Sotto il Tuo Manto

Martedi, 3 giugno 2025 - San Carlo Lwanga (Letture di oggi)

Per me, non ho lumi se non per vedere il mio piccolo nulla; ma questo mi fa più bene dei lumi sulla fede. (Santa Teresina di Lisieux)

Liturgia delle Ore - Letture

Martedi della 4° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 2

1In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.2Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio.3Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città.4Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nàzaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme,5per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta.6Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto.7Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto per loro nell'albergo.
8C'erano in quella regione alcuni pastori che vegliavano di notte facendo la guardia al loro gregge.9Un angelo del Signore si presentò davanti a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande spavento,10ma l'angelo disse loro: "Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo:11oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore.12Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia".13E subito apparve con l'angelo una moltitudine dell'esercito celeste che lodava Dio e diceva:

14"Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e pace in terra agli uomini che egli ama".

15Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere".16Andarono dunque senz'indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, che giaceva nella mangiatoia.17E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.18Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano.19Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
20I pastori poi se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com'era stato detto loro.

21Quando furon passati gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall'angelo prima di essere concepito nel grembo della madre.

22Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore,23come è scritto nella Legge del Signore: 'ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore';24e per offrire in sacrificio 'una coppia di tortore o di giovani colombi', come prescrive la Legge del Signore.
25Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele;26lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore.27Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge,28lo prese tra le braccia e benedisse Dio:

29"Ora lascia, o Signore, che il tuo servo
vada in pace secondo la tua parola;
30perché i miei occhi han visto la tua salvezza,
31preparata da te davanti a tutti i popoli,
32luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele".

33Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui.34Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: "Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione35perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima".

36C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza,37era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere.38Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

39Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.40Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.

41I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua.42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza;43ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.44Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.47E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.48Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: "Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo".49Ed egli rispose: "Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?".50Ma essi non compresero le sue parole.

51Partì dunque con loro e tornò a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.52E Gesù 'cresceva' in sapienza, età 'e grazia davanti a Dio e agli uomini'.


Primo libro di Samuele 19

1Saul comunicò a Giònata suo figlio e ai suoi ministri di aver deciso di uccidere Davide. Ma Giònata figlio di Saul nutriva grande affetto per Davide.2Giònata informò Davide dicendo: "Saul mio padre cerca di ucciderti. Sta' in guardia da domani all'alba, sta' fermo in un luogo nascosto e non farti vedere.3Io uscirò e starò al fianco di mio padre nella campagna dove sarai tu e parlerò in tuo favore a mio padre. Vedrò ciò che succede e te lo farò sapere".4Giònata parlò difatti a Saul suo padre in favore di Davide e gli disse: "Non si macchi il re contro il suo servo, contro Davide, che non si è macchiato contro di te, che anzi ti ha reso un servizio molto grande.5Egli ha esposto la vita, quando sconfisse il Filisteo, e il Signore ha concesso una grande vittoria a tutto Israele. Hai visto e hai gioito. Dunque, perché pecchi contro un innocente, uccidendo Davide senza motivo?".6Saul ascoltò la voce di Giònata e giurò: "Per la vita del Signore, non morirà!".7Giònata chiamò Davide e gli riferì questo colloquio. Poi Giònata introdusse presso Saul Davide, che rimase al suo seguito come prima.
8La guerra si riaccese e Davide uscì a combattere i Filistei e inflisse loro una grande sconfitta, sicché si dettero alla fuga davanti a lui.9Ma un sovrumano spirito cattivo si impadronì di Saul. Egli stava in casa e teneva in mano la lancia, mentre Davide suonava la cetra.10Saul tentò di colpire Davide con la lancia contro il muro. Ma Davide si scansò da Saul, che infisse la lancia nel muro. Davide fuggì e quella notte fu salvo.
11Saul mandò messaggeri alla casa di Davide per sorvegliarlo e ucciderlo il mattino dopo. Mikal moglie di Davide lo avvertì dicendo: "Se non metti al sicuro la tua vita questa notte, domani sarai ucciso".12Mikal calò Davide dalla finestra e quegli partì di corsa e si mise in salvo.13Mikal prese allora i 'terafim' e li pose presso il letto. Mise dalla parte del capo un tessuto di pelo di capra e coprì il letto con una coltre.14Saul mandò dunque messaggeri a prendere Davide ma essa disse: "È malato".15Saul rimandò i messaggeri a vedere Davide con questo ordine: "Portatelo qui da me nel suo letto, perché lo faccia morire".16Tornarono i messaggeri ed ecco presso il letto c'erano i 'terafim' e il tessuto di pelo di capra dalla parte del capo.17Saul disse a Mikal: "Perché mi hai ingannato a questo modo e hai fatto fuggire il mio nemico, perché si mettesse in salvo?". Rispose Mikal a Saul: "Egli mi ha detto: Lasciami fuggire, altrimenti ti uccido".
18Davide dunque fuggì e si mise in salvo. Andò da Samuele in Rama e gli narrò quanto gli aveva fatto Saul; poi Davide e Samuele andarono ad abitare a Naiot.19La cosa fu riferita a Saul: "Ecco, Davide sta a Naiot presso Rama".20Allora Saul spedì messaggeri a catturare Davide, ma quando videro profetare la comunità dei profeti, mentre Samuele stava in piedi alla loro testa, lo spirito di Dio investì i messaggeri di Saul e anch'essi fecero i profeti.21Annunziarono a Saul questa cosa ed egli spedì altri messaggeri, ma anch'essi fecero i profeti. Saul mandò di nuovo messaggeri per la terza volta, ma anch'essi fecero i profeti.22Allora venne egli stesso a Rama e si portò alla grande cisterna che si trova a Secu e domandò: "C'è qui forse Samuele con Davide?". Gli risposero: "Eccoli: sono a Naiot di Rama".23Egli si incamminò verso Naiot di Rama, ma cadde anche su di lui lo spirito di Dio e andava avanti facendo il profeta finché giunse a Naiot di Rama.24Anch'egli si tolse gli abiti e continuò a fare il profeta davanti a Samuele; poi crollò e restò nudo tutto quel giorno e tutta la notte. Da qui è venuto il detto: "Anche Saul è tra i profeti?".


Siracide 8

1Non litigare con un uomo potente
per non cadere poi nelle sue mani.
2Non litigare con un uomo ricco,
perché egli non t'opponga il peso del suo danaro,
poiché l'oro ha corrotto molti
e ha fatto deviare il cuore dei re.
3Non litigare con un uomo linguacciuto
e non aggiungere legna sul suo fuoco.
4Non scherzare con l'ignorante,
perché non siano disprezzati i tuoi antenati.
5Non insultare un uomo convertito dal peccato,
ricòrdati che siamo tutti degni di pena.
6Non disprezzare un uomo quando è vecchio,
perché anche di noi alcuni invecchieranno.
7Non gioire per la morte di qualcuno;
ricòrdati che tutti moriremo.

8Non disdegnare i discorsi dei saggi,
medita piuttosto le loro massime,
perché da essi imparerai la dottrina
e potrai essere a servizio dei grandi.
9Non trascurare i discorsi dei vecchi,
perché anch'essi hanno imparato dai loro padri;
da essi imparerai l'accorgimento
e come rispondere a tempo opportuno.

10Non attizzare le braci del peccatore,
per non bruciare nel fuoco della sua fiamma.
11Non ritirarti dalla presenza del violento,
perché egli non ponga un agguato contro di te.
12Non imprestare a un uomo più forte di te;
quello che gli hai prestato, consideralo come perduto.
13Non garantire oltre la tua possibilità;
se hai garantito, preòccupati di soddisfare.
14Non muovere causa a un giudice,
perché giudicheranno in suo favore secondo il suo parere.
15Con un avventuriero non metterti in viaggio,
per paura che ti diventi insopportabile;
egli agirà secondo il suo capriccio
e andrai con lui in rovina per la sua insipienza.
16Non litigare con un irascibile
e non traversare con lui un luogo solitario,
perché ai suoi occhi il sangue è come nulla,
dove non c'è possibilità di aiuto ti assalirà.
17Non consigliarti con lo stolto,
perché non saprà mantenere un segreto.
18Davanti a uno straniero non fare nulla di riservato,
perché non sai che cosa ne seguirà.
19Con un uomo qualsiasi non aprire il tuo cuore
ed egli non abbia a portar via il tuo bene.


Salmi 65

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide. Canto.'

2A te si deve lode, o Dio, in Sion;
a te si sciolga il voto in Gerusalemme.
3A te, che ascolti la preghiera,
viene ogni mortale.
4Pesano su di noi le nostre colpe,
ma tu perdoni i nostri peccati.

5Beato chi hai scelto e chiamato vicino,
abiterà nei tuoi atrii.
Ci sazieremo dei beni della tua casa,
della santità del tuo tempio.
6Con i prodigi della tua giustizia,
tu ci rispondi, o Dio, nostra salvezza,
speranza dei confini della terra
e dei mari lontani.

7Tu rendi saldi i monti con la tua forza,
cinto di potenza.
8Tu fai tacere il fragore del mare,
il fragore dei suoi flutti,
tu plachi il tumulto dei popoli.
9Gli abitanti degli estremi confini
stupiscono davanti ai tuoi prodigi:
di gioia fai gridare la terra,
le soglie dell'oriente e dell'occidente.

10Tu visiti la terra e la disseti:
la ricolmi delle sue ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque;
tu fai crescere il frumento per gli uomini.
Così prepari la terra:
11Ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle,
la bagni con le piogge
e benedici i suoi germogli.
12Coroni l'anno con i tuoi benefici,
al tuo passaggio stilla l'abbondanza.

13Stillano i pascoli del deserto
e le colline si cingono di esultanza.
14I prati si coprono di greggi,
le valli si ammantano di grano;
tutto canta e grida di gioia.


Daniele 13

1Abitava in Babilonia un uomo chiamato Ioakìm,2il quale aveva sposato una donna chiamata Susanna, figlia di Chelkìa, di rara bellezza e timorata di Dio.3I suoi genitori, che erano giusti, avevano educato la figlia secondo la legge di Mosè.4Ioakìm era molto ricco e possedeva un giardino vicino a casa ed essendo stimato più di ogni altro i Giudei andavano da lui.5In quell'anno erano stati eletti giudici del popolo due anziani: erano di quelli di cui il Signore ha detto: "L'iniquità è uscita da Babilonia per opera di anziani e di giudici, che solo in apparenza sono guide del popolo".6Questi frequentavano la casa di Ioakìm e tutti quelli che avevano qualche lite da risolvere si recavano da loro.7Quando il popolo, verso il mezzogiorno, se ne andava, Susanna era solita recarsi a passeggiare nel giardino del marito.8I due anziani che ogni giorno la vedevano andare a passeggiare, furono presi da un'ardente passione per lei:9persero il lume della ragione, distolsero gli occhi per non vedere il Cielo e non ricordare i giusti giudizi.10Eran colpiti tutt'e due dalla passione per lei,11ma l'uno nascondeva all'altro la sua pena, perché si vergognavano di rivelare la brama che avevano di unirsi a lei.12Ogni giorno con maggior desiderio cercavano di vederla. Un giorno uno disse all'altro:13"Andiamo pure a casa: è l'ora di desinare" e usciti se ne andarono.14Ma ritornati indietro, si ritrovarono di nuovo insieme e, domandandosi a vicenda il motivo, confessarono la propria passione. Allora studiarono il momento opportuno di poterla sorprendere sola.
15Mentre aspettavano l'occasione favorevole, Susanna entrò, come al solito, con due sole ancelle, nel giardino per fare il bagno, poiché faceva caldo.16Non c'era nessun altro al di fuori dei due anziani nascosti a spiarla.17Susanna disse alle ancelle: "Portatemi l'unguento e i profumi, poi chiudete la porta, perché voglio fare il bagno".18Esse fecero come aveva ordinato: chiusero le porte del giardino ed entrarono in casa dalla porta laterale per portare ciò che Susanna chiedeva, senza accorgersi degli anziani poiché si erano nascosti.19Appena partite le ancelle, i due anziani uscirono dal nascondiglio, corsero da lei e le dissero:20"Ecco, le porte del giardino sono chiuse, nessuno ci vede e noi bruciamo di passione per te; acconsenti e datti a noi.21In caso contrario ti accuseremo; diremo che un giovane era con te e perciò hai fatto uscire le ancelle".22Susanna, piangendo, esclamò: "Sono alle strette da ogni parte. Se cedo, è la morte per me; se rifiuto, non potrò scampare dalle vostre mani.23Meglio però per me cadere innocente nelle vostre mani che peccare davanti al Signore!".24Susanna gridò a gran voce. Anche i due anziani gridarono contro di lei25e uno di loro corse alle porte del giardino e le aprì.
26I servi di casa, all'udire tale rumore in giardino, si precipitarono dalla porta laterale per vedere che cosa stava accadendo.27Quando gli anziani ebbero fatto il loro racconto, i servi si sentirono molto confusi, perché mai era stata detta una simile cosa di Susanna.
28Il giorno dopo, tutto il popolo si adunò nella casa di Ioakìm, suo marito e andarono là anche i due anziani pieni di perverse intenzioni per condannare a morte Susanna.29Rivolti al popolo dissero: "Si faccia venire Susanna figlia di Chelkìa, moglie di Ioakìm". Mandarono a chiamarla30ed essa venne con i genitori, i figli e tutti i suoi parenti.31Susanna era assai delicata d'aspetto e molto bella di forme;32aveva il velo e quei perversi ordinarono che le fosse tolto per godere almeno così della sua bellezza.33Tutti i suoi familiari e amici piangevano.
34I due anziani si alzarono in mezzo al popolo e posero le mani sulla sua testa.35Essa piangendo alzò gli occhi al cielo, con il cuore pieno di fiducia nel Signore.36Gli anziani dissero: "Mentre noi stavamo passeggiando soli nel giardino, è venuta con due ancelle, ha chiuse le porte del giardino e poi ha licenziato le ancelle.37Quindi è entrato da lei un giovane che era nascosto, e si è unito a lei.38Noi che eravamo in un angolo del giardino, vedendo una tale nefandezza, ci siamo precipitati su di loro e li abbiamo sorpresi insieme.39Non abbiamo potuto prendere il giovane perché, più forte di noi, ha aperto la porta ed è fuggito.40Abbiamo preso lei e le abbiamo domandato chi era quel giovane, ma lei non ce l'ha voluto dire. Di questo noi siamo testimoni".41La moltitudine prestò loro fede poiché erano anziani e giudici del popolo e la condannò a morte.42Allora Susanna ad alta voce esclamò: "Dio eterno, che conosci i segreti, che conosci le cose prima che accadano,43tu lo sai che hanno deposto il falso contro di me! Io muoio innocente di quanto essi iniquamente hanno tramato contro di me".44E il Signore ascoltò la sua voce.
45Mentre Susanna era condotta a morte, il Signore suscitò il santo spirito di un giovanetto, chiamato Daniele,46il quale si mise a gridare: "Io sono innocente del sangue di lei!".
47Tutti si voltarono verso di lui dicendo: "Che vuoi dire con le tue parole?".48Allora Daniele, stando in mezzo a loro, disse: "Siete così stolti, Israeliti? Avete condannato a morte una figlia d'Israele senza indagare la verità!49Tornate al tribunale, perché costoro hanno deposto il falso contro di lei".
50Il popolo tornò subito indietro e gli anziani dissero a Daniele: "Vieni, siedi in mezzo a noi e facci da maestro, poiché Dio ti ha dato il dono dell'anzianità".51Daniele esclamò: "Separateli bene l'uno dall'altro e io li giudicherò".52Separati che furono, Daniele disse al primo: "O invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce,53quando davi sentenze ingiuste opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi, mentre il Signore ha detto: Non ucciderai il giusto e l'innocente.54Ora dunque, se tu hai visto costei, di': sotto quale albero tu li hai visti stare insieme?". Rispose: "Sotto un lentisco".55Disse Daniele: "In verità, la tua menzogna ricadrà sulla tua testa. Già l'angelo di Dio ha ricevuto da Dio la sentenza e ti spaccherà in due".56Allontanato questo, fece venire l'altro e gli disse: "Razza di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore!57Così facevate con le donne d'Israele ed esse per paura si univano a voi. Ma una figlia di Giuda non ha potuto sopportare la vostra iniquità.58Dimmi dunque, sotto quale albero li hai trovati insieme?". Rispose: "Sotto un leccio".59Disse Daniele: "In verità anche la tua menzogna ti ricadrà sulla testa. Ecco l'angelo di Dio ti aspetta con la spada in mano per spaccarti in due e così farti morire".
60Allora tutta l'assemblea diede in grida di gioia e benedisse Dio che salva coloro che sperano in lui.61Poi insorgendo contro i due anziani, ai quali Daniele aveva fatto confessare con la loro bocca di aver deposto il falso, fece loro subire la medesima pena alla quale volevano assoggettare il prossimo62e applicando la legge di Mosè li fece morire. In quel giorno fu salvato il sangue innocente.63Chelkìa e sua moglie resero grazie a Dio per la figlia Susanna insieme con il marito Ioakìm e tutti i suoi parenti, per non aver trovato in lei nulla di men che onesto.64Da quel giorno in poi Daniele divenne grande di fronte al popolo.


