Sotto il Tuo Manto

Martedi, 9 settembre 2025 - San Pietro Claver Sacerdote (Letture di oggi)

Giuseppe e Maria sono figura della speranza e del timore, che sono come i "genitori" del giusto. La speranza è l'attesa dei beni futuri, che genera un sentimento di umiltà  e una pronta disponibilità  di servizio. La speranza è detta in latino spes, quasi pes, piede, passo di avanzamento: ecco l'aumento, l'accrescimento. Al contrario si dice disperazione, quando non c'è nessuna possibilità  di andare avanti, poiché quando uno ama il peccato non spera certo nella gloria futura. E perché la speranza non degeneri in presunzione, dev'essere unita al timore, che è principio della saggezza (Sal 110,10; Eccli 1,16), al cui possesso nessuno può giungere se prima non ha assaporato l'amarezza del timore. Per questo è detto nell'Esodo che i figli d'Israele, prima di arrivare alla dolcezza della manna, trovarono l'amarezza dell'acqua di Mara (cf. Es 15,23). Bevendo una medicina amara si arriva alla gioia della guarigione. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Venerdi della 4° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Matteo 19

1Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano.2E lo seguì molta folla e colà egli guarì i malati.
3Allora gli si avvicinarono alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: "È lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?".4Ed egli rispose: "Non avete letto che il Creatore da principio 'li creò maschio e femmina' e disse:5Per questo l'uomo 'lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola'?6Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo separi".7Gli obiettarono: "Perché allora Mosè ha ordinato 'di darle l'atto di ripudio e mandarla via'?".8Rispose loro Gesù: "Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.9Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un'altra commette adulterio".

10Gli dissero i discepoli: "Se questa è la condizione dell'uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi".11Egli rispose loro: "Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso.12Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca".

13Allora gli furono portati dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.14Gesù però disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli".15E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.

16Ed ecco un tale gli si avvicinò e gli disse: "Maestro, che cosa devo fare di buono per ottenere la vita eterna?".17Egli rispose: "Perché mi interroghi su ciò che è buono? Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti".18Ed egli chiese: "Quali?". Gesù rispose: "'Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso,'19'onora il padre e la madre, ama il prossimo tuo come te stesso'".20Il giovane gli disse: "Ho sempre osservato tutte queste cose; che mi manca ancora?".21Gli disse Gesù: "Se vuoi essere perfetto, va', vendi quello che possiedi, dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi".22Udito questo, il giovane se ne andò triste; poiché aveva molte ricchezze.

23Gesù allora disse ai suoi discepoli: "In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.24Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli".25A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: "Chi si potrà dunque salvare?".26E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: "Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile".

27Allora Pietro prendendo la parola disse: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?".28E Gesù disse loro: "In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell'uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.29Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna.
30Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi".


Genesi 24

1Abramo era ormai vecchio, avanti negli anni, e il Signore lo aveva benedetto in ogni cosa.2Allora Abramo disse al suo servo, il più anziano della sua casa, che aveva potere su tutti i suoi beni: "Metti la mano sotto la mia coscia3e ti farò giurare per il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che non prenderai per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito,4ma che andrai al mio paese, nella mia patria, a scegliere una moglie per mio figlio Isacco".5Gli disse il servo: "Se la donna non mi vuol seguire in questo paese, dovrò forse ricondurre tuo figlio al paese da cui tu sei uscito?".6Gli rispose Abramo: "Guardati dal ricondurre là mio figlio!7Il Signore, Dio del cielo e Dio della terra, che mi ha tolto dalla casa di mio padre e dal mio paese natio, che mi ha parlato e mi ha giurato: Alla tua discendenza darò questo paese, egli stesso manderà il suo angelo davanti a te, perché tu possa prendere di là una moglie per il mio figlio.8Se la donna non vorrà seguirti, allora sarai libero dal giuramento a me fatto; ma non devi ricondurre là il mio figlio".
9Allora il servo mise la mano sotto la coscia di Abramo, suo padrone, e gli prestò giuramento riguardo a questa cosa.10Il servo prese dieci cammelli del suo padrone e, portando ogni sorta di cose preziose del suo padrone, si mise in viaggio e andò nel Paese dei due fiumi, alla città di Nacor.11Fece inginocchiare i cammelli fuori della città, presso il pozzo d'acqua, nell'ora della sera, quando le donne escono ad attingere.12E disse: "Signore, Dio del mio padrone Abramo, concedimi un felice incontro quest'oggi e usa benevolenza verso il mio padrone Abramo!13Ecco, io sto presso la fonte dell'acqua, mentre le fanciulle della città escono per attingere acqua.14Ebbene, la ragazza alla quale dirò: Abbassa l'anfora e lasciami bere, e che risponderà: Bevi, anche ai tuoi cammelli darò da bere, sia quella che tu hai destinata al tuo servo Isacco; da questo riconoscerò che tu hai usato benevolenza al mio padrone".15Non aveva ancora finito di parlare, quand'ecco Rebecca, che era nata a Betuèl figlio di Milca, moglie di Nacor, fratello di Abramo, usciva con l'anfora sulla spalla.16La giovinetta era molto bella d'aspetto, era vergine, nessun uomo le si era unito. Essa scese alla sorgente, riempì l'anfora e risalì.17Il servo allora le corse incontro e disse: "Fammi bere un po' d'acqua dalla tua anfora".18Rispose: "Bevi, mio signore". In fretta calò l'anfora sul braccio e lo fece bere.19Come ebbe finito di dargli da bere, disse: "Anche per i tuoi cammelli ne attingerò, finché finiranno di bere".20In fretta vuotò l'anfora nell'abbeveratoio, corse di nuovo ad attingere al pozzo e attinse per tutti i cammelli di lui.21Intanto quell'uomo la contemplava in silenzio, in attesa di sapere se il Signore avesse o no concesso buon esito al suo viaggio.22Quando i cammelli ebbero finito di bere, quell'uomo prese un pendente d'oro del peso di mezzo siclo e glielo pose alle narici e le pose sulle braccia due braccialetti del peso di dieci sicli d'oro.23E disse: "Di chi sei figlia? Dimmelo. C'è posto per noi in casa di tuo padre, per passarvi la notte?".24Gli rispose: "Io sono figlia di Betuèl, il figlio che Milca partorì a Nacor".25E soggiunse: "C'è paglia e foraggio in quantità da noi e anche posto per passare la notte".
26Quell'uomo si inginocchiò e si prostrò al Signore27e disse: "Sia benedetto il Signore, Dio del mio padrone Abramo, che non ha cessato di usare benevolenza e fedeltà verso il mio padrone. Quanto a me, il Signore mi ha guidato sulla via fino alla casa dei fratelli del mio padrone".28La giovinetta corse ad annunziare alla casa di sua madre tutte queste cose.29Ora Rebecca aveva un fratello chiamato Làbano e Làbano corse fuori da quell'uomo al pozzo.30Egli infatti, visti il pendente e i braccialetti alle braccia della sorella e udite queste parole di Rebecca, sua sorella: "Così mi ha parlato quell'uomo", venne da costui che ancora stava presso i cammelli vicino al pozzo.31Gli disse: "Vieni, benedetto dal Signore! Perché te ne stai fuori, mentre io ho preparato la casa e un posto per i cammelli?".32Allora l'uomo entrò in casa e quegli tolse il basto ai cammelli, fornì paglia e foraggio ai cammelli e acqua per lavare i piedi a lui e ai suoi uomini .33Quindi gli fu posto davanti da mangiare, ma egli disse; "Non mangerò, finché non avrò detto quello che devo dire". Gli risposero: "Di' pure".34E disse: "Io sono un servo di Abramo.35Il Signore ha benedetto molto il mio padrone, che è diventato potente: gli ha concesso greggi e armenti, argento e oro, schiavi e schiave, cammelli e asini.36Sara, la moglie del mio padrone, gli ha partorito un figlio, quando ormai era vecchio, al quale egli ha dato tutti i suoi beni.37E il mio padrone mi ha fatto giurare: Non devi prendere per mio figlio una moglie tra le figlie dei Cananei, in mezzo ai quali abito,38ma andrai alla casa di mio padre, alla mia famiglia, a prendere una moglie per mio figlio.39Io dissi al mio padrone: Forse la donna non mi seguirà.40Mi rispose: Il Signore, alla cui presenza io cammino, manderà con te il suo angelo e darà felice esito al tuo viaggio, così che tu possa prendere una moglie per il mio figlio dalla mia famiglia e dalla casa di mio padre.41Solo quando sarai andato alla mia famiglia, sarai esente dalla mia maledizione; se non volessero cedertela, sarai esente dalla mia maledizione.42Così oggi sono arrivato alla fonte e ho detto: Signore, Dio del mio padrone Abramo, se stai per dar buon esito al viaggio che sto compiendo,43ecco, io sto presso la fonte d'acqua; ebbene, la giovane che uscirà ad attingere, alla quale io dirò: Fammi bere un po' d'acqua dalla tua anfora,44e mi risponderà: Bevi tu; anche per i tuoi cammelli attingerò, quella sarà la moglie che il Signore ha destinata al figlio del mio padrone.45Io non avevo ancora finito di pensare, quand'ecco Rebecca uscire con l'anfora sulla spalla; scese alla fonte, attinse; io allora le dissi: Fammi bere.46Subito essa calò l'anfora e disse: Bevi; anche ai tuoi cammelli darò da bere. Così io bevvi ed essa diede da bere anche ai cammelli.47E io la interrogai: Di chi sei figlia? Rispose: Sono figlia di Betuèl, il figlio che Milca ha partorito a Nacor. Allora le posi il pendente alle narici e i braccialetti alle braccia.48Poi mi inginocchiai e mi prostrai al Signore e benedissi il Signore, Dio del mio padrone Abramo, il quale mi aveva guidato per la via giusta a prendere per suo figlio la figlia del fratello del mio padrone.49Ora, se intendete usare benevolenza e lealtà verso il mio padrone, fatemelo sapere; se no, fatemelo sapere ugualmente, perché io mi rivolga altrove".
50Allora Làbano e Betuèl risposero: "Dal Signore la cosa procede, non possiamo dirti nulla.51Ecco Rebecca davanti a te: prendila e va' e sia la moglie del figlio del tuo padrone, come ha parlato il Signore".
52Quando il servo di Abramo udì le loro parole, si prostrò a terra davanti al Signore.53Poi il servo tirò fuori oggetti d'argento e oggetti d'oro e vesti e li diede a Rebecca; doni preziosi diede anche al fratello e alla madre di lei.54Poi mangiarono e bevvero lui e i suoi uomini e passarono la notte. Quando si alzarono alla mattina, egli disse: "Lasciatemi andare dal mio padrone".55Ma il fratello e la madre di lei dissero: "Rimanga la giovinetta con noi qualche tempo, una decina di giorni; dopo, te ne andrai".56Rispose loro: "Non trattenetemi, mentre il Signore ha concesso buon esito al mio viaggio. Lasciatemi partire per andare dal mio padrone!".57Dissero allora: "Chiamiamo la giovinetta e domandiamo a lei stessa".58Chiamarono dunque Rebecca e le dissero: "Vuoi partire con quest'uomo?". Essa rispose: "Andrò".59Allora essi lasciarono partire Rebecca con la nutrice, insieme con il servo di Abramo e i suoi uomini.60Benedissero Rebecca e le dissero:

"Tu, sorella nostra,
diventa migliaia di miriadi
e la tua stirpe conquisti
la porta dei suoi nemici!".

61Così Rebecca e le sue ancelle si alzarono, montarono sui cammelli e seguirono quell'uomo. Il servo prese con sé Rebecca e partì.62Intanto Isacco rientrava dal pozzo di Lacai-Roi; abitava infatti nel territorio del Negheb.63Isacco uscì sul fare della sera per svagarsi in campagna e, alzando gli occhi, vide venire i cammelli.64Alzò gli occhi anche Rebecca, vide Isacco e scese subito dal cammello.65E disse al servo: "Chi è quell'uomo che viene attraverso la campagna incontro a noi?". Il servo rispose: "È il mio padrone". Allora essa prese il velo e si coprì.66Il servo raccontò ad Isacco tutte le cose che aveva fatte.67Isacco introdusse Rebecca nella tenda che era stata di sua madre Sara; si prese in moglie Rebecca e l'amò. Isacco trovò conforto dopo la morte della madre.


Salmi 129

1'Canto delle ascensioni.'

Dalla giovinezza molto mi hanno perseguitato,
- lo dica Israele -
2dalla giovinezza molto mi hanno perseguitato,
ma non hanno prevalso.
3Sul mio dorso hanno arato gli aratori,
hanno fatto lunghi solchi.
4Il Signore è giusto:
ha spezzato il giogo degli empi.

5Siano confusi e volgano le spalle
quanti odiano Sion.
6Siano come l'erba dei tetti:
prima che sia strappata, dissecca;
7non se ne riempie la mano il mietitore,
né il grembo chi raccoglie covoni.

8I passanti non possono dire:
"La benedizione del Signore sia su di voi,
vi benediciamo nel nome del Signore".


Salmi 89

1'Maskil. Di Etan l'Ezraita.'
2Canterò senza fine le grazie del Signore,
con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,
3perché hai detto: "La mia grazia rimane per sempre";
la tua fedeltà è fondata nei cieli.
4"Ho stretto un'alleanza con il mio eletto,
ho giurato a Davide mio servo:
5stabilirò per sempre la tua discendenza,
ti darò un trono che duri nei secoli".

6I cieli cantano le tue meraviglie, Signore,
la tua fedeltà nell'assemblea dei santi.
7Chi sulle nubi è uguale al Signore,
chi è simile al Signore tra gli angeli di Dio?
8Dio è tremendo nell'assemblea dei santi,
grande e terribile tra quanti lo circondano.

9Chi è uguale a te, Signore, Dio degli eserciti?
Sei potente, Signore, e la tua fedeltà ti fa corona.
10Tu domini l'orgoglio del mare,
tu plachi il tumulto dei suoi flutti.
11Tu hai calpestato Raab come un vinto,
con braccio potente hai disperso i tuoi nemici.

12Tuoi sono i cieli, tua è la terra,
tu hai fondato il mondo e quanto contiene;
13il settentrione e il mezzogiorno tu li hai creati,
il Tabor e l'Ermon cantano il tuo nome.
14È potente il tuo braccio,
forte la tua mano, alta la tua destra.
15Giustizia e diritto sono la base del tuo trono,
grazia e fedeltà precedono il tuo volto.

16Beato il popolo che ti sa acclamare
e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto:
17esulta tutto il giorno nel tuo nome,
nella tua giustizia trova la sua gloria.
18Perché tu sei il vanto della sua forza
e con il tuo favore innalzi la nostra potenza.
19Perché del Signore è il nostro scudo,
il nostro re, del Santo d'Israele.

