Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 8 settembre 2025 - Natività Beata Vergine Maria (Letture di oggi)

La mente del contemplativo, se si allarga a molti e svariati pensieri, viene troppo ostacolata nel volo della contemplazione; se invece la sua mente incomincia a volare raccolta e concentrata in una cosa sola, fruirà  veramente del gaudio della contemplazione. (Sant'Antonio di Padova)

Liturgia delle Ore - Letture

Domenica della 3° settimana del Tempo di Pasqua

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 17

1Così parlò Gesù. Quindi, alzati gli occhi al cielo, disse: "Padre, è giunta l'ora, glorifica il Figlio tuo, perché il Figlio glorifichi te.2Poiché tu gli hai dato potere sopra ogni essere umano, perché egli dia la vita eterna a tutti coloro che gli hai dato.3Questa è la vita eterna: che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo.4Io ti ho glorificato sopra la terra, compiendo l'opera che mi hai dato da fare.5E ora, Padre, glorificami davanti a te, con quella gloria che avevo presso di te prima che il mondo fosse.
6Ho fatto conoscere il tuo nome agli uomini che mi hai dato dal mondo. Erano tuoi e li hai dati a me ed essi hanno osservato la tua parola.7Ora essi sanno che tutte le cose che mi hai dato vengono da te,8perché le parole che hai dato a me io le ho date a loro; essi le hanno accolte e sanno veramente che sono uscito da te e hanno creduto che tu mi hai mandato.9Io prego per loro; non prego per il mondo, ma per coloro che mi hai dato, perché sono tuoi.10Tutte le cose mie sono tue e tutte le cose tue sono mie, e io sono glorificato in loro.11Io non sono più nel mondo; essi invece sono nel mondo, e io vengo a te. Padre santo, custodisci nel tuo nome coloro che mi hai dato, perché siano una cosa sola, come noi.
12Quand'ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizione, perché si adempisse la Scrittura.13Ma ora io vengo a te e dico queste cose mentre sono ancora nel mondo, perché abbiano in se stessi la pienezza della mia gioia.14Io ho dato a loro la tua parola e il mondo li ha odiati perché essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.
15Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno.16Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo.17Consacrali nella verità. La tua parola è verità.18Come tu mi hai mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo;19per loro io consacro me stesso, perché siano anch'essi consacrati nella verità.
20Non prego solo per questi, ma anche per quelli che per la loro parola crederanno in me;21perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato.
22E la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro, perché siano come noi una cosa sola.23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell'unità e il mondo sappia che tu mi hai mandato e li hai amati come hai amato me.24Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo.
25Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato.26E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".


Primo libro dei Re 22

1Trascorsero tre anni senza guerra fra Aram e Israele.2Nel terzo anno Giòsafat re di Giuda fece visita al re di Israele.3Ora il re di Israele aveva detto ai suoi ufficiali: "Non sapete che Ramot di Gàlaad è nostra? Eppure noi ce ne stiamo inerti, senza riprenderla dalle mani di Aram".4Disse a Giòsafat: "Verresti con me a combattere per Ramot di Gàlaad?". Giòsafat rispose al re di Israele: "Conta su di me come su te stesso, sul mio popolo come sul tuo, sui miei cavalli come sui tuoi".
5Giòsafat disse al re di Israele: "Consulta oggi stesso la parola del Signore".6Il re di Israele radunò i profeti, in numero di circa quattrocento, e domandò loro: "Devo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure devo rinunziarvi?". Risposero: "Attaccala; il Signore la metterà nelle mani del re".7Giòsafat disse: "Non c'è più nessun altro profeta del Signore da consultare?".8Il re di Israele rispose a Giòsafat: "Ci sarebbe ancora un uomo, attraverso il quale si potrebbe consultare il Signore, ma io lo detesto perché non mi predice altro che male, mai qualcosa di buono. Si tratta di Michea, figlio di Imla". Giòsafat disse: "Il re non parli così!".9Il re di Israele, chiamato un eunuco, gli ordinò: "Convoca subito Michea, figlio di Imla".
10Il re di Israele e Giòsafat re di Giuda sedevano ognuno sul suo trono, vestiti dei loro mantelli, nell'aia di fronte alla porta di Samaria; tutti i profeti predicevano davanti a loro.11Sedecìa, figlio di Chenaana, che si era fatte corna di ferro, affermava: "Dice il Signore: Con queste cozzerai contro gli Aramei fino al loro sterminio".12Tutti i profeti predicevano allo stesso modo: "Assali Ramot di Gàlaad, riuscirai. Il Signore la metterà nelle mani del re".
13Il messaggero, che era andato a chiamare Michea, gli disse: "Ecco, le parole dei profeti sono concordi nel predire il successo del re; ora la tua parola sia identica alla loro; preannunzia il successo".14Michea rispose: "Per la vita del Signore, comunicherò quanto il Signore mi dirà".15Si presentò al re che gli domandò: "Michea, dobbiamo muovere contro Ramot di Gàlaad oppure dobbiamo rinunziarvi?". Gli rispose: "Attaccala, riuscirai; il Signore la metterà nelle mani del re".16Il re gli disse: "Quante volte ti devo scongiurare di non dirmi se non la verità nel nome del Signore?".17Quegli disse:

"Vedo tutti gli Israeliti
vagare sui monti
come pecore senza pastore.
Il Signore dice: Non hanno padroni; ognuno torni a casa in pace".