Atti degli Apostoli 4

1Stavano ancora parlando al popolo, quando sopraggiunsero i sacerdoti, il capitano del tempio e i sadducei,2irritati per il fatto che essi insegnavano al popolo e annunziavano in Gesù la risurrezione dai morti.3Li arrestarono e li portarono in prigione fino al giorno dopo, dato che era ormai sera.4Molti però di quelli che avevano ascoltato il discorso credettero e il numero degli uomini raggiunse circa i cinquemila.
5Il giorno dopo si radunarono in Gerusalemme i capi, gli anziani e gli scribi,6il sommo sacerdote Anna, Caifa, Giovanni, Alessandro e quanti appartenevano a famiglie di sommi sacerdoti.7Fattili comparire davanti a loro, li interrogavano: "Con quale potere o in nome di chi avete fatto questo?".8Allora Pietro, pieno di Spirito Santo, disse loro: "Capi del popolo e anziani,9visto che oggi veniamo interrogati sul beneficio recato ad un uomo infermo e in qual modo egli abbia ottenuto la salute,10la cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo d'Israele: nel nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha risuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo.11Questo Gesù è

'la pietra che, scartata' da voi, 'costruttori,
è diventata testata d'angolo.'

12In nessun altro c'è salvezza; non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati".
13Vedendo la franchezza di Pietro e di Giovanni e considerando che erano senza istruzione e popolani, rimanevano stupefatti riconoscendoli per coloro che erano stati con Gesù;14quando poi videro in piedi vicino a loro l'uomo che era stato guarito, non sapevano che cosa rispondere.15Li fecero uscire dal sinedrio e si misero a consultarsi fra loro dicendo:16"Che dobbiamo fare a questi uomini? Un miracolo evidente è avvenuto per opera loro; esso è diventato talmente noto a tutti gli abitanti di Gerusalemme che non possiamo negarlo.17Ma perché la cosa non si divulghi di più tra il popolo, diffidiamoli dal parlare più ad alcuno in nome di lui".18E, richiamatili, ordinarono loro di non parlare assolutamente né di insegnare nel nome di Gesù.19Ma Pietro e Giovanni replicarono: "Se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui, giudicatelo voi stessi;20noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato".21Quelli allora, dopo averli ulteriormente minacciati, non trovando motivi per punirli, li rilasciarono a causa del popolo, perché tutti glorificavano Dio per l'accaduto.22L'uomo infatti sul quale era avvenuto il miracolo della guarigione aveva più di quarant'anni.

23Appena rimessi in libertà, andarono dai loro fratelli e riferirono quanto avevano detto i sommi sacerdoti e gli anziani.24All'udire ciò, tutti insieme levarono la loro voce a Dio dicendo: "Signore, tu che 'hai creato il cielo, la terra, il mare e tutto ciò che è in essi',25tu che per mezzo dello Spirito Santo dicesti per bocca del nostro padre, il tuo servo Davide:

'Perché si agitarono le genti
e i popoli tramarono cose vane?'
26'Si sollevarono i re della terra
e i principi si radunarono insieme,
contro il Signore e contro il suo Cristo;'

27davvero in questa città 'si radunarono' insieme contro il tuo santo servo Gesù, che hai unto come Cristo, Erode e Ponzio Pilato con le genti e i popoli d'Israele,28per compiere ciò che la tua mano e la tua volontà avevano preordinato che avvenisse.29Ed ora, Signore, volgi lo sguardo alle loro minacce e concedi ai tuoi servi di annunziare con tutta franchezza la tua parola.30Stendi la mano perché si compiano guarigioni, miracoli e prodigi nel nome del tuo santo servo Gesù".
31Quand'ebbero terminato la preghiera, il luogo in cui erano radunati tremò e tutti furono pieni di Spirito Santo e annunziavano la parola di Dio con franchezza.

32La moltitudine di coloro che eran venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola e nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune.33Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia.34Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l'importo di ciò che era stato venduto35e lo deponevano ai piedi degli apostoli; e poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno.

36Così Giuseppe, soprannominato dagli apostoli Bàrnaba, che significa "figlio dell'esortazione", un levita originario di Cipro,37che era padrone di un campo, lo vendette e ne consegnò l'importo deponendolo ai piedi degli apostoli.


Capitolo XXI: In Dio, al di sopra di ogni bene e di ogni dono, dobbiamo trovare la nostra pace

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1. O anima mia, in ogni cosa e al di sopra di ogni cosa, troverai riposo, sempre, nel Signore, perché lui stesso costituisce la pace dei santi, in eterno. Dammi, dolcissimo e amabilissimo Gesù, di trovare quiete in te. In te, al di sopra di ogni creatura, di ogni ben e di ogni bellezza; al di sopra di ogni gloria ed onore, potere e autorità; al di sopra di tutto il sapere, il più penetrante; al di sopra di ogni ricchezza e capacità; al di sopra di ogni letizia e gioia, e di ogni fama e stima degli uomini; al di sopra di ogni dolcezza, consolazione, speranza o promessa umana; al di sopra di ogni ambita ricompensa, di ogni dono o favore che, dall'alto, tu possa concedere; al di sopra di ogni motivo di gaudio e di giubilo, che mente umana possa concepire e provare; infine, al di sopra degli Angeli, degli Arcangeli e di tutte le schiere celesti, al di sopra delle cose visibili e delle cose invisibili, e di tutto ciò che non sia tu, Dio mio. In verità, o Signore mio Dio, tu sei eccellentissimo su ogni cosa; tu solo sei l'altissimo e l'onnipotente; tu solo dai ogni appagamento e pienezza e ogni dolcezza e conforto; tu solo sei tutta la bellezza e l'amabilità; tu solo sei, più d'ogni cosa, ricco di nobiltà e di gloria; in te sono, furono sempre e saranno, tutti quanti i beni, compiutamente. Perciò, qualunque cosa tu mi dia, che non sia te stesso, qualunque cosa tu mi riveli di te, o mi prometta, senza che io possa contemplare o pienamente possedere te, è ben poco e non mi appaga. Ché, in verità, il mio cuore non può realmente trovare quiete, e totale soddisfazione se non riposi in te, portandosi più in alto di ogni dono e di ogni creatura.  

2. Cristo Gesù, mio sposo tanto amato, amico vero, signore di tutte le creature, chi mi darà ali di vera libertà, per volare e giungere a posarmi in te? Quando mi sarà dato di essere completamente libero da me stesso e di contemplare la tua soavità, o Signore mio Dio? Quando mi raccoglierò interamente in te, cosicché, per amor tuo, non mi accorga di me stesso, ma soltanto di te, al di là del limite di ogni nostro sentire e in un modo che non tutti conoscono? Ma eccomi qui ora a piangere continuamente e a portare dolorosamente la mia infelicità. Giacché, in questa valle di miserie, molti mali mi si parano innanzi: sovente mi turbano, mi rattristano e mi ottenebrano; sovente mi intralciano il cammino o me ne distolgono, tenendomi legato e impacciato, tanto da non poter accostarmi liberamente a te, a godere del gioioso abbraccio, costantemente aperto agli spiriti beati. Che il mio sospiro e la grande e varia desolazione di questo mondo abbiano a commuoverti, o Gesù, splendore di eterna gloria, conforto dell'anima pellegrina. A te è rivolta la mia faccia; senza che io dica nulla, è il mio silenzio che ti parla. Fino a quando tarderà a venire il mio Signore? Venga a me, che sono il suo poverello, e mi dia letizia; stenda la sua mano e strappi me misera da ogni angustia. Vieni, vieni: senza di te non ci sarà una sola giornata, anzi una sola ora, gioiosa, perché la mia gioia sei tu, e vuota è la mia mensa senza di te. Un pover'uomo, io sono, quasi chiuso in un carcere e caricato di catene, fino a che tu non mi abbia rifatto di nuovo, con la tua presenza illuminante, mostrandomi un volto benevolo, e fino a che tu non mi abbia ridato la libertà. Vadano altri cercando altra cosa, invece di te, dovunque loro piaccia. Quanto a me, nulla mi è ora gradito, nulla mi sarà mai gradito, fuori di te, mio Dio, mia speranza e salvezza eterna. Né tacerò, o smetterò di supplicare, fino a che non torni a me la tua grazia e la tua parola non si faccia sentire dentro di me.  

3. Ecco, sono qua; eccomi a te, che mi hai invocato. Le tue lacrime, il desiderio dell'anima tua, la tua umiliazione e il pentimento del tuo cuore mi hanno piegato e mi hanno fatto avvicinare a te. Dicevo io allora: ti avevo invocato, Signore, avevo desiderato di godere di te, pronto a rinunciare ad ogni cosa per te; ma eri stato tu, per primo, che mi avevi mosso a cercarti. Sii dunque benedetto, o Signore, tu che hai usato tale bontà con questo tuo servo, secondo la grandezza della tua misericordia. Che cosa mai potrà dire ancora, al tuo cospetto, il tuo servo, se non parole di grande umiliazione dinanzi a te, sempre ricordandosi della propria iniquità e della propria bassezza? Non c'è, infatti, tra tutte le meraviglie del cielo e della terra, cosa alcuna che ti possa somigliare. Le tue opere sono perfette, e giusti i tuoi comandi; per la tua provvidenza si reggono tutte le cose. Sia, dunque, lode e gloria a te, o sapienza del Padre. La mia bocca, la mia anima e insieme tutte le cose create ti esaltino e ti benedicano.


LETTERA 187: Agostino, sebbene alquanto tardi, risponde a due quesiti di Dardano, prefetto delle Gallie.

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta verso la metà del 417.

Agostino, sebbene alquanto tardi, risponde a due quesiti di Dardano, prefetto delle Gallie (nn. 1-2) e cioè: 1) In qual modo attualmente è in cielo Cristo, che sulla croce assicurò al ladrone che quel giorno sarebbe stato con lui in paradiso (nn. 3-5); si propongono due soluzioni a) forse per il fatto che Cristo è presente dovunque, oppure: b) perché il paradiso è sito nel cielo (nn. 6-7). Esposta la distinzione delle due nature in Cristo (nn. 8-10), Agostino parla dell'immensità e dell'ubiquità di Dio (nn. 11-19) e del tempio di Dio inabitante nell'anima nostra (nn. 20-21; cf. nn. 35 e 41); 2) sui bambini in genere, se cioè abbiano l'uso di ragione, se conoscano Dio fin dal seno materno, dal momento che Giovanni sobbalzò di gioia nel ventre della madre alla presenza della Madre di Dio (nn. 22-27); si tratta infine della santificazione della Chiesa e dei fedeli, e dell'inabitazione dello Spirito Santo negli stessi fedeli (nn. 28-41).

AGOSTINO A DARDANO

Agostino si scusa del ritardo nel rispondere.

1. 1. Riconosco, carissimo fratello Dardano, per me più illustre a causa della carità di Cristo che non dell'alta dignità che hai in questo mondo, riconosco di rispondere alla tua lettera con più ritardo di quanto non avrei dovuto. Non chiedermi - ti prego - le cause di ciò, per non dovermi sopportare, mentre indugio a giustificarmi, più a malincuore di quanto non mi hai sopportato per il ritardo nel risponderti. Preferisco quindi che tu, anziché stare ad esaminare la fondatezza della mia difesa, perdoni senz'altro la mia offesa. Quali che ne siano stati i motivi, sta certo che da parte mia non c'è potuta essere la minima mancanza di stima nei tuoi riguardi. Al contrario, anzi, se ti avessi tenuto in poco o nessun conto, sarei stato assai sbrigativo nel risponderti. Ma nemmeno adesso, perché mi sono finalmente deciso a risponderti, sono riuscito per questo a comporre una buona volta almeno qualcosa degno d'esser letto da te e ch'io possa a buon diritto dedicarti; ma ho preferito inviarti subito una risposta quale che sia anziché lasciar passare ancora quest'estate senza soddisfare il mio debito. Non è valsa nemmeno la tua alta carica a incutermi soggezione e a ritardare la mia risposta, dal momento che è capace d'ispirare più simpatia la tua affabilità che non soggezione la tua dignità. Tuttavia, quanto più grande è il bene che ti voglio, tanto più mi è difficile trovare il modo di soddisfare l'ardente tuo desiderio della verità religiosa.

Gli manca il tempo per approfondire ardui quesiti.

1. 2. Ma a ciò si è aggiunto il fatto che, senza considerare il nostro ardente, reciproco affetto, che ci porta ad amare perfino persone mai viste quando crediamo che abbiano doti che ci piacciono - cosa questa riguardo alla quale tu mi hai prevenuto e l'hai fatto in modo ch'io temo di deludere l'opinione che tu hai di me e la tua aspettativa - senza contare ciò, nella tua lettera mi hai posto quesiti talmente difficili che, se anche fossero stati posti da un altro qualunque, mi procurerebbero un serio imbarazzo anche nel caso che avessi del tempo libero, mentre non ne ho affatto. Ora, invece, dato che i quesiti mi vengono posti da una persona penetrante ed acuta come te, a cui non è sufficiente una soluzione superficiale, dato inoltre che li poni a me che sono occupatissimo, assediato e soffocato da un mucchio d'altre faccende, lascio immaginare alla tua bontà e saggezza di quanta indulgenza io ho bisogno da parte tua non solo per aver tardato a risponderti, ma anche per il caso che la risposta che ti do adesso non corrisponderà all'elevatezza del tuo desiderio.

Primo quesito: Come adesso Cristo è in cielo.

2. 3. Mi chiedi dunque come ci possiamo raffigurare Gesù Cristo, uomo e Mediatore tra Dio e gli uomini 1, attualmente in cielo, dal momento che, mentre era appeso alla croce sul punto di morire, disse al buon ladrone: Oggi sarai con me in paradiso 2. Basandoti forse su questa espressione tu affermi che il paradiso deve intendersi per così dire immaginato in qualche parte del cielo oppure che, dal momento che Dio è in ogni luogo, anche l'Uomo-Dio è ugualmente dappertutto, volendo cioè far intendere che poté essere anche in paradiso Colui che è dappertutto.

Cristo è insieme Dio e uomo.

