Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 3° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Luca 23
1Tutta l'assemblea si alzò, lo condussero da Pilato2e cominciarono ad accusarlo: "Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re".3Pilato lo interrogò: "Sei tu il re dei Giudei?". Ed egli rispose: "Tu lo dici".4Pilato disse ai sommi sacerdoti e alla folla: "Non trovo nessuna colpa in quest'uomo".5Ma essi insistevano: "Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui".
6Udito ciò, Pilato domandò se era Galileo7e, saputo che apparteneva alla giurisdizione di Erode, lo mandò da Erode che in quei giorni si trovava anch'egli a Gerusalemme.
8Vedendo Gesù, Erode si rallegrò molto, perché da molto tempo desiderava vederlo per averne sentito parlare e sperava di vedere qualche miracolo fatto da lui.9Lo interrogò con molte domande, ma Gesù non gli rispose nulla.10C'erano là anche i sommi sacerdoti e gli scribi, e lo accusavano con insistenza.11Allora Erode, con i suoi soldati, lo insultò e lo schernì, poi lo rivestì di una splendida veste e lo rimandò a Pilato.12In quel giorno Erode e Pilato diventarono amici; prima infatti c'era stata inimicizia tra loro.
13Pilato, riuniti i sommi sacerdoti, le autorità e il popolo,14disse: "Mi avete portato quest'uomo come sobillatore del popolo; ecco, l'ho esaminato davanti a voi, ma non ho trovato in lui nessuna colpa di quelle di cui lo accusate;15e neanche Erode, infatti ce l'ha rimandato. Ecco, egli non ha fatto nulla che meriti la morte.16Perciò, dopo averlo severamente castigato, lo rilascerò".17.18Ma essi si misero a gridare tutti insieme: "A morte costui! Dacci libero Barabba!".19Questi era stato messo in carcere per una sommossa scoppiata in città e per omicidio.
20Pilato parlò loro di nuovo, volendo rilasciare Gesù.21Ma essi urlavano: "Crocifiggilo, crocifiggilo!".22Ed egli, per la terza volta, disse loro: "Ma che male ha fatto costui? Non ho trovato nulla in lui che meriti la morte. Lo castigherò severamente e poi lo rilascerò".23Essi però insistevano a gran voce, chiedendo che venisse crocifisso; e le loro grida crescevano.24Pilato allora decise che la loro richiesta fosse eseguita.25Rilasciò colui che era stato messo in carcere per sommossa e omicidio e che essi richiedevano, e abbandonò Gesù alla loro volontà.
26Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirène che veniva dalla campagna e gli misero addosso la croce da portare dietro a Gesù.27Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui.28Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse: "Figlie di Gerusalemme, non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli.29Ecco, verranno giorni nei quali si dirà: Beate le sterili e i grembi che non hanno generato e le mammelle che non hanno allattato.
30Allora cominceranno a 'dire ai monti':
'Cadete su di noi!
e ai colli:
Copriteci!'
31Perché se trattano così il legno verde, che avverrà del legno secco?".
32Venivano condotti insieme con lui anche due malfattori per essere giustiziati.
33Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra.34Gesù diceva: "Padre, perdonali, perché non sanno quello che fanno".
'Dopo essersi poi divise le sue vesti, le tirarono a sorte'.
35Il popolo stava 'a vedere', i capi invece lo 'schernivano' dicendo: "Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto".36Anche i soldati lo schernivano, e gli si accostavano per porgergli 'dell'aceto', e dicevano:37"Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso".38C'era anche una scritta, sopra il suo capo: Questi è il re dei Giudei.
39Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: "Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!".40Ma l'altro lo rimproverava: "Neanche tu hai timore di Dio e sei dannato alla stessa pena?41Noi giustamente, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male".42E aggiunse: "Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno".43Gli rispose: "In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso".
44Era verso mezzogiorno, quando il sole si eclissò e si fece buio su tutta la terra fino alle tre del pomeriggio.45Il velo del tempio si squarciò nel mezzo.46Gesù, gridando a gran voce, disse: "Padre, 'nelle tue mani consegno il mio spirito'". Detto questo spirò.
47Visto ciò che era accaduto, il centurione glorificava Dio: "Veramente quest'uomo era giusto".48Anche tutte le folle che erano accorse a questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornavano percuotendosi il petto.49Tutti i suoi conoscenti assistevano da lontano e così le donne che lo avevano seguito fin dalla Galilea, osservando questi avvenimenti.
50C'era un uomo di nome Giuseppe, membro del sinedrio, persona buona e giusta.51Non aveva aderito alla decisione e all'operato degli altri. Egli era di Arimatéa, una città dei Giudei, e aspettava il regno di Dio.52Si presentò a Pilato e chiese il corpo di Gesù.53Lo calò dalla croce, lo avvolse in un lenzuolo e lo depose in una tomba scavata nella roccia, nella quale nessuno era stato ancora deposto.54Era il giorno della parascève e già splendevano le luci del sabato.55Le donne che erano venute con Gesù dalla Galilea seguivano Giuseppe; esse osservarono la tomba e come era stato deposto il corpo di Gesù,56poi tornarono indietro e prepararono aromi e oli profumati. Il giorno di sabato osservarono il riposo secondo il comandamento.
Secondo libro delle Cronache 26
1Tutto il popolo di Giuda prese Ozia che aveva sedici anni e lo proclamò re al posto del padre Amazia.2Egli ricostruì Elat e la ricondusse sotto il dominio di Giuda, dopo che il re si era addormentato con i suoi padri.
3Ozia aveva sedici anni quando divenne re; regnò cinquantadue anni in Gerusalemme. Sua madre, di Gerusalemme, si chiamava Iecolia.4Egli fece ciò che è retto agli occhi del Signore come aveva fatto Amazia suo padre.5Egli ricercò Dio finché visse Zaccaria, che l'aveva istruito nel timore di Dio, e finché egli ricercò il Signore, Dio lo fece prosperare.
6Uscito in guerra contro i Filistei, smantellò le mura di Gat, di Iabne e di Asdòd; costruì piazzeforti nel territorio di Asdòd e in quello dei Filistei.7Dio lo aiutò contro i Filistei, contro gli Arabi abitanti in Gur-Baal e contro i Meuniti.8Gli Ammoniti pagavano un tributo a Ozia, la cui fama giunse sino alla frontiera egiziana, perché egli era divenuto molto potente.
9Ozia costruì torri in Gerusalemme alla porta dell'Angolo e alla porta della Valle e sul Cantone e le fortificò.10Costruì anche torri nella steppa e scavò molte cisterne perché possedeva numeroso bestiame nella pianura e nell'altipiano; aveva campagnoli e vignaioli sui monti e sulle colline, perché egli amava l'agricoltura.
11Ozia possedeva un esercito agguerrito e pronto per combattere, diviso in schiere, registrate sotto la sorveglianze dello scriba Ieiel e di Maaseia, commissario agli ordini di Anania, uno degli ufficiali del re.12Tutti i capi dei casati di quei prodi ammontavano a duemilaseicento.13Da loro dipendeva un esercito di trecentosettemilacinquecento guerrieri di grande valore, pronti per aiutare il re contro il nemico.14A loro, cioè a tutto l'esercito, Ozia fornì scudi e lance, elmi, corazze, archi e pietre per le fionde.15In Gerusalemme aveva fatto costruire macchine, inventate da un esperto, che collocò sulle torri e sugli angoli per scagliare frecce e grandi pietre. La fama di Ozia giunse in regioni lontane; divenne potente perché fu molto assistito.
16Ma in seguito a tanta potenza si insuperbì il suo cuore fino a rovinarsi. Difatti si mostrò infedele al Signore suo Dio. Penetrò nel tempio per bruciare incenso sull'altare.17Dietro a lui entrò il sacerdote Azaria con ottanta sacerdoti del Signore, uomini virtuosi.18Questi si opposero al re Ozia, dicendogli: "Non tocca a te, Ozia, offrire l'incenso, ma ai sacerdoti figli di Aronne che sono stati consacrati per offrire l'incenso. Esci dal santuario, perché hai commesso un'infrazione alla legge. Non hai diritto alla gloria che viene dal Signore Dio".19Ozia, che teneva in mano il braciere per offrire l'incenso, si adirò. Mentre sfogava la sua collera contro i sacerdoti, gli spuntò la lebbra sulla fronte davanti ai sacerdoti nel tempio presso l'altare dell'incenso.20Azaria sommo sacerdote, e tutti i sacerdoti si voltarono verso di lui, che apparve con la lebbra sulla fronte. Lo fecero uscire in fretta di lì; anch'egli si precipitò per uscire, poiché il Signore l'aveva colpito.21Il re Ozia rimase lebbroso fino al giorno della morte. Egli abitò in una casa di isolamento, come lebbroso, escluso dal tempio. Suo figlio Iotam dirigeva la reggia e governava il popolo del paese.
