste cose e non ti appaiano immonde quelle viscere. Che se anche quella carne fosse stata davvero immonda, Cristo, venendo nella carne, avrebbe purificato quella carne immonda e non sarebbe stato reso immondo da colei che fosse stata immonda. Rifletti sull'umiltà del tuo Signore. Se essa ti turba, è perché tu sei superbo. L'umiltà turba il superbo. E siccome tu sei superbo, fatti violenza perché non ti ripugni la medicina a te somministrata contro il tuo gonfiore. Se infatti tu sei superbo, sei gonfio, non grande. E se sei gonfio, manda giù la medicina, perché le tue viscere si sgonfino e tu possa guarire. Questa medicina, il medico te l'ha preparata perché tu possa berla. Il medico te l'ha preparata nel calice. Bevi il calice amaro, se vuoi acquistar la salute. Non vedi che sei gonfio? Non vedi che le tue viscere sono malate? Ti sembra di essere grande, ed invece sei soltanto gonfio. La tua non è grandezza, ma malattia. Vuoi liberarti dal male? Vuoi liberarti dal tuo gonfiore? Bevi al calice dell'umiltà. Te l'ha preparato colui che è venuto a te nell'umiltà. E perché non avessi difficoltà a berlo, per primo l'ha bevuto il medico: non perché il medico ne avesse bisogno, ma per togliere ogni esitazione al malato. Quindi non disprezzare l'umiltà dalla quale ti viene la salute. Il capo di tutti i mali è la superbia. È venuto a liberarci dal capo di tutti i mali colui che si è degnato farsi capo della Chiesa 55. Tolta via l'origine di tutti i mali, tu sarai guarito. Umìliati e sarai sano, e allora potrai dire con sicurezza: È un bene per me che tu mi abbia umiliato: così imparo le vie della tua giustizia 56. Tu ti eri innalzato e sei stato abbassato. Umìliati e sarai innalzato, perché Dio resiste ai superbi ma dà la sua grazia agli umili 57. Ed è per questo che Dio ha racchiuso tutti nell'incredulità per avere di tutti misericordia 58.
La legge non toglie ma svela il peccato.
14. L'uomo si era allontanato da Dio, si era abbandonato alle proprie concupiscenze 59, aveva rotto i freni. Errando, vagando di qua e di là era arrivato ad adorare gli idoli. Era montato in superbia perfino il popolo giudaico, che pure adorava l'unico Dio; era montato in superbia ed era caduto nell'iniquità. E Dio, per mostrar loro che anch'essi erano infermi, per mostrar loro che anch'essi erano soggetti alla fragilità della carne (poiché quella cupidigia che si è propagata dal seme dei progenitori rimaneva anche in loro) diede ad essi la legge e dei precetti giusti e buoni e santi, come dichiara l'Apostolo: In effetti la legge è santa e il comandamento giusto e santo e buono. Ma allora, egli soggiunge, una cosa che è buona, per me è diventata morte? Non sia mai! Ma il peccato, per rivelarsi come peccato, per mezzo di una cosa buona ha causato in me la morte 60. Osserva come egli definisce buona la legge che era stata data ai giudei. La definisce buona perché data da Dio. Nel decalogo infatti sono comandate cose che sono tutte buone. Che forse era un male il Non rubare, non uccidere, non commettere adulterio, non dire falsa testimonianza, ecc., fino al Non desiderare la roba d'altri 61? Infatti se non porti via la roba d'altri ma solo la desideri, non cadi sotto le leggi del foro, ma Dio ti condanna nel suo giudizio. Badate perciò, fratelli: la legge fu data ai giudei infermi ma superbi. Essi cominciarono a compiere degli sforzi per eseguire quel che è giusto secondo la legge, ma furono abbattuti dalle loro concupiscenze, e così divennero trasgressori essi che prima erano iniqui ma non trasgressori secondo la legge, non prevaricatori di essa. Difatti l'Apostolo dice: Dove non c'è legge non c'è nemmeno la prevaricazione 62. Quando viene data la legge, chi agisce contro di essa, anche se fa le stesse cose che faceva prima (quando era peccatore ma non prevaricatore), dopo, venuta la legge, non solo è peccatore ma anche prevaricatore. E siccome ormai è non solo peccatore ma anche prevaricatore, si avvera quanto dice l'Apostolo: La legge è subentrata perché abbondasse il peccato 63. Ma perché doveva abbondare il peccato? Vi si riferisce quel: O Dio, tu ci hai respinti e ci hai dispersi 64. Però l'Apostolo prosegue dicendo: Ma dove ha abbondato il peccato ivi ha sovrabbondato la grazia. Ecco dunque che, per il fatto che ha abbondato il peccato, noi diciamo giustamente: O Dio tu ci hai respinti, ci hai dispersi: ti sei adirato. Per il fatto che ha sovrabbondato la grazia continuiamo giustamente: Ma hai avuto misericordia di noi 65. I giudei dunque non possono dire: " Noi siamo questo e quello ". Dio infatti ha racchiuso tutti nell'incredulità perché di tutti potesse avere misericordia 66.
Nella fede prepariamoci alla visione.