20Un tempo parlasti in visione ai tuoi santi dicendo:
"Ho portato aiuto a un prode,
ho innalzato un eletto tra il mio popolo.
21Ho trovato Davide, mio servo,
con il mio santo olio l'ho consacrato;
22la mia mano è il suo sostegno,
il mio braccio è la sua forza.

23Su di lui non trionferà il nemico,
né l'opprimerà l'iniquo.
24Annienterò davanti a lui i suoi nemici
e colpirò quelli che lo odiano.
25La mia fedeltà e la mia grazia saranno con lui
e nel mio nome si innalzerà la sua potenza.
26Stenderò sul mare la sua mano
e sui fiumi la sua destra.

27Egli mi invocherà: Tu sei mio padre,
mio Dio e roccia della mia salvezza.
28Io lo costituirò mio primogenito,
il più alto tra i re della terra.
29Gli conserverò sempre la mia grazia,
la mia alleanza gli sarà fedele.
30Stabilirò per sempre la sua discendenza,
il suo trono come i giorni del cielo.

31Se i suoi figli abbandoneranno la mia legge
e non seguiranno i miei decreti,
32se violeranno i miei statuti
e non osserveranno i miei comandi,
33punirò con la verga il loro peccato
e con flagelli la loro colpa.

34Ma non gli toglierò la mia grazia
e alla mia fedeltà non verrò mai meno.
35Non violerò la mia alleanza,
non muterò la mia promessa.
36Sulla mia santità ho giurato una volta per sempre:
certo non mentirò a Davide.
37In eterno durerà la sua discendenza,
il suo trono davanti a me quanto il sole,
38sempre saldo come la luna,
testimone fedele nel cielo".

39Ma tu lo hai respinto e ripudiato,
ti sei adirato contro il tuo consacrato;
40hai rotto l'alleanza con il tuo servo,
hai profanato nel fango la sua corona.
41Hai abbattuto tutte le sue mura
e diroccato le sue fortezze;
42tutti i passanti lo hanno depredato,
è divenuto lo scherno dei suoi vicini.

43Hai fatto trionfare la destra dei suoi rivali,
hai fatto gioire tutti i suoi nemici.
44Hai smussato il filo della sua spada
e non l'hai sostenuto nella battaglia.
45Hai posto fine al suo splendore,
hai rovesciato a terra il suo trono.
46Hai abbreviato i giorni della sua giovinezza
e lo hai coperto di vergogna.

47Fino a quando, Signore,
continuerai a tenerti nascosto,
arderà come fuoco la tua ira?
48Ricorda quant'è breve la mia vita.
Perché quasi un nulla hai creato ogni uomo?
49Quale vivente non vedrà la morte,
sfuggirà al potere degli inferi?

50Dove sono, Signore, le tue grazie di un tempo,
che per la tua fedeltà hai giurato a Davide?
51Ricorda, Signore, l'oltraggio dei tuoi servi:
porto nel cuore le ingiurie di molti popoli,
52con le quali, Signore, i tuoi nemici insultano,
insultano i passi del tuo consacrato.
53Benedetto il Signore in eterno.
Amen, amen.


Geremia 32

1Parola che fu rivolta a Geremia dal Signore nell'anno decimo di Sedecìa re di Giuda, cioè nell'anno decimo ottavo di Nabucodònosor.2L'esercito del re di Babilonia assediava allora Gerusalemme e il profeta Geremia era rinchiuso nell'atrio della prigione, nella reggia del re di Giuda,3e ve lo aveva rinchiuso Sedecìa re di Giuda, dicendo: "Perché profetizzi con questa minaccia: Dice il Signore: Ecco metterò questa città in potere del re di Babilonia ed egli la occuperà;4Sedecìa re di Giuda non scamperà dalle mani dei Caldei, ma sarà dato in mano del re di Babilonia e parlerà con lui faccia a faccia e si guarderanno negli occhi;5egli condurrà Sedecìa in Babilonia dove egli resterà finché io non lo visiterò - oracolo del Signore -; se combatterete contro i Caldei, non riuscirete a nulla"?
6Geremia disse: Mi fu rivolta questa parola del Signore:7"Ecco Canamèl, figlio di Sallùm tuo zio, viene da te per dirti: Cómprati il mio campo, che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di riscatto per acquistarlo".8Venne dunque da me Canamèl, figlio di mio zio, secondo la parola del Signore, nell'atrio della prigione e mi disse: "Compra il mio campo che si trova in Anatòt, perché a te spetta il diritto di acquisto e a te tocca il riscatto. Cómpratelo!".
Allora riconobbi che questa era la volontà del Signore9e comprai il campo da Canamèl, figlio di mio zio, e gli pagai il prezzo: diciassette sicli d'argento.10Stesi il documento del contratto, lo sigillai, chiamai i testimoni e pesai l'argento sulla stadera.11Quindi presi il documento di compra, quello sigillato e quello aperto, secondo le prescrizioni della legge.12Diedi il contratto di compra a Baruc figlio di Neria, figlio di Macsia, sotto gli occhi di Canamèl figlio di mio zio e sotto gli occhi dei testimoni che avevano sottoscritto il contratto di compra e sotto gli occhi di tutti i Giudei che si trovavano nell'atrio della prigione.13Diedi poi a Baruc quest'ordine:14"Dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Prendi i contratti di compra, quello sigillato e quello aperto, e mettili in un vaso di terra, perché si conservino a lungo.15Poiché dice il Signore degli eserciti, Dio di Israele: Ancora si compreranno case, campi e vigne in questo paese".
16Pregai il Signore, dopo aver consegnato il contratto di compra a Baruc figlio di Neria:17"Ah, Signore Dio, tu hai fatto il cielo e la terra con grande potenza e con braccio forte; nulla ti è impossibile.18Tu usi misericordia con mille e fai subire la pena dell'iniquità dei padri ai loro figli dopo di essi, Dio grande e forte, che ti chiami Signore degli eserciti.19Tu sei grande nei pensieri e potente nelle opere, tu, i cui occhi sono aperti su tutte le vie degli uomini, per dare a ciascuno secondo la sua condotta e il merito delle sue azioni.20Tu hai operato segni e miracoli nel paese di Egitto e fino ad oggi in Israele e fra tutti gli uomini e ti sei fatto un nome come appare oggi.21Tu hai fatto uscire dall'Egitto il tuo popolo Israele con segni e con miracoli, con mano forte e con braccio possente e incutendo grande spavento.22Hai dato loro questo paese, che avevi giurato ai loro padri di dare loro, terra in cui scorre latte e miele.
23Essi vennero e ne presero possesso, ma non ascoltarono la tua voce, non camminarono secondo la tua legge, non fecero quanto avevi comandato loro di fare; perciò tu hai mandato su di loro tutte queste sciagure.
24Ecco, le opere di assedio hanno raggiunto la città per occuparla; la città sarà data in mano ai Caldei che l'assediano con la spada, la fame e la peste. Ciò che tu avevi detto avviene; ecco, tu lo vedi.25E tu, Signore Dio, mi dici: Comprati il campo con denaro e chiama i testimoni, mentre la città sarà messa in mano ai Caldei".
26Allora mi fu rivolta questa parola del Signore:27 "Ecco, io sono il Signore Dio di ogni essere vivente; qualcosa è forse impossibile per me?28Pertanto dice il Signore: Ecco io darò questa città in mano ai Caldei e a Nabucodònosor re di Babilonia, il quale la prenderà.29Vi entreranno i Caldei che combattono contro questa città, bruceranno questa città con il fuoco e daranno alle fiamme le case sulle cui terrazze si offriva incenso a Baal e si facevano libazioni agli altri dèi per provocarmi.30Gli Israeliti e i figli di Giuda non hanno fatto che quanto è male ai miei occhi fin dalla loro giovinezza; gli Israeliti hanno soltanto saputo offendermi con il lavoro delle loro mani. Oracolo del Signore.
31Poiché causa della mia ira e del mio sdegno è stata questa città da quando la edificarono fino ad oggi; così io la farò scomparire dalla mia presenza,32a causa di tutto il male che gli Israeliti e i figli di Giuda commisero per provocarmi, essi, i loro re, i loro capi, i loro sacerdoti e i loro profeti, gli uomini di Giuda e gli abitanti di Gerusalemme.
33Essi mi voltarono la schiena invece della faccia; io li istruivo con continua premura, ma essi non ascoltarono e non impararono la correzione.34Essi collocarono i loro idoli abominevoli perfino nel tempio che porta il mio nome per contaminarlo35e costruirono le alture di Baal nella valle di Ben-Hinnòn per far passare per il fuoco i loro figli e le loro figlie in onore di Moloch - cosa che io non avevo comandato, anzi neppure avevo pensato di istituire un abominio simile -, per indurre a peccare Giuda".
36Ora così dice il Signore Dio di Israele, riguardo a questa città che voi dite sarà data in mano al re di Babilonia per mezzo della spada, della fame e della peste:37 "Ecco, li radunerò da tutti i paesi nei quali li ho dispersi nella mia ira, nel mio furore e nel mio grande sdegno; li farò tornare in questo luogo e li farò abitare tranquilli.38Essi saranno il mio popolo e io sarò il loro Dio.39Darò loro un solo cuore e un solo modo di comportarsi perché mi temano tutti i giorni per il loro bene e per quello dei loro figli dopo di essi.40Concluderò con essi un'alleanza eterna e non mi allontanerò più da loro per beneficarli; metterò nei loro cuori il mio timore, perché non si distacchino da me.41Godrò nel beneficarli, li fisserò stabilmente in questo paese, con tutto il cuore e con tutta l'anima".42Poiché così dice il Signore: "Come ho mandato su questo popolo tutto questo grande male, così io manderò su di loro tutto il bene che ho loro promesso.43E compreranno campi in questo paese, di cui voi dite: È una desolazione, senza uomini e senza bestiame, lasciato in mano ai Caldei.44Essi si compreranno campi con denaro, stenderanno contratti e li sigilleranno e si chiameranno testimoni nella terra di Beniamino e nei dintorni di Gerusalemme, nelle città di Giuda e nelle città della montagna e nelle città della Sefèla e nelle città del mezzogiorno, perché cambierò la loro sorte". Oracolo del Signore.


