Liturgia delle Ore - Letture
Lunedi della 3° settimana del Tempo di Pasqua
Vangelo secondo Matteo 15
1In quel tempo vennero a Gesù da Gerusalemme alcuni farisei e alcuni scribi e gli dissero:2"Perché i tuoi discepoli trasgrediscono la tradizione degli antichi? Poiché non si lavano le mani quando prendono cibo!".3Ed egli rispose loro: "Perché voi trasgredite il comandamento di Dio in nome della vostra tradizione?4Dio ha detto:
'Onora il padre e la madre'
e inoltre:
'Chi maledice il padre e la madre sia messo a morte.'
5Invece voi asserite: Chiunque dice al padre o alla madre: Ciò con cui ti dovrei aiutare è offerto a Dio,6non è più tenuto a onorare suo padre o sua madre. Così avete annullato la parola di Dio in nome della vostra tradizione.7Ipocriti! Bene ha profetato di voi Isaia, dicendo:
8'Questo popolo mi onora con le labbra
ma il suo cuore è lontano da me.'
9'Invano essi mi rendono culto,
insegnando dottrine che sono precetti di uomini'".
10Poi riunita la folla disse: "Ascoltate e intendete!11Non quello che entra nella bocca rende impuro l'uomo, ma quello che esce dalla bocca rende impuro l'uomo!".
12Allora i discepoli gli si accostarono per dirgli: "Sai che i farisei si sono scandalizzati nel sentire queste parole?".13Ed egli rispose: "Ogni pianta che non è stata piantata dal mio Padre celeste sarà sradicata.14Lasciateli! Sono ciechi e guide di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso!".15Pietro allora gli disse: "Spiegaci questa parabola".16Ed egli rispose: "Anche voi siete ancora senza intelletto?17Non capite che tutto ciò che entra nella bocca, passa nel ventre e va a finire nella fogna?18Invece ciò che esce dalla bocca proviene dal cuore. Questo rende immondo l'uomo.19Dal cuore, infatti, provengono i propositi malvagi, gli omicidi, gli adultéri, le prostituzioni, i furti, le false testimonianze, le bestemmie.20Queste sono le cose che rendono immondo l'uomo, ma il mangiare senza lavarsi le mani non rende immondo l'uomo".
21Partito di là, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidone.22Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: "Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio".23Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: "Esaudiscila, vedi come ci grida dietro".24Ma egli rispose: "Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele".25Ma quella venne e si prostrò dinanzi a lui dicendo: "Signore, aiutami!".26Ed egli rispose: "Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini".27"È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni".28Allora Gesù le replicò: "Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri". E da quell'istante sua figlia fu guarita.
29Allontanatosi di là, Gesù giunse presso il mare di Galilea e, salito sul monte, si fermò là.30Attorno a lui si radunò molta folla recando con sé zoppi, storpi, ciechi, sordi e molti altri malati; li deposero ai suoi piedi, ed egli li guarì.31E la folla era piena di stupore nel vedere i muti che parlavano, gli storpi raddrizzati, gli zoppi che camminavano e i ciechi che vedevano. E glorificava il Dio di Israele.
32Allora Gesù chiamò a sé i discepoli e disse: "Sento compassione di questa folla: ormai da tre giorni mi vengono dietro e non hanno da mangiare. Non voglio rimandarli digiuni, perché non svengano lungo la strada".33E i discepoli gli dissero: "Dove potremo noi trovare in un deserto tanti pani da sfamare una folla così grande?".34Ma Gesù domandò: "Quanti pani avete?". Risposero: "Sette, e pochi pesciolini".35Dopo aver ordinato alla folla di sedersi per terra,36Gesù prese i sette pani e i pesci, rese grazie, li spezzò, li dava ai discepoli, e i discepoli li distribuivano alla folla.37Tutti mangiarono e furono saziati. Dei pezzi avanzati portarono via sette sporte piene.38Quelli che avevano mangiato erano quattromila uomini, senza contare le donne e i bambini.39Congedata la folla, Gesù salì sulla barca e andò nella regione di Magadàn.
Genesi 42
1Ora Giacobbe seppe che in Egitto c'era il grano; perciò disse ai figli: "Perché state a guardarvi l'un l'altro?".2E continuò: "Ecco, ho sentito dire che vi è il grano in Egitto. Andate laggiù e compratene per noi, perché possiamo conservarci in vita e non morire".3Allora i dieci fratelli di Giuseppe scesero per acquistare il frumento in Egitto.4Ma quanto a Beniamino, fratello di Giuseppe, Giacobbe non lo mandò con i fratelli perché diceva: "Non gli succeda qualche disgrazia!".5Arrivarono dunque i figli d'Israele per acquistare il grano, in mezzo ad altri che pure erano venuti, perché nel paese di Canaan c'era la carestia.
6Ora Giuseppe aveva autorità sul paese e vendeva il grano a tutto il popolo del paese. Perciò i fratelli di Giuseppe vennero da lui e gli si prostrarono davanti con la faccia a terra.7Giuseppe vide i suoi fratelli e li riconobbe, ma fece l'estraneo verso di loro, parlò duramente e disse: "Di dove siete venuti?". Risposero: "Dal paese di Canaan per comperare viveri".8Giuseppe riconobbe dunque i fratelli, mentre essi non lo riconobbero.9Si ricordò allora Giuseppe dei sogni che aveva avuti a loro riguardo e disse loro: "Voi siete spie! Voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese".10Gli risposero: "No, signore mio; i tuoi servi sono venuti per acquistare viveri.11Noi siamo tutti figli di un solo uomo. Noi siamo sinceri. I tuoi servi non sono spie!".12Ma egli disse loro: "No, voi siete venuti a vedere i punti scoperti del paese!".13Allora essi dissero: "Dodici sono i tuoi servi, siamo fratelli, figli di un solo uomo, nel paese di Canaan; ecco il più giovane è ora presso nostro padre e uno non c'è più".14Giuseppe disse loro: "Le cose stanno come vi ho detto: voi siete spie.15In questo modo sarete messi alla prova: per la vita del faraone, non uscirete di qui se non quando vi avrà raggiunto il vostro fratello più giovane.16Mandate uno di voi a prendere il vostro fratello; voi rimarrete prigionieri. Siano così messe alla prova le vostre parole, per sapere se la verità è dalla vostra parte. Se no, per la vita del faraone, voi siete spie!".17E li tenne in carcere per tre giorni.