18Il re di Israele disse a Giòsafat: "Non te l'avevo forse detto che non mi avrebbe profetizzato nulla di buono, ma solo il male?".19Michea disse: "Per questo, ascolta la parola del Signore. Io ho visto il Signore seduto sul trono; tutto l'esercito del cielo gli stava intorno, a destra e a sinistra.20Il Signore ha domandato: Chi ingannerà Acab perché muova contro Ramot di Gàlaad e vi perisca? Chi ha risposto in un modo e chi in un altro.21Si è fatto avanti uno spirito che - postosi davanti al Signore - ha detto: Lo ingannerò io. Il Signore gli ha domandato: Come?22Ha risposto: Andrò e diventerò spirito di menzogna sulla bocca di tutti i suoi profeti. Quegli ha detto: Lo ingannerai senz'altro; ci riuscirai; va' e fa' così.23Ecco, dunque, il Signore ha messo uno spirito di menzogna sulla bocca di tutti questi tuoi profeti; ma il Signore a tuo riguardo preannunzia una sciagura".
24Allora Sedecìa, figlio di Chenaana, si avvicinò e percosse Michea sulla guancia dicendo: "Per quale via lo spirito del Signore è passato quando è uscito da me per parlare a te?".25Michea rispose: "Ecco, lo vedrai quando passerai di stanza in stanza per nasconderti".26Il re di Israele disse: "Prendi Michea e conducilo da Amon governatore della città e da Ioas figlio del re.27Dirai loro: Il re ordina: Mettetelo in prigione e mantenetelo con il minimo indispensabile di pane e di acqua finché tornerò sano e salvo".28Michea disse: "Se tornerai in pace, il Signore non ha parlato per mio mezzo".
29Il re di Israele marciò, insieme con Giòsafat re di Giuda, contro Ramot di Gàlaad.30Il re di Israele disse a Giòsafat: "Io per combattere mi travestirò: tu resta con i tuoi abiti". Il re di Israele si travestì ed entrò in battaglia.31Il re di Aram aveva ordinato ai capi dei suoi carri - erano trentadue -: "Non combattete contro nessuno, piccolo o grande, se non contro il re di Israele".32Appena videro Giòsafat, i capi dei carri dissero: "Certo, questi è il re di Israele". Si volsero contro di lui per investirlo. Giòsafat lanciò un grido33e allora i capi dei carri si accorsero che egli non era il re di Israele e si allontanarono da lui.
34Ma un uomo tese a caso l'arco e colpì il re di Israele fra le maglie dell'armatura e la corazza. Il re disse al suo cocchiere: "Gira, portami fuori della mischia, perché sono ferito".35La battaglia infuriò per tutto quel giorno; il re se ne stava sul suo carro di fronte agli Aramei. Alla sera morì; il sangue della sua ferita era colato sul fondo del carro.36Al tramonto un grido si diffuse per l'accampamento: "Ognuno alla sua città e ognuno alla sua tenda!37Il re è morto!". Lo portarono in Samaria e là lo seppellirono.38Il carro fu lavato nella piscina di Samaria dove si lavavano le prostitute e i cani leccarono il suo sangue, secondo la parola pronunziata dal Signore.
39Le altre gesta di Acab, tutte le sue azioni, la costruzione della casa d'avorio e delle città da lui erette, sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Israele.40Acab si addormentò con i suoi padri. Al suo posto divenne re suo figlio Acazia.
41Giòsafat figlio di Asa divenne re su Giuda l'anno quarto di Acab, re di Israele.42Quando divenne re, Giòsafat aveva trentacinque anni; regnò venticinque anni in Gerusalemme. Sua madre si chiamava Azuba figlia di Silchi.43Imitò in tutto la condotta di Asa suo padre, senza deviazioni, facendo ciò che è giusto agli occhi del Signore.44Ma non scomparvero le alture; il popolo ancora sacrificava e offriva incenso sulle alture.45Giòsafat fu in pace con il re di Israele.
46Le altre gesta di Giòsafat, le prodezze compiute da lui e le sue guerre sono descritte nel libro delle Cronache dei re di Giuda.47Egli spazzò via dalla regione il resto dei prostituti sacri, che esistevano al tempo di suo padre Asa.
48Allora non c'era re in Edom; lo sostituiva un governatore.49Giòsafat costruì navi di Tarsis per andare a cercare l'oro in Ofir; ma non ci andò, perché le navi si sfasciarono in Ezion-Gheber.50Allora Acazia, figlio di Acab, disse a Giòsafat: "I miei servi si uniscano ai tuoi per costituire gli equipaggi delle navi". Ma Giòsafat non accettò.
51Giòsafat si addormentò con i suoi padri, con i quali fu sepolto nella città di Davide suo antenato e al suo posto divenne re suo figlio Ioram.
52Acazia, figlio di Acab, divenne re d'Israele in Samaria nell'anno diciassette di Giòsafat, re di Giuda; regnò due anni su Israele.53Fece ciò che è male agli occhi del Signore; imitò la condotta di suo padre, quella di sua madre e quella di Geroboamo, figlio di Nebàt, che aveva fatto peccare Israele.54Venerò Baal e si prostrò davanti a lui irritando il Signore, Dio di Israele, proprio come aveva fatto suo padre.


Salmi 140

1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2Salvami, Signore, dal malvagio,
proteggimi dall'uomo violento,
3da quelli che tramano sventure nel cuore
e ogni giorno scatenano guerre.
4Aguzzano la lingua come serpenti;
veleno d'aspide è sotto le loro labbra.

5Proteggimi, Signore, dalle mani degli empi,
salvami dall'uomo violento:
essi tramano per farmi cadere.
6I superbi mi tendono lacci
e stendono funi come una rete,
pongono agguati sul mio cammino.

7Io dico al Signore: "Tu sei il mio Dio;
ascolta, Signore, la voce della mia preghiera".
8Signore, mio Dio, forza della mia salvezza,
proteggi il mio capo nel giorno della lotta.

9Signore, non soddisfare i desideri degli empi,
non favorire le loro trame.
10Alzano la testa quelli che mi circondano,
ma la malizia delle loro labbra li sommerge.
11Fa' piovere su di loro carboni ardenti,
gettali nel bàratro e più non si rialzino.
12Il maldicente non duri sulla terra,
il male spinga il violento alla rovina.

13So che il Signore difende la causa dei miseri,
il diritto dei poveri.
14Sì, i giusti loderanno il tuo nome,
i retti abiteranno alla tua presenza.


Salmi 90

1'Preghiera. Di Mosè, uomo di Dio.'

Signore, tu sei stato per noi un rifugio
di generazione in generazione.
2Prima che nascessero i monti
e la terra e il mondo fossero generati,
da sempre e per sempre tu sei, Dio.

3Tu fai ritornare l'uomo in polvere
e dici: "Ritornate, figli dell'uomo".
4Ai tuoi occhi, mille anni
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte.

5Li annienti: li sommergi nel sonno;
sono come l'erba che germoglia al mattino:
6al mattino fiorisce, germoglia,
alla sera è falciata e dissecca.

7Perché siamo distrutti dalla tua ira,
siamo atterriti dal tuo furore.
8Davanti a te poni le nostre colpe,
i nostri peccati occulti alla luce del tuo volto.

9Tutti i nostri giorni svaniscono per la tua ira,
finiamo i nostri anni come un soffio.
10Gli anni della nostra vita sono settanta,
ottanta per i più robusti,
ma quasi tutti sono fatica, dolore;
passano presto e noi ci dileguiamo.
11Chi conosce l'impeto della tua ira,
tuo sdegno, con il timore a te dovuto?
12Insegnaci a contare i nostri giorni
e giungeremo alla sapienza del cuore.
13Volgiti, Signore; fino a quando?
Muoviti a pietà dei tuoi servi.
14Saziaci al mattino con la tua grazia:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
15Rendici la gioia per i giorni di afflizione,
per gli anni in cui abbiamo visto la sventura.