Prima lettera di Giovanni 3

1Quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente! La ragione per cui il mondo non ci conosce è perché non ha conosciuto lui.2Carissimi, noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è.

3Chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro.4Chiunque commette il peccato, commette anche violazione della legge, perché il peccato è violazione della legge.5Voi sapete che egli è apparso per togliere i peccati e che in lui non v'è peccato.6Chiunque rimane in lui non pecca; chiunque pecca non lo ha visto né l'ha conosciuto.
7Figlioli, nessuno v'inganni. Chi pratica la giustizia è giusto com'egli è giusto.8Chi commette il peccato viene dal diavolo, perché il diavolo è peccatore fin dal principio. Ora il Figlio di Dio è apparso per distruggere le opere del diavolo.9Chiunque è nato da Dio non commette peccato, perché un germe divino dimora in lui, e non può peccare perché è nato da Dio.
10Da questo si distinguono i figli di Dio dai figli del diavolo: chi non pratica la giustizia non è da Dio, né lo è chi non ama il suo fratello.

11Poiché questo è il messaggio che avete udito fin da principio: che ci amiamo gli uni gli altri.12Non come Caino, che era dal maligno e uccise il suo fratello. E per qual motivo l'uccise? Perché le opere sue erano malvage, mentre quelle di suo fratello eran giuste.
13Non vi meravigliate, fratelli, se il mondo vi odia.14Noi sappiamo che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte.15Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la vita eterna.
16Da questo abbiamo conosciuto l'amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli.17Ma se uno ha ricchezze di questo mondo e vedendo il suo fratello in necessità gli chiude il proprio cuore, come dimora in lui l'amore di Dio?18Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità.19Da questo conosceremo che siamo nati dalla verità e davanti a lui rassicureremo il nostro cuore20qualunque cosa esso ci rimproveri. Dio è più grande del nostro cuore e conosce ogni cosa.21Carissimi, se il nostro cuore non ci rimprovera nulla, abbiamo fiducia in Dio;22e qualunque cosa chiediamo la riceviamo da lui perché osserviamo i suoi comandamenti e facciamo quel che è gradito a lui.
23Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato.24Chi osserva i suoi comandamenti dimora in Dio ed egli in lui. E da questo conosciamo che dimora in noi: dallo Spirito che ci ha dato.


Capitolo LII: L’uomo non si creda meritevole di essere consolato, ma piuttosto di essere colpito

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1. E' giusto, o Signore, quello che fai con me quando mi lasci abbandonato e desolato; perché della tua consolazione o di alcuna tua visita spirituale io non son degno, e non lo sarei neppure se potessi versare tante lacrime quanto un mare. Altro io non merito che di essere colpito e punito, per averti offeso, spesso e in grave modo, e per avere, in molte occasioni peccato grandemente. Dunque, a conti fatti, in verità, io non sono meritevole del minimo tuo conforto. Ma tu, Dio clemente e pietoso, per manifestare l'abbondanza della tua bontà in copiosa misericordia, non vuoi che l'uomo, opera della tue mani, perisca; inoltre ti degni di consolare il tuo servo, anche al di là di ogni merito, in modo superiore all'umano: ché non somigliano ai discorsi degli uomini, le tue parole consolatrici. O Signore, che cosa ho fatto perché tu mi abbia a concedere qualche celeste conforto? Non rammento di aver fatto nulla di buono; rammento invece di essere sempre stato facile al vizio e tardo all'emendamento. Questa è la verità; non posso negarlo. Se dicessi il contrario, tu ti porresti contro di me, e nessuno verrebbe a difendermi. Che cosa ho meritato con i mie peccati, se non l'inferno e il fuoco eterno?

2. Sinceramente lo confesso, io sono meritevole di essere vituperato in tutti i modi, e disprezzato, non già di essere annoverato tra i tuoi fedeli. Anche se questo me lo dico con dolore, paleserò chiaramente, contro di me, per amore di verità, i miei peccati, così da rendermi degno di ottenere più facilmente la tua misericordia. Che dirò, colpevole quale sono, e pieno di vergogna? Non ho la sfrontatezza di pronunziare parola; se non questa soltanto: ho peccato, Signore, ho peccato, abbi pietà di me, dammi il tuo perdono. "Lasciami un poco; lascia che io pianga tutto il mio dolore, prima di andare nel luogo della tenebra, coperto dalla caligine della morte" (Gb 10,20s). Che cosa chiedi massimamente dal colpevole, dal misero peccatore, se non che egli si penta e si umilii per le sue colpe? Dalla sincera contrizione e dall'umiliazione interiore sboccia la speranza del perdono, e ritrova se stessa la coscienza sconvolta; l'uomo riacquista la grazia perduta e trova riparo dall'ira futura. Dio e l'anima penitente si incontrano in un vicendevole santo bacio. Sacrificio a te gradito, o Signore - sacrificio che odora, al tuo cospetto, molto più soave del profumo dell'incenso - è l'umile sincero pentimento dei peccatori. E' questo pure l'unguento gradito che hai voluto fosse versato sui tuoi sacri piedi, giacché tu non hai disprezzato "un cuore contrito ed umiliato" (Sal 50,19). In questo sincero pentimento si trova rifugio dalla faccia minacciosa del nemico. Con esso si ripara e si purifica tutto ciò che, da qualche parte, fu deturpato e inquinato.


