Sotto il Tuo Manto

Martedi, 3 giugno 2025 - San Carlo Lwanga (Letture di oggi)

Chi ha tempo non aspetti tempo. Non rimandiamo al domani ciò che oggi possiamo fare. Del bene di poi sono riboccanti le fosse...; e poi chi dice a noi che domani vivremo? Ascoltiamo la voce della nostra coscienza, la voce del real profeta: «Oggi se udirete la voce del Signore, non vogliate otturare il vostro orecchio». Sorgiamo e tesoreggiamo, ché solo l'istante che fugge è in nostro dominio. Non frapponiamo tempo fra istante ed istante, ché questo non è in nostro possesso. (San Pio da Pietrelcina)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 5° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Marco 14

1Mancavano intanto due giorni alla Pasqua e agli Azzimi e i sommi sacerdoti e gli scribi cercavano il modo di impadronirsi di lui con inganno, per ucciderlo.2Dicevano infatti: "Non durante la festa, perché non succeda un tumulto di popolo".

3Gesù si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa, giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l'unguento sul suo capo.4Ci furono alcuni che si sdegnarono fra di loro: "Perché tutto questo spreco di olio profumato?5Si poteva benissimo vendere quest'olio a più di trecento denari e darli ai poveri!". Ed erano infuriati contro di lei.
6Allora Gesù disse: "Lasciatela stare; perché le date fastidio? Ella ha compiuto verso di me un'opera buona;7i poveri infatti li avete sempre con voi e potete beneficarli quando volete, me invece non mi avete sempre.8Essa ha fatto ciò ch'era in suo potere, ungendo in anticipo il mio corpo per la sepoltura.9In verità vi dico che dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto".

10Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai sommi sacerdoti, per consegnare loro Gesù.11Quelli all'udirlo si rallegrarono e promisero di dargli denaro. Ed egli cercava l'occasione opportuna per consegnarlo.

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: "Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?".13Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: "Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d'acqua; seguitelo14e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov'è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi".16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua.

17Venuta la sera, egli giunse con i Dodici.18Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: "In verità vi dico, uno di voi, 'colui che mangia con me', mi tradirà".19Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l'altro: "Sono forse io?".20Ed egli disse loro: "Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto.21Il Figlio dell'uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell'uomo dal quale il Figlio dell'uomo è tradito! Bene per quell'uomo se non fosse mai nato!".

22Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: "Prendete, questo è il mio corpo".23Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti.24E disse: "Questo è il mio sangue, il sangue dell'alleanza versato per molti.25In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio".

26E dopo aver cantato l'inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.27Gesù disse loro: "Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto:

'Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse'.

28Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea".29Allora Pietro gli disse: "Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò".30Gesù gli disse: "In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte".31Ma egli, con grande insistenza, diceva: "Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò". Lo stesso dicevano anche tutti gli altri.

32Giunsero intanto a un podere chiamato Getsèmani, ed egli disse ai suoi discepoli: "Sedetevi qui, mentre io prego".33Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia.34Gesù disse loro: "La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate".35Poi, andato un po' innanzi, si gettò a terra e pregava che, se fosse possibile, passasse da lui quell'ora.36E diceva: "Abbà, Padre! Tutto è possibile a te, allontana da me questo calice! Però non ciò che io voglio, ma ciò che vuoi tu".37Tornato indietro, li trovò addormentati e disse a Pietro: "Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare un'ora sola?38Vegliate e pregate per non entrare in tentazione; lo spirito è pronto, ma la carne è debole".39Allontanatosi di nuovo, pregava dicendo le medesime parole.40Ritornato li trovò addormentati, perché i loro occhi si erano appesantiti, e non sapevano che cosa rispondergli.
41Venne la terza volta e disse loro: "Dormite ormai e riposatevi! Basta, è venuta l'ora: ecco, il Figlio dell'uomo viene consegnato nelle mani dei peccatori.42Alzatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino".

43E subito, mentre ancora parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e bastoni mandata dai sommi sacerdoti, dagli scribi e dagli anziani.44Chi lo tradiva aveva dato loro questo segno: "Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scorta".45Allora gli si accostò dicendo: "Rabbì" e lo baciò.46Essi gli misero addosso le mani e lo arrestarono.47Uno dei presenti, estratta la spada, colpì il servo del sommo sacerdote e gli recise l'orecchio.48Allora Gesù disse loro: "Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi.49Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!".
50Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono.51Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono.52Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo.

53Allora condussero Gesù dal sommo sacerdote, e là si riunirono tutti i capi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi.54Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del sommo sacerdote; e se ne stava seduto tra i servi, scaldandosi al fuoco.55Intanto i capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano.56Molti infatti attestavano il falso contro di lui e così le loro testimonianze non erano concordi.57Ma alcuni si alzarono per testimoniare il falso contro di lui, dicendo:58"Noi lo abbiamo udito mentre diceva: Io distruggerò questo tempio fatto da mani d'uomo e in tre giorni ne edificherò un altro non fatto da mani d'uomo".59Ma nemmeno su questo punto la loro testimonianza era concorde.60Allora il sommo sacerdote, levatosi in mezzo all'assemblea, interrogò Gesù dicendo: "Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?".61Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò dicendogli: "Sei tu il Cristo, il Figlio di Dio benedetto?".62Gesù rispose: "Io lo sono!

E vedrete 'il Figlio dell'uomo
seduto alla destra della Potenza
e venire con le nubi del cielo'".

63Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: "Che bisogno abbiamo ancora di testimoni?64Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?". Tutti sentenziarono che era reo di morte.
65Allora alcuni cominciarono a sputargli addosso, a coprirgli il volto, a schiaffeggiarlo e a dirgli: "Indovina". I servi intanto lo percuotevano.

66Mentre Pietro era giù nel cortile, venne una serva del sommo sacerdote67e, vedendo Pietro che stava a scaldarsi, lo fissò e gli disse: "Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù".68Ma egli negò: "Non so e non capisco quello che vuoi dire". Uscì quindi fuori del cortile e il gallo cantò.69E la serva, vedendolo, ricominciò a dire ai presenti: "Costui è di quelli".70Ma egli negò di nuovo. Dopo un poco i presenti dissero di nuovo a Pietro: "Tu sei certo di quelli, perché sei Galileo".71Ma egli cominciò a imprecare e a giurare: "Non conosco quell'uomo che voi dite".72Per la seconda volta un gallo cantò. Allora Pietro si ricordò di quella parola che Gesù gli aveva detto: "Prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai per tre volte". E scoppiò in pianto.