16Si manifesti ai tuoi servi la tua opera
e la tua gloria ai loro figli.
17Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio:
rafforza per noi l'opera delle nostre mani,
l'opera delle nostre mani rafforza.


Isaia 27

1In quel giorno il Signore punirà
con la spada dura, grande e forte,
il Leviatàn serpente guizzante,
il Leviatàn serpente tortuoso
e ucciderà il drago che sta nel mare.

2In quel giorno si dirà:
"La vigna deliziosa: cantate di lei!".
3Io, il Signore, ne sono il guardiano,
a ogni istante la irrigo;
per timore che venga danneggiata,
io ne ho cura notte e giorno.
4Io non sono in collera.
Vi fossero rovi e pruni, io muoverei loro guerra,
li brucerei tutti insieme.
5O, meglio, si stringa alla mia protezione,
faccia la pace con me,
con me faccia la pace!

6Nei giorni futuri Giacobbe metterà radici,
Israele fiorirà e germoglierà,
riempirà il mondo di frutti.
7Il Signore lo ha forse percosso come i suoi percussori?
O lo ha ucciso come uccise i suoi uccisori?
8Lo ha punito cacciandolo via, respingendolo,
lo ha rimosso con soffio impetuoso
come quando tira il vento d'oriente!
9Proprio così sarà espiata l'iniquità di Giacobbe
e questo sarà tutto il frutto per la rimozione del suo peccato:
mentre egli ridurrà tutte le pietre dell'altare
come si fa delle pietre che si polverizzano per la calce,
non erigeranno più pali sacri né altari per l'incenso.
10La fortezza è divenuta desolata,
un luogo spopolato e abbandonato come un deserto;
vi pascola il vitello, vi si sdraia e ne bruca gli arbusti.
11I suoi rami seccandosi si spezzeranno;
le donne verranno ad accendervi il fuoco.
Certo, si tratta di un popolo privo di intelligenza;
per questo non ne avrà pietà chi lo ha creato,
né chi lo ha fatto ne avrà compassione.

12In quel giorno,
dal corso dell'Eufrate al torrente d'Egitto,
il Signore batterà le spighe
e voi sarete raccolti uno a uno, Israeliti.
13In quel giorno suonerà la grande tromba,
verranno gli sperduti nel paese di Assiria
e i dispersi nel paese di Egitto.
Essi si prostreranno al Signore
sul monte santo, in Gerusalemme.


Prima lettera di Giovanni 2

1Figlioli miei, vi scrivo queste cose perché non pecchiate; ma se qualcuno ha peccato, abbiamo un avvocato presso il Padre: Gesù Cristo giusto.2Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo.

3Da questo sappiamo d'averlo conosciuto: se osserviamo i suoi comandamenti.4Chi dice: "Lo conosco" e non osserva i suoi comandamenti, è bugiardo e la verità non è in lui;5ma chi osserva la sua parola, in lui l'amore di Dio è veramente perfetto. Da questo conosciamo di essere in lui.6Chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato.
7Carissimi, non vi scrivo un nuovo comandamento, ma un comandamento antico, che avete ricevuto fin da principio. Il comandamento antico è la parola che avete udito.8E tuttavia è un comandamento nuovo quello di cui vi scrivo, il che è vero in lui e in voi, perché le tenebre stanno diradandosi e la vera luce già risplende.9Chi dice di essere nella luce e odia suo fratello, è ancora nelle tenebre.10Chi ama suo fratello, dimora nella luce e non v'è in lui occasione di inciampo.11Ma chi odia suo fratello è nelle tenebre, cammina nelle tenebre e non sa dove va, perché le tenebre hanno accecato i suoi occhi.

12Scrivo a voi, figlioli,
perché vi sono stati rimessi i peccati in virtù del suo nome.
13Scrivo a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Scrivo a voi, giovani,
perché avete vinto il maligno.
14Ho scritto a voi, figlioli,
perché avete conosciuto il Padre.
Ho scritto a voi, padri,
perché avete conosciuto colui che è fin dal principio.
Ho scritto a voi, giovani,
perché siete forti,
e la parola di Dio dimora in voi
e avete vinto il maligno.

15Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui;16perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo.17E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!

18Figlioli, questa è l'ultima ora. Come avete udito che deve venire l'anticristo, di fatto ora molti anticristi sono apparsi. Da questo conosciamo che è l'ultima ora.19Sono usciti di mezzo a noi, ma non erano dei nostri; se fossero stati dei nostri, sarebbero rimasti con noi; ma doveva rendersi manifesto che non tutti sono dei nostri.20Ora voi avete l'unzione ricevuta dal Santo e tutti avete la scienza.21Non vi ho scritto perché non conoscete la verità, ma perché la conoscete e perché nessuna menzogna viene dalla verità.22Chi è il menzognero se non colui che nega che Gesù è il Cristo? L'anticristo è colui che nega il Padre e il Figlio.23Chiunque nega il Figlio, non possiede nemmeno il Padre; chi professa la sua fede nel Figlio possiede anche il Padre.
24Quanto a voi, tutto ciò che avete udito da principio rimanga in voi. Se rimane in voi quel che avete udito da principio, anche voi rimarrete nel Figlio e nel Padre.25E questa è la promessa che egli ci ha fatto: la vita eterna.
26Questo vi ho scritto riguardo a coloro che cercano di traviarvi.27E quanto a voi, l'unzione che avete ricevuto da lui rimane in voi e non avete bisogno che alcuno vi ammaestri; ma come la sua unzione vi insegna ogni cosa, è veritiera e non mentisce, così state saldi in lui, come essa vi insegna.
28E ora, figlioli, rimanete in lui, perché possiamo aver fiducia quando apparirà e non veniamo svergognati da lui alla sua venuta.29Se sapete che egli è giusto, sappiate anche che chiunque opera la giustizia, è nato da lui.