22Le altre gesta di Ozia, le prime come le ultime, le ha descritte il profeta Isaia, figlio di Amoz.23Ozia si addormentò con i suoi padri con i quali fu sepolto nel campo presso le tombe reali, perché si diceva: "È un lebbroso". Al suo posto divenne re suo figlio Iotam.
Siracide 27
1Per amor del denaro molti peccano,
chi cerca di arricchire procede senza scrupoli.
2Fra le giunture delle pietre si conficca un piuolo,
tra la compra e la vendita si insinua il peccato.
3Se uno non si aggrappa in fretta al timor del Signore,
la sua casa andrà presto in rovina.
4Quando si agita un vaglio, restano i rifiuti;
così quando un uomo riflette, gli appaiono i suoi difetti.
5La fornace prova gli oggetti del vasaio,
la prova dell'uomo si ha nella sua conversazione.
6Il frutto dimostra come è coltivato l'albero,
così la parola rivela il sentimento dell'uomo.
7Non lodare un uomo prima che abbia parlato,
poiché questa è la prova degli uomini.
8Se cerchi la giustizia, la raggiungerai
e te ne rivestirai come di un manto di gloria.
9Gli uccelli sostano presso i loro simili,
la lealtà ritorna a quelli che la praticano.
10Il leone sta in agguato della preda,
così il peccato di coloro che praticano l'ingiustizia.
11Nel discorso del pio c'è sempre saggezza,
lo stolto muta come la luna.
12Tra gli insensati bada al tempo,
tra i saggi fèrmati a lungo.
13Il discorso degli stolti è un orrore,
il loro riso fra i bagordi del peccato.
14Il linguaggio di chi giura spesso fa rizzare i capelli,
e le loro questioni fan turare gli orecchi.
15Uno spargimento di sangue è la rissa dei superbi,
le loro invettive sono un ascolto penoso.
16Chi svela i segreti perde la fiducia
e non trova più un amico per il suo cuore.
17Ama l'amico e sii a lui fedele,
ma se hai svelato i suoi segreti, non seguirlo più,
18perché come chi ha perduto un defunto,
così tu hai perduto l'amicizia del tuo prossimo.
19Come un uccello, che ti sei fatto scappare di mano,
così hai lasciato andare il tuo amico e non lo
riprenderai.
20Non seguirlo, perché ormai è lontano;
è fuggito come una gazzella dal laccio.
21Poiché una ferita si può fasciarla
e un'ingiuria si può riparare,
ma chi ha svelato segreti non ha più speranza.
22Chi ammicca con l'occhio trama il male,
e nessuno potrà distoglierlo.
23Davanti a te il suo parlare è tutto dolce,
ammira i tuoi discorsi,
ma alle tue spalle cambierà il suo parlare
e porrà inciampo alle tue parole.
24Io odio molte cose, ma nessuna quanto lui,
anche il Signore lo ha in odio.
25Chi scaglia un sasso in alto, se lo scaglia sulla
testa,
e un colpo a tradimento ferisce chi lo vibra.
26Chi scava una fossa vi cadrà dentro,
chi tende un laccio vi resterà preso.
27Il male si riverserà su chi lo fa,
egli non saprà neppure da dove gli venga.
28Derisione e insulto per il superbo,
la vendetta, come un leone, lo attende al varco.
29Saran presi al laccio quanti gioiscono per la caduta
dei pii,
il dolore li consumerà prima della loro morte.
30Anche il rancore e l'ira sono un abominio,
il peccatore li possiede.
Salmi 84
1'Al maestro del coro. Su "I torchi...". Dei figli di Core. Salmo.'
2Quanto sono amabili le tue dimore,
Signore degli eserciti!
3L'anima mia languisce
e brama gli atri del Signore.
Il mio cuore e la mia carne
esultano nel Dio vivente.
4Anche il passero trova la casa,
la rondine il nido,
dove porre i suoi piccoli,
presso i tuoi altari,
Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.
5Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi!
6Beato chi trova in te la sua forza
e decide nel suo cuore il santo viaggio.
7Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente,
anche la prima pioggia
l'ammanta di benedizioni.
8Cresce lungo il cammino il suo vigore,
finché compare davanti a Dio in Sion.
9Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,
porgi l'orecchio, Dio di Giacobbe.
10Vedi, Dio, nostro scudo,
guarda il volto del tuo consacrato.
11Per me un giorno nei tuoi atri
è più che mille altrove,
stare sulla soglia della casa del mio Dio
è meglio che abitare nelle tende degli empi.
12Poiché sole e scudo è il Signore Dio;
il Signore concede grazia e gloria,
non rifiuta il bene
a chi cammina con rettitudine.
13Signore degli eserciti,
beato l'uomo che in te confida.
Daniele 3
1Il re Nabucodònosor aveva fatto costruire una statua d'oro, alta sessanta cubiti e larga sei, e l'aveva fatta erigere nella pianura di Dura, nella provincia di Babilonia.
2Quindi il re Nabucodònosor aveva convocato i sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province, perché presenziassero all'inaugurazione della statua che il re Nabucodònosor aveva fatto erigere.
3I sàtrapi, i prefetti, i governatori, i consiglieri, i tesorieri, i giudici, i questori e tutte le alte autorità delle province vennero all'inaugurazione della statua. Essi si disposero davanti alla statua fatta erigere dal re.
4Un banditore gridò ad alta voce: "Popoli, nazioni e lingue, a voi è rivolto questo proclama:
5Quando voi udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna, e d'ogni specie di strumenti musicali, vi prostrerete e adorerete la statua d'oro, che il re Nabucodònosor ha fatto innalzare.6Chiunque non si prostrerà alla statua, in quel medesimo istante sarà gettato in mezzo ad una fornace di fuoco ardente".
7Perciò tutti i popoli, nazioni e lingue, in quell'istante che ebbero udito il suono del corno, del flauto, dell'arpicordo, del salterio e di ogni specie di strumenti musicali, si prostrarono e adorarono la statua d'oro, che il re Nabucodònosor aveva fatto innalzare.
8Però in quel momento alcuni Caldei si fecero avanti per accusare i Giudei9e andarono a dire al re Nabucodònosor: "Re, vivi per sempre!10Tu hai decretato, o re, che chiunque avrà udito il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, si deve prostrare e adorare la statua d'oro:11chiunque non si prostrerà per adorarla, sia gettato in mezzo ad una fornace con il fuoco acceso.
12Ora, ci sono alcuni Giudei, ai quali hai affidato gli affari della provincia di Babilonia, cioè Sadràch, Mesàch e Abdènego, che non ti obbediscono, re: non servono i tuoi dèi e non adorano la statua d'oro che tu hai fatto innalzare".
13Allora Nabucodònosor, sdegnato, comandò che gli si conducessero Sadràch, Mesàch e Abdènego, e questi comparvero alla presenza del re.14Nabucodònosor disse loro: "È vero, Sadràch, Mesàch e Abdènego, che voi non servite i miei dèi e non adorate la statua d'oro che io ho fatto innalzare?15Ora, se voi sarete pronti, quando udirete il suono del corno, del flauto, della cetra, dell'arpicordo, del salterio, della zampogna e d'ogni specie di strumenti musicali, a prostrarvi e adorare la statua che io ho fatta, bene; altrimenti in quel medesimo istante sarete gettati in mezzo ad una fornace dal fuoco ardente. Qual Dio vi potrà liberare dalla mia mano?".
16Ma Sadràch, Mesàch e Abdènego risposero al re Nabucodònosor: "Re, noi non abbiamo bisogno di darti alcuna risposta in proposito;17sappi però che il nostro Dio, che serviamo, può liberarci dalla fornace con il fuoco acceso e dalla tua mano, o re.18Ma anche se non ci liberasse, sappi, o re, che noi non serviremo mai i tuoi dèi e non adoreremo la statua d'oro che tu hai eretto".19Allora Nabucodònosor, acceso d'ira e con aspetto minaccioso contro Sadràch, Mesàch e Abdènego, ordinò che si aumentasse il fuoco della fornace sette volte più del solito.20Poi, ad alcuni uomini fra i più forti del suo esercito, comandò di legare Sadràch, Mesàch e Abdènego e gettarli nella fornace con il fuoco acceso.21Furono infatti legati, vestiti come erano, con i mantelli, calzari, turbanti e tutti i loro abiti e gettati in mezzo alla fornace con il fuoco acceso.
