Sotto il Tuo Manto

Lunedi, 21 luglio 2025 - San Lorenzo da Brindisi (Letture di oggi)

Se il buon Dio ci invia delle croci, ci scoraggiamo, ci lamentiamo, mormoriamo, siamo talmente nemici di tutto quello che ci contraria, che vorremmo sempre essere in una scatola di bambagia. (Santo Curato d'Ars (San Giovanni Maria Vianney))

Liturgia delle Ore - Letture

Sabato della 2° settimana del Tempo di Pasqua (SS. Filippo e Giacomo)

Questa sezione contiene delle letture scelte a caso, provenienti dalle varie sezioni del sito (Sacra Bibbia e la sezione Biblioteca Cristiana), mentre l'ultimo tab Apparizioni, contiene messaggi di apparizioni a mistici o loro scritti. Sono presenti testi della Valtorta, Luisa Piccarreta, don Stefano Gobbi e testimonianze di apparizioni mariane riconosciute.

Vangelo secondo Giovanni 1

1In principio era il Verbo,
il Verbo era presso Dio
e il Verbo era Dio.
2Egli era in principio presso Dio:
3tutto è stato fatto per mezzo di lui,
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che
esiste.
4In lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
5la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta.
6Venne un uomo mandato da Dio
e il suo nome era Giovanni.
7Egli venne come testimone
per rendere testimonianza alla luce,
perché tutti credessero per mezzo di lui.
8Egli non era la luce,
ma doveva render testimonianza alla luce.
9Veniva nel mondo
la luce vera,
quella che illumina ogni uomo.
10Egli era nel mondo,
e il mondo fu fatto per mezzo di lui,
eppure il mondo non lo riconobbe.
11Venne fra la sua gente,
ma i suoi non l'hanno accolto.
12A quanti però l'hanno accolto,
ha dato potere di diventare figli di Dio:
a quelli che credono nel suo nome,
13i quali non da sangue,
né da volere di carne,
né da volere di uomo,
ma da Dio sono stati generati.
14E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi;
e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre,
pieno di grazia e di verità.
15Giovanni gli rende testimonianza
e grida: "Ecco l'uomo di cui io dissi:
Colui che viene dopo di me
mi è passato avanti,
perché era prima di me".
16Dalla sua pienezza
noi tutti abbiamo ricevuto
e grazia su grazia.
17Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,
la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo.
18Dio nessuno l'ha mai visto:
proprio il Figlio unigenito,
che è nel seno del Padre,
lui lo ha rivelato.

19E questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e leviti a interrogarlo: "Chi sei tu?".20Egli confessò e non negò, e confessò: "Io non sono il Cristo".21Allora gli chiesero: "Che cosa dunque? Sei Elia?". Rispose: "Non lo sono". "Sei tu il profeta?". Rispose: "No".22Gli dissero dunque: "Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?".23Rispose:

"Io sono 'voce di uno che grida nel deserto:
Preparate la via del Signore',

come disse il profeta Isaia".24Essi erano stati mandati da parte dei farisei.25Lo interrogarono e gli dissero: "Perché dunque battezzi se tu non sei il Cristo, né Elia, né il profeta?".26Giovanni rispose loro: "Io battezzo con acqua, ma in mezzo a voi sta uno che voi non conoscete,27uno che viene dopo di me, al quale io non son degno di sciogliere il legaccio del sandalo".28Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
29Il giorno dopo, Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui disse: "Ecco l'agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!30Ecco colui del quale io dissi: Dopo di me viene un uomo che mi è passato avanti, perché era prima di me.31Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare con acqua perché egli fosse fatto conoscere a Israele".32Giovanni rese testimonianza dicendo: "Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui.33Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo.34E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio".

35Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli36e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!".37E i due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù.38Gesù allora si voltò e, vedendo che lo seguivano, disse: "Che cercate?". Gli risposero: "Rabbì (che significa maestro), dove abiti?".39Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove abitava e quel giorno si fermarono presso di lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
40Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro.41Egli incontrò per primo suo fratello Simone, e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia (che significa il Cristo)"42e lo condusse da Gesù. Gesù, fissando lo sguardo su di lui, disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; ti chiamerai Cefa (che vuol dire Pietro)".
43Il giorno dopo Gesù aveva stabilito di partire per la Galilea; incontrò Filippo e gli disse: "Seguimi".44Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro.45Filippo incontrò Natanaèle e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nàzaret".46Natanaèle esclamò: "Da Nàzaret può mai venire qualcosa di buono?". Filippo gli rispose: "Vieni e vedi".47Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: "Ecco davvero un Israelita in cui non c'è falsità".48Natanaèle gli domandò: "Come mi conosci?". Gli rispose Gesù: "Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico".49Gli replicò Natanaèle: "Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d'Israele!".50Gli rispose Gesù: "Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!".51Poi gli disse: "In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell'uomo".


Numeri 31

1Il Signore disse a Mosè:2"Compi la vendetta degli Israeliti contro i Madianiti, poi sarai riunito ai tuoi antenati".3Mosè disse al popolo: "Mobilitate fra di voi uomini per la guerra e marcino contro Madian per eseguire la vendetta del Signore su Madian.4Manderete in guerra mille uomini per tribù di tutte le tribù d'Israele".5Così furono forniti, dalle migliaia d'Israele, mille uomini per tribù, cioè dodicimila uomini armati per la guerra.6Mosè mandò in guerra quei mille uomini per tribù e con loro Pincas, figlio del sacerdote Eleazaro, il quale portava gli oggetti sacri e aveva in mano le trombe dell'acclamazione.7Marciarono dunque contro Madian come il Signore aveva ordinato a Mosè, e uccisero tutti i maschi.8Uccisero anche, oltre i loro caduti, i re di Madian Evi, Rekem, Sur, Ur e Reba cioè cinque re di Madian; uccisero anche di spada Balaam figlio di Beor.9Gli Israeliti fecero prigioniere le donne di Madian e i loro fanciulli e depredarono tutto il loro bestiame, tutti i loro greggi e ogni loro bene;10appiccarono il fuoco a tutte le città che quelli abitavano e a tutti i loro attendamenti11e presero tutto il bottino e tutta la preda, gente e bestiame.12Poi condussero i prigionieri, la preda e il bottino a Mosè, al sacerdote Eleazaro e alla comunità degli Israeliti, accampati nelle steppe di Moab, presso il Giordano di fronte a Gèrico.
13Mosè, il sacerdote Eleazaro e tutti i principi della comunità uscirono loro incontro fuori dell'accampamento.14Mosè si adirò contro i comandanti dell'esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, che tornavano da quella spedizione di guerra.15Mosè disse loro: "Avete lasciato in vita tutte le femmine?16Proprio loro, per suggerimento di Balaam, hanno insegnato agli Israeliti l'infedeltà verso il Signore, nella faccenda di Peor, per cui venne il flagello nella comunità del Signore.17Ora uccidete ogni maschio tra i fanciulli e uccidete ogni donna che si è unita con un uomo;18ma tutte le fanciulle che non si sono unite con uomini, conservatele in vita per voi.19Voi poi accampatevi per sette giorni fuori del campo; chiunque ha ucciso qualcuno e chiunque ha toccato un cadavere si purifichi il terzo e il settimo giorno; questo per voi e per i vostri prigionieri.20Purificherete anche ogni veste, ogni oggetto di pelle, ogni lavoro di pelo di capra e ogni oggetto di legno".
21Il sacerdote Eleazaro disse ai soldati che erano andati in guerra: "Questo è l'ordine della legge che il Signore ha prescritto a Mosè:22L'oro, l'argento, il rame, il ferro, lo stagno e il piombo,23quanto può sopportare il fuoco, lo farete passare per il fuoco e sarà reso puro; ma sarà purificato anche con l'acqua della purificazione; quanto non può sopportare il fuoco, lo farete passare per l'acqua.24Vi laverete le vesti il settimo giorno e sarete puri; poi potrete entrare nell'accampamento".