18Al terzo giorno Giuseppe disse loro: "Fate questo e avrete salva la vita; io temo Dio!19Se voi siete sinceri, uno dei vostri fratelli resti prigioniero nel vostro carcere e voi andate a portare il grano per la fame delle vostre case.20Poi mi condurrete qui il vostro fratello più giovane. Allora le vostre parole si dimostreranno vere e non morirete". Essi annuirono.21Allora si dissero l'un l'altro: "Certo su di noi grava la colpa nei riguardi di nostro fratello, perché abbiamo visto la sua angoscia quando ci supplicava e non lo abbiamo ascoltato. Per questo ci è venuta addosso quest'angoscia".22Ruben prese a dir loro: "Non ve lo avevo detto io: Non peccate contro il ragazzo? Ma non mi avete dato ascolto. Ecco ora ci si domanda conto del suo sangue".23Non sapevano che Giuseppe li capiva, perché tra lui e loro vi era l'interprete.
24Allora egli si allontanò da loro e pianse. Poi tornò e parlò con essi. Scelse tra di loro Simeone e lo fece incatenare sotto i loro occhi.
25Quindi Giuseppe diede ordine che si riempissero di grano i loro sacchi e si rimettesse il denaro di ciascuno nel suo sacco e si dessero loro provviste per il viaggio. E così venne loro fatto.
26Essi caricarono il grano sugli asini e partirono di là.27Ora in un luogo dove passavano la notte uno di essi aprì il sacco per dare il foraggio all'asino e vide il proprio denaro alla bocca del sacco.28Disse ai fratelli: "Mi è stato restituito il denaro: eccolo qui nel mio sacco!". Allora si sentirono mancare il cuore e tremarono, dicendosi l'un l'altro: "Che è mai questo che Dio ci ha fatto?".
29Arrivati da Giacobbe loro padre, nel paese di Canaan, gli riferirono tutte le cose che erano loro capitate:30"Quell'uomo che è il signore del paese ci ha parlato duramente e ci ha messi in carcere come spie del paese.31Allora gli abbiamo detto: Noi siamo sinceri; non siamo spie!32Noi siamo dodici fratelli, figli di nostro padre: uno non c'è più e il più giovane è ora presso nostro padre nel paese di Canaan.33Ma l'uomo, signore del paese, ci ha risposto: In questo modo io saprò se voi siete sinceri: lasciate qui con me uno dei vostri fratelli, prendete il grano necessario alle vostre case e andate.34Poi conducetemi il vostro fratello più giovane; così saprò che non siete spie, ma che siete sinceri; io vi renderò vostro fratello e voi potrete percorrere il paese in lungo e in largo".
35Mentre vuotavano i sacchi, ciascuno si accorse di avere la sua borsa di denaro nel proprio sacco. Quando essi e il loro padre videro le borse di denaro, furono presi dal timore.36E il padre loro Giacobbe disse: "Voi mi avete privato dei figli! Giuseppe non c'è più, Simeone non c'è più e Beniamino me lo volete prendere. Su di me tutto questo ricade!".
37Allora Ruben disse al padre: "Farai morire i miei due figli, se non te lo ricondurrò. Affidalo a me e io te lo restituirò".38Ma egli rispose: "Il mio figlio non verrà laggiù con voi, perché suo fratello è morto ed egli è rimasto solo. Se gli capitasse una disgrazia durante il viaggio che volete fare, voi fareste scendere con dolore la mia canizie negli inferi".
Salmi 63
1'Salmo. Di Davide, quando dimorava nel deserto di Giuda.'
2O Dio, tu sei il mio Dio, all'aurora ti cerco,
di te ha sete l'anima mia,
a te anela la mia carne,
come terra deserta,
arida, senz'acqua.
3Così nel santuario ti ho cercato,
per contemplare la tua potenza e la tua gloria.
4Poiché la tua grazia vale più della vita,
le mie labbra diranno la tua lode.
5Così ti benedirò finché io viva,
nel tuo nome alzerò le mie mani.
6Mi sazierò come a lauto convito,
e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.
7Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo
e penso a te nelle veglie notturne,
8a te che sei stato il mio aiuto,
esulto di gioia all'ombra delle tue ali.
9A te si stringe l'anima mia
e la forza della tua destra mi sostiene.
10Ma quelli che attentano alla mia vita
scenderanno nel profondo della terra,
11saranno dati in potere alla spada,
diverranno preda di sciacalli.
12Il re gioirà in Dio,
si glorierà chi giura per lui,
perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.
Salmi 12
1'Al maestro del coro. Sull'ottava. Salmo. Di Davide.'
2Salvami, Signore! Non c'è più un uomo fedele;
è scomparsa la fedeltà tra i figli dell'uomo.
3Si dicono menzogne l'uno all'altro,
labbra bugiarde parlano con cuore doppio.
4Recida il Signore le labbra bugiarde,
la lingua che dice parole arroganti,
5quanti dicono: "Per la nostra lingua siamo forti,
ci difendiamo con le nostre labbra:
chi sarà nostro padrone?".
6"Per l'oppressione dei miseri e il gemito dei poveri,
io sorgerò - dice il Signore -
metterò in salvo chi è disprezzato".
7I detti del Signore sono puri,
argento raffinato nel crogiuolo,
purificato nel fuoco sette volte.
8Tu, o Signore, ci custodirai,
ci guarderai da questa gente per sempre.
9Mentre gli empi si aggirano intorno,
emergono i peggiori tra gli uomini.
Geremia 49
1Sugli Ammoniti.
Dice il Signore:
"Israele non ha forse figli,
non ha egli alcun erede?
Perché Milcom ha ereditato la terra di Gad
e il suo popolo ne ha occupate le città?
2Perciò ecco, verranno giorni
- dice il Signore -
nei quali io farò udire a Rabbà degli Ammoniti
fragore di guerra;
essa diventerà un cumulo di rovine,
le sue borgate saranno consumate dal fuoco,
Israele spoglierà i suoi spogliatori,
dice il Signore.
3Urla, Chesbòn, arriva il devastatore;
gridate, borgate di Rabbà,
cingetevi di sacco, innalzate lamenti
e andate raminghe con tagli sulla pelle,
perché Milcom andrà in esilio,
insieme con i suoi sacerdoti e i suoi capi.
4Perché ti vanti delle tue valli,
figlia ribelle?
Confidi nelle tue scorte ed esclami:
Chi verrà contro di me?
5Ecco io manderò su di te il terrore
- parola del Signore Dio degli eserciti -
da tutti i dintorni.Voi sarete scacciati, ognuno per la sua via,
e non vi sarà nessuno che raduni i fuggiaschi.