22Ma quegli uomini, che dietro il severo comando del re avevano acceso al massimo la fornace per gettarvi Sadràch, Mesàch e Abdènego, rimasero uccisi dalle fiamme,23nel momento stesso che i tre giovani Sadràch, Mesàch e Abdènego cadevano legati nella fornace con il fuoco acceso.
24Essi passeggiavano in mezzo alle fiamme, lodavano Dio e benedicevano il Signore.
25Azaria, alzatosi, fece questa preghiera in mezzo al fuoco e aprendo la bocca disse:
26"Benedetto sei tu, Signore Dio dei nostri padri;
degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre.
27Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto;
tutte le tue opere sono vere,
rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi.
28Giusto è stato il tuo giudizio
per quanto hai fatto ricadere su di noi
e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme.
Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo
a causa dei nostri peccati,
29poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui,
allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo.
Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti,
30non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto
quanto ci avevi ordinato per il nostro bene.
31Ora quanto hai fatto ricadere su di noi,
tutto ciò che ci hai fatto, l'hai fatto con retto giudizio:
32ci hai dato in potere dei nostri nemici,
ingiusti, i peggiori fra gli empi,
e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra.
33Ora non osiamo aprire la bocca:
disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi,
ai tuoi adoratori.
34Non ci abbandonare fino in fondo,
per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza;
35non ritirare da noi la tua misericordia,
per amore di Abramo tuo amico,
di Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo,
36ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare
la loro stirpe come le stelle del cielo,
come la sabbia sulla spiaggia del mare.
37Ora invece, Signore,
noi siamo diventati più piccoli
di qualunque altra nazione,
ora siamo umiliati per tutta la terra
a causa dei nostri peccati.
38Ora non abbiamo più né principe,
né capo, né profeta, né olocausto,
né sacrificio, né oblazione, né incenso,
né luogo per presentarti le primiziee trovar misericordia.
39Potessimo esser accolti con il cuore contrito
e con lo spirito umiliato,
come olocausti di montoni e di tori,
come migliaia di grassi agnelli.
40Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te
e ti sia gradito,
perché non c'è confusione per coloro che confidano in te.
41Ora ti seguiamo con tutto il cuore,
ti temiamo e cerchiamo il tuo volto.
42Fa' con noi secondo la tua clemenza,
trattaci secondo la tua benevolenza,
secondo la grandezza della tua misericordia.
43Salvaci con i tuoi prodigi,
da' gloria, Signore, al tuo nome.
44Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi,
siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza;
e sia infranta la loro forza!
45Sappiano che tu sei il Signore,
il Dio unico e glorioso su tutta la terra".
46I servi del re, che li avevano gettati dentro, non cessarono di aumentare il fuoco nella fornace, con bitume, stoppa, pece e sarmenti.47La fiamma si alzava quarantanove cubiti sopra la fornace48e uscendo bruciò quei Caldei che si trovavano vicino alla fornace.49Ma l'angelo del Signore, che era sceso con Azaria e con i suoi compagni nella fornace, allontanò da loro la fiamma del fuoco50e rese l'interno della fornace come un luogo dove soffiasse un vento pieno di rugiada. Così il fuoco non li toccò affatto, non fece loro alcun male, non diede loro alcuna molestia.
51Allora quei tre giovani, a una sola voce, si misero a lodare, a glorificare, a benedire Dio nella fornace dicendo:
52"Benedetto sei tu, Signore, Dio dei padri nostri,
degno di lode e di gloria nei secoli.
Benedetto il tuo nome glorioso e santo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
53Benedetto sei tu nel tuo tempio santo glorioso,
degno di lode e di gloria nei secoli.
54Benedetto sei tu nel trono del tuo regno,
degno di lode e di gloria nei secoli.
55Benedetto sei tu che penetri con lo sguardo gli abissi
e siedi sui cherubini,
degno di lode e di gloria nei secoli.
56Benedetto sei tu nel firmamento del cielo,
degno di lode e di gloria nei secoli.
57Benedite, opere tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
58Benedite, angeli del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
59Benedite, cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
60Benedite, acque tutte, che siete sopra i cieli, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
61Benedite, potenze tutte del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
62Benedite, sole e luna, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
63Benedite, stelle del cielo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
64Benedite, piogge e rugiade, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
65Benedite, o venti tutti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
66Benedite, fuoco e calore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
67Benedite, freddo e caldo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
68Benedite, rugiada e brina, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
69Benedite, gelo e freddo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
70Benedite, ghiacci e nevi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
71Benedite, notti e giorni, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
72Benedite, luce e tenebre, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
73Benedite, folgori e nubi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
74Benedica la terra il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
75Benedite, monti e colline, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
76Benedite, creature tutte
che germinate sulla terra, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
77Benedite, sorgenti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
78Benedite, mari e fiumi, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
79Benedite, mostri marini
e quanto si muove nell'acqua, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
80Benedite, uccelli tutti dell'aria, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
81Benedite, animali tutti, selvaggi e domestici, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
82Benedite, figli dell'uomo, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
83Benedica Israele il Signore,
lo lodi e lo esalti nei secoli.
84Benedite, sacerdoti del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
85Benedite, o servi del Signore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
86Benedite, spiriti e anime dei giusti, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
87Benedite, pii e umili di cuore, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli.
88Benedite, Anania, Azaria e Misaele, il Signore,
lodatelo ed esaltatelo nei secoli,
perché ci ha liberati dagl'inferi,
e salvati dalla mano della morte,
ci ha scampati di mezzo alla fiamma ardente,
ci ha liberati dal fuoco.
89Lodate il Signore, perché egli è buono,
perché la sua grazia dura sempre.
90Benedite, fedeli tutti, il Dio degli dèi,
lodatelo e celebratelo, perché la sua grazia dura sempre".
91Allora il re Nabucodònosor rimase stupito e alzatosi in fretta si rivolse ai suoi ministri: "Non abbiamo noi gettato tre uomini legati in mezzo al fuoco?". "Certo, o re", risposero.
92Egli soggiunse: "Ecco, io vedo quattro uomini sciolti, i quali camminano in mezzo al fuoco, senza subirne alcun danno; anzi il quarto è simile nell'aspetto a un figlio di dèi".
93Allora Nabucodònosor si accostò alla bocca della fornace con il fuoco acceso e prese a dire: "Sadràch, Mesàch, Abdènego, servi del Dio altissimo, uscite, venite fuori". Allora Sadràch, Mesàch e Abdènego uscirono dal fuoco.
94Quindi i satrapi, i prefetti, i governatori e i ministri del re si radunarono e, guardando quegli uomini, videro che sopra i loro corpi il fuoco non aveva avuto nessun potere; che neppure un capello del loro capo era stato bruciato e i loro mantelli non erano stati toccati e neppure l'odore del fuoco era penetrato in essi.
95Nabucodònosor prese a dire: "Benedetto il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, il quale ha mandato il suo angelo e ha liberato i servi che hanno confidato in lui; hanno trasgredito il comando del re e hanno esposto i loro corpi per non servire e per non adorare alcun altro dio che il loro Dio.
96Perciò io decreto che chiunque, a qualsiasi popolo, nazione o lingua appartenga, proferirà offesa contro il Dio di Sadràch, Mesàch e Abdènego, sia tagliato a pezzi e la sua casa sia ridotta a un mucchio di rovine, poiché nessun altro dio può in tal maniera liberare".
97Da allora il re promosse Sadràch, Mesàch e Abdènego a cariche pubbliche nella provincia di Babilonia.
98Il re Nabucodònosor a tutti i popoli, nazioni e lingue, che abitano in tutta la terra: Pace e prosperità!99M'è parso opportuno rendervi noti i prodigi e le meraviglie che il Dio altissimo ha fatto per me.
100Quanto sono grandi i suoi prodigi
e quanto straordinarie le sue meraviglie!
Il suo regno è un regno eterno
e il suo dominio di generazione in generazione.
Seconda lettera di Pietro 1
1Simon Pietro, servo e apostolo di Gesù Cristo, a coloro che hanno ricevuto in sorte con noi la stessa preziosa fede per la giustizia del nostro Dio e salvatore Gesù Cristo:2grazia e pace sia concessa a voi in abbondanza nella conoscenza di Dio e di Gesù Signore nostro.