25Il Signore disse a Mosè:26"Tu, con il sacerdote Eleazaro e con i capi dei casati della comunità, fa' il censimento di tutta la preda che è stata fatta: della gente e del bestiame;27dividi la preda fra i combattenti che sono andati in guerra e tutta la comunità.28Dalla parte spettante ai soldati che sono andati in guerra preleverai un contributo per il Signore: cioè l'uno per cinquecento delle persone e del grosso bestiame, degli asini e del bestiame minuto.29Lo prenderete sulla metà di loro spettanza e lo darai al sacerdote Eleazaro come offerta da fare con il rito di elevazione in onore del Signore.30Della metà che spetta agli Israeliti prenderai l'uno per cinquanta delle persone del grosso bestiame, degli asini e del bestiame minuto; lo darai ai leviti, che hanno la custodia della Dimora del Signore".
31Mosè e il sacerdote Eleazaro fecero come il Signore aveva ordinato a Mosè.32Ora il bottino, cioè tutto ciò che rimaneva della preda fatta da coloro che erano stati in guerra, consisteva in seicentosettantacinquemila capi di bestiame minuto,33settantaduemila capi di grosso bestiame,34sessantunmila asini35e trentaduemila persone, ossia donne che non si erano unite con uomini.36La metà, cioè la parte di quelli che erano andati in guerra, fu di trecentotrentasettemilacinquecento capi di bestiame minuto,37dei quali seicentosettantacinque per il tributo al Signore;38trentaseimila capi di grosso bestiame, dei quali settantadue per l'offerta al Signore;39trentamilacinquecento asini, dei quali sessantuno per l'offerta al Signore,40e sedicimila persone, delle quali trentadue per l'offerta al Signore.41Mosè diede al sacerdote Eleazaro il contributo dell'offerta prelevata per il Signore, come il Signore gli aveva ordinato.42La metà che spettava agli Israeliti, dopo che Mosè ebbe fatto la spartizione con gli uomini andati in guerra,43la metà spettante alla comunità fu di trecentotrentasettemilacinquecento capi di bestiame minuto,44trentaseimila capi di grosso bestiame,45trentamilacinquecento asini46e sedicimila persone.47Da questa metà che spettava agli Israeliti, Mosè prese l'uno per cinquanta degli uomini e degli animali e li diede ai leviti che hanno la custodia della Dimora del Signore, come il Signore aveva ordinato a Mosè.
48I comandanti delle migliaia dell'esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, si avvicinarono a Mosè e gli dissero:49"I tuoi servi hanno fatto il computo dei soldati che erano sotto i nostri ordini e non ne manca neppure uno.50Per questo portiamo, in offerta al Signore, ognuno quello che ha trovato di oggetti d'oro: bracciali, braccialetti, anelli, pendenti, collane, per il rito espiatorio per le nostre persone davanti al Signore".51Mosè e il sacerdote Eleazaro presero dalle loro mani quell'oro, tutti gli oggetti lavorati.
52Tutto l'oro dell'offerta, che essi consacrarono al Signore con il rito dell'elevazione, da parte dei capi di migliaia e dei capi di centinaia, pesava sedicimilasettecentocinquanta sicli.53Gli uomini dell'esercito si tennero il bottino che ognuno aveva fatto per conto suo.54Mosè e il sacerdote Eleazaro presero l'oro dei capi di migliaia e di centinaia e lo portarono nella tenda del convegno come memoriale per gli Israeliti davanti al Signore.


Salmi 110

1'Di Davide. Salmo.'

Oracolo del Signore al mio Signore:
"Siedi alla mia destra,
finché io ponga i tuoi nemici
a sgabello dei tuoi piedi".

2Lo scettro del tuo potere
stende il Signore da Sion:
"Domina in mezzo ai tuoi nemici.
3A te il principato
nel giorno della tua potenza
tra santi splendori;
dal seno dell'aurora,
come rugiada, io ti ho generato".

4Il Signore ha giurato
e non si pente:
"Tu sei sacerdote per sempre
al modo di Melchisedek".
5Il Signore è alla tua destra,
annienterà i re nel giorno della sua ira.
6Giudicherà i popoli:
in mezzo a cadaveri
ne stritolerà la testa su vasta terra.

7Lungo il cammino si disseta al torrente
e solleva alta la testa.


Salmi 40

1'Al maestro del coro. Di Davide. Salmo.'

2Ho sperato: ho sperato nel Signore
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
3Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
4Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo,
lode al nostro Dio.

Molti vedranno e avranno timore
e confideranno nel Signore.
5Beato l'uomo che spera nel Signore
e non si mette dalla parte dei superbi,
né si volge a chi segue la menzogna.
6Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio,
quali disegni in nostro favore:
nessuno a te si può paragonare.
Se li voglio annunziare e proclamare
sono troppi per essere contati.

7Sacrificio e offerta non gradisci,
gli orecchi mi hai aperto.
Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa.
8Allora ho detto: "Ecco, io vengo.
Sul rotolo del libro di me è scritto,
9che io faccia il tuo volere.
Mio Dio, questo io desidero,
la tua legge è nel profondo del mio cuore".

10Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea;
vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai.
11Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore,
la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato.
Non ho nascosto la tua grazia
e la tua fedeltà alla grande assemblea.

12Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia,
la tua fedeltà e la tua grazia
mi proteggano sempre,
13poiché mi circondano mali senza numero,
le mie colpe mi opprimono
e non posso più vedere.
Sono più dei capelli del mio capo,
il mio cuore viene meno.

14Degnati, Signore, di liberarmi;
accorri, Signore, in mio aiuto.
15Vergogna e confusione
per quanti cercano di togliermi la vita.
Retrocedano coperti d'infamia
quelli che godono della mia sventura.
16Siano presi da tremore e da vergogna
quelli che mi scherniscono.

17Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano,
dicano sempre: "Il Signore è grande"
quelli che bramano la tua salvezza.
18Io sono povero e infelice;
di me ha cura il Signore.
Tu, mio aiuto e mia liberazione,
mio Dio, non tardare.


Ezechiele 29

1Il dodici del decimo mese, anno decimo, mi fu rivolta questa parola del Signore:2"Figlio dell'uomo, rivolgiti contro il faraone re d'Egitto e profetizza contro di lui e contro tutto l'Egitto.3Parla dunque dicendo: Così dice il Signore Dio:

Eccomi contro di te, faraone re d'Egitto;
grande coccodrillo, sdraiato in mezzo al fiume,
hai detto: Il fiume è mio, è mia creatura.
4Metterò ganci alle tue mascelle
e farò sì che i pesci dei tuoi fiumi
ti si attacchino alle squame
e ti farò uscire dalle tue acque
insieme con tutti i pesci dei tuoi fiumi
attaccati alle squame;
5getterò nel deserto te
e tutti i pesci dei tuoi fiumi
e andrai a cadere in mezzo alla campagna
e non sarai né raccolto né sepolto:
ti darò in pasto alle bestie selvatiche
e agli uccelli del cielo.
6Tutti gli abitanti dell'Egitto
sapranno che io sono il Signore,
poiché tu sei stato un sostegno di canna
per gli Israeliti.
7Quando questi ti vollero afferrare
ti rompesti lacerando loro tutta la spalla
e quando si appoggiarono a te, ti spezzasti
facendo vacillare loro tutti i fianchi".

8Perciò dice il Signore Dio: "Ecco, io manderò contro di te una spada ed eliminerò da te uomini e bestie.9L'Egitto diventerà un luogo desolato e deserto e sapranno che io sono il Signore. Perché egli ha detto: Il fiume è mio, è mia creatura.10Ebbene eccomi contro di te e contro il tuo fiume. Io farò dell'Egitto, da Migdòl ad Assuan, fino alla frontiera d'Etiopia, una terra deserta e desolata.11Piede d'uomo o d'animale non vi transiterà e rimarrà deserto per quarant'anni.12Ridurrò l'Egitto una terra desolata fra le terre assolate e le sue città saranno distrutte, rimarranno una desolazione per quarant'anni e disperderò gli Egiziani fra le genti e li disseminerò fra altre regioni".
13Perché dice il Signore Dio: "Al termine dei quarant'anni io radunerò gli Egiziani dai popoli in mezzo ai quali li avevo dispersi:14muterò la loro sorte e li ricondurrò nel paese di Patròs, nella loro terra d'origine, e lì formeranno un piccolo regno;15sarà il più modesto fra gli altri regni e non si ergerà più sugli altri popoli: li renderò piccoli e non domineranno più le altre nazioni.16Non costituiranno più una speranza per gli Israeliti, anzi ricorderanno loro l'iniquità di quando si rivolgevano ad essi: sapranno allora che io sono il Signore Dio".
17Ora, il primo giorno del primo mese dell'anno ventisettesimo, mi fu rivolta questa parola del Signore:18"Figlio dell'uomo, Nabucodònosor re di Babilonia ha fatto compiere al suo esercito una grave impresa contro Tiro: ogni testa è diventata calva e ogni spalla è piagata, ma il re e il suo esercito non hanno ricevuto da Tiro il compenso per l'impresa compiuta contro di essa.19Perciò così dice il Signore Dio: Ecco, io consegno a Nabucodònosor re di Babilonia il territorio d'Egitto; porterà via le sue ricchezze, si impadronirà delle sue spoglie, lo saccheggerà; questa sarà la mercede per il suo esercito.20Per l'impresa compiuta contro Tiro io gli consegno l'Egitto, poiché l'ha compiuta per me. Oracolo del Signore Dio.
21In quel giorno io farò spuntare un potente per la casa d'Israele e a te farò aprire la bocca in mezzo a loro: sapranno che io sono il Signore".


