Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Il Signore tacque come un agnello quando fu condotto alla passione; e anche ora sta in silenzio, perché non interviene con minacce o castighi. È paziente, aspetta che ognuno faccia penitenza. Ma nel giorno del giudizio griderà  come una partoriente, lasciando libero corso al rammarico sì a lungo represso. Allora disperderà  tutte le ricchezze accumulate iniquamente e distruggerà  il loro potere; renderà  deserti i monti e i colli, cioè abbatterà  la superbia sia dei prelati che dei sottoposti, e farà  inaridire ogni germe di gola e di lussuria. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 3° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Luca 19

1Entrato in Gèrico, attraversava la città.2Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco,3cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura.4Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.5Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: "Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua".6In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.7Vedendo ciò, tutti mormoravano: "È andato ad alloggiare da un peccatore!".8Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto".9Gesù gli rispose: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo;10il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto".

11Mentre essi stavano ad ascoltare queste cose, Gesù disse ancora una parabola perché era vicino a Gerusalemme ed essi credevano che il regno di Dio dovesse manifestarsi da un momento all'altro.12Disse dunque: "Un uomo di nobile stirpe partì per un paese lontano per ricevere un titolo regale e poi ritornare.13Chiamati dieci servi, consegnò loro dieci mine, dicendo: Impiegatele fino al mio ritorno.14Ma i suoi cittadini lo odiavano e gli mandarono dietro un'ambasceria a dire: Non vogliamo che costui venga a regnare su di noi.15Quando fu di ritorno, dopo aver ottenuto il titolo di re, fece chiamare i servi ai quali aveva consegnato il denaro, per vedere quanto ciascuno avesse guadagnato.16Si presentò il primo e disse: Signore, la tua mina ha fruttato altre dieci mine.17Gli disse: Bene, bravo servitore; poiché ti sei mostrato fedele nel poco, ricevi il potere sopra dieci città.18Poi si presentò il secondo e disse: La tua mina, signore, ha fruttato altre cinque mine.19Anche a questo disse: Anche tu sarai a capo di cinque città.20Venne poi anche l'altro e disse: Signore, ecco la tua mina, che ho tenuta riposta in un fazzoletto;21avevo paura di te che sei un uomo severo e prendi quello che non hai messo in deposito, mieti quello che non hai seminato.22Gli rispose: Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio! Sapevi che sono un uomo severo, che prendo quello che non ho messo in deposito e mieto quello che non ho seminato:23perché allora non hai consegnato il mio denaro a una banca? Al mio ritorno l'avrei riscosso con gli interessi.24Disse poi ai presenti: Toglietegli la mina e datela a colui che ne ha dieci25Gli risposero: Signore, ha già dieci mine!26Vi dico: A chiunque ha sarà dato; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.27E quei miei nemici che non volevano che diventassi loro re, conduceteli qui e uccideteli davanti a me".

28Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme.
29Quando fu vicino a Bètfage e a Betània, presso il monte detto degli Ulivi, inviò due discepoli dicendo:30"Andate nel villaggio di fronte; entrando, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è mai salito; scioglietelo e portatelo qui.31E se qualcuno vi chiederà: Perché lo sciogliete?, direte così: Il Signore ne ha bisogno".32Gli inviati andarono e trovarono tutto come aveva detto.33Mentre scioglievano il puledro, i proprietari dissero loro: "Perché sciogliete il puledro?".34Essi risposero: "Il Signore ne ha bisogno".
35Lo condussero allora da Gesù; e gettati i loro mantelli sul puledro, vi fecero salire Gesù.36Via via che egli avanzava, stendevano i loro mantelli sulla strada.37Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, esultando, cominciò a lodare Dio a gran voce, per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo:

38"'Benedetto colui che viene,'
il re, 'nel nome del Signore'.
Pace in cielo
e gloria nel più alto dei cieli!".

39Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli".40Ma egli rispose: "Vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre".

41Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo:42"Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi.43Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte;44abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata".

45Entrato poi nel tempio, cominciò a cacciare i venditori,46dicendo: "Sta scritto:

'La mia casa sarà casa di preghiera'.
Ma voi ne avete fatto 'una spelonca di ladri!'".

47Ogni giorno insegnava nel tempio. I sommi sacerdoti e gli scribi cercavano di farlo perire e così anche i notabili del popolo;48ma non sapevano come fare, perché tutto il popolo pendeva dalle sue parole.


Levitico 20

1Il Signore disse ancora a Mosè:2"Dirai agli Israeliti: Chiunque tra gli Israeliti o tra i forestieri che soggiornano in Israele darà qualcuno dei suoi figli a Moloch, dovrà essere messo a morte; il popolo del paese lo lapiderà.3Anch'io volgerò la faccia contro quell'uomo e lo eliminerò dal suo popolo, perché ha dato qualcuno dei suoi figli a Moloch con l'intenzione di contaminare il mio santuario e profanare il mio santo nome.4Se il popolo del paese chiude gli occhi quando quell'uomo dà qualcuno dei suoi figli a Moloch e non lo mette a morte,5io volgerò la faccia contro quell'uomo e contro la sua famiglia ed eliminerò dal suo popolo lui con quanti si danno all'idolatria come lui, abbassandosi a venerare Moloch.
6Se un uomo si rivolge ai negromanti e agli indovini per darsi alle superstizioni dietro a loro, io volgerò la faccia contro quella persona e la eliminerò dal suo popolo.7Santificatevi dunque e siate santi, perché io sono il Signore, vostro Dio.
8Osservate le mie leggi e mettetele in pratica. Io sono il Signore che vi vuole fare santi.
9Chiunque maltratta suo padre o sua madre dovrà essere messo a morte; ha maltrattato suo padre o sua madre: il suo sangue ricadrà su di lui.
10Se uno commette adulterio con la moglie del suo prossimo, l'adùltero e l'adùltera dovranno esser messi a morte.
11Se uno ha rapporti con la matrigna, egli scopre la nudità del padre; tutti e due dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di essi.
12Se uno ha rapporti con la nuora, tutti e due dovranno essere messi a morte; hanno commesso un abominio; il loro sangue ricadrà su di essi.
13Se uno ha rapporti con un uomo come con una donna, tutti e due hanno commesso un abominio; dovranno essere messi a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.
14Se uno prende in moglie la figlia e la madre, è un delitto; si bruceranno con il fuoco lui ed esse, perché non ci sia fra di voi tale delitto.
15L'uomo che si abbrutisce con una bestia dovrà essere messo a morte; dovrete uccidere anche la bestia.16Se una donna si accosta a una bestia per lordarsi con essa, ucciderai la donna e la bestia; tutte e due dovranno essere messe a morte; il loro sangue ricadrà su di loro.
17Se uno prende la propria sorella, figlia di suo padre o figlia di sua madre, e vede la nudità di lei ed essa vede la nudità di lui, è un'infamia; tutti e due saranno eliminati alla presenza dei figli del loro popolo; quel tale ha scoperto la nudità della propria sorella; dovrà portare la pena della sua iniquità.
18Se uno ha un rapporto con una donna durante le sue regole e ne scopre la nudità, quel tale ha scoperto la sorgente di lei ed essa ha scoperto la sorgente del proprio sangue; perciò tutti e due saranno eliminati dal loro popolo.
19Non scoprirai la nudità della sorella di tua madre o della sorella di tuo padre; chi lo fa scopre la sua stessa carne; tutti e due porteranno la pena della loro iniquità.
20Se uno ha rapporti con la moglie di suo zio, scopre la nudità di suo zio; tutti e due porteranno la pena del loro peccato; dovranno morire senza figli.
21Se uno prende la moglie del fratello, è una impurità, egli ha scoperto la nudità del fratello; non avranno figli.
22Osserverete dunque tutte le mie leggi e tutte le mie prescrizioni e le metterete in pratica, perché il paese dove io vi conduco ad abitare non vi rigetti.23Non seguirete le usanze delle nazioni che io sto per scacciare dinanzi a voi; esse hanno fatto tutte quelle cose, perciò le ho in abominio24e vi ho detto: Voi possiederete il loro paese; ve lo darò in proprietà; è un paese dove scorre il latte e il miele. Io il Signore vostro Dio vi ho separati dagli altri popoli.
25Farete dunque distinzione tra animali mondi e immondi, fra uccelli immondi e mondi e non vi renderete abominevoli, mangiando animali, uccelli o esseri che strisciano sulla terra e che io vi ho fatto distinguere come immondi.26Sarete santi per me, poiché io, il Signore, sono santo e vi ho separati dagli altri popoli, perché siate miei.
27Se uomo o donna, in mezzo a voi, eserciteranno la negromanzia o la divinazione, dovranno essere messi a morte; saranno lapidati e il loro sangue ricadrà su di essi".