6Ma dopo cambierò la sorte
degli Ammoniti".
Parola del Signore.
7Su Edom.
Così dice il Signore degli eserciti:
"Non c'è più sapienza in Teman?
È scomparso il consiglio dei saggi?
È svanita la loro sapienza?
8Fuggite, partite, nascondetevi in un luogo segreto,
abitanti di Dedan,
poiché io mando su Esaù la sua rovina,
il tempo del suo castigo.
9Se vendemmiatori verranno da te,
non lasceranno nulla da racimolare.
Se ladri notturni verranno da te,
saccheggeranno quanto loro piace.
10Poiché io intendo spogliare Esaù,
rivelo i suoi nascondigli
ed egli non ha dove nascondersi.
La sua stirpe, i suoi fratelli, i suoi vicini
sono distrutti ed egli non è più.
11Lascia i tuoi orfani, io li farò vivere,
le tue vedove confidino in me!
12Poiché così dice il Signore: Ecco, coloro che non erano obbligati a bere il calice lo devono bere e tu pretendi di rimanere impunito? Non resterai impunito, ma dovrai berlo13poiché io ho giurato per me stesso - dice il Signore - che Bozra diventerà un orrore, un obbrobrio, un deserto, una maledizione e tutte le sue città saranno ridotte a rovine perenni.
14Ho udito un messaggio da parte del Signore,
un messaggero è stato inviato fra le nazioni:
Adunatevi e marciate contro di lui!
Alzatevi per la battaglia.
15Poiché ecco, ti renderò piccolo fra i popoli
e disprezzato fra gli uomini.
16La tua arroganza ti ha indotto in errore,
la superbia del tuo cuore;
tu che abiti nelle caverne delle rocce,
che ti aggrappi alle cime dei colli,
anche se ponessi, come l'aquila, in alto il tuo nido,
di lassù ti farò precipitare. Oracolo del Signore.
17Edom sarà oggetto di orrore; chiunque passerà lì vicino ne resterà attonito e fischierà davanti a tutte le sue piaghe.18Come nello sconvolgimento di Sòdoma e Gomorra e delle città vicine - dice il Signore - non vi abiterà più uomo né vi fisserà la propria dimora un figlio d'uomo.19Ecco, come un leone sale dalla boscaglia del Giordano verso i prati sempre verdi, così in un baleno io lo scaccerò di là e il mio eletto porrò su di esso; poiché chi è come me? Chi può citarmi in giudizio? Chi è dunque il pastore che può resistere davanti a me?20Per questo ascoltate il progetto che il Signore ha fatto contro Edom e le decisioni che egli ha prese contro gli abitanti di Teman.
Certo, trascineranno via anche i più piccoli del gregge,
e per loro sarà desolato il loro prato.
21Al fragore della loro caduta tremerà la terra.
Un grido! Fino al Mare Rosso se ne ode l'eco.
22Ecco, come l'aquila, egli sale e si libra,
espande le ali su Bozra.
In quel giorno il cuore dei prodi di Edom
sarà come il cuore di una donna nei dolori del parto".
23Su Damasco.
"Amat e Arpad sono piene di confusione,
perché hanno sentito una cattiva notizia;
esse sono agitate come il mare, sono in angoscia,
non possono calmarsi.
24Spossata è Damasco, si volge per fuggire;
un tremito l'ha colta,
angoscia e dolori l'assalgono
come una partoriente.
25Come fu abbandonata la città gloriosa,
la città del tripudio?
26Cadranno i suoi giovani nelle sue piazze
e tutti i suoi guerrieri periranno in quel giorno.
Oracolo del Signore degli eserciti.
27Appiccherò il fuoco alle mura di Damasco
e divorerà i palazzi di Ben-Hadàd".
28Su Kedàr e sui regni di Cazòr, che Nabucodònosor re di Babilonia sconfisse.
Così dice il Signore:
"Su, marciate contro Kedàr,
saccheggiate i figli dell'oriente.
29Prendete le loro tende e le loro pecore,
i loro teli da tenda, tutti i loro attrezzi;
portate via i loro cammelli;
un grido si leverà su di loro: Terrore all'intorno!
30Fuggite, andate lontano, nascondetevi in luoghi segreti
o abitanti di Cazòr - dice il Signore -
perché ha ideato un disegno contro di voi.
Nabucodònosor re di Babilonia
ha preparato un piano contro di voi.
31Su, marciate contro la nazione tranquilla,
che vive in sicurezza. Oracolo del Signore.
Essa non ha né porte né sbarre
e vive isolata.
32I suoi cammelli saranno portati via come preda
e la massa dei suoi greggi come bottino.
Disperderò a tutti i venti
coloro che si tagliano i capelli alle tempie,
da ogni parte farò venire la loro rovina.
Parola del Signore.
33Cazòr diventerà rifugio di sciacalli,
una desolazione per sempre;
nessuno vi dimorerà più,
non vi abiterà più un figlio d'uomo".
34Parola che il Signore rivolse al profeta Geremia riguardo all'Elam all'inizio del regno di Sedecìa re di Giuda.
35"Dice il Signore degli eserciti:
Ecco io spezzerò l'arco dell'Elam,
il nerbo della sua potenza.
36Manderò contro l'Elam i quattro venti
dalle quattro estremità del cielo
e li sparpaglierò davanti a questi venti;
non ci sarà nazione
in cui non giungeranno
i profughi dell'Elam.
37Incuterò terrore negli Elamiti davanti ai loro nemici
e davanti a coloro che vogliono la loro vita;
manderò su di essi la sventura,la mia ira ardente. Parola del Signore.
Manderò la spada a inseguirli
finché non li avrò sterminati.
38Porrò il mio trono sull'Elam
e farò morire il re e i capi.
Oracolo del Signore.
39Ma negli ultimi giorni
cambierò la sorte dell'Elam". Parola del Signore.
Lettera ai Colossesi 2
1Voglio infatti che sappiate quale dura lotta io devo sostenere per voi, per quelli di Laodicèa e per tutti coloro che non mi hanno mai visto di persona,2perché i loro cuori vengano consolati e così, strettamente congiunti nell'amore, essi acquistino in tutta la sua ricchezza la piena intelligenza, e giungano a penetrare nella perfetta conoscenza del mistero di Dio, cioè Cristo,3nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza.4Dico questo perché nessuno vi inganni con argomenti seducenti,5perché, anche se sono lontano con il corpo, sono tra voi con lo spirito e gioisco al vedere la vostra condotta ordinata e la saldezza della vostra fede in Cristo.