Lettera ai Romani 10

1Fratelli, il desiderio del mio cuore e la mia preghiera sale a Dio per la loro salvezza.2Rendo infatti loro testimonianza che hanno zelo per Dio, ma non secondo una retta conoscenza;3poiché, ignorando la giustizia di Dio e cercando di stabilire la propria, non si sono sottomessi alla giustizia di Dio.4Ora, il termine della legge è Cristo, perché sia data la giustizia a chiunque crede.

5Mosè infatti descrive la giustizia che viene dalla legge così: 'L'uomo che la pratica vivrà per essa'.6Invece la giustizia che viene dalla fede parla così: 'Non dire nel tuo cuore: Chi salirà al cielo'? Questo significa farne discendere Cristo;7oppure: 'Chi discenderà nell'abisso'? Questo significa far risalire Cristo dai morti.8Che dice dunque? 'Vicino a te è la parola, sulla tua bocca e nel tuo cuore': cioè la parola della fede che noi predichiamo.9Poiché se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo.10Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza.11Dice infatti la Scrittura: 'Chiunque crede in lui non sarà deluso'.12Poiché non c'è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che l'invocano.13Infatti: 'Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato'.

14Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in lui? E come potranno credere, senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?15E come lo annunzieranno, senza essere prima inviati? Come sta scritto: 'Quanto son belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene'!
16Ma non tutti hanno obbedito al vangelo. Lo dice Isaia: Signore, 'chi ha creduto alla nostra predicazione'?17La fede dipende dunque dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo.18Ora io dico: Non hanno forse udito? Tutt'altro:

'per tutta la terra è corsa la loro voce,
e fino ai confini del mondo le loro parole'.

19E dico ancora: Forse Israele non ha compreso? Già per primo Mosè dice:

'Io vi renderò gelosi di un popolo che non è popolo;
contro una nazione senza intelligenza
susciterò il vostro sdegno'.

20Isaia poi arriva fino ad affermare:

'Sono stato trovato da quelli che non mi cercavano,
mi sono manifestato a quelli che non si rivolgevano a
me',

21mentre di Israele dice: 'Tutto il giorno ho steso le mani verso un popolo disobbediente e ribelle'!


Capitolo XV: Come comportarci e che cosa dire di fronte e ogni nostro desiderio

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1. Figliolo, così tu devi dire in ogni cosa: Signore, se questa è la tua volontà, così si faccia. Signore, se questo è per tuo amore, così si faccia, nel tuo nome. Signore, se questo ti parrà necessario per me, e lo troverai utile, fa' che io ne usi per il tuo onore; se invece comprenderai che questo è male per me e non giova alla mia salvezza, toglimi questo desiderio. Infatti, non tutti i desideri vengono dallo Spirito Santo, anche se a noi appaiono retti e buoni. E' difficile giudicare veramente se sia uno spirito buono, o uno spirito contrario, che ti spinge a desiderare questa o quell'altra cosa; oppure se tu sia mosso da un sentimento personale. Molti, che dapprima sembravano guidati da sentimento buono, alla fine si sono trovati ingannati. Perciò ogni cosa che balza alla mente come desiderabile sempre la si deve volere e cercare con animo pieno di timor di Dio e con umiltà di cuore. Soprattutto, ogni cosa va rimessa a me, con abbandono di se stessi, dicendo: Signore, tu sai cosa sia meglio per me. Si faccia così, o altrimenti, secondo la tua volontà. Dammi quello che vuoi, e quanto vuoi e quando vuoi. Disponi di me secondo la tua sapienza, la tua volontà e la tua maggior gloria. Mettimi dove tu vuoi, e fai con me quello che vuoi, liberamente. Sono nelle tue mani; fammi rigirare per ogni verso. Ecco, io sono il tuo servo, disposto a tutto, perché non voglio vivere per me ma per te: e volesse il cielo che ciò fosse in modo degno e perfetto.

Preghiera perché riusciamo a compiere la volontà di Dio.

3. Amorosissimo Gesù, dammi la tua grazia, perché "sia operante in me" (Sap 9,10) e in me rimanga sino alla fine. Dammi di desiderare e di volere ciò che più ti è gradito, e più ti piace. La tua volontà sia la mia volontà; che io la segua e che ad essa mi confermi pienamente; che io abbia un solo volere e disvolere con te; che io possa desiderare o non desiderare soltanto quello che tu desideri e non desideri. Dammi di morire a tutte le cose del mondo; fammi amare di esser disprezzato per causa tua, e di essere dimenticato in questo mondo. Fammi bramare sopra ogni altra cosa di avere riposo in te, e di trovare in te la pace del cuore. Tu sei la vera pace interiore, tu sei il solo riposo; fuori di te ogni cosa è aspra e tormentosa. "In questa pace, nella pace vera, cioè in te, unico sommo eterno bene, avrà riposo e quiete" (Sal 4,9). Amen.


DISCORSO 252 NEI GIORNI DI PASQUA

Discorsi - Sant'Agostino

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Le due pésche miracolose suscettibili di interpretazioni diverse.

1. Nelle Sacre Scritture il nostro Signore Gesù Cristo, secondo il suo solito, ci mostra in modi diversi e svariati - con misteri e sacramenti - la maestà della sua natura divina e la sua misericordia nel farsi uomo. Fa così perché coloro che chiedono ricevano, quelli che cercano trovino e a chi bussa sia aperto. Di conseguenza, anche quello che è stato letto oggi dal santo Vangelo provoca a comprendere e, una volta che sia stato compreso, produce un godimento spirituale. Voglia la Santità vostra fare attenzione al significato del fatto che, stando alla Sacra Scrittura, il Signore si sia manifestato ai discepoli nel modo come racconta l'Evangelista. I discepoli andarono a pescare e durante tutta la notte non presero nulla. Al mattino il Signore apparve loro sulla spiaggia e chiese se avessero da mangiare: al che essi risposero di no. Disse loro: Gettate le reti a destra e troverete 1. Pur sembrando uno venuto a comprare, fu lui a donare, e gratuitamente, con abbondanza e donò traendo dal mare, come da un luogo da lui creato. Grande miracolo certamente! Gettarono prontamente le reti e presero tanto pesce che, per la quantità, non riuscivano a trarre fuori le reti. Se però consideri chi abbia fatto un così strepitoso miracolo, non ti meraviglierai più, poiché antecedentemente ne aveva fatti molti e più grandi. Non compì infatti una cosa straordinaria facendo catturare del pesce quando era ormai risuscitato, lui che prima della resurrezione aveva risuscitato dei morti. Dobbiamo dunque porre sotto interrogatorio questo miracolo, per sentire quali voci faccia risuonare al nostro intimo. Non fu infatti senza motivo se non disse genericamente: Gettate le reti, ma: Gettate a destra; come anche l'averci l'Evangelista voluto precisare il numero dei pesci e apporvi l'aggiunta: E pur essendo d'una certa mole - cioè così grandi - le reti non si squarciarono 2. Mediante questo racconto ci ha fatto ricordare che anche un'altra volta le reti erano state gettate al comando del Signore, quando cioè chiamò i discepoli, prima della passione. Vi erano Pietro, Giovanni e Giacomo: gettarono le reti e presero pesci a non finire, tanto che, riempita una barca, chiesero aiuto a quelli della barca vicina, e tutte e due le barche furono colme di pesci (così accadde prima della resurrezione), i quali pesci erano effettivamente così numerosi che minacciavano di squarciare le reti 3. Perché in quell'occasione non ci si precisa il numero? Perché là si parla di reti che stavano per rompersi, mentre qui nessuna rottura? Perché, al contrario di quello che là si riferisce, che cioè non fu ordinato di gettare a destra le reti, qui si dice: Gettate a destra le reti? Un motivo ci dev'essere, poiché il Signore in queste cose non si comportava, diciamo così, a vanvera e a cuor leggero. Cristo è il Verbo di Dio, e parla agli uomini non solo quando emette dei suoni ma anche quando compie dei fatti.

Le reti sono la parola di Dio, il mare è il mondo.

