Liturgia delle Ore - Letture
Venerdi della 2° settimana del Tempo di Pasqua (Sant'Atanasio)
Vangelo secondo Marco 3
1Entrò di nuovo nella sinagoga. C'era un uomo che aveva una mano inaridita,2e lo osservavano per vedere se lo guariva in giorno di sabato per poi accusarlo.3Egli disse all'uomo che aveva la mano inaridita: "Mettiti nel mezzo!".4Poi domandò loro: "È lecito in giorno di sabato fare il bene o il male, salvare una vita o toglierla?".5Ma essi tacevano. E guardandoli tutt'intorno con indignazione, rattristato per la durezza dei loro cuori, disse a quell'uomo: "Stendi la mano!". La stese e la sua mano fu risanata.6E i farisei uscirono subito con gli erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire.
7Gesù intanto si ritirò presso il mare con i suoi discepoli e lo seguì molta folla dalla Galilea.8Dalla Giudea e da Gerusalemme e dall'Idumea e dalla Transgiordania e dalle parti di Tiro e Sidone una gran folla, sentendo ciò che faceva, si recò da lui.9Allora egli pregò i suoi discepoli che gli mettessero a disposizione una barca, a causa della folla, perché non lo schiacciassero.10Infatti ne aveva guariti molti, così che quanti avevano qualche male gli si gettavano addosso per toccarlo.
11Gli spiriti immondi, quando lo vedevano, gli si gettavano ai piedi gridando: "Tu sei il Figlio di Dio!".12Ma egli li sgridava severamente perché non lo manifestassero.
13Salì poi sul monte, chiamò a sé quelli che egli volle ed essi andarono da lui.14Ne costituì Dodici che stessero con lui15e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni.
16Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose il nome di Pietro;17poi Giacomo di Zebedèo e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè figli del tuono;18e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananèo19e Giuda Iscariota, quello che poi lo tradì.
20Entrò in una casa e si radunò di nuovo attorno a lui molta folla, al punto che non potevano neppure prendere cibo.21Allora i suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; poiché dicevano: "È fuori di sé".
22Ma gli scribi, che erano discesi da Gerusalemme, dicevano: "Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del principe dei demòni".23Ma egli, chiamatili, diceva loro in parabole: "Come può satana scacciare satana?24Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi;25se una casa è divisa in se stessa, quella casa non può reggersi.26Alla stessa maniera, se satana si ribella contro se stesso ed è diviso, non può resistere, ma sta per finire.27Nessuno può entrare nella casa di un uomo forte e rapire le sue cose se prima non avrà legato l'uomo forte; allora ne saccheggerà la casa.28In verità vi dico: tutti i peccati saranno perdonati ai figli degli uomini e anche tutte le bestemmie che diranno;29ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito santo, non avrà perdono in eterno: sarà reo di colpa eterna".30Poiché dicevano: "È posseduto da uno spirito immondo".
31Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo mandarono a chiamare.32Tutto attorno era seduta la folla e gli dissero: "Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue sorelle sono fuori e ti cercano".33Ma egli rispose loro: "Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?".34Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: "Ecco mia madre e i miei fratelli!35Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre".
Deuteronomio 3
1Poi ci voltammo e salimmo per la via di Basan. Og re di Basan, con tutta la sua gente, ci venne incontro per darci battaglia a Edrei.2Il Signore mi disse: Non lo temere, perché io darò in tuo potere lui, tutta la sua gente e il suo paese; tu farai a lui quel che hai fatto a Sicon, re degli Amorrei, che abitava a Chesbon.3Così il Signore nostro Dio mise in nostro potere anche Og, re di Basan, con tutta la sua gente; noi lo abbiamo sconfitto, senza lasciargli alcun superstite.4Gli prendemmo in quel tempo tutte le sue città; non ci fu città che noi non prendessimo loro: sessanta città, tutta la regione di Argob, il regno di Og in Basan.5Tutte queste città erano fortificate, con alte mura, porte e sbarre, senza contare le città aperte, che erano molto numerose.6Noi le votammo allo sterminio, come avevamo fatto di Sicon, re di Chesbon: votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne, bambini.7Ma il bestiame e le spoglie delle città asportammo per noi come preda.
8In quel tempo, abbiamo preso ai due re degli Amorrei il paese che è oltre il Giordano, dal torrente Arnon al monte Ermon9- quelli di Sidone chiamano Sirion l'Ermon, gli Amorrei lo chiamano Senir -,10tutte le città della pianura, tutto Gàlaad, tutto Basan fino a Salca e a Edrei, città del regno di Og in Basan.11Perché Og, re di Basan, era rimasto l'unico superstite dei Refaim. Ecco, il suo letto, un letto di ferro, non è forse a Rabba degli Ammoniti? È lungo nove cubiti secondo il cubito di un uomo.
12In quel tempo abbiamo preso in possesso questo paese: ai Rubeniti e ai Gaditi diedi il territorio di Aroer, sul torrente Arnon, fino a metà della montagna di Gàlaad con le sue città.
13Alla metà della tribù di Manàsse diedi il resto di Gàlaad e tutto il regno di Og in Basan; tutta la regione di Argob con tutto Basan, che si chiamava il paese dei Refaim.14Iair, figlio di Manàsse, prese tutta la regione di Argob, sino ai confini dei Ghesuriti e dei Maacatiti, e chiamò con il suo nome i villaggi di Basan, che anche oggi si chiamano Villaggi di Iair.15Diedi Gàlaad a Machir.16Ai Rubeniti e ai Gaditi diedi da Gàlaad fino al torrente Arnon, fino alla metà del torrente che serve di confine e fino al torrente Iabbok, frontiera degli Ammoniti,17e l'Araba il cui confine è costituito dal Giordano, da Genèsaret fino al mare dell'Araba, cioè il Mar Morto, sotto le pendici del Pisga, verso l'oriente.
18Ora in quel tempo io vi diedi quest'ordine: Il Signore vostro Dio vi ha dato questo paese in proprietà. Voi tutti, uomini vigorosi, passerete armati alla testa degli Israeliti vostri fratelli.19Soltanto le vostre mogli, i vostri fanciulli e il vostro bestiame (so che di bestiame ne avete molto) rimarranno nelle città che vi ho date,20finché il Signore abbia dato una dimora tranquilla ai vostri fratelli come ha fatto per voi, e prendano anch'essi possesso del paese che il Signore vostro Dio sta per dare a loro oltre il Giordano. Poi ciascuno tornerà nel possesso che io vi ho dato.
21In quel tempo diedi anche a Giosuè quest'ordine: I tuoi occhi hanno visto quanto il Signore vostro Dio ha fatto a questi due re; lo stesso farà il Signore a tutti i regni nei quali tu stai per entrare.22Non li temete, perché lo stesso Signore vostro Dio combatte per voi.
23In quel medesimo tempo, io supplicai il Signore:24Signore Dio, tu hai cominciato a mostrare al tuo servo la tua grandezza e la tua mano potente; quale altro Dio, infatti, in cielo o sulla terra, può fare opere e prodigi come i tuoi?25Permetti che io passi al di là e veda il bel paese che è oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano.26Ma il Signore si adirò contro di me, per causa vostra, e non mi esaudì. Il Signore mi disse: Basta, non parlarmi più di questa cosa.27Sali sulla cima del Pisga, volgi lo sguardo a occidente, a settentrione, a mezzogiorno e a oriente e contempla il paese con gli occhi; perché tu non passerai questo Giordano.28Trasmetti i tuoi ordini a Giosuè, rendilo intrepido e incoraggialo, perché lui lo passerà alla testa di questo popolo e metterà Israele in possesso del paese che vedrai.
29Così ci fermammo nella valle di fronte a Bet-Peor.
Proverbi 20
1Il vino è rissoso, il liquore è tumultuoso;
chiunque se ne inebria non è saggio.
2La collera del re è simile al ruggito del leone;
chiunque lo eccita rischia la vita.
3È una gloria per l'uomo astenersi dalle contese,
attaccar briga è proprio degli stolti.
4Il pigro non ara d'autunno,
e alla mietitura cerca, ma non trova nulla.
5Come acque profonde sono i consigli nel cuore umano,
l'uomo accorto le sa attingere.
6Molti si proclamano gente per bene,
ma una persona fidata chi la trova?
7Il giusto si regola secondo la sua integrità;
beati i figli che lascia dietro di sé!
8Il re che siede in tribunale
dissipa ogni male con il suo sguardo.
9Chi può dire: "Ho purificato il cuore,
sono mondo dal mio peccato?".
10Doppio peso e doppia misura
sono due cose in abominio al Signore.
11Già con i suoi giochi il fanciullo dimostra
se le sue azioni saranno pure e rette.
12L'orecchio che ascolta e l'occhio che vede:
l'uno e l'altro ha fatto il Signore.
13Non amare il sonno per non diventare povero,
tieni gli occhi aperti e avrai pane a sazietà.
14"Robaccia, robaccia" dice chi compra:
ma mentre se ne va, allora se ne vanta.
15C'è oro e ci sono molte perle,
ma la cosa più preziosa sono le labbra istruite.
16Prendigli il vestito perché si è fatto garante per un altro
e tienilo in pegno per gli estranei.
17È piacevole all'uomo il pane procurato con frode,
ma poi la sua bocca sarà piena di granelli di sabbia.
18Pondera bene i tuoi disegni, consigliandoti,
e fa' la guerra con molta riflessione.
19Chi va in giro sparlando rivela un segreto,
non associarti a chi ha sempre aperte le labbra.
20Chi maledice il padre e la madre
vedrà spegnersi la sua lucerna nel cuore delle tenebre.
21I guadagni accumulati in fretta da principio
non saranno benedetti alla fine.