2. 4. A proposito di ciò ti domando o meglio comprendo come tu concepisci l'umanità di Cristo: non certo come alcuni eretici i quali credono ch'egli sia il Verbo di Dio e un corpo, cioè privo dell'anima umana, in modo che il Verbo fungerebbe da anima per quel corpo, oppure lo concepiscono come il Verbo di Dio e un'anima ed un corpo, ma privo dell'intelligenza umana in modo che il Verbo di Dio sarebbe al posto dell'intelligenza umana di quell'anima. Non certo così intendi tu l'umanità di Cristo, ma lo intendi come affermi poco prima del passo citato dicendo che tu credi che Cristo è Dio onnipotente in base alla norma della fede per cui non lo crederesti Dio, se non fossi convinto che è anche perfetto uomo. Col termine " perfetto uomo " tu vuoi intendere di certo ch'egli possiede la natura umana completa. Uno insomma non sarebbe perfetto uomo se al corpo mancasse l'anima o all'anima l'intelligenza umana.

Si spiega: Oggi sarai con me in paradiso.

2. 5. Se dunque pensiamo che le parole: Oggi sarai con me in paradiso sono state pronunciate in riferimento all'umanità assunta dal Verbo di Dio, da esse non si può concludere che il paradiso sia nel cielo, poiché quel giorno non si sarebbe trovato in cielo con la sua umanità ma negli inferi con l'anima, col corpo invece nel sepolcro. E per vero, che il suo corpo quel giorno fosse stato posto nel sepolcro lo attesta con estrema evidenza il Vangelo, che invece la sua anima scendesse agli inferi lo proclama la dottrina degli Apostoli 3, dal momento che S. Pietro a proposito di questo fatto cita la testimonianza dei Salmi, in cui mostra ch'era stato predetto quanto segue: Non abbandonerai la mia anima negl'inferi né permetterai che il tuo Santo subisca la corruzione 4. Di queste due affermazioni la prima riguarda l'anima che non fu abbandonata negli inferi, d'onde uscì ben presto, la seconda riguarda il corpo che nel sepolcro non poté corrompersi essendo risorto dopo brevissimo tempo. D'altra parte nessuno concepisce il paradiso collocato in un sepolcro. Ma se qualcuno fosse tanto dissennato da provarsi a difendere una simile opinione per il fatto che il sepolcro era in un giardino, verrebbe distolto dalla sua opinione almeno dal fatto che l'individuo cui fu detto: Oggi sarai con me in paradiso 5 non fu quel giorno nello stesso sepolcro con Cristo, né alla sua fede sarebbe stata offerta come un gran dono la sepoltura del corpo che, una volta morto, sarebbe stato incapace di provare alcuna sensazione di gioia o di dolore, mentre egli pensava a un riposo accompagnato dalla sensibilità.

Che significa discese agl'inferi.

2. 6. Se quindi la frase: Oggi sarai con me in paradiso, fu pronunciata in riferimento all'umanità, non resta se non intendere che il paradiso fosse negl'inferi ove Cristo sarebbe stato quel giorno con la sua anima. Quanto invece al " grembo di Abramo " nel quale il ricco malvagio fra i tormenti dell'inferno vide il povero Lazzaro godere l'eterno riposo 6, non saprei dire facilmente se debba denotarsi col termine " paradiso " oppure si debba pensare che faccia parte degl'inferi. In realtà a proposito di quel ricco leggiamo nella Sacra Scrittura: Morì anche il ricco e fu sepolto negl'inferi 7, e ancora: ed essendo all'inferno nei tormenti 8, mentre nessun cenno degl'inferi è fatto a proposito della morte e del felice riposo del povero, ma il Vangelo si limita a dire: Accadde che morì anche il povero e fu portato dagli Angeli nel grembo di Abramo 9. Abramo di poi, al ricco che bruciava tra le fiamme disse: Tra noi e voi è stata posta per sempre una gran voragine 10, come a dire: " tra gl'inferi e la sede dei beati ". Ben difficilmente nella Sacra Scrittura si riscontra il termine " inferi " usato in senso buono. Ecco perché si pone spesso il quesito: se a ragione il termine " inferi " è preso esclusivamente nel senso di luogo di pena, come mai si può credere con sentimenti religiosi che l'anima di Cristo Signore è stata negli inferi? Ma a ragione si risponde che vi è discesa per liberare coloro che dovevano essere liberati. Ecco perché S. Pietro afferma che Dio sciolse le sofferenze dell'inferno perché era impossibile che egli (il Cristo) restasse in potere di esso 11. Se, inoltre, bisognasse credere che nell'inferno ci sono tutti e due i luoghi, quello del dolore e quello del riposo, ossia quello ove il ricco pativa i tormenti e quello ove il povero assaporava i godimenti, chi oserebbe affermare che Gesù nostro Signore è andato solo nei luoghi dell'inferno destinati alle pene e non da coloro che godono il riposo nel grembo d'Abramo? Se Cristo è stato in quel luogo, si deve intendere che è il paradiso che quel giorno si degnò di promettere all'anima del buon ladrone. Se le cose stanno così, " paradiso " è un termine generico indicante lo stato in cui si vive felici. Ora, per il fatto che " paradiso " è il nome dato al luogo abitato da Adamo prima del peccato, non per questo la Sacra Scrittura s'è astenuta dal chiamare anche la Chiesa " paradiso " fecondo di frutti 12.

In qual modo Cristo è dappertutto.

3. 7. Ma il senso delle parole: Oggi sarai con me in paradiso è molto più facile e scevro di tutte queste ambiguità, se s'intendono pronunciate da Cristo non riferendole alla propria natura umana, ma alla propria natura divina. In quel giorno infatti Cristo sarebbe stato col suo corpo nel sepolcro e con l'anima negl'inferi, mentre lo stesso Cristo in quanto Dio è ogni istante presente dappertutto, poiché è la luce che splende anche nelle tenebre sebbene le tenebre non lo accolgano 13. Egli è la potenza e la sapienza di Dio, della quale sta scritto che stende la sua potenza da un'estremità all'altra del mondo e governa l'universo con benevolenza 14, e che penetra ovunque per la sua purezza e nulla d'impuro si trova in essa 15. Pertanto, dovunque possa essere il paradiso, tutti i beati che vi sono, sono lì con lui che è dappertutto.

Cristo in quanto Dio e in quanto uomo.

3. 8. Cristo infatti essendo Dio ed uomo, è certamente Dio per cui afferma: Io e il Padre siamo una cosa sola 16, ma è anche uomo per cui afferma: Il Padre è più grande di me 17. Egli è nello stesso tempo il Figlio di Dio, l'unigenito del Padre 18, e figlio dell'uomo, discendente di David secondo la natura umana 19. Per questo motivo quando egli parla o la Scrittura parla di lui, occorre tener presenti tutte e due le nature e considerare secondo quale di esse si afferma qualcosa. Come infatti un unico uomo è un'anima razionale e una carne, così pure l'unica persona di Cristo è Verbo e uomo. Per conseguenza in quanto Verbo, il Cristo è creatore, poiché tutto è stato creato per mezzo di lui 20. In quanto invece è uomo, il Cristo è stato creato, perché è stato fatto dalla stirpe di David secondo la carne 21, e fatto a somiglianza di uomo 22. Per lo stesso motivo, poiché nell'uomo sono due elementi: l'anima e il corpo, con l'anima Cristo si rattristò fino alla morte 23, col corpo invece patì la morte 24.

Cristo, in quanto Dio, era in cielo pur vivendo sulla terra.

3. 9. Cionondimeno quando chiamiamo Cristo Figlio di Dio noi non separiamo l'uomo né, quando lo chiamiamo figlio dell'uomo, separiamo Dio. Infatti come uomo era sulla terra e non in cielo dov'è attualmente, allorché affermava: Nessuno è asceso al cielo tranne chi è disceso dal cielo, (cioè) il figlio dell'uomo che è nel cielo 25; sebbene fosse in cielo per la natura di Figlio di Dio, mentre per la natura di figlio dell'uomo era ancora sulla terra e non era ancora asceso al cielo. Allo stesso modo, pur essendo il Signore della gloria in quanto Figlio di Dio, pur essendo stato crocifisso in quanto è figlio dell'uomo, tuttavia l'Apostolo afferma: Infatti se l'avessero conosciuto, non avrebbero mai crocifisso il Signore della gloria 26. Per conseguenza il figlio dell'uomo in quanto Dio era in cielo ed il Figlio di Dio in quanto uomo veniva crocifisso sulla terra. Allo stesso modo, dunque, che poté affermarsi con ragione che fu crocifisso il Signore della gloria, sebbene la passione toccasse la sola carne, così a ragione poté affermarsi: Oggi sarai con me in paradiso, sebbene a causa della umana umiltà il Cristo fosse sul punto d'essere col corpo nel sepolcro e con l'anima negli inferi, a causa invece della divina immortalità non si fosse mai allontanato dal paradiso, poiché è sempre dappertutto.

Cristo, in quanto uomo, non è dappertutto.

3. 10. Non dubitare quindi che ora l'uomo Cristo Gesù è (attualmente) lì donde tornerà sulla terra; tieni a mente e attenti fedelmente alla professione di fede cristiana che cioè Cristo è risorto dai morti, è asceso al cielo, siede alla destra del Padre e non da altro luogo ma solo di lì tornerà a giudicare i vivi ed i morti 27. Egli inoltre tornerà, secondo l'affermazione degli Angeli, allo stesso modo in cui fu visto salire al cielo 28, cioè nel medesimo aspetto e nella medesima sostanza della carne, alla quale conferì bensì l'immortalità ma senza spogliarla della sua natura. Non bisogna credere che Cristo sia presente dovunque a causa di questa natura. Dobbiamo cioè guardarci dall'affermare la divinità dell'uomo in modo da negare la verità del corpo. Non è però logico che ciò ch'è in Dio sia dovunque come lo è Dio. Così, per esempio, la Sacra Scrittura, che è sommamente veridica, afferma che in lui noi viviamo, ci muoviamo e siamo 29, eppure non siamo dappertutto come lui; ma in modo diverso è in Dio l'uomo Cristo, poiché anch'egli come Dio è diversamente nell'uomo, cioè in un modo del tutto proprio e singolare, poiché l'Uomo-Dio è un'unica persona e tutte e due le nature formano un'unico Cristo Gesù, il quale è dappertutto perché è Dio ed è in cielo perché è uomo.

Dio immenso senza mole corporea.

4. 11. Tuttavia, quando affermiamo che Dio è esteso dappertutto, dobbiamo respingere l'immaginazione dei sensi e distogliere la nostra mente dai sensi fisici, per evitare d'immaginare che Dio sia esteso dappertutto come una grande massa limitata dallo spazio, come è estesa la terra, l'acqua, l'aria o la luce percepita dai nostri sensi, poiché qualsiasi grandezza di tale genere, considerata in una sua parte, è minore dell'intero. Dio invece dobbiamo immaginarlo esteso piuttosto come lo è una gran sapienza anche in una persona di piccola corporatura. Così nel caso di due individui sapienti di cui uno sia più grande di corporatura, ma nessuno dei due più sapiente dell'altro, la sapienza non sarà maggiore nell'individuo più grande e minore nel più piccolo, oppure minore in uno solo che in tutt'e due, ma tanta nell'uno quanta nell'altro e tanta in ciascuno dei due quanta in ambedue. Infatti nell'ipotesi che siano sapienti in misura del tutto identica, tutt'e due presi insieme non sono più sapienti di quanto lo siano presi singolarmente; allo stesso modo che, se sono ugualmente immortali tutti e due, non hanno una vita più lunga di quella che ha ciascuno di essi.

La sanità del corpo e la sua immortalità.

4. 12. Infine la stessa immortalità del corpo, che s'è avverata prima nella carne di Cristo e che a noi è promessa per la fine del mondo, pur essendo una grande prerogativa, non consiste in una grandezza materiale e, pur essendo una dote corporea, è una specie d'eccellenza incorporea. Mentre infatti lo stesso corpo immortale è minore in una parte che nell'intero, la sua immortalità è completa tanto in una parte del corpo quanto nell'intero, e le membra, benché siano alcune maggiori delle altre, non sono tuttavia le une più immortali delle altre. Come adesso, quando noi godiamo una perfetta salute sotto ogni riguardo nella misura della buona salute presente nel corpo, per il fatto che l'intera mano è maggiore di un dito, non per questo diciamo che la salute dell'intera mano è maggiore di quella di un dito; ma essa è uguale nelle membra ineguali dal momento che le più piccole vengono paragonate alle più grandi in modo che se un membro non può essere grande quanto le altre membra, può tuttavia essere sano quanto le altre. La buona salute sarebbe invece maggiore nelle membra maggiori, se le maggiori fossero più sane. Ma poiché non è così, bensì le membra maggiori sono sane in pari grado di quelle minori, è diversa l'estensione in grandezza delle membra, ma uguale è la sanità nelle membra disuguali.

La quantità e la qualità dei corpi.

4. 13. Poiché dunque il corpo è una sostanza, la sua quantità consiste nell'estensione della sua mole, mentre la sua buona salute non è una quantità, bensì una sua qualità. Non può, dunque, la quantità del corpo avere l'estensione che invece può avere la qualità; infatti essendo tra loro distanti le parti del corpo, poiché non possono essere tutte nello stesso posto, dal momento che ciascuna occupa il proprio posto nello spazio, minore le minori e maggiore le maggiori, la quantità non può essere intera né ugualmente grande in ciascuna delle singole parti, ma è più estesa nelle parti più grandi e meno estesa nelle minori, e in nessuna parte altrettanto grande quanto è nel corpo intero. Al contrario, la qualità del corpo chiamata salute, quando tutto il corpo è sano è tanta nelle parti maggiori quanta in quelle minori, poiché le parti meno grandi non per questo sono meno sane né quelle più grandi sono per questo più sane. E' dunque inammissibile che la sostanza del Creatore non abbia riguardo a se stessa la proprietà posseduta riguardo al corpo dalla qualità del corpo creato.

Dio è la sostanza creatrice, non una qualità del mondo.

4. 14. Dio è dunque presente dappertutto, poiché egli stesso dice per bocca del profeta Geremia: Io riempio il cielo e la terra 30, come afferma pure l'espressione da me citata poco prima riguardo alla sua sapienza: Arriva da un capo all'altro dell'universo con la sua forza e governa con dolcezza ogni cosa 31. Così pure sta scritto: Lo Spirito del Signore riempie l'universo 32. A lui inoltre in un Salmo viene detto: Dove potrei fuggire dal tuo spirito e dove nascondermi dal tuo cospetto? Se anche salissi nei cieli, ivi tu sei; se scendessi nell'abisso, lì pure tu sei 33. Dio però è presente in tutte le cose in modo da essere non una qualità del mondo, ma la sostanza creatrice del mondo, che lo governa senza fatica e lo abbraccia senza sentir peso, senz'essere tuttavia, per così dire, estesa con la sua massa negli spazi fisici, sì da essere per metà nella metà del corpo del mondo e per l'altra metà nell'altra metà e così intero solo nel mondo intero; ma intero nel cielo e nella terra presi ciascuno a se, e nello stesso tempo nel cielo e nella terra senz'essere contenuto in nessun luogo, ma intero dappertutto in se stesso.

In che modo Dio trino occupa il mondo.