2. Ci si impone dunque di analizzare insieme alla vostra Carità il significato di racconti così diversi. La prima volta si gettarono le reti e fu presa una quantità stragrande di pesci: ne furono riempite due barche sì che le reti si rompevano (delle quali reti però non ci si dice se furono gettate a destra o a sinistra). Ebbene il mistero di quella pesca si attua nel tempo presente. Quanto all'altro mistero, non fu senza motivo che avvenne dopo la resurrezione del Signore. Egli lo compì quando non sarebbe mai più morto ma sarebbe restato sempre in vita, non solo quanto alla divinità, nella quale non subì mai la morte, ma anche quanto al corpo, nel quale si degnò di morire per noi. Non fu dunque senza motivo se la prima pesca avvenne prima della passione, mentre la seconda dopo la resurrezione. La prima volta non si parla né di destra né di sinistra, ma si dice solo: Gettate le reti 4, qui viceversa: Gettate a destra 5. Là non si indica alcun numero ma si dice soltanto che la quantità era tanta da far quasi affondare le due barche (poiché proprio questo particolare ivi è aggiunto); qui si precisano e il numero dei pesci e il fatto che erano grossi pesci. Là, infine, si dice che le reti minacciavano di rompersi, qui l'Evangelista si premura di segnalare che, pur essendo così grossi, le reti non si squarciarono. Non ci è forse spontaneo, fratelli, vedere nella rete la parola di Dio, nel mare il mondo presente, e in coloro che sono inclusi in quella rete, tutti coloro che vengono alla fede? Se qualcuno dubita di questa interpretazione, osservi come lo stesso Signore, quel che palesò attraverso il miracolo, lo spiegò nella parabola quando disse: Il regno dei cieli è simile a una rete gettata in mare, che raccoglie ogni sorta di pesci. Riempita che fu, la tirarono fuori e la distesero sulla spiaggia. Sedendo sulla spiaggia, scelsero i pesci buoni e li misero nei cesti, mentre buttarono via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Usciranno gli angeli e separeranno i cattivi di fra mezzo ai giusti, e li getteranno nella fornace di fuoco, dove ci saranno pianto e stridore di denti 6. Pertanto è indubitato che la rete gettata in mare simboleggia la fede. O che forse non è un mare il mondo attuale, dove gli uomini si divorano a guisa di pesci? O son forse piccole le tempeste e le onde, cioè le tentazioni, che sconvolgono questo mare? O son forse piccoli i pericoli che debbono affrontare i naviganti, cioè coloro che aspirano a raggiungere la patria celeste lasciandosi portare dal legno della croce? La similitudine, tutto sommato, è evidentissima.

Le due barche raffigurano i chiamati dal giudaismo e dal paganesimo.

3. Dato per scontato che la resurrezione del Signore raffigura la via nuova che possederemo quando sarà passato il tempo presente, una cosa sola dobbiamo vedere, fratelli, cioè come la prima volta la parola di Dio sia stata inviata in questo mare che è il mondo attuale. La parola di Dio fu inviata in questo mondo turbato da marosi, pericoloso per le tempeste e tormentoso per i naufragi: e tale parola conquistò molti, tanto da riempire due barche. Cosa sono le due barche? Sono due popoli: quei due popoli dei quali, come se fossero due pareti, si è costituito pietra angolare il Signore, e così li ha riuniti in sé pur provenendo da direzioni opposte. Il popolo dei Giudei veniva infatti da costumanze del tutto diverse da quelle del popolo dei gentili, che proveniva dall'idolatria. Il popolo dei Giudei veniva dalla circoncisione, il popolo dei gentili dalla incirconcisione. Venivano da direzioni opposte ma nella pietra angolare furono congiunti in unità 7. Non farebbero infatti angolo due pareti che non provenissero da direzione opposta. Ebbene, i due popoli (i Giudei chiamati da vicino e i pagani chiamati da lontano) in Cristo trovarono l'accordo. Quanto poi ai Giudei, che erano vicini - già da tempo infatti adoravano un solo Dio -, nota cosa fecero quando abbracciarono la fede in Cristo: vendettero tutto quello che avevano e deposero il prezzo dei campi venduti ai piedi degli Apostoli, e se ne facevano delle elargizioni secondo il bisogno di ciascuno 8. Furono liberati dal peso dei loro interessi mondani, sicché senza gravami sulle spalle potevano seguire Cristo. Sottomisero il collo al suo giogo leggero e buttandosi in braccio alla pietra angolare, a cui si trovavano vicini, ottennero la pace. Ma ecco che, sia pur da lontano, venne anche il popolo dei gentili, raggiunse anch'esso quella pietra e combaciò con l'altro pacificamente. Questi due popoli erano simboleggiati in quelle due barche, che, riempite da tanta copia di pesci, stavano lì lì per affondare. Leggiamo infatti che, tra quei Giudei che erano venuti alla fede, c'erano degli uomini carnali che causavano angustie in seno alla Chiesa: non volevano che gli Apostoli predicassero il Vangelo ai pagani affermando che Cristo era stato mandato per i soli circoncisi e che i pagani, se avessero voluto abbracciare il Vangelo, prima si sarebbero dovuti circoncidere. Per questo motivo quelli tra i Giudei che erano venuti alla fede avevano preso a odiare l'apostolo Paolo, che pur predicava la verità, in quanto era stato mandato ai pagani 9. L'Apostolo infatti sosteneva che il popolo pagano, proveniente da direzione opposta, dovesse giungere anch'esso a toccare quell'angolo dove la pace era ben salda. Viceversa quegli uomini carnali che esigevano la circoncisione non rientravano nel numero degli uomini spirituali e non riuscivano a vedere come, sorpassati i sacramenti d'indole carnale, era ormai arrivato colui che con la sua presenza luminosa metteva in fuga le ombre. In quanto dunque essi provocavano discordie, possiamo dire che, con la loro stessa moltitudine, stavano per sommergere la barca.

Mali che affliggono la Chiesa peregrinante.

4. Volgiamo adesso lo sguardo alla nave formata dai pagani, e osserviamo se per caso non se ne sia raccolta nella Chiesa una folla così numerosa che, fra la tanta paglia, appaiano sì o no i grani di frumento che vi sono frammisti. Quanti ladri, quanti ubriaconi, quanti maldicenti, quanti frequentatori del teatro! Non sono forse gli stessi che riempiono le chiese che poi vanno a riempire i teatri? E spesse volte nelle chiese a forza di turbolenze esigono cose sul tipo di quelle che sono soliti esigere nei teatri. Che se a volte si dice loro, o si ingiunge, qualcosa di spirituale, oppongono resistenza, ricalcitrano, asserviti come sono alla carne e riottosi contro lo Spirito Santo. È l'atteggiamento che Stefano rimproverava anche ai Giudei 10. Limitandoci a questa città, non abbiamo dovuto sperimentare fatti che, come noi, così anche la vostra Santità, fratelli miei, ancora ricorda? Mi riferisco al grave pericolo da noi corso quando Dio volle escludere da questa basilica le ubriachezze. Non accadde forse che, per la turbolenza di certi uomini carnali, la barca stesse per affondare insieme con noi? Ma perché questo, se non perché quel numero di pesci era strabocchevole? Ancora: nel Vangelo si racconta pure un altro particolare, e cioè che le reti si squarciavano: reti squarciate, nel senso che avvennero eresie e scismi. Le reti, è vero, includono tutti i pesci, ma fra questi ce ne sono alcuni insofferenti, che ricusano di venire a nutrirsi del Signore, o, per quanto possono, si dànno spintoni, finché le reti non si son rotte ed essi possono uscire. È però ben chiaro che le reti si estendono in tutto il mondo, mentre coloro che le rompono le rompono solo in qualche parte. I donatisti le han rotte in Africa, gli ariani in Egitto, i fotiniani nella Pannonia, i catafrigi nella Frigia, i manichei in Persia. In quanti luoghi quella gran rete è stata squarciata! Eppure, quanti vi restano dentro, sa portarli a riva. E di fatto ce li porta. O che forse, squarciate le reti, se ne escono tutti i cattivi? Poiché, se a uscire non sono se non i cattivi, a rimanere ci sono tanto i buoni che i cattivi. Come farebbe, se no, ad arrivare alla spiaggia, carica di pesci buoni e di pesci cattivi, quella rete di cui parlava il Signore nella parabola?

Paglia e buon grano frammisti fino al ritorno del Signore.

5. Lo stesso contenuto figurativo ritroviamo anche in quell'aia dove avviene la trebbiatura. C'è la paglia, c'è il frumento, ma a chi guarda superficialmente l'aia non appare se non la paglia. Per vedere in mezzo alla paglia anche al frumento occorre un esame diligente. I venti poi da ogni parte s'abbattono su quell'aia: anche durante la trebbiatura, prima di procedere per la vagliatura, forse che non si han da subire i venti? Soffia da una parte il vento, e, per modo di dire, solleva la paglia da una parte; soffia di nuovo e la solleva dall'altra. Da qualsiasi parte soffi, solleva la paglia e la scaraventa contro la siepe e le spine e per ogni dove. Il vento però non può alzare da terra il frumento, alza solo la paglia. Ecco dunque che arrivano i venti soffiando da tutte le direzioni e portano via la paglia: rimarrà forse nell'aia soltanto il frumento? Non vola via se non la paglia, è vero, ma nell'aia rimangono ancora e paglia e frumento. Quando scomparirà del tutto la paglia? Quando verrà il Signore portando in mano il ventilabro e sgombrerà la sua aia, sistemando il grano nel magazzino e bruciando la paglia col fuoco inestinguibile 11. Voglia la vostra Santità prestarmi più attenzione in quello che voglio dirvi. Talvolta capita che i venti, che spazzano via la paglia dall'aia, cambino direzione, soffino dall'altra parte della siepe dove la paglia s'era posata e la riportino proprio sull'aia. Vi faccio un esempio. Un tizio appartenente alla Cattolica subisce la prova di una qualche oppressione; guardando con occhi carnali si accorge che in quella sua faccenda può essere aiutato presso i donatisti. Gli è stato detto: Non troverai aiuto se non ti metterai in comunione con loro. Ha soffiato il vento e lo ha scaraventato fra le spine. Se gli capita in seguito un interesse mondano di cui non possa venire a capo se non nell'ambito della Chiesa cattolica, non farà gran caso al posto dove si trova ma a quello dove potrà più agevolmente sistemare i suoi interessi. Sarà ributtato dentro l'aia del Signore come da un vento che soffi dalla parte opposta della siepe.
Alla paglia è dato, se vuole, cambiarsi in frumento.