Primo libro di Samuele 16

1E il Signore disse a Samuele: "Fino a quando piangerai su Saul, mentre io l'ho rigettato perché non regni su Israele? Riempi di olio il tuo corno e parti. Ti ordino di andare da Iesse il Betlemmita, perché tra i suoi figli mi sono scelto un re".2Samuele rispose: "Come posso andare? Saul lo verrà a sapere e mi ucciderà". Il Signore soggiunse: "Prenderai con te una giovenca e dirai: Sono venuto per sacrificare al Signore.3Inviterai quindi Iesse al sacrificio. Allora io ti indicherò quello che dovrai fare e tu ungerai colui che io ti dirò".4Samuele fece quello che il Signore gli aveva comandato e venne a Betlemme; gli anziani della città gli vennero incontro trepidanti e gli chiesero: "È di buon augurio la tua venuta?".5Rispose: "È di buon augurio. Sono venuto per sacrificare al Signore. Provvedete a purificarvi, poi venite con me al sacrificio". Fece purificare anche Iesse e i suoi figli e li invitò al sacrificio.6Quando furono entrati, egli osservò Eliab e chiese: "È forse davanti al Signore il suo consacrato?".7Il Signore rispose a Samuele: "Non guardare al suo aspetto né all'imponenza della sua statura. Io l'ho scartato, perché io non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore".8Iesse fece allora venire Abìnadab e lo presentò a Samuele, ma questi disse: "Nemmeno su costui cade la scelta del Signore".9Iesse fece passare Samma e quegli disse: "Nemmeno su costui cade la scelta del Signore".10Iesse presentò a Samuele i suoi sette figli e Samuele ripeté a Iesse: "Il Signore non ha scelto nessuno di questi".11Samuele chiese a Iesse: "Sono qui tutti i giovani?". Rispose Iesse: "Rimane ancora il più piccolo che ora sta a pascolare il gregge". Samuele ordinò a Iesse: "Manda a prenderlo, perché non ci metteremo a tavola prima che egli sia venuto qui".12Quegli mandò a chiamarlo e lo fece venire. Era fulvo, con begli occhi e gentile di aspetto. Disse il Signore: "Alzati e ungilo: è lui!".13Samuele prese il corno dell'olio e lo consacrò con l'unzione in mezzo ai suoi fratelli, e lo spirito del Signore si posò su Davide da quel giorno in poi. Samuele poi si alzò e tornò a Rama.
14Lo spirito del Signore si era ritirato da Saul ed egli veniva atterrito da uno spirito cattivo, da parte del Signore.15Allora i servi di Saul gli dissero: "Vedi, un cattivo spirito sovrumano ti turba.16Comandi il signor nostro ai ministri che gli stanno intorno e noi cercheremo un uomo abile a suonare la cetra. Quando il sovrumano spirito cattivo ti investirà, quegli metterà mano alla cetra e ti sentirai meglio".17Saul rispose ai ministri: "Ebbene cercatemi un uomo che suoni bene e fatelo venire da me".18Rispose uno dei giovani: "Ecco, ho visto il figlio di Iesse il Betlemmita: egli sa suonare ed è forte e coraggioso, abile nelle armi, saggio di parole, di bell'aspetto e il Signore è con lui".19Saul mandò messaggeri a Iesse con quest'invito: "Mandami Davide tuo figlio, quello che sta con il gregge".20Iesse preparò un asino e provvide pane e un otre di vino e un capretto, affidò tutto a Davide suo figlio e lo inviò a Saul.21Davide giunse da Saul e cominciò a stare alla sua presenza. Saul gli si affezionò molto e Davide divenne suo scudiero.22E Saul mandò a dire a Iesse: "Rimanga Davide con me, perché ha trovato grazia ai miei occhi".23Quando dunque lo spirito sovrumano investiva Saul, Davide prendeva in mano la cetra e suonava: Saul si calmava e si sentiva meglio e lo spirito cattivo si ritirava da lui.


Siracide 1

1Ogni sapienza viene dal Signore
ed è sempre con lui.
2La sabbia del mare, le gocce della pioggia
e i giorni del mondo chi potrà contarli?
3L'altezza del cielo, l'estensione della terra,
la profondità dell'abisso chi potrà esplorarle?
4Prima di ogni cosa fu creata la sapienza
e la saggia prudenza è da sempre.
5A chi fu rivelata la radice della sapienza?
Chi conosce i suoi disegni?
6Uno solo è sapiente, molto terribile,
seduto sopra il trono.
7Il Signore ha creato la sapienza;
l'ha vista e l'ha misurata,
l'ha diffusa su tutte le sue opere,
8su ogni mortale, secondo la sua generosità,
la elargì a quanti lo amano.

9Il timore del Signore è gloria e vanto,
gioia e corona di esultanza.
10Il timore del Signore allieta il cuore
e dà contentezza, gioia e lunga vita.
11Per chi teme il Signore andrà bene alla fine,
sarà benedetto nel giorno della sua morte.
12Principio della sapienza è temere il Signore;
essa fu creata con i fedeli nel seno materno.
13Tra gli uomini essa ha posto il nido, fondamento
resterà fedelmente con i loro discendenti.
14Pienezza della sapienza è temere il Signore;
essa inebria di frutti i propri devoti.
15Tutta la loro casa riempirà di cose desiderabili,
i magazzini dei suoi frutti.
16Corona della sapienza è il timore del Signore;
fa fiorire la pace e la salute.
17Dio ha visto e misurato la sapienza;
ha fatto piovere la scienza e il lume dell'intelligenza;
ha esaltato la gloria di quanti la possiedono.
18Radice della sapienza è temere il Signore;
i suoi rami sono lunga vita.

19La collera ingiusta non si potrà giustificare,
poiché il traboccare della sua passione sarà la sua
rovina.
20Il paziente sopporterà per qualche tempo;
alla fine sgorgherà la sua gioia;
21per qualche tempo terrà nascoste le parole
e le labbra di molti celebreranno la sua intelligenza.

22Fra i tesori della sapienza sono le massime istruttive,
ma per il peccatore la pietà è un abominio.
23Se desideri la sapienza, osserva i comandamenti;
allora il Signore te la concederà.
24Il timore del Signore è sapienza e istruzione,
si compiace della fiducia e della mansuetudine.
25Non essere disobbediente al timore del Signore
e non avvicinarti ad esso con doppiezza di cuore.
26Non essere finto davanti agli uomini
e controlla le tue parole.
27Non esaltarti per non cadere
e per non attirarti il disonore;
28il Signore svelerà i tuoi segreti
e ti umilierà davanti all'assemblea,
29perché non hai ricercato il timore del Signore
e il tuo cuore è pieno di inganno.


Salmi 69

1'Al maestro del coro. Su "I gigli". Di Davide.'

2Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
3Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
4Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.
5Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?

6Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
7Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele.

8Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
9sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.

10Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
11Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia.

12Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
13Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano.

14Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
15Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
16Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca.

17Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
18Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi.

19Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
20Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
21L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
22Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.

23La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
24Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi.

25Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
26La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
27perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
28Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
29Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti.

30Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
31Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
32che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie.

33Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
34poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
35A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove.

36Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
37La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.