Proverbi 20

1Il vino è rissoso, il liquore è tumultuoso;
chiunque se ne inebria non è saggio.
2La collera del re è simile al ruggito del leone;
chiunque lo eccita rischia la vita.
3È una gloria per l'uomo astenersi dalle contese,
attaccar briga è proprio degli stolti.
4Il pigro non ara d'autunno,
e alla mietitura cerca, ma non trova nulla.
5Come acque profonde sono i consigli nel cuore umano,
l'uomo accorto le sa attingere.
6Molti si proclamano gente per bene,
ma una persona fidata chi la trova?
7Il giusto si regola secondo la sua integrità;
beati i figli che lascia dietro di sé!
8Il re che siede in tribunale
dissipa ogni male con il suo sguardo.
9Chi può dire: "Ho purificato il cuore,
sono mondo dal mio peccato?".
10Doppio peso e doppia misura
sono due cose in abominio al Signore.
11Già con i suoi giochi il fanciullo dimostra
se le sue azioni saranno pure e rette.
12L'orecchio che ascolta e l'occhio che vede:
l'uno e l'altro ha fatto il Signore.
13Non amare il sonno per non diventare povero,
tieni gli occhi aperti e avrai pane a sazietà.
14"Robaccia, robaccia" dice chi compra:
ma mentre se ne va, allora se ne vanta.
15C'è oro e ci sono molte perle,
ma la cosa più preziosa sono le labbra istruite.
16Prendigli il vestito perché si è fatto garante per un altro
e tienilo in pegno per gli estranei.
17È piacevole all'uomo il pane procurato con frode,
ma poi la sua bocca sarà piena di granelli di sabbia.
18Pondera bene i tuoi disegni, consigliandoti,
e fa' la guerra con molta riflessione.
19Chi va in giro sparlando rivela un segreto,
non associarti a chi ha sempre aperte le labbra.
20Chi maledice il padre e la madre
vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre.
21I guadagni accumulati in fretta da principio
non saranno benedetti alla fine.
22Non dire: "Voglio ricambiare il male",
confida nel Signore ed egli ti libererà.
23Il doppio peso è in abominio al Signore
e le bilance false non sono un bene.
24Dal Signore sono diretti i passi dell'uomo
e come può l'uomo comprender la propria via?
25È un laccio per l'uomo esclamare subito: "Sacro!"
e riflettere solo dopo aver fatto il voto.
26Un re saggio passa al vaglio i malvagi
e ritorna su di loro con la ruota.
27Lo spirito dell'uomo è una fiaccola del Signore
che scruta tutti i segreti recessi del cuore.
28Bontà e fedeltà vegliano sul re,
sulla bontà è basato il suo trono.
29Vanto dei giovani è la loro forza,
ornamento dei vecchi è la canizie.
30Le ferite sanguinanti spurgano il male,
le percosse purificano i recessi del cuore.


Salmi 111

1Alleluia.

Alef. Renderò grazie al Signore con tutto il cuore,
Bet. nel consesso dei giusti e nell'assemblea.

2Ghimel. Grandi le opere del Signore,
Dalet. le contemplino coloro che le amano.
3He. Le sue opere sono splendore di bellezza,
Vau. la sua giustizia dura per sempre.
4Zain. Ha lasciato un ricordo dei suoi prodigi:
Het. pietà e tenerezza è il Signore.
5Tet. Egli dà il cibo a chi lo teme,
Iod. si ricorda sempre della sua alleanza.

6Caf. Mostrò al suo popolo la potenza delle sue opere,
Lamed. gli diede l'eredità delle genti.
7Mem. Le opere delle sue mani sono verità e giustizia,
Nun. stabili sono tutti i suoi comandi,
8Samech. immutabili nei secoli, per sempre,
Ain. eseguiti con fedeltà e rettitudine.
9Pe. Mandò a liberare il suo popolo,
Sade. stabilì la sua alleanza per sempre.

10Kof. Santo e terribile il suo nome.
Res. Principio della saggezza è il timore del Signore,
Sin. saggio è colui che gli è fedele;
Tau. la lode del Signore è senza fine.


Isaia 8

1Il Signore mi disse: "Prenditi una grande tavoletta e scrivici con caratteri ordinari: A 'Mahèr-salàl-cash-baz'".2Io mi presi testimoni fidati, il sacerdote Uria e Zaccaria figlio di Iebarachìa.3Poi mi unii alla profetessa, la quale concepì e partorì un figlio. Il Signore mi disse: "Chiamalo 'Mahèr-salàl-cash-baz',4poiché, prima che il bambino sappia dire babbo e mamma, le ricchezze di Damasco e le spoglie di Samaria saranno portate davanti al re di Assiria".

5Il Signore mi disse di nuovo:
6"Poiché questo popolo ha rigettato
le acque di Siloe, che scorrono piano,
e trema per Rezìn e per il figlio di Romelia,
7per questo, ecco,
il Signore gonfierà contro di loro
le acque del fiume,
impetuose e abbondanti:
cioè il re assiro con tutto il suo splendore,
irromperà in tutti i suoi canali
e strariperà da tutte le sue sponde.
8Penetrerà in Giuda,
lo inonderà e lo attraverserà
fino a giungere al collo.
Le sue ali distese copriranno
tutta l'estensione del tuo paese, Emmanuele.
9Sappiatelo, popoli: sarete frantumati;
ascoltate voi tutte, nazioni lontane,
cingete le armi e sarete frantumate.
10Preparate un piano, sarà senza effetti;
fate un proclama, non si realizzerà,
perché Dio è con noi".

11Poiché così il Signore mi disse, quando mi aveva preso per mano e mi aveva proibito di incamminarmi nella via di questo popolo:

12"Non chiamate congiura
ciò che questo popolo chiama congiura,
non temete ciò che esso teme e non abbiate paura".
13Il Signore degli eserciti, lui solo ritenete santo.
Egli sia l'oggetto del vostro timore, della vostra paura.
14Egli sarà laccio e pietra d'inciampo
e scoglio che fa cadere
per le due case di Israele,
laccio e trabocchetto per chi abita in Gerusalemme.
15Tra di loro molti inciamperanno,
cadranno e si sfracelleranno,
saranno presi e catturati.

16Si chiuda questa testimonianza, si sigilli questa rivelazione nel cuore dei miei discepoli.17Io ho fiducia nel Signore, che ha nascosto il volto alla casa di Giacobbe, e spero in lui.18Ecco, io e i figli che il Signore mi ha dato, siamo segni e presagi per Israele da parte del Signore degli eserciti, che abita sul monte Sion.
19Quando vi diranno: "Interrogate gli spiriti e gli indovini che bisbigliano e mormorano formule. Forse un popolo non deve consultare i suoi dèi? Per i vivi consultare i morti?",20attenetevi alla rivelazione, alla testimonianza. Certo, faranno questo discorso che non offre speranza d'aurora.