6Camminate dunque nel Signore Gesù Cristo, come l'avete ricevuto,7ben radicati e fondati in lui, saldi nella fede come vi è stato insegnato, abbondando nell'azione di grazie.8Badate che nessuno vi inganni con la sua filosofia e con vuoti raggiri ispirati alla tradizione umana, secondo gli elementi del mondo e non secondo Cristo.
9È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità,10e voi avete in lui parte alla sua pienezza, di lui cioè che è il capo di ogni Principato e di ogni Potestà.11In lui voi siete stati anche circoncisi, di una circoncisione però non fatta da mano di uomo, mediante la spogliazione del nostro corpo di carne, ma della vera circoncisione di Cristo.12Con lui infatti siete stati sepolti insieme nel battesimo, in lui anche siete stati insieme risuscitati per la fede nella potenza di Dio, che lo ha risuscitato dai morti.13Con lui Dio ha dato vita anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati,14annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce;15avendo privato della loro forza i Principati e le Potestà ne ha fatto pubblico spettacolo dietro al corteo trionfale di Cristo.
16Nessuno dunque vi condanni più in fatto di cibo o di bevanda, o riguardo a feste, a noviluni e a sabati:17tutte cose queste che sono ombra delle future; ma la realtà invece è Cristo!18Nessuno v'impedisca di conseguire il premio, compiacendosi in pratiche di poco conto e nella venerazione degli angeli, seguendo le proprie pretese visioni, gonfio di vano orgoglio nella sua mente carnale,19senza essere stretto invece al capo, dal quale tutto il corpo riceve sostentamento e coesione per mezzo di giunture e legami, realizzando così la crescita secondo il volere di Dio.
20Se pertanto siete morti con Cristo agli elementi del mondo, perché lasciarvi imporre, come se viveste ancora nel mondo, dei precetti quali21"Non prendere, non gustare, non toccare"?22Tutte cose destinate a scomparire con l'uso: sono infatti prescrizioni e insegnamenti di uomini!23Queste cose hanno una parvenza di sapienza, con la loro affettata religiosità e umiltà e austerità riguardo al corpo, ma in realtà non servono che per soddisfare la carne.
Capitolo XXIX: Invocare e benedire Dio nella tribolazione
Leggilo nella Biblioteca"Sia sempre benedetto il tuo nome" (Tb 3,23), o Signore; tu che hai disposto che venisse su di me questa tormentosa tentazione. Sfuggire ad essa non posso; devo invece rifugiarmi in te, perché tu mi aiuti, mutandomela in bene.
Signore, ecco io sono nella tribolazione: non ha pace il mio cuore, anzi è assai tormentato da questa passione.
Che dirò, allora, o Padre diletto? Sono stretto tra queste angustie; "fammi uscire salvo da un tale momento. Ma a tale momento io giunsi" (Gv 12,27) perché, dopo essere stato fortemente abbattuto e poi liberato per merito tuo, tu ne fossi glorificato. "Ti piaccia, o Signore, di salvarmi tu" (Sal 39,14); infatti che cosa posso fare io nella mia miseria; dove andrò, senza di te? Anche in questo momento di pericolo dammi di saper sopportare; aiutami tu, o mio Dio: non avrò timore di nulla, per quanto grande sia il peso che graverà su di me. E frattanto che dirò? O Signore, "che sia fatta la tua volontà" (Mt 26,42). Bene le ho meritate, la tribolazione e l'oppressione; e ora debbo invero saperle sopportare, - e, volesse il cielo, sopportare con pazienza - finché la tempesta sia passata e torni la bonaccia.
La tua mano onnipotente può fare anche questo, togliere da me questa tentazione o mitigarne la violenza, affinché io non perisca del tutto: così hai già fatto più volte con me, "o mio Dio e mia misericordia" (Sal 58,17). Quanto è a me più difficile, tanto è più facile a te "questo cambiamento della destra dell'Altissimo" (Sal 76,11).
DISCORSO 150 DALLE PAROLE DEGLI ATTI DEGLI APOSTOLI (17, 18-34): " MA CERTI FILOSOFI EPICUREI E STOICI DISCUTEVANO CON LUI ", ECC.
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaLa predicazione di Paolo in Atene.
1. 1. Durante la lettura del libro Atti degli Apostoli, la Carità vostra, ha notato insieme a me che Paolo tenne un discorso agli Ateniesi e come da parte di coloro che deridevano la predicazione della verità fosse stato chiamato un seminatore di parole. In realtà fu detto dai derisori, ma non va rigettato dai credenti. Egli era veramente un seminatore di parole, ma mietitore di buoni costumi. E noi, sebbene tanto piccoli e per nulla paragonabili all'eccellenza di lui, seminiamo le parole di Dio, nel campo di Dio, che è il vostro cuore, e ci attendiamo una copiosa messe dai vostri buoni costumi. Nondimeno vi esortiamo ad ascoltare con maggiore attenzione ciò che è contenuto appunto nella lettura da cui siamo sospinti a parlare alla Carità vostra, se in qualche modo, con l'aiuto del Signore Dio nostro, diremo qualcosa su ciò che non è possibile sia capito facilmente da tutti, a meno che non sia spiegato; e perché, una volta compreso, non debba essere disprezzato da alcuno.
La fede dei Cristiani.
1. 2. Teneva il discorso in Atene. Gli Ateniesi, in fatto di ogni genere di erudizione e di dottrina, s'imponevano con grande fama in mezzo agli altri popoli. Era appunto la patria di grandi filosofi. Di qui la varia e molteplice dottrina si era divulgata nelle altre città della Grecia ed in altri paesi del mondo. Ivi parlava l'Apostolo, vi annunziava Cristo crocifisso, scandalo per i Giudei, stoltezza per i Pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, predichiamo Cristo potenza di Dio e sapienza di Dio 1. A voi considerare di quanto pericolo era annunziare questo tra i superbi e i dotti. E così dunque, al termine del discorso, avendo quelli ascoltato della risurrezione dei morti, fondamentale verità di fede dei Cristiani, alcuni se ne ridevano, altri invece dicevano: Ti ascolteremo su questo un'altra volta. Né mancarono coloro che divennero credenti e, tra di essi, si fa il nome di un certo Dionigi Areopagita, cioè di un magistrato di Atene (infatti la Curia degli Ateniesi era chiamata Areopago), una donna della nobiltà ed altri. In conseguenza, mentre parlava l'Apostolo, quella moltitudine si divise in tre correnti, secondo una spiccata distinzione graduale: derisori, irresoluti, credenti. Infatti, secondo come è stato scritto, abbiamo ascoltato: Alcuni se ne ridevano, altri dicevano: Su questo ti ascolteremo un'altra volta 2; costoro erano irresoluti, alcuni credettero. Tra i derisori e i credenti sono al centro gli irresoluti. Chi deride, cade; chi crede, sta in piedi; chi è irresoluto è nell'incertezza. Su questo ti ascolteremo un'altra volta, essi dicono; non si sa se sarebbero caduti con i derisori o se si sarebbero posti in piedi con i credenti.