Lamentazioni 1

1Ah! come sta solitaria
la città un tempo ricca di popolo!
È divenuta come una vedova,
la grande fra le nazioni;un tempo signora tra le province
è sottoposta a tributo.
2Essa piange amaramente nella notte,
le sue lacrime scendono sulle guance;
nessuno le reca conforto,
fra tutti i suoi amanti;
tutti i suoi amici l'hanno tradita,
le sono divenuti nemici.
3Giuda è emigrato
per la miseria e la dura schiavitù.
Egli abita in mezzo alle nazioni,
senza trovare riposo;
tutti i suoi persecutori l'hanno raggiunto
fra le angosce.
4Le strade di Sion sono in lutto,
nessuno si reca più alle sue feste;
tutte le sue porte sono deserte,
i suoi sacerdoti sospirano,
le sue vergini sono afflitte
ed essa è nell'amarezza.
5I suoi avversari sono i suoi padroni,
i suoi nemici sono felici,
perché il Signore l'ha afflitta
per i suoi misfatti senza numero;
i suoi bambini sono stati condotti in schiavitù,
sospinti dal nemico.
6Dalla figlia di Sion
è scomparso ogni splendore;
i suoi capi sono diventati come cervi
che non trovano pascolo;
camminano senza forze
davanti agli inseguitori.
7Gerusalemme ricorda
i giorni della sua miseria e del suo vagare,
tutti i suoi beni preziosi dal tempo antico;
ricorda quando il suo popolo cadeva
per mano del nemico
e nessuno le porgeva aiuto.
I suoi nemici la guardavano
e ridevano della sua rovina.
8Gerusalemme ha peccato gravemente,
per questo è divenuta un panno immondo;
quanti la onoravano la disprezzano,
perché hanno visto la sua nudità;
anch'essa sospira
e si volge indietro.
9La sua sozzura è nei lembi della sua veste,
non pensava alla sua fine;
essa è caduta in modo sorprendente
e ora nessuno la consola.
"Guarda, Signore, la mia miseria,
perché il nemico ne trionfa".
10L'avversario ha steso la mano
su tutte le sue cose più preziose;
essa infatti ha visto i pagani
penetrare nel suo santuario,
coloro ai quali avevi proibito
di entrare nella tua assemblea.
11Tutto il suo popolo sospira in cerca di pane;
danno gli oggetti più preziosi in cambio di cibo,
per sostenersi in vita.
"Osserva, Signore, e considera
come sono disprezzata!
12Voi tutti che passate per la via,
considerate e osservate
se c'è un dolore simile al mio dolore,
al dolore che ora mi tormenta,
e con cui il Signore mi ha punito
nel giorno della sua ira ardente.
13Dall'alto egli ha scagliato un fuoco
e nelle mie ossa lo ha fatto penetrare;
ha teso una rete ai miei piedi,
mi ha fatto cadere all'indietro;
mi ha reso desolata,
affranta da languore per sempre.
14S'è aggravato il giogo delle mie colpe,
nella sua mano esse sono annodate;
il loro giogo è sul mio collo
ed ha fiaccato la mia forza;
il Signore mi ha messo nelle loro mani,
non posso rialzarmi.
15Ha ripudiato tutti i miei prodi
il Signore in mezzo a me.
Egli ha chiamato a raccolta contro di me
per fiaccare i miei giovani;
il Signore ha pigiato come uva nel tino
la vergine figlia di Giuda.
16Per tali cose io piango,
dal mio occhio scorrono lacrime,
perché lontano da me è chi consola,
chi potrebbe ridarmi la vita;
i miei figli sono desolati,
perché il nemico ha prevalso".
17Sion protende le mani,
nessuno la consola.
Il Signore ha inviato contro Giacobbe
i suoi nemici da tutte le parti.
Gerusalemme è divenuta
come panno immondo in mezzo a loro.
18"Giusto è il Signore,
poiché mi sono ribellata alla sua parola.
Ascoltate, vi prego, popoli tutti,
e osservate il mio dolore!
Le mie vergini e i miei giovani
sono andati in schiavitù.
19Ho chiamato i miei amanti,
ma essi mi hanno tradita;
i miei sacerdoti e i miei anziani
nella città sono spirati
mentre cercavano cibo
per sostenersi in vita.
20Guarda, Signore, quanto sono in angoscia;
le mie viscere si agitano,
il mio cuore è sconvolto dentro di me,
poiché sono stata veramente ribelle.
Di fuori la spada mi priva dei figli,
dentro c'è la morte.
21Senti come sospiro,
nessuno mi consola.
Tutti i miei nemici han saputo della mia sventura,
ne hanno gioito, perché tu hai fatto ciò.
Manda il giorno che hai decretato
ed essi siano simili a me!
22Ti sia presente tutta la loro malvagità
e trattali duramente come hai trattato me,
a causa di tutte le mie prevaricazioni.
Molti sono infatti i miei sospiri
e il mio cuore si consuma".


Apocalisse 10

1Vidi poi un altro angelo, possente, discendere dal cielo, avvolto in una nube, la fronte cinta di un arcobaleno; aveva la faccia come il sole e le gambe come colonne di fuoco.2Nella mano teneva un piccolo libro aperto. Avendo posto il piede destro sul mare e il sinistro sulla terra,3gridò a gran voce come leone che ruggisce. E quando ebbe gridato, i sette tuoni fecero udire la loro voce.4Dopoché i sette tuoni ebbero fatto udire la loro voce, io ero pronto a scrivere quando udii una voce dal cielo che mi disse: "Metti sotto sigillo quello che hanno detto i sette tuoni e non scriverlo".
5Allora l'angelo che avevo visto con un piede sul mare e un piede sulla terra,

'alzò la destra verso il cielo'
6'e giurò per Colui che vive nei secoli dei secoli';

che ha creato cielo, terra, mare, e quanto è in essi: "Non vi sarà più indugio!7Nei giorni in cui il settimo angelo farà udire la sua voce e suonerà la tromba, allora si compirà il mistero di Dio come egli ha annunziato ai suoi servi, i profeti".

8Poi la voce che avevo udito dal cielo mi parlò di nuovo: "Va', prendi il libro aperto dalla mano dell'angelo che sta ritto sul mare e sulla terra".9Allora mi avvicinai all'angelo e lo pregai di darmi il piccolo libro. Ed egli mi disse: "Prendilo e divoralo; ti riempirà di amarezza le viscere, ma in bocca ti sarà dolce come il miele".10Presi quel piccolo libro dalla mano dell'angelo e lo divorai; in bocca lo sentii dolce come il miele, ma come l'ebbi inghiottito ne sentii nelle viscere tutta l'amarezza.11Allora mi fu detto: "Devi profetizzare ancora su molti popoli, nazioni e re".


Capitolo XXI: In Dio, al di sopra di ogni bene e di ogni dono, dobbiamo trovare la nostra pace

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1. O anima mia, in ogni cosa e al di sopra di ogni cosa, troverai riposo, sempre, nel Signore, perché lui stesso costituisce la pace dei santi, in eterno. Dammi, dolcissimo e amabilissimo Gesù, di trovare quiete in te. In te, al di sopra di ogni creatura, di ogni ben e di ogni bellezza; al di sopra di ogni gloria ed onore, potere e autorità; al di sopra di tutto il sapere, il più penetrante; al di sopra di ogni ricchezza e capacità; al di sopra di ogni letizia e gioia, e di ogni fama e stima degli uomini; al di sopra di ogni dolcezza, consolazione, speranza o promessa umana; al di sopra di ogni ambita ricompensa, di ogni dono o favore che, dall'alto, tu possa concedere; al di sopra di ogni motivo di gaudio e di giubilo, che mente umana possa concepire e provare; infine, al di sopra degli Angeli, degli Arcangeli e di tutte le schiere celesti, al di sopra delle cose visibili e delle cose invisibili, e di tutto ciò che non sia tu, Dio mio. In verità, o Signore mio Dio, tu sei eccellentissimo su ogni cosa; tu solo sei l'altissimo e l'onnipotente; tu solo dai ogni appagamento e pienezza e ogni dolcezza e conforto; tu solo sei tutta la bellezza e l'amabilità; tu solo sei, più d'ogni cosa, ricco di nobiltà e di gloria; in te sono, furono sempre e saranno, tutti quanti i beni, compiutamente. Perciò, qualunque cosa tu mi dia, che non sia te stesso, qualunque cosa tu mi riveli di te, o mi prometta, senza che io possa contemplare o pienamente possedere te, è ben poco e non mi appaga. Ché, in verità, il mio cuore non può realmente trovare quiete, e totale soddisfazione se non riposi in te, portandosi più in alto di ogni dono e di ogni creatura.  