DISCORSO 293/D SUL NATALE DI SAN GIOVANNI BATTISTA

Discorsi - Sant'Agostino

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Testimonianza del Signore su Giovanni e di questi sul Signore. Si dà lettura di Act 13, 25

1. È grande la testimonianza che dà il Signore stesso di Giovanni il battezzatore - non dell'Evangelista - del quale oggi celebriamo il giorno della nascita, il celebre giorno. Afferma infatti di lui il nostro Salvatore, il Signore suo e nostro... e che altro afferma di lui se non la Verità? Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista 1. Ecco chi riguarda la solennità che oggi viene celebrata: colui del quale uno più grande non è sorto tra i nati di donna. Ma proprio il Signore proseguì affermando: ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui 2. Che vuol dire più piccolo di lui? Minore quanto all'età, più grande in potenza. Giovanni, uomo di somma elevatezza, pur tuttavia uomo; ma nei riguardi di Cristo Signore, è ben poco dire di somma elevatezza in quanto è Dio uomo. Abbiamo riferito la testimonianza del Signore riguardo a Giovanni, dobbiamo dire della testimonianza di Giovanni riguardo al Signore. Richiamate alla memoria, ricordate la testimonianza resa dal Signore a Giovanni e che ho riportato, secondo la quale tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista. Questo è quanto ha detto Gesù di Giovanni; e Giovanni che ha detto di Gesù? Notate per prima cosa come trovava conferma la testimonianza del Signore nei riguardi di Giovanni. Questi era ritenuto il Cristo e, con la proclamazione della lettura tratta dagli Atti degli Apostoli, ne avete ascoltato la narrazione e il commento e che Giovanni abbia detto: Che pensate che io sia? Io non sono il Cristo 3. L'abbaglio degli uomini supponeva di più, ma l'umiltà riconosceva quel che era. E notate con quanta facilità l'errore degli uomini si prestò all'abuso di potersi esibire al posto di Cristo. Non lo fece, meritatamente grande, superiore nella confessione e non in un superbo nitrire. Non sarebbe forse riuscito a convincerli di essere il Cristo? Già lo credevano; avrebbe confermato la loro opinione: avrebbe detto il falso quanto a ciò che era, ammettendo di esser ciò che non era. E se lo avesse fatto, dove sarebbe? Voi avete inviato messaggeri a Giovanni - disse il Signore Gesù ai Giudei - egli era una lucerna che arde e risplende e voi avete voluto solo per un momento rallegrarvi alla sua luce: io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni 4. Eccellente lucerna: giustamente se ne fuggì al di sotto di una pietra per non essere spenta dal vento della superbia.

Giovanni non è discepolo del Signore, anzi ha discepoli suoi. Testimone di Cristo il più grande degli uomini.

2. Notate dunque, carissimi, quanta sia stata la grandezza di Giovanni, e come ebbe conferma ciò che di lui disse il Signore: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battezzatore. Certo, Cristo era il Signore, anzi, è il Signore, che era prima di Giovanni, che era prima di Abramo, che era prima di Adamo, che era prima del cielo e della terra, perché tutte le cose sono state fatte per mezzo di lui 5; era indubbiamente il Signore, e Dio si trovava sulla terra, e il Verbo era diventato carne 6; e, tuttavia, Giovanni non è annoverato tra i suoi discepoli. Richiamate alla memoria i nomi dei discepoli, dal primo all'ultimo. Vi si trova un Giovanni, ma è l'Evangelista, non il battezzatore: costui, dunque, per quel che appare all'esterno, non era discepolo di Cristo, anzi, anche al tempo di Cristo, egli radunava discepoli. Inoltre i Giudei, a proposito dei discepoli di Giovanni, ingiuriavano i discepoli di Cristo, e andavano spargendo calunnie fino a dire: Perché i discepoli di Giovanni non digiunano e i tuoi discepoli non digiunano? 7 Cristo aveva discepoli, anche Giovanni ne aveva; battezzava Giovanni, battezzava anche Cristo. È tra i nati di donna che nessuno è sorto più grande di Giovanni il battezzatore; nondimeno simile ad un rivale che si circonda di discepoli, in apparenza in opposizione a Cristo, pur tuttavia a favore di Cristo. Proprio perché aveva così grande prestigio da poter essere ritenuto il Cristo, dovette rendere testimonianza a Cristo. Colui al quale dà testimonianza l'uomo d'eccezione è più che uomo. Non sono chi voi credete. In verità sono assai dotato perché siate indotti a credere questo: non sono chi voi credete. E tu chi sei? 8 gli si disse. Io sono voce di uno che grida nel deserto: preparate al via al Signore 9. Guardate il precursore, accettate chi prepara la via, temete il Giudice. Preparate la via al Signore, raddrizzate i suoi sentieri: ogni monte e colle saranno abbassati ed ogni valle sarà colmata, i luoghi scoscesi saranno livellati e le asperità diventeranno pianure, ed ogni uomo vedrà la salvezza di Dio 10. Non me, ma la salvezza di Dio. Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio. La lucerna dà testimonianza al giorno perché il giorno è Cristo. Che è Giovanni? Lucerna. Ma che bisogno c'era della lucerna? Perché il giorno era nascosto: si nascondeva finché diventasse manifesto: infatti si sarebbe manifestato solo perché era nascosto. Se l'avessero conosciuto non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria 11.

Cristo Parola e voce.