22Non dire: "Voglio ricambiare il male",
confida nel Signore ed egli ti libererà.
23Il doppio peso è in abominio al Signore
e le bilance false non sono un bene.
24Dal Signore sono diretti i passi dell'uomo
e come può l'uomo comprender la propria via?
25È un laccio per l'uomo esclamare subito: "Sacro!"
e riflettere solo dopo aver fatto il voto.
26Un re saggio passa al vaglio i malvagi
e ritorna su di loro con la ruota.
27Lo spirito dell'uomo è una fiaccola del Signore
che scruta tutti i segreti recessi del cuore.
28Bontà e fedeltà vegliano sul re,
sulla bontà è basato il suo trono.
29Vanto dei giovani è la loro forza,
ornamento dei vecchi è la canizie.
30Le ferite sanguinanti spurgano il male,
le percosse purificano i recessi del cuore.
Salmi 51
1'Al maestro del coro. Salmo. Di Davide.'
2'Quando venne da lui il profeta Natan dopo che aveva peccato con Betsabea.'
3Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;
nella tua grande bontà cancella il mio peccato.
4Lavami da tutte le mie colpe,
mondami dal mio peccato.
5Riconosco la mia colpa,
il mio peccato mi sta sempre dinanzi.
6Contro di te, contro te solo ho peccato,
quello che è male ai tuoi occhi, io l'ho fatto;
perciò sei giusto quando parli,
retto nel tuo giudizio.
7Ecco, nella colpa sono stato generato,
nel peccato mi ha concepito mia madre.
8Ma tu vuoi la sincerità del cuore
e nell'intimo m'insegni la sapienza.
9Purificami con issopo e sarò mondo;
lavami e sarò più bianco della neve.
10Fammi sentire gioia e letizia,
esulteranno le ossa che hai spezzato.
11Distogli lo sguardo dai miei peccati,
cancella tutte le mie colpe.
12Crea in me, o Dio, un cuore puro,
rinnova in me uno spirito saldo.
13Non respingermi dalla tua presenza
e non privarmi del tuo santo spirito.
14Rendimi la gioia di essere salvato,
sostieni in me un animo generoso.
15Insegnerò agli erranti le tue vie
e i peccatori a te ritorneranno.
16Liberami dal sangue, Dio, Dio mia salvezza,
la mia lingua esalterà la tua giustizia.
17Signore, apri le mie labbra
e la mia bocca proclami la tua lode;
18poiché non gradisci il sacrificio
e, se offro olocausti, non li accetti.
19Uno spirito contrito è sacrificio a Dio,
un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi.
20Nel tuo amore fa grazia a Sion,
rialza le mura di Gerusalemme.
21Allora gradirai i sacrifici prescritti,
l'olocausto e l'intera oblazione,
allora immoleranno vittime sopra il tuo altare.
Isaia 61
1Lo spirito del Signore Dio è su di me
perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annunzio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
2a promulgare l'anno di misericordia del Signore,
un giorno di vendetta per il nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti,
3per allietare gli afflitti di Sion,
per dare loro una corona invece della cenere,
olio di letizia invece dell'abito da lutto,
canto di lode invece di un cuore mesto.
Essi si chiameranno querce di giustizia,
piantagione del Signore per manifestare la sua gloria.
4Ricostruiranno le vecchie rovine,
rialzeranno gli antichi ruderi,
restaureranno le città desolate,
devastate da più generazioni.
5Ci saranno stranieri a pascere i vostri greggi
e figli di stranieri saranno vostri contadini e vignaioli.
6Voi sarete chiamati sacerdoti del Signore,
ministri del nostro Dio sarete detti.
Vi godrete i beni delle nazioni,
trarrete vanto dalle loro ricchezze.
7Perché il loro obbrobrio fu di doppia misura,
vergogna e insulto furono la loro porzione;
per questo possiederanno il doppio nel loro paese,
avranno una letizia perenne.
8Poiché io sono il Signore che amo il diritto
e odio la rapina e l'ingiustizia:
io darò loro fedelmente il salario,
concluderò con loro un'alleanza perenne.
9Sarà famosa tra i popoli la loro stirpe,
i loro discendenti tra le nazioni.
Coloro che li vedranno ne avranno stima,
perché essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto.
10Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza,
mi ha avvolto con il manto della giustizia,
come uno sposo che si cinge il diadema
e come una sposa che si adorna di gioielli.
11Poiché come la terra produce la vegetazione
e come un giardino fa germogliare i semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutti i popoli.
Apocalisse 9
1Il quinto angelo suonò la tromba e vidi un astro caduto dal cielo sulla terra. Gli fu data la chiave del pozzo dell'Abisso;2egli aprì il pozzo dell'Abisso e salì dal pozzo un fumo come il fumo di una grande fornace, che oscurò il sole e l'atmosfera.3Dal fumo uscirono cavallette che si sparsero sulla terra e fu dato loro un potere pari a quello degli scorpioni della terra.4E fu detto loro di non danneggiare né erba né arbusti né alberi, ma soltanto gli uomini che non avessero il sigillo di Dio sulla fronte.5Però non fu concesso loro di ucciderli, ma di tormentarli per cinque mesi, e il tormento è come il tormento dello scorpione quando punge un uomo.6In quei giorni gli uomini cercheranno la morte, ma non la troveranno; brameranno morire, ma la morte li fuggirà.
7Queste cavallette avevano l'aspetto di cavalli pronti per la guerra. Sulla testa avevano corone che sembravano d'oro e il loro aspetto era come quello degli uomini.8Avevano capelli, come capelli di donne, ma i loro denti erano come quelli dei leoni.9Avevano il ventre simile a corazze di ferro e il rombo delle loro ali come rombo di carri trainati da molti cavalli lanciati all'assalto.10Avevano code come gli scorpioni, e aculei. Nelle loro code il potere di far soffrire gli uomini per cinque mesi.11Il loro re era l'angelo dell'Abisso, che in ebraico si chiama Perdizione, in greco Sterminatore.
12Il primo "guai" è passato. Rimangono ancora due "guai" dopo queste cose.
13Il sesto angelo suonò la tromba. Allora udii una voce dai lati dell'altare d'oro che si trova dinanzi a Dio.14E diceva al sesto angelo che aveva la tromba: "Sciogli i quattro angeli incatenati sul gran fiume Eufràte".15Furono sciolti i quattro angeli pronti per l'ora, il giorno, il mese e l'anno per sterminare un terzo dell'umanità.16Il numero delle truppe di cavalleria era duecento milioni; ne intesi il numero.17Così mi apparvero i cavalli e i cavalieri: questi avevano corazze di fuoco, di giacinto, di zolfo. Le teste dei cavalli erano come le teste dei leoni e dalla loro bocca usciva fuoco, fumo e zolfo.18Da questo triplice flagello, dal fuoco, dal fumo e dallo zolfo che usciva dalla loro bocca, fu ucciso un terzo dell'umanità.19La potenza dei cavalli infatti sta nella loro bocca e nelle loro code; le loro code sono simili a serpenti, hanno teste e con esse nuociono.
20Il resto dell'umanità che non perì a causa di questi flagelli, non rinunziò alle opere delle sue mani; non cessò di prestar culto ai demòni e 'agli idoli d'oro, d'argento, di bronzo, di pietra e di legno, che non possono né vedere, né udire, né camminare';21non rinunziò nemmeno agli omicidi, né alle stregonerie, né alla fornicazione, né alle ruberie.
Capitolo XIII: Resistere alle tentazioni
Leggilo nella Biblioteca 1. Finché saremo al mondo, non potremo essere senza tribolazioni e tentazioni; infatti sta scritto nel libro di Giobbe che la vita dell'uomo sulla terra (Gb 7,1) è tutta una tentazione. Ognuno dovrebbe, dunque, stare attento alle tentazioni e vigilare in preghiera (1Pt 4,7), affinché il diavolo non trovi il punto dove possa esercitare il suo inganno; il diavolo, che mai non posa, ma va attorno cercando chi possa divorare (1Pt 5,8). Nessuno è così avanzato nella perfezione e così santo da non aver talvolta delle tentazioni. Andare esenti del tutto da esse non possiamo. Tuttavia, per quanto siano moleste e gravose, le tentazioni spesso sono assai utili; perché, a causa delle tentazioni, l'uomo viene umiliato, purificato e istruito. I santi passarono tutti per molte tribolazioni e tentazioni, e progredirono; invece coloro che non seppero sostenere le tentazioni si pervertirono e tradirono. Non esiste una istituzione così perfetta, o un luogo così nascosto, dove non si trovano tentazioni e avversità. L'uomo non è mai del tutto esente dalla tentazione, fin che vive. Ciò per cui siamo tentati è dentro di noi, poiché siamo nati nella concupiscenza. Se vien meno una tentazione o tribolazione, un'altra ne sopraggiunge e c'è sempre qualcosa da sopportare, perché abbiamo perduto il bene della nostra felicità. Molti, di fronte alle tentazioni, cercano di fuggire, ma cadono poi in esse anche più gravemente. Non possiamo vincere semplicemente con la fuga; ma è con la sopportazione e con la vera umiltà che saremo più forti di ogni nemico. Ben poco progredirà colui che si allontana un pochino e superficialmente dalle tentazioni, senza sradicarle: tosto ritorneranno ed egli sarà ancor peggio. Vincerai più facilmente, a poco a poco, con una generosa pazienza e con l'aiuto di Dio; più facilmente che insistendo cocciutamente nel tuo sforzo personale. Accogli frequentemente il consiglio di altri, quando sei nella tentazione; e non essere aspro con colui che è tentato, ma dagli conforto, come desidereresti fosse fatto a te.