15. Riconosciamo dunque, fratelli carissimi, la nostra vita, cioè il Signore nostro Gesù Cristo; e sapendo che essa è medicina della nostra superbia, teniamoci stretti all'umiltà del Signore nostro Gesù Cristo. Crediamo in lui; tutto speriamo dalla misericordia di colui che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato alla morte per tutti noi 67. E se facciamo progressi nelle vie della sua giustizia, non insuperbiamoci e non disprezziamo gli altri. Nel cammino della giustizia non stiamo a guardare quanta strada abbiamo fatto, ma quanta ce ne resta da fare. E sempre gemiamo. Gemiamo finchè siamo pellegrini, perché la nostra gioia non l'avremo se non nella patria quando saremo uguali agli angeli 68. Finchè siamo nel corpo siamo pellegrini lontano dal Signore 69. Perché pellegrini lontano dal Signore? Perché, risponde, noi camminiamo nella fede e non nella visione 70. Fede è credere ciò che non vedi, visione è vedere le cose in cui hai creduto. Quando arriverà la visione, la fiamma della carità sarà bruciante perché quello che avevi bramato assente lo abbraccerai presente, contemplerai presente quel che avevi creduto quand'era assente. E se così dolce è Dio raggiunto con la fede, che cosa sarà nella visione? Ecco, quando tutte le cose di adesso, che pur ci fanno soffrire per i postumi dei nostri peccati, saranno passate, allora avremo conseguito la pienezza della giustizia; allora, aggregati agli angeli, canteremo l'inno sempiterno dell'" alleluia ". Saremo nella lode di Dio senza interruzione, e non ce ne distrarrà la fame, perché la fame non la sente se non il corpo che si corrompe e appesantisce l'anima 71. Non avremo sete, non ci ammaleremo, non invecchieremo, non avremo sonno, non soffriremo nessuna infermità; ma, come sono i corpi degli angeli, tali saranno i nostri corpi nella resurrezione dei morti 72. Non ti meravigliare che nella resurrezione dei morti questi nostri corpi carnali diverranno corpi celesti. Pensate che prima di venire all'esistenza, noi non eravamo affatto; e da questo credete a ciò che saremo quando risorgeremo. Ognuno rifletta dentro di sé: prima di esser nato, che cosa era, dov'era, dove si nascondeva? Le parti del nostro corpo adesso fra loro distinte, gli orecchi, gli occhi, il volto, lo spirito che dà vita a tutto il complesso del corpo, tutte queste cose dov'erano? Certo nel segreto della natura, certo dove nessuno le vedeva. Da lì saltarono fuori: tu non esistevi affatto e Dio ti ha dato la forma. Ti pare grande cosa che Dio possa farti diventare da uomo angelo, lui che dal fango ti ha fatto uomo 73? Che cosa eri prima? Eppure sei uomo. Sei uomo, e non puoi diventare angelo? È più vicino diventare da uomo angelo che dal niente diventare uomo. Ciò che era più straordinario in te Dio l'ha già fatto: e allora non farà quel tanto che resta?
Dio è fedele alle promesse.
16. È necessario che tu creda, è necessario che la tua fede non si distacchi da Cristo né dal suo Vangelo né dalle sue promesse. È necessario che tu comprenda come la quasi totalità di ciò che è stato scritto si è realizzato, ed è poco ciò che resta ancora da realizzarsi. Così la Chiesa. Ora la vedete diffusa in tutto il mondo, mentre fino a poco tempo fa neppure esisteva. Pochi anni fa voi eravate pagani, ora siete cristiani. I vostri genitori prestavano il culto ai demoni, e i templi erano affollati di gente che bruciava incenso; ora invece la Chiesa si riempie di gente che loda Dio. Con quanta rapidità Dio ha cambiato la storia! Tutti questi eventi prima che si realizzassero erano già stati scritti: li si leggeva e, sebbene non si vedessero ancora, vi si credeva. Noi al presente vediamo realizzate le cose che i nostri antenati leggevano sui libri. Se quindi si sono realizzati così numerosi e importanti avvenimenti, non si avvereranno quei pochi che restano? Con fede salda, fratelli, credete che si avvereranno, dal momento che tutti gli eventi del passato sono avvenuti proprio in quella maniera come erano stati descritti e preannunziati prima che accadessero. Molte migliaia di anni prima fu detto ad Abramo: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti 74. A un solo uomo si diceva: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. Questi considerava che appunto era solo e per di più vecchio, che anche sua moglie era vecchia, anzi consunta dalla vecchiaia, eppure gli si diceva: " Da te nascerà un figlio ". Cosa ci poteva essere di più impensabile? Ma - quasi fosse stato poco dire a un uomo vecchio decrepito: " Tu avrai un figlio " - gli si aggiungeva: Nella tua discendenza saranno benedette tutte le genti. Dio prometteva cose straordinarie, cose in sé impossibili ma a lui facili 75. Quell'uomo, allora solo, credette in quel che non vedeva, mentre noi lo vediamo. Egli lo credette; a noi sta davanti agli occhi. Anzi, quanto sta davanti ai nostri occhi è l'attuazione della promessa a lui fatta. Da Abramo infatti nacque Isacco, da Isacco Giacobbe, da Giacobbe il popolo giudeo; dal popolo giudeo nacque Davide e dalla stirpe di Davide la vergine Maria, dalla vergine Maria nacque il Signore Gesù Cristo. Nella discendenza di Abramo dunque saranno benedette tutte le genti 76, poiché tutte le genti sono benedette in Cristo. Ecco al presente a noi si addita quel che ad Abramo fu promesso. E allora, se Dio - che è onnipotente e fedele - ha attuato quel che aveva promesso a un solo uomo, non attuerà ciò che ha promesso all'umanità intera? Miei fratelli, cresca l'edificio della vostra fede, si irrobustisca la vostra speranza! Dio non ingannò quel singolo uomo: potrà ingannare tutto il genere umano? A lui fece intravvedere l'universo popolato di cristiani; a noi mostrerà l'universo che, unito a Cristo suo Figlio, vive la vita eterna.
La Chiesa di Cristo e le fazioni scismatiche.