3. E tuttavia, non durando a lungo a resistere al "giorno", i Giudei prendono un abbaglio nei confronti della "lucerna": sono mandati dei messaggeri a Giovanni. Questi disse: Non sono io; in mezzo a voi c'è uno che è più grande di me. Di quanto più grande? In verità Cristo Signore aveva detto che tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il battezzatore 12; ma il più piccolo - diceva di se stesso per il fatto di esser nato più tardi - nel regno dei cieli è più grande di lui 13. Si disse più piccolo, non disse di quanto più grande. Da parte mia, perché non sembri che voglia sottrarre qualcosa, in quanto anch'esso costituisce un significato valido, e senza che mi allontani dalla verità, dirò inoltre questo: Proprio nelle parole - con le quali il Signore afferma che tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il battezzatore, ma chi è il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui - si trova un altro significato per via di una diversa esplicazione del contesto, nel caso tu voglia risolvere il: Tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni Battista, ma chi è il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui, così da intendere che nel regno dei cieli ci sono i santi angeli e che è detto: quello che fra i santi angeli è il più piccolo, è più grande di tutti gli uomini. Sia quel significato, sia questo, non è incompatibile con la fede, in quanto è vero e che Cristo è minore in età, più grande in potenza; ed è vero pure che, per quanto l'uomo possa essere eminente, egli è da meno del più piccolo degli angeli. Ascoltiamo tuttavia da Giovanni quanto più grande egli abbia riconosciuto il Signore Gesù. Poiché egli disse: Chi viene dopo di me è più grande di me 14, vieni a sapere che è più grande di me, tu domandi quanto più grande. Se accade che taccia, entriamo in sospetto, ma fidiamoci senza esitare: infatti, Giovanni è il servo, Cristo è il Signore. Dica Giovanni quanto: Non sono degno - dice - di sciogliere il legaccio del suo sandalo 15. Quanto non si sarebbe umiliato riconoscendosene degno! Se quello sta in piedi o seduto e tu vai sciogliendo il legaccio del sandalo, io capisco: quello è il Signore e tu il servo. È ancor poco questo, dice Giovanni, non sono degno nemmeno di questo! Allora, se possibile, rendici ragione del fatto che non sei dei discepoli di lui ed hai raccolto dei discepoli indipendentemente da lui. Io - dice Giovanni - io non sono dei discepoli di lui; lo sono, ma non vedete dove. Chi possiede la sposa è lo sposo 16. La voce di Giovanni è a servizio di Cristo Signore: Chi possiede la sposa è lo sposo, ma l'amico dello sposo sta lì e lo ascolta 17. Senza dubbio non è un suo discepolo: certamente servo alla presenza di lui, amico per degnazione di lui. Disse infatti anche ai suoi discepoli: Non vi chiamo più servi, ma amici 18. Notate tuttavia il discepolo nella parte più interna, in occulto e nel segreto del santuario. L'amico dello sposo sta lì e lo ascolta. Deve stare in piedi e deve ascoltare: perché se non avesse ascoltato, sarebbe caduto e sarebbe stato simile a colui del quale il Signore stesso dice: egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità 19. In realtà il diavolo non stette in piedi e cadendo fu condannato egli che fa precipitare. Giovanni, invece, è stato in piedi e lo ha ascoltato. E che ne è seguito? Ed esulta di gioia alla voce dello sposo 20. Egli è la Parola, io sono la voce 21, dice Giovanni. È "voce" ed esulta di gioia alla voce dello sposo. Tu "voce", infatti, egli è la Parola; ma egli e parola e voce. Perché il Signore è parola e voce? Perché il Verbo si è fatto carne 22. Infatti, come la parola che genera la nostra mente è all'interno di essa ed è nascosta a coloro che sono al di fuori di noi, così ora: quel che dirò vi si nasconde, ma non è nascosto a me; la parola è già nella mia mente, ma, perché vi raggiunga, assume la voce e ciò che era occulto in me giunge fino a te e, intanto, non è che si allontani da me nel pervenire a te. Se è così nella mia parola, che dire del Verbo di Dio? Egli era presso il Padre, era nascosto presso il Padre; per venire a noi, assunse quale voce la carne, per cui giunse fino a noi e non si allontanò dal Padre. Anche i Giudei lo ascoltarono dire queste cose, ascoltarono pure Giovanni che ne parlava: Noi tutti abbiamo ricevuto dalla sua pienezza 23. Che vuol dire "noi tutti"? Era il patriarca, era il profeta, era chiunque giusto, era qualsiasi predicatore, era Giovanni stesso, del quale non era sorto uno più grande tra i nati di donna 24; tutti hanno bevuto a quella sorgente, perciò hanno potuto render fuori di tali cose.

Predetta nel salmo, compiuta nel Vangelo l'erronea individuazione dei Giudei.

4. Essendo nascosto "il giorno", i Giudei ostili sono posti in imbarazzo dalla presenza della "lucerna". E rimasero confusi in pieno. Notate come interpellarono una volta il Signore stesso dicendo: Fino a quando ci tieni con l'animo sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi chiaramente 25. Miravano alla calunnia, non cercavano la verità. Per quanto tempo - dicono - ci tieni con l'animo sospeso? Se tu sei il Cristo, dillo a noi chiaramente. Ed egli a loro: Vi pongo anch'io una domanda, ditemi: da dove viene il battesimo di Giovanni? Dal cielo o dagli uomini? 26. Fu un lampo di sapienza e rimase mortificata l'avventatezza; quanti lo avevano interpellato tornarono in sé. Quelli che si fecero avanti intenzionati alla calunnia, retrocedettero imbarazzati; dissero tra loro o tra sé: Se avremo detto: dal cielo, ci risponderà: perché non gli avete creduto 27 quando ha dato testimonianza di me? Se gli avete creduto perché mi interrogate? Se avremo detto: dal cielo, questo ci risponderà tra sé: perché non gli avete creduto? Se avremo detto: dagli uomini, abbiamo timore di essere lapidati dalla folla 28. Infatti tutto il popolo giudaico considerava Giovanni un profeta. Perciò, con la lucerna davanti al giorno, accorgendosi che dando una delle due risposte avrebbero condannato se stessi, risposero: Non sappiamo 29. Per il fatto che sapevano, risposero: Non sappiamo. E il Signore: Neanch'io vi dico con quale potere faccio queste cose 30. Che avranno detto? che avranno risposto? Senza dubbio rimasero svergognati e si compì la profezia di chi dice nel Salmo: Ho preparato una lucerna al mio Cristo 31. Riflette in qual tempo fu detta e quando si è adempiuta. Nel Salmo potete leggere quando fu detta e, nel Vangelo, quando si è adempiuta. Ho preparato una lucerna al mio Cristo? A che scopo? Per confondere i suoi nemici 32. Che ostinata confusione! ogni giorno provano confusione e non si convertono.

È da Dio ogni nostro merito; ci è proprio il nostro male. Dio cresce in noi quando giungiamo a conoscerlo.

5. Quanto a noi, carissimi, che siamo stati innestati al posto dei rami recisi, - così infatti dice l'Apostolo - ascoltiamolo, non alimentiamo in noi la presunzione; in tutto ciò che siamo di buono, riconosciamo il dono di Dio, attribuiamo a noi stessi ciò per cui siamo cattivi. Ha l'animo retto chi, nei suoi beni, loda il solo Dio e, nei suoi mali, non offende Dio. Infatti, in qualunque modo ci tratti, Dio opera consapevolmente: nessuno è più buono di lui, nessuno più sapiente, nessuno più potente. Ci ha fatti venire tutti e ripensate da che cosa. Ci ha liberati dagli idoli, ci ha liberati dalla schiavitù dei demoni, da tanti sacrilegi. A che dobbiamo questo? A che devo - dice Elisabetta - che la madre del mio Signore venga a me? 33 In quanto uomini, umiliamoci e non vantiamoci che nel Signore perché egli sia esaltato; per crescere in lui dobbiamo diminuire noi stessi. Considerate l'uomo più eccellente: che disse di Cristo egli, di cui non è sorto uno più grande tra i nati di donna? Bisogna che egli cresca e che io, invece, diminuisca 34. Dio cresca, l'uomo diminuisca. E come può crescere il Perfetto? Che cosa manca a Dio per cui è soggetto a crescita? Dio cresce in te quando tu lo comprendi. Nota dunque l'umiltà dell'uomo e la sublimità di Dio. Bisogna che egli cresca, dice, e che io, invece, diminuisca. Lo hanno dimostrato le date di nascita di entrambi. È nella luce che si opera e lo attesta il "sole" stesso: da oggi decresce la luce del giorno, dalla nascita del Signore la luce va crescendo. Bisogna che egli cresca ed io, invece, diminuisca. Infatti il Signore Gesù Cristo che regge e dà vita alla creatura, governa il mondo, è il Fattore degli astri, colui che regola i tempi, poiché nacque quando volle, scelse per sé il giorno della nascita a farsene un segno indicativo ed egli fissò pure il giorno al suo Precursore. In costui volle che si scorgesse l'uomo, in sé Dio. L'uomo deve diminuire, Dio deve crescere. Questo indicano le loro passioni. Giovanni fu decapitato, Cristo fu innalzato sulla croce. Perciò, Fratelli, concluderò inoltre brevemente. Si possono dire molte cose nei riguardi di S. Giovanni il Battista; ma, da parte nostra non riusciamo a dir tutto e voi ad ascoltare. Ora, quindi, concluderò in breve: l'uomo si umili e Dio venga esaltato. Chi si vanta, si vanti nel Signore 35.