4. 15. Così è dappertutto il Padre, così il Figlio, così lo Spirito Santo, così lo è la Trinità dell'unico Dio, poiché non si divisero tra loro il mondo in tre parti da riempirne una ciascuno, come se il Figlio o lo Spirito Santo non avessero un posto dove stare se lo avesse occupato tutto il Padre. Non è questo il modo di essere della vera divinità, incorporea ed immutabile. Le tre Persone infatti non sono dei corpi la cui grandezza sarebbe maggiore in tutt'e tre che in ciascuno di essi, né occupano degli spazi con la loro grandezza in modo da non poter essere insieme in luoghi tra loro distanti. L'anima, per esempio, che si trova nel corpo, non solo non vi trova alcuna ristrettezza, ma al contrario perfino una specie di espansione dovuta non già ad ampiezza corporale ma ad allegrezza spirituale, quando si avvera l'espressione dell'Apostolo: Non sapete che il vostro corpo è in voi il tempio dello Spirito Santo che avete da Dio? 34 Solo un insensato potrebbe affermare che nel nostro corpo lo Spirito Santo non trova posto per il fatto che è occupato interamente dall'anima; quanto più insensato è chi afferma che la Trinità è impedita da qualche strettezza in qualche luogo, sicché il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non possono essere insieme dappertutto!

Dio è onnipresente ma non in tutti abitante per grazia.

5. 16. Ma ciò che desta molto maggiore meraviglia è il fatto che Dio, pur essendo intero in ogni luogo, tuttavia non abita in tutti gli uomini. Non a tutti infatti può applicarsi l'affermazione dell'Apostolo già da me citata, oppure anche quest'altra: Non sapete che voi siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? 35 Ecco perché al contrario il medesimo Apostolo dice a proposito di alcuni: Chi non ha lo Spirito di Cristo, costui non appartiene a lui 36. Chi, inoltre, oserebbe pensare, tranne chi ignora del tutto l'inseparabilità della Trinità, che il Padre e il Figlio possano abitare in qualcuno in cui non abita lo Spirito Santo, oppure che lo Spirito Santo abiti in qualcuno in cui non abitano, il Padre e il Figlio? Perciò si deve ammettere che Dio è dappertutto con la presenza della divinità, ma non dappertutto con la grazia con cui abita nelle anime. A causa di tale inabitazione nelle anime, nella quale si riconosce senz'alcun dubbio la grazia del suo amore, noi non diciamo: " Padre nostro, che sei dappertutto ", pur essendo ciò vero, bensì: Padre nostro che sei nei cieli 37, affinché nella preghiera ricordiamo piuttosto il suo tempio, come lo dobbiamo essere anche noi poiché, nella misura in cui lo siamo, apparteniamo alla comunione con lui e alla famiglia dei suoi figli adottivi 38. Ora, se il popolo di Dio non ancora diventato uguale agli Angeli suoi viene detto suo tempio 39 già fin d'ora nel presente pellegrinaggio, quanto più è tempio suo nel cielo, dov'è il popolo degli Angeli 40, ai quali dobbiamo unirci e diventar simili quando al termine del pellegrinaggio riceveremo il premio promesso?

In chi abita l'Onnipresente.

5. 17. Orbene, Dio che è dappertutto eppure non abita in tutti, non abita neppure in modo uguale in coloro nei quali egli abita. Perché, per esempio, Eliseo avrebbe chiesto che lo Spirito che era in Elia fosse in lui in misura due volte maggiore 41? E perché fra tutti i Santi vi sono alcuni più santi degli altri se non perché Dio abita in essi in misura più abbondante? In qual modo dunque è vero quanto abbiamo affermato più sopra, che cioè Dio è intero dappertutto, dal momento che è presente in alcuni in misura maggiore e in altri in misura minore? Ma deve considerarsi attentamente quanto abbiamo detto prima, che cioè Dio è intero dappertutto in se stesso, non perciò nelle cose che lo contengono alcune in misura maggiore, altre in misura minore. Si dice che egli è dappertutto, per il motivo che non è assente in alcuna parte delle cose, ch'egli è intero ovunque per il motivo che non rende una parte di sè presente ad una parte delle cose, e a un'altra parte delle cose l'altra parte di se stesso, parti uguali a parti uguali cioè minore per una minore e maggiore per una maggiore, ma è presente per intero non solo a tutto il creato ma nello stesso tempo anche a qualunque parte di esso. Si dice poi ché sono lontani da lui coloro che a causa del peccato sono diventati completamente diversi da lui; che sono vicini a lui coloro i quali con una vita santa ricevono la sua somiglianza, allo stesso modo che giustamente si dice che gli occhi sono tanto più lontani dalla luce della terra, quanto più sono ciechi. Che cosa infatti è più lontano dalla luce che la cecità, anche se la luce è presente e inonda gli occhi spenti? A ragione si dice che si avvicinano alla luce gli occhi i quali coll'aumentare della sanità progrediscono riacquistando l'acutezza della vista.

Come Dio, in se intero, sia anche ovunque.

6. 18. Tuttavia quanto a ciò che abbiamo pensato, che cioè potrebbe essere compresa poco chiaramente l'affermazione che Dio è dappertutto, se non aggiungessimo " in se stesso ", mi accorgo che dev'essere spiegato più accuratamente. Come mai, infatti, Dio è dovunque se lo è " in se stesso "? Naturalmente è dappertutto perché non è assente da alcun luogo; " in se stesso " invece perché non è contenuto dalle cose in cui è presente come se non potesse esistere senza di esse. Se ai corpi si toglie lo spazio fisico, essi non saranno in alcun luogo; e poiché non sono in alcun luogo, non esisteranno neppure. Se alle qualità fisiche si sottraggono gli stessi corpi, non vi sarà più un luogo ove questi possano esistere e, per conseguenza necessaria, non esisteranno neppure. Quando per esempio un corpo è in modo uniforme sano e candido in tutta la sua massa, la sua sanità o il suo candore non è più grande in una parte che in un'altra, né più grande nell'intero che in una sua parte, poiché è sicuro che l'intero non è più sano o più candido di una parte. Se invece un corpo non è sano o candido uniformemente, può accadere che la sanità o il candore sia maggiore in una parte minore, quando le membra minori sono più sane o più candide di quelle maggiori; tanto è evidente che non dipende dal volume ciò che si dice grande o piccolo relativamente alla qualità. Se tuttavia si sopprime totalmente la stessa massa del corpo, per quanto grande o quanto piccola essa sia, le sue qualità non avranno il modo di sussistere, sebbene non debbano misurarsi in base al volume. Iddio, al contrario, non è più piccolo anche se è contenuto in misura minore da colui nel quale egli è presente, poiché è tutto intero in se stesso e, in coloro in cui abita, non esiste in modo che abbia bisogno di essi come se non potesse sussistere senza di essi. Inoltre, allo stesso modo che Dio non è lontano neppure dalla persona in cui non abita, e vi è presente per intero, quantunque essa non lo possegga, così Dio è presente per intero anche nella persona in cui abita, quantunque essa non lo contenga totalmente.

Dio è presente in tutte ed in ogni singola cosa.

6. 19. In realtà Iddio, perché possa abitare nelle persone, non si divide nei loro cuori o nei loro corpi, dando una parte di sè a una persona e un'altra parte ad un'altra, come fa la luce di questo mondo attraverso le porte o le finestre delle case, ma piuttosto come avviene di un suono qualsiasi che, essendo un fenomeno fisico e transitorio, un sordo non lo percepisce, mentre un altro un po' duro d'orecchi non lo percepisce per intero, e tra quelli che lo sentono sebbene alla medesima distanza dal suono, uno lo sente tanto più di un altro, quanto più acuto ha l'udito e tanto meno quanto lo ha più debole, sebbene il suono non risuoni con intensità maggiore o minore, ma arrivi con uguale intensità a tutti nel posto in cui si trovano. Quanto più Iddio, sostanza incorporea e immutabilmente viva, può essere presente con tutto il suo essere in tutte le cose e anche in ciascuna di esse, dal momento che non può propagarsi e dividersi come il suono attraverso intervalli di tempo né ha bisogno dello spazio aereo come di un luogo proprio per essere percepito dai presenti, ma sussiste eternamente uguale in se stesso? Tuttavia le persone in cui abita e ch'egli edifica da sè e per sè, come tempio amatissimo, mediante la grazia della sua bontà lo posseggono chi più chi meno a seconda della diversa loro capacità 42.

Tutti e ciascuno siamo tempio di Dio, e Corpo di Cristo.

6. 20. Veramente la Sacra Scrittura parla di diversità dei doni spirituali, come se fossero distribuiti ai componenti o membri dell'unico corpo nel quale noi siamo tempio di Dio 43 non solo tutti insieme, bensì ciascuno di noi preso singolarmente, perché Dio non è più grande in tutti di quel che è in ogni singolo: succede anzi che una sola persona lo possieda in misura più grande che più persone. L'Apostolo però, dopo aver detto che vi sono diversi doni spirituali, subito aggiunge: ma identico è lo Spirito. Allo stesso modo, dopo aver ricordato i diversi doni, aggiunge: Tutte queste cose le compie l'unico e identico Spirito distribuendo i propri doni a ciascuno come gli piace 44. Egli dunque distribuisce i propri doni, senza per altro restar diviso in quanto è unico ed identico. La Sacra Scrittura parla dei diversi doni spirituali come diverse sono le membra del corpo, poiché le orecchie non hanno la capacità che hanno gli occhi e così tutte le altre membra destinate con armonia a differenti funzioni: esse tuttavia, quando siamo sani, godono insieme di un'unica salute, comune ed uguale, non diversa né maggiore in un membro o minore in un altro, pur essendo esse differenti tra loro. Capo di questo corpo è Cristo 45, la sua unità è messa in risalto dal nostro sacrificio, ed è espressa dall'Apostolo con questa breve espressione: Noi tutti siamo un solo pane e un solo corpo 46. Per mezzo del nostro Capo noi veniamo riconciliati con Dio, poiché in lui la divinità dell'Unigenito s'è fatta partecipe della nostra mortalità, affinché noi fossimo partecipi della sua immortalità.

Chi sono gli appartenenti al tempio di Dio.

6. 21. Questo mistero è lontano dal cuore dei sapienti superbi e perciò non cristiani, e per conseguenza neppure davvero sapienti. Parlo anche di quei sapienti i quali conobbero Dio, poiché pur conoscendo Dio, come dice l'Apostolo, non lo glorificarono come Dio né lo ringraziarono 47. Tu ben sai in quale sacrificio si dice: " Rendiamo grazie al Signore nostro Dio ". Dall'umiltà di questo sacrificio è ben lontano l'orgoglio e la superbia di quei sapienti. Ecco quindi perché desta molta meraviglia come Dio abiti in molti che ancora non lo conoscono, mentre non abita in alcuni che lo conoscono. Il motivo è che non fanno parte del tempio di Dio coloro che, pur conoscendolo, non lo hanno glorificato come Dio né lo hanno ringraziato. Al tempio di Dio invece appartengono i bambini santificati dal sacramento di Cristo, rigenerati dallo Spirito Santo 48, sebbene per l'età non possano conoscere ancora Dio. In tal modo questi poterono possedere, prima di conoscerlo, Colui che quelli poterono conoscere senza possederlo. Veramente felici sono poi coloro per i quali conoscere Dio è possederlo! Tale conoscenza infatti è la più completa, la più autentica, la più beatifica.

Secondo quesito: perché Giovanni sobbalzò nel seno materno.

7. 22. Occorre ormai trattare anche la questione aggiunta da te in fondo alla lettera dopo la firma: " Se i bambini non conoscono ancora Dio, come mai Giovanni, prima ancora di nascere 49, poté sussultare nel grembo della propria madre all'arrivo e alla presenza della madre del Signore? ". Dopo aver ricordato d'aver letto il mio libro Sul battesimo dei bambini, hai aggiunto: " Vorrei sapere che cosa pensi delle gestanti, dal momento che la madre di Giovanni Battista si rese garante dell'adesione del proprio figlio alla fede, rispondendo per lui "

Soluzione del quesito.

7. 23. Ecco le precise parole pronunciate da Elisabetta, madre di Giovanni: Benedetta sei tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo ventre. E come mai ho l'onore che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, infatti, che appena la voce del tuo saluto è giunta alle mie orecchie, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo 50. Per pronunciare queste parole Elisabetta - come accenna prima l'Evangelista - era stata colmata di Spirito Santo 51, dalla rivelazione del quale senza dubbio aveva compreso che cosa significasse il sussulto del suo bambino: che cioè era arrivata la madre di Colui del quale proprio lui sarebbe stato il precursore e il rivelatore. Quel sussulto poteva dunque significare un fatto sì importante che doveva essere conosciuto dagli adulti ma non conosciuto da un bambino. Ora, quando ciò è raccontato antecedentemente nel Vangelo, non è detto: " Il bambino credette nel seno materno ", ma sussultò e la madre non disse: " Nel mio seno il bambino ha sussultato per la fede ", bensì: ha sussultato per la gioia. Ora noi osserviamo non solo nei bambini, ma anche negli animali, dei sussulti senz'essere provocati da sentimenti di fede o di religione o da qualunque altra causa razionale. Il sussulto di cui parliamo fu invece del tutto insolito e singolare, poiché si verificò nel grembo della madre e all'arrivo di colei che stava per dare alla luce il Salvatore degli uomini. Quel sussulto è quindi straordinario ed è da reputarsi un gran prodigio. Ecco perché tale sussulto e il saluto, reso a colei che Elisabetta pensava essere madre del Signore, si compì - come sogliono compiersi i miracoli in un bambino - per potenza divina, non fu compiuto da un bambino in maniera umana.

Prodigiosi eventi nei bambini.

7. 24. Del resto, quand'anche in quel bambino l'uso della ragione e della volontà fosse stato talmente precoce che fin dal grembo materno fosse già capace di riconoscere, di credere e acconsentire (atti per essere capaci dei quali si esige, negli altri bambini, l'età conveniente), anche un tal fatto è da considerarsi un miracolo della divina potenza, non è da far rientrare nei fatti normali dell'umana natura. Poiché, quando Dio lo volle, fece parlare come un essere razionale perfino un animale privo di favella 52, senza per questo esortare gli uomini ad ascoltare i consigli di un'asina nel prendere le loro decisioni. Io pertanto tengo nel dovuto conto quanto accadde a Giovanni, ma non lo prendo come criterio sicuro di quel che dobbiamo pensare degli altri bambini; anzi, proclamo miracoloso quel che successe a Giovanni, proprio perché non lo trovo in altri bambini. Con questo fatto ha una certa somiglianza anche la lotta dei due gemelli nel seno di Rebecca; essa fu talmente prodigiosa che Rebecca ne chiese spiegazione a Dio e le fu risposto che nei due bambini erano prefigurati due popoli 53.

Gl'infanti sono senz'uso di ragione.

7. 25. Temerei di far torto ai nostri sensi se volessi dimostrare a parole che i bambini, ancora ignari delle cose umane, non conoscono quelle divine, quando cerchiamo di dimostrare una tale verità con le parole, mentre l'evidenza della verità supera di gran lunga tutte le forze e la funzione di qualsiasi discorso. Non vediamo forse che anche quando cominciano ad emettere qualsiasi specie di segni di suoni articolati e perciò, uscendo dall'infanzia giungono a pronunciare le prime parole, hanno ancora idee ed espressioni così meschine che, se rimanessero in quelle condizioni e continuassero ad essere pur con il passare degli anni come nell'infanzia, nessuno, perfino il più stupido, dubiterebbe che sono stupidi? Salvo che per caso non resti altro se non credere che nei vagiti dell'infanzia e persino quando sono ancora nel silenzio del grembo materno i bambini siano sapienti, mentre in seguito, dopo aver cominciato a parlare con noi, crescendo giungano all'ignoranza che noi constatiamo. Da te stesso ti accorgi quant'è illogica una simile opinione, dal momento che la conoscenza sensibile dei bambini che prorompe in parole quali che siano, conoscenza che, paragonata ai concetti degli adulti, è certamente quasi zero, tuttavia se è paragonata a quella in cui nascono può chiamarsi intelligenza. Per qual motivo poi non sono reputati colpevoli del fatto che, nel ricevere il prezioso rimedio che apporta la salvezza, quando si arreca loro l'aiuto con la grazia di Cristo, vi si oppongono con le grida e coi gesti di cui sono capaci e non ci si cura per nulla della loro resistenza finché non vengono compiuti in essi i riti sacri con cui si cancella il peccato derivato dalla condanna originale? E' tanto vero che i bambini non sanno quel che fanno, che non si pensa neppure che essi compiano quegli atti. Ora, se avessero già l'uso della ragione e del libero arbitrio, con cui si dovrebbe acconsentire a quel rito che conferisce la purificazione redentrice, chi mai dei Cristiani non sa qual grave peccato sarebbe quello di resistere a una grazia sì preziosa e che il sacramento conferito non solo non gioverebbe ma che per tal motivo aumenterebbe anche assai la loro colpa?