17. Ritenendo queste verità, comprendete, fratelli, che la Chiesa non la si trova in una fazione ma nella totalità. Tutti redense Cristo, per tutti versò il suo sangue. Vi sono cristiani in tutto il mondo; e la loro unità è la Chiesa di Cristo. Senza fondamento gli eretici si sollevano contro la Chiesa di Cristo: è loro sembrata piccola cosa essere privati dell'eredità; osano anche lanciare calunnie agli eredi. Richiamateli alla totalità dove regna l'unità, e che essi non vi attirino in una qualche fazione. Se voi li seguite, andrete a finire nella fazione; se loro dan retta a voi, verranno all'universalità: saranno vinti a tutto loro vantaggio. Cristo infatti, miei fratelli, quando fu sospeso alla croce, redense l'universalità [degli uomini]. Contratto di Cristo fu la passione di Cristo: lì ci ha riscattati dove fu crocifisso. Lì infatti versò il sangue, prezzo di riscatto per noi, lì dove secondo i salmi era stato predetto che sarebbe avvenuto. Considerate quanti anni prima era stato predetto: Hanno forato le mie mani e i miei piedi, hanno contato tutte le mie ossa. Mi guardavano e scrutavano attentamente; si sono divisi le mie vesti e sulla mia tunica hanno gettato la sorte 77. È difficile distinguere se tutte queste affermazioni le si ascolti dal salmo o le si proclami dal Vangelo. Non è forse vero che come si canta nel salmo così si legge nel Vangelo: Hanno forato le mie mani e i miei piedi: hanno contato tutte le mie ossa 78?. Ecco dove Cristo ci ha redenti. Ci ha redenti là dove furono contate tutte le sue ossa, dove furono trafitti dai chiodi i suoi piedi e le sue mani. Là egli versò il suo sangue, che è il prezzo del nostro riscatto. Nello stesso salmo ci si lascia comprendere anche cosa abbia comprato. Lo volete sapere? Interrogate lo stesso salmo. Cosa comprò Cristo appeso alla croce? Lo dice dopo pochi versetti: Se ne ricorderanno e si convertiranno al Signore tutti i confini della terra e lo adoreranno tutte le famiglie delle genti 79. Perché lo adoreranno? Poiché suo è il regno ed egli dominerà sulle genti 80. Come volendo rispondere sul perché e su chi sia costui al quale si convertiranno tutti i confini della terra e dinanzi al quale si prostreranno adoranti tutte le famiglie della terra 81, dice: Poiché suo è il regno ed egli dominerà sulle genti 82. Perché è suo? Perché lo ha comprato.
Rallegriamoci di essere nell’unità della Chiesa.
18. Ecco ora irrompere il nemico avido di possedervi, e questo in nome di Cristo. Egli può, è vero, dividere alcune delle vesti di Cristo ma quella tunica nessuno la può dividere, essendo stata cucita dall'alto 83. Dice: Si son divisi le mie vesti e sulla mia tunica han gettato la sorte 84. E l'Evangelista afferma: C'era lì una tunica tessuta dall'alto [fino in basso], e dissero coloro che avevano crocifisso il Signore: Non la dividiamo ma tiriamola a sorte 85. Quella tunica non era oggetto di divisione, era al di fuori di ogni divisione. Perché quella tunica era esente da divisioni? Perché era tessuta dall'alto. È indicato anche perché una tunica tessuta dall'alto non era suscettibile di divisioni. Che cosa si cuce dall'alto? Ciò di cui a noi vien detto: " In alto il cuore! ". Pertanto chi ha il cuore in alto non può essere diviso in parti, perché appartiene a quella tunica che è indivisibile. Orbene, miei fratelli, questa tunica è stata per sorte assegnata allo stesso Signore nostro Gesù Cristo, perché la sua sorte è la stessa sua eredità. Inoltre pur essendo sua eredità egli se la comprò. Coloro che si sono separati possono, sì, appartenere a qualcuna delle altre vesti di Cristo essendosi egli vestito di tutte, e tutti coloro che credono in lui egli in qualche modo li indossa. Tuttavia coloro che bramano onori terreni, agi temporali, miraggi corporei, non sono tessuti dall'alto, perché hanno in cuore desideri mondani, e quindi possono dividersi. Viceversa, quella tunica che è tessuta dall'alto non può essere divisa. Voi dunque, germogli della Cattolica, rallegratevi perché appartenete a questa tunica. Interrogate il vostro cuore per vedere se da Cristo non vi aspettate altro che il Regno dei cieli. Non cercate le cose vane, i beni terreni, le immagini corporee e tutto quello che soddisfa in questo mondo, in questa terra. Se vi interrogate, la vostra coscienza vi risponderà che voi avete " in alto il cuore ". E se avete " in alto il cuore ", siete tessuti dall'alto; e se siete tessuti dall'alto, è impossibile che siate divisi.
1 - Rm 11, 33 - Sal 59, 3 - Sal 118, 71.
2 - Rm 11, 33-36.
3 - Rm 11, 32 (Gal 3, 22).
4 - Rm 11, 33.
5 - Rm 11, 32.
6 - Rm 11, 33.
7 - Cf. Rm 11, 33.
8 - Rm 11, 32.
9 - Sal 59, 3.
10 - Rm 11, 32.
11 - Cf. 1 Cor 15, 47-48.
12 - Cf. Sal 59, 3; 1 Cor 15, 48.
13 - Sal 118, 67.
14 - Cf. 2 Tm 4, 8.
15 - Sal 118, 71.
16 - Sal 118, 67.
17 - Cf. Sal 50, 6.
18 - Sal 59, 3.
19 - Sal 118, 67.
20 - Sal 118, 71.
21 - Mt 5, 46.
22 - Sal 59, 3.
23 - Sal 118, 67.
24 - Sal 118, 71.
25 - Rm 11, 32.
26 - Cf. Gn 2-3; Sir 10, 15.
27 - Cf. Gn 2, 7-8 e 16-17
28 - Cf. Gn 1, 26-27 (9, 6).