Capitolo XVIII: L’uomo non si ponga ad indagare, con animo curioso, intorno al Sacramento, ma si faccia umile imitatore di Cristo e sottometta i suoi sensi alla santa fede

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Parola del Diletto

1. Se non vuoi essere sommerso nell'abisso del dubbio, devi guardarti dall'indagare, con inutile curiosità intorno a questo altissimo Sacramento. "Colui che pretende di conoscere la maestà di Dio, sarà schiacciato dalla grandezza di lui" (Pro 25,27). Dio può fare cose più grandi di quanto l'uomo possa capire All'uomo è consentita soltanto una pia ed umile ricerca della verità, sempre pronta ad essere illuminata, e desiderosa di muoversi entro i salutari insegnamenti dei Padri. Beata la semplicità, che tralascia le ardue strade delle disquisizioni e prosegue nel sentiero piano e sicuro dei comandamenti di Dio. Sono molti quelli che, volendo indagare cose troppo sublimi, perdettero la fede. Da te si esigono fede e schiettezza di vita, non altezza d'intelletto e capacità di penetrare nei misteri di Dio. Tu, che non riesci a conoscere e a comprendere ciò che sta più in basso di te, come potresti capire ciò che sta sopra di te? Sottomettiti a Dio, sottometti i tuoi sensi alla fede, e ti sarà dato lume di conoscenza, quale e quanto potrà esserti utile e necessario. Taluni subiscono forti tentazioni circa la fede e il Sacramento; sennonché, non a loro se ne deve fare carico, bensì al nemico. Non soffermarti su queste cose; non voler discutere con i tuoi stessi pensieri, né rispondere ai dubbi insinuati dal diavolo. Credi, invece alle parole di Dio; affidati ai santi e ai profeti (2Cor 20,20), e fuggirà da te l'infame nemico. Che il servo di Dio sopporti tali cose, talora è utile assai. Il diavolo non sottopone alle tentazioni quelli che non hanno fede, né i peccatori, che ha già sicuramente in sua mano; egli tenta, invece, tormenta, in vario modo, le persone credenti e devote.

2.  Procedi, dunque, con schietta e ferma fede; accostati al Sacramento con umile venerazione. Rimetti tranquillamente a Dio, che tutto può, quanto non riesci a comprendere: Iddio non ti inganna; mentre si inganna colui che confida troppo in se stesso. Dio cammina accanto ai semplici, si rivela agli umili, "dà lume d'intelletto ai piccoli" (Sal 118,130), apre la mente ai puri di cuore; e ritira la grazia ai curiosi e ai superbi. La ragione umana è debole e può sbagliare, mentre la fede vera non può ingannarsi. Ogni ragionamento, ogni nostra ricerca deve andare dietro alla fede; non precederla, né indebolirla. Ecco, predominano allora la fede e l'amore, misteriosamente operanti in questo santissimo ed eccellentissimo Sacramento. Il Dio eterno, immenso ed onnipotente, fa cose grandi e imperscrutabili, in cielo e in terra; e a noi non è dato investigare le meravigliose sue opere. Ché, se le opere di Dio fossero tali da poter essere facilmente comprese dalla ragione umana, non si potrebbero dire meravigliose e ineffabili.


DISCORSO 241 NEI GIORNI DI PASQUA SULLA RISURREZIONE DEI CORPI, CONTRO I PAGANI

Discorsi - Sant'Agostino

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Conoscenza naturale di Dio.

1. Una verità di fede propria dei cristiani è la resurrezione dei morti. Di tale verità, cioè della resurrezione dei morti, Cristo nostro capo ci ha dato in se stesso la prova, fornendo anche alla nostra fede un modello, di modo che le membra debbono sperare per se stesse, ciò ' che in antecedenza è avvenuto nel capo. Ieri vi parlavamo dei sapienti del paganesimo - coloro che vengono chiamati filosofi - e in particolare di coloro che sono stati i più qualificati. Vi sottolineavamo com'essi, scrutando la natura, attraverso le opere del creato sono pervenuti alla conoscenza dell'Artefice. Non avevano ascoltato i Profeti, non avevano ricevuto la Legge divina, ma Dio, pur rimanendo in silenzio, parlava in certo qual modo alla loro mente attraverso le opere che aveva cosparse nel mondo, e la stessa bellezza dell'universo costituiva per loro un richiamo a ricercare l'Artefice delle cose. Non potevano infatti accettare l'ipotesi che il cielo e la terra ci fossero senza uno che li avesse fatti. Di costoro così parla il beato apostolo Paolo: L'ira di Dio - dice - si palesa dal cielo contro ogni empietà. Che significa? Contro ogni empietà? L'ira di Dio si palesa dal cielo non solo contro i Giudei, che ricevettero la legge e si ribellarono all'Autore della legge, ma anche contro ogni empietà del mondo pagano. E affinché nessuno sussumesse: Ma perché questo, dal momento che costoro non hanno ricevuto la legge? prosegue affermando: E contro ogni ingiustizia di coloro che tengono la verità asservita all'iniquità. Provati a ribattere: Ma qual è questa verità? Si tratta infatti di gente che non ha ricevuto la legge né ascoltato i Profeti. Ascolta qual è questa verità. Dice: Poiché quel che di Dio è conoscibile è stato loro manifestato. In che maniera manifestato? Ascolta ancora: Dio l'ha loro manifestato. E se vuoi sapere ancora in qual maniera lo abbia loro manifestato, dal momento che una legge non l'ha loro data, ascolta come: In effetti, a cominciare dalla creazione del mondo, le cose invisibili di lui si comprendono mediante la penetrazione delle cose create. Le cose invisibili di lui, cioè quanto in Dio c'è d'invisibile; a cominciare dalla creazione del mondo, cioè da quando egli formò il mondo; si comprendono mediante la penetrazione delle cose create, cioè: le cose invisibili vengono comprese attraverso la penetrazione delle altre. Non esclusa l'eterna - riferisco ancora le parole dell'Apostolo e le ricollego alle precedenti -, non esclusa l'eterna sua potenza e maestà. Sottintendi: Vengono comprese attraverso tale penetrazione. Affinché non possano avanzare scuse. E perché non lo possono? Perché avendo conosciuto Dio, non l'hanno glorificato come Dio né l'hanno ringraziato 1. Non dice che non hanno conosciuto Dio, ma: Avendolo conosciuto.

Dalle creature e dal composito umano si risale a Dio.