3La sua potenza divina ci ha fatto dono di ogni bene per quanto riguarda la vita e la pietà, mediante la conoscenza di colui che ci ha chiamati con la sua gloria e potenza.4Con queste ci ha donato i beni grandissimi e preziosi che erano stati promessi, perché diventaste per loro mezzo partecipi della natura divina, essendo sfuggiti alla corruzione che è nel mondo a causa della concupiscenza.5Per questo mettete ogni impegno per aggiungere alla vostra fede la virtù, alla virtù la conoscenza,6alla conoscenza la temperanza, alla temperanza la pazienza, alla pazienza la pietà,7alla pietà l'amore fraterno, all'amore fraterno la carità.8Se queste cose si trovano in abbondanza in voi, non vi lasceranno oziosi né senza frutto per la conoscenza del Signore nostro Gesù Cristo.9Chi invece non ha queste cose è cieco e miope, dimentico di essere stato purificato dai suoi antichi peccati.10Quindi, fratelli, cercate di render sempre più sicura la vostra vocazione e la vostra elezione. Se farete questo non inciamperete mai.11Così infatti vi sarà ampiamente aperto l'ingresso nel regno eterno del Signore nostro e salvatore Gesù Cristo.
12Perciò penso di rammentarvi sempre queste cose, benché le sappiate e stiate saldi nella verità che possedete.13Io credo giusto, finché sono in questa tenda del corpo, di tenervi desti con le mie esortazioni,14sapendo che presto dovrò lasciare questa mia tenda, come mi ha fatto intendere anche il Signore nostro Gesù Cristo.15E procurerò che anche dopo la mia partenza voi abbiate a ricordarvi di queste cose.
16Infatti, non per essere andati dietro a favole artificiosamente inventate vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.17Egli ricevette infatti onore e gloria da Dio Padre quando dalla maestosa gloria gli fu rivolta questa voce: "Questi è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto".18Questa voce noi l'abbiamo udita scendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte.19E così abbiamo conferma migliore della parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l'attenzione, come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e la stella del mattino si levi nei vostri cuori.20Sappiate anzitutto questo: nessuna scrittura profetica va soggetta a privata spiegazione,21poiché non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio.
Capitolo XVIII: Gli esempi dei grandi padri santi
Leggilo nella Biblioteca1. Guarda ai luminosi esempi dei grandi santi padri, nei quali rifulse una pietà veramente perfetta e vedrai come sia ben poco, e quasi nulla, quello che facciamo noi. Ahimé!, che cosa è la nostra vita, paragonata alla vita di quei santi? Veramente santi, e amici di Cristo, costoro servirono il Signore nella fame e nella sete; nel freddo, senza avere di che coprirsi; nel faticoso lavoro; nelle veglie e nei digiuni; nelle preghiere e nelle pie meditazioni; spesso nelle ingiurie e nelle persecuzioni. Quante tribolazioni, e quanto gravi, hanno patito gli apostoli, i martiri, i testimoni della fede, le vergini e tutti gli altri che vollero seguire le orme di Cristo; essi infatti, ebbero in odio se stessi in questo mondo, per possedere le loro anime nella vita eterna. Quale vita rigorosa, e piena di rinunce, vissero questi grandi padri nel deserto; quante lunghe e gravi tentazioni ebbero a sopportare; quanto spesso furono tormentati dal diavolo; quante ripetute e fervide preghiere offrirono a Dio; quali dure astinenze seppero sopportare. Come furono grandi l'ardore e il fervore con i quali mirarono al loro progresso spirituale; come fu coraggiosa la battaglia che essi fecero per vincere i loro vizi; come fu piena e retta la loro intenzione, che essi tennero sempre volta a Dio! Lavoravano per tutta la giornata, e la notte la passavano in continua preghiera; ma neppure durante il lavoro veniva mai meno in loro l'orazione interiore. Tutto il loro tempo era impiegato utilmente; e a loro sembrava troppo corta ogni ora dedicata a Dio; ancora, per la grande soavità della contemplazione, dimenticavano persino la necessità di rifocillare il corpo. Rinunciavano a tutte le ricchezze, alle cariche, agli onori, alle amicizie e alle parentele; nulla volevano avere delle cose del mondo; mangiavano appena quanto era necessario alla vita e si lamentavano quando si dovevano sottomettere a necessità materiali.
2. Erano poveri di cose terrene, molto ricchi invece di grazia e di virtù; esteriormente miserabili, ricompensati però interiormente dalla grazia e dalla consolazione divina; lontani dal mondo, ma vicini a Dio, amici intimi di Dio,; si ritenevano un nulla ed erano disprezzati dagli uomini, ma erano preziosi e cari agli occhi di Dio. Stavano in sincera umiltà, vivevano in schietta obbedienza; camminavano in amore e sapienza: per questo progredivano spiritualmente ogni giorno, e ottenevano tanta grazia presso Dio. Essi sono offerti come esempio per tutti coloro che si sono dati alla vita religiosa; essi ci devono indurre all'avanzamento nel bene, più che non ci induca al rilassamento la schiera delle persone poco fervorose.
3. Quanto fu grande l'ardore di questi uomini di Dio, quando diedero inizio alle loro istituzioni. Quale devozione nella preghiera, quale slancio nella vita, quale rigore in esso vigoreggiò; quanto rispetto e quanta docilità sotto la regola del maestro fiorì in tutti loro. Restano ancora certi ruderi abbandonati, ad attestare che furono veramente uomini santi e perfetti, costoro, che con una strenua lotta, schiacciarono il mondo. Oggi, invece, già uno è ritenuto buono se non tradisce la fede; se riesce a sopportare con pazienza quel che gli tocca. Tale è la nostra attuale condizione di negligente tiepidezza, che ben presto cadiamo nel fervore iniziale; pigri e stanchi, già ci viene a noia la vita. Voglia il cielo che in te non si vada spegnendo del tutto l'avanzamento nelle virtù; in te che frequentemente hai avuto sotto gli occhi gli esempi dei santi.
DISCORSO 377 NELL'ASCENSIONE DEL SIGNORE.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaImpossibile lodare degnamente il Verbo divino. La corsa del gigante. L'Ascensione.
1. Come possiamo, carissimi fratelli, con le nostre parole fuggevoli parlare del Verbo eterno in modo che sia degno? O come le nostre cose basse di quaggiù potrebbero bastare per le cose grandi? Cantano la sua lode i cieli, le virtù, le potenze celesti, i luminari del cielo, le stelle; per quanto può, leva la lode anche la terra, che pur non pretendendo di rendere una lode degna, non vuole però condannare se stessa con ingrato silenzio. Non v'è nessuno che sia in grado di dire con parole, o anche solo di comprendere, come lui che domina su tutta la faccia della terra e governa l'universo in modo soave 1, si sia lanciato felice nella corsa, sorgendo da una estremità del cielo e girando fino all'altro estremo 2. Se egli si estende a ogni luogo, da dove può uscire, dove andare? In realtà non ha estensione spaziale né variazione temporale, non compie uscite o ritorni, ma rimanendo in se stesso, egli tutto intero abbraccia tutto. Non v'è dunque spazio che resti escluso da lui, onnipotente ovunque, o che non comprenda lui, che è esteso senza limiti, o che non accolga la sua venuta. Se si pensa al Verbo in sé, nulla possiamo dire; ma per insegnare agli umili a dire qualcosa di sé, egli abbassò se stesso, prese la condizione di servo 3. Si abbassò nella nostra condizione, e in questa condizione, secondo il racconto del Vangelo, progredì coltivando la sapienza 4, e in essa patì lottando con forza, in essa morì, quindi in essa vinse la morte ed è risorto e, sempre in questa condizione, è tornato al cielo, quel cielo dal quale non si era in realtà mai allontanato. E` dunque benedetto nel firmamento del cielo Colui del quale l'Apostolo ha detto: Per noi è divenuto lui stesso perché la benedizione di Abramo si compisse tra i pagani 5. Balzò lieto come gigante 6. Quale gigante? Viene detto gigante perché con la sua morte vinse la morte, spezzò le porte dell'inferno, ne uscì e ascese al cielo. E chi è questo re della gloria per il quale fu detto ad alcuni prìncipi: Aprite le vostre porte, prìncipi, alzatevi, porte eterne? Si devono alzare le porte perché egli è grande, ed esse, essendo strette, non possono farlo passare, perché entri il re della gloria. Sono prese da spavento: non lo riconoscono: Chi è questo re della gloria? Non è solo Dio, ma anche uomo; non è solo uomo, ma anche Dio. Ma subisce la passione: è davvero Dio? Risorge: è davvero uomo? E` appunto Dio e uomo: ha veramente patito ed è risorto veramente. La frase viene ripetuta due volte in questo medesimo Salmo: Aprite le vostre porte, prìncipi, alzatevi, porte eterne, ed entrerà il re della gloria. Le stesse parole sono ripetute poco sotto, come per sovrabbondanza si ripete qualcosa di non necessario. Ma nella ripetizione fate attenzione al riferimento ultimo e capirete perché si ripeta due volte. Una volta, quando risorge, si aprono le porte degli inferi, l'altra volta, quando ascende, si aprono le porte del cielo. Cosa nuova è che Dio sia presente negli inferi, cosa nuova che un uomo sia assunto in cielo. In entrambi i momenti, in entrambi i luoghi i prìncipi sono presi da spavento: Chi è questo re della gloria? Chi sia lo comprendiamo ascoltando la risposta che viene ripetuta alla loro domanda: Il Signore forte e potente, il Signore forte nella battaglia. Con il vocabolo " battaglia " si fa riferimento al modo come egli affrontò la morte per gli uomini, patendo egli solo per tutti, senza opporre resistenza, egli che pur era onnipotente, e riportando vittoria con la sua morte. Grande dunque questo re della gloria, grande anche negli inferi. Le stesse parole sono rivolte anche alle potenze celesti: Aprite, principi, le vostre porte e alzatevi, porte eterne. Queste sono le porte eterne di cui Pietro teneva le chiavi. Ma poiché egli innalza con sé anche l'uomo, anche qui viene ripetuta la domanda, come davanti a uno non conosciuto: Chi è questo re della gloria? Ma poiché ora egli non si presenta più come combattente, ma come vincitore, non combatte, ma trionfa, viene variata la risposta; non più: il Signore potente in guerra, ma: il Signore delle potenze, egli è il re della gloria 7.