29 - Sap 10, 2.
30 - Cf. Gn 1, 26 (5, 3).
31 - Cf. Sal 8, 7 (Eb 2, 7).
32 - Cf. Gn 1, 26 (5, 3).
33 - Sal 118, 67.
34 - Sal 118, 71.
35 - Mt 18, 32 (Lc 19, 22).
36 - Cf. Sap 9, 15.
37 - Sal 118, 71.
38 - Sal 60, 3.
39 - Sal 60, 3-4.
40 - 1 Cor 10, 4.
41 - Cf. Gv 1, 1-3.
42 - Rm 8, 32.
43 - Gal 2, 20.
44 - Cf. Sal 60, 3-4.
45 - Gv 10, 18 (18b + 18a).
46 - Cf. Gn 1, 27 (5, 2).
47 - Cf. Gn 3, 1-7; Mt 28, 8-10.
48 - Cf. Sal 118, 71.
49 - Sir 10, 15.
50 - Sir 10, 14.
51 - Mt 9, 12.
52 - Cf. Gv 20, 25.
53 - Gv 20, 28.
54 - Tt 1, 15.
55 - Cf. Ef 5, 23 (Col 1, 18).
56 - Sal 118, 71.
57 - Prv 3, 34 [LXX] (Gc 4, 6; I Pt 5, 5).
58 - Rm 11, 32.
59 - Cf. Sir 18, 30.
60 - Rm 7, 12-13.
61 - Es 20, 13-17.
62 - Rm 4, 15.
63 - Rm 5, 20.
64 - Sal 59, 3.
65 - Rm 5, 20 - Sal 59, 3.
66 - Rm 11, 32.
67 - Rm 8, 32.
68 - Cf. Lc 20, 36.
69 - 2 Cor 5, 6.
70 - 2 Cor 5, 7.
71 - Cf. Sap 9, 15.
72 - Cf. Mt 22, 30.
73 - Cf. Gn 2, 7
74 - Gn 22, 18 (26, 4).
75 - Cf. Lc 18, 27.
76 - Cf. Gn 22, 18 (26, 4).
77 - Sal 21, 17-19.
78 - Sal 21, 17-18.
79 - Sal 21, 28.
80 - Sal 21, 29.
81 - Cf. Sal 21, 28.
82 - Sal 21, 29.
83 - Gv 19, 23.
84 - Sal 21, 19.
85 - Gv 19, 23-24.
Quarto Venerdì - SACRO CUORE DI GESÙ, CONFIDO IN TE
I nove primi venerdì del mese - AA.VV.
Leggilo nella BibliotecaUna delle più terribili tentazioni di cui spesso sono
assalite anche le anime pie è quella dello scoraggiamento e
della sfiducia, per cui il demonio presenta Dio come un padrone
austero, un giudice senza pietà che tiene sempre in mano la
spada della sua giustizia inesorabile pronto a far cadere su di loro
i fulmini della sua collera.
«Chissà — va
sussurrando il tentatore — se Dio ti ha perdonato! Sei poi
sicuro d’esserti confessato bene?... di aver detestato
sinceramente le tue colpe?... di essere in grazia di Dio?... No,
no!.:. non è possibile che Dio ti abbia perdonato!» —
Contro questa tentazione occorre ravvivare lo spirito di fede che ci
mette davanti un Dio tutto pieno di bontà e di misericordia,
sempre disposto ad accogliere il peccatore e sempre pronto a
perdonano.
Bisogna credere fermamente all’amore di Gesù
per ciascuno di noi. Noi siamo molto più miserabili di quanto
possiamo credere, ma la nostra immensa miseria attira la sua infinita
misericordia. Bisogna aver fiducia nell’amore misericordioso di
Gesù non malgrado le nostre miserie, ma proprio a causa delle
nostre miserie perché è la miseria che attira la
misericordia. Dice P. Giraud M.S.: «Le meraviglie dell’amore
di Dio, sono talmente grandi che ci lasciano quasi incerti se
crederle o no, perché noi siamo così meschini da non
poter capire una persona dal cuore magnanimo, dal cuore superiore».
S. Agostino spiega così la parola «misericordia»:
«miseris cor dare», dare il cuore ai miseri, un cuore che
si dona ai miserabili, un cuore che si nutre delle miserie
consumandole. Tante volte noi, vedendoci sempre indegni, sempre
codardi che cadiamo ad ogni istante, siamo tentati di sfiducia.
Ebbene in questi momenti di diffidenza riflettiamo che l’amore
di Gesù è senza limiti, che la sua misericordia è
senza confini, infinita. Riflettiamo che per il Cuore di Gesù
il perdonare è un bisogno, è una gloria, è una
gioia.
a) È un bisogno — perché la sua
misericordia non può esercitarsi se non trova miserie da
distruggere.
b) È una gloria — perché i
peccatori salvati dal i: suo amòre misericordioso splenderanno
come gemme e saranno la corona della divina misericordia.
c) E una
gioia — perché tutto il Paradiso si rallegra e fa festa
con Lui alla loro conversione. Quindi ci vuole non diffidenza, non
scoraggiamento, ma grande fiducia nella inesauribile bontà
misericordiosa del buon Gesù; ci vuole molta umiltà per
le nostre cadute; vero pentimento per avere offeso Dio e volontà
seria di non farlo più con l’aiuto del Signore.
Non
dimentichiamo che tra il Padre giustiziere e noi miserabili peccatori
c’è un ponte di speranza: il Figlio Misericordioso! —
«Guardate — Egli ci dice — la mia mangiatoia, la
mia croce, la mia Eucaristia. Fiducia! Voglio colmare l’abisso
della vostra paura con l’abisso della mia misericordia. Quel
che più mi offende è la vostra diffidenza! ».