Lo Spirito Santo abita nei bimbi battezzati.

8. 26. Noi dunque affermiamo che nei bambini battezzati abita, per quanto a loro insaputa, lo Spirito Santo. Essi lo ignorano, sebbene abiti in loro, allo stesso modo che ignorano anche la propria intelligenza; la loro ragione, di cui non hanno ancora l'uso, è come una scintilla che cova sotto la cenere e che sarà destata col crescere dell'età. Ciò non deve parere strano nei bambini dal momento che l'Apostolo a certi adulti dice: Non sapete che voi siete tempio di Dio e che lo Spirito Santo abita in voi? 54 mentre a proposito degli stessi poco prima aveva detto: L'uomo animale non capisce le cose dello Spirito di Dio 55; e li chiama bambini, non per l'età ma per lo spirito 56. Essi pertanto non percepivano col pensiero lo Spirito Santo che abitava nelle loro anime e, benché lo Spirito Santo abitasse nelle loro anime, erano ancora sensuali e non spirituali, poiché non riuscivano a percepire col pensiero la presenza dello Spirito Santo nelle proprie anime.

Quando lo Spirito Santo, compierà la sua abitazione.

8. 27. Si dice poi che lo Spirito Santo abita in tali persone per il fatto che agisce segretamente nelle loro anime, perché diventino suo tempio e lo porta alla perfezione in quelli che progrediscono e sono perseveranti nel progredire. In realtà, come dice l'Apostolo: Noi siamo salvati nella speranza 57, mentre in un altro passo egli dice: Ci ha salvati mediante il bagno di rigenerazione 58. Dicendo quindi l'Apostolo in questo passo: Ci ha salvati, come se ci fosse stata già accordata la salvezza, spiega il suo pensiero nel passo in cui dice: Noi infatti siamo salvati nella speranza. Ora, quella che si vede non è più speranza; come potrebbe infatti uno sperare ancora ciò che vede? Se quindi speriamo ciò che non vediamo, lo attendiamo per mezzo della pazienza 59. Ora nelle Sacre Scritture molte cose sono annunciate come se fossero già avvenute, mentre bisogna intenderle come ancora da sperare. Ecco perché il Signore disse ai suoi discepoli: Vi ho fatto conoscere tutto ciò che ho udito dal Padre mio 60, mentre in realtà diceva così unicamente nel senso della speranza delle cose future, tant'è vero che nel seguito del discorso aggiunge: Ho ancora molte cose da dirvi, ma ora non potete comprenderle 61. In coloro dunque nei quali abita, lo Spirito Santo promuove la costruzione della propria dimora, ch'egli però compie non già in questa vita, bensì nell'altra dopo quella attuale, allorché la morte sarà assorbita nella vittoria e le sarà detto: Dov'è mai, o morte, la tua vittoria? Dov'è mai, o morte, il tuo pungiglione? 62 Cos'altro mai è poi il pungiglione della morte, se non il peccato 63?

La Chiesa perfetta solo dopo questa vita.

8. 28. Per lo stesso motivo, anche dopo essere stati rigenerati mediante l'acqua e lo Spirito Santo 64 e dopo che ci sono stati cancellati tutti i peccati, non solo quello originato da Adamo, per causa del quale tutti hanno peccato 65, ma anche quelli commessi in azioni, parole e pensieri, dal momento che rimaniamo in questa vita umana, ch'è una prova sulla terra 66, noi abbiamo giusto motivo di dire: Rimetti a noi i nostri debiti 67. Questa preghiera è ripetuta da tutta la Chiesa, che viene purificata dal Salvatore col bagno dell'acqua mediante la parola, affinché egli stesso possa presentarla a se stesso splendente di gloria, senz'alcuna macchia né ruga o altro simile difetto 68, ma non ora che progredisce camminando nella speranza, bensì quando sarà resa perfetta nella realtà. Come potrebbe, infatti, essere attualmente senza macchia o ruga o simili difetti, dal momento che per tutti gli uomini che fanno parte di essa ed hanno l'uso di ragione e del libero arbitrio e portano il peso della carne mortale, o almeno per molti dei suoi membri - come sono costretti ad ammettere anche i nostri avversari attaccabrighe - essa con sentimenti veraci dice al Signore: Rimetti a noi i nostri debiti 69?

Chi sono quelli in cui abita Dio.

8. 29. Per questi motivi lo Spirito Santo santifica sempre più i mortali in cui abita, i quali progrediscono rinnovandosi di giorno in giorno, ne esaudisce le preghiere, li purifica nella confessione, per prepararsi un tempio immacolato per l'eternità 70; a ragione quindi si afferma che non abita in coloro che, pur avendo conosciuto Dio, non lo hanno glorificato né ringraziato come Dio 71. Essi, prestando culto e servizio alle creature anziché al Creatore 72, non hanno voluto essere tempio dell'unico vero Dio; in tal modo, volendolo possedere con molte altre divinità, sono riusciti a conseguire più facilmente il risultato di non possederlo anziché mischiarlo con i numerosi falsi dèi. Con ragione si afferma altresì che lo Spirito Santo abita in coloro che, da lui chiamati in virtù del proprio disegno, li prende sotto la sua protezione al fine di giustificarli e glorificarli, prima ancora di essere in grado di conoscere la sua natura incorporea, che rimane intera dappertutto, nella misura in cui può essere conosciuta in questa vita, cioè parzialmente come attraverso uno specchio e confusamente 73 anche dall'uomo più progredito nella virtù. Tra coloro in cui abita, ve ne sono molti somiglianti a coloro ai quali l'Apostolo dice: Non ho potuto parlarvi come a persone spirituali, ma come a persone carnali cioè come a bambini in Cristo; v'ho dato da bere latte e non cibo solido, poiché non ne eravate ancora capaci; anzi non ne siete capaci neppure adesso 74. L'Apostolo infatti dice ai medesimi anche quella celebre verità: Non sapete che siete tempio di Dio e lo Spirito Santo abita in voi? 75 Anche se all'ultimo giorno della vita questi tali si troveranno lontani dall'essere arrivati all'età dell'intelligenza spirituale, nella quale siamo in grado d'essere nutriti non di latte ma di cibo solido 76, il loro divino ospite colmerà tutte le lacune della loro intelligenza, dato che non si sono mai separati dall'unità del corpo di Cristo che per noi è diventato la via, né dalla comunione del tempio di Dio 77. Per non separarsene, si attengono costantemente nella Chiesa alla regola della fede comune alle persone elevate e alle modeste e camminano secondo le verità alle quali sono arrivati, in attesa che Dio faccia loro conoscere se hanno qualche opinione diversa; non insegnano come verità di fede le proprie idee puramente umane perché non si ostinano rimanendo fermi nella difesa litigiosa delle loro opinioni ma in un certo modo camminano, traspirano cioè abbondante sudore nello sforzo di avanzare sulla via della perfezione, implorando da Dio, mediante la pietà ispirata dalla fede, la perspicuità dell'intelligenza 78.

Il primo uomo, terrestre; il secondo, celeste.

9. 30. Stando così le cose, questi due fatti, cioè la nascita e la rinascita, che avvengono in un unico individuo, sono di pertinenza di due persone diverse: l'uno del primo Adamo, l'altro del secondo Adamo, cioè di Cristo: Ma - dice l'Apostolo - il primo non fu quello ch'è spirituale, bensì quello animale, lo spirituale viene dopo. Il primo uomo, formato dalla terra, è terrestre, il secondo, che viene dal cielo, è celeste. Quale il terrestre, tali anche i terrestri, e quale è il celeste, tali anche i celesti. Come portammo l'immagine del terrestre, così porteremo anche l'immagine del celeste 79. Egli dice parimenti: Per mezzo d'un sol uomo (venne) la morte, e per mezzo d'un sol uomo (avverrà) la risurrezione dei morti. Come infatti in Adamo muoiono tutti, così pure in Cristo saranno tutti vivificati 80. S. Paolo dice " tutti " nell'uno e nell'altro membro della frase, poiché nessuno muore se non per mezzo d'Adamo, nessuno riceve la vita se non per mezzo del Cristo. Nel primo s'ebbe chiara la prova di quanto valesse l'arbitrio dell'uomo per procurarsi la morte; nel secondo invece di quanto valesse l'aiuto di Dio per avere la vita. Il primo uomo, infine, era solo uomo; il secondo invece Dio e uomo. Il peccato avvenne per aver abbandonato Dio, la giustificazione invece non avviene senza Dio. Per conseguenza neppure morremmo se non discendessimo dalle membra del primo uomo per via di generazione carnale, né avremmo la vita se non fossimo membri del secondo uomo mediante l'unione spirituale con lui. Ecco perché noi abbiamo avuto bisogno di nascere e di rinascere, mentre il Cristo per redimerci non ha avuto bisogno se non di nascere. Noi infatti passiamo dal peccato alla giustizia col rinascere, il Cristo invece non fece alcun passaggio dal peccato alla giustizia; egli però nel fatto di sottoporsi al battesimo volle dare col suo abbassamento un risalto più spiccato al sacramento della nostra rigenerazione; nella sua passione volle tuttavia essere il simbolo del nostro vecchio uomo, mentre nella sua risurrezione il simbolo dell'uomo nuovo.

Solo Cristo fu concepito senza concupiscenza.

9. 31. La ribellione della concupiscenza che risiede nel nostro corpo mortale e per causa della quale le nostre membra hanno moti indipendenti dal nostro libero arbitrio, è moderata dalla santità del matrimonio di modo che i bambini generati da genitori uniti in legittimo matrimonio hanno bisogno d'essere rigenerati. Il Cristo però non volle che la sua carne avesse origine da una simile unione dell'uomo e della donna, ma dalla Vergine, che lo concepì senza passione sensuale, assunse per noi la somiglianza della carne di peccato 81, perché questa fosse purificata in noi. Come dunque - dice l'Apostolo - per colpa d'un solo uomo tutti sono caduti sotto la condanna, così anche per mezzo della giustizia d'un solo uomo tutti possono arrivare alla giustificazione della vita 82. Nessuno infatti nasce se non in virtù della concupiscenza carnale trasmessa dal primo uomo, cioè da Adamo, e nessuno rinasce se non in virtù della grazia spirituale concessa dal secondo uomo, cioè da Cristo. Se quindi apparteniamo al primo col nascere, apparteniamo al secondo col rinascere, né alcuno può rinascere se prima non nasce. Orbene, Cristo nacque in modo singolare e non ebbe bisogno di rinascere, poiché non fece mai passaggio dal peccato, in cui egli non fu mai implicato (alla giustizia), né fu concepito nel peccato 83, né la madre lo nutrì nei peccati nel grembo; poiché lo Spirito Santo discese su di lei e la potenza dell'Altissimo la coprì con la sua ombra, per cui il Santo nato da lei si chiama Figlio di Dio. Difatti, l'onestà dell'atto matrimoniale non sopprime del tutto, ma soltanto modera la ribellione delle membra in modo che la concupiscenza carnale, ridotta in certo qual modo entro giusti limiti, diventi almeno pudicizia coniugale. La vergine Maria invece, alla quale era stato annunciato: E la potenza dell'Altissimo ti adombrerà 84, nel concepire il Santo, suo Figlio, al riparo di tale ombra non sentì alcun ardore di tale concupiscenza. Tranne, dunque, questa pietra angolare 85, non vedo come gli uomini possano essere edificati per divenire casa di Dio, per avere in se stessi Dio come ospite, senz'essere rigenerati 86, cosa impossibile se prima non sono generati.

Il battesimo, via ordinaria della giustificazione.

10. 32. Possiamo pensare che alle gestanti, o meglio ai bambini racchiusi ancora nel grembo materno, possa essere stata concessa o non concessa una sorta di santificazione, sia a proposito di Giovanni il quale, prima ancora di essere dato alla luce di questa terra, tuttavia sussultò di gioia 87 (e chi potrebbe credere che ciò potesse accadere senza l'azione dello Spirito Santo?) sia a proposito di Geremia, al quale il Signore dice: Prima che tu uscissi dal grembo materno io ti ho santificato 88. Tuttavia, qualunque opinione possiamo avere in proposito, propria dei soli rigenerati è la santificazione, mediante la quale ciascuno di noi e tutti insieme diventiamo tempio di Dio, cosa che gli uomini non possono essere se non sono stati generati. Nessuno poi terminerà bene la vita in cui è nato se non è rinato prima di terminarla.

Solo rinascendo si diventa membri del Corpo di Cristo.

10. 33. Se poi qualcuno affermasse che un individuo è già nato anche quando è ancora nel grembo materno e invoca la testimonianza del Vangelo, poiché a proposito della Vergine, madre del Signore, ancora gestante fu detto a Giuseppe: Colui che è nato in lei, è opera dello Spirito Santo 89, forse che a tale nascita ne segue una seconda? Poiché allora non sarà più la seconda, ma la terza. Il Signore invece parlando di questa seconda nascita disse: Se uno non nascerà di nuovo 90, considerando naturalmente come prima nascita quella che avviene quando la madre partorisce, non già quando concepisce o quando è incinta, quella compiuta da lei, non quella compiuta in lei! Noi infatti non diciamo che è nato di nuovo un bambino quand'è partorito dalla madre, come se fosse nato di nuovo chi era nato una volta nel grembo materno, ma senza tener conto della concezione che rende incinta la madre, un bambino si dice nato solo nel parto, di modo che possa rinascere per mezzo dell'acqua e dello Spirito 91. Nel senso di questa nascita dalla madre anche il Signore si dice nato a Betlemme di Giuda 92. Se quindi uno può essere rigenerato mediante la grazia dello Spirito Santo nel grembo materno, dal momento che gli resta ancora da nascere, rinasce prima ancora di nascere, cosa questa assolutamente impossibile. Ecco perché gli uomini vengono inseriti nella compagine del corpo di Cristo come nella viva costruzione del tempio di Dio, che è la sua Chiesa, solo dopo la loro nascita e non in virtù delle buone opere da essi compiute, ma rinascendo in virtù della grazia come estratti da un ammasso di rovine per servire a costruire un edificio solidissimo. Fuori di questo edificio che viene costruito per essere santificato affinché sia l'eterna dimora di Dio, la vita umana non è che infelicità e dovrebbe avere il nome di morte anziché di vita. Chi dunque sarà abitato da Dio perché la collera di Dio non resti su di lui, non rimane estraneo a questo corpo, a questo tempio, a questa città 93. Chi però non sarà rinato, ne rimane estraneo.

Cristo, unico Mediatore di tutti gli uomini.