1 - Cf. Sap 8, 1.
2 - Cf. Sal 18, 6-7.
3 - Cf. Fil 2, 8.
4 - Cf. Lc 2, 52.
5 - Gal 3, 13-14.
6 - Sal 18, 6.
7 - Sal 23, 7. 10.
18 - Prosegue il mistero della concezione di Maria santissima
La mistica Città di Dio - Libro primo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca264. Proseguendo, la versione letterale del capitolo ventunesimo dell'Apocalisse si esprime così: Poi venne uno dei sette angeli che hanno le sette coppe piene degli ultimi sette flagelli e mi parlò: «Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello». L'angelo mi trasportò in spirito su di un monte grande e alto, e mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, da Dio, risplendente della gloria di Dio. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte: sopra queste porte stanno dodici angeli e nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele. A oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro, per misurare la città, le sue porte e le sue mura. La città è a forma di quadrato, la sua lunghezza è uguale alla larghezza. L'angelo misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi; la lunghezza, la larghezza e l'altezza sono eguali. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. Le mura sono costruite con diaspro e la città è di oro puro, simile a terso cristallo.
265. Questi angeli, di cui parla in questo luogo l'Evangelista, sono sette tra quelli che stanno alla presenza di Dio, ai quali egli ha dato potere di punire alcuni peccati degli uomini. Questa vendetta dell'ira dell'Onnipotente avverrà negli ultimi secoli del mondo ed il castigo sarà così nuovo che né prima né dopo nella vita mortale se ne sarà visto altro maggiore. Siccome questi misteri sono arcani e non di tutti ho luce, né appartengono tutti a questa Storia, non occorre che mi dilunghi in essi; passo subito a ciò che mi interessa. Questo angelo che parlò a san Giovanni è quello per mezzo del quale Dio vendicherà con terribile castigo le ingiurie fatte contro la sua santissima Madre, poiché, per averla disprezzata con folle audacia, hanno eccitato l'indignazione della sua onnipotenza. Essendosi la santissima Trinità impegnata ad onorare ed innalzare questa Regina del cielo sopra ogni creatura umana ed angelica e a porla nel mondo come specchio della divinità ed unica mediatrice dei mortali, Dio avrà particolare cura di punire le eresie, gli errori, le bestemmie e qualsiasi irriverenza commessa contro di lei, il non averlo glorificato, conosciuto ed adorato in questa sua dimora e il non avere approfittato di una così incomparabile misericordia. Questi castighi sono profetizzati nella Chiesa santa. E sebbene l'enigma dell'Apocalisse copra di oscurità questo rigore, guai agli infelici cui toccherà e guai a me che offesi un Dio così forte e potente nel castigo! Rimango stupefatta nel venire a conoscere una calamità così grande come Dio la minaccia.
266. L'angelo parlò all'Evangelista e gli disse: Vieni, ti mostrerò la fidanzata, la sposa dell'Agnello. Qui dichiara che la città santa di Gerusalemme che gli mostrò è la sposa dell'Agnello, intendendo sotto questa metafora - come ho già detto - Maria santissima, che san Giovanni contemplava, madre e sposa dell'Agnello che è Cristo, perché tutti e due questi uffici la regina ebbe ed esercitò divinamente. Fu sposa di Dio, unica e singolare per la particolare fede e per l'amore con cui questo matrimonio fu compiuto. Fu madre del Signore incarnato, dandogli la sua sostanza e carne mortale ed allevandolo e nutrendolo nella forma umana che gli aveva dato. Per vedere ed intendere così alti misteri, l'Evangelista fu sollevato in spirito su di un alto monte di santità e di luce, poiché senza uscire da se stesso e sollevarsi sopra la debolezza umana non li avrebbe potuti comprendere, come per le stesse cause non li intendiamo noi creature imperfette, terrene ed abiette. Così sollevato, dice: Mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo, edificata e formata non sulla terra, dove era come pellegrina e straniera, ma in cielo, dove non si poté costruire con materiali di terra semplice e comune. In verità, se dalla terra ne fu presa la natura, fu allo scopo di sollevarla al cielo, per edificare qui questa città mistica in modo tutto celestiale, angelico ed anche divino e simile alla Divinità.
267. Aggiunge che era risplendente della gloria di Dio, poiché l'anima di Maria santissima partecipò della divinità, dei suoi attributi e delle sue perfezioni in modo tale che, se fosse possibile vederla nel suo proprio essere, apparirebbe illuminata con lo splendore eterno del medesimo Dio. Cose grandi e magnifiche sono state dette nella Chiesa cattolica su questa città di Dio e sulla gloria che ricevette dallo stesso Signore. Eppure, tutto è poco ed i termini umani sono insufficienti, cosicché l'intelletto creato, vedendosi vinto, finisce per dire che Maria santissima ebbe un non so che della Divinità, confessando così la verità nella sostanza ed allo stesso tempo la propria ignoranza inabile a spiegare ciò che si riconosce vero. Se fu costruita in cielo, solo il suo artefice conosce la sua grandezza, la parentela e l'affinità che egli contrasse con Maria santissima, assimilando le perfezioni che le donò a quelle stesse che racchiude in sé la sua infinita divinità e grandezza.
268. Il suo splendore è simile a quello di una gemma preziosissima, come pietra di diaspro cristallino. Non è tanto difficile intendere come assomigli al cristallo e al diaspro insieme, cose così dissimili tra loro, quanto lo è comprendere come sia somigliante a Dio; però, per mezzo di quella similitudine conosceremo in qualche modo quest'ultima. Il diaspro contiene molti colori, aspetti e molteplicità di ombre, di cui si compone; invece, il cristallo è chiarissimo, purissimo ed uniforme. Tutti e due insieme formano una singolare e bella varietà. L'anima di Maria santissima fu composta ed intessuta di diverse virtù e perfezioni, in modo tale che tutte queste grazie, e lei stessa, furono simili ad un cristallo purissimo, senza neo né atomo di colpa. Anzi, nella sua limpidezza e purezza, ella riflette e presenta aspetti di divinità, come il cristallo che, colpito dal sole, pare lo tenga dentro di sé riverberando come il sole stesso. Questo diaspro cristallino ha anche delle ombre, poiché Maria è figlia di Adamo, non più che creatura, e tutto il suo splendore le è comunicato dal sole della Divinità. Così, benché sembri sole divino, non lo è per natura, ma per partecipazione e comunicazione della sua grazia; è creatura formata e plasmata dalla mano dello stesso Dio, ma quale doveva essere per divenire sua Madre.