2. 2. Forse che tuttavia si affaticò inutilmente quel seminatore di parole? Se veramente avesse avuto timore dei derisori, non sarebbe giunto ai credenti; come nel Vangelo quel seminatore che il Signore presenta (poiché tale era effettivamente Paolo), se esitasse a seminare perché una parte dei semi non cadesse sulla strada, un'altra tra le spine, un'altra sugli spazi sassosi, il seme non potrebbe giungere mai alla terra fertilissima. Anche noi seminiamo, spargiamo; disponete i cuori, date il frutto.
Epicurei e Stoici discutono con paolo.
2. 3. Durante la lettura, se la Carità vostra ricorda, abbiamo ascoltato anche questo: alcuni filosofi Epicurei e Stoici discutevano con l'Apostolo. Chi siano o chi siano stati i filosofi Epicurei e Stoici, cioè quale sia stato il loro pensiero, che abbiano ritenuto come verità, a che abbiano approdato le loro assidue ricerche, indubbiamente molti di voi lo ignorano, ma, poiché parliamo a Cartagine, molti lo sanno. Così, ora che vi parleremo ci aiutino. Di certo molto serve allo scopo ciò che ritengo doversi dire. Ci ascoltino e quanti sanno e quelli che non sanno: questi per essere istruiti, quelli per essere ammoniti; gli uni per conoscere, gli altri per riconoscere.
Tutti desiderano la vita felice.
3. 4. Per prima cosa, state a sentire qual è, in linea generale, lo studio comune a tutti i filosofi. In tale assidua applicazione comune diedero origine a cinque correnti, orientate secondo le differenze delle proprie asserzioni. Tutti i filosofi, senza distinzione, attraverso lo studio, la ricerca, la discussione, l'esperienza della vita cercarono di assicurarsi una vita felice. Questo fu l'unico motivo della ricerca filosofica; ma penso che i filosofi hanno in comune con noi anche questo. Infatti, se voglio sapere da voi per quale ragione avete creduto in Cristo, perché siete divenuti Cristiani, ognuno sinceramente mi risponde: Per la vita felice. Ebbene, l'aspirazione alla vita felice è comune ai filosofi e ai Cristiani. Ma di qui sorge la questione: dove si possa trovare un oggetto di così unanime consenso, quindi la distinzione. Poiché ritengo per certo che è proprio di tutti gli uomini aspirare alla vita felice, volere la vita felice, bramare, desiderare, ricercare assiduamente la vita felice. Quindi riconosco che è assai inadeguato aver detto comune ai filosofi e ai Cristiani l'aspirazione alla vita felice; dovevo infatti attribuirla a tutti gli uomini, proprio a tutti, buoni e cattivi. Giacché chi è buono, in tanto è buono, in quanto vuole essere felice; e chi è cattivo, non sarebbe cattivo se non sperasse di poter essere felice in quanto tale. Quanto ai buoni, la questione non presenta difficoltà: per la ragione che desiderano la vita felice ne segue che sono buoni. Riguardo ai cattivi, pare che alcuni mettano in dubbio se anch'essi cerchino la vita felice. Ma se io potessi interrogare i cattivi, separati e appartati dai buoni, e dire: Volete essere felici? nessuno direbbe: Non voglio. Ad esempio, supponi uno che sia ladro; gli chiedo: Perché rubi? Per avere - risponde - quel che non avevo. Perché vuoi avere ciò che non avevi? Perché è una miseria non avere. Quindi, se è una miseria non avere, ritiene cosa felice avere. Ma la sua sfrontatezza e il suo errore sta nel fatto che, essendo cattivo, vuole essere felice. Infatti per tutti la felicità è un bene. Perché allora quello è un depravato? Perché desidera il bene e compie il male. Che vuole allora? Perché l'avidità dei cattivi aspira alla ricompensa dei buoni? La vita felice è la ricompensa dei buoni: la bontà è l'opera, la felicità è la ricompensa. Dio comanda l'opera, assegna la ricompensa; dice: Fa' questo e riceverai quello. Ma quel perverso ci risponde: Non sarò felice se non operando il male. Come se uno dicesse: Non raggiungo il bene se non sarò cattivo. Non ti accorgi che bene e male si escludono a vicenda? Vuoi il bene, ma fai il male? Corri in senso opposto: quando arrivi?
L'opinione degli Epicurei e degli Stoici sulla vita felice.