2. Causa prima di ogni perversa tentazione è la mancanza di stabilità spirituale e la scarsezza di fiducia in Dio; giacché, come una nave senza timone viene spinta qua e là dalle onde, così l'uomo infiacchito, che abbandona i suoi propositi, viene in vario modo tentato. Come il fuoco serve a saggiare il ferro (Sir 31,26), così la tentazione serve a saggiare la santità di una persona (Sir 27,6). Quali possibilità ciascuno abbia in potenza, spesso non lo sappiamo; ma la tentazione dispiega palesemente ciò che siamo. Tuttavia bisogna vigilare, particolarmente intorno all'inizio della tentazione; poiché il nemico si vince più facilmente se non gli si permette per nulla di varcare le porte della nostra mente; e se gli si sbarra la strada al di là della soglia, non appena abbia bussato. Di qui il detto: "resisti agli inizi; è troppo tardi quando si prepara la medicina" (Ovidio, Remedia amoris, II,91). Infatti, dapprima viene alla mente un semplice pensiero, di poi una forte immaginazione, infine un compiacimento, un impulso cattivo e un'acquiescenza. E così, piano piano, il nemico malvagio penetra del tutto, proprio perché non gli si è resistito all'inizio. E quanto più a lungo uno ha tardato torpidamente a resistere, tanto più si è, via via, interiormente indebolito, mentre il nemico è andato crescendo di forze contro di lui.
3. Alcuni sentono le maggiori tentazioni al principio della loro conversione a Dio; altri invece alla fine. Alcuni sono fortemente turbati pressoché per tutta la vita; altri sentono tentazioni piuttosto lievi: secondo quanto dispongono la sapienza e la giustizia di Dio, le quali pesano la condizione e i meriti di ciascuno e preordinano ogni cosa alla salvezza degli eletti. Perciò non dobbiamo lasciarci cogliere dalla disperazione, quando siamo tentati. Dobbiamo invece, pregare Iddio ancor più fervorosamente, affinché si degni di aiutarci in ogni tentazione; Lui che, in verità, secondo quanto dice Paolo (1Cor 10,13), farà in modo che la tentazione sia accompagnata dai mezzi per poterla sopportare. Abbassiamo, dunque, in umiltà, l'anima nostra sotto la mano di Dio, quando siamo tentati e tribolati, giacché il Signore salverà gli umili di spirito e li innalzerà (1Pt 5,6; Sal 33,19). Quanto uno abbia progredito si dimostra nella tentazione e nella tribolazione; qui sta il suo maggior merito; qui appare più chiaramente la sua virtù. Non è gran cosa esser devoti e fervorosi quando non si hanno difficoltà; sapere invece sopportare se stessi nel momento dell'avversità dà a sperare in un grande avanzamento spirituale. Avviene che alcuni sono al riparo da grandi tentazioni, ma sono spesso sconfitti nelle piccole tentazioni di ogni giorno; e così, umiliati per essere caduti in cose tanto da poco, non ripongono più fiducia in se stessi, nelle cose più grandi.
DISCORSO 340/A NELL'ORDINAZIONE DI UN VESCOVO
Discorsi - Sant'Agostino
Leggilo nella BibliotecaIl vescovo dev'essere servo di molti.
1. Da quando Dio si è degnato di pormi in autorità presso di voi, oggi è la terza volta che alla Carità vostra si rende un discorso. Nei due precedenti avete ascoltato soprattutto quanto riguarda voi: poiché oggi, grazia e misericordia, viene ordinato il vostro vescovo, dobbiamo trattare e di ciò che vale ad esortare noi stessi, e a rendere edotto lui, e a vostro insegnamento. Per prima cosa chi presiede il popolo deve comprendere che è servo di molti. E non rifugga da questo: e non rifiuti, ripeto, di essere servo di molti, poiché il Signore dei signori non ha sdegnato di essere nostro servo. Dal feccioso fondo, proprio dell'uomo carnale, era venuta su, insinuandosi nei discepoli del Signore nostro Gesù Cristo, i nostri Apostoli, una certa smania di grandezza, la cui torbida esalazione aveva cominciato ad affumicare i loro occhi. Infatti, come abbiamo trovato scritto nel Vangelo, sorse tra loro una discussione: chi di essi fosse il più grande 1. Ma il Signore, intervenendo da medico, sgonfiò il loro turgore. Appena notò quale infetta radice avesse quella discussione, si rivolse a loro, ponendosi innanzi dei bambini: Se alcuno non diventerà come uno di questi fanciulli, non entrerà nel regno dei cieli 2. Nel fanciullo volle mettere in risalto l'umiltà. Non desiderò infatti che i suoi, quanto a senno, avessero quello proprio dei bambini, come in altro passo dice l'Apostolo: Non comportatevi da bambini nei giudizi. E aggiunse: Ma siate come bambini quanto a malizia, e uomini maturi quanto a intendimento 3. D'altra parte grave malizia è la superbia, anzi, la malizia primitiva, il principio, la scaturigine, la causa di tutti i peccati: fu essa che sbalzò dall'alto l'angelo e ne fece il diavolo. Inoltre questi, nel suo stato di deiezione, propinò la coppa della superbia all'uomo ben saldo al suo posto: e a monte della superbia fece issare quello che era stato creato a immagine di Dio; era ormai anche indegno, perché superbo. Ne ebbe invidia, riuscì a persuaderlo a disprezzare il comando di Dio e a godersi la propria indipendenza. E in che modo giunse a persuaderlo? Disse: Se mangerete, sarete come dèi 4. Notate, quindi, se non fu la superbia a persuadere. Era stato creato uomo, volle essere Dio: si arrogò quel che non era, perdette ciò che era; non che ebbe a perdere la natura umana, ma perdette la beatitudine presente e futura. Perdette la sede cui doveva essere elevato, ingannato da chi ne era stato precipitato.
Viene letta 1 Tim. 3.
2. Pertanto, l'apostolo Paolo, in quella lettura che ora si proclamava - l'abbiamo ascoltata - dopo aver ricordato tra l'altro le doti proprie del vescovo, aggiunse anche questa: Non sia un neofita, come a dire "venuto di recente alla fede", perché non gli accada di montare in superbia e di cadere nella stessa condanna del diavolo 5. Che vuol dire di cadere nella stessa condanna del diavolo? Non è che debba essere condannato dal diavolo, ma condannato insieme al diavolo: non sarà infatti nostro giudice il diavolo; ma, perché a sua volta cadde per superbia e divenne empio a causa della superbia, sarà condannato al fuoco eterno. Colui al quale viene conferito un posto più elevato nella Chiesa si guardi bene dal cadere, perché montato in superbia, nella condanna nella quale incorse il diavolo. Perciò il Signore, rivolgendosi agli Apostoli e confermandoli nella santa umiltà, dopo aver proposto l'esempio del bambino, disse loro: Chiunque tra di voi vuole essere il più grande, sarà vostro servo 6. Ecco perché non ho recato offesa al mio Fratello, vostro futuro vescovo, perché ho voluto esortarlo ad essere vostro servo. Infatti, se l'ho fatto per lui, ancor prima l'ho fatto per me: non parlo del vescovo quasi io sia un uomo qualunque, ma parlo come vescovo; e ciò a cui l'esorto è per me stesso motivo di timore, e richiamo alla mente quel che disse lo stesso santo Apostolo: Io dunque corro, ma non come chi è senza meta; faccio il pugilato, ma non come chi batte l'aria, anzi tratto duramente il mio corpo e lo trascino in schiavitù, perché non succeda che dopo aver predicato agli altri venga io stesso squalificato 7.
Esortazione al timore di sé. Il vescovo è tale se è buon pastore. Il servizio di Cristo: ha dato la vita per noi. Il servizio di Pietro: quello stesso di Cristo.
3. Di conseguenza, a dirvi in breve, siamo vostri servi: vostri servi, ma pure vostri compagni di servizio: siamo vostri servi, ma tutti abbiamo un solo Signore: siamo vostri servi, ma in Gesù, come dice l'Apostolo: Ma noi siamo vostri servi per amore di Gesù 8. Siamo servi in grazia di colui per il quale siamo anche liberi; egli stesso, ai credenti in lui, ha detto appunto: Se il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero 9. Esiterò allora a farmi servo per amore di lui, io, che se non mi avesse liberato, resterei in una schiavitù senza speranza? Siamo vostri capi e vostri servi: siamo vostri capi, ma solo se ci rendiamo utili. Consideriamo dunque in che consiste l'essere servo per il vescovo che è posto in autorità. In che consiste anche per il Signore stesso. Quando infatti disse ai suoi Apostoli: Chiunque fra di voi vuole essere il più grande sarà vostro servo 10, perché la superbia umana non disprezzasse il nome di servo, volle subito darne compensazione e, offrendosi ad esempio, incoraggiò a quanto aveva ordinato. Chiunque tra di voi vuole essere il più grande, sarà vostro servo. Notate però in che modo: appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire 11. Indaghiamo in che cosa ha servito. Se prendiamo in considerazione il servire di ordine materiale, troviamo che erano i discepoli a servire lui, e proprio loro inviava ad acquistare cibi, a prepararli. Nel Vangelo è stato ancora scritto che, all'approssimarsi della Passione di lui, i discepoli gli chiesero: Signore, dove vuoi che ti prepariamo per mangiare la Pasqua? 12 Egli dispone dove si deve preparare: e si avviano e preparano e servono. Com'è allora che disse: Appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito, ma per servire? Sta' a sentire quel che segue: Non è venuto - disse - per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti 13. Ecco come il Signore ha servito: ecco quali servi vuole che noi siamo. Ha dato la sua vita in riscatto per molti: ci ha redenti. Chi di noi è capace di redimere qualcuno? Proprio dal sangue di lui, dalla morte di lui siamo stati riscattati dalla morte; dall'umiltà di lui, noi, prostrati a terra, siamo stati riportati in posizione eretta; anche noi, però, dobbiamo apportare il nostro limitatissimo contributo alle membra di lui, poiché siamo diventati membra di lui: egli il Capo, noi il Corpo. L'apostolo Giovanni, nella sua Lettera, esortandoci appunto ad imitare il Signore che aveva detto: Chiunque tra di voi vuole essere il più grande sarà il vostro servo; appunto come il Figlio dell'uomo non è venuto per essere servito ma per servire, e dare la sua vita in riscatto per molti..., esortandoci quindi all'imitazione, afferma: Cristo ha dato la sua vita per noi, quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli 14. Così pure, dopo la Risurrezione, il Signore stesso, col dire: Pietro, mi ami tu? E quello a rispondere: Ti amo. Egli lo domandò per tre volte, quello, per tre volte, rispose; e altrettante volte il Signore: Pasci le mie pecore! 15 Come mi dimostri che mi ami se non pascendo le mie pecore? Amandomi che prova mi puoi dare quando è da me che attendi ogni cosa? Ecco che hai da fare amandomi: pasci le mie pecore. E questo una volta, una seconda e una terza volta. Mi ami? Ti amo. Pasci le mie pecore. Tre volte infatti aveva rinnegato per timore, tre volte confessò per amore. Quindi, il Signore, dopo aver affidato per la terza volta le sue pecore a lui che rispondeva e dichiarava amore ripudiando e cancellando il timore, immediatamente soggiunse: Quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi, ma quando sarai più vecchio, un altro ti cingerà la veste e ti condurrà dove tu non vuoi. Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio 16. Gli annunziò la sua croce e gli predisse il suo martirio. Perciò, volgendosi a quel compimento, disse il Signore: Pasci le mie pecore: soffri per le mie pecore.