21Egli si aggirerà nel paese oppresso e affamato,
e, quando sarà affamato e preso dall'ira,
maledirà il suo re e il suo dio.
Guarderà in alto
22e rivolgerà lo sguardo sulla terra
ed ecco angustia e tenebre
e oscurità desolante.
Ma la caligine sarà dissipata,
23poiché non ci sarà più oscurità
dove ora è angoscia.

In passato umiliò la terra di Zàbulon e la terra di Nèftali, ma in futuro renderà gloriosa la via del mare, oltre il Giordano e la curva di Goim.


Prima lettera di Giovanni 4

1Carissimi, non prestate fede a ogni ispirazione, ma mettete alla prova le ispirazioni, per saggiare se provengono veramente da Dio, perché molti falsi profeti sono comparsi nel mondo.2Da questo potete riconoscere lo spirito di Dio: ogni spirito che riconosce che Gesù Cristo è venuto nella carne, è da Dio;3ogni spirito che non riconosce Gesù, non è da Dio. Questo è lo spirito dell'anticristo che, come avete udito, viene, anzi è già nel mondo.4Voi siete da Dio, figlioli, e avete vinto questi falsi profeti, perché colui che è in voi è più grande di colui che è nel mondo.5Costoro sono del mondo, perciò insegnano cose del mondo e il mondo li ascolta.6Noi siamo da Dio. Chi conosce Dio ascolta noi; chi non è da Dio non ci ascolta. Da ciò noi distinguiamo lo spirito della verità e lo spirito dell'errore.

7Carissimi, amiamoci gli uni gli altri, perché l'amore è da Dio: chiunque ama è generato da Dio e conosce Dio.8Chi non ama non ha conosciuto Dio, perché Dio è amore.9In questo si è manifestato l'amore di Dio per noi: Dio ha mandato il suo unigenito Figlio nel mondo, perché noi avessimo la vita per lui.10In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati.
11Carissimi, se Dio ci ha amato, anche noi dobbiamo amarci gli uni gli altri.12Nessuno mai ha visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l'amore di lui è perfetto in noi.13Da questo si conosce che noi rimaniamo in lui ed egli in noi: egli ci ha fatto dono del suo Spirito.14E noi stessi abbiamo veduto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo.15Chiunque riconosce che Gesù è il Figlio di Dio, Dio dimora in lui ed egli in Dio.16Noi abbiamo riconosciuto e creduto all'amore che Dio ha per noi. Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui.
17Per questo l'amore ha raggiunto in noi la sua perfezione, perché abbiamo fiducia nel giorno del giudizio; perché come è lui, così siamo anche noi, in questo mondo.18Nell'amore non c'è timore, al contrario l'amore perfetto scaccia il timore, perché il timore suppone un castigo e chi teme non è perfetto nell'amore.
19Noi amiamo, perché egli ci ha amati per primo.20Se uno dicesse: "Io amo Dio", e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede.21Questo è il comandamento che abbiamo da lui: chi ama Dio, ami anche il suo fratello.


Capitolo XV: Umiltà e rinnegamento di sé, mezzo per ottenere la grazia della devozione

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Parola del Diletto

1. La grazia della devozione devi cercarla senza posa, chiederla con gran desiderio, aspettarla con fiduciosa pazienza; devi riceverla con gratitudine e umilmente conservarla; con essa devi diligentemente operare; devi poi rimetterti a Dio per il tempo e il modo di questa visita dall'alto. Quando dentro di te non senti alcuna devozione, o ne senti ben poca, ti devi fare particolarmente umile, ma senza abbatterti troppo, senza rattristarti oltre misura. Quello che per lungo tempo non aveva concesso, spesso Dio lo concede in un breve istante; quello che al principio della preghiera non aveva voluto dare, talvolta Dio lo dà alla fine. Se questa grazia venisse data sempre prontamente e si presentasse ogni volta che la si desidera, l'uomo, nella sua fragilità, non la saprebbe portare. Perciò la grazia della devozione la si deve attendere con totale fiducia e con umile pazienza. Quando non ti viene data, oppure ti viene tolta senza che tu ne veda la ragione, danne la colpa a te stesso e ai tuoi peccati. Talvolta è una piccola cosa che fa ostacolo alla grazia e la nasconde: se pur piccola, e non grande cosa, possa chiamarsi ciò che impedisce un bene così eccelso. E se questa piccola, o, meglio, grande cosa riuscirai a rimuoverla e a vincerla del tutto, ciò che chiedevi si avvererà. In verità, non appena ti sarai dato a Dio con tutto il tuo cuore; non appena, anziché chiedere questo o quest'altro, ti sarai rimesso interamente a lui, ti troverai tranquillo e in pace con te stesso, giacché nulla avrà per te sapore più gradito di ciò che vuole Iddio.

2. Perciò colui che, con semplicità di cuore, avrà elevato la sua intenzione a Dio, liberandosi da qualsiasi attaccamento non retto e da un distorto amore per le cose di questo mondo, sarà veramente degno di ricevere la grazia e meriterà il dono della devozione. Giacché dove trova un terreno sgombro, là il Signore concede la sua benedizione. E tanto più rapida scende la grazia, tanto più copiosa si riversa, tanto più in alto trasporta un cuore libero, quanto più uno rinuncia del tutto alle cose di quaggiù, morendo a se stesso e disprezzando se stesso. Allora, "il cuore di costui vedrà e sarà traboccante, e contemplerà e si allargherà in Dio" (Is 60,5), poiché "con lui è la potenza del Signore" (Ez 3,14; Lc 1,66), nelle mani del quale egli si è messo, interamente e per sempre. "Ecco, così sarà benedetto" (Sal 127,4), colui che cerca il Signore con tutto il cuore, e "non ha ricevuto invano la sua vita" (Sal 23,4). Della grazia grande di essere unito a Dio egli si rende degno proprio qui, nel ricevere la santa Eucarestia; perché non mira alla propria devozione e alla propria consolazione, e mira invece, di là di ogni devozione o consolazione, a glorificare e ad onorare Iddio.


LETTERA 177: Aurelio, Agostino e altri vescovi spiegano al papa Innocenzo in qual senso Pelagio ammise la grazia al concilio di Diospoli, pregandolo d'interrogarlo personalmente per convincersi di qual grazia egli parli .

Lettere - Sant'Agostino

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Scritta nel 416.

Aurelio, Agostino e altri vescovi spiegano al papa Innocenzo in qual senso Pelagio ammise la grazia al concilio di Diospoli, pregandolo d'interrogarlo personalmente per convincersi di qual grazia egli parli (nn. 1-8) poiché in un recente libro a lui attribuito parla in modo improprio della grazia di Cristo in virtù della quale si salvano gli uomini, compresi i giusti dell'Antico Testamento (nn. 9-12), mentre Pelagio ripone la salvezza nella Legge (nn. 13-14). Inviano la confutazione di quel libro (n. 15).

AURELIO, ALIPIO, AGOSTINO, EVODIO, E POSSIDIO
SALUTIAMO NEL SIGNORE IL PAPA INNOCENZO, LORO SANTISSIMO SIGNORE E FRATELLO ASSAI DEGNO D'ESSERE ONORATO

S'invoca l'aiuto di Dio e del Papa contro la eresia.