11. 34. D'altra parte Colui che si manifestò come il Mediatore, volle che fosse manifesto anche il Sacramento della nostra rigenerazione. Per i giusti dell'Antica Alleanza esso era invece qualcosa d'occulto, sebbene si salvassero anch'essi per mezzo della fede che sarebbe stata rivelata al tempo opportuno. Noi perciò non osiamo mettere i fedeli dei nostri giorni al di sopra degli amici di Dio dai quali sono state predette queste verità, dal momento che Dio ha voluto farsi conoscere come Dio d'Abramo, Dio d'Isacco e Dio di Giacobbe 94 fino al punto di affermare che tale è il suo nome in eterno. Se poi si crede che per i Santi dell'Antica Alleanza la circoncisione teneva le veci del battesimo, che cosa mai si risponderà riguardo a tante persone le quali furono care a Dio prima che fosse prescritta la circoncisione, ma tuttavia non senza che avessero la fede? Poiché, come sta scritto nella Lettera agli Ebrei: senza la fede è impossibile piacere a Dio 95. Avendo pertanto - dice l'Apostolo - il " medesimo " spirito di fede, per cui sta scritto: Ho creduto e quindi ho parlato, anche noi crediamo e quindi parliamo 96. S. Paolo non parlerebbe del " medesimo " spirito di fede, se lo spirito di fede di quelli non fosse stato identico al nostro. Come poi, quando il medesimo Sacramento era occulto, quelli credettero nell'incarnazione futura di Cristo, così noi crediamo nell'Incarnazione già avvenuta. Come noi, così anch'essi aspettano la seconda venuta di Cristo per il giudizio finale. Non v'è altro sacramento di Dio 97 tranne Cristo, per opera del quale è necessario che siano vivificati quelli che sono morti per colpa di Adamo poiché, allo stesso modo che tutti muoiono per la loro connessione con Adamo, così tutti saranno vivificati per la loro connessione con Cristo 98, come abbiamo più sopra dimostrato.

Tempio di Dio: materiale e spirituale.

12. 35. Per questi motivi Dio, presente dappertutto nella sua totalità, non abita in tutti, ma solo in coloro che egli fa diventare suo santo tempio o altrettanti suoi santi templi, liberandoli dal potere delle tenebre e trasferendoli nel regno del suo Figlio diletto 99, regno che ha inizio con la rigenerazione. " Tempio di Dio " poi è un termine usato in sensi diversi: è usato in senso simbolico quando è costruito dalla mano dell'uomo con materie inanimate, com'era il tabernacolo fatto di legno, di veli, di pelli e d'altri simili arredi e com'era lo stesso tempio costruito dal re Salomone con pietre, legnami e metalli; in un altro senso invece si chiama " tempio di Dio " nella sua vera realtà, la quale è rappresentata allegoricamente da quelle cose simboliche. Per tale motivo è detto: E voi, come pietre vive, costruitevi in modo da formare una casa spirituale 100. Per lo stesso motivo sta anche scritto: Noi infatti siamo tempio del Dio vivo, come dice Dio stesso: Io abiterò tra loro e camminerò in mezzo a loro; io sarò il loro Dio ed essi saranno il mio popolo 101.

Dio opera meraviglie anche nei non battezzati.

12. 36. Non ci deve nemmeno fare impressione il fatto che Dio compie prodigi per mezzo di alcuni individui che non fanno parte - o non fanno ancora parte - di questo tempio, cioè coloro in cui Dio non abita o ancora non abita, come li compiva per mezzo di quel tale che scacciava i demoni nel nome di Cristo pur non essendo ancora suo seguace; eppure Cristo ordinò che lo lasciassero fare poiché la sua azione serviva a far conoscere a molti il proprio nome 102. Cristo afferma che nell'ultimo giorno parecchi gli diranno: Nel tuo nome abbiamo fatto molti miracoli; a costoro egli non risponderebbe: Io non vi conosco 103, se facessero parte del tempio di Dio ch'egli santifica con l'abitarvi. Anche il centurione Cornelio, prima che fosse incorporato in questo tempio mediante la rigenerazione, vide l'Angelo inviatogli (da Dio) e dalla sua voce udì che le sue preghiere erano state esaudite ed erano gradite le sue elemosine 104. Dio infatti compie queste cose o da sé perché presente dappertutto o per mezzo dei suoi Angeli santi.

Tempio di Dio quanti formano il Corpo di Cristo

12. 37. Riguardo poi alla santificazione di Geremia avvenuta prima che uscisse dal grembo materno, alcuni la intendono come una prefigurazione simbolica del Salvatore, il quale non ebbe alcun bisogno d'essere rigenerato. Tuttavia anche se si vuole intendere quella personale del Profeta 105, si può interpretare in modo non illogico anche nel senso della predestinazione; allo stesso modo che persone ancora non rigenerate sono chiamate " figli di Dio " dal Vangelo, nel quale Caifa avendo affermato del Cristo: A voi conviene che uno solo muoia per il popolo e non perisca tutta la nazione, il Vangelo soggiunge immediatamente: Egli tuttavia non fece tale affermazione di testa propria, ma essendo in quell'anno sommo pontefice, fece la profezia secondo la quale Gesù sarebbe morto per la (sua) nazione; e non solo per la (sua) nazione, ma per ricondurre all'unità i figli di Dio, ch'erano dispersi 106. Il Vangelo chiama " figli di Dio " anche alcuni non appartenenti al popolo ebraico, che si trovavano in mezzo a tutti gli altri popoli non ancora fedeli né battezzati. Come mai, dunque, li chiama " figli di Dio " se non rispetto alla predestinazione, con cui, al dire dell'Apostolo, Dio ci ha prescelti in Cristo prima della creazione del mondo 107? L'azione di ricondurre all'unità gli uomini li avrebbe fatti diventare anche figli di Dio, poiché l'adunarsi nell'unità di cui qui si parla, non è la riunione che si attua in un sol luogo, dal momento che il Profeta, predicendo tale chiamata dei pagani alla fede, dice: E l'adoreranno tutti i popoli delle varie nazioni, ciascuno nella sua regione 108, mentre è stato detto li riconducesse all'unità in un solo Spirito, in un solo corpo, il cui solo capo è Cristo 109. Quest'azione di ricondurre all'unità è la costruzione del tempio di Dio, la quale è opera non già della generazione carnale ma della rigenerazione spirituale.

In chi Dio abita come in suo tempio.

13. 38. Iddio pertanto abita nei singoli fedeli come in altrettanti suoi templi e nei fedeli riuniti insieme come nel suo tempio. Finché questo tempio è, per così dire, in balìa delle onde di questa vita come l'arca di Noè, si compie quanto sta scritto nel Salmo: Il Signore è assiso sulle acque del diluvio 110, anche se il passo può ragionevolmente intendersi di molti popoli di fedeli fra tutte le nazioni, indicati nell'Apocalisse col termine di acque 111. Il Salmo quindi soggiunge: Il Signore sederà come un re in eterno 112, e precisamente nel proprio tempio stabilito ormai nella vita eterna dopo le tempeste della vita presente. Iddio dunque è presente dappertutto e lo è nella sua totalità, ma non abita ovunque, bensì solo nel suo proprio tempio, col quale è per sua grazia buono e misericordioso. Abitando poi nei fedeli è contenuto da alcuni in misura maggiore e da altri in misura minore.

La divinità abita corporalmente in Cristo.

13. 39. Quanto poi al nostro Capo, l'Apostolo afferma che: In lui abita corporalmente tutta la pienezza della divinità 113. Corporalmente non perché Dio sia corporeo, ma forse l'Apostolo ha usato una parola traslata per far intendere che Dio non abitò col corpo nel tempio fatto da mano d'uomo, ma solo simbolicamente, cioè solo sotto simboli che prefiguravano la realtà futura, poiché con termine anch'esso traslato chiama ombre delle cose future tutte le pratiche religiose dell'Antica Alleanza 114. Sta scritto infatti che il sommo Dio non abita nei templi costruiti dall'uomo 115. Ma forse l'Apostolo ha usato il termine " corporalmente " per il fatto che Dio abita, come in un tempio, anche nel corpo di Cristo assunto dalla Vergine. Ecco perché ai Giudei, che chiedevano un miracolo, avendo Cristo risposto: Distruggete questo tempio e io lo riedificherò in tre giorni, l'Evangelista dà subito dopo la spiegazione dicendo che Cristo intendeva parlare del tempio del proprio corpo 116.

L'unione ipostatica e l'inabitazione di Dio nei buoni.

13. 40. Come va dunque? Forse che l'unica differenza tra il capo e gli altri membri sta nel fatto che, sebbene in qualunque membro, per quanto si voglia eminente come un gran profeta o apostolo, abiti la divinità, non abita però come nel Capo che è Cristo 117 tutta la pienezza della divinità 118? Così, per esempio, anche nelle singole membra del nostro corpo esiste la sensibilità, ma essa è molto più acuta nel capo ove risiedono proprio tutti e cinque i sensi, poiché vi risiede la vista, l'udito, l'odorato, il gusto e il tatto, mentre nelle altre membra risiede solo il tatto. Oltre al fatto che nel corpo di Cristo abita come in un tempio tutta la pienezza della divinità, non v'è forse anche qualche altra differenza tra il capo e qualsiasi altro membro per quanto eccellente possa essere? V'è certamente, ed è che, in virtù della singolare assunzione dell'umanità, Cristo è divenuto una sola persona col Verbo. In realtà di nessuno dei Santi si poté, si può e si potrà mai dire che il Verbo si è fatto carne 119; nessun Santo, per quanto eminente per grazia, ha avuto il nome di Figlio unigenito di Dio, in modo che quello, ch'è lo stesso Verbo di Dio da prima di tutti i secoli, si chiamasse ugualmente il Verbo fatto uomo. Singolare è quindi l'azione (del Verbo) di assumere (la natura umana) e non può essere assolutamente comune ad alcun uomo quanto si voglia eminente per sapienza e per santità. In essa abbiamo una prova assai evidente della grazia di Dio. Ora, chi sarebbe tanto sacrilego da osare di affermare che un'anima, col solo libero arbitrio, possa fare in modo di essere un secondo Cristo? In qual modo quindi una sola anima avrebbe potuto meritare, mediante il dono del libero arbitrio comune a tutti gli uomini e proprio della natura umana, di appartenere alla persona del Verbo unigenito senza averlo ottenuto per un privilegio singolare della grazia? E' giusto dunque esaltarla, mentre è ingiusto volerla giudicare.

Dio e Cristo onnipresenti e inabitanti.

13. 41. Se io, secondo le mie forze, con l'aiuto concessomi da Dio, sono riuscito a spiegare nel modo dovuto queste verità, tu, quando ti concentri a pensare Dio presente dovunque, ma senza che occupi con una specie di volume di estensione i punti dello spazio tra loro distanti, bensì tutto intero in ogni luogo, allontana dalla mente qualsiasi rappresentazione corporea che il pensiero dell'uomo suole rimuginare in se stesso. Noi infatti non ci rappresentiamo così la sapienza, la giustizia, l'amore, a proposito del quale la Scrittura dice che Dio è amore 120. Quando invece tu pensi all'inabitazione di Dio, pensa all'unità e alla comunione dei Santi, specialmente nel cielo, ove si dice che soprattutto Dio abita, poiché lì si compie perfettamente la sua volontà mediante la perfetta obbedienza dei Santi in cui egli abita; ed in secondo luogo in terra ove Dio, edificandola, abita la sua casa, che dovrà essere dedicata alla fine del mondo. Quanto a nostro Signore Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio uguale al Padre e nello stesso tempo figlio dell'uomo e perciò inferiore al Padre, non dubitare che in quanto Dio è presente e intero dappertutto ed è nello stesso tempio di Dio in quanto Dio inabitante, mentre, a causa delle dimensioni del suo vero corpo abita in qualche parte del cielo. Ma io, trasportato dal piacere di intrattenermi a parlare con te, forse ho passato i limiti d'una lettera normale, come se compensassi il mio lungo silenzio con la mia prolissità. Poiché però tu, per la tua religiosità e bontà con cui mi hai prevenuto, sei così profondamente radicato nel mio cuore, che mi pare d'intrattenermi con un amico, se trovi qualcosa d'utile elaborato nell'opera della mia penna, ringraziane Dio; se invece vi trovi qualche mio difetto, perdonalo come amico carissimo, desiderando per me il modo di correggermene con la stessa sincerità d'affetto con cui mi concedi anche il perdono.

 


 

1 - 1 Tm 2, 5.

2 - Lc 23, 43.

3 - Mt 27, 60; Mc 15, 46; Lc 23, 53; Gv 19, 41-42.

4 - Sal 15, 10; At 2, 27.

5 - Gv 19, 41.

6 - Lc 16, 23.

7 - Lc 16, 22.

8 - Lc 16, 23.

9 - Lc 16, 22.

10 - Lc 16, 26.

11 - At 2, 24.

12 - Gn 2, 8.

13 - Gv 1, 5.

14 - Sap 8, 1.

15 - Sap 7, 24-25.

16 - Gv 10, 30.

17 - Gv 14, 28.

18 - Gv 1, 14.

19 - Rm 1, 3.

20 - Gv 1, 3.

21 - Rm 1, 3.

22 - Fil 2, 7.

23 - Mt 26, 38; Mc 14, 34.

24 - At 3, 18.

25 - Gv 3, 13.

26 - 1 Cor 2, 8.

27 - Mc 16, 19; Lc 22, 69; Col 3, 1; Eb 1, 3; 10, 12; 12, 2.

28 - 2 Tm 4, 1; At 1, 10-11.

29 - At 17, 28.

30 - Ger 23, 24.

31 - Sap 8, 1.

32 - Sap 1, 7.

33 - Sal 138, 7-8.

34 - 1 Cor 6, 19.

35 - 1 Cor 3, 16.

36 - Rm 8, 9.

37 - Mt 6, 9.

38 - Rm 8, 15. 23; Gal 4, 5.

39 - Lc 20, 36.

40 - 2 Cor 5, 6.

41 - 2 Re 2, 9.

42 - 1 Cor 3, 16; 6, 19; 2 Cor 6, 16.

43 - 1 Cor 12, 4.

44 - 1 Cor 12, 11.

45 - 1 Cor 12, 26; Ef 1, 22-23; Col 1, 18.

46 - 1 Cor 10, 17. 14.

47 - Rm 1, 21.

48 - Tt 3, 5.

49 - Lc 1, 41-44.

50 - Lc 1, 41-44.

51 - Lc 1, 41.

52 - Nm 22, 28.

53 - Gn 25, 22-23.

54 - 1 Cor 3, 16.

55 - 1 Cor 2, 14.

56 - 1 Cor 3, 1.

57 - Rm 8, 24.

58 - Tt 3, 5.

59 - Rm 8, 24-25.

60 - Gv 15, 15.

61 - Gv 16, 12.

62 - 1 Cor 15, 54.

63 - 1 Cor 15, 55-56.

64 - Gv 3, 5.

65 - Rm 5, 12.

66 - Gb 7, 1.

67 - Mt 6, 12.

68 - Ef 5, 26-27.

69 - Mt 6, 12.

70 - 2 Cor 4, 16.

71 - Rm 1, 21.

72 - Rm 1, 25.

73 - 1 Cor 13, 12.

74 - 1 Cor 3, 1-2.

75 - 1 Cor 3, 16; 6, 19.

76 - Eb 5, 12.

77 - Gv 14, 6.

78 - Fil 3, 15-16.

79 - 1 Cor 15, 46-49.

80 - 1 Cor 15, 21-22.

81 - Rm 8, 3.

82 - Rm 5, 18.

83 - Sal 50, 7.

84 - Lc 1, 35.

85 - Is 28, 16; 1 Pt 2, 6; Ef 2, 20.