2. Cristo Gesù, mio sposo tanto amato, amico vero, signore di tutte le creature, chi mi darà ali di vera libertà, per volare e giungere a posarmi in te? Quando mi sarà dato di essere completamente libero da me stesso e di contemplare la tua soavità, o Signore mio Dio? Quando mi raccoglierò interamente in te, cosicché, per amor tuo, non mi accorga di me stesso, ma soltanto di te, al di là del limite di ogni nostro sentire e in un modo che non tutti conoscono? Ma eccomi qui ora a piangere continuamente e a portare dolorosamente la mia infelicità. Giacché, in questa valle di miserie, molti mali mi si parano innanzi: sovente mi turbano, mi rattristano e mi ottenebrano; sovente mi intralciano il cammino o me ne distolgono, tenendomi legato e impacciato, tanto da non poter accostarmi liberamente a te, a godere del gioioso abbraccio, costantemente aperto agli spiriti beati. Che il mio sospiro e la grande e varia desolazione di questo mondo abbiano a commuoverti, o Gesù, splendore di eterna gloria, conforto dell'anima pellegrina. A te è rivolta la mia faccia; senza che io dica nulla, è il mio silenzio che ti parla. Fino a quando tarderà a venire il mio Signore? Venga a me, che sono il suo poverello, e mi dia letizia; stenda la sua mano e strappi me misera da ogni angustia. Vieni, vieni: senza di te non ci sarà una sola giornata, anzi una sola ora, gioiosa, perché la mia gioia sei tu, e vuota è la mia mensa senza di te. Un pover'uomo, io sono, quasi chiuso in un carcere e caricato di catene, fino a che tu non mi abbia rifatto di nuovo, con la tua presenza illuminante, mostrandomi un volto benevolo, e fino a che tu non mi abbia ridato la libertà. Vadano altri cercando altra cosa, invece di te, dovunque loro piaccia. Quanto a me, nulla mi è ora gradito, nulla mi sarà mai gradito, fuori di te, mio Dio, mia speranza e salvezza eterna. Né tacerò, o smetterò di supplicare, fino a che non torni a me la tua grazia e la tua parola non si faccia sentire dentro di me.  

3. Ecco, sono qua; eccomi a te, che mi hai invocato. Le tue lacrime, il desiderio dell'anima tua, la tua umiliazione e il pentimento del tuo cuore mi hanno piegato e mi hanno fatto avvicinare a te. Dicevo io allora: ti avevo invocato, Signore, avevo desiderato di godere di te, pronto a rinunciare ad ogni cosa per te; ma eri stato tu, per primo, che mi avevi mosso a cercarti. Sii dunque benedetto, o Signore, tu che hai usato tale bontà con questo tuo servo, secondo la grandezza della tua misericordia. Che cosa mai potrà dire ancora, al tuo cospetto, il tuo servo, se non parole di grande umiliazione dinanzi a te, sempre ricordandosi della propria iniquità e della propria bassezza? Non c'è, infatti, tra tutte le meraviglie del cielo e della terra, cosa alcuna che ti possa somigliare. Le tue opere sono perfette, e giusti i tuoi comandi; per la tua provvidenza si reggono tutte le cose. Sia, dunque, lode e gloria a te, o sapienza del Padre. La mia bocca, la mia anima e insieme tutte le cose create ti esaltino e ti benedicano.


DISCORSO 305/A NEL NATALE DI SAN LORENZO TENUTO A CARTAGINE IL 10 AGOSTO NELLA BASILICA RESTITUTA.

Discorsi - Sant'Agostino

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Solennissima in Roma la celebrazione del Natale di San Lorenzo.

1. Poiché l'ascoltatore si mostrava infastidito, si doveva omettere questo discorso, ma per l'onore del martire esso va proferito, di conseguenza, con l'aiuto del Signore, diventerà misurato e, insieme, di contenuto esauriente, in modo che non risulti pesante, e, forse, neppure ridotto. È sorto fulgido in Roma il giorno solennissimo che viene celebrato con grande affluenza di popolo: sebbene materialmente assenti, presenti tuttavia con lo spirito, noi siamo uniti ai nostri fratelli in un unico corpo, sotto un solo Capo. Non è che dove è sepolto il suo corpo ivi soltanto la memoria del suo merito: in ogni luogo gli si deve venerazione. Il corpo si depone in un determinato luogo, ma lo spirito vittorioso è presso colui che è presente dovunque. Come è stato tramandato, il beato Lorenzo, quanto alla vita del corpo, era adolescente; uomo maturo secondo lo spirito, molto ne accresceva il merito l'età giovanile, la corona che sarebbe rimasta perennemente fresca. Ed era diacono, per ufficio inferiore ad un Vescovo; quanto a ricompensa equiparato ad un apostolo. Ma questa celebrazione propria di tutti i gloriosi martiri è stata istituita nella Chiesa allo scopo di incoraggiare all'imitazione nella fede coloro che non li hanno veduti nelle sofferenze e perché se ne richiami la memoria con una solennità. Infatti cadrebbe probabilmente dai cuori degli uomini ciò che non venisse ripresentato da una ricorrenza anniversaria. E non è possibile che le solennità di tutti i martiri comportino dovunque lo stesso fervore: non ne mancherebbero infatti ogni giorno, giacché non si trova un giorno solo nel corso dell'anno nel quale non furono coronati dei martiri in diversi luoghi. Ma se le solennità che destano maggior fervore fossero continue, recherebbero fastidio, mentre gli intervalli ravvivano l'interesse affettivo. Noi dobbiamo assecondare soltanto ciò che è stato disposto, dobbiamo osservare quanto è stato proposto: in occasione della solennità di qualsiasi martire, disponiamo il nostro spirito alla sua festa in modo da non allontanarci dalla sua imitazione.

Lettura di uno scritto di S. Cipriano a Fortunato. La gloria dei martiri è la gloria di Cristo.

2. Egli era un uomo e uomini siamo anche noi; è stato creato da colui che ha creato anche noi; uno stesso prezzo è stato pagato per il suo e nostro riscatto. Pertanto, chi è cristiano non deve dire: Perché io? Anzi, non deve dire: Io no; ma: Perché non io pure? Avete ascoltato il beato Cipriano, modello dei martiri e loro suscitatore. Egli dice: Nella persecuzione è coronato il combattimento, in tempo di pace la coscienza 1. Perciò nessuno pensi che gli facciano difetto le circostanze: non sempre è attuale un'epoca di persecuzione, ma lo è sempre l'epoca della fedeltà. E nessuno si ritenga debole, dal momento che è Dio a suscitare le forze, in modo da non dubitare proprio di colui che le infonde, quando teme per sé. Pertanto, quali esempi di martiri, Dio volle presenti tutte le età, come pure l'uno e l'altro sesso: sono stati coronati i vecchi, coronati i giovani, coronati gli adolescenti, coronati i fanciulli, coronati gli uomini, coronate le donne. E, tra le donne, ogni età ha ricevuto la corona; né la donna ha detto: Non sono in grado di vincere il diavolo. È stata molto accorta a vincere il nemico che l'aveva spossessata e a vincere con la fede chi aveva assecondato per essere corrotta. O che le donne abbiano anch'esse contato sulle loro forze? Ad ogni uomo è stato detto: Che cosa mai possiedi che tu non abbia ricevuto? 2 Di conseguenza, la gloria dei martiri è la gloria di Cristo che ha preceduto i martiri, ha sostenuto i martiri, ha coronato i martiri. Nondimeno, sebbene uno sia un periodo di pace e un altro un periodo di persecuzione, viene meno in una qualche epoca una persecuzione non aperta? Non viene mai meno: quella fiera, il dragone, né infierisce sempre, né insidia sempre, però sempre perseguita. Quando infuria apertamente, mancano insidie occulte, quando dissimula l'insidia, l'aggressività non è palese; vale a dire: quando simile a leone ruggisce, non striscia come un serpente; quando, come serpente, striscia, non ruggisce quasi leone; tuttavia, sia leone, sia serpente, perseguita sempre. Quando tace il ruggito, guardati dalle insidie; quando le insidie sono palesi, evita il leone ruggente. Ma può essere evitato e il leone e il serpente se lo spirito viene custodito in Cristo. Tutto ciò che si deve temere in questa vita è destinato a finire; nell'altra vita, invece, quanto dev'essere amato e quanto è da temersi non passa.

Lettura dal Vangelo di S. Matteo.