6. Fatemi parlare, fratelli, di questa gente che nella Chiesa va alla ricerca di risultati materiali e non ha di mira le promesse di Dio. Non ricordano, costoro, come quaggiù ci son riservati prove, pericoli, difficoltà, mentre, al termine di questi disagi temporali, ci è promesso il riposo eterno in compagnia con gli angeli santi. Non avendo di mira queste cose ma aspirando a beni materiali, sia che si trovino dentro l'aia sia che si trovino fuori, per la Chiesa sono paglia; e noi nei loro riguardi non è che ne proviamo grande gioia e neppure li lusinghiamo con infondate adulazioni. Buon per loro se diventeranno frumento, poiché fra la paglia in senso proprio e queste persone là c'è questa differenza: la paglia vera e propria non ha il libero arbitrio mentre all'uomo Dio ha dato questo libero arbitrio. E l'uomo, se lo vuole, come ieri fu paglia così oggi può diventare buon grano. Allo stesso modo, se si allontanerà dalla parola di Dio, oggi diventerà paglia. Quello pertanto che occorre ricercare è come ci troverà il giorno dell'ultima vagliatura.

Nella Chiesa celeste ci saranno solo i buoni.

7. A questo punto, fratelli, volgete lo sguardo a quella Chiesa beata, misteriosa, grande, raffigurata dai centocinquantatrè pesci. Se, infatti, della Chiesa presente abbiamo udito e sappiamo e constatiamo come sia, dell'altra, quella dell'aldilà, abbiamo solo profezie: non è ancora pervenuta a noi in maniera tangibile. Comunque, sebbene non la vediamo ancora realizzata, ci è sempre lecito godere di come sarà. E torniamo alle reti. La prima volta furono gettate senza che si specificasse se a destra o a sinistra: dovevano infatti prendere pesci buoni e pesci cattivi. Se fosse stato detto: A destra, non ci sarebbero stati compresi i cattivi; se fosse stato detto: A sinistra, non ci sarebbero stati compresi i buoni. Siccome però doveva includere e i buoni e i cattivi, furono gettate in modo imprecisato, e, come abbiamo esposto, catturarono di fatto gli iniqui e i giusti. Nella lezione presente invece si parla della Chiesa che esisterà nella santa Gerusalemme, dove saranno palesi i cuori di tutti i mortali e non ci sarà più da temere che in quella Chiesa entri alcun cattivo, qualcuno che abbia un cuore perverso e con astuzia lo nasconda sotto il velo della mortalità. Allora sarà venuto il Signore e, a significare questo, egli già risorto per non più morire dà il comando di gettare le reti a destra. Si realizza quindi il detto dell'Apostolo: Finché non sarà venuto il Signore che illuminerà i nascondigli tenebrosi e manifesterà le intenzioni del cuore, e allora ciascuno riceverà da Dio la sua lode 12. Saranno, cioè, allora resi pubblici i segreti della coscienza, che ora sono occulti. Allora saranno nella rete solo i buoni, i cattivi saranno gettati via. Le reti infatti saranno calate a destra e non potranno contenere i cattivi.

Perché centocinquantatré pesci.

8. Ma perché centocinquantatré pesci? Forse che i santi saranno in tal numero? In realtà, anche senza computare tutti i fedeli che uscirono da questo mondo in santità di vita, ma soltanto i martiri o anche i martiri che furono uccisi in un solo giorno, troveremo che le persone giunte alla corona sono migliaia. Bisogna dunque ricercare - è ovvio! - cosa rappresenti quel centocinquantatré 13. Che rappresenta il cinquanta? poiché il mistero è in questo numero cinquanta, e in quanto moltiplicato per tre fa centocinquanta. Il numero tre infatti sembra esservi stato aggiunto per segnalarci attraverso quale moltiplicazione si arrivi a, centocinquantatré, come se ci si dicesse: Dividi il centocinquanta in tre. Che se invece fosse stato detto centocinquantadue, dal numero due che eccede saremmo avvertiti a dividere centocinquanta in settantacinque, poiché settantacinque moltiplicato per due fa centocinquanta. Questa divisione per due la indicherebbe lo stesso numero due che viene aggiunto. Se avesse detto centocinquantasei, avremmo dovuto dividere la somma per venticinque in modo da ottenere sei parti. Orbene, siccome è stato precisato centocinquantatré, dobbiamo dividere quel numero, cioè centocinquanta in tre parti: difatti la terza parte di centocinquanta è cinquanta. Ne segue che tutta la nostra attenzione deve fermarsi sul numero cinquanta.

L'eterno Alleluia dei beati.

9. Non si tratterà per caso dei cinquanta giorni che stiamo attualmente celebrando? Non è infatti senza motivo, miei fratelli, che la Chiesa conserva la consuetudine, tramandataci dagli antichi, di far ripetere in questi cinquanta giorni l'Alleluia. Che se questo Alleluia significa " lode a Dio ", viene con ciò indicata a noi, ora nell'affanno, la condizione di quando saremo nella pace. Quando infatti sarà terminato il nostro affanno di adesso e noi avremo raggiunto quella pace, la nostra unica occupazione sarà la lode di Dio: lassù non faremo altro se non dire: Alleluia. Che vuol dire: Alleluia? Lodate Dio. Ebbene, chi, se non gli angeli, potrà lodare Dio senza esaurirsi? Gli angeli non hanno né fame, né sete, non sono soggetti né a malattia né a morte. Quanto a noi, invece, è vero che abbiamo detto: Alleluia, che l'abbiamo cantato anche stamani in questa basilica; e anche poco fa, dopo che ci eravamo radunati, abbiamo detto: Alleluia. Ci ha raggiunto una specie di olezzo della lode divina e della quiete celeste; ma in proporzione maggiore è ancora la mortalità a schiacciarci. Ci stanchiamo a parlare e vogliamo dare ristoro alle nostre membra; e anche se ripetiamo in maniera prolungata l'Alleluia, la stessa lode di Dio ci viene resa pesante dalla materialità del nostro corpo. La pienezza dell'Alleluia con esclusione di ogni limite l'avremo alla fine del tempo presente, quando saranno cessati i travagli. Cosa dire quindi, o fratelli? Cantiamo adesso l'Alleluia come meglio possiamo, per meritare di poterlo cantare ininterrottamente. Lassù l'Alleluia sarà nostro cibo e nostra bevanda; sarà l'Alleluia l'impegno della quiete, tutta la gioia sarà l'Alleluia, cioè la lode di Dio. Chi infatti è in grado di lodare qualcosa senza stancarsi se non chi ne gode senza alcuna noia? Orbene, di quanta forza non sarà dotata allora la nostra mente, di quanta stabilità non sarà dotato il nostro corpo, divenuto immortale, se né la mente verrà meno nel contemplare Dio dov'è immersa, né le membra si afflosceranno nell'impegno, che sarà ininterrotto, di lodare Dio?

Valore simbolico dei numeri 40 e 50.