 

1 - Mt 11, 11.

2 - Mt 11, 11.

3 - At 13, 25.

4 - Gv 5, 33.35-36.

5 - Gv 1, 3.

6 - Mc 2, 18.

7 - Cf. Gv 1, 14.

8 - Gv 1, 22.

9 - Gv 1, 23.

10 - Is 40, 3-5.

11 - 1 Cor 2, 8.

12 - Mt 11, 11.

13 - Mt 11, 11.

14 - Gv 1, 27.

15 - Gv 1, 27.

16 - Gv 3, 29.

17 - Gv 3, 29.

18 - Gv 15, 15.

19 - Gv 8, 44.

20 - Gv 3, 29.

21 - Gv 1, 23.

22 - Gv 1, 14.

23 - Gv 1, 16.

24 - Mt 11, 11.

25 - Gv 10, 24.

26 - Lc 20, 3-4.

27 - Lc 20, 5.

28 - Lc 20, 6.

29 - Lc 20, 7.

30 - Lc 20, 8.

31 - Sal 131, 17.

32 - Sal 131, 18.

33 - Lc 1, 43.

34 - Gv 3, 30.

35 - 2 Cor 10, 17.


16 - L'età che aveva la Regina del cielo quando morì san Giuseppe.

La mistica Città di Dio - Libro quinto - Suor Maria d'Agreda

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886. La vita del più felice fra gli uomini, san Giuseppe, fu di sessant'anni ed alcuni giorni; a trentatré sposò Maria santissima e in sua compagnia ne visse poco più di ventisette. Quando il santo sposo morì, la gran Signora aveva quarantuno anni ed era entrata da pochi mesi nel quarantaduesimo: a quattordici, infatti, fu data in sposa a san Giuseppe e insieme ne vissero ventisette, più i mesi che trascorsero dall'otto settembre fino al felice transito di lui. La Regina del cielo si ritrovò a questa età con la medesima disposizione e perfezione naturale che aveva acquistato a trentatré anni, perché non invecchiò, né decadde da quello stato perfettissimo. Per la morte di san Giuseppe provò un naturale sentimento di dolore, perché lo amava come sposo, come santo tanto eccellente nella perfezione e come protettore e benefattore. Per la prudentissima Signora questa sofferenza, benché ben ordinata, non fu piccola; l'amore infatti, già grande, era reso ancor maggiore dalla conoscenza del grado di santità che il suo sposo aveva tra i più illustri santi scritti nel libro della vita e nella mente dell'Altissimo. E se ciò che si ama di cuore non si perde senza dolore, il cordoglio per la perdita di ciò che si ama molto sarà maggiore.

887. Non è nell'intento di questa Storia scrivere di proposito le meraviglie della santità di san Giuseppe, né io ho l'ordine di farlo più di quanto sia necessario per meglio manifestare la dignità della sua sposa e nostra Regina, ai meriti della quale, dopo quelli del suo santissimo Figlio, si devono attribuire i doni e le grazie che l'Altissimo pose nel glorioso patriarca. E se anche la divina Signora non fosse stata la causa meritoria o lo strumento della santità del suo sposo, fu per lo meno il fine immediato al quale questa venne destinata; infatti, il Signore comunicò al suo servo Giuseppe la pienezza di virtù e di grazia necessaria affinché fosse degno sposo e custode di colei che si sceglieva come Madre. La santità di san Giuseppe, quindi, si deve misurare partendo da questo criterio e dall'amore e dalla stima che lo stesso Signore ebbe per la sua Madre santissima. Conformemente a tale pensiero credo che, se nel mondo vi fosse stato un uomo più perfetto e di qualità migliori, quello senza dubbio il Signore avrebbe dato a sua Madre come sposo; e siccome Dio la diede al patriarca san Giuseppe, costui dovette essere incontestabilmente il migliore su tutta la terra. Avendolo creato e preparato per fini tanto sublimi, è certo che la sua potente destra lo dovette rendere adatto e all'altezza di essi; la misura della luce divina doveva essere in relazione alla santità, alle virtù, ai doni, alle grazie e alle inclinazioni infuse e naturali.

888. Tra questo grande patriarca e gli altri santi noto una differenza. Infatti a molti di loro furono dati altri favori e privilegi, non tutti ordinati alla santità personale ma al servizio del Signore negli uomini; erano cioè grazie "gratis datae". In san Giuseppe, al contrario, i doni erano tutti finalizzati ad aumentare virtù e santità: quanto più egli era perfetto ed angelico, tanto più era adatto ad essere lo sposo di Maria santissima e il depositario del tesoro e del mistero del cielo; tutta la sua persona doveva essere un miracolo di santità, e lo fu. Questa meraviglia, per una particolare provvidenza del Signore, incominciò in lui fin dal grembo materno: il suo corpo fu dotato di temperamento equilibrato, di eccellenti qualità, di attitudine alla virtù, affinché subito fosse terra benedetta e ricevesse in sorte un'anima buona e delle inclinazioni rette. Egli fu santificato nel grembo di sua madre nel settimo mese; per tutta la vita gli restò legato il fomite del peccato e non ebbe mai moto impuro o sregolato; inoltre, benché in questa prima santificazione non gli fosse dato l'uso della ragione, ma la sola giustificazione dal peccato originale, sua madre sentì un nuovo giubilo nello Spirito Santo. Senza comprendere tutto il mistero, ella fece grandi atti di virtù e pensò che il figlio che portava in seno sarebbe stato ammirabile agli occhi di Dio e degli uomini.

889. San Giuseppe venne alla luce molto bello e perfetto, e suscitò in genitori e congiunti una gioia straordinaria, simile a quella che vi fu alla nascita del Battista, anche se la causa di tale gaudio fu più misteriosa. Già a tre anni gli fu concesso il perfetto uso della ragione, attraverso la scienza infusa e un nuovo aumento di grazia. Da quel momento il bambino cominciò a conoscere Dio per mezzo della fede e mediante la conoscenza naturale il Signore gli si rivelò anche come causa prima ed autore di tutte le cose, per cui ascoltava con attenzione e capiva profondamente ciò che si diceva dell'Altissimo e delle sue opere. Fin da allora ebbe il sublime dono dell'orazione e della contemplazione e l'ammirabile esercizio delle virtù, conformemente alla sua età. A tre anni, quindi, san Giuseppe era già uomo perfetto nell'uso della ragione - che comunemente si raggiunge intorno ai sette anni - e nella santità. Era di indole dolce, caritatevole, affabile, sincera, in tutto mostrava inclinazioni non solamente sante ma angeliche e, crescendo sempre più nella perfezione, giunse con una vita irreprensibile all'età in cui si sposò con Maria santissima.

890. Dopo le nozze intervennero le preghiere della divina Signora affinché gli venissero accresciuti i doni della grazia e fosse confermato in essa. Ella supplicò con insistenza l'Altissimo che, se le ordinava di sposarsi, santificasse il suo sposo Giuseppe per conformarlo ai suoi castissimi pensieri e desideri. Il Signore le fece sapere che la esaudiva e con la forza del suo braccio onnipotente operò copiosamente nello spirito e nelle facoltà del patriarca san Giuseppe effetti tanto divini che non si possono esprimere a parole; lo rivestì di tutte le virtù e di tutti i suoi doni. Inoltre, lo purificò di nuovo e lo ricolmò di grazia, confermandolo mirabilmente in essa. Nella castità il santo sposo fu esaltato più dei più alti serafini, perché la purezza che essi hanno senza il corpo fu concessa a san Giuseppe in un corpo corruttibile e in una carne mortale; mai entrò nelle sue facoltà immagine o specie di cosa impura della natura animale e sensibile. Essendo stato preservato da tutto questo, con una sincerità cristallina ed angelica, egli venne preparato a stare in compagnia e alla presenza della purissima fra tutte le creature; senza tale privilegio, infatti, non sarebbe stato all'altezza di una così grande dignità.