1. Abbiamo inviato alla Santità tua due lettere di due concilii, cioè della provincia di Cartagine e della Numidia, sottoscritte da un gran numero di vescovi, nelle quali si combattono i nemici della grazia di Cristo, i quali confidano solo nella loro forza 1 e pare vogliano dire al nostro Creatore: " Tu ci hai fatti uomini, ma noi ci siamo fatti santi da noi stessi". Essi affermano che la natura umana è libera, per non cercare il Liberatore; affermano ch'è salva, per giudicare superfluo il Salvatore. Affermano infatti che la natura ha tanta potenza che, mediante le sue forze ricevute nella creazione, può domare e soffocare tutte le passioni e vincere tutte le tentazioni col libero arbitrio, senza l'aiuto ulteriore del suo Creatore. Molti di essi si sollevano contro di noi e dicono all'anima nostra: Non c'è salvezza per lei nel suo Dio 2. Ma la famiglia del Cristo, la quale dice: Quando son debole, allora sono potente 3 e alla quale il Signore dice: Sono io la tua salvezza 4, aspetta con ansia, con timore e tremore l'aiuto del Signore anche tramite la carità della Santità tua.

Qual è la grazia ammessa da Pelagio.

2. Abbiamo infatti sentito dire che a Roma, ove Pelagio è vissuto a lungo, ci sono molti a lui favorevoli: alcuni cioè perché si dice che vi abbiano convinti delle loro idee, altri invece, in numero più grande, i quali non credono ch'egli abbia tali opinioni, soprattutto perché si afferma a vanvera che nell'Oriente, dove si trova attualmente, sono stati redatti dei Verbali d'un processo ecclesiastico in cui si reputa che si sia giustificato. Ma se alcuni vescovi lo hanno dichiarato cattolico, si deve credere che una tale eventualità si sarà potuta avverare solo perché Pelagio avrà proclamato che ammetteva la grazia di Dio e che uno può vivete santamente in virtù dello sforzo personale e della propria volontà senza per altro affermare che noi, per ottenere questo risultato, non siamo aiutati dalla grazia di Dio. All'udire siffatte dichiarazioni i vescovi cattolici non potevano intendere altra grazia se non quella che sono soliti leggere nelle Sacre Scritture e predicare al popolo di Dio, e precisamente quella di cui l'Apostolo dice: Io non annullo la grazia di Dio, poiché, se la giustificazione viene dalla Legge, Cristo è morto certamente senza motivo 5. I vescovi intendevano senza dubbio la grazia che ci giustifica dalla colpa e ci salva dalla debolezza, non quella consistente nell'essere stati creati con la nostra volontà personale. Se infatti quei vescovi avessero capito che Pelagio parlava della grazia nel senso di quella che abbiamo comune con gli empi in quanto uomini come noi, e che negava quella per cui siamo Cristiani e figli di Dio, chi dei vescovi cattolici avrebbe sopportato non dico di ascoltarlo ma d'averlo davanti agli occhi? Per questo motivo non possiamo dar torto a quei giudici dal momento che intesero il termine " grazia" nel senso consueto nella Chiesa, ignorando che cosa cotesti individui son soliti diffondere nei libri della loro scuola o nelle orecchie dei loro discepoli.

Il Papa interroghi Pelagio sulla grazia.

3. Non si tratta del solo Pelagio, che forse si è corretto (e Dio voglia che sia così) ma di molti altri sparsi ovunque; essi con le loro verbose discussioni trascinano le anime deboli e ignoranti come se fossero accalappiate e con i loro sproloqui stancano perfino le anime forti e ferme nella fede. La tua Santità dovrebbe chiamarlo a Roma, esaminarlo attentamente chiedendogli qual è la grazia di cui parla, in modo che ammetta, se pur già lo ammette, che da essa siamo aiutati a evitare il peccato e a vivere santamente; oppure dovrebbe trattare la faccenda con lui per corrispondenza epistolare. Qualora poi si scoprisse che Pelagio per " grazia " intende quella insegnata dalla vera dottrina ecclesiastica e apostolica, solo allora la Chiesa dovrebbe assolverlo senza scrupolo, senza sotterfugi o equivoci e noi dovremmo rallegrarci della sua giustificazione.

Quale grazia deve ammettere Pelagio.

4. Se infatti per " grazia " egli ha inteso il libero arbitrio o il perdono dei peccati oppure i comandamenti della Legge, non riconosce alcuno dei mezzi che servono a vincere le passioni e le tentazioni mediante l'aiuto dello Spirito Santo, il quale è stato abbondantemente effuso in noi 6 da Colui ch'è asceso al cielo e, portandosi con sé la schiavitù della natura umana redenta, ha concesso doni agli uomini 7. Ecco perché noi preghiamo di riuscire a vincere le tentazioni, affinché lo Spirito di Dio, di cui abbiamo ricevuto il pegno 8, aiuti la nostra debolezza 9. Chi poi prega dicendo: Non ci far soccombere nella tentazione 10, non prega precisamente per essere uomo, poiché lo è già per natura, e neppure per avere il libero arbitrio, poiché lo ha già ricevuto quando è stata creata la stessa natura, né domanda il perdono dei peccati, poiché in precedenza si dice: Rimetti a noi i nostri debiti 11 né prega per ricevere i comandamenti, ma precisamente per adempierli. Se infatti sarà indotto in tentazione, se cioè soccomberà alla tentazione, commette appunto un peccato contro i comandamenti. Chi prega così, prega per non peccare, cioè per non commettere nulla di male, come prega l'apostolo Paolo per i Corinti dicendo: Noi quindi rivolgiamo suppliche al Signore affinché non facciate nulla di male 12. Da ciò appare sufficientemente chiaro che il libero arbitrio, della cui esistenza non v'è alcun dubbio, non basta per evitare il peccato, cioè per evitare il male, se non viene aiutata la debolezza della volontà. La preghiera stessa, dunque, è la testimonianza più lampante della grazia. Pelagio riconosca questa grazia e noi ci rallegreremo della sua ortodossia o della sua correzione.

La Legge comanda, la grazia aiuta a osservare i precetti.

5. Si deve distinguere tra la Legge e la grazia: la Legge dà solo degli ordini, la grazia invece è capace d'aiutare; la Legge poi non darebbe ordini, se non supponesse la volontà umana, né la grazia darebbe aiuto, se fosse sufficiente la volontà. Ci vien comandato d'avere l'intelligenza nel passo della S. Scrittura ov'è detto: Non siate come il cavallo e il mulo che non hanno intelligenza 13, eppure noi preghiamo per aver l'intelligenza dicendo: Dammi l'intelligenza perché io comprenda i tuoi comandamenti 14. Ci vien comandato d'aver la sapienza nel passo della Scrittura che dice: Voi, stolti, siate una buona volta sapienti 15, eppure si prega per aver la sapienza nel passo della Scrittura ov'è detto: Se però qualcuno di voi ha bisogno della sapienza, la chieda al Signore, che la concede a tutti in abbondanza senza rinfacciarlo, e gli sarà concessa 16. Ci vien comandato d'aver la continenza nel passo della Scrittura ov'è detto: Conservati puro 17, eppure preghiamo per aver la continenza secondo l'espressione della stessa Scrittura: Poiché sapevo che nessuno può essere continente, se non glielo concede Iddio, e che segno di sapienza è già sapere di chi essa è dono, mi son rivolto al Signore e glie l'ho chiesta 18. Infine, per non fare una rassegna troppo lunga di passi consimili, la S. Scrittura ci ordina di non fare il male quando dice: Evita il male 19, eppure noi preghiamo di riuscire a evitare il male conforme a ciò che ci dice la stessa Scrittura: Noi eleviamo suppliche al Signore affinché non facciate nulla di male 20; essa inoltre ci comanda di fare il bene quando dice: Evita il male e fa il bene 21, eppure si prega che facciamo il bene quando dice: Non cessiamo di pregare e domandare per voi 22, e tra le altre cose che domanda per i fedeli l'Apostolo dice: Che vi comportiate in maniera degna di Dio sì da piacergli in tutto, in ogni opera buona e in ogni discorso avente per oggetto il bene 23. Ordunque, come noi riconosciamo il libero arbitrio quando ci son dati tali precetti, così anche Pelagio riconosca la grazia quando la Scrittura ci attesta la preghiera per ottenere di adempierli.