10. Vogliamo domandarci perché in questo mistero siano solennizzati i cinquanta giorni. Il Signore dopo la resurrezione trascorse quaranta giorni con i discepoli, come narrano gli Atti degli Apostoli 14; dopo quaranta giorni ascese al cielo e dieci giorni dopo l'ascensione mandò lo Spirito Santo. Ripieni di questo Spirito, gli Apostoli e tutti quanti erano raccolti nell'unità parlarono in lingue e compirono - effondendo sempre con grande fiducia la parola di Dio 15 - quelle cose straordinarie che leggiamo e a cui aderiamo mediante la fede. Trascorse, dunque, in terra quaranta giorni con i discepoli, e prima della passione aveva digiunato quaranta giorni 16. All'infuori del Signore, di Mosè 17 e di Elia 18, non si trova detto di altri che abbiano digiunato quaranta giorni. Orbene, il Signore rappresentava il Vangelo, Mosè la legge, Elia le profezie, poiché il Vangelo ha come testimoni la legge e i profeti 19. Tanto è vero che sul monte, quando il nostro Signore Gesù volle palesare la sua gloria, stava in mezzo a Mosè e ad Elia 20. In mezzo a loro egli risplendeva in magnificenza; ai lati c'erano la legge e i profeti che fungevano da testimoni. Il numero quaranta dunque rappresenta il tempo attuale, quando cioè noi triboliamo in questo mondo; e questo perché al presente la sapienza ci viene elargita con una distribuzione delimitata dal tempo. In una maniera viene accordata la sapienza quando la si contempla nell'immortalità al di fuori dei limiti del tempo, in un'altra maniera quando si è soggetti al tempo. Ecco arrivare il periodo dei patriarchi, ma scomparvero: la loro missione fu temporanea. Non dico che temporanea fu la loro vita, poiché vivono eternamente con Dio, ma fu temporanea la missione che svolsero di dispensare la parola. Adesso infatti non ci parlano più da questa terra, per quanto le loro parole, poste in iscritto, le si leggano anche al presente. A loro tempo vennero i profeti. Vennero e se ne andarono, così come a suo tempo venne il Signore. Non che se ne sia andato lontano per quanto concerne la presenza della sua maestà: mai infatti se ne può andar lontano a motivo della divinità per la quale si trova sempre ovunque; ma, come è detto nel Vangelo, egli era nel mondo, anzi il mondo era stato creato per opera sua, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne nella sua casa, e i suoi non lo accolsero 21. In che senso era qui e qui venne, se non in quanto egli, che era qui con la maestà, vi venne prendendo l'umanità? Per il fatto d'essere venuto con la carne si rese lui stesso per noi ministro di sapienza, che calò nell'ordine temporale. Quindi la sapienza ci fu data nel tempo e dalla legge e dai profeti e dal Vangelo, in quanto libro della Scrittura. Quando poi saranno passati i tempi, vedremo la sapienza così com'è, ed essa in premio ci darà il numero dieci. Col numero sette infatti si indica la creatura, in quanto Dio compì le sue opere in sei giorni e nel settimo cessò dall'operare, mentre col numero tre si allude piuttosto al Creatore, Padre, Figlio e Spirito Santo. Ne segue che la perfezione della sapienza si ottiene quando la creatura è piamente soggetta al Creatore, quando si distingue l'autore dall'effetto prodotto, l'artefice dalla sua opera. Uno che confondesse le opere prodotte con il loro autore darebbe segno di non aver compreso né l'attività svolta né la persona che l'ha svolta; chi invece è capace di distinguere fra l'uno e l'altra dimostra di possedere la pienezza della sapienza. Ecco dunque cosa rappresenta il numero dieci: la pienezza della sapienza. Quando però se ne fa una distribuzione nel tempo - e la ripartizione sulla base del numero quattro evidenzia bene l'elemento tempo - allora il numero dieci viene moltiplicato per quattro e ci dà quaranta. Al riguardo, osservate l'anno: esso varia secondo le quattro stagioni: primavera, estate, autunno, inverno, e così nella sua durata lascia apparire in una maniera quanto mai perfetta un certo avvicendamento basato sul numero quattro. Anche la Scrittura ricorda i quattro venti; e il Vangelo, annunziato nel tempo, si è diffuso nei quattro punti cardinali. Lo stesso deve dirsi della Chiesa cattolica, che ha riempito le quattro parti del mondo. Se ne deduce che il numero dieci, trattato come qui detto, porta come risultato quaranta.

Acrobazie per stabilire un nesso fra i numeri 40, 50 e 153.

11. Ecco perché quei tre personaggi digiunarono quaranta giorni. Essi volevano inculcarci che nella vita presente è necessario astenersi dall'amore per le cose temporali. Lo inculcano col loro digiuno assoluto protratto per tal numero di giorni, cioè quaranta. Non diversamente l'antico popolo d'Israele fu condotto nel deserto per quaranta anni, prima di entrare nella terra promessa dove avrebbe stabilito il suo regno. Così anche noi, finché dura la vita presente, piena di pressanti angustie, di timori, di pericoli e tentazioni, siamo condotti, per così dire, nelle vie del deserto, in conformità a un piano d'indole temporanea. Che se avremo fatto buon uso del numero quaranta, se cioè saremo vissuti bene attuando il piano affidatoci nel tempo e ci saremo conformati ai precetti di Dio riceveremo in premio il numero dieci, riservato ai fedeli. Nominiamo il dieci perché il Signore, quando prese a giornata quegli operai e li mandò a lavorare nella sua vigna, diede loro come ricompensa un denaro: a tutti un denaro, tanto a coloro che aveva invitati al mattino, quanto a quelli del mezzogiorno, quanto a quelli del tramonto. A tutti diede un denaro 22. Vuol dirci che, se uno abbraccia la fede fin dalla prima infanzia, riceverà in premio un denaro, cioè la sapienza con la quale potrà discernere il Creatore dalla creatura, non già secondo frazionamenti temporali ma con eterna contemplazione: potrà immergersi nel godimento del Creatore, e lodarlo attraverso le cose create. Un altro invece diviene credente da giovane, mentre prima non lo era stato: riceverà anch'egli un denaro. Un terzo viene alla fede quando è ormai vecchio, è invitato a lavorare nella vigna al tramonto, cioè nell'ora undecima: anche lui riceverà un denaro. Orbene, al numero quaranta della buona amministrazione aggiungi il dieci, cioè la ricompensa: otterrai il numero cinquanta, che raffigura la Chiesa che ha da venire, la Chiesa dove si loderà Dio ininterrottamente. Siccome poi tutti si è chiamati nel nome della Trinità affinché si viva bene durante il numero quaranta e si riceva il dieci, prova a moltiplicare per tre il numero cinquanta: si avrà centocinquanta. Aggiungi lo stesso mistero della Trinità e avrai centocinquantatré, cioè il numero dei pesci che si trovarono a destra, numero nel quale son contenute innumerevoli migliaia di santi. Ovviamente, pertanto, non sarà gettato via nessun cattivo, poiché non ce ne sarà nessuno; né accadrà che le reti si rompano a motivo degli scismi, poiché tali reti son proprio i vincoli dell'unità e della pace.

Condotta da tenersi durante il periodo pasquale.

12. Ritengo esservi stato esposto a sufficienza il grande mistero. Ma voi sapete che l'importante per noi è fare il bene durante il periodo dei quaranta, in modo che nel periodo dei cinquanta possiamo lodare il Signore. Per questo celebriamo nella fatica, nel digiuno e nell'astinenza i quaranta giorni che precedono la veglia: essi simboleggiano il tempo presente. I giorni che decorrono dopo la resurrezione del Signore simboleggiano invece la gioia eterna. Non sono la gioia eterna ma la simboleggiano: si tratta di una rappresentazione misteriosa, fratelli, non ancora della realtà. Difatti, quando noi celebriamo la Pasqua non è che venga crocifisso il Signore, ma come simbolicamente celebriamo con ricordo annuale i fatti del passato così anche anticipiamo quelli dell'avvenire. Sta comunque il fatto che in questo tempo attenuiamo i digiuni: a significare che il numero di questi giorni ci rappresenta la pace che ha da venire. Badate, fratelli, che non vi succeda che, volendo celebrare questi giorni in maniera carnale, con indebito permissivismo e manica larga vi abbandoniate a ubriachezze smodate e così non meritiate di celebrare in eterno con gli angeli ciò che i giorni stessi simboleggiano. Poni che io debba rimproverare un ubriaco. Egli mi dirà: Tu stesso ci hai insegnato che questi giorni raffigurano la gioia eterna; tu ci hai lasciato intravvedere che questo tempo è il preannuncio del godimento che proveremo in cielo insieme con gli angeli. Non dovevo quindi passarmeli bene? Oh! bene sì, non male. Il periodo attuale ti rappresenta infatti la gioia eterna se sarai stato tempio di Dio. Se viceversa riempi questo tempio di Dio con la sporcizia dell'ubriachezza, dovranno risuonarti all'orecchio le parole dell'Apostolo: Chi violerà il tempio di Dio, Dio lo annienterà 23. Sia pertanto scolpito nel cuore della vostra Santità questo: è meglio un uomo che capisce poco ma vive bene anziché uno che capisce molto ma vive male. La pienezza e la perfezione della felicità consiste infatti nella prontezza a capire e nella bontà della vita; ma se le due cose insieme non si possono raggiungere, è meglio la bontà della vita che non la prontezza dell'intelligenza. E questo, perché chi vive bene meriterà una maggiore intelligenza, chi al contrario vive male perderà anche la comprensione di ciò che aveva capito. Così infatti è detto: A chi ha sarà dato; a chi non ha sarà tolto anche quello che sembrava possedesse 24.

 


1 - Gv 21, 6.

2 - Gv 21, 11.

3 - Cf. Lc 5, 1-7.

4 - Lc 5, 4.

5 - Gv 21, 6.

6 - Mt 13, 47-50.

7 - Cf. Ef 2, 11-22.