891. Nelle altre virtù fu ammirabile e singolare, specialmente nella carità, come chi si trova alla fonte per dissetarsi di quell'acqua viva che zampilla per la vita eterna o come materia che, vicino al fuoco, s'infiamma senza alcuna resistenza. La più grande esaltazione di questa virtù nel nostro santo si realizzò in quel che ho narrato nel capitolo precedente, giacché l'amore di Dio lo fece ammalare e fu proprio questo lo strumento che tagliò il filo della sua vita, rendendolo privilegiato nella morte. Le dolci angosce dell'amore, infatti, sorpassarono e quasi assorbirono quelle della natura, e queste operarono meno di quelle. Inoltre, siccome il santo ebbe così vicino l'oggetto del suo amore, Cristo nostro Signore e sua Madre, più di quanto abbia potuto o possa averli qualsiasi altro mortale, era inevitabile che quel candidissimo e purissimo cuore si consumasse tutto in affetti ed in effetti della più singolare carità. Benedetto sia l'Autore di meraviglie così grandi e benedetto sia il più felice tra i mortali, nel quale tutte queste meraviglie furono operate degnamente! È ben giusto che le nazioni e le generazioni lo conoscano e benedicano, poiché con nessun'altra creatura il Signore fece tali cose e a nessun'altra manifestò tanto il suo amore.

892. Delle visioni e rivelazioni divine con le quali fu favorito san Giuseppe ho detto qualcosa in tutto il corso di questa Storia; esse furono molto più di quelle che si possono raccontare, ma il di più sta nel fatto che egli conobbe i misteri di Cristo nostro Signore e della sua Madre santissima e visse in loro compagnia tanti anni, venendo considerato padre del medesimo Signore e vero sposo della Regina lo ho compreso alcuni privilegi che l'Altissimo gli concesse per la sua santità a vantaggio di quelli che degnamente lo invocheranno come loro intercessore. Il primo privilegio è finalizzato ad ottenere la virtù della castità e a vincere i pericoli della sensualità. Il secondo a conseguire aiuti potenti per allontanarsi dal peccato e tornare all'amicizia di Dio. Il terzo ad acquistare per suo tramite la devozione a Maria santissima e fruire della sua intercessione. Il quarto ad ottenere una buona morte ed essere in quell'ora difesi dal demonio. Il quinto a far sì che gli stessi demoni temano di udire il nome di san Giuseppe. Il sesto a conseguire la salute del corpo e il rimedio in altre tribolazioni. Il settimo privilegio è finalizzato ad ottenere discendenza nelle famiglie. Dio elargisce questi e molti altri benefici a quelli che lo pregano debitamente per l'intercessione di san Giuseppe, sposo della nostra Regina, ed io chiedo a tutti i fedeli figli della santa Chiesa di essergli molto devoti; così, se si disporranno adeguatamente a meritarle e riceverle, sperimenteranno queste grazie.

 

Insegnamento della Regina del cielo

893. Figlia mia, benché tu abbia scritto che il mio sposo Giuseppe è il più nobile fra i santi e i principi della celeste Gerusalemme, tu non puoi adesso manifestare la sua eminente santità, né i mortali possono comprenderla prima di arrivare alla visione di Dio, quando con meraviglia e a lode del Signore stesso diverranno capaci di questo mistero. E nell'ultimo giorno gli infelici dannati piangeranno amaramente per non aver conosciuto, a causa dei loro peccati, questo mezzo così potente ed efficace per la loro salvezza e per non essersene serviti al fine di guadagnarsi l'amicizia del giusto giudice. I figli di questo mondo hanno ignorato i privilegi e le prerogative che il Signore onnipotente concesse al mio santo sposo e quanto valga la sua intercessione presso sua Maestà e presso di me: ti assicuro, infatti, o carissima, che alla presenza dell'Altissimo egli è uno dei più potenti nel trattenere la giustizia divina contro i peccatori.

894. Voglio che tu sia molto grata al Signore per la sua magnanimità e che tu gli renda lode per la conoscenza e la luce che hai ricevuto di questo mistero. In avvenire, inoltre, procura di crescere nella devozione e nell'amore verso il mio santo sposo e di benedire l'Onnipotente sia per quanto generosamente gli donò, sia per la gioia che io ebbi di conoscerlo. In tutte le tue necessità ricorri alla sua intercessione, invita quanti potrai alla sua devozione e fa' in modo che le tue religiose vi si distinguano, poiché tutto ciò che il mio sposo domanda in cielo l'Altissimo lo concede sulla terra, e alle sue richieste e parole tiene vincolati grandi e straordinari favori per gli uomini, se essi non si rendono indegni di riceverli. Tali privilegi corrispondono alla candida perfezione di questo ammirevole santo e alle sue eccelse virtù; la divina clemenza, infatti, si piegò ad esse e lo guardò con grande liberalità per concedere ammirabili misericordie a lui e a quelli che si varranno del suo aiuto.


7-23 Giugno 23, 1906 L’ubbidienza la fa continuare a vivere nel mondo come vittima.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando a sentirmi male avevo detto al confessore ciò che ho scritto innanzi, tacendo qualche cosa che riguardano a queste stesse cose, parte per la debolezza estrema che vi sentivo, non avendo forza a parlare, e parte per timore che l’ubbidienza mi potesse fare qualche tranello. Oh! Dio Santo, che timore, Dio solo sa come vivo, vivo morendo continuamente, e l’unico mio sollievo sarebbe il morire per ritrovare la mia vita in Dio, eppure l’ubbidienza che la vuol fare da crudo carnefice, e tenermi a morire continuamente e non già a vivere per sempre in Dio. Oh! ubbidienza, quanto tu sei terribile e forte. Onde il confessore mi ha detto che non permetteva, e doveva dire al Signore che l’ubbidienza non voleva. Che pena amarissima! Onde trovandomi nel mio solito stato vedevo Nostro Signore, ed il confessore che lo pregava che non mi facesse morire. Io temendo che gli desse retta, piangevo, ed il Signore ha detto:

(2) “Figlia, stati cheta, non affliggermi col tuo pianto, Io ho tutta la ragione di portarti, perché voglio flagellare il mondo, e per riguardo di te e delle tue sofferenze mi sento come legato. Il confessore ha pure ragione di volerti tenere in terra, perché povero mondo, povero Corato, nello stato in cui si trova, che cosa ne sarà di esso se nessuno lo protegge, ed anche per lui stesso, perché stando tu, Io me ne servo per mezzo tuo, quando direttamente dicendo qualche cosa che gli riguarda, e quando indirettamente di richiamarlo, quando di spingerlo, quando di distornarlo di far cosa che a Me non piacesse; onde chiamandoti a Me, me ne servirò per mezzo delle sofferenze. Però, coraggio, che come stanno le cose, Io mi sento più disposto a contentare te che il confessore, ed Io stesso saprò cambiare la sua volontà”.

(3) Onde mi sono trovata in me stessa, senza dire che l’ubbidienza non voleva; non mi pareva necessario il dirlo, perché vedendo il confessore insieme con Nostro Signore, mi pareva che già sapesse tutto.