269. La città è cinta da un grande e alto muro con dodici porte. I misteri racchiusi in questa muraglia ed in queste porte di una tale città mistica, cioè Maria santissima, sono così grandi ed imperscrutabili che io, donna ignorante e tarda, potrò difficilmente esprimere a parole ciò che mi verrà rivelato. Avverto che nel primo istante della concezione di Maria santissima, quando Dio le si manifestò per mezzo di quella visione ed in quel modo che ho riferito sopra, tutta la beatissima Trinità - a nostro modo di intendere - fece un accordo e quasi un contratto con questa signora, come rinnovando gli antichi decreti di crearla ed esaltarla, ma senza per il momento darne a lei conoscenza. Avvenne con un dialogo tra le tre divine Persone, in cui si espressero così:
270. «La dignità che stiamo per dare a quella semplice creatura, di nostra sposa e Madre del Verbo, richiede come cosa a lei dovuta che noi la costituiamo regina e signora dell'intero creato. Per questo, oltre ai doni ed alle ricchezze della nostra divinità, che le concediamo in dote per lei stessa, conviene che le diamo autorità di disporre dei tesori delle nostre misericordie infinite, perché da essi possa trarre e distribuire a suo piacere le grazie ed i favori necessari ai mortali, specialmente a quelli che la invocheranno come suoi figli e devoti, e perché possa arricchire i poveri, risanare i peccatori, fare grandi i giusti ed essere universale patrocinio di tutti. Perciò, affinché tutte le creature la riconoscano come loro Regina, superiora e depositaria dei nostri beni infiniti con facoltà di poterli dispensare, le consegneremo le chiavi del nostro cuore e volere, dovendo essere in tutto l'esecutrice del nostro beneplacito con le creature. Le daremo anche dominio e potere sul dragone nostro nemico e su tutti i suoi alleati, cosicché temano la sua presenza ed il suo nome e da questo siano schiacciati e fatti svanire i loro inganni. Inoltre, tutti i mortali che ricorreranno a questa città di rifugio, lo trovino certo e sicuro, senza timore dei demoni né dei loro inganni».
271. Senza manifestare all'anima di Maria santissima tutto ciò che era contenuto in questo decreto ed in questa promessa, il Signore in quel primo istante le comandò di pregare con affetto e di intercedere per tutti, procurando e sollecitando la loro salvezza eterna, specialmente per quelli che si fossero raccomandati a lei nel corso della loro vita. La santissima Trinità le prometteva che in quel rettissimo tribunale niente le sarebbe stato mai negato: comandasse, dunque, al demonio cacciandolo con autorità e forza da tutte le anime, poiché in tutto questo l'avrebbe assistita il braccio dell'Onnipotente. Non le fu, però, rivelata la ragione per cui le veniva concesso tale favore e gli altri contenuti in esso, e cioè che doveva diventare Madre del Verbo. Perciò san Giovanni, dicendo che la città santa aveva un grande e alto muro, volle significare questo beneficio fatto da Dio a sua Madre costituendola sacro rifugio, custodia e difesa degli uomini, affinché tutti i figli di Adamo trovassero ciò in lei come in una città forte e dentro una muraglia sicura contro i nemici e facessero ricorso a lei come a regina potente, signora dell'intero creato e dispensatrice di tutti i tesori del cielo e della grazia. Dice, poi, che questa muraglia era molto alta, perché il potere di Maria purissima per vincere il demonio e per sollevare le anime alla grazia è così alto che è prossimo a Dio stesso. Insomma, questa città è così ben guarnita e difesa ed è talmente sicura per sé e per quanti cercano in essa protezione che tutte le forze create non potranno mai conquistare né scalare le sue mura; lo può solo Dio.
272. Queste mura della città santa hanno dodici porte, perché il suo ingresso è libero ed aperto a tutte le nazioni e le generazioni, senza escluderne alcuna. Tutti, anzi, essa invita, affinché nessuno - se non lo vuole - sia privato della grazia e dei doni dell'Altissimo né della sua gloria, per mezzo della Regina madre di misericordia. Sulle dodici porte stanno dodici angeli. Questi santi principi sono i dodici da me sopra citati tra i mille che furono destinati alla custodia della Madre del Verbo che stava per incarnarsi. Ministero di questi dodici angeli, oltre che l'assistenza alla regina, fu il servirla specialmente nell'ispirare e difendere le anime che con devozione invocano Maria nostra regina in loro difesa e si distinguono nella devozione, nella venerazione e nell'amore verso di lei. L'Evangelista dice che li vide sulle porte di questa città perché essi sono ministri che agiscono nell'aiutare, ispirare e dirigere i mortali, cosicché entrino per le porte della pietà di Maria santissima all'eterna felicità. E molte volte ella li manda con ispirazioni e favori, affinché sottraggano dai pericoli e dalle tribolazioni dell'anima e del corpo coloro che la invocarlo e sono suoi devoti.
273. Soggiunge che avevano nomi scritti, i nomi delle dodici tribù dei figli d'Israele, perché gli angeli ricevono i loro nomi dal ministero e dall'ufficio per cui vengono inviati nel mondo. Poiché questi dodici principi assistevano la Regina del cielo specialmente per cooperare secondo il suo volere alla salvezza degli uomini e poiché sotto il nome delle dodici tribù d'Israele sono significati tutti gli eletti che formano il popolo santo di Dio, l'Evangelista dice che tali angeli avevano i dodici nomi delle dodici tribù, come destinati ciascuno alla propria tribù, e che attendevano alla protezione ed alla cura di quanti per queste porte dell'intercessione di Maria santissima sarebbero entrati nella Gerusalemme celeste da tutte le nazioni e le generazioni.
274. Meravigliandomi io di tale e tanta grandezza di Maria purissima e che ella fosse la mediatrice e la porta per tutti i predestinati, mi fu fatto intendere che questo beneficio corrispondeva all'ufficio di madre del Cristo e al beneficio che come madre aveva fatto al suo Figlio santissimo ed agli uomini: aveva donato a lui dal suo purissimo sangue e dalla sua sostanza il corpo umano, con cui avrebbe patito e redento gli uomini. Così, in qualche maniera ella pati e morì in Cristo per questa unità di carne e di sangue; inoltre, lo accompagnò nella sua passione e morte, che pati volontariamente come poté, con sovrumana umiltà e fortezza. Per questo, avendo cooperato alla passione ed avendo dato a suo Figlio la sostanza in cui soffrire per il genere umano, il Signore in cambio la fece partecipe della dignità di redentrice e le consegnò i meriti ed il frutto della redenzione affinché li distribuisse e solo per sua mano venissero comunicati ai salvati. Oh, ammirabile tesoriera di Dio, quanto sicure si trovano nelle tue divine e liberali mani le ricchezze della destra dell'Onnipotente! La città aveva a oriente tre porte, a settentrione tre porte, a mezzogiorno tre porte e ad occidente tre porte. A ciascuna parte del mondo corrispondono tre porte e nel numero di tre dispensa a tutti noi mortali quanto possiedono cielo e terra, anzi quello stesso che diede l'esistenza a tutto il creato, cioè le tre divine Persone, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ciascuna delle tre vuole e dispone che Maria santissima abbia porte per sollecitare i doni di Dio a favore dei mortali. E sebbene sia un Dio solo in tre Persone, ciascuna delle tre le dà ingresso e libero accesso perché questa purissima Regina entri al tribunale della santissima Trinità per intercedere, chiedere ed ottenere doni e grazie da distribuire ai suoi devoti che la cercheranno e la legheranno a sé in qualsiasi parte del mondo, cosicché in nessun luogo ci sia scusa per alcuno dei mortali di ogni generazione e nazione, essendovi non una sola, ma tre porte aperte verso tutte le parti dell'universo. Già accedere ad una città che abbia libero ed aperto l'ingresso per una porta è cosa così facile che se qualcuno non entrasse non sarebbe per mancanza di porte, ma perché egli stesso si trattiene e non vuole mettersi in salvo. Che cosa potranno qui rispondere gli increduli, gli eretici ed i pagani? E che cosa i cattivi cristiani e i peccatori ostinati? Se i tesori del cielo stanno in mano alla nostra Madre e signora, se ella per mezzo dei suoi angeli ci chiama e sollecita e se è la porta, anzi molte porte del cielo, come avviene che siano tanti quelli che se ne stanno fuori e tanto pochi quelli che vi entrano?
275. Le mura della città poggiano su dodici basamenti, sopra i quali sono i dodici nomi dei dodici apostoli dell'Agnello. I basamenti immutabili e forti su cui Dio edificò la città santa di Maria sua madre furono tutte le virtù che lo Spirito Santo le dava con speciale disposizione. Dice poi che furono dodici, con i dodici nomi degli Apostoli, sia perché ella fu fondata al di sopra della più alta santità di coloro che sono i più grandi tra i santi, secondo quel detto di Davide per cui le sue fondamenta sono sui monti santi, sia perché la santità e la sapienza di Maria furono per gli Apostoli il loro fondamento e la loro fermezza dopo la morte di Cristo e la sua ascesa al cielo. Anche se sempre fu loro maestra ed esempio, allora fu lei sola il maggiore sostegno della Chiesa primitiva. Essendo stata destinata a questo ministero fin dalla sua immacolata concezione mediante le grazie e le virtù corrispondenti, viene detto qui che i suoi basamenti erano dodici.