Un libro di Pelagio, la sua confutazione e l'ep. 168.

6. Abbiamo inviato alla Santità tua anche un libro consegnatoci da due giovani servi di Dio, pii e nobili di nascita, di cui non vogliamo tacere neppure il nome: si chiamano Timasio e Giacomo. Come noi abbiamo sentito dire e come tu pure ti compiacerai di sapere, essi,, dietro esortazione di Pelagio, hanno abbandonato tutto quello che potevano sperare nel mando ed ora servono Dio nella continenza. Dopo essersi finalmente liberati dall'errore mediante l'opera nostra, quale che possa essere stata, e per ispirazione di Dio, essi ci han portato il detto libro affermando ch'era di Pelagio e pregandoci insistentemente di rispondergli. Noi lo abbiamo fatto, abbiamo inviato loro copia della risposta e ci hanno scritto ringraziandoci. Abbiamo inviato tanto il libro al quale è stato risposto quanto la risposta fatta da noi. Per non aumentarti il disturbo, abbiamo anche sottolineato con un segno i passi che ti preghiamo di esaminare - se non ti dispiace - per accertarti come in essi, all'obiezione rivoltagli che negava la grazia di Dio, egli ha risposto in modo da far capire che, secondo lui, la grazia non è altro che la natura con cui Dio ci ha creati.

Grazia in senso lato e predestinazione.

7. Se poi egli nega che il libro o i passi da noi sottolineati nel libro non sono suoi, noi non vogliamo stare a litigare: li condanni, e ammetta in modo chiaro ed esplicito la grazia quale è esposta e predicata dalla dottrina cristiana come propria e specifica dei Cristiani, la quale non è la natura ma quella con cui è salvata e aiutata la natura non già con la predicazione della dottrina o con qualche altro sussidio visibile, come fa dall'esterno chi pianta o innaffia, ma con l'aiuto dello Spirito Santo e con l'invisibile misericordia di Dio, il quale fa crescere 24. Si può, Veninteso, chiamare grazia in un certo senso quella con cui siamo stati creati affinché fossimo degli esseri non simili a cadaveri senza vita o agli alberi privi di sensi o agli animali privi d'intelligenza, ma fossimo uomini, cioè esseri viventi, dotati di sensi e d'intelligenza, e fossimo capaci di ringraziare il Creatore per questo immenso beneficio. Possiamo quindi chiamare ciò una grazia perché concessaci non in vista di meriti acquisiti con buone opere precedenti, ma per gratuita bontà di Dio; tuttavia ben diversa è la grazia, in virtù della quale siamo predestinati, chiamati alla fede, giustificati e glorificati 25 e perciò possiamo dire: Se Dio è in favore di noi, chi sarà contro di noi? Egli non ha risparmiato il proprio Figlio ma lo ha consegnato alla morte per noi tutti 26.

La grazia della predestinazione nella controversia pelagiana.

8. Questa è l'autentica grazia di cui si parlava quando dai vescovi, fortemente scandalizzati e turbati da Pelagio, gli si rinfacciava che la combatteva nei suoi discorsi, in cui sosteneva che non solo per osservare ma per compiere alla perfezione i comandamenti di Dio bastava a se stessa la natura umana guidata dal libero arbitrio. Questa' è l'autentica. grazia di cui parla giustamente la dottrina degli Apostoli, l'autentica grazia che ci salva e ci giustifica in virtù della fede in Gesù Cristo. Di essa sta scritto: Io non annullo la grazia di Dio, poiché, se la giustificazione deriva dalla Legge, Cristo è morto senza Motivo 27. In un altro passo sta scritto: Voi, che pretendete essere giustificati dalla Legge, vi siete staccati da Cristo, siete decaduti dalla grazia 28, e in un altro ancora: Ma se l'elezione è per grazia, non è più in virtù delle opere, altrimenti la grazia non sarebbe più grazia 29, e ancora: Orbene, a chi opera, la mercede non viene computata a titolo di favore ma secondo il dovuto. Al contrario, chi non opera ma crede in Colui che giustifica l'empio, è la fede che viene imputata a giustizia 30; e così molti altri passi che tu puoi ricordare meglio e comprendere più saggiamente e predicare più chiaramente. Quanto alla grazia per cui siamo stati creati uomini, anche se può chiamarsì così con qualche ragione, sarebbe tuttavia sorprendente trovarla chiamata così nei libri canonici dei Profeti, dei Vangeli o degli Apostoli.

Pelagio difende la grazia impropriamente detta.

9. Quando fu sollevata contro Pelagio l'obiezione a proposito di questa grazia, ben nota ai Cristiani fedeli e cattolici, affinché cessasse di combatterla, perché mai, dopo essersi fatto la stessa obiezione nel suo libro come se gli venisse da un avversario, davanti al quale dovesse giustificarsi con una risposta, perchè mai non rispose altro se non che a rappresentare la grazia del Creatore era solo la natura con cui è stato creato l'uomo? Perché mai rispose che in tal modo affermava che si può raggiungere la perfezione morale mediante il solo libero arbitrio accompagnato dall'aiuto della grazia di Dio, l'aiuto cioè dato da Dio all'uomo per mezzo della possibilità insita nella natura umana?. Gli si risponde con ragione: E' stato dunque tolto di mezzo lo scandalo della croce 31, Cristo dunque è morto senza motivo 32. Non è forse vero che se Cristo non fosse morto per i nostri peccati e non fosse risorto, non fosse asceso al cielo e, menando in schiavitù la schiavitù della natura umana, non avesse dato doni agli uomini 33, non avremmo questa possibilità della natura difesa da Pelagio?

Se è la volontà a salvare, Cristo è morto invano.

10. Mancava forse la Legge di Dio e perciò Cristo è morto? Tutt'altro; la Legge anzi è santa, giusta e buona 34. Già era stato detto nella Scrittura: Non desiderare 35, e così anche: Amerai il tuo prossimo come te stesso 36, precetto col quale l'Apostolo dice che s'adempie tutta la Legge 37. E siccome chi non ama Dio, non ama se stesso, il Signore dice che da questi due precetti dipende tutta la Legge e i Profeti 38. Anche questi due precetti erano già stati dati. Forse che non era stato ancora promesso il premio eterno alla santità? Una simile affermazione non si trova in Pelagio, poiché nei suoi scritti egli ha detto espressamente che il regno dei cieli era promesso anche nell'Antica Alleanza. Se dunque, per compiere anche alla perfezione i precetti della santità, v'era già la possibilità della natura guidata dal libero arbitrio, se v'era già il precetto santo, giusto e buono della Legge di Dio, se era già stato promesso il premio eterno, Cristo è morto senza motivo.

La salvezza è nella fede e nella grazia.