Il vescovo sia quale è chiamato. Vescovi e fedeli: condiscepoli alla scuola di Cristo.
4. Tale dev'essere il vescovo buono; se non sarà tale, non sarà vescovo. Che giova ad un infelice chiamarsi Felice? Se guardi un povero sventurato, di nome Felice, e gli dici: Vieni qui, Felice; va' là, Felice; alzati, Felice; siedi, Felice, quello, pur in mezzo al ripetersi insistente del nome, è sempre infelice; risulta qualcosa di simile quando uno è chiamato vescovo e non lo è. Che gli conferisce l'onore del nome se non un aumento di colpa? Ma chi è che porta il nome di vescovo e non lo è? Chi si compiace più dell'onore che del profitto del gregge di Dio, chi in questo vertice del servizio ministeriale cerca il proprio interesse, non quello di Gesù Cristo. È chiamato vescovo, ma non è vescovo: per lui è un nome vano. Eppure ti rendi conto che gli uomini non lo chiamano in altro modo. Hai veduto il vescovo? hai salutato il vescovo? Da dove vieni? dal vescovo. Dove vai? dal vescovo. Dunque, perché sia quel che è chiamato, ascolti non me, ma con me: ascoltiamo insieme; insieme condiscepoli, nell'unica scuola, apprendiamo da Cristo, il solo Maestro che in tanto ha la cattedra in cielo, in quanto prima sulla terra ebbe a cattedra la croce. Egli insegnò la via dell'umiltà: nel discendere per elevarsi, portandosi a visitare coloro che giacevano in basso e per elevare quanti volevano essere uniti a lui.
Cristo, maestro d'umiltà con la parola e l'esempio. Stretti al Signore per bere al suo calice.
5. Ascolta ancora, è della massima chiarezza. Due fratelli, suoi discepoli, Giovanni e Giacomo, figli di Zebedeo, più degli altri desiderando la sua gloria, e tramite la loro madre, avendone personalmente ritegno, gli dissero, sospingendola innanzi a presentargli i loro desideri: Signore, fa' che nel tuo regno uno dei miei figli sieda alla tua destra e l'altro alla tua sinistra 17. E il Signore si rivolse a loro, non a lei: Voi non sapete quello che chiedete, e aggiunse: Potete bere il calice che io sto per bere? 18 Di che calice si tratta se non quello di cui parla immediatamente prima della passione: Padre, se possibile, passi da me questo calice 19? Potete bere, dice, il calice che io sto per bere? E quelli, subito, bramosi di grandezza, spensierati quanto alla loro debolezza: Lo possiamo, rispondono. Ed egli: Il mio calice lo berrete: quanto però a sedere alla mia destra o alla mia sinistra, non sta a me concedervelo, ma è predisposto per altri dal Padre mio 20. Per chi è predisposto se non è predisposto per i discepoli? Chi dovrà sedervi se non vi siederanno gli Apostoli? Per altri è preparato, non è preparato per voi: per altri, non per i superbi. Ed anch'egli efficacemente mise avanti l'umiltà, dicendo: Per altri è predisposto dal Padre mio; indubbiamente, pur essendo vero che era egli stesso a preparare, lo disse predisposto dal Padre suo per non apparire di presumere neppure in questo e per favorire l'umiltà, cui tendevano tutti questi avvertimenti che andava facendo. Infatti nulla dispone il Padre che non dispone il Figlio, né il Figlio dispone quel che non dispone il Padre, dal momento che egli può dire: Io ed il Padre siamo una cosa sola 21; ed ancora egli può dire: Qualunque cosa fa il Padre similmente la fa anche il Figlio 22. Maestro di umiltà con la parola e con le opere: sempre infatti con la parola non cessò mai dall'inizio della creazione di insegnare agli uomini l'umiltà per mezzo di angeli, di Profeti; anche con il suo esempio si è degnato insegnarla. Venne umile il nostro Creatore, creatura in mezzo a noi, egli che ha creato noi, egli che fu creato per noi: Dio prima del tempo, uomo nel tempo, per affrancare l'uomo dal tempo. Medico infallibile, venne a guarire il nostro tumore. Dall'oriente all'occidente il genere umano giaceva simile a un grande malato e reclamava il Medico infallibile. Un primo tempo, questo Medico inviò i suoi aiutanti, e in seguito, venne egli stesso, quando alcuni avevano perduto ogni speranza. A quel modo che un medico manda i suoi assistenti nel caso di un compito facile e, sopraggiungendo un aggravamento pericoloso, interviene personalmente, così l'umanità, immersa in ogni sorta di vizi, era oppressa dalla minaccia di un pericolo mortale che scaturiva soprattutto dal fomite della superbia: egli venne appunto a guarire proprio la superbia con il suo esempio. Vergognati di essere tuttora superbo, uomo; per te Dio volle essere umile. Molto Dio si sarebbe umiliato, se soltanto fosse nato per tuo amore: si è degnato persino di morire per te. Egli dunque era sulla croce nella sua umanità, quando i Giudei persecutori scuotevano il capo dinanzi alla croce e dicevano: Se è il Figlio di Dio, scenda ora dalla croce e gli crederemo 23. Ma egli si manteneva nell'umiltà, per questo non scendeva: non aveva perduto la potenza, ma dava prova di pazienza. Infatti, riflettete appunto agli effetti del suo potere e notate quanto sarebbe stato facile discendere dalla croce a lui che ebbe il potere di risorgere dal sepolcro. Ma a te si doveva dar prova di umiltà, a te prova di pazienza; se non te ne veniva data prova, non ti si poteva comandare, ma, se con le parole si doveva imporre come legge, doveva essere presentata e raccomandata con l'esempio. Perciò, nel Signore, vediamo di fare attenzione a questo: consideriamo la sua umiltà, beviamo al calice della sua umiliazione, teniamoci stretti a lui, il nostro pensiero sia rivolto a lui. È facile pensare a cose eccelse, è facile compiacersi degli onori, è facile dare ascolto a chi dà assenso e a chi adula. Tollerare la riprensione, udire con pazienza l'ingiuria, pregare per chi oltraggia, ecco il calice del Signore, ecco il convito del Signore. Sei invitato da un potente? Fa' attenzione perché tu devi preparare altrettanto 24.
Contro gli ambiziosi del titolo, non del dovere episcopale.
6. L'Apostolo, trattando dell'episcopato, ha fatto questa premessa: Chi desidera l'episcopato, aspira ad un nobile lavoro 25. Che vuol dire questo? Non pare che abbia voluto accendere tutti del desiderio dell'episcopato: saranno allora migliori piuttosto gli ambiziosi che i modesti e migliori saranno quanti lo pretendono per sé anche senza merito, con una certa quale arroganza, piuttosto che quanti si sottraggono per timore, pure se meritevoli? Non sia mai, non si tratta di questo: non ha insegnato questo, a nutrire l'ambizione di giungere all'episcopato. Ma fate attenzione a quel che volle dire, se sarò capace di rendere chiaramente il mio pensiero. Per coloro che hanno intelletto il pensiero dell'Apostolo è limpido, torbido e oscuro per i superbi e gli ambiziosi. Dunque, l'Apostolo fa quest'affermazione: Chi desidera l'episcopato, aspira ad un nobile lavoro. Desiderare l'episcopato non è il desiderio dell'episcopato in sé: è l'aspirazione ad un nobile lavoro. Ma chi non compie un nobile lavoro, ma il proprio lavoro, può pretendere di essere vescovo? Costui non desidera l'episcopato. Questo è quanto dicevo poco fa: va dietro al nome non alla sostanza. Voglio essere vescovo: oh, se fossi vescovo! Magari tu lo fossi! Vai dietro al nome o alla sostanza? Se cerchi la sostanza, desideri un nobile lavoro: se hai di mira il nome, puoi averlo anche facendo il male, ma con più grave danno. Che diremo dunque? Che vi sono vescovi cattivi? Guardiamoci dal dirlo, non ve ne sono; oso senz'altro dire: non vi sono vescovi cattivi, perché, se cattivi, non sono vescovi. Tu di nuovo mi richiami al nome e dici: È vescovo, siede infatti sulla cattedra. Anche un fantoccio è a guardia della vigna.