276. Colui che mi parlava aveva come misura una canna d'oro e misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi. In queste misure l'Evangelista racchiuse grandi misteri riguardanti la dignità, le grazie, i doni ed i meriti della Madre di Dio. Fu veramente grande la sua misura, cioè quella della dignità e dei benefici che Dio pose in lei; ma a questa corrispose l'altra della sua gratitudine per quanto fu possibile, cosicché le due misure furono uguali. La sua lunghezza è uguale alla larghezza, cosicché in tutte le sue parti è proporzionata ed uguale, senza che in lei si trovino mancanza, disuguaglianza o sproporzione alcuna. Non mi dilungo per ora su questo, rimettendomi a ciò che dirò in tutto il corso della sua vita. Avverto solamente che questa misura, con cui furono misurate la dignità, i meriti e le grazie di Maria santissima, fu l'umanità del suo benedettissimo Figlio unita al Verbo divino.
277. Questa umanità viene chiamata canna dall'Evangelista per la fragilità della nostra natura di debole carne e viene detta d'oro per la divinità della persona del Verbo. Fu con questa dignità di Cristo, Dio ed uomo vero, con i doni della natura unita alla divina Persona e con i meriti di questa che venne misurata dallo stesso Signore la sua Madre santissima. Fu lui che la misurò con se stesso ed ella, misurata così da lui, risultò uguale e proporzionata nell'altezza della sua dignità di madre. Nella lunghezza dei suoi doni e benefici e nella larghezza dei suoi meriti, in tutto fu uguale senza mancanza né sproporzione. Se non poté essere uguale in modo assoluto al suo Figlio santissimo con quella uguaglianza che i dotti chiamano matematica, a quanto sento - e ciò perché, essendo Cristo Signore nostro uomo e Dio vero ed ella semplice creatura, la misura doveva necessariamente eccedere infinitamente la cosa misurata - Maria purissima ebbe una certa uguaglianza di proporzione con il suo Figlio santissimo. Di fatto, come a lui niente mancò di quanto gli conveniva e di quanto doveva avere come Figlio vero di Dio, così a lei niente mancò di quanto le era dovuto né ella mancò a quanto doveva come Madre vera dello stesso Dio. Così, ella come madre e Cristo come figlio ebbero uguale proporzione di dignità, di grazia e di doni, come anche di meriti; e nessuna grazia creàta vi fu in Cristo che con data proporzione non fosse nella sua Madre purissima.
278. Dice che misurò la città con la canna: misura dodici mila stadi. Questa misura di stadi ed il numero dodicimila con cui fu misurata la divina Signora nella sua concezione racchiudono profondi misteri. L'Evangelista chiamò stadi la misura perfetta con cui si misura l'altezza di santità dei predestinati, secondo i doni di grazia e di gloria che Dio nella sua mente e nei suoi eterni decreti dispose ed ordinò di comunicare loro per mezzo del suo Figlio che stava per incarnarsi, valutandoli e determinandoli con la sua infinita equità e misericordia. Con questi stadi tutti gli eletti e l'altezza delle loro virtù e dèi loro meriti sono misurati dal medesimo Signore. Infelicissimo colui che non giungerà a tale misura né si troverà corrispondente ad essa, quando il Signore lo misurerà! Il numero dodicimila comprende tutto il resto dei predestinati ed eletti, ricondotti ai dodici capi di queste migliaia, cioè i dodici Apostoli principi della Chiesa cattolica, così come nel capitolo settimo dell'Apocalisse sono ricondotti alle dodici tribù d'Israele. Ciò accade perché tutti gli eletti si devono conformare ed attenere alla dottrina che gli Apostoli dell'Agnello insegnarono, come ho già detto sopra circa quel capitolo.
279. Da tutto ciò si conosce la grandezza di questa città di Dio, Maria santissima, poiché, se agli stadi materiali assegniamo almeno centoventicinque passi per ciascuno, immensa si stimerebbe una città di dodicimila stadi. Maria santissima, signora nostra, fu misurata con gli stadi con cui Dio misura tutti i predestinati. Dell'altezza, lunghezza e larghezza di tutti loro insieme non avanzò nulla, perché colei che era Madre del medesimo Dio e loro regina e signora li uguagliò e da sola poté contenere più del resto dell'intero creato.
280. Ne misurò anche le mura: sono alte centoquarantaquattro braccia, secondo la misura in uso tra gli uomini adoperata dall'angelo. Questa non fu la misura della lunghezza delle mura della città di Dio, ma della sua altezza. Se gli stadi del quadrato della città erano da tutte le parti dodicimila sia in lunghezza sia in larghezza, necessariamente le mura dovevano averne un po' di più, specialmente nella superficie esterna, per potere racchiudere dentro di sé tutta la città. Ora, la misura di centoquarantaquattro cubiti, di qualunque specie fossero, era poco per le mura di una città tanto estesa, mentre era assai proporzionata per la loro altezza e per la sicura difesa di chi in essa vivesse. Questa altezza indica quanto e come fossero al sicuro in Maria santissima tutti i doni e tutte le grazie, sia di santità sia di dignità, che pose in lei l'Altissimo. Spiega ciò dicendo che l'altezza conteneva centoquarantaquattro cubiti, che è somma composta da tre distinti numeri disuguali, designanti tre diversi muri - uno grande, uno di media misura, uno piccolo - corrispondenti alle opere che la Regina del cielo fece in ciò che era maggiore, in ciò che era medio ed in ciò che era piccolo. In lei non c'era niente di piccolo, ma le materie in cui operava erano differenti, e quindi anche le opere. Le une erano miracolose e soprannaturali, le altre morali, riguardanti le varie virtù; di queste, poi, alcune erano interiori ed altre esteriori. A tutte diede tanta pienezza di perfezione che per quelle grandi non tralasciò quelle piccole, né per queste mancò in quelle superiori. Le praticò tutte in così alto grado di santità e con tale compiacimento del Signore che fu a misura del suo Figlio santissimo, tanto nei doni naturali quanto in quelli soprannaturali. Perciò, la misura era nient'altro che quella dell'uomoDio. Questo è l'angelo del gran consiglio, elevato sopra tutti gli uomini e tutti gli angeli; e come il Figlio superò tutti gli angeli e gli uomini così fece in proporzione anche la Madre. L'Evangelista prosegue dicendo:
281. Le mura sono costruite con diaspro. Le mura di una città sono ciò che prima si incontra e si offre alla vista di chi la guarda. Ora, la varietà degli aspetti e dei colori con le loro ombre che contiene il diaspro, di cui erano costruite le mura di questa città di Dio, Maria santissima, significa l'umiltà ineffabile dalla quale erano celati ed accompagnati tutti i privilegi e le grazie di questa grande regina. Infatti, pur essendo degna Madre del suo Creatore, esente da ogni macchia di peccato e da ogni imperfezione, si presentò alla vista degli uomini con le ombre della legge comune agli altri figli di Adamo, sottomettendosi ai disagi della vita ordinaria, come a suo luogo dirò. Però, questa muraglia di diaspro, che lasciava vedere queste ombre come nelle altre donne, era solo nell'apparenza come parte esterna della città, a cui serviva da inespugnabile difesa. Della parte interiore, invece, l'Evangelista dice:
La città è di oro puro, simile a terso cristallo. Maria santissima, infatti, né nella sua formazione né nel corso della sua vita innocentissima ebbe mai in sé alcuna macchia che oscurasse la sua cristallina purezza. Come una macchia o un neo, fossero pure una particella, se cadessero nel cristallo mentre questo si forma, non si potrebbero mai più togliere via in modo che non si riconosca il difetto, o almeno che una volta c'è stato, e sempre sarebbero una impurità nella sua trasparente chiarezza; così, se Maria purissima avesse contratto nella sua concezione la macchia o il segno della colpa originale, sempre quel difetto si scorgerebbe in lei e la sfigurerebbe, per cui ella non potrebbe più essere cristallo purissimo e nitidissimo. Non sarebbe neppure oro puro, poiché la sua santità ed i suoi doni conterrebbero quella lega del peccato originale che la farebbe reputare di valore minore, mentre questa città fu oro e cristallo, perché fu purissima e simile a Dio.