2. Come l'hanno conosciuto? Attraverso le cose create. Interroga la bellezza della terra, del mare, dell'aria rarefatta e dovunque espansa; interroga la bellezza del cielo e l'ordine delle stelle; interroga il sole che col suo splendore illumina il giorno e la luna che con la sua luce attenua l'oscurità della notte che al giorno tien dietro; interroga gli animali che si muovono nell'acqua, che popolano la terra o svolazzano nel cielo: han celata l'anima mentre il corpo è visibile; è visibile ciò che ha bisogno d'esser retto, è invisibile ciò che lo regge. Interroga tutte queste cose. Esse ti risponderanno: Guardaci pure e osserva come siamo belle. La loro bellezza è come un loro inno di lode. Ora, queste creature, così belle ma pur mutevoli, chi le ha fatte se non uno che è bello in modo immutabile? Da ultimo passarono a scrutare l'uomo per poter conoscere, adoperando l'acume della mente, Dio creatore dell'intero universo; e dell'uomo interrogarono (così mi avviavo a dire) il corpo e l'anima. Interrogavano ciò da cui essi stessi risultavano costituiti: il corpo che vedevano e l'anima che non vedevano. Eppure, il loro corpo non l'avrebbero veduto se non in virtù dell'anima. Lo vedevano, sì, con gli occhi, ma colui che guardava attraverso queste finestre stava dentro. E, per finire, osserva come, allontanandosi il padrone che vi abita, la casa crolla; allontanandosi colui che lo teneva in piedi l'uomo cade e, appunto perché cade, lo si chiama cadavere. Nel cadavere gli occhi restano sani, ma per quanto li si apra, non vedono nulla. Restano anche gli orecchi ma è partito chi era in grado di ascoltare. Parimenti è della lingua: resta lo strumento ma se ne è andato il musicista che lo suonava. Ebbene, i filosofi interrogarono questi due elementi, il corpo visibile e l'anima invisibile, e riscontrarono che l'elemento invisibile è più nobile di quello visibile, che cioè l'anima, occulta nell'uomo, è superiore e che il corpo, visibile, è inferiore. Esaminarono questi due elementi, li scrutarono a fondo, discussero sull'uno e sull'altro, e conclusero che quanto compone lo stesso uomo è di natura mutevole. Muta il corpo col succedersi delle età, perché si deteriora, perché ha bisogno di alimenti per ristorarsi, perché viene meno e nella vita e nella morte. Passarono poi a considerare l'anima, che ovviamente riscontrarono superiore e si meravigliarono per il fatto che era invisibile. Tuttavia dovettero concludere che anch'essa è soggetta a mutazioni: ora vuole ora non vuole, ora sa ora non sa, ora ricorda ora dimentica, ora teme ora azzarda, ora avanza verso la sapienza ora si affloscia nella stoltezza. Videro dunque che anche l'anima è mutevole e si spinsero anche al di sopra di lei cercando qualcosa che fosse immutabile.

Stoltezza dell'uomo che adora gli idoli.

3. In tal modo, servendosi delle cose create da Dio, giunsero a conoscere colui che le aveva create. Ma - dice l'Apostolo - non lo glorificarono come Dio né lo ringraziarono. Ma divennero stolti nei loro pensieri e il loro cuore, istupidito, divenne tenebroso. Pur chiamandosi sapienti, divennero insipienti. Attribuendo a sé le cose che avevano ricevuto persero ciò che possedevano. Considerandosi, per così dire, chi sa che cosa, divennero insipienti. E dove arrivarono? Dice: E scambiarono la gloria dell'incorruttibile Dio forgiandosela simile alla figura dell'uomo corruttibile. Si riferisce agli idoli, e, a questo riguardo, era poco dire che si forgiarono idoli somiglianti all'uomo e conformarono l'artefice al risultato del loro lavoro. Era poco questo. E allora che cosa ci aggiunsero? E di uccelli e di quadrupedi e di serpenti 2. Tutti questi animali, muti e privi di ragione, quei grandi sapienti (dico per dire) li presero per loro dèi. Ti rimproveravo perché adoravi il simulacro di un uomo: cosa dovrò farti adesso che ti vedo adorare una statua raffigurante un cane, un serpente, un coccodrillo? Poiché fino a questo punto sono arrivati. Quanto s'erano spinti in alto con le loro ricerche, tanto sono sprofondati in basso allorché sono caduti. Chi infatti precipita da un luogo elevato cola a picco molto più in profondità.

Pazzesche ipotesi sulla sorte dell'anima umana dopo morte.

4. Orbene, costoro - come vi ricordavo ieri - si misero a ricercare sulla sorte dell'uomo nel mondo avvenire, cioè terminata la vita presente. Fecero le loro ricerche da uomini, ma, essendo uomini, come avrebbero potuto conoscere [la verità]? Non avendo la rivelazione divina, non avendo ascoltato i Profeti, non poterono trovarla, e si contentarono di far delle congetture. E quello che essi riuscirono a ipotizzare ve l'ho riferito ieri. Dicono: le anime dei cattivi, uscite [dal corpo], essendo macchiate da colpe, tornano immediatamente in altri corpi; le anime dei sapienti e dei giusti, invece, uscite dal corpo dopo una vita buona se ne volano al cielo. Va' pure avanti! Mi piace, mi piace! Hai trovato loro un posto: spiccano il volo e arrivano in cielo. Ma lì che fanno? Rispondono: Se ne vanno lì e godono il riposo in compagnia degli dèi. Loro sedi sono le stelle. Non avete trovato un posto malvagio per il loro riposo! Lasciatecele almeno per sempre e non scacciatele via! Tuttavia - sono loro che aggiungono questo - dopo un lungo succedersi di tempi esse dimenticano completamente la miseria di una volta e cominciano a desiderare il ritorno nel corpo. Le assale questa voglia e tornano a soffrire e tollerare daccapo le peripezie della vita presente. Tornano a dimenticarsi di Dio o, magari, a bestemmiarlo; tornano a provare il richiamo dei piaceri del corpo e a lottare contro le passioni disordinate. Ma da dove tornano a sobbarcarsi a queste miserie e con che scopo? Dimmelo! Perché fanno così? Perché hanno dimenticato. Se hanno dimenticato tutti i mali dimentichino anche i piaceri carnali! Questo solo, per loro disavventura, ricordano, cioè quello che le ha rovinate... E tornano: ma perché? Perché trovano piacevole abitare in un corpo come prima. Come provano un tal piacere se non perché ricordano che un tempo hanno abitato nel corpo? Togli via ogni ricordo, e forse otterrai che rimane la sapienza. Non rimanga null'altro che possa richiamare indietro.

Continua la polemica sullo stesso tema.

5. Un autore celebre fra loro rimase inorridito quando negli inferi un padre si fece vedere dal suo figlio o, meglio, quando lui stesso fingeva una tale apparizione. Quasi tutti conoscete il fatto; o magari foste in pochi a conoscerlo! Ma, se è vero che pochi lo conoscete dai libri, molti lo sapete attraverso le rappresentazioni teatrali. Enea scese negli inferi e suo padre gli presentò le anime di romani famosi che si sarebbero incarnate. Enea rimase esterrefatto ed esclamò:

O padre, creder debbo che alcune anime eccelse.

da qui se ne vanno in cielo e ai lenti corpi

fanno ancor ritorno?