Preferibile nel vescovo il celibato e figli spirituali.
7. L'Apostolo ha detto ancora tra l'altro: Non sposato che una sola volta 26: ma quanto meglio se non avesse moglie? Nel senso di un limite massimo cui si possa arrivare, disse "non più di una", ma molto meglio se neppure una. Abbia figli sottomessi 27: Così che, se ne ha, li abbia sottomessi; non che cerchi di averne se non ne ha. Ha raccomandato infatti la severità verso i figli per il buon governo della famiglia: perché, se uno non sa dirigere la propria famiglia, come potrà aver cura della Chiesa di Dio? 28 Sono parole dell'Apostolo stesso. E come un vescovo resterà senza figli, se sarà un buon vescovo? Insomma, il vostro vescovo, in nome di Cristo, sostenuto dalla grazia di Cristo, non ha voluto avere figli secondo la carne, per avere figli spirituali. A voi spetta di avere per lui riverente sottomissione, devota obbedienza e di prestare il debito servizio: ed avrà figli sottomessi, veramente molti invece che pochi, quelli del cielo invece che quelli della terra, dei coeredi al posto di eredi.
Più temibili gli adulatori che i denigratori. Cristo, Vescovo dei vescovi.
8. Abbiamo parlato dei vescovi buoni e dei vescovi cattivi: abbiamo detto ciò che dobbiamo essere e ciò che non dobbiamo essere. Ma che interesse ha per voi, popolo di Dio? Qualcosa riguarda anche voi. Vogliamo infatti che siate edificati sulla pietra, eretti in tempio di Dio, che diventiate idonei a fare di voi la dimora di Dio, a riporre la vostra speranza non sui flutti dell'incertezza, ma sul solido fondamento. Quali che noi siamo, voi dovete stare sicuri. Veramente è un bene per noi essere, da vescovi, buoni capi, non avere soltanto il nome: questo è un bene per noi; in quanto tali, si promette infatti una grande ricompensa. Se però non saremo stati tali, ma cattivi - non sia mai questo - e per amore di noi stessi saremo andati dietro a onori per noi, avremo trascurato i precetti del Signore, se non avremo fatto alcun conto della vostra salvezza, ci attendono più gravi tormenti invece dei premi che sono stati promessi. Ma sia lungi da noi e, da parte vostra, pregate per noi: quanto più siamo in alto tanto più ci troviamo in più grave pericolo. Il nostro pensiero va infatti al conto che dobbiamo rendere degli omaggi degli uomini più che alle ingiurie degli uomini. Molti ci mostrano gran rispetto, molti ci calunniano e dicono male di noi. Quanti ci lodano ci pongono in più grave rischio di quanto non sia da parte di chi sparla di noi: la deferenza degli uomini infatti solletica la nostra superbia, le maldicenze degli uomini esercitano la nostra pazienza: qui temo una caduta, là consolido la fermezza. Uno dei servi di Dio mi ha detto infatti: Non dovete temere l'insulto degli uomini 29. Anche il Signore Gesù Cristo dice: Sarete beati se gli uomini vi insulteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia 30. In realtà, se diranno male, e diranno il vero, non sparlano, perché dicono la verità, parlano male però quelli che affermano il falso. D'altra parte, che ci ha promesso il Signore? Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli 31. Chi parla male di me accresce la mia ricompensa: chi mi adula, intende diminuire la mia mercede. Ma che voglio dire, fratelli? Che dobbiamo desiderare che siate maldicenti perché aumenti la nostra mercede? Non vogliamo che sia più grande la nostra ricompensa a prezzo del vostro danno. Parlate bene, siate obbedienti; noi resteremo nel rischio e voi non ne avrete discapito. Che dunque se il popolo dovesse imbattersi in un vescovo cattivo? Il Signore e vescovo dei vescovi lo fece sicuro perché la vostra speranza non sia riposta nell'uomo. Ecco, come vescovo, vi parlo nel nome del Signore: non so quale io sia, tanto meno voi. Posso in qualche modo sapere quale io sia in questo momento: come posso sapere che sarò un giorno o l'altro? A quel modo che fu presuntuoso Pietro, e fu rivelato Pietro a se stesso; il malato non sapeva di sé, ma al Medico non era nascosto. Affermò, fu presuntuoso, arrivò a promettere: Sarò con te fino alla morte 32. Darò la mia vita per te 33. Ma il grande Medico, scrutando le profondità del cuore, disse: Dài la tua vita per me? In verità ti dico, prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte 34.
Il popolo dipenda dalla parola, non dai costumi indegni del vescovo.
9. Conceda pertanto il Signore, con l'aiuto delle vostre preghiere, che tali noi siamo e tali restiamo sino alla fine, come voi tutti che ci amate volete che siamo, e come ci vuole colui che ci ha chiamato e comandato; egli ci sostenga nel compimento di quello che ha imposto. Ma, quali che siamo, la vostra speranza non sia riposta in noi. Da vescovo, mi abbasso a dir questo: voglio rallegrarmi di voi, non essere esaltato. Non mi congratulo affatto con qualsiasi persona che avrò scoperto riporre in me la speranza: va corretto, non rassicurato: deve cambiare, non è da incoraggiare. Se non lo posso ammonire, provo dolore, ma se lo posso correggere, non soffro più. Ora, dato che parlo nel nome di Cristo al popolo di Dio, parlo nella Chiesa di Dio, come un qualsiasi servo di Dio: la vostra speranza non sia riposta in noi, non sia riposta negli uomini. Siamo buoni? siamo ministri; siamo cattivi? siamo ministri. Ma ministri buoni, fedeli, realmente ministri. Fate attenzione a quel che vi porgiamo; se avete fame, e non volete essere ingrati, badate da quale dispensa vi viene posto innanzi il cibo. Non ti riguarda in quale vasello ti si porge, trovandoti sotto lo stimolo della fame. Nella grande casa del Padre di famiglia non vi sono soltanto vasi d'oro e d'argento, ma anche di coccio 35. Quello d'argento: è un vaso, quello d'oro: è un vaso, quello di coccio: è un vaso; tu guarda se contiene pane e di chi è questo pane che, in grazia dell'offerente, viene servito. Volgetevi a colui di cui parlo; per suo dono vi si porge questo pane. Egli stesso è il Pane: Io sono il pane vivo disceso dal cielo 36. Quindi, nelle veci di Cristo, vi porgiamo Cristo, proprio lui, in obbedienza a lui, così che sia egli a venire a voi, egli sia il giudice del nostro ministero. Infatti, se il vescovo è ladro, non ti si dirà mai da questa esedra: "Commetti un furto", ma ti si dirà immancabilmente: "Non rubare". Questo infatti prende il vescovo dalla dispensa del Signore. Se avrà voluto dire qualcosa di diverso, tu lo rigetti e dici: questo non proviene dalla dispensa del Signore, mi dici cose tue. Chi dice il falso, parla del suo 37. Dunque, ti parli secondo Dio: Non rubare, non commettere adulterio, non uccidere; ti parli secondo Dio, per infonderti timore, per non farti montare in superbia, per distoglierti dall'amore del mondo, così che riponga la tua speranza nel Signore. Queste cose secondo Dio egli ti dica. A te che importa se da parte sua non lo fa? Il Signore Dio tuo è Cristo, ti ha rassicurato. Egli dice: Gli Scribi e i Farisei - in figura dei capi - si sono seduti sulla cattedra di Mosè: quanto dicono, fatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno 38. Che replicherai a questo? Come ti giustificherai al giudizio di Cristo? Dirai: Ecco perché ho agito male, ho veduto che il mio vescovo non viveva rettamente. Ti si risponderà: Per te hai scelto con chi essere condannato, non con chi condividere la salvezza. Lo hai seguito nel vivere male: perché hai preferito imitarlo e non hai ascoltato me dalle parole di lui? Infatti, nel mio Vangelo non ti avevo forse detto: "Quando noti dei capi cattivi, fa' quello che dicono, ma non fare quello che fanno"? Avresti ascoltato me tramite loro e non periresti per colpa loro.
L'uva è da cogliere anche se tra i rovi.