8 - Cf. At 4, 34-35.

9 - Cf. Gal 4, 16.

10 - Cf. At 7, 51.

11 - Cf. Mt 3, 12.

12 - 1 Cor 4, 5.

13 - Cf. Gv 21, 11.

14 - Cf. At 1.

15 - Cf. At 2.

16 - Cf. Mt 4, 2.

17 - Cf. Es 34, 28.

18 - Cf. 1 Re 19, 8.

19 - Cf. Rm 3, 21.

20 - Cf. Mt 17, 2-3.

21 - Gv 10, 11.

22 - Cf. Mt 20, 1-10.

23 - 1 Cor 3, 17.

24 - Mt 25, 29.


L’inondazione e la zattera salvatrice

I sogni di don Bosco - San Giovanni Bosco

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Questo sogno fu narrato da Don Bosco ai suoi giovani la sera deI 1 gennaio 1866. È stato intitolato: Avvenire della Congregazione Salesiana e sua missione salvatrice in mezzo alla gioventù. In esso Don Bosco presenta alla rapita e commossa fantasia dei suoi figliuoli il vasto panorama delle vicende della vita dello spirito colorando, con tocchi potentemente drammatici, la sorte alla quale Maria Ausiliatrice guida infallibilmente i suoi, e i tragici disastri ai quali vanno fatalmente incontro quelli che a Maria, cioè a tutto quel complesso di vita cristiana che è in essa vivente e operante, volgono stoltamente le spalle.

E un sogno suggestivo e rivelatore, capace di tonificare l’anima e di richiamarla ai suoi veri destini. In esso Don Bosco descrive un viaggio fatto in compagnia dei suoi giovani durante una improvvisa e furiosa tempesta e attraverso le acque burrascose di una spaventosa inondazione. Lo riferiamo con qualche riduzione, ma con la solita fedeltà. Don Bosco sognò di trovarsi tra i giovani del suo Oratorio, che si ricreavano allegramente in una immensa prateria; quand’ecco, all’improvviso, si videro da ogni parte circondati da una inondazione, la quale cresceva a misura che si avanzava verso di loro. Sopraffatti dal terrore, corsero a rifugiarsi in un grande mulino isolato, con le mura grosse come quelle di una fortezza. Dalle finestre si vedeva l’estensione del disastro: invece di prati, campi coltivati, orti, boschi, cascine, non si scorgeva più altro che la superficie di un lago immenso.

A misura che l’acqua cresceva, essi salivano da un piano all’altro. Perduta ogni speranza umana di salvarsi, Don Bosco prese a incoraggiare i suoi cari giovani, invitandoli a mettersi tutti con piena fiducia nelle mani di Dio e tra le braccia della loro cara Madre Maria. Quando l’acqua giunse al livello dell’ultimo piano, il terrore s’impossessò di tutti, e non videro altro scampo che quello di rifugiarsi in una grandissima zattera in forma di nave, apparsa in quel l’istante, che galleggiava vicino a loro.

Ognuno voleva rifugiarvisi per primo, ma c’era un muro che emergeva un po’ più alto del livello delle acque. C’era un solo mezzo: servirsi di un lungo e stretto tronco d’albero; ma rendeva difficile il passaggio il fatto che il tronco poggiava sul barcone e si muoveva seguendo il beccheggio della barca stessa, agitata dalle onde.

Fattosi coraggio, Don Bosco vi passò per primo; e per facilitare il trasbordo ai giovani, stabilì preti e chierici che, dal mulino, sorreggessero chi partiva e, dal barcone, dessero mano a chi arrivava.

Frattanto molti giovani impazienti, trovato un pezzo di asse abbastanza lungo e un po’ più làrgo del tronco, ne fecero un secondo ponte e, senza aspettare l’aiuto dei preti e dei chierici e non dando ascolto alle grida di Don Bosco, vi si slanciarono, ma perdendo l’equilibrio, caddero e, ingoiati da quelle torbide e putride acque, più non si videro. Anche il fragile ponte si era sprofondato con quanti vi stavano sopra. E sì grande fu il numero di quegli infelici, che un quarto dei giovani restò vittima del loro capriccio.

Quelli che si erano rifugiati sulla zattera vi trovarono una gran de quantità di pani, custoditi in molti canestri. «Quando tutti furono sulla barca — continua Don Bosco — presi il comando di capitano e dissi ai giovani: — Maria è la Stella del mare. Essa non abbandona chi in Lei confida: mettiamoci tutti sotto il suo manto; Ella ci scamperà dai pericoli e ci guiderà a porto tranquillo.

Quindi abbandonammo ai flutti la nave, che galleggiava ottimamente, mentre l’impeto delle onde, agitate dal vento, la spingeva con tale velocità, che noi, abbracciati l’un l’altro, facemmo un sol corpo per non cadere.

Percorso molto spazio in brevissimo tempo, a un tratto la barca si fermò e si mise a girare attorno a sé stessa con straordinaria rapidità, sicché pareva dovesse affondare. Ma un soffio violentissimo la spinse fuori del vortice. Prese quindi un corso più regolare e, ripetendosi ogni tanto qualche mulinello e il soffio del vento salvatore, andò a fermarsi vicino a una terra che si ergeva come una collina in mezzo a quel mare.

Molti giovani se ne invaghirono e, dicendo che il Signore aveva posto l’uomo sulla terra e non sulle acque, senza chiedere il permesso, uscirono dalla barca giubilando. Ma breve fu la loro gioia perché per un improvviso infuriare della tempesta, crebbero le acque, la collina fu inondata, ed essi scomparvero travolti dalle onde.

Io esclamai:
— È proprio vero che chi fa di sua testa, paga di sua borsa.

La zattera intanto, in balia di quel turbine, minacciava di nuovo di andare a fondo. Vidi allora i miei giovani pallidi in volto e tremanti: — Fatevi coraggio — gridai loro —, Maria non ci abbandonerà.

E unamini e di cuore ci mettemmo a pregare in ginocchio, tenendoci per mano gli uni con gli altri. Però ci furono parecchi in sensati che, indifferenti a quel pericolo, alzatisi in piedi, si aggira vano qua e là sghignazzando tra di loro e burlandosi degli atteggiamenti supplichevoli dei loro compagni.

Ed ecco che la nave si arresta all’improvviso, gira con rapidità su sé stessa e un vento furioso sbatte nelle onde quei disgraziati. Erano trenta, ed essendo l’acqua profonda e melmosa, appena vi furono dentro, più nulla si vide di loro. Noi intonammo la Salve Regina e più che mai invocammo di cuore la protezione della Stella del mare. Sopravvenne la calma, ma la nave continuava ad avanzare senza che sapessimo dove ci avrebbe condotti. A bordo intanto ferveva l’opera di salvataggio. Si faceva di tutto per impedire ai giovani di cadere nelle acque e per salvare i caduti.

Poiché vi erano di quelli che sporgendosi incautamente dalle basse sponde della zattera, cadevano nel lago; e ve ne erano anche altri che, sfacciati e crudeli, chiamando qualche compagno vicino alle sponde, con un urtone, lo gettavano giù.

Perciò vari preti preparavano canne robuste, grosse lenze e ami di varie specie. Appena cadeva un giovane, le canne si abbassavano e il naufrago si aggrappava alla lenza, oppure con l’amo resta va uncinato alla cintura o nelle vesti, e così veniva tratto in salvo. Io stavo ai piedi di un alto pennone piantato nel centro, circondato da moltissimi giovani, da preti e da chierici che eseguivano i miei ordini.

Finché i giovani furono docili e obbedienti alle mie parole, tutto andava bene: erano tranquilli, contenti, sicuri. Ma non pochi cominciarono a trovare incomoda quella zattera, a temere il viaggio troppo lungo, a lamentarsi dei pericoli e disagi di quella traversata, a disputare sul luogo ove avremmo approdato, a pensare al modo di trovare altro rifugio, e a rifiutarmi obbedienza. Invano io cercavo di persuaderli con le ragioni.

Ed ecco in vista altre zattere, che sembrava tenessero un corso diverso dal nostro; e quegli imprudenti deliberarono di secondare i loro capricci: gettarono nelle acque alcune tavole che erano nella nostra zattera, vi saltarono sopra e si allontanarono alla volta delle zattere apparse. Fu una scena indescrivibile e dolorosa per me:

vedevo quegli infelici che andavano incontro alla rovina. Soffiava il vento, i flutti erano agitati, e alcuni sprofondarono tra le spire dei vortici, altri riuscirono a salire sulle zattere, che però non tardarono a sommergersi. La notte si era fatta buia: in lontananza si udivano le grida strazianti di coloro che perivano. Naufragarono tutti. Il numero dei miei cari figliuoli era diminuito di molto, ciò nonostante continuando a confidare nella Madonna, dopo una notte tenebrosa, la nave entrò in uno stretto, tra due sponde limacciose, coperte di cespugli, di ciottoli e di rottami. Tutto intorno alla barca si vedevano tarantole, rospi, serpenti, coccodrilli, vipere e mille altri animali schifosi. Sopra salici piangenti, i cui rami pendevano sopra la nostra barca, stavano molti scimmioni che, penzolando dai rami, si sforzavano di toccare e arroncigliare i giovani; ma questi, curvandosi impauriti, schivavano quelle insidie.