11. La santità dunque non dipende né dalla Legge né dalla capacità della natura, ma dalla fede e dal dono di Dio per mezzo di Cristo nostro Signore, unico Mediatore tra Dio e gli uomini 39. Se nella pienezza dei tempi egli non fosse morto per i nostri peccati e non fosse risorto per la nostra giustificazione 40, sarebbe inutile la fede dei giusti dell'Antica Alleanza e la nostra. Orbene, tolta la fede, quale perfezione morale rimarrebbe possibile all'uomo dal momento che l'uomo timorato di Dio vive di fede 41? Da quando infatti per colpa d'un sol uomo il peccato è entrato nel mondo e col peccato la morte e così s'è estesa a tutti gli uomini poiché tutti hanno peccato 42, senza dubbio dal corpo di questa morte in cui un'altra legge contrasta con la legge della mente 43, nessuno è stato o è liberato dalla propria capacità, poiché una volta rovinata ha bisogno del Redentore e una volta ferita ha bisogno del Salvatore, ma si viene liberati dalla grazia di Dio mediante la fede nel Mediatore tra Dio e gli uomini cioè nell'uomo Cristo Gesù 44; egli essendo Dio creò l'uomo e, rimanendo Dio dopo essersi fatto uomo, rifece quello ch'egli aveva fatto.

Qual fede salvò i Patriarchi.

12. Io credo d'altra parte che Pelagio ignori che la fede in Cristo, rivelata in seguito, era velata al tempo dei nostri Patriarchi dell'Antica Alleanza, eppure per grazia di Dio in virtù di quella fede sono stati salvati tutti coloro che hanno potuto essere redenti in tutte le epoche del genere umano per occulta ma non biasimevole disposizione di Dio. Ecco perché l'Apostolo dice: Avendo pertanto lo spirito di fede (il medesimo cioè che avevano i Patriarchi), secondo quanto sta scritto: Ho creduto e per questo ho parlato, anche noi crediamo e per questo parliamo 45. Ecco perché lo stesso Mediatore dice: Abramo, vostro padre, desiderò di vedere il mio giorno; lo vide e ne tripudio 46. Per lo stesso motivo Melchisedech, avendo offerto il pane e il vino, ch'era figura dell'Eucaristia, simbolizzò l'eterno sacerdozio del Signore 47.

La Legge e le sue conseguenze.

13. Quanto alla Legge scritta, l'Apostolo dice ch'essa fu introdotta in seguito perché abbondasse il peccato; ecco il passo relativo: Se infatti l'eredità si ottiene in virtù della Legge, non lo è più in virtù della promessa. E allora perché mai la Legge? Essa fu aggiunta in vista delle trasgressioni finché non venisse il Discendente, per il quale era stata fatta la promessa, e fu promulgata per mezzo degli Angeli coadiuvati da un Mediatore. Ora, non c'è un Mediatore per una sola persona, mentre Dio è uno solo. La Legge è dunque contro le promesse di Cristo? Nient'affatto! Poiché, se fosse stata concessa una Legge capace di dare la vita, la perfezione morale verrebbe davvero dalla Legge; ma la Scrittura ha racchiuso ogni cosa sotto il peccato, affinché ai credenti la promessa fosse concessa per la fede in Gesù Cristo 48. Da questo passo non appare forse abbastanza evidente che la Legge ha avuto la funzione di far conoscere il peccato e di far sì che questo si moltiplicasse per causa. della trasgressione? Dove infatti non c'è la legge, non c'è nemmeno la prevaricazione 49. La Legge in tal modo ha fatto sì che, se l'uomo non voleva soggiacere al peccato, doveva ricorrere alla grazia di Dio, consistente nelle promesse, e la Legge non era in tal modo contro le promesse di Dio in quanto per mezzo di essa viene a conoscersi il peccato e i peccati si moltiplicano per la trasgressione della Legge affinché, per essere salvi, si cerchino le promesse di Dio, vale a dire la grazia di Dio: così l'uomo comincia a essere santo non per la perfezione sua personale ma in virtù di quella di Dio, vale a dire concessa in dono da Dio.

Giustifica la grazia, non la Legge.

14. Questo stato di grazia che viene da Dio è ignorato ancora adesso da coloro, che rassomigliano ai Giudei, dei quali è stato detto nella S. Scrittura che: volendo stabilire una loro propria perfezione morale, non sono sottomessi alla grazia di Dio 50. Essi credono d'esser giustificati per mezzo della Legge, come se per osservarla bastasse il libero arbitrio, vale a dire con la rettitudine insita nella natura umana, non concessa dalla grazia divino che perciò si chiama " giustizia di Dio ". Ecco perché sta parimenti scritto: La Legge serve a far conoscere il peccato. Adesso invece s'è manifestata, senza la Legge, la giustizia di Dio, attestata dalla stessa Legge e dai Profeti 51. Dicendo: s'è manifestata, fa vedere ch'essa esisteva già ma era come la rugiada ottenuta con le preghiere da Gedeone, era cioè, per così dire, come nascosta nel vello, mentre ora è come palese sull'aia 52. Orbene, siccome la Legge senza la grazia sarebbe potuta essere non la morte ma la forza del peccato, essendo stato detto: Pungiglione della morte è il peccato, forza invece del peccato è la Legge 53, allo stesso modo che molti, per sfuggire al dominio del peccato, ricorrono alla grazia come palese nell'aia, così pochi ricorrono ad essa come nascosta nel vello. Questo succedersi di epoche diverse è un effetto della profondità della ricchezza della sapienza e scienza di Dio, a proposito della quale è stato detto: Quanto sono imperscrutabili le sue disposizioni e inesplicabili le sue vie! 54

S'invia la confutazione degli scritti di Pelagio.

15. Se quindi non solo prima ma anche durante l'epoca della stessa Legge i santi Patriarchi, viventi di Tede, erano giustificati non dalla capacità della natura debole, corrotta e venduta come schiava del peccato 55, ma dalla grazia di Dio in virtù della fede; se dunque è così, Pelagio condanni con anatema i suoi scritti in cui, forse non per arroganza ma per ignoranza, combatte la vera grazia col difendere la capacità della natura a vincere i peccati e adempiere i comandamenti. Se invece dice che quegli scritti non sono suoi oppure che le idee, che nega essere sue, sono state interpolate nei suoi scritti dai suoi nemici, le colpisca anatema e le condanni mosso dalla paterna esortazione e dall'autorità della Santità tua. Se dunque lo vuole, cerchi di toglier di mezzo uno scandalo così oneroso per lui e così pernicioso per la Chiesa, scandalo che i suoi discepoli e i suoi amici (amici in senso cattivo) non cessano di spargere ovunque. Se infatti sapranno che il detto libro, ch'essi credono o son convinti essere suo, è stato colpito anatema e condannato non solo dall'autorità di vescovi cattolici e soprattutto della Santità tua che - ne siamo assolutamente certi - è presso di lui di peso maggiore, ma anche da lui stesso, pensiamo che non oseranno più turbare i cuori infedeli e lealmente cristiani, parlando contro la grazia di Dio rivelata nella passione e nella risurrezione di Cristo; ma piuttosto con l'aiuto di Dio misericordioso, con le tue preghiere, ardenti di carità e di pietà, unite alle nostre, essi riporranno la loro fiducia non già nelle loro forze ma nella grazia di Dio al fine di essere non solo eternamente felici ma anche perfetti e santi. Abbiamo pertanto creduto più opportuno inviare alla Santità tua la lettera scritta a Pelagio da uno di noi, al quale aveva fatto recapitare certi suoi scritti in cui fa vista di giustificarsi: ti preghiamo d'essere tanto buono da inviargliela tu stesso. In tal modo sarà più facile ch'egli non rifiuti di leggerla, tenendo presente più chi gliel'ha inviata che colui che gliel'ha scritta.

Che l'uomo possa essere senza peccato errore tollerabile.