Voleva dire: è proprio da credersi che vanno in cielo e di nuovo fan ritorno?

Tristi! Un desio sì folle hanno del sole? 3

Il figlio capiva le cose più a fondo di quel che il padre potesse spiegare. Egli disapprovava il desiderio di quelle anime che volevano tornare di nuovo ad abitare nel corpo. Chiama folle quel desiderio e sventurate quelle anime anche se non si vergogna di loro. Ebbene, questo sarebbe il vertice a cui voi, filosofi, siete giunti: supporre che le anime riescano a purificarsi fino a conseguire una purezza somma, ma poi, a causa di questa stessa purezza, dimentichino tutte le esperienze fatte e per tale dimenticanza ritornino alle miserie di quand'erano nel corpo! Ditemi, vi prego: Se tali cose fossero vere non sarebbe meglio ignorarle? Anche se fossero vere, dico, essendo luride, sono senz'altro false, non sarebbe meglio ignorarle? O pretendi forse dirmi: Se non saprai queste cose non sarai un filosofo? Ma perché dovrei saperle? Potrei forse essere adesso migliore di quando sarò in cielo? Se in cielo, quando sarò più saggio e più perfetto, dimenticherò tutte le cose imparate quaggiù e il non saperle sarà per me raggiungere una condizione migliore, lascia che le ignori fin da adesso. Dici che chi abita in cielo dimentica tutto: ebbene, lasciami ignorare tutte queste cose ora che sono sulla terra. Alla fine delle fini dimmi, per favore: Queste anime, quando si trovano nel cielo, sanno o non sanno che dovranno sperimentare di bel nuovo le miserie della vita presente? Scegli quel che preferisci. Se sono al corrente delle miserie così grandi che dovranno subire, al solo pensiero che un giorno dovranno essere in tali miserie, come possono essere beate? Come possono essere beate se manca loro la sicurezza? Prevedo quindi la risposta che sceglierai: mi dirai che sono nell'ignoranza. Celebri dunque l'ignoranza come prerogativa del cielo mentre non tolleri che l'abbia io cittadino della terra; e a me, che sono sulla terra, vuoi insegnare quello che, stando alle tue parole, non conoscerò quando mi troverò in cielo. Dici: Non lo sanno. Se non lo sanno e nemmeno pensano che avranno da tribolare, sono beate perché preda dell'errore. Pensano infatti di non dover subire quei mali che di fatto subiranno: e pensare il falso che cos'è se non commettere un errore? Saranno quindi felici in base a un errore; saranno beate non per l'eternità ma per la falsità... Oh, ci liberi la Verità, affinché possiamo essere veramente beati! Non è infatti priva di senso la parola del Redentore: Se il Figlio vi libererà, allora sarete liberi per davvero 4. Del resto egli aveva anche detto: Se rimarrete nella mia parola, sarete veramente miei discepoli, e conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi 5.

Certe conclusioni dei filosofi sono ridicole.

6. Ascoltate ora un errore più grossolano: un errore che dobbiamo compiangere o, piuttosto, irridere. Tu, sapiente, filosofo (per esempio, Pitagora, Platone, Porfirio o chiunque altro fra loro), quaggiù, in questa terra, cosa intendi raggiungere col tuo filosofare? Risponde: La vita beata. E questa vita beata quando l'avrai? Risponde ancora: Quando avrò consegnato questo corpo alla terra. Adesso dunque si conduce una vita piena di miserie, ma si ha almeno la speranza di una vita beata; lassù, dove si vivrà la vita beata, si starà invece nella speranza di tornare alla vita colma di miserie. Vuol dire che la speranza d'essere infelici ci dona la felicità, mentre la speranza della felicità ci rende infelici. Sbarazziamoci una buona volta di tutte queste fandonie; ridiamone perché son false, proviamone dispiacere perché c'è chi le crede conquiste notevoli. Cose di questo genere sono, miei fratelli, grandi pazzie inventate da grandi dotti. Quant'è meglio per noi mantenerci fedeli alle sublimi, anche se occulte, verità insegnateci dai nostri grandi santi! Dicono i filosofi che le anime purificate tornano [in terra] per amore dei corpi: esenti da colpa, divenute sapienti e pure, le anime tornano nel corpo per amore del corpo. Tale è dunque l'amore conseguito da un'anima che ha raggiunto la purificazione? Un amore di questo genere non è una colossale porcheria?

Secondo Porfirio l'anima deve separarsi dal corpo.

7. Occorre rifuggire da ogni sorta di corpo 6. Così sentenziò e scrisse un grande filosofo del paganesimo, cioè Porfirio. Nato più recentemente, quando il Cristianesimo si era già affermato, fu un acerrimo nemico della religione cristiana; tuttavia, vergognandosi e, almeno parzialmente, costretto dai cristiani a rettificare le insensatezze più enormi, disse che occorre rifuggire da ogni corpo. Disse ogni corpo in quanto ogni corpo sarebbe un legame gravoso per l'anima. Pertanto, se in maniera assoluta ogni corpo, comunque esso sia, è da fuggirsi, non troverai alcun adito per presentarmi elogi in fatto di corpo; non potrai certo farmi accettare le lodi che la nostra fede, aderendo all'insegnamento di Dio, tributa al corpo. In effetti è vero che il corpo come lo abbiamo al presente è così fatto che proprio in esso scontiamo la pena del peccato, ed, essendo corpo corruttibile, appesantisce l'anima 7. Tuttavia è anche vero che il corpo, tale qual è, ha una sua bellezza, un'ordinata disposizione delle membra, la pluralità dei sensi qua e là dislocati, la statura eretta, e tutte le altre doti che stupiscono quanti sanno valutarle a dovere. Oltre a tutto questo, esso sarà del tutto incorruttibile, immortale e dotato di agilità per cui gli sarà facilissimo muoversi. Ma Porfirio ribatte: " È inutile che mi decanti il corpo, qualunque esso sia. L'anima, se vuol essere beata, deve rifuggire da qualsiasi corpo". È quel che dicono i filosofi. Ma sono nell'errore, vaneggiano: e lo dimostro subito, senza protrarre all'infinito la discussione. Dico che l'anima, di cui si tessono gli elogi, deve avere chi le stia soggetto. Sono due realtà fra loro interdipendenti, e quella che si elogia e quella che le è soggetta. Al di sopra di tutti gli esseri c'è Dio, e a lui sono sottoposte tutte le creature. Però, anche riguardo all'anima, se merita una qualche considerazione dinanzi a Dio, deve a sua volta avere qualcosa che le sia sottoposto. Ma non voglio polemizzare ancora su questo argomento; mi limiterò a leggervi passi dei vostri libri. Voi asserite che l'intero mondo fisico, cioè il cielo, la terra, i mari con tutti gli esseri giganteschi che vi sono e così fino agli ultimi elementi incommensurabili, tutto è animato. Tutti questi elementi e l'intero corpo che risulta dal loro insieme, voi dite che è una grande realtà animata, avente cioè una sua propria anima, pur non avendo i sensi del corpo, in quanto al di fuori non c'è nulla che sia oggetto della sensorietà. Questo complesso ha però un intelletto ed è in unione con Dio: e la stessa anima del mondo si chiamerebbe Giove o Ecate, e sarebbe lei come un'anima universale che regge il mondo e lo costituisce come una specie di essere vivente. Dello stesso mondo voi dite che è eterno, che durerà per sempre e non avrà fine. Ma se questo mondo è eterno e rimane senza fine e se, per di più, è un mondo animato, ne segue che l'anima così concepita sarà trattenuta per sempre dentro questo mondo. Perché si dovrebbe - in tal caso - fuggire ogni sorta di corpo? E come facevi a dire: Occorre fuggire ogni sorta di corpo? Io piuttosto direi: Beate quelle anime che possederanno per sempre corpi incorruttibili. Tu, che dici: Occorre fuggire da ogni corpo, devi uccidere il mondo. Tu mi imponi di fuggire lontano dalla mia carne: ebbene, fa' sì che il tuo Giove fugga lontano dal cielo e dalla terra!