Voi
che non siete mai soddisfatti delle vostre confessioni, che ritornate
con frequenza sui peccati tante volte accusati, ascoltate: —
Una persona scrupolosa, che aveva fatto una dozzina di confessioni
generali, si preparava un giorno a confessarsi. Dopo un accurato
esame scrive i suoi peccati, si esamina ancora e fa delle aggiunte
alla lista già lunga. Poi va a inginocchiarsi al
confessionale, spiega il suo foglio e, moltiplicando i particolari,
fa la sua confessione. Dura lungamente la sua accusa che è
ascoltata in silenzio. Finalmente si ferma. — Figlia mia, c’è
altro?
— Sì, balbetta lei, c’è ancora
questo e poi quest’altro... poi... — si ferma una seconda
volta. — Figlia mia, c’è ancora un’altra
cosa: c’è l’oltraggio che mi reca la tua
diffidenza!...
Turbata, smarrita solleva gli occhi. Il
confessionile era vuoto: al posto del confessore le aveva risposto
Gesù stesso. Non è male fare lunghe confessioni, ma
vivere di paura è dubitare del Cuore di Gesù che è
venuto a stabilire la legge della grazia e della misericordia.
Mostrargli che temiamo è ferirlo al Cuore. Sapete qual’è
stata la più grande sventura di Giuda? Il suo tradimento? Il
suicidio? No! stato il non aver creduto all’amore
misericordioso di Gesù; l’aver dubitato della sua
infinita bontà.
Comprendiamo dunque finalmente che
Gesù è venuto per i peccatori e che chiede un amore
tutto pervaso di fiducia. Capì bene questo il buon ladrone.
Egli, legato alla sua croce, osserva il comportamento di Cristo. —
Dall’alto della croce, a cui era inchiodato, Gesù sta
per parlare. La prima parola che dice non assomiglia affatto alle
parole di bestemmia e di maledizione solite ai condannati a morte,
ma: «Padre, perdona loro perché non sanno quello che
fanno» (Lc. 23-24). Egli domina l’odio, la violenza e la
vendetta non solo contro i soldati romani, che compiono un dovere, ma
soprattutto contro i suoi veri nemici: gli Scribi, i Farisei, i Sommi
Sacerdoti e gli Anziani del popolo. Questa preghiera e la calma, la
pazienza e la mansuetudine di Gesù impressionano fortemente il
mal- fattore che sta alla sua destra. La sua mente s’illumina
di una viva fede che gli fa confessare la divinità di Gesù,
gli fa vedere la bruttura dei suoi delitti, lo fa pentire e chiedere
perdono al divino Condannato. Il suo cuore è confortato da una
grande fiducia nell’infinito amore misericordioso del Signore
per cui gli rivolge una preghiera ardente: «Signore, ricordati
di me quando sarai nel tuo regno» (Lc. 23-42).
Il buon
ladrone ha le mani piene di iniquità, ma importa poco. Il suo
pentimento e la sua fiducia bastano al Cuore di Gesù, che,
dall’alto della croce, Canonizza il primo Santo: «Oggi
sarai con me in Paradiso. Per te non ci sarà inferno, non ci
sarà purgatorio. Quello sguardo fiducioso che mi hai rivolto,
quell’incontro dei nostri sguardi, tu nella mia misericordia ed
io nella tua fede e nel tuo pentimento, ti ha purificato in un
istante per i miei meriti infiniti. Eccoti ora puro e pronto per il
Paradiso».
Diceva Gesù ad un’altra anima
privilegiata, Suor Consolata: «S. Disma in croce ha un solo
atto di confidenza in me e tanti peccati, ma in un istante è
perdonato e nel giorno stesso del suo ravvedimento entra a possedere
il mio Regno ed è un Santo. Vedi il trionfo della mia
misericordia e della confidenza in Me! O Consolata, tu confida,
confida sempre... perché Io sono buono, sono immensamente
buono e misericordioso e non voglio la morte del peccatore, ma che si
converta e viva».
A questo punto, per ravvivare la
speranza di quelle anime pie che soffrono per il timore eccessivo,
talora opprimente, di non conseguire l’eterna salvezza, —
(e poiché questa mancanza di speranza cristiana mentre da una
parte nuoce all’anima, dall’altra offende il Cuore di
Gesù nel suo intimo, cioè nel suo amore misericordioso
e nella sua volontà salvifica) — riporto quanto Gesù
stesso diceva, in altra occasione, alla sua confidente. 1115 dicembre
1935 Gesù faceva scrivere a Suor Consolata per tutte le anime
quanto segue: «Consolata, sovente anime buone, anime pie e
molto spesso anime a Me consacrate, con una frase diffidente
feriscono l’intimo del mio Cuore: Chissà se mi salverò!
Apri il Vangelo e leggi le mie promesse. Alle mie pecorelle ho
promesso: «Io do loro la vita eterna e in eterno non periranno
e nessuno le strapperà dalle mie mani (Gv. 10:28). Hai capito,
Consolata? Nessuno può strapparmi un’anima. Perché
allora il dubbio: Chissà se mi salverò!, se Io nel
Vangelo ho assicurato che nessuno può strapparmi un’anima
e che do a questa anima la vita eterna e quindi non perirà?