86 - 2 Cor 6, 16.

87 - Lc 1, 41-44.

88 - Ger 1, 5.

89 - Mt 1, 20.

90 - Gv 3, 3.

91 - Gv 3, 5.

92 - Mt 2, 1.

93 - Gv 3, 36.

94 - Es 3, 15.

95 - Eb 11, 6.

96 - 2 Cor 4, 13; Sal 115, 10.

97 - Ap 10, 7; Am 3, 7.

98 - 1 Cor 15, 22.

99 - Col 1, 13.

100 - 1 Pt 2, 5.

101 - 2 Cor 6, 16; Lv 26, 12.-

102 - Mc 9, 37-39.

103 - Mt 7, 22-23.

104 - At 10, 1-4.

105 - Ger 1, 5.

106 - Gv 11, 50-52.

107 - Ef 1, 4.

108 - Sof 2,11

109 - Col 1, 18; Ef 1, 22-23.

110 - Sal 28, 10.

111 - Ap 17, 15.

112 - Sal 28, 10.

113 - Col 2 9.

114 - Col 2: 17; Eb 10, 1.

115 - At 17, 24.

116 - Gv 2, 19. 21.

117 - Col 1, 18; Ef 1, 22.

118 - Col 2, 9.

119 - Gv 1, 14.

120 - Gv 4, 8. 16.


20 - Per ordine di Pilato il nostro salvatore Gesù fu flagellato, coronato di spine e schernito.

La mistica Città di Dio - Libro sesto - Suor Maria d'Agreda

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1335. Pilato, conoscendo l'ostinazione dei giudei sdegnati verso il Nazareno e desiderando rilasciarlo perché lo sapeva innocente, credette che una flagellazione severa avrebbe placato sia il furore del popolo, sia l'invidia dei sommi sacerdoti e degli scribi; essi così avrebbero cessato di perseguitare Gesù e di cercarne la morte. Inoltre, se per caso l'imputato fosse stato reo di qualche mancanza nelle cerimonie e nei riti giudaici, con ciò sarebbe stato punito a sufficienza. Pilato pensò questo perché, informatosi nel corso del processo, gli fu detto che il Signore era accusato di non osservare il sabato e le altre tradizioni; in realtà, si trattava di una calunnia stolta e priva di fondamento, come è riferito dai santi evangelisti. In proposito, però, il governatore romano parlava pur sempre da ignorante: nel Maestro della santità infatti non poteva esserci posto per alcun difetto riguardo alla legge, che egli non era venuto ad abolire ma a compiere e a perfezionare; d'altra parte, se anche l'accusa fosse stata vera, non avrebbe dovuto punirlo con una pena tanto sproporzionata - dato che la legge stessa prevedeva altri mezzi di purificazione da tutte le trasgressioni che gli stessi accusatori di Cristo commettevano frequentemente -, né lo avrebbe dovuto fare con una simile crudeltà e col castigo dei flagelli. Il giudice s'ingannò molto ritenendo che i giudei avessero un po' di umanità e di compassione naturale. Il loro accanimento non era da uomini, i quali di solito, vedendo il nemico prostrato, si commuovono e si placano perché hanno un cuore di carne e l'amore per il proprio simile è istintivo e suscita una certa pietà. Quei perfidi erano come trasformati in demoni, i quali s'infuriano maggiormente contro chi è più umiliato ed afflitto e quando lo vedono abbandonato dicono: «Perseguitiamolo adesso, perché non ha chi lo difenda e lo liberi dalle nostre mani».

1336. I sommi sacerdoti e i farisei odiavano implacabilmente l'Autore della vita, perché Lucifero, disperando di poter impedire la morte di lui, li irritava con la sua malvagità senza limiti, istigandoli a ucciderlo con efferatezza. Pilato si trovava fra la luce della verità che conosceva ed i motivi umani che lo dominavano; seguendo l'errore che ragioni del genere solitamente provocano in chi governa, comandò di flagellare duramente colui che dichiarava innocente. L'esecuzione dell'ingiusta sentenza suggerita dal demonio fu affidata a sei soldati tra i più robusti, i quali, da uomini vili, malvagi e senza misericordia, accettarono con molto piacere il ruolo di aguzzini. Chi è adirato e invidioso, infatti, si compiace sempre di dare sfogo al suo furore con azioni ignominiose e crudeli. Subito questi servi di satana, con molti altri, condussero il Signore nel luogo adibito a quel supplizio: un cortile, o una specie di vestibolo, dove solevano torturare i delinquenti affinché confessassero i loro delitti. Il cortile faceva parte di una costruzione non molto alta ed era circondato da colonne: alcune, coperte dall'edificio stesso, lo sostenevano, altre erano scoperte e più basse. Ad una di queste ultime, di marmo, legarono strettamente Gesù, perché lo ritenevano un mago e temevano che sfuggisse dalle loro mani.

1337. Prima lo spogliarono della veste bianca con non minore ignominia di quella usata nel fargliela indossare in casa dell'adultero ed omicida Erode; poi, per sciogliere le corde e le catene con cui era stato legato al momento della cattura nel Getsemani, lo maltrattarono ferocemente, lacerando le piaghe che i lacci, essendo tanto stretti, gli avevano procurato nelle braccia e nei polsi. Una volta liberate le divine mani, gli comandarono imperiosamente e con imprecazioni di spogliarsi da solo della tunica inconsutile, la stessa con cui da bambino la sua Madre santissima lo aveva vestito in Egitto, quando gli aveva tolto le fasce. In quel momento il Signore non portava altro abito, perché all'arresto gli avevano levato il mantello che solitamente indossava. Il Figlio dell'eterno Padre obbedì ai carnefici ed incominciò a spogliarsi, subendo il disonore della nudità di fronte a tanta gente. Poiché agli artefici di quella spietatezza sembrò che per pudore il Salvatore tardasse a svestirsi, con violenza gli strapparono la tunica a rovescio per denudarlo più velocemente. Sua Maestà rimase soltanto con il perizoma, lo stesso che Maria santissima gli aveva messo insieme alla tunicella in Egitto, giacché gli abiti erano cresciuti col sacro corpo senza che egli se li togliesse mai; così anche i sandali, che aveva portato sempre, salvo che nel periodo della predicazione, quando camminava spesso a piedi scalzi.

1338. Ho saputo che qualche dottore ha detto o meditato che il nostro Redentore fu denudato del tutto, sia per essere flagellato sia per essere crocifisso, e che egli permise tale vergogna a maggior tormento della propria persona. Avendo ricercato la verità in seguito ad un nuovo ordine dell'obbedienza, mi è stato manifestato che la pazienza di Cristo fu pronta a patire tutto senza resistere ad infamia alcuna, ma entro i limiti della decenza. I giudei tentarono di offendere ancor più pesantemente il Signore con la totale nudità e si accinsero a privarlo anche del perizoma; non vi riuscirono perché, non appena gli si accostavano, le loro braccia s'intirizzivano e gelavano, come era avvenuto nella casa di Caifa quando avevano preteso di compiere il medesimo gesto. E per quanto i sei carnefici si avvicinassero per dare prova della loro forza in questa ingiuria, accadde a tutti la stessa cosa, sebbene poco dopo, per flagellare Gesù con più crudeltà, questi ministri del peccato alzassero un po' detto perizoma - poiché sua Maestà sin qui lo permise - senza toglierlo completamente. Neppure il miracolo di vedersi impediti nel commettere simili scelleratezze mosse o addolcì i cuori di quelle bestie umane, che anzi, con diabolica follia, l'attribuirono all'arte magica che imputavano all'Autore della verità e della vita.

1339. In questa forma, dunque, il divino Maestro restò nudo alla presenza di molta gente e i sei aguzzini lo legarono brutalmente ad una colonna di quell'edificio per percuoterlo meglio. Quindi cominciarono per ordine, a due a due, a colpirlo così duramente come non sarebbe stato possibile alla natura umana se lo stesso Lucifero non si fosse impossessato del cuore empio di quei suoi servi. I primi due flagellarono l'innocentissimo Signore con alcune cordicelle molto ritorte, grosse e rigide, dando prova del loro disprezzo furioso e della loro forza fisica. I primi flagelli formarono in tutto il corpo deificato del nostro Salvatore grandi gonfiori e livide contusioni, che lo sfigurarono, giungendo quasi a fargli versare il preziosissimo sangue per le ferite. Quando questi carnefici si stancarono, ne subentrarono altri due, che a gara, con estremità di cuoio simili a redini durissime, lo colpirono sulle prime percosse, rompendo quelle bolle e quei rigonfiamenti fatti dai primi e facendone uscire il sangue divino, che non solo bagnò completamente il nostro Redentore, ma schizzò anche sulle vesti dei sacrileghi soldati e scorse fino a terra. Dopo ciò si fermarono i secondi aguzzini e seguitarono i terzi, servendosi come nuovi strumenti di certe estremità di nervi di animali, duri al pari di arbusti secchi. Costoro flagellarono sua Maestà con maggiore brutalità, sia perché non percuotevano più il suo corpo verginale bensì le ferite stesse procurate dagli altri, sia perché furono ancora occultamente istigati dai demoni, la furia dei quali cresceva a motivo della pazienza di Cristo.

1340. Poiché Gesù era tutto una piaga e le sue vene erano già aperte, gli ultimi carnefici non trovarono alcun membro sano da ferire, ma continuarono a lacerare quella carne immacolata, riducendola a brandelli e scoprendo le spalle in molti punti, cosicché le ossa, tinte di sangue, divennero ben visibili per più di un palmo di mano. Per cancellare completamente la sua bellezza, superiore a quella di tutti i figli degli uomini, lo flagellarono sul viso, sui piedi e sulle mani fin dove poterono scatenare il loro furore contro l'innocentissimo Agnello. E questi colpi furono incomparabilmente dolorosi, essendo tali parti più innervate, sensibili e delicate. Il sangue del Signore scorse a terra, aggrumandosi con abbondanza; quel venerabile volto divenne tumido e piagato; gli occhi furono accecati dal sangue e dai rigonfiamenti che vi si formarono. Come se non bastasse, lo imbrattarono di sputi e lo coprirono d'insulti. Il numero preciso delle sferzate date al Salvatore fu di cinquemilacentoquindici, dalla pianta dei piedi alla testa. Così l'Autore e padrone di ogni cosa creata, che per natura divina era impassibile, si fece per noi, nella condizione della nostra carne, uomo di dolori, molto esperto nelle sofferenze umane, ultimo di tutti e da tutti deriso.

1341. La folla che seguiva il Nazareno aveva riempito i cortili della casa di Pilato sin nella strada, perché aspettava di vedere come sarebbe andata a finire quella vicenda; ciascuno parlava concitatamente, secondo il giudizio che si era formato sull'evento. In mezzo alla confusione, la Vergine sopportò offese e tribolazioni incomparabili per gli insulti e le bestemmie che giudei e pagani proferivano contro il suo Figlio santissimo. E quando lo condussero al luogo della flagellazione, la prudentissima Signora, accompagnata dalle Marie e da san Giovanni, si ritirò in un angolo del cortile, dove una visione chiarissima le mostrò i tormenti sofferti dal nostro Redentore. Benché non guardasse con gli occhi del corpo, vide tutto meglio che se fosse stata molto vicino e niente le rimase nascosto. Non è umanamente comprensibile quali e quante pene ella abbia patito in questa circostanza: si conosceranno in Dio, unitamente ad altri misteri imperscrutabili, quando in lui saranno manifestati a tutti per la gloria del Figlio e della Madre. Ho già detto altrove in questa Storia - e soprattutto narrando la passione del Signore - che Maria santissima avvertì sensibilmente ogni sofferenza provata da Gesù. Lo stesso accadde anche durante la flagellazione: i colpi dati a Cristo nostro bene si ripercuotevano nelle medesime parti del corpo della gran Regina. E per quanto ella non versasse altro sangue all'infuori di quello effuso insieme alle lacrime, né si trasferissero a lei le piaghe del Figlio, lo strazio la trasformò e sfigurò a tal punto che san Giovanni e le Marie non la riconoscevano più. Oltre ai dolori fisici, furono indescrivibili quelli della sua anima purissima, perché in essa, crescendo la conoscenza, aumentò l'afflizione. Ella sola fra tutte le creature poté e seppe unire all'amore naturale di madre e alla suprema carità verso Cristo la capacità di comprendere l'innocenza di lui, la dignità della sua divina persona e il peso delle ingiurie inflittegli dalla perfidia giudaica e dagli altri figli di Adamo, che egli riscattava dalla morte eterna.

1342. Dopo la flagellazione gli stessi carnefici, con audacia imperiosa, sciolsero il nostro Salvatore dalla colonna e, bestemmiando nuovamente, gli comandarono di rivestirsi subito della tunica che gli avevano tolto. Uno di quei soldati, incitato dal demonio, aveva nascosto la veste del mansuetissimo Maestro, affinché non la trovasse e, per sua maggiore derisione, rimanesse nudo. La Madre del Signore conobbe questo intento malvagio e, usando della sua potestà di regina, ordinò a Lucifero e a tutti i suoi diavoli di andarsene da quel luogo; ed essi si allontanarono all'istante, costretti dalla forza e dal potere di sua Altezza. Allora ella diede ordine ai santi angeli di riporre l'abito del suo Figlio santissimo in un posto da cui egli potesse riprenderlo per ricoprire il suo sacro corpo piagato. Gli spiriti celesti obbedirono prontamente. I sacrileghi soldati non compresero che era stato operato un miracolo, ma attribuirono il fatto ad arte magica. Il nostro Redentore si rivestì, dopo aver sopportato sulle piaghe il nuovo dolore causatogli dal rigore della notte, poiché - come riferisce il Vangelo - faceva freddo. Sua Maestà, infatti, era stato nudo a lungo, per cui il sangue delle ferite si era congelato e comprimeva le piaghe, divenute più gonfie e dolorose. La temperatura rigida lo aveva debilitato al punto che gli venivano meno le forze per sopportare quei tormenti, per quanto l'incendio della sua infinita carità lo spingesse a patire e a desiderare sempre più e più pene. Nonostante che nelle creature ragionevoli la pietà sia naturale, non vi fu chi si accorgesse della sua sofferenza e del suo stato di bisogno ad eccezione della Madre addolorata, la quale piangeva per il genere umano e, compatendolo, si affliggeva.

1343. Tra i misteri di Cristo nascosti all'umana sapienza, suscita grande meraviglia che lo sdegno dei giudei, uomini di carne e sangue come noi, non si placasse al vedere Gesù così piagato e ferito da cinquemilacentoquindici colpi; stupisce che un oggetto tanto misero non muovesse in quei perfidi un'istintiva compassione, ma che anzi la loro invidia escogitasse ingiurie e tormenti nuovi contro chi era già provato a tal segno. Il loro furore era talmente implacabile che senza porre tempo in mezzo essi tentarono un altro inaudito genere di angherie: andarono da Pilato e, alla presenza di quelli del suo consiglio, gli dissero: «Questo sobillatore ed ingannatore del popolo, Gesù Nazareno, con le sue furberie e vanità ha cercato di far sì che tutti lo considerino il re dei giudei. Affinché la sua superbia sia umiliata e la sua presunzione svanisca completamente, desideriamo che tu ci consenta di mettergli le insegne regali che la sua fantasia si è meritata». Il governatore acconsentì all'ingiusta richiesta, dando loro licenza di eseguirla.