24-43 Settembre 10, 1928 Chi opera nella Divina Volontà apre tante porte tra il Cielo e la terra, per quanti atti emette. Gloria d’Adamo nel Cielo; come i suoi atti prima di cadere nel peccato restarono integri e belli, lui restò ferito. Come in Adamo si conosce nel Cielo ciò che Dio fece nella Crea
Luisa Piccarreta (Libro di Cielo)
(1) Stavo seguendo tutto ciò che la Divina Volontà aveva fatto nella Creazione e Redenzione, non avrei voluto lasciare nessun’atto suo senza il piccolo atto mio come sua compagnia ed omaggio perenne di gloria e di amore di un Volere sì santo. Ed il mio dolce Gesù movendosi nel mio interno mi ha detto:
(2) “Figlia mia, come ne son contento che non lasci la mia Volontà Divina isolata in tante opere sue, fatte non per Sé che non aveva bisogno, ma solo per amore della creatura. Tu devi sapere che come tu passi da una nostra opera all’altra per riconoscere il nostro amore in esse, per darci amore e gloria, così Noi troviamo il contraccambio del nostro amore in chi riconosce le opere nostre. Com’è amaro e doloroso fare il bene per puro amore e non essere riconosciuto, e quando troviamo chi le riconosce ci sentiamo come pagati di ciò che abbiamo fatto, perché amore abbiamo dato ed amore riceviamo, e diamo libertà a chi vive ed opera nella nostra Volontà Divina di stabilire tanti vincoli tra il Cielo e la terra, di aprire tante porte di comunicazione, di metterci tante catene per far salire gli atti suoi nel Cielo e far scendere tante grazie a pro di tutte le creature, perché queste opere nostre, quella della Creazione e quella della Redenzione, sono state fatte sulla faccia della terra ed hanno virtù di aprire il Cielo, e ce ne serviamo di farlo aprire per mezzo di esse di chi opera nella nostra Divina Volontà”.
(3) E mentre ciò diceva mi faceva vedere tante porte aperte nel Cielo, dalle quali scendevano tante catene d’oro che vincolavano la terra per quante opere aveva fatto il mio dolce Gesù. Onde, seguivo il mio giro nelle opere della Maestà Suprema, e giungendo al punto della creazione dell’uomo pensavo tra me: “Adamo, il principio della sua vita la fece nella Divina Volontà, sicché i suoi pensieri, parole, opere e passi erano animati dall’unità del Fiat, il quale abbraccia tutto e contiene tutto senza che nulla le sfugga; quindi gli atti suoi possedevano la totalità e pienezza di tutti e di tutti i beni, e se un’atto solo fatto in questo modo, nell’unità del Fiat che abbraccia tutto, è un atto che messo insieme a tutti gli altri atti delle creature non possono equivalere a quest’atto solo, Adamo, che ebbe un periodo di vita in questa unità del Fiat, chi sa quanti atti potette fare, sicché la sua gloria nel Cielo sarà grande e forse supera tutto, tolta la Sovrana Regina che formò vita compiuta nella Divina Volontà, è vero che Adamo peccò ed uscì da questa unità di Volontà Divina, ma se uscì lui i suoi atti restarono, perché credo che nessuna forza, né divina né umana, può distruggere un’atto solo fatto in questa unità del Fiat che abbraccia tutto e possiede tutto, Dio stesso non può annientare un’atto simile, o al più dovrebbe distruggere la sua stessa Volontà Divina, ciò che neppure può fare, perché essendo eterna ed infinita, senza principio e senza fine, è intangibile a tutto e nessuno la può toccare”. Onde mentre la mia povera e piccola mente si perdeva in questi ed altri pensieri, ed avrei voluto liberarmi per passare altrove, il mio amato Gesù facendosi vedere mi ha detto:
(4) “Figlia del mio Supremo Volere, a te nulla voglio nascondere, perché per chi vive in Esso, il mio stesso Volere si fa rivelatore di ciò che ha fatto per amore della creatura e di quello che ha fatto la stessa creatura in Esso, perché le porta nel suo seno come trionfo delle opere sue. Ora, tu devi sapere che veramente Adamo possiede nel Cielo una gloria che nessun’altro, per quanto santo, le vien data, all’infuori della Mamma Celeste, perché nessun’altro possiede un’atto solo nell’unità della mia Volontà Divina; era giusto e decoroso per la nostra Maestà Divina, che la prima creatura uscita dalle nostre mani creatrici possedesse più gloria che tutti gli altri, molto più che il primo periodo della sua vita fu fatta come da Noi si voleva, si può dire ch’era vita nostra, Volontà e opere nostre che scorrevano in lui; come poter distruggere questo primo periodo della vita di Adamo, s’era più nostra che sua? E’ inutile il pensarci, ciò che si fa nella nostra Divina Volontà resta intangibile, nessuno lo può toccare, perché entrano nell’ordine divino ed infinito, e sebbene scivolò e cadde, ma i suoi atti fatti fino allora restarono integri e belli quali li aveva fatto, quindi lui restò ferito, malato, sfigurata la nostra immagine in lui, perché non c’era più in lui la nostra Volontà Divina che aveva preso l’impegno di conservarlo bello, fresco, forte, santo, tutto in ordine a Noi come lo avevamo creato, perché Adamo stesso l’aveva respinto; ma le opere sue fatte fino a che ebbe la sventura di cadere, che possedevano l’unità del nostro Fiat, non subirono nessun cambiamento, perché anche Noi eravamo gelosi di questi atti che tanto ci avevano glorificato, ci avevano messo in festa nel vedere che l’uomo, nostro figlio, si elevava fino a Noi per assorbire in lui i modi nostri divini, la nostra somiglianza e portarci nell’unità del nostro Volere gioie, felicità, il ricambio ed il sorriso di tutte le cose create, Noi eravamo rapiti nel vedere il nostro caro figlio, l’opera delle nostre mani vivendo nella nostra Volontà, come in casa nostra, prendendo del nostro ci poteva portare nuove felicità e gioie senza fine, è un periodo indimenticabile, figlia mia, il primo periodo della vita d’Adamo, per Noi, per lui e per tutto il Cielo. Dopo caduto nella colpa, lui rimase come un cieco che prima di perdere la vista ha fatto tante opere belle da riempire cielo e terra, chi può mai dire che non sono opere fatte da lui, solo perché volontariamente perdette la vista? E che non potendole più ripetere perché cieco, restano senza il valore quelle che ha fatto? Certo che no; oppure una persona che si applica a studiare le scienze, ed a metà dello studio non vuole andare più avanti, e solo perché non va avanti si possono togliere o distruggere il bene delle scienze che ha acquistato? Certo che no; se questo succede nell’ordine umano, molto più e con più validità e certezza nell’ordine divino. Onde, Adamo in virtù del primo periodo della sua vita innocente e fatta tutta nell’unità del nostro Fiat, possiede tale gloria e bellezza che nessuno lo può pareggiare, che solo vederlo, tutti i beati riconoscono quanto fu bello, maestoso, arricchito di tanta grazia la creazione del primo uomo, nel guardarlo si vede in lui il bene incalcolabile della Divina Volontà nella creatura, la gioia e la felicità che può possedere, e solo in lui, come dentro d’uno specchio, veggono i beati come fu creato l’uomo, l’amore esuberante che le portammo, le dovizie con cui lo arricchimmo, tutto le demmo, per quanto creatura poteva contenere, fino a straripare fuori e poter allagare tutta la terra. Se ciò non fosse, che in Adamo non si vedesse tutta la magnificenza dell’opera delle nostre mani creatrici, neppure nel Cielo si doveva conoscere ciò che fecimo di grande nella Creazione e quello che fa e può fare la creatura nella nostra Divina Volontà, è il nostro amore che lo esige, ed anche la nostra giustizia che vuol tenere nel Cielo la realtà di quella immagine, come fu creato l’uomo, e non un’altro, ma quello stesso che uscì dalle nostre mani creatrici, affinché se non lo conosce la terra, lo conosce il Cielo, guardano la loro origine in Adamo, e riconoscenti mi ringraziano e pregano che venga a regnare il mio Fiat sulla terra, e formi altre immagini più belle di Adamo, perché lui non fu opera compiuta nel mio Voler Divino, ma periodo di vita, solo la Sovrana Regina possiede vita ed opere compiute nel mio Fiat, perciò non c’è chi la può pareggiare, ed il mio Volere vuol fare altre vite compiute in Esso per ripetere ciò che fece nella Creazione e far conoscere alla terra in che modo ed ordine fu creata la creatura e ciò che può fare di grande, di bello, di santo la mia Divina Volontà in lei.
(5) Oltre di ciò tu devi sapere che finora non ho manifestato a nessuno, né i grandi pregi d’Adamo, né la sublimità e grandezza e santità sua perché visse nel suo primo periodo della sua vita nell’unità del mio Volere, ed in virtù di questi atti suoi fatti in Esso, la sua grande gloria che gode nel Cielo, anzi si teneva da molti che siccome scivolò nella colpa, al più potesse tenere una gloria comune a tutti gli altri beati, o forse anche meno agli altri; ma volendo ripristinare di nuovo il regno della mia Divina Volontà, sento in Me una necessità d’amore di manifestare la prima epoca della Creazione ed il primo periodo della vita di Adamo, tutta di Volontà Divina e la sua gloria che gode nel Cielo in virtù di Essa, affinché conoscendo le altre creature un tanto bene, si dispongano e sospirino il Fiat Divino come in Cielo così in terra”.