4. 5. Lasciamo allora da parte costoro; forse sarà opportuno che torniamo ad essi dopo aver messo in chiaro ciò che avevamo introdotto riguardo ai filosofi. Non ritengo infatti senza ragione che, con l'assistenza della divina Provvidenza, si sia trattato qualcosa d'importante per via di persone inconsapevoli, e che, pur essendo molte le scuole filosofiche nella città di Atene, non altri che Stoici ed Epicurei entrarono in discussione con Paolo 3. Infatti, quando avrete ascoltato qual è la corrente di pensiero di ogni loro scuola, vi renderete conto di quanto è lontano dall'essere casuale il fatto che, di tutti i filosofi, furono i soli nel confronto con Paolo. Evidentemente egli non si trovò libero di scegliere i contestatori da confutare; ma la divina Sapienza, che tutto dispone, gli fece trovare innanzi costoro, tra i quali quasi unicamente trovava fondamento la posizione inconciliabile dei filosofi. Mi spiego quindi in breve: quanti non sanno si rimettano a noi, e noi ci rimettiamo al giudizio di quanti sanno. Penso di non avere l'impudenza di mentire agli sprovveduti alla presenza di competenti in veste di giudici; soprattutto perché espongo qualcosa su cui alla pari possono dare sinceramente il loro giudizio e i dotti e gli indotti. Avanzo perciò questa premessa: l'uomo consta di anima e di corpo. Qui non mi attendo il vostro consenso, ma richiedo anche da voi che siate giudici. Non temo infatti che mi giudichi male, riguardo a tale affermazione, uno che conosce se stesso. Dunque, l'uomo consta di anima e di corpo, cosa che nessuno mette in dubbio. Tale sostanza, tale realtà, tale persona, cui si dà il nome di " uomo ", desidera la vita felice; e voi lo sapete, né insisto perché crediate, ma vi esorto a riconoscerlo. L'uomo, ripeto, questa realtà non insignificante, superiore a tutti gli animali, a tutti i volatili, anche a tutti gli esseri acquatici ed a tutto ciò che ha carne e non è uomo... l'uomo dunque esiste come unità dell'anima e del corpo, ma non di una qualsiasi anima - infatti anche l'animale esiste come unità di spirito vitale e di corpo - l'uomo dunque, che esiste come unità di anima razionale e di corpo mortale, cerca la vita felice. Una volta che l'uomo avrà conosciuto che cosa può rendere felice la vita, se non la possiede, se non la persegue, se non se ne appropria e se l'attribuisce, se è in suo potere, o se trova difficoltà, la chiede, non può essere felice. Tutta la questione si riduce, quindi, alla scoperta di ciò che rende felice la vita. Supponete ora di avere davanti ai vostri occhi gli Epicurei, gli Stoici e l'Apostolo; potevo anche dir così: gli Epicurei, gli Stoici, i Cristiani. Domandiamo prima agli Epicurei che cosa rende felice la vita. Rispondono: Il piacere sensibile. Ora qui chiedo di credere, dal momento che ho dei giudici. Infatti voi non sapete se gli Epicurei questo dicono, questo pensano, perché non avete letto i loro scritti; ma sono qui presenti quelli che hanno letto. Torniamo a interrogarli. Cos'è, secondo voi Epicurei, che rende felice la vita? Rispondono: Il piacere sensibile. Secondo voi, Stoici, che cosa rende felice la vita? Rispondono: La virtù dell'animo. Intenda in accordo con noi la Carità vostra, siamo Cristiani noi, ci troviamo a discutere tra i filosofi. Notate il motivo per il quale si procurò che solo quelle due correnti di pensiero avessero un confronto con l'Apostolo. Se si eccettua il corpo e l'anima, nell'uomo non c'è altro che si riferisca alla sostanza e alla natura di lui. Da una di queste due realtà, cioè dal corpo, gli Epicurei fecero dipendere la vita felice; gli Stoici vollero la vita felice inerente all'altra, cioè all'anima. Per quanto riguarda l'uomo, se egli è causa per sé di vita felice, non resta altro che il corpo e l'anima. O è il corpo causa di vita felice, o è l'anima causa di vita felice: se cerchi di più, ti allontani dall'uomo. In conseguenza, a coloro che vollero insita nell'uomo la vita felice dell'uomo, non fu assolutamente possibile fondare altrove la causa, ma solo nel corpo o nell'anima. Gli Epicurei furono gli esponenti più noti tra coloro dai quali fu riposta nel corpo la vita felice; tra quelli che fecero dell'anima la causa della vita felice, ebbero il primo posto gli Stoici.
L'opinione degli Epicurei non è approvata dall'Apostolo. Gli Epicurei che pensano dell'anima. Certi Cristiani epicurei per condotta di vita.
5. 6. Ecco, sono presenti, discutono con l'Apostolo; che non debba dire l'Apostolo qualcosa di più [importante], o che debba di necessità dare il suo assenso ad una delle due dottrine, e così a sua volta dover riconoscere inerente al corpo o all'anima la causa della vita felice. Paolo non la riferirebbe mai al corpo: esso infatti non ha un particolare valore; poiché sono ben lontani dal porre nel corpo la causa della felicità proprio quelli che pensano molto bene del corpo. Infatti gli Epicurei hanno la medesima opinione e del corpo e dell'anima, per questo soggetti alla morte l'uno e l'altra. E, quel che è più grave e più riprovevole, sostengono che l'anima, dopo la morte, si corrompe prima del corpo. " Esalato lo spirito - essi dicono - restando tuttora il cadavere e perdurando qualche tempo intatte le sembianze delle membra, appena uscita dal corpo, l'anima si dissolve, quasi fumo, in balia del vento ". Non ci meravigliamo in quanto hanno fatto dipendere il sommo bene, cioè la causa della felicità, dal corpo che ritenevano di avere superiore all'anima. Farebbe forse questo l'Apostolo? Non davvero da parte sua far dipendere dal corpo il sommo bene. Il sommo bene è infatti causa di felicità; è certo che l'Apostolo ebbe grande dolore dal fatto che alcuni, nel numero dei Cristiani, avessero scelto l'affermazione degli Epicurei, non uomini, ma porci. Erano di questo numero infatti quelli che corrompevano i buoni costumi in conversazioni disoneste e dicevano: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo 4. Degli Epicurei entrarono in questione con l'apostolo Paolo: vi sono anche dei Cristiani epicurei. Che altro sono infatti coloro che dicono di giorno in giorno: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo? A questo si riferiscono frasi come: " Nulla ci sarà dopo la morte "; " La nostra vita è infatti un'ombra che passa ". Dissero infatti, tra le altre cose, dietro riflessioni prive di rettitudine: Coroniamoci di rose prima che avvizziscano; nessun prato manchi alla nostra intemperanza. Lasciamo dunque i segni della nostra gioia, poiché questa è la nostra parte e questo ci spetta 5.
Il digiuno unito alla preghiera e all'elemosina.