1344. Condussero subito il Salvatore al pretorio, dove lo spogliarono nuovamente con la stessa crudeltà ed insolenza di prima e gli misero addosso, come veste da finto re, una porpora lacera e sporca perché fosse deriso da tutti. Posero inoltre sulla sua sacra testa un cerchio di giunchi spinosi ben intrecciati, con punte assai acuminate e robuste, e gli premettero questa specie di corona in modo tale che molte spine penetrarono sia fino al cranio, sia fino agli orecchi e agli occhi. Così il tormento che sua Maestà patì con la corona di spine fu uno dei più atroci. Come scettro regale gli misero nella destra una spregevole canna; oltre a tutto ciò gli gettarono sulle spalle un mantello di color viola cupo, simile alle cappe degli ecclesiastici, indumento che faceva parte dell'ornamento proprio dei re. In questa maniera, i giudei rivestirono da re da burla colui che per natura e per titoli era vero Re dei re e Signore dei signori. I soldati si riunirono alla presenza dei sommi sacerdoti e dei farisei e, posto al centro il nostro Redentore, con scherno feroce lo coprirono d'ingiurie. Alcuni gli s'inginocchiavano davanti e gli dicevano per sbeffeggiarlo: «Salve, o re dei giudei!»; altri gli davano schiaffi, altri con la canna che teneva in mano lo percuotevano sul capo ferendolo; altri gli sputavano e tutti lo vituperavano in diversi modi suggeriti loro dalla furia del demonio.

1345. Oh, carità incomprensibile e senza misura! Oh, pazienza mai vista né immaginata tra i figli di Adamo! Chi mai, o mio Signore, poté costringere la vostra grandezza ad umiliarsi - essendo voi Dio vero e onnipotente nell'essere e nelle opere - al punto di soffrire tanti inauditi tormenti ed oltraggi? Ma chi abbandonò la sua condotta malvagia affinché voi non foste obbligato a fare e patire niente per l'umanità, o bene infinito? Chi mai avrebbe creduto o pensato una cosa simile se voi non ci aveste mostrato la vostra sconfinata bontà? Dov'è il nostro senno, ora che con la fermezza della fede contempliamo i meravigliosi doni del vostro amore? Che cosa produce il lume della verità che conosciamo e confessiamo? Quale incantesimo è questo che subiamo? Perché alla vista del vostro dolore, dei flagelli, degli insulti e delle ignominie andiamo in cerca dei piaceri, del riposo, dei privilegi e delle vanità del mondo senza vergogna né timore? Veramente grande è il numero degli stolti, poiché la peggiore empietà è riconoscere il debito e non pagarlo, ricevere il beneficio e non gradirlo, aver sotto gli occhi il massimo bene e disprezzarlo, allontanarlo da noi e non approfittarne, lasciare la vita, fuggirla e seguire la morte eterna. Fra tali e tante offese l'innocentissimo Agnello non aprì bocca e non valsero a mitigare il furioso sdegno dei giudei né la derisione con cui lo disprezzarono, né i tormenti che gli inflissero.

1346. A Pilato parve che l'ingrato popolo si sarebbe commosso vedendo il Nazareno ridotto in quello stato; per questo lo mostrò a tutti da una finestra del pretorio, in modo che guardassero com'era: flagellato, sfigurato e coronato di spine con le vesti ignominiose da finto re. Lo stesso Pilato disse: «Ecce homo. Ecco qui l'uomo che considerate vostro nemico. Che altro posso fargli, dopo averlo castigato con tanto rigore? Ormai non avete più ragione di temerlo. Io non trovo in lui nessuna colpa che meriti la morte». Quello che il governatore affermava corrispondeva alla realtà, ma così facendo egli condannava il suo stesso sopruso: aveva fatto tormentare un uomo che riconosceva e dichiarava giusto e che sapeva non essere degno di morte, e lo aveva permesso in maniera tale che i supplizi lo avrebbero potuto privare non solo di una, ma di più vite. Oh, cecità dell'amor proprio e malvagità di compiacere a forza di condiscendenze coloro che danno e tolgono le dignità! Come oscurano la ragione questi sentimenti perversi, facendo pendere la bilancia della giustizia, adulterandola nella più grande delle verità e nella condanna del Giusto dei giusti! Tremate, o giudici della terra, e badate che la stadera dei vostri giudizi e dettami non sia fraudolenta, perché in una sentenza ingiusta i giudicati e i condannati siete voi. E siccome i sommi sacerdoti e i farisei desideravano pervicacemente eliminare Cristo nostro salvatore, niente che fosse meno della morte li poteva contentare; quindi, risposero a Pilato: «Crocifiggilo, crocifiggilo!».

1347. La benedetta tra le donne, Maria santissima, vide Gesù quando il governatore lo presentò al popolo dicendo "Ecce homo", e inginocchiatasi lo adorò e lo confessò come vero Dio-uomo. Lo stesso fecero san Giovanni, le Marie e gli angeli che assistevano la gran Signora, perché, come madre del nostro Salvatore e come regina di tutti, ella comandò loro di fare così. Essi inoltre sapevano che ciò corrispondeva alla volontà di Dio. La prudentissima colomba disse agli spiriti celesti, all'eterno Padre e molto più al suo amantissimo Figlio intense parole di dolore, di compassione e di profonda venerazione, quali poterono essere concepite solo nel suo cuore ardente e casto. Con la sua altissima sapienza considerò inoltre che, in quella circostanza in cui sua Maestà era così insultato, disprezzato e schernito dai giudei, era assolutamente necessario conservare il credito della sua innocenza. Dietro questa saggia determinazione, la gran Regina rinnovò le preghiere fatte in precedenza per Pilato, affinché costui, in quanto chiamato a giudicare, continuasse a dichiarare che il nostro Redentore non era né degno di morte né malfattore come i giudei pretendevano, e affinché il mondo comprendesse la verità.

1348. In virtù della preghiera della beatissima Vergine, l'ingiusto giudice sentì grande pietà nel vedere il Signore così maltrattato con flagelli e insulti, e gli dispiacque che lo avessero straziato con tanta ferocia. Benché tutti questi moti fossero alquanto favoriti dalla sua natura dolce e compassionevole, era soprattutto la luce che riceveva per intercessione della Madre della grazia ad operare in lui, ispirandogli di trattenersi con i giudei a questionare circa la libertà da concedere a Gesù nostro salvatore, come riferisce l'evangelista san Giovanni dopo la coronazione di spine. Poiché essi gli chiedevano di crocifiggerlo, Pilato rispose: «Prendetelo voi e crocifiggetelo; io non trovo in lui nessuna colpa». Gli risposero i Giudei: «Noi abbiamo una legge e secondo questa legge deve morire, perché si è fatto Figlio di Dio» All'udir ciò, il governatore ebbe ancor più paura e, secondo il concetto di divinità che aveva, pensò che il Nazareno potesse davvero essere Figlio di Dio. Rientrato nel pretorio, in disparte si rivolse al Signore e gli domandò di dove fosse; ma non ottenne risposta, perché non era in grado di comprenderla e neppure la meritava. Tuttavia egli tornò ad insistere con il Re del cielo: «Non mi parli? Non sai che ho il potere di metterti in libertà e il potere di metterti in croce?». Con queste parole Pilato intendeva obbligare Gesù a discolparsi e a dirgli qualcosa su ciò che desiderava sapere. Era convinto che un uomo tanto afflitto e tormentato avrebbe accettato qualunque favore offertogli dal giudice.

1349. Il Maestro della verità invece parlò senza difendersi e con maggiore sublimità di quella che Pilato cercava: «Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall'alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani ha una colpa più grande». Anche solo una simile affermazione avrebbe dovuto persuadere il giudice a non condannare Cristo, facendogli capire che su quell'uomo non avevano potere né lui né Cesare, che un ordine più alto ne aveva permesso, contro la ragione e la giustizia, la consegna alla sua giurisdizione, che perciò Giuda e i capi del popolo, non liberandolo, avevano peccato più gravemente di lui, pur essendo anch'egli reo della medesima colpa, benché in misura minore rispetto agli altri. Pilato non giunse a conoscere questa misteriosa verità e s'intimorì molto per le parole del Signore, adoperandosi maggiormente per rilasciarlo. Poiché compresero il suo intento, i sommi sacerdoti lo minacciarono insinuando che, se non avesse privato della vita chi si faceva re o lo avesse addirittura liberato, sarebbe incorso nell'inimicizia dell'imperatore. Gli dissero infatti: «Se liberi costui, non sei amico di Cesare! Chiunque infatti si fa re si mette contro Cesare». Dissero questo perché gli imperatori romani non consentivano a nessuno in tutto l'impero di ardire d'impadronirsi del titolo regale senza la loro volontà e, se Pilato avesse accondisceso a ciò, non avrebbe osservato i decreti di Cesare. All'insidiosa minaccia dei giudei, Pilato si turbò molto e all'ora sesta tornò ad insistere un'altra volta dicendo loro: «Ecco il vostro re!». Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!». Disse loro Pilato: «Metterò in croce il vostro re?». Risposero i sommi sacerdoti: «Non abbiamo altro re all'infuori di Cesare».

1350. Il governatore si lasciò vincere dall'ostinazione e dalla malvagità dei giudei e, sedutosi in tribunale - detto in greco Litòstroto e in ebraico Gabbatà -, nel giorno della Parasceve pronunciò la sentenza di morte contro l'Autore della vita. I capi del popolo se ne andarono pienamente soddisfatti e con grande gioia, divulgando quel verdetto nel quale, senza che essi lo sapessero, è racchiusa la nostra salvezza. La Madre addolorata, stando fuori, conobbe tutto contemplandolo in visione. E quando i sommi sacerdoti e i farisei uscirono rendendo pubblica la notizia della condanna alla crocifissione, si rinnovò lo strazio del suo castissimo cuore, che fu trafitto, penetrato e trapassato crudelmente dalla spada dell'amarezza. Poiché la pena di Maria santissima in tale circostanza superò ogni umano pensiero, non posso parlarne, ma devo rimetterne la considerazione alla pietà cristiana. Tantomeno è possibile riferire i suoi atti interiori di adorazione, culto, riverenza, amore, compassione, dolore.

Insegnamento della Regina del cielo

1351. Figlia mia, sei piena di meraviglia nel considerare la durezza di cuore dei giudei e la condiscendenza di Pilato, il quale di fronte all'innocenza di mio Figlio riconobbe la loro cattiveria, ma se ne lasciò vincere. Io ti voglio trarre fuori da questo stupore con l'insegnamento e gli ammonimenti che ti occorrono, affinché tu sia vigilante nel cammino della vita. Sai già che le antiche profezie dei misteri della redenzione e tutte le sacre Scritture sono infallibili, poiché passeranno il cielo e la terra prima che cessino di compiersi secondo quanto ha stabilito la mente divina. Ora, perché si realizzasse la vergognosissima morte profetizzata per il mio Gesù, era necessario che al mondo vi fossero uomini che lo perseguitassero, ma che questi fossero i giudei e i loro capi, e che Pilato fosse l'ingiusto giudice che lo condannò, fu loro sfortuna e somma infelicità e non scelta dell'Altissimo, che avrebbe voluto tutti salvi. Essi furono condotti a tanta rovina dalle proprie colpe e dalla somma malvagità con cui opposero resistenza alla grazia rifiutando benefici incommensurabili, come quello di avere con sé il loro Salvatore e maestro, di avere a che fare con lui, di conoscerlo, di udirne la predicazione e l'insegnamento, di assistere ai suoi miracoli e di ricevere tanti favori che nessuno degli antichi padri aveva potuto ottenere, per quanto li avesse bramati. Così fu giustificata la causa del Signore e fu noto a tutti che, per quanto egli avesse coltivato con le proprie mani la sua vigna e l'avesse colmata di beni, essa gli diede in cambio spine e tribolazioni, tolse la vita al padrone che l'aveva piantata e non volle riconoscerlo, come doveva e poteva meglio degli stranieri.

1352. Quanto successe a Cristo capo avverrà sino alla fine del mondo alle membra del suo corpo mistico che sono i giusti, perché sarebbe scandaloso che le membra non corrispondessero al capo, i figli al padre e i discepoli al maestro. E anche se gli scandali sono inevitabili perché nel mondo sempre vivranno insieme i perseguitati e i persecutori, chi dia la morte e chi la subisca, chi mortifichi e chi sia umiliato, nondimeno le diverse sorti sono frutto della malizia o della bontà degli uomini. Sciagurato colui che, per sua colpa e cattiva volontà, provoca lo scandalo e si rende così strumento del demonio. I primi ad accanirsi contro la nuova Chiesa furono i sommi sacerdoti, i farisei e Pilato, i quali ne perseguitarono il capo e, nel corso dei secoli, sono imitati da quelli che ne fanno soffrire il mistico corpo.

1353. Adesso dunque carissima, alla presenza del Signore e mia, considera quale sorte tu voglia scegliere. Il tuo Redentore e sposo fu tormentato, coronato di spine e oltraggiato: se brami appartenere al suo corpo mistico non è certo conveniente né possibile che tu viva nei piaceri secondo la carne. Tu devi essere quella che è perseguitata e non perseguita, che è oppressa e non opprime, che patisce senza far patire il suo prossimo, che porta la croce e sopporta lo scandalo e non lo causa; anzi, nella misura in cui ti sarà possibile, devi procurare agli altri il rimedio e la salvezza, ricercando la perfezione del tuo stato e della tua vocazione. Questa è la parte di eredità degli amici di Dio e dei suoi figli nella vita mortale; in essa si trova la partecipazione alla grazia e alla gloria, che mio Figlio acquistò per il genere umano con i tormenti, le ingiurie e la morte di croce. Anch'io, poi, cooperai all'opera della salvezza, costatami i dolori e le afflizioni che hai inteso: fa' in modo di non cancellare mai dal tuo cuore le loro immagini e la loro memoria. L'Onnipotente avrebbe potuto far grandi nel tempo i suoi eletti, dare loro ricchezze, doni e fama, renderli forti come leoni e capaci di sottomettere ogni cosa al loro potere invincibile. Ma non conveniva condurli per una simile via perché gli uomini non s'ingannassero, pensando che la felicità consistesse nella grandezza di ciò che è visibile e terreno; in tal caso, infatti, avrebbero abbandonato le virtù ed oscurato la gloria del Signore, non avrebbero sperimentato l'efficacia della grazia divina, né aspirato a ciò che è spirituale ed eterno. Voglio che t'impegni continuamente e tragga profitto da questa scienza ogni giorno, mettendo in pratica tutto quello che vi scopri e conosci.


12-127 Aprile 3, 1920 Tutta la Volontà di Dio nel creare l’uomo fu che in tutto facesse la sua Volontà, per poter sviluppare in lui la sua Vita.

Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)

(1) Continuando il mio povero stato, mi sentivo il mio amabile Gesù nel mio interno, che si univa a pregare insieme con me, e poi mi ha detto:

(2) “Figlia mia, tutta la mia Volontà nel creare l’uomo, fu che in tutto facesse la mia Volontà, e come andava di mano in mano facendo questa mia Volontà, così venivo a completare la Vita mia in lui, in modo che, dopo ripetuti atti fatti nella mia Volontà, formando la mia Vita in lei, Io venivo da lui, e trovandolo simile a Me, il sole della mia Vita, trovando il sole della mia Vita che si era formato nell’anima, lo avrebbe assorbito in Me, e trasformandosi insieme, come due soli in uno, lo portavo nelle delizie del Cielo. Ora, la creatura col non fare la mia Volontà, oppure se ora la fa ed ora no, la mia Vita viene dimezzata con la vita umana, e la Vita Divina non può completarsi; cogli atti umani viene oscurata, non riceve cibo abbondante per dare uno sviluppo che basti per poter formare una vita, perciò l’anima è in continua opposizione allo scopo della Creazione, ma ahi! quanti vi ne sono che col vivere la vita del peccato, delle passioni, formano in loro la vita diabolica”.