16. Quanto all'affermazione degli eretici che l'uomo può essere senza peccato e osservare facilmente i comandamenti di Dio purché lo voglia, sebbene sembri un'affermazione più tollerabile in quanto tale possibilità è subordinata all'aiuto della grazia, rivelata e largita per mezzo dell'incarnazione dell'Unigenito Figlio di Dio, può tuttavia suscitare ragionevoli perplessità. Dove e quando la grazia produce in noi l'effetto di farci vivere senza peccato? Forse in questa vita, durante la quale la carne ha desideri contrari allo spirito 56, oppure nell'altra in cui si avvererà la parola della S. Scrittura: Dov'è, o morte, la tua vittoria, dov'è il tuo Pungiglione? Il pungiglione della morte è infatti il peccato 57. Occorre dunque esaminare la questione più attentamente a causa di alcuni altri autori i quali hanno pensato e hanno tramandato nei loro scritti che anche in questa vita l'uomo può vivere senza peccato, non dall'inizio della sua nascita ma da quando si converte dai peccati e s'incammina verso la perfezione, e da una vita malvagia a una vita onesta. In realtà essi hanno inteso in tal senso quello che la S. Scrittura dice di Zaccaria e di Elisabetta, che cioè vivevano osservando in modo irreprensibile tutti i comandamenti del Signore 58. Quegli esegeti hanno preso l'espressione in modo irreprensibile nel senso corrispondente a " senza peccato", pur non negando, anzi ammettendo con spirito religioso - come si vede anche in altri passi dei loro scritti - l'aiuto della grazia di nostro Signore, non derivante dallo spirito naturale dell'uomo, bensì dallo spirito principale di Dio. Quei commentatori però non hanno riflettuto abbastanza - a quanto pare - che Zaccaria era appunto sacerdote e che tutti i sacerdoti, di quel tempo avevano bisogno - in base alle disposizioni della Legge - di offrire il sacrificio innanzitutto per i peccati propri e poi per quelli del popolo 59. Ma allo stesso modo che adesso col sacrificio della preghiera si dà la prova che noi non siamo senza peccato, poiché ci vien comandato di dire: Rimetti a noi i nostri debiti 60, così allora col sacrificio degli animali immolati a Dio si dimostrava che i sacerdoti non erano senza peccato, poiché veniva loro comandato di offrirne per i loro peccati.

Si spiega: Chi è nato da Dio, non pecca.

17. Se invece è vero che in virtù della grazia del Salvatore noi progrediamo bensì durante la vita presente col diminuire della cupidità e col crescere della carità, ma diventeremo perfetti solo nell'altra vita con l'estinguersi della cupidità e nella pienezza della carità, l'espressione della S. Scrittura: Chi è nato da Dio, non pecca 61, si riferisce alla carità, ch'è la sola a non peccare. Della seconda nostra nascita, ch'è da Dio, fa parte infatti la carità, che dev'essere aumentata e perfezionata, non la cupidità, che dev'essere smorzata e annientata; questa fin quando è nelle nostre membra, in forza d'una legge per così dire sua propria, si ribella alla legge dello spirito. Chi però è nato da Dio, poiché non ubbidisce ai desideri delle passioni e non offre le proprie membra come armi d'iniquità al peccato, può dire: Non son io a compiere quest'azione, ma il peccato che abita in me 62.

Errori tollerabili e non tollerabili sulla grazia.

18. In qualsiasi modo si risolva la questione, siccome, pur non trovandosi in questa vita alcuno senza peccato, si afferma che una siffatta condizione può avverarsi con l'aiuto della grazia e dello Spirito di Dio (cosa che dobbiamo sforzarci di ottenere e domandare al Signore), è scusabile sbagliarsi in un punto cosi oscuro: non è un'eresia diabolica, ma un errore umano affermare ciò che dev'essere oggetto dei nostri sforzi e dei nostri desideri, anche se ciò che si afferma non può dimostrarsi, in quanto si crede possibile ciò ch'è certo lodevole desiderare. A noi basta comunque che nella Chiesa di Dio non si trovi alcun fedele, qualunque sia il grado di perfezione e di santità al quale sia giunto, il quale osi affermare che non è necessario rivolgere a Dio l'invocazione della preghiera insegnataci dal Signore: Rimetti a noi i nostri debiti e affermi d'essere senza peccato, poiché ingannerebbe sé stesso e in lui non sarebbe la verità 63, anche se già vivesse in modo irreprensibile: questo infatti non sarebbe un peccato qualunque derivante dalla tentazione umana, ma un peccato grave e biasimevole.

Il Papa confermi la fede esposta.

19. Quanto agli altri errori rinfacciati a Pelagio e quanto al modo con cui questi s'è difeso, la Beatitudine tua può esaminarlo nei Verbali ecclesiastici e farsene così un'idea precisa. La bontà amabilissima del tuo cuore ci perdonerà sicuramente d'avere inviato alla Santità tua una lettera forse più lunga di quanto avresti desiderato. Noi non pretendiamo con ciò d'ingrossare la sovrabbondante sorgente della tua scienza riversandovi il rigagnolo di quella nostra ma, nella dolorosa prova di questo frangente, da cui preghiamo che ci liberi Colui al quale diciamo: Non ci far soccombere alla tentazione 64, noi desideriamo solo sapere se anche il nostro rigagnolo, per quanto esiguo, scaturisce dalla medesima sorgente dalla quale sgorga anche il tuo cosi abbondante; ecco che cosa desideriamo che incontri la tua approvazione e che tu ci risponda per consolarci riguardo alla comunione della medesima unica grazia.


 

1 - Gv 8, 36.

2 - Sal 3, 3.

3 - 2 Cor 12, 10.

4 - Sal 34, 3.

5 - Gal 2, 21.

6 - Tt 3, 6.

7 - Ef 4, 8; Sal 68, 19.

8 - 2 Cor 2, 22.

9 - Rm 8, 26.

10 - Mt 6, 13.

11 - Mt 6, 12.

12 - 2 Cor 13, 7.

13 - Sal 31, 9.

14 - Sal 118, 125.

15 - Sal 93, 8.

16 - Gc 1, 5.

17 - 1 Tm 5, 22.

18 - Sap 8, 21.

19 - Sal 36, 27.

20 - 2 Cor 13, 7.

21 - Sal 36, 27.

22 - Col 1, 9.

23 - Col 1, 10.

24 - 1 Cor 3, 6-7.

25 - Rm 8, 30.

26 - Rm 8, 31-32.

27 - Gal 2, 21.

28 - Gal 5, 4.

29 - Rm 11, 6.

30 - Rm 4, 4-5.

31 - Gal 5, 11.

32 - Gal 2, 21.

33 - Rm 4, 25; Ef 4, 8; Sal 67, 19.

34 - Cf. Rm 7, 12.

35 - Es 20, 17.

36 - Lv 19, 18.

37 - Rm 13, 9.

38 - Mt 22, 40.

39 - 1 Tm 2, 5.

40 - Rm 4, 25.

41 - 2, 4.

42 - Rm 5, 12.

43 - Rm 7, 24.21.

44 - 1 Tm 2, 3.

45 - 2 Cor 4, 13; Sal 115, 1.

46 - Gv 8, 56.

47 - Gn 14, 18.

48 - Gal 3, 19-22.

49 - Rm 4, 15.

50 - Rm 10, 3.

51 - Rm 3, 21.

52 - Gd 6, 37.

53 - 1 Cor 15, 56.

54 - Rm 11, 33.

55 - Rm 7, 14.

56 - Gal 5, 17.

57 - 1 Cor 15, 55.

58 - Lc 1, 6.

59 - Lv 9, 7; Eb 7, 27.

60 - Mt 6, 12.

61 - 1 Gv 3, 9.

62 - Rm 7, 20.

63 - Cf. 1 Gv 1, 8.

64 - Mt 6, 14.