Credimi, Consolata, all’inferno ci va chi vuole, cioè
chi vuole veramente andarci perché, se nessuno può
strapparmi un’anima dalle mani, l’anima, per la libertà
concessole, può tradirmi, rinnegarmi e passare di propria
volontà al demonio. Oh, se invece di ferire il mio Cuore con
queste diffidenze, pensaste un po’ al Paradiso che vi attende,
perché io vi ho creati non per l’inferno ma per il
Paradiso, non per andare a fare compagnia al demonio, ma per godermi
eternamente nell’Amore. Vedi, Consolata, va all’inferno
chi vuole andarvi! ... pensa come è stolto il vostro timore di
dannarvi». — (Gesù si riferisce qui all’eccessivo
ed ingiustificato timore che talvolta opprime anche le anime pie). —
« Dopo che per salvare la vostra anima ho versato il mio
sangue, dopo che per una intera esistenza l’ho circondata di
grazie, di grazie, di grazie... all’ultimo istante della vita,
quando sto per raccogliere il frutto della Redenzione e quindi
quest’anima sta per amarmi eternamente, Io, che nel santo
Vangelo ho promesso di dare ad essa la vita eterna e che nessuno me
la strapperà di mano, me la lascerò rubare dal demonio,
dal mio peggior nemico? Ma, Consolata, si può credere a questa
mostruosità? — Vedi, l’impenitenza finale è
per quell’anima che vuole andare all’inferno di proposito
e quindi ostinatamente rifiuta la mia immensa misericordia, perché
Io non rifiuto il perdono a nessuno, a tutti offro e dono la mia
immensa misericordia, perché per tutti ho versato il mio
Sangue, per tutti! — No, non è la moltitudine dei
peccati che danna l’anima, perché Io li perdono se essa
si pente, ma è l’ostinazione a non volere il mio
perdono, a volersi dannare». — (Tale ostinazione, dice S.
Tommaso, equipara gli uomini ai demoni).
Le ultime parole di
Gesù — «Non è la moltitudine dei peccati
che danna l’anima... ma è l’ostinazione a non
volere il mio perdono, a volersi dannare» — trovano una
conferma in un fatto mistico (bilocazione) di Edvige Carboni.
L’episodio è stato testimoniato dalla sua intima amica,
Vitalia Scodina, al Processo di Beatificazione.
«Un giorno
io — è Vitalia che parla — mi trovavo in casa di
Edvige, era presente anche Paolina (sorella di Edvige). La vedemmo
assorta in preghiera e la sentimmo pronunziare parole di questo
genere: “Tu devi convertirti... se vuoi essere eterno nemico di
Dio, lo sarai” Quando si riebbe, la sorella le chiese a chi mai
dovessero riferirsi quelle parole. Essa rispose di essere stata, in
quel breve intervallo di tempo, nella dimora di Stalin a Mosca, di
avere attraversato enormi saloni sotto lo sguardo delle guardie che
non la fermavano e di essere arrivata al cospetto del dittatore. —
Ai miei inviti alla conversione, Stalin mi rispose: Non mi convertirò
mai, voglio essere nemico eterno di Dio! Così si spiegano le
ultime parole pronunciate dalla serva di Dio (Vitalia)».
Da
tale episodio appare molto evidente la misericordia infinita del
Cuore di Gesù che per salvare le anime ricorre anche a mezzi
straordinari. Guai a chi rifiuta la sua misericordia e si ostina nel
peccato! Alla volontà salvifica di Dio deve dunque
corrispondere la sua conversione a Dio: «Mi alzerò e
andrò dal padre mio» (Lc. 15:18).
Per conforto
di tutti, specialmente dei peccatori, riporto quanto Gesù
diceva ad un’altra anima mistica, Suor Faustina Kowalska:
«Desidero che i miei Sacerdoti annunzino questa mia grande
misericordia per le anime peccatrici. Il peccatore non tema di
avvicinarsi a me. Anche se Pani- ma fosse come un cadavere in piena
putrefazione, se umanamente non ci fosse più rimedio, non è
così davanti a Dio. Le fiamme della misericordia mi consumano,
desidero effonderle sulle anime degli uomini. Sono tutto amore e.
misericordia. Un’anima che ha fiducia in me è felice
perché io stesso mi prendo cura di lei.
Nessun peccatore,
fosse pure un abisso di abiezione, esaurirà mai la mia
misericordia, poiché più vi si attinge e più
aumenta. Figlia mia, non cessare di annunziare la mia misericordia,
col farlo darai refrigerio al mio Cuore consumato da fiamme di
compassione per i peccatori. Quando dolorosamente mi ferisce la
mancanza di fiducia nella mia bontà!
Per punire ho tutta
l’eternità, adesso invece prolungo il tempo della
misericordia per essi. Anche se i suoi peccati fossero neri come la
notte, rivolgendosi alla mia misericordia, il peccatore mi glorifica
e onora la mia Passione. Nell’ora della sua morte io lo
difenderò come la mia stessa gloria. Quando un’anima
esalta la mia bontà, Satana trema davanti ad essa e fugge fin
nel profondo dell’inferno. Il mio cuore soffre perché
anche le anime consacrate ignorano la mia misericordia e mi trattano
con diffidenza. Quanto mi feriscono! Se non credete alle mie parole,
credete almeno alle mie piaghe!».
Padre Roothen S.J. voleva
che, predicando esercizi spirituali a Suore e Preti, non mancasse mai
la meditazione sulla miserìcordia di Dio perché sono
proprio loro che per la loro posizione privilegiata, diffidano di più
quando peccano.
Un giorno Suor Faustina diceva a Gesù:
«Signore, ti ho dato tutto, non possiedo più nulla da
poterti offrire!». — E Gesù le disse: «Figlia
mia, non mi hai offerto quello che è realmente tuo». —
Mi concentrai, dice Suor Faustina, in me stessa e conobbi di amare
Dio con tutte le forze dell’anima e non potendo capire quale
fosse la cosa che non avessi dato al Signore, domandai: Gesù,
dimmelo e te la darò subito con generosità di cuore. —
Gesù mi disse con bontà: «Figlia, dammi la tua
miseria poiché essa è tua esclusiva proprietà».