6. 7. Se ci scaglieremo con durezza contro tale mentalità, se ci opponiamo con vigore a tali aspirazioni, diranno anche ciò che viene dopo: Trattiamo da padroni il giusto povero 6. E tuttavia, non abbiamo timore di dire, persino posti in questa sede: Non siate degli epicurei. Riflettete certo a quello che è stato detto da costoro che pur parlavano falsamente: Perché domani moriremo, ma noi non moriremo del tutto; infatti, dopo la morte, rimane quel che segue la morte. A chi muore sarà compagna o la vita o la pena. Nessuno dica: Di là chi è tornato quaggiù? Quel ricco, vestito di porpora, tardi volle tornare e non gli si poté concedere. Arso di sete ricercò ansioso una stilla chi disprezzò il povero affamato 7. Quindi nessuno dica: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo 8. Se volete dire: Perché domani moriremo, non lo proibisco; ma sostituite con altro quello che precede. E' vero che gli Epicurei, convinti che non vivranno dopo la morte, non avendo quasi altro che il piacere carnale, dicono: Mangiamo e beviamo perché domani moriremo, però i Cristiani, i quali vivranno dopo la morte, ma - ed è più importante - vivranno felici dopo la morte, non devono dire: Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo; ma ritenete ciò che è detto: Perché domani moriremo, e premettete: Preghiamo e digiuniamo perché domani moriremo. Aggiungo addirittura dell'altro, aggiungo un terzo accorgimento né trascuro ciò che soprattutto dev'essere osservato; in modo che dal tuo digiuno venga saziata la fame del povero, oppure, se non puoi digiunare, puoi nutrire con più abbondanza affinché ti si conceda il perdono a motivo della sazietà di lui. Dicano perciò i Cristiani: Digiuniamo, preghiamo e doniamo, perché domani moriremo. O anche, se vogliono dire distinte le due cose, io preferisco che dicano: Doniamo e preghiamo, piuttosto che: Digiuniamo e non doniamo. Dio ci guardi perciò dal credere che l'Apostolo riferiva al corpo il sommo bene dell'uomo, cioè la causa della felicità.
L'opinione degli Stoici non è approvata dall'Apostolo.
7. 8.Ma il contrasto con gli Stoici forse non è svantaggioso. Ecco, infatti a chi domanda da che fanno dipendere ciò che rende felice la vita, vale a dire ciò che nell'uomo suscita la vita felice, rispondono che non consiste nel piacere carnale, ma nella virtù dell'animo. Che ne dice l'Apostolo? Approva? Se approva, noi approviamo. Ma non approva: poiché la Scrittura dissuade quelli che confidano nella loro forza 9. Pertanto l'Epicureo, ammettendo presente nel corpo il sommo bene dell'uomo, ripone in sé la speranza. Ma veramente lo Stoico, facendo dipendere dall'anima il sommo bene dell'uomo, almeno lo ha fatto inerente alla realtà migliore dell'uomo; anch'egli, però, ha fondato in sé la speranza. Ma non è che uomo sia l'Epicureo, sia lo Stoico. Maledetto dunque chi ripone la sua speranza nell'uomo 10. Che dire allora? Posti ora i tre: l'Epicureo, lo Stoico, il Cristiano davanti ai nostri occhi, interroghiamoli ad uno ad uno. Di', Epicureo, che cosa rende felice l'uomo. Risponde: Il piacere carnale. Di', Stoico. La virtù dell'animo. Di', Cristiano. Il dono di Dio.
Sono da respingere le affermazioni degli Epicurei e degli Stoici sulla felicità.
8. 9. Pertanto, fratelli, quasi davanti ai nostri occhi gli Epicurei e gli Stoici hanno disputato con l'Apostolo e con il loro confronto ci hanno insegnato cosa dobbiamo rifiutare e che scegliere. La virtù dell'animo è una cosa lodevole; la prudenza che discerne il bene dal male, la giustizia che distribuisce a ciascuno il suo, la temperanza che frena le passioni, la fortezza che tollera serenamente le contrarietà. Grande cosa, lodevole cosa; loda, o Stoico, per quanto puoi, ma di': Da chi ti viene? Non ti rende felice la virtù del tuo animo, ma colui che ti ha dato la forza, che ha suscitato in te il volere e ti ha donato di potere 11. So che tu forse riderai di me, e sarai tra coloro dei quali è stato scritto che deridevano Paolo 12. Se tu sei la strada, io semino, poiché sono un seminatore di parole secondo la mia capacità. Ciò che è stato oggetto del tuo scherno è il compito mio. Io semino: cade in te come in terra battuta ciò che io semino. Io non sono indolente; e trovo la terra buona. Che posso fare per te? Sei stato confutato e persino dalla parola irreprensibile di Dio sei stato confutato. Sei tra quelli che fanno affidamento nella loro virtù dell'animo, sei tra quelli che ripongono la loro speranza nell'uomo. Ti compiaci della virtù; ti compiaci di una cosa buona; lo so, hai sete, ma non puoi essere per te sorgente di forza. Sei arido: se mi prendo cura di rivelarti la sorgente della vita, forse ti burlerai di me. Dici infatti fra te: Da questa roccia dovrei bere? La verga toccò e scaturì l'acqua 13. Poiché i Giudei chiedono i miracoli, ma tu, Stoico, non sei Giudeo; lo so, sei Greco, e i Greci cercano la sapienza. Noi invece predichiamo Cristo crocifisso. Il Giudeo si scandalizza, il Greco schernisce. Scandalo, quindi, per i Giudei, stoltezza invece per i Pagani; ma per coloro che sono chiamati, sia Giudei che Greci, ciò riguarda appunto Paolo, già Saulo, e Dionigi Areopagita, e a questi tali, ed a quelli come loro tali, Cristo sapienza di Dio e potenza di Dio 14. Ora tu non deridi la roccia: riconosci nella verga la croce, nella fonte Cristo; e se hai sete, attingi la forza. Bevi dalla fonte fino ad essere saturo, forse farai traboccare azioni di grazie; ciò che ti viene da lui, non sarai più tu a dartelo, ma nel rutto esclamerai: Ti amo, Signore, mia forza 15. Non dirai più: La virtù dell'anima mia mi rende felice. Non sarai tra quelli che, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato la gloria né gli hanno rese grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa; mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti 16. Che significa allora: mentre si dichiaravano sapienti, se non avere da sé, bastare a sé? Sono diventati stolti; a ragione stolti. La falsa sapienza è la vera stoltezza. Ma sarai tra coloro dei quali si dice: Cammineranno, Signore, alla luce del tuo volto; esulteranno tutto il giorno nel tuo nome, nella tua giustizia troveranno la loro gloria; poiché tu sei il vanto della loro forza 17. Tu desideravi la fortezza; di': Signore, mia forza 18. Desideravi la vita felice; di': Beato l'uomo che tu istruisci, Signore 19. Beato infatti il popolo la cui felicità non è il piacere carnale, non è la virtù propria, ma: Beato il popolo il cui Dio è il Signore 20. Questa è la patria della beatitudine che tutti vogliono; ma non tutti la desiderano con rettitudine. Noi, invece, non intendiamo aprirci, per così dire, con artificio, nel nostro cuore, una via verso tale patria e approntare sentieri che portano all'errore; di lì viene anche la via.
Cristo è la beatitudine e la via alla beatitudine.