Confronto fra Porfirio e Platone.

8. E che dire di quanto abbiamo trovato in Platone, maestro di tutti costoro, in un libro da lui scritto e nel quale tratta di problemi cosmologici? Egli presenta Dio nell'atto di costruire gli dèi, di formare cioè le divinità celesti, tutte le stelle, il sole e la luna. Asserisce quindi che Dio è l'artefice degli dèi celesti e che le stelle hanno un'anima intellettuale, con cui comprendono Dio, e quei corpi visibili che noi osserviamo 8. Per farvi intendere dico così: Questo sole visibile voi non lo vedreste se non fosse un corpo; e questo è vero. Nessuna stella voi vedreste, e nemmeno la luna, se non fossero corpi; e ciò dicendo egli è nella verità. In modo analogo dice anche l'Apostolo: Ci sono corpi celesti e ci sono corpi terrestri. E continua: Altro è lo splendore dei corpi celesti e altro quello dei corpi terrestri. Parlando poi dello splendore dei corpi celesti l'Apostolo prosegue dicendo: Altro è lo splendore del sole, altro quello della luna e altro quello delle stelle, poiché ogni stella è, quanto a splendore, diversa dall'altra. Così sarà nella resurrezione dei morti 9. Notate come ai corpi dei santi è promessa una gloria, e una gloria che in ciascuno si diversifica da quella degli altri perché in ciascuno sono diversi i meriti della carità. Ma loro cosa dicono? Che queste stelle visibili sono, certo, dei corpi ma posseggono ciascuno la propria anima intellettiva, e sono divinità 10. Cominciamo con i corpi. È vero quel che dicono quando li ritengono corpi; ma perché polemizzare sul fatto se abbiano o meno ciascuno la propria anima? Veniamo piuttosto al nocciolo della questione. Platone ci descrive lui stesso Dio che interpella gli dèi che ha creati con l'uso di sostanza corporea e sostanza incorporea e, tra l'altro dice loro così: Avendo voi avuto un'origine, non potete essere immortali ed esenti da dissolvimento. A queste parole essi dovevano già mettersi a tremare. Perché? Perché desideravano l'immortalità e rifuggivano dalla morte. Per escludere un tale timore, proseguendo il discorso dice loro: Non sarete dissolti né ci sarà destino mortale che vi annienti. Nulla infatti prevarrà sulla mia decisione, anzi il legame che da parte mia vi garantisce la perpetuità è più grande di tutti gli altri vincoli da cui siete astretti 11. Ecco, Dio rassicura degli dèi da lui stesso fabbricati: dà loro la sicurezza dell'immortalità, la sicurezza che non dovranno abbandonare i globi del loro corpo. È dunque vero che si deve rifuggire da ogni corpo? A mio avviso, una risposta è già stata data, e voi l'avete compresa. Per quanto potevamo parlarvi, per quanto l'orario in cui è stato tenuto il discorso lo consentiva, per quanto eravate in grado di recepire noi abbiamo loro dato la risposta. Quanto poi a quello che essi dicono - e con un certo acume - sulla resurrezione dei corpi (tanto da pensare che a noi manchino risposte adeguate), è un tema troppo ampio per esporvelo oggi. Avendovi una volta promesso che in questi giorni approfondirò nei suoi vari aspetti il problema della resurrezione della carne, preparate - con l'aiuto del Signore - il cuore e gli orecchi ad ascoltare quel che ancora rimane. Ne parleremo domani.

 


1 - Rm 1, 18-21.

2 - Rm 1, 21-23.

3 - VERG., Aen 6, 719-721.

4 - Gv 8, 36.

5 - Gv 8, 31-32.

6 - PORPHYR., fragm.(ex De regressu animae sec. AUG. in De Civ. Dei 10, 29, 2; 22, 26).

7 - Cf. Sap 9, 15.

8 - PLATO, Tm 38c-40b.

9 - 1 Cor 15, 40-42.

10 - PLATO, Tm 41b.

11 - PLATO, Tm 41b. Cf. AUG. De Civ. Dei 13, 16; 22, 26; Serm. 242, 5. 7.


Un misterioso convito

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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La notte dall’8 al 9 agosto del 1880 Don Bosco, trovandosi nel la sua casa di San Benigno Canavese, ebbe questo sogno, che raccontò la sera del 10 a tutta la comunità.
« Sognai — disse — di trovarmi in una grande sala sfarzosamente illuminata. In essa vi erano molti giovani seduti intorno alle mense, ma non mangiavano. Le posate, le tovaglie, i tovaglioli erano così bianchi che i nostri più candidi, messi vicino a quelli, sembrerebbero sudici. Posate, bicchieri, bottiglie, piatti erano tutti così lucenti e belli che io sospettai di sognare e dicevo tra me:

— Ma io sogno! Mai più in San Benigno tante ricchezze! Pure sono qui e non sogno.

Intanto osservavo quei giovani che stavano a mensa, ma non mangiavano. Domandai:— Che cosa fanno lì che non mangiano?
Mentre dicevo questo, tutti si misero a mangiare. Io vedevo tanti giovani e domandavo alla mia Guida che mi dicesse che cosa significasse tutto quello, ed egli mi rispose:
— Sta’ attento e capirai tutto il mistero.