10. Perciò, se anche i cattivi possono dire cose buone, fin d'ora rivolgiamoci a Cristo e diciamo, mossi dal desiderio di capire, non per disprezzare o reagire in contrario: Signore, se i cattivi possono dire cose buone - per questo ci hai ammonito e ci hai comandato, dicendo: fate quello che dicono, non fate quello che fanno - se i cattivi possono dire cose buone, com'è che altrove tu dici: Ipocriti, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi? 39 Indugiate con il pensiero sul senso intricato, fino a che, con l'aiuto di lui, potete scorgerlo spiegato. Propongo di nuovo la questione. Cristo dice: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno: perché dicono e non fanno. Come può essere dunque, se non perché dicono cose buone e fanno opere cattive? Ne segue che dobbiamo fare quello che dicono, non dobbiamo fare quello che fanno. In altro passo egli dice: Si raccoglie forse uva dalle spine o fichi dai rovi? 40 Ogni albero si riconosce dal frutto 41. E che, dunque, come ci regoleremo? come possiamo intendere? Ecco, sono rovi, sono spine. Fate. Mi comandi di cogliere uva dalle spine: in un passo comandi, in un altro proibisci: come farò ad obbedire? Ascolta, vedi di intendere. Quando dico: Fate quello che dicono, ma non fate quello che fanno, fa' prima attenzione a quel che voglio dire; ho detto: si sono seduti sulla cattedra di Mosè. Quando dicono cose buone, non sono essi a parlare, ma la cattedra di Mosè. Ha usato il termine "cattedra" nel senso di "dottrina"; non perché è la cattedra a parlare, ma la dottrina di Mosè; essa è presente nella loro memoria, non lo è nelle loro opere. Ma quando sono essi a dire, quando essi parlano, cioè, quando dicono del proprio, che cosa si sentono dire? Come potete dire cose buone voi che siete cattivi? Notate infatti un altro paragone. Non raccogliete uva dalle spine: evidentemente, non è possibile che talora venga uva dalle spine. Non avete però notato che il tralcio della vite, crescendo, può finire in una siepe e svilupparsi tra i rovi e che, in mezzo alle spine, mette fuori un germoglio e produce un grappolo? Hai fame e ti trovi a passare e vedi un grappolo che pende tra le spine: non ti muovi, non cogli. Hai fame e vuoi cogliere: spicca, protendi la mano con diligenza e cautela: evita le spine, spicca il frutto. Così quand'anche sia un uomo pessimo o cattivo a comunicarti la dottrina di Cristo, ascolta, recepisci, non disprezzare. Se l'uomo è cattivo, le spine sono sue; se espone cose buone, è come il grappolo che pende in mezzo alle spine, ma che non nasce dalle spine. Perciò, se hai fame, prendi, ma tieni d'occhio le spine. Infatti, se comincerai a imitarne le opere, mentre lo ascoltavi volentieri, imprudentemente hai proteso la mano: ti sei imbattuto nelle spine ancor prima di giungere al frutto: ne vieni fuori ferito, ne esci lacerato: non ti giova più il frutto che viene dalla vite, ma ti nuocciono le spine che derivano da radice propria. Quindi, per non restare ingannato, guarda da dove hai spiccato il frutto: là c'è un tralcio. Osservalo e ti accorgi che fa parte della vite, vien fuori dalla vite, si sviluppa dalla vite, ma finisce tra le spine. Che dunque la vite deve ritirare a sé i tralci? Così pure la dottrina di Cristo, nel suo progredire e diffondersi, è penetrata tra alberi buoni, è avanzata tra spine nocive: è annunciata da parte dei buoni, è annunciata da parte dei cattivi. Tu scorgi donde nasce il frutto, dov'è che nasce quel che ti nutre e dov'è che nasce quel che ti punge: alla vista appare un intreccio indistinto, ma, quanto a radici, c'è separazione.
Dolore di Agostino per la separazione dall'unità della Chiesa. Scisma donatista: fraterno richiamo all'unità. Calunnia dei Donatisti.
11. Ma fate attenzione a questo, fratelli miei, poiché vogliamo dire anche qualcosa di un nostro assai acerbo dolore, badate a questo, alla ragione per cui alcuni fratelli nostri si siano separati da noi. Ci dicano: perché? C'erano vescovi cattivi. Occupavano le loro sedi, sedevano sulle cattedre di Cristo, erano nell'unità di Cristo: non bisognava separarsi dall'unità. Di per se stessi erano cattivi: tu dovevi fare quello che il Signore ha prescritto: Fate quello che dicono, ma non fate quello che essi fanno 42. Perché ti sei separato dalla cattedra di Cristo? Se vi sedette un uomo pestifero dovevi ascoltarlo non imitarlo. Pur tuttavia puoi darne le prove quando dici: Vi sedeva un uomo pestifero? Da parte mia, invece, ti do la prova che ad essere pestifero sei tu, che hai abbandonato la cattedra di Cristo. Quel che tu sostieni, è occulto; di quanto affermo, io do la prova. A condannarti è la tua separazione, ti punisce la tua separazione. Insieme siamo stati riscattati, un identico prezzo ci ha equiparati; sono citate le tavole del nostro riscatto, il documento del nostro riscatto è il santo Vangelo. Apro, lo leggo. Che apro? che leggo? Leggo dove siamo stati riscattati, dove siamo fratelli e compagni di servizio, dove siamo stati costituiti in unità. Non è stato omesso infatti ciò che Cristo ha acquistato, perché nessuno potesse sottrargli il suo possesso e sostituirlo con un altro; non ha omesso affatto quel che egli ha acquistato. Apri i registri, leggi: sono stati stilati i documenti, non ha acquistato senza ricevuta: previde i futuri interpreti maligni; lo ha fatto precisamente per controbattere i falsi accusatori. Quel che si legge, è creduto: ora si legge, nota da chi è scritto, nota chi è a parlare, nota chi lo accoglie. Egli parlava, gli Apostoli raccoglievano: ce ne hanno lasciato gli scritti. Leggiamo dunque il documento, fratelli: perché litighiamo? Perché, se i registri del Signore nostro, del nostro riscattatore possono eliminare da noi la lite? Tu dici che la Chiesa di Cristo è tra gli abitanti dell'Africa, in Africa: io dico che la Chiesa di Cristo è diffusa in mezzo a tutti i popoli. Ecco la causa del dissenso, ecco da dove sorge l'urto tra fratelli. Tu litighi per un partito: litighi per restare in una fazione. Io mi oppongo a te perché tu abbia il tutto. Vedi di intendere il dissentire che concilia, intendi il contrastare della carità. Non ti dico: sei stato vinto, ritirati. Dall'inizio infatti dispiacquero al Signore nostro Gesù Cristo coloro che volevano dividere l'eredità. A lui, che annunziava la verità in mezzo alle genti, disse uno del popolo: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità 43. E il Signore, che non volle ratificare la divisione, egli che era venuto a fare l'unità - appunto in riferimento all'unità abbiamo ascoltato nel Vangelo: Ho altre pecore che non sono di quest'ovile; anche queste io devo condurre, perché si faccia un solo gregge ed un solo pastore 44 - il Signore dunque, che amava l'unità, detestava la divisione, disse a quell'uomo: Dimmi, o uomo, chi mi ha costituito a dividere l'eredità tra di voi? 45 Io vi dico: Guardatevi da ogni cupidigia 46. Non volle dividere l'eredità: era venuto a conglutinare l'unità, a dare per ogni dove un'eredità unica. Si leggano i documenti dell'eredità sua propria; si leggano, come avevo già iniziato a dire. Risuscitò dai morti, si fece vedere ai discepoli, non solo si lasciò vedere, ma anche toccare e palpare. Palpate -disse - e toccate e guardate; un fantasma non ha ossa e carne come vedete che io ho 47. Credevano infatti che quello fosse uno spirito, non un corpo; che fosse un fantasma, non la realtà. E poiché per la gioia erano ancora stupefatti, disse loro 48: Queste sono le cose che vi dicevo quando ero ancora in mezzo a voi; non sapevate che bisognava si adempissero tutte le cose che di me sono state scritte e nella Legge di Mosè e nei Profeti e nei Salmi? 49 Che vuol dire questo? che è stato scritto di lui nella Legge, nei Profeti e nei Salmi? Ascolta: perché bisognava che il Cristo patisse 50. Credo, dice. Va bene, fratelli, fate attenzione al resto. Leggo i registri del Signore, leggo il documento, o meglio, leggo il testamento della nostra eredità; leggiamo, vediamo di capire: perché litighiamo? Ecco, io leggo, ascolta il resto: bisognava che il Cristo patisse. Lo credi con me? Credo, risponde. E che risorgesse dai morti il terzo giorno. Credi con me? Credo in pieno. Credi anche il resto, e la discordia ha fine. Che altro c'è ancora? E nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la penitenza e la remissione dei peccati, cominciando da Gerusalemme 51. Ecco quel che leggo: questa è la Chiesa di Cristo: a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Possiedila con me e abolirai la discordia. Se non sarai in essa, resterai in una parte. Vinci per tua rovina, sarai vinto per tuo vantaggio. Riconosci di essere stato vinto e avrai insieme a me la Chiesa che è diffusa in mezzo a tutte le genti, cominciando da Gerusalemme. Si leggono gli scritti del Signore, si legge il Vangelo del Signore: perché mi accusi falsamente di aver bruciato questi scritti? Chi si deve ritenere che li abbia bruciati? chi vi ha aderito o chi li disprezza? Chiunque li abbia bruciati, da qualsiasi parte sia stata mossa la questione, leggiamo, ascoltiamo, facciamo, troviamoci d'accordo; lasciamo il passato al passato, lasciamo le cose che passano a coloro che sono passati.
Richiamo alla Conferenza di Cartagine del 411. La carità ci guadagna se più alto è il numero di chi la possiede.
12. Il loro avvocato, il loro difensore, trovandosi alle strette, nel bel mezzo della nostra conferenza, gridò: "Una causa non pregiudica un'altra causa, né una persona pregiudica un'altra persona". È colpevole Ceciliano? tutt'altro, Ceciliano non è colpevole, ma supponi che Ceciliano sia colpevole; ascolta però il tuo difensore: Né una causa pregiudica un'altra causa, né una persona un'altra persona. Una persona non sarebbe di pregiudizio ad un'altra persona: e pregiudicherebbe tutta la terra? sarebbe di pregiudizio all'eredità di Cristo che si diffonde fra tutte le genti, a cominciare da Gerusalemme? Ceciliano è colpevole: forse per questo Cristo mentisce? Eppure Ceciliano non è colpevole, ma tu non vuoi essere un cristiano retto. Che ho a che fare io con l'uomo? Di questo vi dicevo, a questo vi incoraggiavo. La mia speranza non è riposta in Ceciliano; io non ho posto la mia speranza nell'uomo. Se Ceciliano è stato onesto, mi rallegrerò con un fratello buono; se è stato ingiusto, io non sono giudice delle intenzioni segrete di un fratello. Perciò, messo un poco da parte Ceciliano, la sua dignità e il suo ricordo, mi rivolgo dunque al Signore e parlo direttamente a Cristo contro mio fratello. Non però come fa lui; non gli dico: Signore, di' a mio fratello che divida con me l'eredità 52; ma dico: Signore, di' a mio fratello che abbia insieme a me l'eredità. Così, per il fatto che mi sono rivolto al Signore contro mio fratello, non è stato in opposizione a lui, ma a suo favore: non voglio privarlo dell'eredità, non voglio possedere da solo, so bene che non diventerà insufficiente quanto possiedo nel caso siano in molti a possederlo con me. Quel che possiedo è quella che ancor più si estende crescendo il numero dei possessori: ha nome carità.