3. Senza dubbio il Signore si rivolgeva solo ai Giudei quando, secondo il Vangelo, diceva loro: Guai a voi, scribi e farisei, che innalzate i sepolcri ai Profeti, e dite: se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti; così testimoniate di essere figli degli uccisori dei Profeti. Anzi, voi colmerete la misura dei vostri padri 3. Infatti, con l'aver detto: "Se fossimo vissuti al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti", asserirono di essere loro figli. Noi, al contrario, se ci manteniamo sulla retta via, non chiamiamo nostri padri coloro che uccisero i Profeti, ma chiamiamo nostri padri quelli che furono uccisi dai padri loro. Un figlio si va formando nei costumi così come nei costumi è stato degenere il padre. Per questo appunto, fratelli, noi siamo chiamati figli di Abramo e intanto non lo conosciamo personalmente, né siamo i discendenti di lui secondo la carne. Come ne siamo i figli allora? Non secondo la carne, ma secondo la fede. Infatti Abramo credette al Signore che glielo accreditò come giustizia 4. Di conseguenza, se Abramo è giusto perché credette, tutti coloro che, dopo Abramo, ne vanno imitando la fede, sono diventati figli di Abramo. I Giudei, discendenti secondo la carne, hanno degenerato; noi, nati da uomini di altra stirpe, in forza dell'imitazione, abbiamo guadagnato ciò che quelli hanno perduto degenerando. Guardiamoci dunque dal ritenere Abramo padre loro, sebbene nati dalla stirpe di Abramo. Loro padri furono quelli che essi stessi hanno riconosciuto. Se fossimo vissuti - dicono - al tempo dei nostri padri, non ci saremmo associati a loro per dare la morte ai Profeti. Come puoi dire che non ti saresti associato a quelli che chiami tuoi padri? Se erano padri, tu sei figlio; se figlio sei, eri disposto ad associarti. Ma se non eri disposto ad associarti, non sei figlio; se figlio non sei, quelli non sono padri. Quindi, il Signore li fece convinti, da questo, che avrebbero fatto quanto fecero quelli, avendoli chiamati loro padri. In realtà testimoniate voi stessi - dice il Signore - di essere figli degli uccisori dei Profeti, perché li avete chiamati padri vostri. E voi colmerete la misura dei vostri padri.

Proibizione recente di festeggiamenti indecorosi presso il sepolcro di S. Cipriano.

4. Ed ora vediamo di sapere chi siano i figli degli uccisori e chi siano i figli degli uccisi. E voi notate che molti sono assai solleciti a recarsi ai sepolcri dei martiri, a farsi merito delle loro coppe per il contatto con i sepolcri dei martiri, tornarsene ben rimpinzati grazie all'onore reso ai martiri; ma, tuttavia, scrutali sotto ogni riguardo e li identificherai tra i persecutori dei martiri. Proprio da parte loro, tumulti, ribellioni, pantomime, ogni specie di intemperanze detestate da Dio; ed al presente, poiché non possono lapidarli essendo già coronati, li perseguitano a furia di coppe di vino. Chi erano e di chi erano figli quelli le cui pantomime, presso il sepolcro del santo martire Cipriano, sono state proibite di recente, appena la celebrazione di ieri? Certo, là danzavano, là si abbandonavano ai sollazzi; anzi, quasi pregustando il godimento, vi si preparavano con grandi aspettative e bramavano di trovarsi sempre in questo giorno. Tra chi bisogna annoverarli? Tra i persecutori dei martiri o tra i figli dei martiri? Si lasciarono identificare quando, colpiti dal divieto, si abbandonarono alla ribellione. I figli sono per la lode, i persecutori per i sollazzi; i figli cantano inni, quelli presentano banchetti. Perciò non si fa conto se danno l'impressione di voler onorare; infatti, quando rendono onore, sono proprio come furono coloro che dissero: Se fossimo vissuti ai loro tempi, non ci saremmo associati ai nostri padri per dare la morte ai martiri o ai Profeti 5. Associatevi adesso alla fede dei martiri e crediamo che non eravate disposti ad associarvi agli uccisori dei martiri. Perché i martiri hanno ricevuto la corona? Percorrendo la via di Dio, io credo, con la sopportazione, anche con l'amore verso i loro nemici, pregando per essi. Questa è la corona dei martiri, questo il merito dei martiri. Tu ami, ti comporti come loro, sei dedito alla lode? sei figlio di martire. Ti comporti secondo tutt'altra vita? Ma allora hai di rimando tutt'altra sorte.

I cristiani sono sempre perseguitati.

5. Perciò, dilettissimi, per il fatto che, come ho detto, non manca mai la persecuzione e il diavolo o insidia o infierisce, dobbiamo essere sempre vigilanti, con lo spirito intento al Signore e, per quanto ci è possibile, in mezzo a questi fastidi, tribolazioni, tentazioni, dal Signore dobbiamo implorare fortezza, poiché, per noi stessi, siamo piccoli e assolutamente inetti. Mentre se ne dava lettura, avete ascoltato dall'apostolo Paolo che cosa possiamo dire di noi: Come abbondano - egli dice - le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione 6. Ugualmente è detto nel Salmo: Di tutti i dolori che mi opprimono il cuore, il tuo conforto, Signore, mi ha consolato 7. Come questo è stato detto nel Salmo: Di tutti i dolori che mi opprimono il cuore, il tuo conforto, Signore, mi ha consolato, così è stato detto dall'Apostolo: Come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione. Verremmo meno all'approssimarsi del persecutore se ci mancasse chi ci dia consolazione. E poiché le risorse personali erano di per sé inadeguate sia a sopportare, sia a superare la mancanza di un certo respiro a durarla nelle circostanze del momento, a causa del ministero obbligante, fate attenzione a quel che sia giunto a dire: Voglio che sappiate, fratelli, come la tribolazione che ci è capitata in Asia ci ha colpiti oltre la misura, al di là delle nostre forze 8. Se quella tribolazione superò le forze umane, forse anche i divini soccorsi? Ci ha colpiti - egli dice - oltre misura e al di là delle nostre forze. Di quanto al di sopra delle forze? Bada che si riferisce alle forze dello spirito: Al punto di essere stanchi della vita 9. L'Apostolo, che la carità spronava a vivere, come doveva essere affranto per il gran numero di tribolazioni, da giungere a sentire il peso della vita! Come lo forzava a vivere la carità, quella carità di cui altrove dice: D'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne 10! Ecco, tanto si era inasprita la persecuzione, e tanta era la sofferenza da stancarlo persino della vita. Ecco: timore e spavento lo invasero, tenebre piombarono su di lui, come avete ascoltato nella proclamazione del Salmo. È infatti la voce del corpo di Cristo, è la voce delle membra di Cristo. Vuoi riconoscervi la tua voce? Sii membro di Cristo. Timore - disse - e spavento mi invasero, tenebre piombarono su di me. E dissi: chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo? 11 Non sembra che questo abbia voluto esprimere l'Apostolo dicendo: Al punto di essere stanchi della vita 12? In certo modo il tedio gli sopraggiunse perché invischiato nella carne: voleva esser libero per andare a Cristo. L'affluire delle tribolazioni ne invadeva il cammino, ma non lo precludeva. Era stanco di vivere, ma non di vivere nell'eternità, cui si riferisce dicendo: Per me vivere è Cristo e morire un guadagno 13. Ma, essendo trattenuto quaggiù dalla carità, che ne segue? Ma se il vivere quaggiù nel corpo significa per me lavorare con frutto, non so che cosa debba scegliere. Sono messo alle strette infatti tra queste due cose, avendo il desiderio di essere sciolto dal corpo ed essere con Cristo 14. Chi mi darà ali come di colomba? D'altra parte, è più necessario per voi che io rimanga nella carne 15. Aveva ceduto ai suoi pulcini pigolanti: custodiva sotto le ali, nutriva i piccoli, come egli stesso disse: Mi sono fatto piccolo in mezzo a voi, come una madre che ha cura dei propri figli 16.

Il comportamento della gallina quando alleva i piccoli.