Mentre la Guida proferiva queste parole, comparve una luce ancor più splendida e, con essa, una schiera di giovani belli come angeli, che tenevano in mano un giglio; e si misero a passeggiare sopra la tavola senza toccarla con i piedi. I commensali si alzarono e col sorriso sulle labbra stavano osservando. Quegli angeli distribuivano gigli qua e là, e coloro che li ricevevano si sollevavano anch’essi da terra, come se fossero spiriti. Osservando i giovani che ricevevano i gigli, io li conoscevo: essi apparivano così belli e risplendenti che non mi sarei immaginato di trovare di meglio in paradiso. Domandai che cosa significassero quei giovani che portavano il giglio; mi fu risposto:
— Non hai predicato tante volte la virtù della purezza?
— Sì — risposi —, la predicai e la insinuai tanto nel cuore dei miei giovani.
— Ebbene — ripigliò la Guida —, quelli che vedi col giglio in mano sono appunto coloro che seppero conservarla. Standomi pieno di meraviglia, vidi comparire un’altra schiera di giovani che passeggiavano sulla tavola senza toccarla e aveva no in mano tante rose e andavano distribuendole; e chi le riceveva acquistava uno splendore bellissimo in volto.
Domandai alla mia Guida che cosa volesse significare quest’altra schiera di giovani che avevano le rose, ed egli mi rispose:
— Sono i giovani infiammati di amor di Dio.

Vidi allora che tutti avevano scritto sulla fronte a caratteri d’oro il proprio nome; feci per prenderne nota, ma essi d’un tratto sparirono.
Con loro scomparve pure la luce, sicché io rimasi in una oscurità, che però permetteva di vedere ancora alquanto. Vidi facce rosse come di fuoco: erano quelli che non avevano ricevuto né il giglio nè le rose. Vidi pure alcuni che si affaticavano attorno a una corda limacciosa pendente dall’alto e si sforzavano di arrampicarsi e andare in alto; ma la corda cedeva sempre e veniva giù un poco, di modo che quei poverini erano sempre a terra con le mani e la persona infangata.
Meravigliato di vedere quello strano gioco, ne domandai il significato. Mi fu risposto:
— La corda è la confessione, alla quale chi sa bene attaccarsi arriverà certamente al cielo; e questi sono i giovani che vanno ancora sovente a confessarsi e si attaccano a questa corda per poter si innalzare, ma vanno a confessarsi senza le disposizioni necessarie, con poco dolore e con poco proponimento, e perciò non possono arrampicarsi; quella corda si rompe sempre e non possono mai innalzarsi, ma scivolano giù e sono sempre allo stesso piano.
Io volevo prendere il nome anche di quelli, ma ebbi appena il tempo di scriverne due o tre, che essi sparirono dai miei occhi. Con essi sparì pure quel po’ di luce e io rimasi in una totale oscurità.
In mezzo a quel buio vidi uno spettacolo ancor più desolante. Certi giovani dall’aspetto tetro avevano attorcigliato al collo un gran serpentaccio, che con la coda andava al cuore e sporgeva in nanzi la testa e la posava vicino alla bocca del giovane, come per mordergli la lingua, se mai aprisse le labbra. La faccia di quei giovani era così brutta che mi faceva paura: gli occhi erano stravolti; la loro bocca era torta ed essi erano in una posizione da mettere spavento. Tutto tremante, ne domandai il significato, e mi fu detto:
— Non vedi? Il serpente antico stringe la gola con doppio giro a quegli infelici per non lasciarli parlare in confessione, e con le fauci avvelenate sta pronto, se aprono la bocca, per morderli. Poveretti! Se parlassero, farebbero una buona confessione e il demonio non potrebbe più far niente contro di loro. Ma per rispetto umano non parlano, tengono i loro peccati sulla coscienza, torna no più e più volte a confessarsi senza mai mettere fuori il veleno che racchiudono nel cuore.
Allora dissi alla mia Guida:
— Dammi il nome di tutti costoro affinché io possa ricordarli.
— Su, su, scrivi — mi rispose.
Mi posi a scrivere, ma ne scrissi pochi, perché tutti sparirono dai miei occhi. E la Guida mi disse:
— Va’, di’ ai tuoi giovani che stiano attenti e racconta loro ciò che hai visto.
— Dammi un segno — risposi —, affinché io possa persuadermi che questo non è semplicemente un sogno, ma un avvertimento che il Signore vuol darmi per i miei giovani.
— Bene — mi disse —, sta’ attento!
Allora ricomparve la luce e ricomparvero i giovani che avevano i gigli e le rose. La luce cresceva a ogni istante, sicché potei osservare che quei giovani erano tutti contenti: una gioia d’angeli splendeva sul loro volto.
Osservavo con una meraviglia indescrivibile; intanto la luce cre sceva sempre più e crebbe tanto che poi dette in una forte detona zione. A quel fragore mi svegliai e mi trovai nel mio letto, tanto stanco che ancora adesso mi risento di quella stanchezza».

Don Bosco concluse: «Ieri sera e anche quest’oggi ho voluto fare degli esperimenti e, indagando, ho trovato che il mio sogno non era tutto un sogno, e che soltanto una misericordia straordinaria del Signore può salvare certi disgraziati».


Apparizione del 12 marzo 1947

Montichiari

Il 12 marzo 1947 aveva perso conoscenza ed era in fin di vita. Con le suore la assistevano la mamma e le sorelle in attesa di vederla spirare. Invece la videro improvvisamente alzarsi a sedere sul letto, tendere le braccia verso una direzione e parlare con una persona invisibile, dopo di che ricadde sul letto e aperse gli occhi come si svegliasse dal sonno. Era effettivamente guarita tanto che tre giorni dopo riprese servizio. Quello che era avvenuto è narrato da Pierina stessa. Le era apparsa S. Maria Crocifissa con queste parole: 

"Il Signore voleva portarti in Paradiso, invece ti lascia ancora sulla terra. Fino a dicembre offrirai le tue sofferenze per la conversione di una nostra Religiosa... Accetti questo?". 

Pierina rispose: "Si, generosamente". 

Continuò: "Davanti agli uomini non hai più niente, ma tu avrai sempre le medesime sofferenze". 

Pierina domandò: "Sempre la nuda croce?". 

Rispose: "Si, il Signore in cambio di questo ti da la conversione dei peccatori!" E Pierina: "Quale grazia! Sono tutti salvi! Grazie, grazie!".