— All’istante un raggio di luce illuminò la mia
anima e conobbi tutto l’abisso della mia miseria. Subito mi
strinsi al Cuore Sacratissimo di Gesù con tanta fiducia che,
anche se avessi avuto sulla mia coscienza i peccati di tutti i
dannati, non avrei dubitato della misericordia divina e con il cuore
profondamente pentito mi sarei gettata nell’abisso della sua
misericordia. Credo, Gesù, che non mi avresti respinta, ma
assolta per mano di un tuo rappresentante, il Sacerdote.
Un’altra
volta Gesù le dice: «Esorta le anime alla fiducia nella
mia misericordia. E la tua missione sulla terra e in Cielo. Sono tre
volte santo e provo disgusto per il minimo peccato, ma quando i
peccatori si pentono non c’è limite alla mia generosità.
Li inseguo con la mia misericordia su tutte le loro strade e quando
tornano a me dimentico le amarezze di cui hanno
abbeverato il mio
Cuore e gioisco per il loro ritorno... Li perseguito con prove e
rimorsi, con tempeste e fulmini (dolori e tribolazioni), con la voce
della Chiesa, ma se rifiutano tutte le mie grazie, li lascio a loro
stessi e do loro ciò che desiderano. I più grandi
peccatori raggiungerebbero una grande santità se confidassero
nella mia misericordia. Non faccio uso di castighi se non quando gli
uomini stessi mi costringono a farlo. Prima del giorno della
giustizia mando il giorno della misericordia. Di, figlia mia che sono
tutto amore e misericordia... I più grandi peccatori, prima di
ogni altro, hanno diritto alla fiducia nella mia misericordia. A tali
anime concedo grazie che superano i loro desideri... Non posso
punire.., colui che si appella alla mia pietà...».
Dottrina consolatissima che deve aprire i nostri cuori alla più
grande fiducia nella bontà misericordiosa del Signore, però
non dobbiamo dimenticare che come Dio è misericordioso con
noi, così anche noi dobbiamo essere misericordiosi col
prossimo,. infatti Gesù ci dice nel santo Vangelo: «Siate
misericordiosi come è misericordioso il Padre vostro. Non
giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete
condannati; perdonate e sarete perdonati; date e vi sarà dato;
vi sarà versata in seno una buona misura, pigiata, scossa e
traboccante perché sarà usata verso di voi la stessa
misura di cui voi vi siete serviti» (Lc: 6,36-38). E Gesù
raccomanda alla sua confidente: «Sii misericordiosa come io
sono misericordioso. Ama i tuoi fratelli per amore mio, anche i tuoi
nemici più accaniti, affinché la mia misericordia si
rifletta nel tuo cuore». — E Suor Faustina prega con
grande fervore:
« Signore, aiutami: fai che i miei
occhi siano misericordiosi, perché non sospetti e non giudichi
dalle apparenze, ma veda quanto vi è di bello nelle anime e
venga in loro aiuto;
« Signore, aiutami: fai che il mio
udito sia misericordioso, perché si chini sulle necessità
dei miei fratelli e le mie orecchie non rimangano indifferenti ai
loro gemiti e dolori;
« Signore, aiutami: fai che la
mia lingua sia misericordiosa, perché non parli mai male del
prossimo, ma abbia per ognuno una parola di conforto e di perdono;
«Signore, aiutami: fai che le mie mani siano
misericordiose e colme di opere buone, in modo che io faccia solo del
bene e prenda su di me i lavori più duri e faticosi;
«Signore, aiutami: fai che i miei piedi siano
misericordiosi, perché io sia sempre pronta ad accorrere in
aiuto del prossimo vincendo la mia fatica e la mia stanchezza. Il mio
riposo sia nell’essere servizievole;
«Signore,
aiutami: fai che il mio cuore sia misericordioso e compatisca tutte
le sofferenze altrui. A nessuno chiuderò il mio cuore,
tratterò tutti con sincerità anche coloro dei quali so
che abuseranno della mia bontà, mentre io stessa mi
rinchiuderò nel tuo Cuore misericordioso. La tua misericordia
riposi in me Signore mio!».
E la vita di Suor Faustina
dimostra bene che ogni parola di questa preghiera mirabile è
stata vissuta nella sua vita quotidiana con una carità
eroica.
Carissimo fratello, ammaestrato da questi divini
insegnamenti, anche se tra una Comunione e l’altra la tua
debolezza ti abbia fatto ricadere nel peccato, non scoraggiarti, ma
pentiti sinceramente, proponi di non ricadere e poi ricorri con
grande fiducia alla misericordia del Cuore di Gesù nel
Sacramento della Confessione.
Ritornato così in grazia di
Dio, continua a fare Comunione dei Nove Primi Venerdì. —
Recita spesso, con fervore la seguente preghiera suggerita da Gesù
a Suor Benigna per ottenere una confidenza sconfinata: «Mio
dolcissimo Gesù, Dio infinitamente misericordioso, Padre
tenerissimo delle anime e in modo particolare delle più
deboli, delle più miserabili, delle più inferme che
porti con una tenerezza speciale fra le tue braccia divine, vengo a
te per chiederti, per amore e per i meriti del tuo Sacro Cuore, la
grazia di confidare in Te, per chiederti la grazia di sempre più
confidare nella tua misericordiosa bontà, per chiederti la
grazia di riposarmi sicuramente per il tempo e l’eternità
nelle tue amorose braccia divine».
Esempio
L’episodio
qui narrato fu raccontato all’autore del libretto nei primi dì
maggio 1981 da una signorina che a quel tempo lavorava nel Movimento
Mariano di don Gobbi, che allora a Roma aveva la sede in Via Cemala
14.
Per dovuto riserbo chiamo le diverse persone con nome
fittizio.