1 - Lc 22, 24.
2 - Mt 18, 3.
3 - 1 Cor 14, 20.
4 - Gn 3, 5.
5 - 1 Tm 3, 6.
6 - Mt 20, 26.
7 - 1 Cor 9, 26-27.
8 - 2 Cor 4, 5.
9 - Gv 8, 36.
10 - Mt 20, 26.
11 - Mt 20, 28.
12 - Mt 26, 17.
13 - Mt 20, 28.
14 - 1 Gv 3, 16.
15 - Gv 21, 15-17.
16 - Gv 21, 18-19.
17 - Mt 20, 21.
18 - Mt 20, 22.
19 - Mt 26, 39.
20 - Mt 20, 23.
21 - Gv 10, 30.
22 - Gv 5, 19.
23 - Mt 27, 40.42.
24 - Prv 23, 1 (sec. LXX).
25 - 1 Tm 3, 1.
26 - 1 Tm 3, 2.
27 - 1 Tm 3, 4.
28 - 1 Tm 3, 5.
29 - Is 51, 7.
30 - Mt 5, 11.
31 - Mt 5, 12.
32 - Lc 22, 33.
33 - Gv 13, 37.
34 - Gv 13, 38.
35 - 2 Tm 2, 20.
36 - Gv 6, 51.
37 - Gv 8, 44.
38 - Mt 23, 3.
39 - Mt 23, 3; 12, 34.
40 - Mt 7, 16.
41 - Lc 6, 44.
42 - Mt 23, 3.
43 - Lc 12, 13.
44 - Gv 10, 16.
45 - Lc 12, 14.
46 - Lc 12, 15.
47 - Lc 24, 39.
48 - Lc 24, 41.
49 - Lc 24, 44.
50 - Lc 24, 46.
51 - Lc 24, 47.
52 - Lc 12, 13.
23 - Spiegazione della seconda parte del capitolo trentunesimo dei Proverbi.
La mistica Città di Dio - Libro secondo - Suor Maria d'Agreda
Leggilo nella Biblioteca769. Nell'inatteso e nuovo stato del matrimonio in cui si trovava, la principessa del cielo Maria, sollevò subito la sua mente purissima al Padre della luce, per conoscere come si dovesse comportare per compiacerlo maggiormente nei nuovi obblighi di tale stato. Perché io potessi dare qualche notizia di ciò che a tale scopo sua Altezza pensò tanto santamente, il Signore mi richiamò alle qualità della donna forte, descritte da Salomone nell'ultimo capitolo dei suoi Proverbi, scorrendo il quale, per quanto possibile, dirò ciò che mi fu dato ad intendere. All'inizio della seconda sezione si legge:
770. Una donna perfetta chi potrà trovarla?. Il suo prezzo viene da lontano e dagli ultimi confini della terra. La domanda in realtà esprime un'esclamazione, se la si intende per la nostra grande e forte donna Maria, ma se la si riferisce a qualunque altra in confronto a lei, esprimerà una negazione, poiché in tutto il resto della natura umana e della legge comune non si può trovare un'altra donna forte come la Principessa del cielo. Tutte le altre furono e saranno deboli, senza poterne eccettuare alcuna che non sia associata al demonio per la colpa. Chi troverà dunque un'altra donna forte? Né i re e gli imperatori, né i principi più potenti della terra, né gli angeli del cielo, né lo stesso potere divino ne troverà una uguale, perché mai ne creerà un'altra come Maria santissima. Ella è l'unica e la sola senza pari, la sola senza uguali, la cui insuperabile dignità solo il braccio dell'Onnipotente ha misurato, poiché egli, dandole il suo Figlio eterno, della sua medesima sostanza, uguale a sé, immenso, increato ed infinito, non le poteva dare di più.
771. Era conveniente che il prezzo di questa donna forte venisse da lontano, poiché sulla terra e fra le creature non lo si poteva trovare. Prezzo si chiama quel valore col quale una cosa si compra o si stima, per cui si sa quanto essa vale quando la si valuta, cioè se ne determina il valore. Il prezzo di questa donna forte Maria fu valutato nel consiglio della santissima Trinità, quando, prima di tutte le altre creature, Dio la riscattò o acquistò per sé, quasi ricevendola dalla stessa natura umana in contraccambio, poiché ciò è implicito nel concetto vero e proprio di acquisto. Il contraccambio e il prezzo che egli diede per Maria fu il Verbo eterno incarnato e - a nostro modo di intendere - una volta che ebbe per sé Maria, il Padre eterno si ritenne soddisfatto. Egli infatti, quando contemplò questa donna forte nella sua mente divina, la stimò e valutò così tanto, che decise di sacrificare il proprio Figlio e di scegliere lei come sua madre. Con questo prezzo l'Altissimo diede tutte le sue qualità, la sua sapienza, bontà, potenza e giustizia ed anche tutti i meriti del suo Figlio incarnato, per acquistare Maria ed associarla a sé, togliendola alla natura umana anticipatamente, perché se questa si fosse tutta perduta, come di fatto avvenne in Adamo, solo Maria, col suo Figlio, restasse preservata, come colei che era apprezzata così da lontano, che tutta la natura creata non arrivò a determinare la sua stima e valutazione. Perciò il suo prezzo e valore venne veramente da lontano.
772. Quest'ultima espressione si riferisce anche ai confini della terra, perché Dio è il principio e l'ultimo fine di ogni cosa creata, da cui tutto proviene e a cui tutto fa ritorno, come i fiumi che si riversano nel mare. Anche il cielo empireo è il fine sensibile e materiale di tutte le altre cose esistenti e, particolarmente, è la sede della Divinità. Da un altro punto di vista, si chiamano confini della terra i termini naturali della vita ed il fine delle virtù, fine che è come l'ultima linea a cui devono indirizzarsi - quasi altrettanti raggi alla circonferenza - tutte le azioni della vita e tutto l'essere degli uomini, perché tutti sono creati per conoscere ed amare il loro Creatore, come fine immediato del vivere e dell'operare. Tale spessore di significato si condensa nel dire che il prezzo di Maria santissima viene dagli ultimi confini, perché la sua grazia, i suoi doni e i suoi meriti vennero e cominciarono dai punti più lontani a cui giunsero gli altri santi, le Vergini, i Confessori, i Martiri, gli Apostoli e i Patriarchi. E in verità tutti questi non arrivarono, alla fine della loro vita, al grado di santità da cui Maria cominciò la sua. Inoltre, sebbene più propriamente sia Cristo suo figlio e Signore nostro il fine delle opere dell'Altissimo, con altrettanta verità si dice che il prezzo di Maria santissima viene dagli ultimi confini, poiché tutta la sua castità, innocenza e santità vennero dal suo Figlio santissimo, come da sorgente esemplare e unico autore.
773. In lei confida il cuore del marito e non verrà a mancargli il profitto. Senza dubbio il santo Giuseppe fu l'uomo di questa donna forte, poiché l'ebbe per legittima sposa. Certamente poi il suo cuore confidò in lei, sperando che per la sua incomparabile virtù gli sarebbero venuti tutti i veri beni. Ma in modo particolare confidò in lei, quando la vide incinta e ancora ignorava il mistero, perché allora credette e sperò contro ogni speranza, tenendo conto degli indizi che conosceva, senza avere altro conforto che la santità di tale donna e sposa. Benché avesse deciso di lasciarla, non osò mai diffidare della sua onestà e del suo pudore, né separarsi dall'amore santo e puro che legava il suo cuore rettissimo a tale sposa. Non si trovò deluso in cosa alcuna, né povero di beni, poiché se per profitto s'intende ciò che avanza tolto il necessario, tutto fu sovrabbondante per quest'uomo, quando conobbe chi era la sua sposa e ciò che ella possedeva.