6. E notate, fratelli, è stato letto adesso nel Vangelo: Quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli come una gallina i suoi pulcini e voi non avete voluto! 17 Osservate la gallina e osservate anche gli altri uccelli che nidificano sotto i nostri occhi; covano le uova, nutrono i piccoli: vi renderete conto che nessun uccello si fa debole insieme ai figli. Notate il comportamento della gallina quando alleva i piccoli, come si muta la sua voce e si fa rotta come per raucedine. Le penne stesse non sono raccolte e agili, ma ispide e cascanti, così che se ti capita di vedere un altro uccello e non ne hai visto il nido, non ti rendi conto se abbia le uova o i pulcini; invece, quando avrai visto una gallina, anche se non ne vedi le uova o i pulcini, dalla stessa voce e da come si mostra nel corpo, tu intuisci la madre. Che fece dunque la Sapienza, nostra madre? Si fece debole nella carne per raccogliere i piccoli, per farli crescere, per nutrirli. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini 18; sotto queste ali della debolezza della sua carne, ma sotto l'occulta potenza della sua divinità voleva raccogliere i figli di Gerusalemme. Questo aveva insegnato al suo Apostolo, attuandolo egli stesso in lui. Lo afferma infatti proprio l'Apostolo: Cercate una prova che Cristo parla in me? 19 E aggiunge di aver portato moltissime delle sofferenze di Cristo; non le sue, ma le sofferenze di Cristo. Faceva infatti parte del corpo di Cristo ed era membro di Cristo. E tutto ciò che faceva l'Apostolo verso i piccoli da curare, anche nel membro suo, era il Capo che l'operava. Dunque, mentre l'Apostolo si prendeva cura quaggiù della debolezza dei suoi piccoli, con l'affetto e il desiderio desiderava volare come colomba, ma, per la carità verso i figli, se ne restava come gallina. Dice: Abbiamo ricevuto su di noi la sentenza di morte per imparare a non riporre fiducia in noi stessi, ma nel Dio che risuscita i morti, che da tante morti ci ha liberati e ci libererà e noi speriamo in lui che ancora ci libererà 20. Ci ha liberato e ci libererà: che volle dire? Che conserva questa nostra vita per voi. Lo ha liberato infatti da tante morti, perché non venisse schiacciato dai persecutori, perché non ricevesse la corona troppo presto per le necessità dei suoi figli, secondo l'altra sua espressione: D'altra parte è più necessario per voi che io rimanga nella carne. Ma tenendo conto di questo, sono convinto che resterò e continuerò ad essere di aiuto a voi tutti per il progresso e la gioia della vostra fede 21. Lo rapiva verso ben altro l'ardente desiderio, la necessità lo tratteneva altrove. Essere sciolto dal corpo - disse - ed essere con Cristo sarebbe assolutamente migliore 22. Questo non lo disse necessario, ma assolutamente migliore. Infatti la cosa migliore è di per sé ambita; quel che è necessario, si assume per necessità; perciò si dice necessario.

Le opere della necessità: la nave per la patria.

7. La necessità ha dato nome a cosa necessaria: al presente ci è appunto necessario questo cibo del quale ci serviamo; il cibo è indispensabile al sostentamento della vita terrena; è ottimo, invece, quel cibo della virtù e della sapienza, pane vivo, sempre ristoratore, che mai viene a mancare. Esso è ottimo, questo è necessario. Ne segue che, non essendoci più questa necessità dovuta alla fame, e del sostentamento del corpo mortale, questo cibo non sarà necessario. Che dice al riguardo l'Apostolo? Il cibo per il ventre e il ventre per i cibi; ma Dio distruggerà e questo e quelli 23. Ma quando distruggerà? Quando questo corpo animale, risorgendo, diventerà spirituale: non vi sarà infatti indigenza alcuna, e non vi saranno le opere richieste dalla necessità. Fratelli, tutte queste cose infatti, anche quelle opere che quaggiù sono dette buone, anzi, proprio quelle opere che siamo esortati a compiere ogni giorno, sono opere di necessità. Che c'è di così buono, che di così eccellente, che di così lodevolmente cristiano come dividere il pane con l'affamato, ospitare l'indigente senza alloggio, notare che uno è nudo e vestirlo, scorgere un cadavere e dargli sepoltura, vedere un litigioso e intervenire a comporre la lite, avvertire che uno è infermo e andare a visitarlo o a curare? Tutte queste sono opere degne di lode. Riflettete e vi rendete conto che le ha fatte nascere la necessità. Tu infatti dividi il pane perché ti accorgi che uno è affamato: se nessuno avesse fame, a chi lo daresti il pane? Escludi la necessità di un altrui bisogno, non ci sarà motivo per la tua compassione. Nondimeno, per queste opere, che ha generato la necessità, giungiamo a quella vita - dove non sarà presente la necessità - quasi per mezzo di una nave alla patria. In patria dimorerò per sempre, non sarò mai esule, non ci sarà bisogno di una nave; ma quella nave che là non sarà di bisogno, proprio quella vi ci conduce. Quando si sarà pervenuti, non sussisteranno di queste cose; però, mancandone quaggiù l'adempimento, lassù non si può giungere. Siate dunque solleciti nelle buone opere dovute alla necessità, per essere felici nel godimento di quell'eternità, dove ormai la necessità muore, con la morte della stessa morte, generatrice di tutte le necessità. È necessario infatti che questo corpo corruttibile si vesta di incorruttibilità e questo corpo mortale si vesta di immortalità 24. Quando si dirà alla morte: Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? 25 Lo si dirà alla morte sconfitta e annientata, perché l'ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte 26.

Preludio di morte ogni cautela per la salute. Elenco di cose che in cielo non si troveranno.

8. Al presente del resto, per mezzo di tutte le opere di necessità, si lotta con la morte; ogni deficienza infatti trascina alla morte ed ogni compensazione allontana dalla morte. Anche il corpo è così soggetto a mutazione che in certo qual modo alcune forme di morte sono respinte da altre morti. Prendere qualsiasi cosa in aiuto quando non si può durare a lungo, è un premettere la morte. Vedete già questa vita: qualunque cosa si prende in aiuto non potendo resistere più a lungo - che se avrai resistito più a lungo muori - ecco una premessa di morte; nondimeno, se nulla si dovesse assumere, l'altra morte non viene respinta. Ad esempio: uno non mangia: se avrà mangiato e digerito, ricupera le forze. Quando non mangia, si serve di un digiuno per respingere da sé la morte, effetto dell'intemperanza: se non avrà fatto ricorso all'astinenza e al digiuno, non allontanerà da sé quell'effetto. Per contro, se avrà voluto insistere in quello - nel digiuno cui ha fatto ricorso per allontanare la morte, conseguenza di eccessi - temerà un altro genere di morte: per fame. Perciò, come si è servito del digiuno onde evitare la morte per intemperanza, così farà ricorso al cibo onde evitare la morte per inedia. Infatti, a qualsiasi di questi mezzi avrai fatto ricorso, se insisti in esso, vieni meno. Ti eri stancato andando in giro; se continui sempre a camminare, in seguito alla fatica stessa, verrai meno e morirai. Perciò, per non giungere a perdere le forze, ponendoti a sedere, tu riposi: resta di continuo a sedere e ne morirai. Ti stava opprimendo un sonno profondo; devi stare sveglio per non morire. Morirai a motivo della veglia se non tornerai a dormire. Mostrami quel che vuoi prendere in aiuto a respingere un male opprimente, dove ti trovi così tranquillo da non voler farne più a meno: quella qualsiasi cosa di cui ti sarai servito, proprio quella si dovrà temere. Di conseguenza, in ogni mutarsi e alternarsi di perdite e di recuperi, si lotta con la morte; quando poi questo corpo corruttibile si sarà vestito di incorruttibilità e questo corpo mortale di immortalità 27, si dirà alla morte: Dov'è, o morte, la tua vittoria? Dov'è, o morte, il tuo pungiglione? 28 Vedremo, loderemo, vivremo eternamente. Non ci sarà alcun genere di indigenza, non si cercherà compensazione di sorta. Non trovi un povero con il quale dividere il pane, o un forestiero da accogliere in casa. Non trovi chi abbia sete cui dare da bere; né un nudo che dovrai rivestire; non un malato da visitare; non un litigioso cui ispirare concordia; non un cadavere da seppellire. Tutti sono saziati con il cibo della giustizia e la bevanda della sapienza, tutti vestiti di immortalità, tutti viventi nella loro patria eterna: la salute di tutti è la stessa eternità, eterna la salute, eterna la concordia. Nessuno muove lite, nessuno cerca un giudice, nessuno un arbitrato di riconciliazione, nessuno una sentenza di rivendicazione; nessuna infermità, nessuna morte.