Nella parrocchia di S. Nicola a Melicucco (Reggio
Calabria) la gioventù di Azione Cattolica, di cui era
presidente la signorina Anna, zelava con impegno la devozione al
Sacro Cuore di Gesù mediante la Comunione riparatrice dei Nove
Primi Venerdì del mese. Al principio del 1943 la signorina
Anna riesce a convincere Antonio, uno dei tanti lontani dalla chiesa,
a fare i Primi Venerdì. Antonio, aiutato dalla grazia divina,
ogni primo venerdì di mese va in parrocchia, si confessa e fa
con devozione la Comunione in onore del Sacro Cuore. Con ammirevole
costanza e gioioso impegno completa la serie delle nove Comunioni
riparatrici.
Per un certo tempo Antonio continua a frequentare la
chiesa e a mantenersi in grazia di Dio. Un giorno però si
lascia vincere dalla tentazione e inizia una relazione illecita Con
una donna sposata, Giovanna, separata dai marito. Dopo qualche tempo
si accorge della relazione il fratello di Giovanna, Carlo. Questi,
secondo la mentalità meridionale, decide di riscattare l’onore
della Propria famiglia uccidendo Antonio. Per compiere il delitto
aspetta l’occasione propizia che non tarda a presentarsi.
Carlo, armato di pistola, affronta Antonio e lo colpisce mortalmente.
Il ferito viene subito portato al pronto soccorso, dove il medico di
turno constata la gravità e presta le cure necessarie.
Accorre
la signorina Anna che cerca di confortare Antonio e poi gli dice: «Se
al tuo riguardo è vero quanto si dice, tu stai lavando il tuo
peccato coi tuo sangue!
— «Sì, sì... —
risponde con un fil di voce Antonio. Nel frattempo arriva il Parroco
che si avvicina al moribondo e gli domanda se vuole confessarsi. Alla
risposta affermativa, il Sacerdote gli domanda: «Perdoni colui
che ti ha sparato?».
«Sì, lo perdono di cuore»,
risponde. — Quindi si confessa con un Vero pentimento, riceve
l’assoluzione, riceve il S. Viatico e l’Olio degli
Infermi. — Dopo alcune ore Antonio muore in grazia di Dio. Il
Cuore di Gesù manteneva la sua Grande Promessa. Dopo alquanto
tempo la signorina Anna sogna Antonio che le dice: [o sono salvo per
aver fatto i Nove Primi Venerdì. Beati coloro che li fanno!
21 luglio 1976 - INESTIMABILE TESORO
Mons. Ottavio Michelini
Sono Padre R.
Una sola volta ci siamo incontrati nella vita.
La morte che portò fine alla vita terrena ha dischiuso alla mia anima la vera vita di cui Lui, Uno e Trino, ci fa partecipi nella misura con cui in terra lo abbiamo creduto, sperato, amato e servito.
Don O., so che altri ti hanno detto l'impossibilità per voi di capire ciò che è il Paradiso: è la verità, perciò io non tenterò l'impossibile
Vi basti il sapere che anche la più fertile immaginazione non potrà mai raffigurarsi anche in modo approssimativo la realtà che supera ogni vostra capacità di intendere.
Piuttosto, Don O., ritorno su di un argomento più accessibile in teoria, più difficile da vivere in pratica: il Dogma della Comunione dei Santi.
La Sapienza Increata ha provveduto a ricordarci, inserendolo nel Credo, questo grande Dogma cosí incompreso con grande danno dei militanti sulla terra e dei sofferenti in Purgatorio.(p.165)
Questo Dogma non basta infatti accettarlo teoricamente. Solo se è tradotto nella pratica quotidiana della vostra vita, ha possibilità di incrementare non solo la vostra vita personale, ma tutta la vita comunitaria della Chiesa.
Pensate che il vostro contributo di quotidiano suffragio si tramuta in una pioggia di grazie e stringe rapporti di amore, quindi di maggior unione, tra voi e le anime del Purgatorio.
Pensate a ciò che possiamo noi che viviamo in Dio e di Dio, se voi ricorrerete a noi, mettendoci nella condizione di potervi aiutare.
Il Dogma della Comunione dei Santi è paragonabile ad un grande inestimabile tesoro a cui solo pochissimi attingono. I piú non vanno oltre ad un comune e scialbo atto di fede.
Fecondo apostolato
Don O., sono convinto che il propagandare la necessità di conoscere e vivere più profondamente il Dogma della Comunione dei Santi equivalga ad un ottimo e fecondo apostolato. Solo se i figli di Dio, delle tre Chiese trionfante, militante e purgante vivono in una comune volontà di conoscersi, amarsi e aiutarsi, possono rendere più forte la compagine del Corpo Mistico, in particolare contro le forze del male. (p.166)
Don O., il male dilaga, l'anemia spirituale si acuisce.
Satana ha trovato amici e collaboratori nell'ordire congiure, nel preparare il suo disperato assalto contro la Chiesa. Ora sta minando con la dinamite dell'odio l'Italia e l'Europa.
Pregare, riparare, fare penitenza, sono le sole cose che veramente servono a scoraggiare il Nemico.
Se gli inviti della Vergine Santissima, a più riprese fatti per rendervi edotti del grave pericolo incombente sulla umanità e sulla Chiesa, fossero stati fedelmente accolti, tutto sarebbe stato evitato.
Non temere e non curarti dei giudizi altrui: parla chiaramente, richiama le anime alla realtà perduta di vista.
Gli uomini hanno perduto il senno. Se non ti ascolteranno, sarà peggio per loro.
E' vero ciò che dice Gesù, che verrà un giorno che gli abitanti di Ninive si alzeranno in giudizio per accusare questa generazione, incredula, pagana e purtroppo empia ".
Ti benedico, Don O.
Padre R. (p.167)