774. Questa divina Signora ebbe un altro uomo che confidò in lei, del quale principalmente parlò Salomone, e fu il suo stesso Figlio, vero Dio e vero uomo, che si fidò di questa donna forte sino ad affidarle il suo essere ed il suo onore davanti a tutte le creature. In questa confidenza che egli ebbe in Maria si racchiude la grandezza di entrambi, perché né Dio poté affidarle di più, né ella poté corrispondergli meglio, cosicché non si trovò ingannato, né gli venne a mancare il profitto. Oh, stupenda meraviglia della potenza e della sapienza infinita! Dio confidò in una semplice creatura e in una donna sino a prendere carne umana nel suo grembo e dalla medesima sua sostanza, sino a chiamafia madre con immutabile verità. A sua volta ella lo chiamava figlio, nutrendolo al suo seno ed allevandolo sotto la sua ubbidienza. Egli la rese coadiutrice della redenzione e restaurazione del mondo, depositaria della Divinità, dispensatrice dei suoi tesori infiniti e dei meriti del suo Figlio santissimo, della sua vita, della sua predicazione e morte, dei suoi miracoli e di tutti gli altri misteri! A tal punto confidò in Maria santissima! La mia ammirazione cresce ancor più, sapendo che in questa confidenza non si trovò deluso, perché una donna, una semplice creatura, seppe e poté corrispondere adeguatamente a tutto quanto le si affidò senza venir meno, anzi senza che potesse operare in tutto con maggior fede, speranza, amore, prudenza, umiltà e pienezza di santità. Certo al suo sposo non venne meno il profitto, ma si trovò ricco e nella prosperità, ricolmo di lode e di gloria. Perciò soggiunge:
775. Essa gli dà felicità e non dispiacere per tutti i giorni della sua vita. Di tale dono si può parlare anche in termini di retribuzione. Di quella che Maria santissima diede si è già parlato, ma qui mi fu anche fatta comprendere quella che a lei diede Cristo, suo uomo e suo vero figlio. Infatti, se l'Altissimo rimunera tutte le opere anche minime fatte per amor suo con retribuzione sovrabbondante e copiosa, non solo di gloria ma anche di grazia in questa vita, quale fu la ricompensa in beni e tesori divini con cui rimunerò le opere della sua medesima Madre? Solo colui che così fece ne è a conoscenza. Tuttavia, dal contraccambio e dalla corrispondenza che osserva la giustizia del Signore, rimunerando con un beneficio ed aiuto più grande chi gli è fedele nel poco, si potrà intuire parte di ciò che nella vita della nostra Regina avveniva tra lei e le potenze divine. Fin dal primo istante, ella cominciò a ricevere un dono di grazia superiore a quello dei più alti serafini, oltre alla preservazione dal peccato originale. Inoltre, corrispondendo adeguatamente a questo beneficio, crebbe in grazia ed operò in conformità con essa, così tutti i passi della sua vita furono senza tiepidezza, negligenza o esitazione alcuna. Perché fa meraviglia che soltanto il suo divin Figlio fosse maggiore di lei e tutte le altre creature le restassero di gran lunga inferiori?
776. Si procura lana e lino e li lavora volentieri con le mani. Legittima lode, ben degna della donna forte, è dire che ella si mostra operosa e industriosa nella sua casa, filando lino e lana per indumenti, a vantaggio della sua famiglia bisognosa di queste e di altre cose, che si possono acquistare con tale mezzo. Questo è un sano consiglio che si mette in esecuzione con mani laboriose e non oziose, perché l'oziosità della donna, che vive con le mani in mano, dimostra la sua pigrizia e stoltezza ed altri vizi che non si possono riferire senza vergognarsene. In questa virtù esteriore, Maria santissima fu donna forte e degno modello di tutte le donne, perché non si vide mai oziosa. Infatti lavorava lino e lana sia per il suo sposo e per il proprio figlio, sia per molti poveri che soccorreva col suo lavoro. Ella univa in sommo grado di perfezione le azioni di Marta con quelle di Maria, tuttavia si dedicava con più cura alle attività interiori che a quelle esteriori. Poiché custodiva le immagini delle visioni divine e meditava quanto andava leggendo nelle sacre Scritture, spiritualmente non rimase mai oziosa, né senza lavorare, e non cessò mai di aumentare i doni e le virtù dell'anima. Il testo così prosegue:
777. Ella è simile alle navi di un mercante, fa venire da lontano le provviste. Come questo mondo visibile è un mare inquieto e tempestoso, cosi è naturale che quelli che in esso vivono siano simili a navi, che solcano le sue onde variabili. Tutti lavorano in questa navigazione per portare il loro pane, che è il sostegno e l'alimento della vita. Lo porta più da lontano e con maggior sudore, chi si trova più lontano dall'avere ciò che acquista col suo lavoro, e chi lavora di più guadagna anche di più. Vi è come una specie di contratto fra Dio e l'uomo, cioè che fatichi col sudore della fronte colui che è servo, lavorando la terra e coltivandola, e che il Signore da parte sua lo assista in tutto per mezzo delle cause seconde, concorrendo con esse affinché gli diano pane per il suo sostentamento, ripagandolo così del sudore delle sue fatiche. Ora ciò che avviene nelle cose terrene, si verifica ugualmente in quelle spirituali, essendovi anche in esse come un contratto, cioè che non mangi chi non lavora.
778. Fra tutti i figli di Adamo, Maria santissima fu la nave ricca e prospera del mercante, che portò il suo e nostro pane da lontano. Nessuna fu così sapientemente diligente ed operosa nel prendersi cura della sua famiglia, nessuna così previdente nel procurare quello che con divina prudenza vedeva necessario per la sua povera famiglia e per il soccorso dei poveri. Tutto ciò meritò e guadagnò con la sua fede e la sua sollecitudine prudentissima, portandolo da lontano, perché era molto lontana dalla nostra viziosa natura umana, come anche dalle ricchezze proprie di questa natura. Tutto ciò che in questo fece, acquistò, meritò e distribuì ai poveri, è impossibile calcolailo. Tuttavia, più forte ed ammirabile fu nel portarci il pane spirituale e vivo che scese dal cielo, poiché non solamente lo trasse dal seno del Padre, da dove non sarebbe uscito se non vi fosse stata questa donna forte, ma lo portò e introdusse nel mondo i cui meriti erano tanto lontani da lui, e dove egli non sarebbe venuto, se non fosse stato nella nave di Maria. Benché non potesse, essendo creatura, meritare che Dio venisse nel mondo, nondimeno meritò che afirettasse il passo e che venisse nella nave ricca del suo grembo, perché un'altra minore in meriti non avrebbe potuto accoglierlo. In breve, ella sola fece sì che questo pane divino si vedesse, si comunicasse ed alimentasse coloro che ne erano tanto lontani.
779. Si alza quando ancora è notte e prepara il cibo alla sua famiglia e dà ordini alle sue domestiche. Non è meno lodevole questa qualità della donna forte di privarsi del riposo e della dolce quiete notturna per dedicarsi alla sua famiglia, provvedendo al suo sposo, ai figli, ai parenti e ai domestici secondo il bisoguo e distribuendo, subito dopo, ai suoi servi le occupazioni proprie di ciascuno con quanto per esse è necessario. La fortezza e la prudenza sono due virtù di questa donna forte che non conoscono la notte per darsi in balia del sonno o abbandonarsi alla dimenticanza dei propri obblighi, perché il riposo dal lavoro viene preso non per soddisfare il piacere personale, ma per rimediare alle necessità. La nostra Regina fu davvero ammirabile in questa prudenza economica, e non ebbe né servi né serve, poiché la sua umiltà, che la rendeva desiderosa di ubbidire e di servire in tutte le faccende domestiche, non le permise di affidare a nessun altro l'esercizio di queste virtù. Tuttavia nella cura del suo Figlio santissimo e del suo sposo Giuseppe fu serva vigilantissima; mai vi fu negligenza, né dimenticanza, né ritardo o inavvertenza quanto a ciò che doveva procurare o preparare per loro.
780. Quale lingua potrà spiegare la vigilanza di questa donna forte? Si alzò e rimase in piedi nel buio della notte, cioè nel segreto del suo cuore e, nell'allora nascosto mistero del suo matrimonio, aspettò attenta ciò che le sarebbe stato ordinato per eseguirlo in umiltà e obbedienza. Provvide i suoi domestici e servi, cioè le facoltà e i sensi, di tutto l'alimento necessario, e distribuì a ciascuno il suo legittimo sostentamento, perché il suo spirito, lavorando di giorno nei servizi esterni, non si ritrovasse bisognoso e sprovvisto del necessario. Ordinò alle facoltà, con inviolabile disposizione, che il loro alimento fosse la luce della Divinità, che la loro incessante occupazione consistesse nell'ardente meditazione e contemplazione, giorno e notte, della legge divina, senza lasciare che una qualunque opera od occupazione esteriore la interrompesse. Questo era il modo in cui dirigeva e alimentava i domestici dell'anima.
781. Distribuì anche ai servi, cioè i sensi, le giuste occupazioni e il loro sostentamento e, facendo uso del potere che aveva su di essi, comandò loro che, come servi dello spirito, lo servissero e, benché vivessero nel mondo, ignorassero la sua vanità come se fossero morti ad esso, vivendo solo nella misura necessaria alla natjira e alla grazia. Ordinò loro ancora che non si alimentassero tanto del diletto che viene da ciò che è sensibile, quanto delle elevazioni che l'anima avrebbe comunicato e dispensata loro dalla sua traboccante pienezza. Fissò i limiti a tutti gli atti interiori in modo che ognuno di essi, senza mancanza alcuna, restasse circoscritto alla sfera dell'amore di Dio, servendolo ed obbedendo a lui senza alcuna resistenza, né obiezione o esitazione.
782. Vi fu anche un'altra notte in cui questa donna forte si alzò e si occupò di altri servi. Si alzò nella notte dell'antica legge, oscurata dalle ombre della luce futura. Venne nel mondo al termine di questa notte e a tutti i suoi domestici e servi, cioè a quelli del suo popolo e del rimanente genere umano, ai santi padri e giusti, suoi domestici, nonché ai peccatori, suoi servi, diede e distribuì, con ineffabile provvidenza, l'alimento della grazia e della vita eterna. Lo diede loro in senso così vero e proprio, che esibì come alimento colui che ricevette nel suo grembo verginale e che era divenuto nostro nutrimento dalla sua medesima sostanza e dal suo stesso sangue.
Maggio 1933
Beata Edvige Carboni
(NB.: probabilmente "1933" è un errore di scrittura, in quanto è inserito nell'anno "1943 ").
San Giuseppe quanto è buono! Chi non ci crede lo provi. Io me lo scelsi per mio babbo; sempre, nei bisogni, ricorro a Lui, e non mi lascia mai senza confortarmi: sia cosa spirituale, come cosa corporale. S. Giuseppe è un gran Santo! Amatelo, fratelli e sorelle mie, amatelo e invocatelo!