Senza Dio non sappiamo chi siamo.

9. Abbiamo potuto parlare di quelle cose che lassù non si troveranno, chi può dire di quelle che vi saranno? Quelle cose che occhio non vide né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo 29. Dice giustamente l'Apostolo: Le sofferenze del momento presente non sono paragonabili alla gloria futura che dovrà essere rivelata in noi 30. Devi sapere, cristiano, come quali che siano state le tue sofferenze, rispetto a quanto riceverai, sono un nulla. Con certezza di fede riteniamo questo: non si parta mai, questo, dal tuo cuore. Ciò che sarai non lo puoi capire e vedere: che sarà allora quel che ora non può essere conosciuto da chi poi lo riceverà? In realtà, noi saremo quel che saremo e non possiamo comprendere quel che saremo. È superata ogni nostra debolezza, è superato ogni nostro pensiero, è superata ogni nostra intellezione: tuttavia, noi vivremo. Dilettissimi - dice Giovanni - siamo figli di Dio 31; ora, in verità, per l'adozione, per la fede, per il pegno. Fratelli, abbiamo ricevuto il pegno, lo Spirito Santo. Quando manca alla parola chi ha dato un tale pegno? Siamo figli di Dio - dice Giovanni - e ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo - dice - che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui perché lo vedremo così come egli è 32. Disse che non è stato ancora rivelato, e non disse che sia ciò che non è stato ancora rivelato. Non è stato ancora rivelato ciò che saremo. Poteva dire: quello saremo e tali saremo. A chi poteva dire tutto ciò che poteva dire? Non oso dire chi poteva dire, ma di certo a chi poteva dire. E forse c'era infatti chi poteva dire, perché è proprio chi riposava sul petto di Cristo e dal petto di lui, in quel banchetto, sorbiva sapienza; ricolmo di quella sapienza, proruppe: In principio era il Verbo 33. Disse questo, dunque: Sappiamo che quando sarà stato rivelato ciò che saremo, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è. Simili a chi? Senza dubbio a colui di cui siamo i figli. Dilettissimi - dice Giovanni - siamo figli di Dio e non è stato ancora rivelato ciò che saremo. Sappiamo che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui - del quale siamo i figli - perché lo vedremo così come egli è. Se fin d'ora vuoi essere simile a colui a cui sarai simile, se vuoi sapere a chi sarai simile, guardalo, se puoi. Non ti è ancora possibile. Quindi, non sai a chi sarai simile per il fatto che non sai quanto sarai simile. Di conseguenza, non conoscendo ancora quel che egli è, non conosci quel che anche tu sarai.

Necessità di reciproca preghiera fra pastori e fedeli.

10. Carissimi, fermando su questo il nostro pensiero, restiamocene sempre in attesa della nostra eterna gioia, e imploriamo assiduamente forza nelle fatiche e nelle prove temporali, sia noi per voi, sia voi per noi. Non pensate infatti, fratelli, che a voi sono necessarie le nostre preghiere e che a noi non sono necessarie le vostre orazioni: ci sono necessarie a vicenda le preghiere degli uni per gli altri, perché proprio le preghiere scambievoli si fondono insieme nella carità e questo sacrificio, come da un altare consacrato, ha per il Signore un odore soavissimo. Infatti, se gli Apostoli chiedevano che si pregasse per loro, quanto più noi, ben lontani dall'essere come loro - comunque desiderosi però di seguirne le orme - e incapaci a valutare con quanta fedeltà li seguiamo e imbarazzati ad ammetterlo. Perciò, uomini di quella levatura volevano che da parte della Chiesa si pregasse per loro e affermavano che noi siamo il vostro vanto come anche voi sarete il nostro, nel giorno del Signore nostro Gesù Cristo 34. Pregavano a vicenda gli uni per gli altri prima del giorno del Signore nostro Gesù Cristo; gloria in quel giorno, prima di quel giorno indigenza. Si preghi nel bisogno per godere nella gloria. Evidentemente in tempi diversi, destinati tuttavia a giungervi tutti ad un tempo: diversi sono i tempi in cui si esce da questo mondo, unico il tempo della mercede nell'altra vita. In una sola volta ed insieme, ci ritroveremo tutti, per ricevere quel che abbiamo creduto e abbiamo desiderato in tempi diversi; come quegli operai della vigna: alcuni vi furono condotti nella prima ora, altri all'ora terza, altri alla sesta, altri alla nona, altri alla decima 35. Furono chiamati in tempi diversi, ma la mercede è data a tutti nello stesso tempo. Rivolti al Signore.

 

1 - CIPRIANO, De exortatione martyrii (ad Fortunatum).

2 - 1 Cor 4, 7.

3 - Mt 23, 29-32.

4 - Gn 15, 6; Rm 4, 3.

5 - Mt 23, 30.

6 - 2 Cor 1, 5.

7 - Sal 93, 19.

8 - 2 Cor 1, 8.

9 - 2 Cor 1, 8.

10 - Fil 1, 24.

11 - Sal 54, 6-7.

12 - Fil 1, 20.

13 - Fil 1, 21.

14 - Fil 1, 22-23.

15 - Fil 1, 24.

16 - 1 Ts 2, 7.

17 - Mt 23, 37.

18 - Cf. 1 Cor 1, 25.

19 - 2 Cor 13, 3.

20 - 2 Cor 1, 9-10.

21 - Fil 1, 24-25.

22 - Fil 1, 23.

23 - 1 Cor 6, 13.

24 - 1 Cor 15, 53.

25 - 1 Cor 15, 55.

26 - 1 Cor 15, 26.

27 - 1 Cor 15, 54.

28 - 1 Cor 15, 55.

29 - 1 Cor 2, 9.

30 - Rm 8, 18.

31 - 1 Gv 3, 2.

32 - 1 Gv 3, 2.

33 - Gv 1,1.

34 - 2 Cor 1, 14.

35 - Cf. Mt 20, 1 ss.