Fu colà, su quel greto, che rivedemmo con grande sorpresa e orrore i poveri compagni perduti. Dopo il naufragio erano stati gettati dalle onde su quella spiaggia, contro gli scogli. Altri erano sotterrati nel padule e non se ne vedevano che i capelli e la metà d’un braccio. Qui sporgeva dal fango un dorso, più in là una testa; altrove galleggiava, interamente visibile, qualche cadavere.

Ma ben altro spettacolo si presentava ai nostri occhi. A poca distanza s’innalzava una gigantesca fornace, nella quale divampava un fuoco grande e ardentissimo. Sopra quel fuoco vi era come un gran coperchio, sul quale stavano scritte a grossi caratteri queste parole: “Il sesto e il settimo conducono qui” (cioè: il furto e l’impurità). Là vicino vi era anche una vasta prominenza di terra, ove si moveva un’altra moltitudine di nostri giovani o caduti nelle onde o allontanatisi nel corso del viaggio. Io scesi a terra, non badando al pericolo, mi avvicinai e vidi che avevano gli occhi, le orecchie, i capelli e persino il cuore pieni di insetti e di vermi schifosi, che li rosicchiavano e cagionavano loro grandissimo dolore.

Io additai a tutti una fonte che gettava in gran copia acqua fresca e ferruginosa: chiunque andava a lavarsi in quella, guariva al l’istante e poteva ritornare nella zattera. La maggior parte di quegli infelici aderì al mio invito; ma alcuni si rifiutarono. Allora io, seguìto da quelli che erano risanati, tornai alla zattera, che uscì da quello stretto dalla parte opposta a quella per cui era entrata, e si slanciò di nuovo in un oceano senza confini.

Noi, compiangendo la fine lacrimevole dei nostri compagni abbandonati in quel luogo, ci mettemmo a cantare: “Lodate Maria, o lingue fedeli”, in ringraziamento alla gran Madre celeste per averci fino allora protetti; e sull’istante, quasi al comando di Maria, cessò l’infuriare del vento e la nave prese a scorrere rapida sulle placide onde. Ed ecco comparire in cielo un’iride più meravigliosa di un’aurora boreale, sulla quale, passando, vedemmo scritto a grossi caratteri di luce la parola MEDOUM, senza intenderne il significa to. A me parve che ogni lettera fosse l’iniziale di queste parole: “Mater et Domina omnis universi Maria” (Madre e Signora di tutto l’universo Maria). Dopo un lungo tratto di viaggio, ecco spuntare terra in fondo all’orizzonte. A quella vista provammo una gioia inesprimibile. Quella terra, amenissima per boschetti con ogni specie di alberi, presentava il panorama più incantevole, perché illuminata dal so le nascente, che spandeva una luce ineffabilmente quieta e riposante, simile a quella di una splendida sera d’estate.

Finalmente, urtando contro la sabbia del lido o strisciando su di essa, la zattera si fermò all’asciutto, ai piedi di una bellissima vigna. I giovani mi guardavano come per dirmi: — Discendiamo? Al mio “Sì” fu un grido generale di gioia, e tutti entrarono in quella vigna.

Dalle viti pendevano grappoli d’uva simili a quelli della terra promessa, e sugli alberi c’era ogni sorta di frutta. In mezzo a quella vastissima vigna sorgeva un grande castello attorniato da un delizioso giardino e da forti mura. Ci fu concessa libera entrata. In un’ampia sala, tutta ornata d’oro, stava apparecchiata per noi una gran tavola con ogni sorta di cibi i più squisiti.

Ognuno poté servirsi a piacimento. Mentre finivamo di rifocillarci, entrò nella sala un nobile giovane di una bellezza indescrivibile, il quale con affettuosa e familiare cortesia ci salutò chiamandoci tutti per nome. Vedendoci meravigliati per le cose già viste, ci disse: — Questo è nulla, venite e vedrete.

Noi tutti lo seguimmo; dai parapetti delle logge egli ci fece con templare i giardini, dicendoci che erano a nostra disposizione per la ricreazione. E ci condusse di sala in sala, una più magnifica del l’altra per architettura, colonnati e ornamenti di ogni specie. Ci introdusse quindi in una splendida chiesa. Il pavimento, le mura, le volte erano ricche di marmi, di argento, d’oro e di pietre preziose. — Ma questa bellezza — esclamai — è una bellezza di paradiso. Faccio firma di rimanere qui per sempre!

In mezzo a questo gran tempio s’innalzava, sopra ricca base, una grande, magnifica statua di Maria Ausiliatrice. Attorno ad essa si raccolse la moltitudine dei giovani per ringraziare la Vergine dei tanti favori che ci aveva elargito.

Mentre i giovani stavano ammirandone la bellezza veramente celestiale, a un tratto la statua parve animarsi e sorridere. Tra la folla si levò allora un grido: — La Madonna muove gli occhi!

Maria infatti girava con ineffabile bontà i suoi occhi materni sui giovani che Le stavano intorno. Poco dopo risonò un secondo grido: — La Madonna muove le mani! «Lasciatemi solo; soffro troppo!»

La Vergine, aprendo lentamente le braccia, con le mani solleva va il manto in atto di protezione. — La Madonna muove le labbra! —. Gridarono altri in coro. Seguì un silenzio profondo, mentre gli occhi di tutti erano fissi nel volto di Maria, la quale con voce dolcissima disse: — Se voi sarete per me figliuoli devoti, io sarò per voi Madre amorosa. A queste parole cademmo in ginocchio e intonammo il canto: Lodate Maria, o lingue fedeli.

L’armonia delle voci era così forte, così soave che, sopraffatto da essa, mi svegliai; e così terminò la visione» . Di questo sogno fece qualche commento Don Bosco stesso, e confidò ai singoli che lo richiedevano il posto che occupavano in esso. L ‘immensa pianura è il mondo. L ‘inondazione, i pericoli del mondo. Il mulino rappresenta la Chiesa. Il tronco di albero che fa da ponte, la Croce. La grande zattera, la Casa di Maria, l’Oratorio. I canestri di pane, la SS. Eucaristia. I vortici impetuosi, le tentazioni. La collina che alletta molti, i desideri mondani. I sacerdoti che si prodigano al salvataggio con ami e lenze, la Confessione. Gli animali schifosi e gli scimmioni, gli allettamenti della colpa. La fonte di acqua fresca, ferruginosa, la Confessione e la Comunione. L ‘iride radiosa, Maria. Il castello, la vigna e il convito indicano la Patria. Infine Maria Ausiliatrice stessa corona l’inebriante gioia di tutti con l’assicurazione: « Se voi sarete per me figliuoli devoti, io sarò per voi Madre amorosa».

Oggi il mondo, ossia la mentalità anticristiana, è ancor più dilagante con i suoi vortici sempre più travolgenti, attraverso il progressivo annacquamento delle convinzioni e delle abitudini cristiane. Di qui l’attualità sempre viva di Don Bosco: ora che ha raggiunto la Patria, è più potente e operante di prima nell’opera di salvataggio della gioventù, pupilla dei suoi occhi.


Apparizione del 1° dicembre 1983

Vergine della Rivelazione (Tre Fontane)

«a) Tutti coloro che si mettono sotto il mio verde manto della misericordia saranno da me protetti. b) Se il mondo ascolta quello che ho sempre detto nelle mie apparizioni, la mia influenza presso la santissima Trinità non mancherà per apportare la pace sul mondo devastato dal peccato. c) Imparate da mio Figlio che ha tanto amato gli uomini della Terra da dare se stesso per salvarli. Questo è amore e come lui amò e come io vi amo in lui, per lui e con lui: amatevi, o peccatori, che io vi amo, sono vostra Madre. d) Questo che sto per dirvi è impossibile, ma ammettiamo che mio Figlio avesse rinunciato a morire in croce, ebbene avrei fatto del tutto per soffrire e morire io al suo posto. Vedete quanto vi ama una Madre che attende da voi amore per le cose sante della redenzione poste nel luogo santo fondato da Gesù: la Chiesa! e) Per tutto quello che voi fate per onorarmi, specialmente vivendo la dottrina di mio Figlio tramite la Chiesa e il suo capo visibile e pregando con fede e amore le Ave Maria, io vi prometto protezione, benedizione e misericordia. f) In ogni vostro giorno cerco con tutti i mezzi, anche col castigo, di salvare più peccatori che mi è possibile strappandoli dalle catene del peccato satanico».