8. 10. Dunque l'uomo felice vuole altro che non essere ingannato, non morire, non soffrire? E che desidera? Avere più fame e mangiare di più? Perché, se è meglio non aver fame? Nessuno è felice se non chi vive in eterno senza alcun timore, senza alcun inganno. Infatti l'anima detesta d'essere ingannata. Quanto l'anima abbia innata la ripulsa ad essere ingannata, può comprendersi dal fatto che quelli che ridono per alienazione mentale sono compianti dai sani; e l'uomo preferisce senz'altro ridere piuttosto che piangere. Se vengono proposte queste due cose: Vuoi ridere, oppure vuoi piangere? Chi è che non risponde: Ridere? Nuovamente, se vengono proposte queste due cose: vuoi essere ingannato, oppure essere certo della verità? Ognuno risponde: Esser certo della verità. Preferisce e vivere e possedere il vero; di queste due, il riso e il pianto: Ridere; di queste due, l'inganno e la verità: Possedere la verità. Ma è tanto superiore l'assolutamente insuperabile verità, che l'uomo sano di mente preferisce piangere piuttosto che ridere per alienazione mentale. Ivi, perciò, in quella patria, ci sarà la verità, non si troverà mai l'inganno e l'errore. Ma ci sarà la verità e non ci sarà il pianto; poiché ci sarà e l'autentico ridere, e il godere della verità, perché ci sarà la vita. Infatti se ci sarà dolore, non ci sarà la vita; poiché neppure va chiamata vita un perpetuo, inestinguibile tormento. Per questo non è che il Signore dia il nome di vita a quella che avranno gli empi, sebbene siano vivi in mezzo al fuoco: non cessano di vivere perché non abbia termine la pena; dato che il loro verme non morirà e il loro fuoco non si estinguerà 21; non volle tuttavia chiamarla vita, ma chiamò vita quella che è felice ed eterna 22. In conseguenza, quel ricco domandava al Signore: Che devo fare di buono per ottenere la vita eterna? Ma il Signore chiamava veramente vita eterna solo la vita felice; poiché gli empi avranno la vita eterna, ma non la vita felice, in quanto piena di tormenti. Così quello disse: Signore, che devo fare di buono per ottenere la vita eterna? Il Signore gli parlò dei comandamenti. Quello, di rimando: Ho osservato tutte queste cose. Ma [il Signore], nel parlare dei comandamenti, come si espresse? Se vuoi giungere alla vita 23. Non gli disse: " felice ", perché una vita piena di miserie non va chiamata vita. Non gli aggiunse: " eterna ", perché neppure va chiamata vita quando c'è il timore della morte. Quindi, quanto alla vita, che è degna di questo nome, così che si chiami vita, non si tratta che della vita felice; e non è felice se non è eterna. Questa vogliono tutti, questa vogliamo tutti: la verità e la vita; ma per dove si giunge ad un possesso di così grande valore, ad una così grande felicità? I filosofi si costruirono vie di errore; alcuni dissero: Per di qua; altri: Non per di qua ma per di là. Si tenne nascosta a loro la via, perché Dio resiste ai superbi 24. Sarebbe nascosta anche a noi se non fosse venuta a noi. Per questo il Signore: Io - disse - sono la via. Pigro viandante, non volevi giungere alla via; è venuta a te la via. Cercavi per dove andare: Io sono la via. Cercavi dove giungere: Io sono la verità e la vita 25. Non finirai nell'errore se andrai a lui per mezzo di lui. Questa è la dottrina dei Cristiani, da non porre affatto a confronto, ma da preferirsi senza paragoni alle dottrine dei filosofi, all'immondezza degli Epicurei, alla superbia degli Stoici.
1 - 1 Cor 1, 23-24.
2 - At 17, 32.
3 - Cf. At 17, 18.
4 - 1 Cor 15, 32.
5 - Sap 2, 8.
6 - Sap 2, 8-10.
7 - Cf. Lc 16, 19-24.
8 - 1 Cor 15, 32.
9 - Cf. Sal 41, 7.
10 - Ger 17, 5.
11 - Cf. Fil 2, 13.
12 - At 17, 32.
13 - Cf. Nm 20, 11.
14 - 1 Cor 1, 22-23.
15 - Sal 17, 2.
16 - Rm 1, 22-23.
17 - Sal 88, 16-18.
18 - Sal 45, 2.
19 - Sal 93, 12.
20 - Sal 143, 13.
21 - Is 66, 24.
22 - Cf. Mt 19, 16-17.
23 - Mt 19, 16-17.
24 - Cf. Gc 4, 6.
25 - Gv 14, 6.
Capitolo XXXIII:L’instabilità del nostro cuore e la intenzione ultima, che deve essere posta in Dio
Libro III: Dell'interna consolazione - Tommaso da Kempis
Leggilo nella BibliotecaO figlio, non ti fidare della disposizione d'animo nella quale ora ti trovi; ben presto essa muterà in una disposizione diversa. Per tutta la vita sarai oggetto, anche se tu non lo vuoi, a tale mutevolezza. Volta a volta, sarai trovato lieto o triste, tranquillo o turbato, fervente oppure no, voglioso o pigro, pensoso o spensierato. Ma colui che è ricco di sapienza e di dottrina spirituale si pone saldamente al di sopra di tali mutevolezze, non badando a quello che senta dentro di sé, o da che parte spiri il vento della instabilità; badando, invece, che tutto il proposito dell'animo suo giovi al fine dovuto e desiderato. Così infatti egli potrà restare sempre se stesso in modo irremovibile, tenendo costantemente fisso a me, pur attraverso così vari eventi, l'occhio puro della sua intenzione.
E quanto più puro sarà l'occhio dell'intenzione, tanto più sicuro sarà il cammino in mezzo alle varie tempeste. Ma quest'occhio puro dell'intenzione, in molta gente, è offuscato, perché lo sguardo si volge presto a qualcosa di piacevole che balzi dinanzi. E poi raramente si trova uno che sia esente del tutto da questo neo, di cercare la propria soddisfazione: Come gli Ebrei, che erano venuti, quella volta, a Betania, da Marta e Maria, "non già per vedere Gesù, ma per vedere Lazzaro" (Gv 12,9).
Occorre, dunque, che l'occhio dell'intenzione sia purificato, reso semplice e retto; occorre che esso, al di là di tutte le varie cose che si frappongono, sia indirizzato a me.
5 luglio 1943
Madre Pierina Micheli
Quante lotte in questi giorni... Il nemico mi tormenta... solo l'ubbidienza mi sostiene...