Tre giudici illustri

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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Nelle cronache dell’Oratorio leggiamo: «Nelle tre notti che precedettero l’ultimo giorno del 1860, Don Bosco fece tre sogni, come egli li chiama, ma che noi con tutta sicurezza per ciò che abbiamo veduto, sentito, provato, possiamo chiamare celesti visioni. Era lo stesso sogno ripetuto tre volte, ma sempre con circo stanze diverse».
Don Bosco lo raccontò l’ultima sera dell’anno 1860 a tutti i giovani radunati. Noi ne riassumiamo le scene più interessanti.
Per tre notti consecutive Don Bosco si trovò in campagna in compagnia dei suoi tre grandi amici: San Giuseppe Cafasso, Silvio Pellico e il Conte Cays, deputato al Parlamento Subalpino.
«La prima notte — racconta Don Bosco — la passammo discorrendo sopra vari punti di religione riguardanti specialmente i tempi che corrono. La seconda si passò in conferenze morali, in cui si sciolsero casi di coscienza spettanti la direzione dei giovani. La terza notte furono casi pratici con i quali conobbi l’interno morale di ciascun giovane in particolare. Nel primo giorno io non volevo dar retta al sogno perché il Signore ce lo proibisce nella Sacra Scrittura. Ma in questi giorni scorsi, dopo aver fatto parecchie esperienze, dopo aver preso parecchi giovani a parte e aver detto loro le cose tali e quali le avevo viste nel sogno, e che essi mi assicurarono essere proprio così, allora io non potei più dubitare che questa sia una grazia straordinaria che il Signore concede a tutti i figli dell’Oratorio. Io perciò mi trovo in obbligo di dirvi che il Signore vi fa sentire la sua voce, e guai a coloro che vi resistono».
In sintesi, Don Bosco aveva assistito a questa scena. C’era una gran sala. Seduti a un tavolo c’erano i tre personaggi nominati in veste di giudici. All’invito di Don Cafasso, Don Bosco fece entrare i giovani. Uno per uno, i giovani si presentavano con una cartella in mano, nella quale c’erano molti numeri da addizionare, e la consegnavano a quei signori. Questi, se la cartella era in regola e ben fornita di numeri, li addizionavano e la restituivano a ciascuno; la respingevano se vi erano cifre imbrogliate. I primi uscivano dalla sala felici e andavano a ricrearsi in cortile; gli altri invece uscivano tutti mesti e angustiati. Questa funzione durò a lungo, ma alcuni giovani non vollero entrare nella sala, perché ave vano la cartella vuota di numeri.
Quando Don Bosco e i tre personaggi uscirono dalla sala, videro i giovani che avevano la cartella in regola, che si ricreavano felici. Ne videro altri che stavano mesti in disparte. Don Bosco li osservò: alcuni avevano una benda agli occhi, altri erano immersi nella nebbia, altri avevano il capo attorniato da una nube, altri avevano il cuore pieno di terra. «Io li vidi — afferma Don Bosco — e li conobbi molto bene e li ho ancora così presenti alla mente che potrei nominarli uno per uno dal primo fino all’ultimo».
Intanto Don Bosco, col suo occhio vigile, notò che in cortile mancavano molti dei suoi giovani. Dopo varie ricerche, li trovò in un angolo del cortile.
«— Oh, spettacolo miserando! — esclamai.
Ne vedo uno coricato per terra, pallido come la morte; altri seduti sopra un basso e lurido scanno; altri sdraiati sopra uno sconcio pagliericcio. Giacevano gravemente infermi, chi nella lingua, chi negli occhi, chi nelle orecchie. Varie malattie affliggevano altri infelici: chi aveva il cuore tarlato e chi guasto e già corrotto; chi aveva una piaga e chi un’altra. Ve n’era persino uno tutto rosicchiato.
Questo spettacolo mi passava il cuore come un’acutissima spina, che però mi fu addolcita dalla vista di ciò che sto per raccontare.
Don Cafasso mi fa cenno di seguirlo e mi introduce in una sala splendida, tutta ornata d’oro, d’argento e di ogni più prezioso addobbo, illuminata da migliaia di lampade da cui emanava una luce che i miei occhi non potevano quasi sopportare. In mezzo a quella sala regale vi era un’ampia tavola piena di confetture di ogni specie. Vi erano amaretti quasi grossi come le munizioni dei soldati, biscotti così lunghi che uno solo sarebbe bastato a sfamare un giovane. Io mi slanciai subito a invitare i giovani ad assidersi a quella tavola. Ma Don Cafasso mi fermò gridando:
— Adagio! Solo quelli che hanno i conti aggiustati possono gustare quei dolci!
Mi acquietai e intanto mi posi a distribuire quei biscotti e quegli amaretti a quelli che Don Cafasso mi aveva indicato. Tutti ne ebbero a sazietà. Io mi compiacevo nel vedere i giovani mangiare con tanto gusto. Sul loro volto era dipinta la gioia; non parevano più i giovani dell’Oratorio, tanto erano trasfigurati ».
Quelli che erano rimasti senza dolci se ne stavano in un angolo malinconici e mortificati. Don Bosco ne fu commosso: erano anch’essi suoi figli; supplicò quindi ripetutamente Don Cafasso che gli permettesse di far parte dei dolci anche a loro. — No — rispose il Santo —; costoro non possono gustarli; fateli guarire e poi anch’essi ne mangeranno.
Don Bosco gli chiese che gli suggerisse il rimedio per guarire quei poveretti. Don Cafasso, in procinto di allontanarsi, per ben tre volte, con voce sempre più alta, gridò:
— State attento! State attento! State attento!
Così dicendo si dileguò con gli altri due personaggi.
Le parole di Don Cafasso, che di per sé possono apparire misteriose, dovettero riuscire evidenti ed eloquenti a Don Bosco, che ha sempre considerato come elemento essenziale del suo sistema educativo una assistenza amorevole, ma vigile e continua, che metta i giovani nella morale impossibilità di commettere mancanze.


24 luglio 1900 - Tentata dal demonio, è rassicurata dall'angelo custode. Le appare Gesù, che le rivolge un dolce rimprovero e le parla del monastero delle Passioniste da fondarsi in Lucca.

Santa Gemma Galgani

Ieri accadde al solito: ero andata per dormire, infatti mi addormentai, ma il demonio no, parve che non volesse. Mi si fece vedere in una maniera assai sudicia, mi tentava, ma fui forte. Mi raccomandavo dentro me stessa a Gesù che mi togliesse la vita [piuttosto] che offenderlo.

Che tentazioni orribili che sono quelle lì! Tutte mi dispiacciono, ma quelle contro la santa purità quanto mi fanno male!

Dopo poi per rimettermi in pace venne l'angelo custode e mi assicurò che non avevo fatto alcun male. Mi ci lamento alle volte, perché vorrei che mi venisse a aiutare in certi momenti, e mi dice, o che lo veda o no, sta sempre sopra il mio capo; anzi ieri, perché M. SS. A. [Maria Santissima Addolorata] mi aiutò davvero, e fui forte assai, mi promise che la sera sarebbe venuto Gesù a vedermi.

Arrivata a ieri sera, aspettavo con impazienza il momento di andare in camera, presi il crocifisso e andai a letto. Fu contento anche il mio angelo che andassi a letto, perché... Sentii che ero per raccogliermi, venne il mio Gesù, ma stava assai scostato da me. Che bei momenti che sono quelli!

Gli dimandai subito se mi amasse sempre, e mi rispose queste parole: «+ Figlia mia, ti ho arricchito di tante belle cose, senza nessun tuo merito, e mi domandi se ti amo? Temo tanto per te ». « Perché? », gli dissi. « O Figlia, nei giorni che più volte godevi della mia presenza, eri tutta fervore, non ti costava fatica il pregare; ora invece ti noia la preghiera; qualche negligenza nei tuoi doveri comincia a insinuartisi nel cuore. O Figlia, perché ti avvilisci così? Dimmi: nei giorni passati, ti sembrava lunga l'orazione come ora? Qualche piccola penitenza la fai, ma quanto stai per risolverti!»

Come restassi a quel dolce rimprovero non lo so, restai senza parlare. Continuai poi a parlargli del convento; in quanto a quello assai mi consolò. Gli dissi che se mi amava mi facesse la grazia di andare in convento; lo pregai ancora che mi dicesse qualche cosa del nuovo convento, e mi ríspose: «Presto le parole di confratel Gabriele saranno effettuate». « Tutte tutte? », gli dimandai, quasi fuor di me stessa. «Ogni cosa, non temere: tra poco. Quando tornerà il confessore, ti dirò le cose anche meglio ».

In ultimo gli raccomandai il mio povero peccatore. Mi benedì e nell'andar via mi disse: «Ricordati che ti ho creato per il cielo: non hai che far nulla con la terra ».