Una stupenda e alta chiesa

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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Ormai Don Bosco è già sacerdote e sta perfezionandosi negli studi teologici nel Convitto Ecclesiastico di Torino, sotto la direzione di San Giuseppe Cafasso. Ed ecco due altri sogni che destano lo stupore in chi conosce le vicende dell’Oratorio ambulante di Don Bosco, perché sono due sogni che fanno conoscere in precedenza al Santo le varie tappe e il progressivo sviluppo della sua Opera. In queste autentiche visioni vide anche la chiesa di Maria Ausiliatrice vent’anni prima che fosse costruita. Ecco i passi più significativi: li citiamo con le sue stesse parole.
Nel sogno del 1844, dopo la solita scena di una moltitudine di animali di ogni specie, appare la Pastorella misteriosa. E Don Bosco continua: «Dopo aver molto camminato, mi trovai in un prato dove quegli animali saltellavano e mangiavano insieme, senza che gli uni tentassero di mordere gli altri. Oppresso dalla stanchezza, volevo sedermi, ma la Pastorella mi invitò a proseguire il cammino. Fatto ancora breve tratto di via, mi sono trovato in un vasto cortile con porticato attorno, alle cui estremità vi era una chiesa. Qui mi accorsi che quattro quinti di quegli animali erano diventati agnelli. Il loro numero poi divenne grandissimo.
In quel momento sopraggiunsero parecchi pastorelli per custodirli: ma essi si fermavano poco e tosto partivano. Allora succedette una meraviglia: molti agnelli si cangiavano in pastorelli, che aumentando si prendevano cura degli altri agnelli. Crescendo di numero, i pastorelli si dividevano e andavano altrove per raccogliere altri strani animali e guidarli in altri ovili.
Io volevo andarmene, ma la Pastorella mi invitò a guardare a mezzodì. Guardai e vidi un campo seminato a ortaggi.
— Guarda un’altra volta — mi disse.
Guardai di nuovo e vidi una stupenda e alta chiesa. Nell’interno di quella chiesa c’era una fascia bianca su cui a caratteri cubitali stava scritto: HIC DOMUS MEA, INDE GLORIA MEA (Qui la mia casa, di qui la mia gloria).
Continuando nel sogno, volli domandare alla Pastora che cosa significasse tutto questo.
— Tu comprenderai ogni cosa — mi rispose — quando con i tuoi occhi materiali vedrai di fatto quanto ora vedi con gli occhi della mente.
Più tardi — continua Don Bosco — questo, congiuntamente con un altro sogno, mi servì di programma nelle mie deliberazioni» .
In un nuovo sogno che ebbe l’anno seguente, si rinnovò la visione simbolica degli sviluppi che avrebbe avuto la sua missione tra i giovani e, oltre la chiesa di Maria Ausiliatrice, vide anche la cappella Pinardi e la chiesa di San Francesco di Sales.
E si noti che le tre chiese — che si possono ammirare ancora oggi — non esistevano ancora e che Don Bosco non conosceva neppure il terreno su cui sarebbero state costruite.
In questo sogno la Pastorella si presenta a Don Bosco in forma di Signora, che gli fa vedere una nuova tappa del suo Oratorio:
un semplice prato (sarà il prato «Filippi »); poi finalmente la sede stabile più a Nord (Valdocco).
Ascoltiamo Don Bosco: «Allora quella Signora mi disse:
— Osserva!
Io guardando vidi una chiesa piccola e bassa (la futura cappella Pinardi), un po’ di cortile e un gran numero di giovani. Ma essendo questa chiesa divenuta angusta, ricorsi ancora a lei, ed essa mi fece vedere un’altra chiesa assai più grande con una casa vicino (la chiesa di San Francesco di Sales e la casa Pinardi). Poi mi condusse quasi innanzi alla facciata della seconda chiesa, e indicandomi un terreno coltivato, soggiunse:
— In questo luogo, dove i gloriosi martiri di Torino Avventore e Ottavio soffrirono il loro martirio, su queste zolle che furono bagnate e santificate dal loro sangue, io voglio che Dio sia onorato in modo specialissimo.
Così dicendo avanzava un piede posandolo sul luogo dove avvenne il martirio, e me lo indicò con precisione.
Io intanto mi vidi circondato da un numero immenso e sempre crescente di giovani; ma guardando la Signora, crescevano anche i mezzi e il locale, e vidi poi una grandissima chiesa (l’attuale Maria Ausiliatrice), precisamente nel luogo dove mi aveva fatto vedere che avvenne il martirio dei Santi della Legione Tebea, con molti edifici tutto all’intorno e con un bel monumento in mezzo» (vide anche il suo monumento?).
«Mentre accadevano queste cose, io, sempre in sogno, avevo a coadiutori preti e chierici che mi aiutavano alquanto e poi fuggivano. Io cercavo con grandi fatiche di attirarmeli, ma essi poco dopo se ne andavano e mi lasciavano tutto solo. Allora mi rivolsi nuovamente a quella Signora, la quale mi disse:
— Vuoi sapere come fare affinché non ti scappino più? Prendi questo nastro e lega loro la fronte.
Prendo riverente il nastrino bianco dalla sua mano e vedo che sopra era scritta questa parola: Obbedienza. Provai tosto a fare quanto mi aveva detto quella Signora, e cominciai a legare il capo di qualcuno dei miei volontari coadiutori col nastro, e vidi subito grande e mirabile effetto; e questo effetto sempre cresceva, mentre io continuavo nella missione conferitami, poiché da costoro si lasciava affatto il pensiero di andarsene altrove e si fermavano ad aiutarmi. Così venne costituita la Congregazione» .


Giovedì, 16 agosto - Presa da grave timore di dannarsi alla vista dei propri peccati, è animata dall'angelo a confidare nella misericordia di Dio. Soffre con Gesù, che le parla della prossima liberazione di madre Marza Teresa dalle pene del purgatorio e le promette nuove dolcezze nella santa comunio

Santa Gemma Galgani

Eccomi a giovedì. La solita ripugnanza mi giunge; il timore di perdere l'anima mi viene; il numero dei peccati e l'enormità di essi, tutto mi si spalanca davanti. Che agitazione!

In quei momenti l'angelo custode mi suggerì all'orecchio: « Ma la misericordia di Dio è infinita ». Mi quietai. Cominciai presto assai a patire nel capo: saranno state circa le dieci. Quando fui sola, mi buttai sul letto; soffrii un po', ma Gesù non tardò a comparire, mostrandosi anch'esso che soffriva tanto. Gli ricordai i peccatori, pei quali lui pure mi animò a offrir tutti i miei piccoli patimenti all'eterno Padre, per essi.

Nel mentre che ero con Gesù e soffrivo, e soffriva lui pure, mi venne un forte desiderio, quasi da non poter resistere. Gesù se ne avvide e mi domandò: «Che vuoi che faccia?». Ed io subito: « Gesù, per pietà, alleggerisci i tormenti a madre Maria Teresa ». E Gesù: « Già l'ho fatto. Vuoi altro? », mi diceva. Allora mi feci animo e gli dissi: « Gesù, salvala, salvala». E Gesù così mi rispose: «Il terzo giorno dopo l'Assunzione della mia santissima Madre, verrà anch'essa sprigionata dal purgatorio, e la condurrò con me nel cielo».

+ Quelle parole mi ricolmarono di una gioia tale, che non saprei esprimere. Parecchie altre cose mi disse Gesù; io gli chiesi ancora perché dopo la santissima comunione non mi faceva più gustare quelle dolcezze di paradiso. Mi rispose prontamente: «Non ne sei degna, o figliuola»; ma mi promise però che la mattina dopo l'avrebbe fatto.

Come fare a arrivare alla mattina? È vero, rimanevano poche ore, ma per me erano anni; non ho chiuso mai gli occhi al sonno; mi consumavo, avrei voluto che fosse subito venuta la mattina: in una parola, stanotte mi è sembrata lunghissima, ma è giunta finalmente [la mattina].